TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (33)
HENRICUS DENZINGER
ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT
ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.
ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM
De rebus fidei et morum
HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI
Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar
(da PIO VII a PIO IX, 1846- 1851)
Pio VII: 14 marzo 1800-20 agosto 1823
Breve “Etsi fraternitatis” all’Arcivescovo di Magonza, 8 ottobre 1803.
Il tentativo di sciogliere un Matrimonio.
2705 . Risposta del Sommo Pontefice ad alcune domande: Condanna da parte di corti e tribunali laici.
I Cattolici che, in particolare, dichiarano nulli i matrimoni e tentano di sciogliere il legame tra loro, non possono avere alcun valore o portata davanti alla Chiesa. …
2706. È una colpa molto grave e un tradimento del loro sacro ministero che i parroci approvino questi matrimoni con la loro presenza e li confermino con la loro benedizione. Inoltre, non dovrebbero essere chiamati Matrimoni, ma piuttosto unioni adulterine. …
LETTERA “Magno et acerbo” all’Arcivescovo di Moghilev, 3 settembre 1816.
Traduzione della Bibbia.
2710. Avreste dovuto… avere davanti agli occhi… “che se la Sacra Bibbia viene ammessa ovunque nella lingua volgare, senza discriminazioni, ne deriverà più danno che bene” (cf. 1854). Poiché, inoltre, in virtù della nota prescrizione del Concilio di Trento (cf. 1506), la Chiesa romana riconosce solo l’edizione della Vulgata, rifiuta le traduzioni in altre lingue e ammette solo quelle redatte con annotazioni tratte opportunamente dagli scritti dei Padri e dei Dottori cattolici, affinché un così grande tesoro non sia aperto alle concezioni degli innovatori e la Chiesa diffusa in tutto il mondo usi la stessa lingua e le stesse parole (Gn XI,1 ).
2711. Poiché, infatti, troviamo molte differenze, diversità e cambiamenti nella lingua volgare, una libertà sfrenata nelle traduzioni della Bibbia minerebbe di fatto quell’immutabilità che è la caratteristica della testimonianza divina, e la fede stessa vacillerebbe, soprattutto perché a volte una sola sillaba decide della verità di un dogma. Ecco perché, nelle loro bieche e abominevoli macchinazioni, gli eretici erano soliti pubblicare Bibbie in lingua volgare (la cui stupefacente diversità e le cui contraddizioni, tuttavia, li spingono ad accusarsi e a dilaniarsi a vicenda), cercando di imporre subdolamente i rispettivi errori ammantandoli della più santa magnificenza della Parola divina. “Le eresie, infatti,” dice Agostino “traggono la loro origine dal semplice fatto che le Scritture, che sono buone, non sono rettamente comprese, e che ciò che non è stato rettamente compreso in esse viene inoltre affermato in modo audace e avventato”. E se siamo afflitti dal fatto che non di rado uomini stimati per la loro pietà e saggezza hanno fallito nell’interpretazione delle Scritture, cosa non dovremmo temere se le Scritture tradotte in una qualsiasi lingua volgare fossero lasciate alla libera lettura del comune ignorante, che il più delle volte non giudica in virtù di una scelta, ma in virtù di una certa temerarietà”.
2712. (Si fa poi riferimento alla famosa lettera di Innocenzo III ai fedeli della Chiesa di Metz: “I misteri nascosti della fede… per non essere pretenziosi”: )771 Ma conosciamo bene le costituzioni non solo di Innocenzo III, appena citato, ma anche di Pio V, Clemente VIII e Benedetto XIV… . Quanto a ciò che la Chiesa pensa della lettura e dell’interpretazione delle Scritture, la vostra fraternità lo troverà molto chiaramente nella famosissima costituzione Unigenitus dell’altro nostro predecessore, Clemente XI, in cui queste dottrine sono state esplicitamente riprovate, affermando che è utile e necessaria in ogni tempo, in tutti i luoghi e a tutti i tipi di persone conoscere i misteri della Sacra Scrittura – la cui lettura si affermava essere per tutti – e che è dannoso escludere il popolo cristiano da essa, e che, inoltre, è chiudere la bocca di Cristo ai fedeli strappando loro dalle mani il Nuovo Testamento v. 2479-2485.
Risposta della Sacra Penitenzieria: 23 aprile 1822.
L’uso onanistico del matrimonio.
2715. Domanda: Può una pia moglie permettere al marito di avvicinarsi a lei quando sa per esperienza che egli si comporta nel modo infame di Onan…, soprattutto se la moglie rifiutandosi si espone al rischio di abusi o teme che il marito vada a prostitute? Risposta: Dato che in questo caso la moglie, da parte sua, non sta facendo nulla contro natura e sta compiendo una cosa lecita, e che tutto il disordine dell’atto deriva dalla malizia dell’uomo che, invece di consumare l’atto, si ritira e si riversa fuori dal recipiente, quando, dopo le opportune ammonizioni, la donna non ottiene nulla e l’uomo persiste, minacciando morte, percosse o altri gravi danni, ella può (come insegnano i medici provati) abbandonarsi passivamente senza peccare, perché in queste condizioni non fa altro che permettere il peccato del marito, e questo per un grave motivo che la giustifica; perché l’amore con cui sarebbe tenuta a impedirlo non la obbliga se include un tale danno.
Breve “Adorabile Eucharistiae” al Patriarca di Antiochia e ai Vescovi dei Greci Melchiti, 8 maggio 1822.
Inefficacia dell’Epiclesi per la Consacrazione.
2718. (Una grande causa di dolore e di paura è stata causata da coloro che diffondono) questa nuova opinione, sostenuta dagli scismatici, che insegna che la forma con cui si compie questo sacramento vivificante… non consiste nelle sole parole di Gesù Cristo, che sia i sacerdoti latini che quelli greci usano durante la consacrazione, ma che, affinché la consacrazione sia perfetta e completa, è necessario aggiungere questa formula di preghiera, che nel nostro caso precede le parole citate, ma che nella vostra liturgia le segue… In virtù della santa obbedienza… prescriviamo… che non abbiano più l’ardire di ritenere che, per questa mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue, sia necessario che, oltre alle parole di Cristo, si reciti anche questa formula di preghiera ecclesiastica, che abbiamo già citato più volte…
LEONE XII: 28 settembre 1823-10 febbraio 1829.
Enciclica “Ubi primum” 5 maggio 1824.
Indifferentismo.
2720. (Una certa setta) che si presenta sotto un’accattivante apparenza di pietà e di liberalità, professa e propugna il tollerantismo (così dicono) o l’indifferentismo, non solo in campo civile, di cui qui non parliamo, ma anche in campo religioso, insegnando che è stata data da Dio a ciascuno un’ampia libertà, che permette a ciascuno di abbracciare o adottare, senza pericolo per la sua salvezza, la setta o l’opinione che gli conviene secondo il suo giudizio privato. (Si fa riferimento, contro questo, a Rm. XVI,17 s.).
Pio VIII: 31 marzo 1829-30 Novembre 1830.
Risposta S. Pontef. al Vescovo di Rennes, 18 agosto 1830.
Usura.
2722. Expos.: (I confessori non sono d’accordo) sul tema del guadagno ottenuto con il denaro prestato agli uomini d’affari per il loro beneficio. Il significato dell’enciclica Vix pervenit (cfr. 2546-2550) è stato oggetto di un acceso dibattito. Da una parte e dall’altra sono state addotte ragioni a sostegno della posizione sostenuta: a favore o contro un guadagno di questo tipo. Il risultato sono liti, dissensi, rifiuto dei sacramenti per la maggior parte degli imprenditori che cercano di arricchirsi in questo modo, e innumerevoli danni alle anime.
2723. Per evitare danni alle anime, alcuni confessori credono di poter mantenere una via di mezzo tra le due posizioni. Quando qualcuno li consulta per un guadagno di questo tipo, cercano di dissuaderlo. Se il penitente persevera nell’intenzione di prestare denaro agli uomini d’affari e obietta che la posizione a favore di tale prestito ha molti sostenitori, e inoltre che non è stata condannata dalla Santa Sede, che non è stata consultata una sola volta sull’argomento, In questo caso i confessori chiedono al penitente di promettere che si sottometterà con filiale obbedienza al giudizio del Sommo Pontefice, se si pronuncerà, qualunque esso sia, e se ottengono questa promessa, non rifiutano l’assoluzione, anche se ritengono più probabile la posizione contraria a tale prestito. Se il penitente non confessa nulla riguardo a un guadagno che ha origine da tale prestito e appare in buona fede, questi confessori, anche se sanno altrimenti che tale guadagno è stato ricevuto e continua a essere ricevuto, gli danno l’assoluzione senza averlo interrogato al riguardo, quando temono che il penitente, se avvertito di dover restituire tale guadagno o rinunciarvi, si rifiuterebbe di farlo.
2724. Domande: 1. Può egli (il Vescovo) approvare il modo di fare di questi ultimi confessori? 2. Quando altri confessori più rigorosi si rivolgono a lui per un consiglio, può esortarli a seguire il modo di fare dei primi fino a quando la Santa Sede non emetterà un giudizio esplicito sulla questione?
Risposta del Sommo Pontefice: Per 1: Non devono preoccuparsi. – Per 2: La risposta è al punto 1.
GREGORIO XVI; 2 febbraio 183l – 1 giugno 1846.
Risposta della Sacra Penitenzieria all’Arcivescovo di Besançon, 5 luglio 1831.
2725. Risposta S. Penitenziera all’Arcivescovo di Besançon.
L’Autorità di S. Alfonso Maria dei Liguori nella morale.
L’Arcivescovo di Besancon desidera chiarimenti sulla dottrina morale di S. Alfonso, insegnata nelle sue diocesi, se sia lassa, pericolosa per la salvezza e contraria alla sana dottrina. Propone due dubbi da risolvere:
2726. 1. Secondo l’opinione di qualche professore di teologia che si è avvalso della teologia morale di S. Alfonso, può essere seguito tutto ed avvalersene?
2727. 2. Non conoscendo accuratamente la dottrina del beato Dottore, esistendo diverse opinioni, si può stimare prudentemente che questa dottrina, che non abbia ricevuto censure, sia sana e non abbia nulla di contrario alla santità evangelica?
(Risposta) 22 lug, 183. Alla 1.: Affermativa, essendo opinione seguita da scrittori approvati da Servi di Dio. Alla 2.: Negativa, essendo nella mente della Santa Sede l’approvazione degli scritti del Servo di Dio per la causa della Canonizzazione.
Ep. Encic.”Mirari vos”, 15 Agos. 1832.
L’indifferentismo ed il razionalismo.
1730. Veniamo ora ad un’altra sorgente trabocchevole dei mali, da cui piangiamo afflitta presentemente la Chiesa: vogliamo dire l’indifferentismo ossia quella perversa opinione che per fraudolenta opera degl’increduli si dilatò in ogni parte, e secondo la quale si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto…. da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscien.
2731. Errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osi vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla Religione.
1731. Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla Religione. «Ma qual morte peggiore può darsi all’anima della libertà dell’errore?» esclamava Sant’Agostino [Ep. 166].
2732. Abbracciando con paterno affetto coloro che si applicano agli studi filosofici, e più ancora alle sacre discipline, inculcate loro premurosamente che si guardino dal fidarsi delle sole forze del proprio ingegno per non lasciare il sentiero della verità e prendere imprudentemente quello degli empi. Si ricordino che Dio «è il duce della sapienza e il perfezionatore dei sapienti» (Sap VII,15), e che non può mai avvenire che senza Dio conosciamo Dio, il quale per mezzo del Verbo insegna agli uomini a conoscere Dio [S. Ireneo, lib. 14, cap. 10].
Breve “Sum acerbissimas”, 26 sett. 1835.
Errori di Giorgio Hermes.
2738. … costoro infatti, con peregrine e riprovevoli dottrine, contaminano i sacri studi, e per di più non esitano a profanare il pubblico Magistero docente se insegnano in scuole ed accademie, e si distinguono nell’adulterare lo stesso sacrosanto deposito della fede che si vantano di custodire. Tra i maestri di tali errori si annovera per fama costante, diffusa in Germania, Giorgio Hermes che, deflettendo audacemente dalla retta via che tracciarono l’universale tradizione ed i Santi Padri, nell’esporre e difendere le verità della fede, anzi superbamente disprezzandola e condannandola, apre un’altra tenebrosa via all’errore di qualsiasi genere. Egli pone nel dubbio positivo la base di ogni ricerca teologica, e stabilisce che nella ragione consista la norma principale, l’unico mezzo con il quale l’uomo posasa conseguire la conoscenza delle verità soprannaturali.
2739. … essi [i Cardinali incaricati] giudicarono che l’autore si perdeva nelle sue meditazioni, e nelle opere citate metteva insieme parecchie assurdità, estranee alla dottrina della Chiesa Cattolica: in particolare, circa la natura della fede e la norma di quanto sia oggetto di fede secondo la sacra Sscrittura, la tradizione, la rivelazione e il Magistero della Chiesa; circa i motivi di credibilità; circa gli argomenti coi quali si era soliti fondare e confermare l’esistenza di Dio; circa l’essenza, la santità, la giustizia, la libertà dello stesso Dio e il fine delle Sue opere che dai teologi sono chiamate «ad extra»; inoltre, circa la necessità della grazia e la ripartizione dei suoi doni; circa l’attribuzione dei premi e delle pene; circa la condizione dei progenitori, il peccato originale e le forze dell’uomo caduto.
2740. I Cardinali decisero che tali libri fossero da proibire e da condannare in quanto contenenti dottrine e proposizioni false, temerarie, capziose, tali da indurre allo scetticismo e all’indifferentismo, erronee, scandalose, offensive verso le scuole cattoliche, eversive della divina fede, in odore di eresia e contenenti altre dottrine già condannate dalla Chiesa.
Resp. S. Officio al Vescovo di Nizza. 17 luglio 1838.
L’usura.
2743. Domanda (9 settembre 1837): I penitenti che, sulla base di un titolo legale, abbiano ottenuto un modesto guadagno da un prestito e che dubitano in coscienza o hanno cattiva coscienza, possono ricevere l’assoluzione sacramentale senza essere obbligati a restituirlo, purché almeno provino un sincero dolore per il peccato che hanno commesso nel dubbio o con cattiva coscienza, e siano disposti a conformarsi con fedele obbedienza ai comandi della Santa Sede?
Risposta: Sì, almeno nella misura in cui siano disposti a conformarsi ai comandamenti della Santa Sede.
Cost. “In supremo apostolatus fastigio”, 3 dicembre 1839.
2745. … abbiamo ritenuto essere compito della Nostra pastorale sollecitudine adoperarci per distogliere completamente i fedeli dall’indegno mercato dei Neri e di qualsiasi altro essere umano… Numerosi Pontefici di venerata memoria, Nostri Predecessori, come doverosa opera del loro ministero non tralasciarono mai di condannare tale delitto, contrario alla salvezza spirituale di chi lo compie, e disonorevole per il nome Cristiano, prevedendo che le tribù degl’infedeli si sarebbero confermate sempre più nell’odio contro la vera Nostra Religione.
2746. Questi interventi e queste sanzioni dei Nostri Predecessori giovarono non poco, con l’aiuto di Dio, agli Indiani e agli altri predetti per difenderli dalla crudeltà e dalla cupidigia degli invadenti, ossia dei mercanti cristiani, ma non abbastanza per far sì che questa Santa Sede potesse rallegrarsi del pieno esito dei suoi sforzi in questo settore; così che la tratta dei Negri, benché sia notevolmente diminuita in molte parti, tuttavia è ancora esercitata da numerosi cristiani. Per tale ragione Noi, volendo far scomparire detto crimine da tutte le terre cristiane, dopo aver considerato maturamente la cosa, utilizzando anche il consiglio dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, seguendo le orme dei Nostri Predecessori, con la Nostra Apostolica autorità ammoniamo e scongiuriamo energicamente nel Signore tutti i fedeli cristiani di ogni condizione a che nessuno, d’ora innanzi, ardisca usar violenza o spogliare dei suoi beni o ridurre chicchessia in schiavitù, o prestare aiuto o favore a coloro che commettono tali delitti o vogliono esercitare quell’indegno commercio con il quale i Negri vengono ridotti in schiavitù, quasi non fossero esseri umani, ma puri e semplici animali, senza alcuna distinzione, contro tutti i diritti di giustizia e di umanità, destinandoli talora a lavori durissimi. Inoltre, chi propone una speranza di guadagno ai primi razziatori di Negri, provoca anche rivolte e perpetue guerre nelle loro regioni. Noi, ritenendo indegne del nome cristiano queste atrocità, le condanniamo con la Nostra Apostolica autorità: proibiamo e vietiamo con la stessa autorità a qualsiasi ecclesiastico o laico di difendere come lecita la tratta dei Negri, per qualsiasi scopo o pretesto camuffato, e di presumere d’insegnare altrimenti in qualsiasi modo, pubblicamente o privatamente, contro ciò che con questa Nostra lettera apostolica abbiamo dichiarato.
Resp. S. Congr. Indulgentiarum, 28 lug. 1840-
2750. (Domanda): Se l’indulgenza annessa all’altare privilegiato debba essere intesa come indulgenza plenaria liberante l’anima da ogni pena del purgatorio o come indulgenza applicata secondo il beneplacito della divina misericordia?
(Risposta).: Per l’indulgenza annessa all’altare privilegiato, se la mente del concedente è l’uso della potestà delle chiavi, si intende essere l’indulgenza plenaria che libera subito dalle pene del Purgatorio; Secondo, tuttavia, l’applicazione dell’effetto, è da intendere che l’indulgenza risponda applicazione deve essere un’indulgenza, la cui misura corrisponde alla misura del beneplacito ed accettazione divina.
Tesi sottoscritte al suo Vescovo, da Ludovico Eugenio Beautain, 8 sett. 1840.
2751. Il ragionamento può provare con certezza l’esistenza di Dio e l’infinità delle sue perfezioni [!]. – La fede, dono del cielo, suppone la rivelazione; essa dunque non può essere convenientemente invocata nei confronti di un ateo come prova dell’esistenza di Dio (cf. 2812).
2752. La divinità della rivelazione mosaica si prova con certezza con la tradizione scritta ed orale della sinagoga e del Cristianesimo.
2753. La prova della (rivelazione cristiana) derivata dai miracoli di Gesù Cristo, sensibile ed evidente per i testimoni oculari, non ha perduto la sua forza ed il suo splendore davanti alle generazioni successive. Noi troviamo queste prove con ogni certezza nell’autenticità del nuovo Testamento [!], nella tradizione orale e scritta di tutti i Cristiani. È per questa doppia tradizione che noi dobbiamo dimostrarla all’incredulità che la rigetta o a coloro che senza ammetterla ancora, la desiderano.
2754. Non si ha il diritto di attendere da un incredulo che egli ammetta la resurrezione del Nostro Salvatore, prima di avergliene somministrate le pro certe; e queste prove sono dedotte dalla stessa tradizione con il ragionamento.
2755. su queste diverse questioni, la ragione precede la fede e ci deve condurvi. [L’uso della ragione precede la fede e vi conduce l’uomo con la rivelazione e la grazia] (cf- 2813)
2756. Per quanto debole ed oscura sia divenuta la ragione a causa del peccato originale, le resta ancora molta chiarezza e forza per guidarci con certezza all’esistenza di Dio, alla rivelazione fatta a ai Giudei da Mosè, ed ai Cristiani dal nostro adorabile Uomo-Dio [La ragione può provare con certezza l’autenticità della rivelazione fatta ai Giudei da Mosè ed ai Cristiani da Gesù Cristo].
Resp. S. Penitenziaria, 8 giugno 1842. Diretto al Vescovo di Le Mans.
L’uso onanistico del matrimonio.
2758. Domande: 1) I coniugi che usano il matrimonio in modo da impedire il concepimento commettono un atto di per sé moralmente sbagliato?
2759. 2) Se l’atto deve essere considerato moralmente cattivo, i coniugi che non se ne accusano possono essere considerati in quella buona fede che giustifica il peccato grave?
2760. 3) Dobbiamo approvare il modo di fare dei confessori che, per non ferire i coniugi, non li interrogano sul modo in cui usano i diritti del matrimonio? …
Risposta: 1) Dato che tutto il disordine dell’atto deriva dalla malizia dell’uomo che, invece di consumare l’atto, si ritira ed effonde extra vas, non appena dopo le opportune ammonizioni la donna non ottiene nulla e l’uomo persiste minacciando colpi o la morte, essa può, come insegnano i dottori provati, semplicemente lasciarlo fare senza peccato, e questo per un grave motivo che la giustifica; perché l’amore con cui è tenuta a impedirlo non la obbliga se include un tale danno. …
Per i punti 2) e 3)… il confessore si ricordi di questo adagio: le cose sante devono essere trattate con santità; e consideri anche le parole di Sant’Alfonso Liguori, uomo dotto e molto esperto in queste materie, che nella Praxis confessariorum, (cap. I) Par. IV, n. 41: “Per quanto riguarda i peccati dei coniugi relativi al dovere coniugale, il confessore non è tenuto ad interrogare nel dialogo ordinario, e questo non è opportuno, se non per le mogli – e questo nel modo più riservato – per sapere se lo hanno adempiuto. Per il resto, che taccia, a meno che non venga interrogato. E non manchi di consultare altri autori comprovati.
Resp. S. Officii, 14 sett, 1842
La Materia dell’unzione degli infermi.
2762. Dom.: In caso di necessità, può il parroco, per validare l’Estrema Unzione, benedire da sé l’olio?
Risp. Negativo.
2763. Propos.: Si può validamente amministrare il Sacramento dell’Estrema Unzione con l’olio non consacrato con la benedizione episcopale.
Dichiar. S. Officio: proposizione temeraria e prossima all’errore.
Tesi sottoscritte da Ludovico Eugenio Bautain, su mandato S. Congreg. dei Vescovi e dei Religiosi. 26 aprile 1844.
La dimostrazione della Religione cristiana e l’indifferenza verso le forme di governo civile.
2765… Noi promettiamo oggi e per l’avvenire:
1. … di non insegnare mai che con le sole luci della retta ragione, fatta astrazione dalla rivelazione divina, si possa dare una vera dimostrazione dell’esistenza di Dio;
2766. 2. che con la sola ragione non si possa dimostrare la spiritualità e l’immortalità dell’anima, o ogni altra verità puramente naturale, razionale o morale;
2767. 3. che con la sola ragione non si possa avere la scienza dei principi o della metafisica, come delle verità che ne dipendono, come scienza affatto distinta dalla teologia soprannaturale che non si fondi sulla rivelazione divina;
2768. 4. che la ragione non possa acquistare una vera e piena certezza dei motivi di credibilità, cioè di quei motivi che rendono credibile la rivelazione divina, come sono specialmente i miracoli e le profezie, e particolarmente la Resurrezione di Gesù-Cristo.
2769. 5. Che la Religione cristiana non possa adattarsi ad ogni forma legittima di governo politico, restando sempre la medesima religione cristiana e cattolica, completamente indifferente a tutte le forme di regime politico, non favorendo l’uno più che l’altro, ed non escludendone alcuno.
Lettera Enciclica “Inter precipuas machinationes” 8 maggio 1844.
Le versioni della s. Scrittura.
2771. Neppure ignorate quanta diligenza e quanta sapienza siano necessarie nel tradurre fedelmente in altra lingua le parole del Signore; onde nulla di più facile che, o per ignoranza, o per frode di tanti interpreti, s’insinuino gravissimi errori nelle innumerevoli versioni delle Società Bibliche: errori che per la loro moltitudine e varietà restano nascosti a lungo, a danno di molti. A queste Società Bibliche non importa un gran che se coloro che leggono la Bibbia nelle diverse traduzioni cadono in diversi errori, purché a poco a poco acquistino l’abitudine d’interpretare il senso delle Scritture secondo il proprio giudizio, disprezzando le divine tradizioni custodite nella Chiesa Cattolica secondo l’insegnamento dei Padri, anzi rigettando lo stesso magistero ecclesiastico.
2772. Pertanto, nelle regole scritte dai Padri del Concilio Tridentino a ciò delegati, approvate da Pio IV di felice memoria, Nostro Predecessore [In Constit. Dominici gregis XXIV martii MDLXIV] e premesse all’Indice dei libri proibiti, con disposizione generale fu stabilito che la Bibbia nella lingua volgare non venisse permessa se non a coloro ai quali la lettura potesse recare qualche «profitto della fede e della pietà» [In Regulis Indicis III et IV]. A questa regola, temperata poi di nuove cautele per il perseverare degli attacchi degli eretici, l’autorità di Benedetto XIV aggiunse una dichiarazione che permette la lettura nelle versioni popolari soltanto nelle «edizioni approvate dalla Sede Apostolica» o recanti «annotazioni desunte dai Santi Padri della Chiesa o da dotti uomini cattolici» [In Addition. ad dict. Regul. IV ex Decreto Congregationis Indicis XVII junii MDCCLVII].
Pio IX 16 GIUGNO 1846 – 7 FEBBRAIO 1878
Lett. Encycl. “Qui pluribus”, 9 novem. 1846.
L’errore del Razionalismo.
2775. (Dz 1634) Perché sapete, Venerabili Fratelli, che questi nemici ostili al nome cristiano, infelicemente presi da una certa forza cieca di folle empietà, procedono con questa imprudenza di pensiero che “aprendo la bocca alle bestemmie contro Dio” (cfr. Ap 13,6) con un’audacia del tutto sconosciuta, non si vergognano di insegnare apertamente e pubblicamente che i santissimi misteri della nostra religione sono finzioni e invenzioni di uomini; che l’insegnamento della nostra religione è una finzione e un’invenzione di uomini; che l’insegnamento della nostra religione è un’invenzione di uomini. Ap 13,6) con un’audacia del tutto sconosciuta, non si vergognano di insegnare apertamente e pubblicamente che i santissimi misteri della nostra religione sono finzioni e invenzioni degli uomini; che l’insegnamento della Chiesa cattolica è contrario [cfr. n. 1740] al bene e al vantaggio della società, e non temono neppure di abiurare Cristo stesso e Dio. E, per illudere più facilmente il popolo e ingannare soprattutto gli incauti e gli inesperti, trascinandoli con sé nell’errore, pretendono che le vie della prosperità siano note solo a loro; e non esitano ad arrogarsi il nome di filosofi, come se la filosofia, che si occupa interamente di indagare la verità della natura, dovesse rifiutare quelle verità che lo stesso Dio supremo e clementissimo, autore di tutta la natura, si è degnato di manifestare agli uomini con singolare bontà e misericordia, affinché gli uomini possano ottenere la vera felicità e la salvezza.
2776. Quindi con fallace e confuso argomento non cessano mai di magnificare la forza e l’eccellenza della ragione umana contro la fede santissima di Cristo, e audacemente blaterano che la medesima ripugna alla ragione umana. Del che niente si può pensare od immaginare né di più stolto, né di più empio, né di più ripugnante alla ragione medesima. Sebbene infatti la fede sia al di sopra della ragione, pur tuttavia fra di esse non si può trovare nessuna vera discordanza e nessun dissidio, quando ambedue prendono origine da una stessa fonte d’immutabile ed eterna verità, da Dio Ottimo Massimo; e per tale motivo vicendevolmente si aiutano, di modo che la retta ragione dimostra e difende la verità della fede, e la fede libera la ragione da ogni errore e mirabilmente la illustra, la rafforza e la perfeziona con la cognizione delle cose divine.
2777. Né con minore fallacia certamente, Venerabili Fratelli, questi nemici della divina rivelazione, con somme lodi esaltando il progresso umano, vorrebbero con temerario e sacrilego ardimento introdurlo perfino nella Religione cattolica; come se essa non fosse opera di Dio, ma degli uomini, ovvero invenzione dei filosofi, da potersi con modi umani perfezionare. Contro siffatto delirare possiamo ben ridire la parola con cui Tertulliano rimproverava i filosofi della sua età, “che fecero il Cristianesimo Stoico, o Platonico, o Dialettico” [Tertulliano, De Praescript, cap. VIII]. E certamente poiché non è la nostra santissima Religione un risultato della ragione umana, ma fu da Dio clementissimamente manifestata agli uomini, ognuno intende facilmente che dall’autorità di Dio medesimo essa acquista ogni sua forza, né la ragione umana può mutarla o perfezionarla.
2778. Bensì alla umana ragione appartiene il cercare con ogni diligenza il fatto della rivelazione, affinché non sia ingannata ed erri in una cosa di tanta importanza, e per rendere a Dio un ossequio ragionevole, come sapientissimamente insegna l’Apostolo, quando sia certa che Iddio le ha parlato. Chi, infatti, ignora o può ignorare che a Dio che parla si debba prestare ogni fede, e che alla ragione medesima niente sia più conforme che l’acquietarsi e l’aderire fermamente alle cose che si conoscano rivelate da Dio il quale non può essere né ingannato né ingannatore?
2779. Ma quanti meravigliosi e splendidi argomenti esistono per convincere l’umana ragione che la Religione di Cristo sia divina e che “ogni principio dei nostri dogmi venga dal Signore dei Cieli” [S. Joann. Chrysost., Homil. I in Isaiam]; e però della nostra fede niente sia più certo, più sicuro, più santo ed edificato sopra più soldi fondamenti! Questa fede, maestra della vita, guida della salvezza, liberatrice di tutti i vizi, feconda madre e nutrice di virtù, fu sigillata con la nascita, la vita, la morte, la resurrezione, la sapienza, i prodigi, le predizioni del suo autore e perfezionatore Gesù Cristo. Sfolgoreggiante da ogni parte di una luce di soprannaturale dottrina; arricchita dei tesori delle celesti dovizie; ampiamente illustre ed insigne per i vaticini dei profeti, per lo splendore di tanti miracoli, per la costanza di tanti martiri, per la gloria di tutti i santi; questa fede vivificata dalle salutari leggi di Cristo, ritraendo sempre nuova vita dalle stesse crudelissime persecuzioni, con il solo vessillo della Croce percorse l’orbe universo e per terra e per mare, dal luogo ove nasce sin dove muore il sole. Dileguata la fallacia degli idoli, sgombrata la caligine degli errori, trionfando di ogni sorta di nemici, illuminò con la luce delle dottrine e assoggettò al soavissimo giogo di Cristo medesimo popoli, genti, nazioni quantunque barbare per ferocia, e diverse d’indole, di costumi, di leggi, d’istituti, annunziando a tutti la pace, annunziando beni. Le quali cose certamente risplendono da ogni parte di tanta luce, di sapienza e di potenza divina, che la mente ed il pensiero di ciascuno facilmente intendono che la fede di Cristo è opera di Dio.
2780. [Obbligo di credere]. Pertanto la ragione umana, conoscendo chiaramente per siffatti argomenti splendidissimi e fermissimi, che Dio è l’autore della fede, non può sospingersi più oltre, ma, tolta ogni difficoltà e rimosso ogni dubbio, conviene che presti ossequio alla fede medesima, tenendo per cosa data da Dio tutto ciò che essa propone da credere e da fare.
L’infallibilità del Romano Pontefice.
2781. E di qui si vede chiaro quanto errino coloro che, abusando della ragione e stimando opera umana la parola di Dio, a loro arbitrio osano spiegarla ed interpretarla, quando Iddio medesimo ha costituito una viva autorità, la quale insegni e stabilisca il vero e legittimo senso della sua celeste rivelazione, e con infallibile giudizio definisca ogni controversia di fede e di costumi, affinché i fedeli non siano raggirati da ogni turbinio di dottrina, né siano per umana nequizia indotti in errore. La quale viva ed infallibile autorità è in quella sola Chiesa che da Cristo Signore fu edificata sopra Pietro, Capo, Principe e Pastore della Chiesa universale, la cui fede, per divina promessa, non verrà mai meno, ma sempre e senza intermissione durerà nei legittimi Pontefici i quali, discendendo dallo stesso Pietro ed essendo collocati nella sua Cattedra, sono anche eredi e difensori della sua medesima dottrina, della dignità, dell’onore e della sua potestà. E poiché “ove è Pietro ivi è la Chiesa” [S. Ambros., In Psal. 40], e“Pietro parla per bocca del Romano Pontefice” [ Conc. Chalced., Act. 2], e “sempre vive nei suoi successori, e giudica” [Synod. Ephes., Act. 3], e “appresta la verità della fede a coloro che la cercano” [S. Petr. Chrysol., Epist. ad Eutich.], perciò le divine parole sono da interpretare nel senso che ha tenuto e tiene questa Romana Cattedra del beatissimo Pietro; “la quale, madre di tutte le Chiese e maestra” [Conc. Trid., sess. 8 De Baptis.], sempre serbò la fede consegnatale da Cristo Signore integra ed inviolata, ed in quella ammaestrò i fedeli, mostrando a tutti la via della salute e la dottrina dell’incorrotta verità. Ed è questa appunto la “principale Chiesa donde nacque l’unità sacerdotale” [S. Cyprian., Epist. 55 ad Cornel. Pontif.]; questa la metropoli della pietà “nella quale è intera e perfetta la solidità della Religione cristiana” [Litt. Sin. Joan Constan. ad Hormis. Pontif., et Sozom, Hist., lib. 2, cap. 8], “nella quale sempre fiorì il principato della Cattedra Apostolica” [S. August., Epist. 162], “cui a motivo del suo primato è necessario che si stringa ogni altra Chiesa, cioè dovunque sono i fedeli” [S. Irenaeus, lib. 3 Contra haereses, cap. 3], “perché chi non raccoglie con lei, disperde” [S. Hieronym., Epist. ad Damas. Pontif.].
Altri errori del tempo.
2782. Conoscete ancora, Venerabili Fratelli, altre mostruosità di errori ed altre frodi, con cui i figli del secolo acerbamente impugnano la divina autorità e le leggi della Chiesa, per conculcare insieme i diritti della potestà civile e di quella sacra. A questo mirano inique macchinazioni contro questa Romana Cattedra del Beatissimo Pietro, nella quale Cristo pose l’inespugnabile fondamento della sua Chiesa.
2783. A questo mirano altresì quelle sette segrete che occultamente sorsero dalle tenebre per corrompere gli ordini civili e religiosi, e che dai Romani Pontefici Nostri Predecessori più volte furono condannate con lettere apostoliche [Clemens XII, Const. In eminenti; Benedict. XIV, Const. Providas; Pius VII, Const. Ecclesiam a Jesu; Leo XII, Const. Quo graviora] che Noi, con la pienezza della Nostra Potestà Apostolica, confermiamo …
2784. Questo vogliono le scaltrissime società Bibliche mentre, rinnovando le vecchie arti degli eretici, senza badare a spese non si peritano di spargere fra gli uomini anche più rozzi i libri delle divine Scritture, volgarizzati contro le santissime regole della Chiesa e sovente corrotti con perverse spiegazioni, affinché, abbandonate la divina tradizione, la dottrina dei Padri e l’autorità della Chiesa cattolica, tutti interpretino la parola del Signore secondo il loro privato giudizio e, guastandone il senso, cadano in errori gravissimi. Gregorio XVI di santa memoria, al quale seppure con minori meriti siamo succeduti, emulando gli esempi dei suoi Predecessori, con sua lettera apostolica riprovò tali società [Greg. XVI, Litt. Encycl. Inter præcipuas machinationes], e Noi parimenti le vogliamo condannate.
2785. Altrettanto diciamo di quel sistema che ripugna allo stesso lume della ragione naturale, che è l’indifferenza della Religione, con il quale costoro, tolta ogni distinzione fra virtù e vizio, fra verità ed errore, fra onestà e turpitudine, insegnano che qualsivoglia religione sia ugualmente buona per conseguire la salute eterna, come se fra la giustizia e le passioni, fra la luce e le tenebre, fra Cristo e Belial potesse mai essere accordo o comunanza.
2786. A questo punta la nefanda dottrina del Comunismo, come dicono, massimamente avversa allo stesso diritto naturale; una volta che essa sia ammessa, i diritti di tutti, le cose, le proprietà, anzi la stessa società umana si sconvolgerebbero dal fondo.
Decr. S. Officii 21 magg. 1851.
L’uso onanistico del matrimonio.
2791. Domanda: Quale nota si deve attribuire alle seguenti tre proposizioni?
1. Per motivi onesti è lecito che i coniugi usino il matrimonio nel modo in cui lo usava Onan? (Gen XXXVIII, 8ss.).
2792. 2. È probabile che questo uso del matrimonio non sia proibito dalla legge naturale.
2793. 3. Non è mai consigliabile interrogare i coniugi di entrambi i sessi su questo argomento, anche se prudentemente si può temere che i coniugi, l’uomo o la donna, abusino del matrimonio.
Risposta: Per 1.: scandalosa, errata e contraria al diritto naturale del Matrimonio.
Per 2.: Scandalosa, e già implicitamente condannata in un’altra occasione da Innocenzo XI, proposizione 49 (cf. 2149).
Per 3. Così com’è, la proposizione è falsa, troppo permissiva e pericolosa nella pratica.
Resp. S. Officii 6 (19) Apr. 1853
Uso onanistico del matrimonio.
2795. Domanda 1) È lecito il ricorso al matrimonio non consumato, sia esso onanistico o condomistico (cioè con l’uso di uno strumento empio comunemente chiamato “condom”), come nel caso in questione? …2) Una donna che ne è a conoscenza può concedersi passivamente ad un’unione condomistica? …
Risposta (decreto del 6, pubblicato il 19 aprile):
Per 1): No, la cosa è infatti intrinsecamente malvagia. …
Per 2): No, la donna parteciperebbe infatti a qualcosa di intrinsecamente illecito.
TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S PIO XII (34): “PIO IX 1854-1864”.