LO SCUDO DELLA FEDE (256)

LO SCUDO DELLA FEDE (256)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (25)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

PARTE III

IL RINGRAZIAMENTO

Il Mistero è compiuto; e il dogma di Dio vuole le nostre virtù. Udendo il sacerdote, che dice: « Ite, Missa est » su alziamo il pensiero nostro a Gesù, che pare, ci dica, come allora che saliva al cielo: « ecco ch’Io vado al Padre e porto al suo cospetto le Piaghe mie per voi. Oh! ma non vi abbandono, rimango qui con voi fino alla consumazione dei secoli. Confidate; Io vinco il mondo, vi accompagnerò in tutte le battaglie, come vi precedo in trionfo. Siete piccolo gregge; ma non temete, la mia Chiesa vincerà sempre. » Gesù poi mantiene per bene la sua parola. Diffatto disse: « Andate, sono con voi. » Erano pochi quei meschinelli e nel cenacolo appiattatisi; ma Gesù era con loro nel Sacramento, e pregava con loro Maria. Eccoli, riempiti di Spirito Santo ruppero i cancelli del cenacolo, colla parola del miracolo predicarono alto ai Giudei di adorare Gesù da loro crocifisso: e l’adorarono a mille a mille. — Andate — Buon Dio! si scatenava contro essi l’inferno, e gli onnipotenti imperatori al suo servizio, colla spada che vinse il mondo, tagliavano codardi! la gola a femminette e a bimbi; ma Gesù era con loro nei sotterranei delle catacombe:e quando già si innalzava un monumento al vile Diocleziano per aver spento (vantavano) la cristiana superstizione, calava giù dal trono del mondo in quegli antri il più grande degli imperatori, Costantino, in ginocchio, a farsi mettere sulla corona imperiale la croce di Gesù trionfante. — Andate — Fiaccata la spada dei vincitori contro gli inermi, gli assalgono al cuore gli assassini delle anime, che sono gli eretici: ma Gesù è colla sua Chiesa; e da Ario che vantava di averla fatta ariana, fino al razionalismo, che or ora la dava già spenta, essa passando sempre sulle ossa dei dispersi nemici sempre vincitrice, va sicura alla maggior vittoria sulla rivoluzione, che si va sgominando. — Andate — Ahi! se le serra ai fianchi il cesarismo sterminato esercito di legulei , servidorame nella fortuna dei re bastardi, che le si dicono figli; e incatenatala a furia di leggi, si danno a credere d’averla sepolta; ma Gesù è con essa che risorge e col suo Gregorio VII getta a terra in camicia Enrico IV, e getta a piedi umiliato il Barbarossa col suo Alessandro III; e col suo Pio IX, mentre popoli e re adorano avviliti la forza, mette in salvo col Sillabo la dignità della coscienza umana dalla schiavitù degli Statolatri. — Andate — Ancora, ancora da tutte le parti gli adoratori del dio Numero orgogliosi fino alla pazzia sì hanno dato il convegno per fabbricare una nuova Babele, la società senza Dio. Aspettate: non s’intendono più! già si scannano gli uni cogli altri, fanno la rivoluzione universale! Ma Gesù è col mondo cattolico giubilante con Pio IX, che rinnovellandosi il di undici aprile nel 1869, prepara con Gesù la Pentecoste nel Concilio già proclamato. Ah! quando vediamo il Sacerdote, detto l’Ite, Missa est, inchinarsi al Ciborio, serriamoci coi cuori palpitanti sul Cuore del nostro Compagno Divino in questo peregrinaggio della vita col nostro invitto Capitano nelle nostre battaglie, Gesù, che tratta in cielo col Padre i nostri interessi; e qui nel Sacramento con noi vive, con noi porta la croce, con noi compie il Sacrifizio della carità, che è la somma di tutte le virtù: poiché il Sacrificio di Dio vuole da noi la virtù.

Sacrificio di Dio vuole la nostra virtù: e la Religione passione, e la Religione virtù.

Ben qui ci è dato comprendere la causa del più grande fenomeno, che piglia sempre un maggiore sviluppo negli annali dell’umanità, vogliamo dire il progresso incessante verso al bene della Religione Cattolica: sicché la storia della Religione Cattolica è la storia del più grande amore e della più generosa virtù. Per ben comprenderla giova considerare la Religione come passione, e la religione come virtù (Lacordaire: Conferenze). In quanto l’uomo prova il bisogno del soprannaturale, e si sente attirato al Creatore, al sommo Bene che sospira, la Religione è passione nobile, sublime, che lo distingue recisamente agli occhi di tutti da tutti gli altri esseri animati, e che già fece ad Aristotile definir l’uomo un animale religioso: ma è pur sempre passione. In quanto poi l’uomo si sforza, si purifica, castiga i sensi, perché non l’abbiano colle loro vibrazioni da disturbarlo nel salire a Dio (il che è il crocifiggersi in Gesù Cristo), e quasi diremmo, col cuore si eleva a Dio, e colla mano getta il mondo sotto de’ piedi, e vuol tutta la sua volontà smarrire in quella di Dio; in questo, Religione è virtù, che si deriva da una sola fonte, il Costato di Gesù Cristo. La Religione poi, come passione, è ingenita nell’umanità e si trova in fondo a tutti i cuori. È essa che costringe le nazioni a consecrar riti e Sacerdoti, e le spinge alle imprese generose: e quando slanciano quei tempii tanto alto sui loro casolari, fuori quasi dall’orizzonte della terra fin sulle frontiere della regione celeste, mostrano che sospirano a Dio, Dio ricchezza dell’umanità. Dio vogliono in mezzo di loro, combattente nelle loro guerre, partecipe dei loro trionfl, rifugio nei loro disastri. Che se un Dio Spirito Santissimo spaventa la grossezza delle loro menti, e gli sconcerta nei godimenti codardi; piuttosto che star senza Dio, transigono tra il bisogno di Dio e le brame della carnalità; si foggiano a genio un Dio alla loro portata, e mettono nei penetrali dei ternpli idoli di fango, manutengoli infami de’ loro delitti. È questa l’idolatria, meraviglioso trovato per ingannare la fame che hanno gli uomini di Dio, e troppo ben caro a quei corrotti, che tanto inferociti dovevan poi essere, quando loro veniva a guastarlo la Religione di un Dio-Uomo Crocifisso. Ma ecco pure il movente della eterna rabbia degli increduli snervati nei vizi. Ed invero, perchè tanto furore contro la nostra santa Religione e i suoi caritatevoli istituti? E che vi è mai di odioso tanto da non si poter più tollerare, in gruppi di persone, sovente ben care, che pregano insieme, si amano e vivono vita da Angeli in terra? Vogliamo dire nei monasteri sieno pur di alcune dozzine di femminette. Vi è l’idea di Dio, che li tormenta; e disperando ormai di poterla distruggere e farla finita colla bancarotta di Dio (come agognava lo schifoso Voltaire), gl’increduli dei nostri di’ sono pronti a far buon viso a qualunque fantasma di Religione, venisser pure Turchi a rizzar moschee, e Mormoni colle cento mogli; ma vogliono chiudere le chiese, e via le sacre vergini, e guerra a morte alla santa Religione benedetta. Quando poi si dispera di sostituire al Dio di Pio IX un altro dio, allora via qualunque dio di sorta: allora si stringono in orride società di liberi pensatori, solidari giurando in orgie di rifiutare ogni pensiero di Dio pur nella morte! Ma cacciata via ogni ombra dell’idea di Dio, s’alza smascherata la carnalità. Allora l’atea rivoluzione profonde gl’incensi alla Maillard, alla lupa della prostituzione parigina, sull’altare di Notre Dame. – No, il paganesimo non cadde mai in putridume tanto orrido di adorare la carne corrotta: adorava la bellezza, ma almeno l’adorava sotto la forma di una dea di marmo bianco! Noi, noi mettiamo le mani sul volto; se già prima dell’infernal tragedia che si va preparando, uno schifoso che vorrebbe abolito il Catechismo, proclama del bel paese d’Italia, in Parlamento, generose le prostitute! Deh in quale abisso ormai trabocchiamo! Ma, viva Dio! La Religione è passione ingenita: e dopo il pandemonio degli empi a distruggerla, se si scaccia via dalle scuole Dio, il fanciullo lo trova caro in seno alla madre, e lo sente amoroso in petto al prete-padre-maestro, a cui lo mena il buon senso di quella, ed anche del papà disingannato, ambedue bisognosi di Dio. Se i suoi nemici gli dicono: « vattene; » Dio sta loro dinanzi a dispetto della loro disperazione: mentre i poveri popoli traditi ritornano a cercarlo sull’altare cattolico e trovano tanto amabile il crocifisso buon Dio! Noi siamo missionari; e quando gl’invitiamo a corrergli in seno, l’Italia in rivoluzione vede i popoli affollarsi alle Comunioni generali; e noi esclarniam consolati: « Sì, la Religione è passione; ma questa passione trova un pascolo di paradiso solamente in Gesù Cristo. » Emmanuele! grideremo forte, sì veramente Dio è con noi; e la fonte di tutti i beni è sempre Dio! Ora, se il fiorellino apre la sua boccuccia verso del cielo, beve quel po’ di bene che Dio mise per esso nel sole, e brilla di quella luce dei colori dell’iride: se una nube color d’argento sorge incontro al sole d’oriente, e il sole la compenetra dei suoi raggi, anche la nube sembra un sole che risplende: se noi, nell’avvicinarci ad uomo d’eletta virtù, ne sentiam la benefica influenza a diventare migliori: ah! quando un’anima buona s’apre del cuore a Gesù, e Gesù lo compenetra in Sacramento, in questo amplesso della Divinità umanizzata, la Comunione; sì, anche il cadavere della nostra carne, ribelle alla virtù, si sente rivestire della gloria del Tabor, elevarsi alla potenza di sublimi virtù, e, vorremmo dire, divine. Allora la Religione passione diventa virtù nell’uomo incorporato in Gesù Cristo. Ah! maledetti i culti, che lasciano l’uomo giù nelle sue miserie: maledette le eresie, che lo lasciano nella viltà dell’umano orgoglio! Sì, certamente la più cara prova, che Dio è con noi nella Chiesa Cattolica in Sacramento, sono le virtù delle sue membra incorporate con Gesù Cristo. Sono mille ottocento ottanta anni, che questi buoni suoi figliuoli si gettano sul petto a Gesù, e ad una ad una gli ripassano le Piaghe, e inventano sempre nuovi proponimenti di virtù per consolarle ad una ad una, immensamente vari come son varie le miserie dell’umanità, e trovano sempre nuovi espedienti a domar la fierezza delle sciagure. Metton la bocca a quel Costato e s’inebriano all’entusiasmo del Sacrificio. Eccoli: sono uomini dell’eloquente parola? Corrono giù dall’altare ad accendere il fuoco della carità in questo mondo di gelo, o si slanciano in mezzo ai cannibali a sfidare le indescrivibili morti. Sono verginelle tenere, come i bottoncini fin allora tra le brattee delle madri piante che gli han generati? Metton il lor timido cuore nel Cuore di Gesù e diventano potenti eroine, fiere a martoriare la debole carne, affinché non impedisca di salire a Dio, o montano sulla testa alle tempeste per volare pel mondo universo come angioli, a raccogliere i bambini e i miserabili in seno al Salvatore. Il mondo che non intende il mistero, disperato di non poterli a pezza imitare: « sono pazzi, dice, questi frenetici. » Ed ha una tal quale ragione: L’amore è una vera pazzia: ma pazzia sublime, che ha inspirato nel Sommo Bene il sacrifizio della Divinità. Questa pazzia diventò epidemica, e si appiglia a chi si getta in cuore a Gesù, che lo assimila al suo amore. Conformità ammirabile tra i Santi e Gesù! (Lacord. Conferenze.) – Se si guarda da lontano Gesù crocifisso, e si ode il tuono della severa sua dottrina che rimbomba d’eternità, la debolezza umana, ributtare si sente e vorrebbe fuggire; ma, se li si avvicina nella pratica dei Sacramenti, in quel suo Cuore squarciato, l’uomo si smarrisce felicemente in quell’immenso amore. Se tu vedi i Santi crocifiggere se stessi e seppellirsi in Gesù Cristo, tu rifuggi inorridito da loro: e quando poi vedi santa Elisabetta, delicatissima Regina, baciare le piaghe ad un cancrenoso e berne la scolatura dell’acqua, con cui l’andava di sua mano tergendo, tu sei tentato a gridare: « Ah che fa mai questa pazza! » Ma quando la vedi correr giù dall’altar come un Angelo in mezzo a tutte le miserie e odi tutti i sofferenti gridare: « è la nostra cara, è la nostra cara! » ancor dopo secoli e secoli, tu devi dire piangendo: questa innamorata fuori di sè ha veduto il suo Gesù bere la feccia del calice delle umane miserie nel Sacrificio della Divinità; e anche essa sacrifica ogni senso umano per consolare nelle sue membra l’adorato Salvator suo Dio. Ite, missa est: adunque andiamo, andiamo a consumare nella carità il sacrificio di noi stessi per amore di Dio, perché la Religione Cattolica, come è sommo amore, così è la più generosa virtù. Nel Sacrificio divino finisce il santissimo dogma, e vuole la nostra virtù!

Il Placeat.

Il sacerdote si rivolge ancora all’altare per pregare secretamente a nome suo (Ben. XIV). Giacché ebbe la sorte di sollevarsi, per la sua missione divina, da questo santo altare sino al trono dell’altissimo Iddio; prima di scendere da quest’altezza si getta a piè del trono dell’augustissima Trinità, e porge per sè questa sua supplica nell’orazione che segue.

Orazione: Placeat.

« Vi piaccia, o santa Trinità, l’ossequio della mia servitù, concedete, che il Sacrificio, che ho offerto dinanzi agli occhi della divina Maestà, benché indegno, vi sia accettevole: e a me, e a tutti per cui l’ho offerto, ottenga propiziazione per Cristo Signor nostro. »

Esposizione dell’Orazione: Placeat.

Come si vede, in quest’orazione egli chiede tre grazie: la prima che Dio si degni di ricevere questo Sacrificio in ossequio di servitù. Vuole con ciò supplicarlo di perdonargli, se ardì tanto di esercitare così santissimo ministero divino. Per questo confessa con umiltà di essere stato niente di più che un istrumento in man dell’agente, che è Gesù Cristo, a cui si è dato in mano come cosa tutta sua, da farne ogni suo volere. Però prima di sorgere da piè del trono di Dio, innanzi a cui sta prostrato, rinnova la sua protesta, che solo egli è venuto su quell’altare sublime, perché lo spinse innanzi il comando divino. Deh! almeno accetti sempre quest’obbedienza in ossequio di servitù. La seconda grazia, che gli preme di chiedere è, che gli perdoni le miserie, che lo accompagnarono all’altare: poiché presentò così grande offerta, la grandezza dell’offerta abbia da far passar inosservata la povertà della mano dell’uomo, che l’ha teva presentata, indegno di tanta Maestà divina. divina. – Finalmente in terzo luogo supplica che gli sia concesso perdono, misericordia e grazia per sè, ed anche per tutti pel gran Sacrificio di propiziazione, che ha in sè tutti i meriti di Gesù Cristo.

Ultima Benedizione.

Dal gran Padre di tutti i beni, e dalle benedizioni di sua misericordia noi dobbiamo aspettare le grazie, di che abbisognano le anime nostre. Nella santa Messa è un continuo invocarle, mettendo, nel benedire, sempre tra noi e il cielo la croce di Gesù Cristo e la ragione de’ suoi meriti; ma in quest’ultima benedizione si vuol pregar Dio di coronare le sue grazie colla più grande sua misericordia infinita. – Il santo martire Giustino fino dal secolo II, nella sua apologia esposta agli imperatori romani, parla di questa benEdizione; sicché si ha ragione di dire, che non fu mai licenziato dall’altare, il popolo senza essere benedetto. Ciò giova ripetere, per dare sulla voce a certi ammodernatori , che vorrebbero raffazzonare la Chiesa alla moda, quasi si dovesse dare faccenda per correre dietro alla volubilità dell’umana leggerezza. Giova ripeterlo, che la Chiesa, come ha un sol Battesimo, una sola fede, un solo Iddio, e lo stesso Spirito che la vivifica; così ha sempre gli stessi doveri verso il Signore, e gli stessi bisogni nei figliuoli, che vuol raccogliere a beatitudine col suo Dio: anche i suoi riti conserva quasi sempre benché possa mutarli. Questa madre adunque, che colle mani piene del Sangue di propiziazione è dispensiera di grazie celesti, non poteva terminare questo cumulo di misteri, quest’azione divina, questo compendio di tutte le misericordie, altrimenti che con un’ultima benedizione santissima. Anche il patriarca Isacco , ristorato che s’ebbe, avendo ai piedi il figliuolo Giacobbe vestito delle vesti del figliuol primogenito con tanta cura dalla madre profumate, l’accolse in seno, e nel sentire il profumo letificante, confortava delle più larghe benedizioni il figliuolo a Dio diletto: cosi il celebrante esilarato dai profumi di santità del popolo identificato in Gesù Cristo, sente un bisogno di colmarlo di benedizioni. Il Sacerdote per benedire ritto sull’altare, come dall’alto trono di Dio, col popolo prostrato ai piedi, scuote l’anima potentemente , perché mette innanzi al pensiero Gesù tra il fulgore della gloria nell’atto di benedire gli eletti nell’universale giudizio. Tutto avrà fine: il tempo è breve e marcia a gran passi: ancora un poco, e il tempo delle misericordie è finito: verrà il dì dell’universale giudizio. Ecco, ecco s’apre il cielo: che splendore di vivissima luce! che mar di fuoco! A mille a mille discendon gli Angioli, e a mille si lascian travedere, e tra quei raggi di luce che piove sulla schiera degli eletti, il giudice inappellabile, l’inflessibile scrutatore delle coscienze, l’inesorabile esattor della legge viene portato in sulle nubi, terribile tanto a guardarsi allora, quanto è ora con noi infinito in bontà! Siede tra le milizie degli Angeli delle battaglie: dinanzi al suo volto un torrente di fuoco, e sotto i suoi passi tra il rombar di tuoni una tempesta di folgori e di saette e di carboni ardenti: passa pei cieli, e i cieli si fiaccano, come si piega la vela di un naviglio in mezzo alla burrasca. Rizza il tremendo tribunale in mezzo alle fiamme ed al fumo dello spento universo la tremenda Maestà; ecco sta per fare giudizio di tutti. Quando tra l’intonar delle angeliche trombe, terribile come mille oceani in tempesta, che chiamano gli eletti alla destra ed i reprobi alla sinistra, tra l’ulular dei disperati si ode un maestoso concerto: sono i principi del regno celeste, che portano cantando « Vexilla regis prodeunt, fulget crucis mysterium » in adorazione la Croce… Quella Croce è un fulmine per i dannati alla sinistra… ! Ah! non parliamo dei dannati: noi siamo tutti crocesegnati a quest’ora col Sangue, che il divino Gesù dalla croce versava sull’altare per le nostre persone! Quindi il Sacerdote segna dall’alto sopra la testa di tutti, quella gran croce. Pensiamo noi a Gesù: Egli nel tremendo di’ del giudizio avrà al fianco quella Croce, e sotto di essa tutti raccolti e tremanti anche noi, in mezzo all’universale terrore! Noi nondimeno da piè della croce guarderemo nelle sue Piaghe, cercando nel suo Costato il nostro asilo, che trovammo in terra con unirci a Lui nel santissimo Sacramento! Ancora un pensiero in questo istante così pieno di alti misteri. L’anima nostra tutta con Gesù benedetto pensa a Lui, quando l’amabilissimo Redentore in mezzo alla turba, che aspettava la parola di vita, salito sul monte, aperta la bocca, diceva: « Beati i poveri di spirito: beati i mansueti: beati i piangenti: beati gli affamati e sitibondi della giustizia : beati i misericordiosi: beati i puri di cuore: beati i pacifici: beati i perseguitati; » e a questi afflitti d’ogni maniera promettendo il regno dei cieli: « rallegratevi, qui conchiudeva, che la ricompensa vostra è copiosa in cielo. » Diceva poi altresì: « chi Mi segue non va nelle tenebre, ma avrà lume di vita. » Prendeva poi la croce e andava al Calvario a morire sopra di essa: e risorto raccomandava di fare quello che aveva egli comandato, ed il suo comandamento è la carità, che ci acquista meriti pel Paradiso. Ah! qui noi, nel segnarci di croce, corriamo ad abbracciare quelle croci, che Dio ci dà nella vita, per sacrificarci in amore di Dio nell’operare il bene. Diciamo intanto con tutto il fervore: « o, Gesù, dateci con questa solenne benedizione una caparra di quella benedizione con cui direte: o benedetti del Padre mio, al Paradiso, ch’Egli vi ha preparato. Su via! sorgiarn tutti in piedi, pronti ad obbedire a Gesù ora, per accorrere al suo invito allora. Sorgiano in piedi poichè croce segnati dalla Destra di Gesù, con Lui voleremo al Paradiso. Amen.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.