TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (29): “Da INNOCENZO XI ad ALESSANDRO VIII”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (29)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da INNOCENZO XI ad ALESSANDRO VIII)

Decreto del Santo Officio del 33 novembre 1670.

Errori relativi al dono dell’onnipotenza.

2170. (1) Dio ci fa il dono della sua onnipotenza perché ne facciamo uso, così come qualcuno regala ad un altro una casa o un libro.

2171. 2 – Dio ci sottopone alla sua onnipotenza. (Censura: proposizioni vietate in quanto nuove e azzardate).

Probabilismo e probabiliorismo

2175. …Dopo la relazione fatta dal P. Laurea su quanto contenuto nella lettera inviata dal P. Tirso Gonzalez, al Santissimo Signore, gli Eminentissimi Signori dissero che la stessa dovesse essere scritta dal Segretario di Stato al Nunzio Apostolico in Spagna, affinché significasse al suddetto P. Tirso che Sua Santità avesse preso in considerazione l’onnipotenza di Dio. Che Sua Santità aveva gentilmente accettato la sua richiesta e che, dopo che la sua lettera era stata letta non senza lodi, avesse ordinato che egli predicasse, insegnasse e difendesse con la penna l’opinione più probabile e che combattesse coraggiosamente la posizione di coloro che affermano che, quando un’opinione meno probabile e un’altra più probabile, conosciuta e giudicata come tale, si incontrano, è lecito seguire quella meno probabile; e che gli faccia sapere che tutto ciò che fa e scrive a favore dell’opinione più probabile piacerà a Sua Santità.

2176. Al Padre Generale della Compagnia di Gesù sarà data l’ingiunzione, per ordine di Sua Santità, non solo di permettere ai Padri di questa Compagnia di scrivere a favore dell’opinione più probabile e di combattere la posizione di coloro che affermino che quando un’opinione meno probabile e una più probabile si incontrano, conosciute e giudicate come tali, sia permesso seguire quella meno probabile; ma che scriva anche a tutte le università della Società che il sentimento di Sua Santità è che ognuno, come ritiene opportuno, scriva liberamente a favore dell’opinione più probabile e contro la suddetta opinione contraria; e che ordini loro di sottomettersi interamente al mandato di Sua Santità.

2177. (Aggiunta nell’autografo del Sant’Uffizio: ) 8 luglio 1680. Dopo che il suddetto ordine di Sua Santità è stato comunicato al Padre Generale della Compagnia di Gesù dall’assessore, egli ha risposto che avrebbe obbedito.

Tanto più che non gli era mai stato proibito, né da lui stesso né dai suoi predecessori, di scrivere a favore dell’opinione più probabile e di insegnarla.

Contemplazione e mediazione. – Errori del quietismo.

2181. 1. – A nessuno, dunque, che si dedichi alla preghiera meditativa o contemplativa, si deve permettere di disprezzare la preghiera vocale, istituita da Cristo Signore, osservata dagli Apostoli e da sempre utilizzata, in continua successione, in tutti i servizi divini, né di sminuirla come inutile e vana rispetto alla preghiera meditativa o contemplativa. Al contrario, poiché il Profeta insegna che il Signore debba essere lodato con inni e cantici, tutti devono lodarlo e raccomandarla pure con la preghiera mentale e contemplativa.

2182. 2. – Ma poiché nella casa del Padre ci sono molte dimore (Gv XIV,2) coloro che si dedicano alla meditazione e coloro che li dirigono non devono assolutamente disprezzare coloro che si occupano di contemplazione, né chiamarli pigri o, quel che è peggio, bollarli di eresia. Al contrario, facciano uso e godano santamente e piamente dei doni che Dio ha concesso a ciascuno di loro attraverso la meditazione, tanto più che la grazia della contemplazione è spesso ricevuta dai più grandi, spesso dai più piccoli, molto spesso da coloro che sono lontani, e talvolta anche da persone sposate.

2183. 3. Allo stesso modo, coloro che sono favorevoli alla contemplazione non disprezzino coloro che sono favorevoli alla meditazione, poiché di norma è per gradi di meditazione che si raggiunge la vetta della contemplazione; ma tutti nella carità glorifichino Dio, nostro Signore Gesù Cristo, sapendo che il tralcio dell’opera buona mantiene il suo verde solo se rimane nella radice della carità.

2184. 4. – Sebbene nessuno debba essere allontanato dalla grazia della contemplazione, per la quale Dio dà il suo aiuto, è tuttavia necessario che i direttori d’anime si preoccupino di non ammettere indiscriminatamente ogni età, grado, sesso o condizione alla pratica di questa dottrina e di questo esercizio, e che con un’assidua osservazione prendano prima la misura dello spirito, di ciò che sia in grado di sopportare e di fare, in modo da condurre alcuni alla meditazione, altri alla contemplazione, secondo lo spirito di ciascuno.

2185. 5. – Ma affinché la dottrina sull’orazione contemplativa, con la quale le anime dei fedeli sono elevate alla più alta unione con Dio, rimanga pura da ogni errore, onesta ed intatta, è necessario in primo luogo che i contemplativi si guardino dall’affermare o sostenere che la sola presenza di Dio sia ovunque l’oggetto della contemplazione o dell’orazione che essi chiamano “quiete”. Perché tutti gli oggetti della meditazione possono essere, anche se in modo diverso, oggetto di contemplazione; allo stesso modo non devono essere così audaci da affermare che coloro che pratichino la meditazione non abbiano il potere della contemplazione. Ed ugualmente non abbiano l’audacia di affermare che coloro che si esercitino nella meditazione, non possano mai raggiungere un certo grado di perfezione se non passano alla preghiera di contemplazione.

2186. 6. – E poiché siamo salvati e liberati dall’Incarnazione e dalla Passione di nostro Signore Gesù Cristo, i contemplativi si guardino dal dimenticare volontariamente e deliberatamente i misteri della vita, dell’azione, della Passione e della Redenzione di questo stesso Signore che è nostro, o dall’affermare che la loro considerazione è inutile e contraria allo stato di contemplazione; al contrario, sull’esempio di tutti i Santi, si applichino assiduamente a considerarli secondo le circostanze di tempo e di luogo.

2187. 7. – Così come non tolgano dai loro occhi, come inutili alla contemplazione, le immagini e le rappresentazioni, sia esterne che interne, di Cristo Signore, della beatissima Vergine Maria, la Madre, e degli altri Santi che regnano in cielo e che pregano per noi che ci troviamo in questa valle di lacrime. A volte, però, solo nell’atto della contemplazione e quando il nostro spirito, attraverso il quale scorrono i doni celesti, sia attirato verso la contemplazione delle realtà divine, sarà permesso, affinché l’anima non sia distratta, allontanarsi da queste figure.

2188. 8. – E poiché l’esercizio della contemplazione perfetta consiste principalmente nel fatto che nell’atto della contemplazione l’anima non faccia nient’altro, e tanto più, dimenticando poi tutte le creature, si elevi a Dio e alle realtà divine nella considerazione delle sublimi virtù della fede, speranza e carità, con le quali Dio è venerato al di sopra di tutto, i meditanti non devono avere l’audacia o la presunzione di trattare i contemplativi del popolo come oziosi e pigri.

2189. 9. D’altra parte, sia i contemplativi che i meditanti devono ricordare che non siano affatto esenti dai precetti di Dio e della Chiesa; al contrario, tutti, come i servi verso i loro padroni e le mogli verso i loro mariti, sono strettamente tenuti ad osservare i Comandamenti che devono essere osservati da ciascuno secondo il suo stato, poiché la virtù della preghiera porta all’umiltà ed all’obbedienza e non all’orgoglio ed alla presunzione.

2190. 10. Allo stesso modo, nel caso dei chierici, sia secolari che religiosi, e delle monache, si deve insegnare e ritenere che non debbano presumere che, con il pretesto della meditazione o della contemplazione, siano esenti o liberati dagli obblighi ecclesiastici e dai voti, dalle istituzioni e dalle regole della loro religione; infatti, anche se hanno raggiunto un certo grado di perfezione nella preghiera, non sono in alcun modo considerati esenti dall’osservarli.

2191. 11 Tutti, sia contemplativi che meditativi, devono sapere che non sono in alcun modo esonerati dagli obblighi esterni di religione e di pietà che sono abitualmente praticati dai fedeli nella Chiesa cattolica, e che sono l’uso dei sacramenti e dei sacramentali, le visite alle chiese, i riti, i riti, i riti, i riti e i riti. Al contrario, sarà un grande scandalo per i fedeli se alcune delle suddette pratiche saranno trascurate da loro con il pretesto della contemplazione o della meditazione.

2192. 12 È assolutamente empio, e indegno della purezza cristiana, affermare che non si debba resistere alle tentazioni e che i contemplativi non debbano vedersi imputati i peccati commessi durante la contemplazione, con la falsa idea che non siano i contemplativi stessi, ma il diavolo a commetterli attraverso le loro membra. Allo stesso modo è empio affermare che i contemplativi non debbano aprirsi su tali peccati nel Sacramento della penitenza e sottoporli alle chiavi della Chiesa. Infine, è empio affermare che la preghiera mentale, sia essa meditativa o contemplativa, sia necessaria per la salvezza pura e semplice.

Errore sul segreto della Confessione

2195. (Proposizione🙂 “È lecito fare uso della conoscenza acquisita nella confessione, purché ciò avvenga senza rivelazione diretta o indiretta e senza danno per il penitente, a meno che dal suo mancato uso non derivi un danno molto più grave, rispetto al quale il primo è giustamente ritenuto poco”; Dopo questo si aggiunge una spiegazione, o una limitazione, riguardo a ciò che si deve intendere per uso della conoscenza acquisita in confessione con danno per il penitente, e ad esclusione di qualsiasi rivelazione, e nel caso in cui il non uso comporti un danno molto maggiore per questo penitente. …(Censura: ) La suddetta proposizione, nella misura in cui ammette l’uso della suddetta conoscenza con danno per il penitente, deve essere assolutamente proibita, compresa la suddetta spiegazione o limitazione.

Errori quietisti di Miguel de Molinos

2201. (1) Le potenze dell’anima devono essere annientate, e questa è la via interiore.

2202. [2] – Voler agire attivamente significa offendere Dio, che vuole essere l’unico agente; per questo dobbiamo abbandonarci totalmente e senza riserve a Lui, per poi rimanere come un corpo inanimato.

2203. (3). Il voto di fare qualcosa è un ostacolo alla perfezione.

2204. (4). L’attività naturale è nemica della grazia e ostacola le operazioni di Dio e la vera perfezione, perché Dio vuole agire in noi senza di noi.

2205. (5). – Non facendo nulla, l’anima si annienta e ritorna al suo principio e alla sua origine, che è l’essenza di Dio in cui rimane trasformata e divinizzata, e allora Dio rimane in se stesso; perché allora non ci sono più due cose unite, ma una sola, e in questo modo Dio vive e regna in noi, e l’anima si annienta nell’Essere operativo.

2206. (6). – La via interiore è quella in cui non conosciamo né la luce, né l’amore, né la rassegnazione; e non è nemmeno necessario conoscere Dio; ed è in questo modo che camminiamo giustamente.

2207. (7) – L’anima non deve pensare alla ricompensa o alla punizione, al Paradiso o all’inferno, alla morte o all’eternità.

2208. (8) – L’anima non deve desiderare di sapere se cammina come Dio vuole, né se rimanga o meno conforme a quella volontà; e non è necessario che desideri conoscere il proprio stato, o il proprio nulla, ma deve rimanere come un corpo senza vita.

2209. (9) – L’anima non deve ricordarsi né di se stessa, né di Dio, né di nulla, e nel modo interiore ogni riflessione è dannosa, anche quella sulle proprie azioni umane e sui propri difetti.

2210. (10). – Se i propri difetti scandalizzano gli altri, non c’è bisogno di riflettere su di essi finché non c i sia il desiderio di scandalizzare, e non poter riflettere sui propri difetti è una grazia di Dio.

2211. (11). – Non c’è bisogno di pensare ai dubbi che sorgono se si sia sulla strada giusta o meno.

2212. (12). – Chi ha dato il suo libero arbitrio a Dio non deve più preoccuparsi di nulla, né dell’inferno né del Paradiso; non deve avere alcun desiderio della propria perfezione, né delle virtù, né della propria santificazione, né della propria salvezza, dalla quale deve espungere la speranza.

2213. (13) – Una volta consegnato a Dio il nostro libero arbitrio, dobbiamo anche abbandonare a Dio il pensiero e la cura di tutto ciò che ci riguarda, e lasciare che faccia la sua volontà divina in noi, senza di noi.

2214. (14). – Chi si è abbandonato alla volontà di Dio non deve chiedere nulla a Dio, perché chiedere è mendicare è un’imperfezione, perché è un atto di volontà e di scelta, e significa volere che la volontà divina si conformi alla nostra volontà e non la nostra alla volontà divina. E le parole del Vangelo: “Chiedete e vi sarà dato” (Gv 16,24) non sono state pronunciate da Cristo per le anime interiori che non vogliono avere una volontà; al contrario, queste anime sono in grado di non chiedere nulla a Dio.

2215. (15). Così come non devono chiedere nulla a Dio, non devono nemmeno ringraziarlo per nulla, perché entrambi sono atti della loro volontà.

2216. (16). Non è giusto chiedere indulgenze per la pena dovuta ai propri peccati; infatti è meglio soddisfare la giustizia divina che cercare la misericordia divina, perché la prima procede dal puro amore di Dio, mentre la seconda dall’amore egoistico per noi stessi, che non è quello che piace a Dio e non è meritorio, poiché è voler fuggire dalla croce.

2217. (17). Poiché il libero arbitrio è stato consegnato a Dio, e anche la cura e l’esame della nostra anima sono stati abbandonati a Lui, non c’è più motivo di preoccuparsi delle tentazioni, e non dobbiamo opporre ad esse altro che una resistenza negativa, senza sforzarci di più, e se la natura si muove, dobbiamo lasciarla muovere, poiché è la natura.

2218. (18). Chi nella preghiera usa immagini, figure, idee e concetti propri, non adora Dio in spirito e verità (Gv IV,23).

2219. (19). Chi ama Dio nel modo che la ragione esige o che l’intelligenza comprende, non ama il vero Dio.

2220. (20). – Dire che nella preghiera sia necessario essere aiutati da ragionamenti e pensieri, quando Dio non parla all’anima, è da ignoranti; Dio non parla mai, la sua parola è azione, e agisce sempre nell’anima quando questa non lo impedisce con i suoi ragionamenti, pensieri e operazioni.

2221. (21). Nell’orazione, dobbiamo rimanere nella fede oscura e universale, nel riposo e nell’oblio di ogni pensiero particolare e distinto dagli attributi di Dio e della Trinità, e dobbiamo così rimanere alla presenza di Dio per adorarlo, amarlo e servirlo, ma senza produrre atti, perché Dio non trova il suo piacere in questo.

2222. (22). Questa conoscenza per fede non è un atto prodotto dalla creatura, ma è una conoscenza data da Dio alla creatura, che la creatura non sa di avere e che poi non sa di aver avuto, e lo stesso vale per l’amore.

2223. (23).. I mistici distinguono con San Bernardo nella Scala claustralium quattro gradi: lettura, meditazione, oraison e contemplazione infusa. Chi rimane sempre nel primo non passa mai al secondo; chi rimane sempre nel secondo non arriva mai al terzo, che è la nostra contemplazione acquisita, nella quale dobbiamo persistere per tutta la vita, finché Dio non attira l’anima (anche se non lo desidera) alla contemplazione infusa; e quando questa cessa, l’anima deve tornare al terzo grado e rimanervi, senza tornare più al secondo o al primo.

2224. (24). Qualunque pensiero sorga nell’orazione, anche impuro, anche contro Dio, la fede e i sacramenti, se non viene volontariamente accolto e volontariamente respinto, ma sopportato con indifferenza e rassegnazione, non impedisce l’orazione di fede; al contrario, la rende più perfetta, perché l’anima è allora più rassegnata alla volontà divina.

2225. (25). Anche se viene il sonno e ci addormentiamo, saranno comunque presenti l’orazione e la contemplazione; perché l’orazione e la rassegnazione, la rassegnazione e l’orazione sono la stessa cosa; e finché dura la rassegnazione, dura anche l’orazione.

2226. (26). Le tre vie: purgativa, illuminativa e unitiva, sono la più grande assurdità che sia stata detta nella mistica, perché c’è una sola via, quella interiore.

2227. (27). Chi desidera e abbraccia la devozione sensibile, non desidera e cerca Dio, ma se stesso; e chi cammina nella via interiore agisce male quando la desidera e si sforza di averla, sia nei luoghi santi che nelle feste solenni.

2228. (28). Il disgusto per le cose spirituali è buono, poiché con esso si purifica l’amore propriamente detto.

2229. (29). È un buon segno quando l’anima interiore è disgustata dai discorsi su Dio e sulle virtù, e rimane fredda e non sente alcun fervore in essa.

2230. (30). Ogni cosa sensibile che sperimentiamo nella vita spirituale è abominevole, impura e sporca.

2231. (31). Nessuno di coloro che meditano pratica le vere virtù interiori, che non devono essere conosciute dai sensi. Le virtù devono essere perse.

2232. (32). Né prima né dopo la Comunione è richiesta altra preparazione o ringraziamento (per queste anime interiori) che rimanere nell’abituale rassegnazione passiva; perché questa sostituisce in modo più perfetto tutti gli atti di virtù che si possano fare e si facciano in modo ordinario. E se durante la Comunione sorgono movimenti di umiliazione, di supplica o di ringraziamento, essi devono essere soppressi quando non si riconosca che provengano da una particolare ispirazione di Dio; altrimenti sono movimenti della natura non ancora morta.

2233. (33). Per l’anima che percorre questo cammino interiore è sbagliato fare uno sforzo particolare nelle feste solenni per suscitare un sentimento di devozione, perché per l’anima interiore tutti i giorni sono uguali e sono tutti giorni di festa. E lo stesso si deve dire dei luoghi sacri, perché per queste anime tutti i luoghi sono uguali.

2234. (34). Ringraziare Dio con la parola e con la lingua non è adatto alle anime interiori, che devono rimanere in silenzio, senza porre alcun ostacolo al fatto che Dio operi in loro; e quanto più si abbandonano a Dio, tanto più sperimentano la loro impotenza nel recitare l’orazione domenicale o il Padre nostro.

2235. (35). Alle anime della via interiore non conviene compiere atti, anche virtuosi, di propria scelta e di propria attività, altrimenti non sarebbero morte, né compiere atti di amore verso la Beata Vergine, i Santi e l’umanità di Cristo, perché essendo questi oggetti sensibili, anche l’amore che li riguarda è sensibile.

2236. (36). Nessuna creatura, né la Beata Vergine né i santi, deve avere un posto nel nostro cuore, perché solo Dio vuole occuparlo e possederlo.

2237. (37). Nel caso di tentazioni anche violente, l’anima non deve compiere atti espliciti di virtù che si oppongano ad esse, ma rimanere nell’amore e nella rassegnazione di cui si parla.

2238. (38). La croce volontaria delle mortificazioni è un peso gravoso e infruttuoso, e perciò deve essere sgravata.

2239. (39). Le azioni e le penitenze più sante compiute dai Santi non bastano a togliere dall’anima anche un solo attaccamento.

2240. (40). La Beata Vergine non fece mai alcun lavoro esterno, eppure fu più santa di tutti i Santi. Ecco perché possiamo raggiungere la santità senza alcun lavoro esterno.

2241. (41). Dio permette e vuole, per umiliarci e condurci alla vera trasformazione, che certe anime perfette, anche se non possedute, siano violate dal demonio che fa loro commettere atti carnali, anche nello stato di veglia e senza alcun turbamento della coscienza, muovendo fisicamente le mani e le altre membra contro la loro volontà. E lo stesso si deve dire per altre azioni di per sé colpevoli, che in questo caso non sono peccati, perché non c’è consenso.

2242. (42). Ci possono essere casi in cui tale violenza che porta ad atti carnali si verifica contemporaneamente in due persone, cioè un uomo e una donna, e il risultato è un atto carnale per entrambi.

2243. (43). Dio, nelle epoche passate, faceva i santi con il ministero dei tiranni; ora, invece, li fa santi con l’aiuto dei demoni che, provocando in loro la violenza di cui si parla, li inducono a disprezzare e ad annientare ancora di più se stessi e ad abbandonarsi a Dio.

2244. (44). Giobbe bestemmiava, ma non peccava con le labbra, perché ciò avveniva per la violenza del demonio.

2245. 45. San Paolo soffrì nel suo corpo la violenza del diavolo; per questo scrisse: “Non faccio il bene che voglio fare, ma il male che non voglio fare lo faccio” (Rm VII, 19).

2246. (46). Questa violenza è il modo migliore per annientare l’anima e condurla alla trasformazione e alla vera unione, e non c’è altro modo per arrivarci. E questo è il modo più facile e sicuro.

2247. (47). Quando si verificano questi atti violenti, si deve permettere a satana di fare il suo lavoro senza alcuna resistenza o sforzo; al contrario, l’uomo deve rimanere in uno stato di nulla, e anche se ne derivano inquinamenti e atti osceni prodotti dalle mani e peggio, non c’è da preoccuparsi, ma si devono bandire scrupoli e paure, perché l’anima è più illuminata, rafforzata e pura, e si acquisisce la santa libertà. E soprattutto non c’è bisogno di confessare queste cose, e si agisce in modo molto sano non confessandole, perché è con questo mezzo che si trionfa sul diavolo e si acquisisce un tesoro di pace.

2248. (48). Satana, l’autore di questi abusi, suggerisce poi che si tratti di colpe gravi, affinché l’anima si inquieti e non avanzi nel cammino interiore; perciò, per indebolire le proprie forze, è meglio non confessarle, perché non sono peccati, neppure veniali.

2249. (49). Giobbe, per la violenza del diavolo, si contaminò con le proprie mani, nel momento in cui si rivolgeva a Dio, se interpretiamo così il passo del cap. 16 Gb 16,18.

2250. (50). Davide, Geremia e molti dei santi Profeti subirono tali violenze per queste azioni esterne impure.

2251. (51). Nelle Sacre Scritture ci sono molti esempi di violenza che portano ad atti esterni di peccato; così per Sansone che con la violenza si uccise con i Filistei (Gg XVI,29 s.) che sposò una donna straniera (Gg XIV,1-20), e che praticò la fornicazione con la prostituta Dalila (Gg XVI,4-22), che altrimenti era proibita e sarebbe stata peccaminosa; Giuditta mentì a Oloferne (Gdt XI,5-19), Eliseo maledisse i bambini (2R II,24) e bruciò due capi con le truppe del re Achab (2R 1,10-12). Non è certo, però, se la violenza sia stata fatta direttamente da Dio o attraverso il ministero dei demoni, come accade per altre anime.

2252. (52). Quando una violenza di questo tipo, anche impura, avviene senza che lo spirito ne sia oscurato, l’anima può allora unirsi a Dio e di fatto è sempre più unita a Lui.

2253. (53). Per sapere in pratica se un’azione in altre persone sia stata una violenza, la regola che ho in questa materia non è semplicemente la protesta di queste anime di non aver mai acconsentito a questa violenza o di non poter giurare di averla acconsentita, e di vedere che si tratti di anime che stanno avanzando lungo il cammino interiore; ma io vorrei prendere la mia regola da una certa luce attuale, superiore alla conoscenza umana e teologica, che mi fa sapere con certezza, con una certezza interiore, che una tale azione sia provocata dalla violenza, e sono certo che questa luce venga da Dio, perché mi viene insieme alla certezza che viene da Dio, e che non lascia in me nemmeno l’ombra di un dubbio contrario: dal modo in cui talvolta accade che Dio, quando rivela qualcosa, allo stesso tempo dà all’anima la certezza che è Lui stesso a rivelare, e che l’anima non può più avere alcun dubbio del contrario.

2254. (54). Gli spirituali della via ordinaria si troveranno nell’ora della morte derisi e confusi con tutte le passioni che dovranno essere purificate nell’altro mondo.

2255. (55). Per questa via interiore si riesce, anche se con grande difficoltà, a purificare ed estinguere tutte le passioni, fino al punto di non sentire più nulla, nulla, e di non avertire più alcuna inquietudine come un corpo morto e l’anima non è più turbata.

2256. (56). Le due leggi e le due concupiscenze, l’una dell’anima, l’altra dell’amor proprio, durano finché dura l’amor proprio: perciò quando esso è purificato e morto, come si fa nella via interiore, allora non ci sono più queste due vie e queste due concupiscenze, e non si sperimenta più alcuna caduta, né si sente nulla, neppure un peccato veniale.

2257. (57). Con la contemplazione acquisita si giunge a uno stato in cui non si commette più alcun peccato, né mortale né veniale.

2258. (58). Questo stato si raggiunge non riflettendo più sulle proprie azioni, perché le colpe nascono dalla riflessione.

2259. (59). La via interiore è indipendente dalla Confessione, dai confessori e dai casi di coscienza, dalla teologia e dalla filosofia.

2260. (60). Nel caso di anime avanzate che comincino a morire alla riflessione e siano giunte al punto di morte, Dio rende talvolta impossibile la Confessione e vi supplisce Lui stesso con una grazia che conserva ed è uguale a quella che riceverebbero nel Sacramento; per questo non è bene che tali anime si accostino al Dacramento della penitenza in un caso simile, perché è impossibile per loro.

2261. (61). Quando l’anima è giunta alla morte mistica, non può più volere altro che ciò che Dio vuole, perché non ha più volontà e Dio gliel’ha tolta.

2262. (62). Per la via interiore si raggiunge uno stato continuo e immobile in una pace che non può più essere disturbata.

2263. (63). Per la via interiore si giunge anche alla morte dei sensi; ed è addirittura segno che si è nello stato di annientamento, cioè di morte mistica, quando i sensi esterni non ci rappresentino più le cose sensibili; queste sono allora come se non lo fossero, perché non riescono più a far sì che la comprensione si applichi ad esse.

2264. (64). Il teologo ha una minore disposizione allo stato contemplativo rispetto all’ignorante, in primo luogo perché non ha una fede altrettanto pura; in secondo luogo perché non è altrettanto umile; in terzo luogo perché non si preoccupa altrettanto della propria salvezza; in quarto luogo perché la sua testa è piena di immaginazioni, rappresentazioni, opinioni e speculazioni, e la vera conoscenza non è più nella sua testa e la luce non può entrare in lui.

2265. (65). I superiori devono essere obbediti nelle cose esterne, e il voto di obbedienza dei religiosi si estende solo all’esterno. Nell’interno, invece, la situazione è diversa, dove entrano solo Dio e il direttore.

2266. (66). È degna di essere ridicolizzata questa nuova dottrina secondo la quale l’anima, in ciò che riguarda l’interno, dovrebbe essere governata dal Vescovo, e che se il Vescovo non sia sei ora a dormire devi togliere la messa e io lo tolgo e l’altro ha due o tre quattro senza la presa di coscienza sto bene grazie Ma come questa per la scuola per bambino e della scuola e due sessioni di bambini pure cinque giorni festivi a scuola hai visto i bambini vedono questa lingua italiana la stella di sucato dove crede ma che c’è silenzio sità e noi ehm arriva a casa direttamente se invece funziona la sicurezza nazionale Cioè quanti anni in grado di farlo, l’anima dovrebbe andare da lui con il suo direttore. Questa è una dottrina nuova, dico, perché né la Sacra Scrittura, né i Concili, né i canoni, né le bolle, né i Santi, né gli autori l’hanno mai insegnata, né hanno potuto insegnarla; perché la Chiesa non giudica delle cose nascoste, e l’anima ha il diritto e la facoltà di scegliere chi vuole.

2267. (67). Dire che sia necessario manifestare ciò che è interiore al tribunale esterno, e che sia un peccato non farlo, è un evidente inganno, perché la Chiesa non giudica le cose nascoste, e si danneggia la propria anima con questi inganni e ipocrisie.

2268. (68). Non c’è facoltà o giurisdizione al mondo che possa ordinare di comunicare le lettere del direttore che riguardino l’interno dell’anima, e per questo dobbiamo avvertire che si tratti di un oltraggio satanico.

(Censura): queste proposizioni le abbiamo condannate come eretiche secondo il caso 3, 13-15, 41-53, sospette; vicine all’eresia 21,23,(57),60; in odore di eresia: 2, 4-10, 12, 16-19, (31), (35), 55 s, (58) ed erronee 4-6, (8-10), 13-19, 21 s, (24), (32), (35), 41-53, (58), scandalose 6s, (9-11), 14-20, (24), 30-52, (54), (58-60), 63 s, (66), blasfeme 10, 14 s, 41- 53, 60, offensive per le orecchie pie 6, 30, (58), imprudenti 11, 14 s, 17-20, 23 s, 26 s, 30-35, (38s), 41-68, irritanti la disciplina cristiana 10, 16, 21 s, (24), (31), (35), (38s), 41-52, (59), (65s) e contraria (68), e sediziosa (65). Inoltre… abbiamo condannato tutti i libri e tutte le opere stampate, in qualsiasi luogo ed in qualsiasi lingua, nonché tutti i manoscritti dello stesso Miguel de Molinos.

ALESSANDRO VIII: 6 ottobre 1689 – 1 febbraio 1691

Articoli gallicani sui diritti del Papa

2281 (1). Il beato Pietro ed i suoi successori, Vicari di Gesù Cristo, e la Chiesa stessa hanno ricevuto da Dio il potere sulle cose spirituali che riguardano la salvezza eterna, e non sulle cose civili e temporali, avendo il Signore detto: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv XVIII, 36) e ancora “Date dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Lc XX,25); per questo restano ferme le parole dell’Apostolo: “Ogni anima sia sottomessa alle potenze superiori, perché non c’è potere che non venga da Dio; e quelli che esistono sono stati ordinati da Dio; perciò chi si oppone al potere si oppone a Dio” (Rm XIII, 1 ss.) I re e i sovrani non sono soggetti ad alcun potere ecclesiastico per ordine di Dio nelle cose temporali; non possono essere deposti direttamente o indirettamente dall’Autorità delle chiavi della Chiesa; i loro sudditi non possono essere dispensati dalla sottomissione e dall’obbedienza e sollevati dal giuramento di fedeltà. E questa dottrina, necessaria per la tranquillità pubblica e non meno necessaria per la Chiesa che per lo Stato, deve essere seguita inviolabilmente in quanto conforme alla Parola di Dio, alla tradizione dei Padri e agli esempi dei Santi.

2282. (2). La pienezza del potere che la Sede Apostolica e i successori di Pietro, Vicari di Cristo, hanno sulle questioni spirituali è tale che allo stesso tempo i decreti del Santo Concilio Ecumenico di Costanza, nella quarta e quinta sessione, sull’autorità dei Concili generali, approvati dalla Sede Apostolica, confermati dalla prassi degli stessi Romani Pontefici e della Chiesa nel suo insieme, e sempre religiosamente osservati dalla Chiesa gallicana, sono in vigore e rimangono immutabili. Ma non sono approvati dalla Chiesa gallicana coloro che mettono in dubbio la forza di questi decreti, come se la loro autorità fosse dubbia e fossero meno approvati, o che limitino le affermazioni del Concilio al solo tempo dello scisma.

2283. (3). Per questo motivo, l’esercizio della potestà apostolica deve essere regolato secondo i canoni stabiliti dallo Spirito di Dio e conservati dalla riverenza di tutto il mondo; le regole, la morale e le costituzioni ricevute dal regno e dalla Chiesa gallicana sono anch’esse valide, e i limiti stabiliti dai Padri rimangono immutati; ed è perfino della grandezza della Sede Apostolica che le leggi e le consuetudini che sono state confermate dal consenso di una Sede e di Chiese così importanti possiedano la stabilità che appartiene loro.

2284. (4). Anche in materia di fede il Papa ha la parte principale, e i suoi decreti sono validi per tutte e per ciascuna delle Chiese; il suo giudizio, tuttavia, non è irreformabile, a meno che non intervenga il consenso della Chiesa.

2285. (Sentenza della Bolla🙂 Tutte le cose che sono state decise e fatte dalla suddetta Assemblea del clero gallicano tenutasi nel 1682, sia per quanto riguardi l’estensione del diritto regale, sia per quanto riguardi la dichiarazione sulla potestà ecclesiastica e le quattro proposizioni in essa contenute, con le quali è stato deciso che il Papa sia il principale responsabile del potere ecclesiastico; tutti e ciascuno degli ordini, dei decreti, delle conferme, delle dichiarazioni, delle lettere, degli editti, dei decreti fatti o pubblicati da qualsiasi persona, sia ecclesiastica che laica, a qualunque titolo, e qualunque sia la sua autorità o il suo potere, e che richiederebbero anche una menzione particolare … Dichiariamo tutte queste cose nulle, invalide e inutili, completamente e totalmente prive di forza e di effetto fin dal loro inizio, e che lo sono tuttora e lo saranno in perpetuo; e che nessuno è tenuto ad osservarle, o a qualcuna di esse, anche se portano il sigillo di un giuramento.

Decreto del Sant’Uffizio, 24 agosto 1690.

Errori sul bene morale e sul peccato filosofico.

2290. (1) La bontà oggettiva consiste nella conformità dell’oggetto alla natura razionale; la bontà formale, invece, consiste nella conformità dell’atto alla regola della morale. Per questo è sufficiente che l’atto morale tenda al fine ultimo in modo interpretativo, e l’uomo non è obbligato ad amare questo fine né all’inizio né durante la sua vita morale.

2291. (2). Il peccato filosofico o morale è un atto umano non conforme alla natura umana e alla retta ragione; il peccato teologico, invece, è una libera trasgressione della Legge divina. Per quanto grave possa essere, questo peccato filosofico è, in chi non conosce Dio o non pensa attualmente a Dio, un peccato grave, ma non è un’offesa a Dio né un peccato mortale che fa perdere l’amicizia di Dio, e non merita la pena eterna.

2292. (Censura:) Propos. 1 : eretico. – 2 : scandaloso, avventato, offensivo per le orecchie pie, erroneo.

Decreto del Sant’Uffizio del 7 dicembre 1690.

Errori dei giansenisti.

2301. (1). Nello stato di natura decaduta, perché ci sia peccato mortale (formale) e demerito, è sufficiente quella libertà per cui il peccato è stato volontario e libero nella sua causa: il peccato di Adamo.

2302. (2). Anche se ci fosse un’ignoranza invincibile della legge naturale, nello stato di natura decaduta essa non scusa il peccato.

Non c’è peccato formale (materiale) per chi agisce in virtù di essa.

2303. (3). Non è lecito seguire un’opinione (probabile), o la più probabile tra quelle probabili.

2304. (4). Cristo si è offerto in sacrificio a Dio per noi, non per i soli eletti, ma per tutti i fedeli e solo per loro.

2305. (5). Gentili, ebrei, eretici e simili non ricevono alcun influsso da Gesù Cristo; e da ciò possiamo giustamente concludere che la volontà in loro è nuda e disarmata, senza alcuna grazia sufficiente.

2306. (6) La grazia sufficiente non è tanto utile quanto perniciosa nel nostro stato attuale, cosicché possiamo giustamente pregare: “Dalla grazia sufficiente, Signore, liberaci”.

2307. (7). Ogni azione umana deliberata è amore di Dio o amore del mondo; se è amore di Dio, è carità del Padre; se è amore del mondo, è concupiscenza della carne, cioè male.

2308. (8). Il non credente pecca necessariamente in tutte le sue opere.

2309. (9). Pecca veramente chi odia il peccato solo per la sua turpitudine e sconvenienza rispetto alla natura, senza considerare in alcun modo l’offesa a Dio.

2310. (10). L’intenzione di chi odia il male e persegue il bene solo per ottenere la gloria celeste non è né giusta né gradita a Dio.

2311. (11). Tutto ciò che non proviene da una fede cristiana soprannaturale che agisce per amore è peccato.

2312. (12). Quando nei grandi peccatori manca l’amore, manca anche la fede; e anche se sembra che credano, non è una fede divina ma umana.

2313. (13). Chi ama Dio, anche in vista della ricompensa eterna, se la carità gli viene meno, il vizio non gli viene meno, per quanto spesso agisca in vista della beatitudine.

2314. (14). La paura dell’inferno non è soprannaturale.

2315. (15). Il logorio concepito dal timore dell’inferno e delle pene, senza l’amore di Dio per se stesso, non è un movimento buono e soprannaturale.

2316. (16). L’ordinanza che antepone la soddisfazione all’assoluzione non è stata introdotta dalla disciplina o dall’istituzione della Chiesa, ma proviene dalla Legge e dalla prescrizione di Cristo stesso, come se fosse dettata dalla natura della cosa.

2317. (17). Con questa pratica di assolvere subito, l’ordinanza della penitenza è stata invertita.

2318. (18). L’usanza moderna relativa all’amministrazione della penitenza, sebbene sostenuta dall’autorità di molti uomini e confermata da un lungo periodo di tempo, non è tuttavia ritenuta dalla Chiesa un uso ma un abuso.

2319. (19). L’uomo deve fare penitenza per tutta la vita per il peccato originale.

2320. (20). Le confessioni fatte ai religiosi sono per lo più sacrileghe o invalide.

2321. (21). Un parrocchiano può sospettare che i religiosi mendicanti, che vivono di elemosine ordinarie, per ottenere o guadagnare un bene temporale, impongano una pena troppo leggera o mal proporzionata.

2322. (22). Chi pretende di avere diritto alla comunione prima di aver fatto una penitenza proporzionata ai propri peccati è da considerarsi empio.

2323. (23). Allo stesso modo, devono essere esclusi dalla Santa Comunione coloro che non hanno ancora un amore di Dio molto puro e non mescolato.

2324. (24). L’offerta che la Vergine Maria fece nel Tempio, nel giorno della purificazione, di due colombe, una per l’olocausto e l’altra per i peccati, attesta sufficientemente che aveva bisogno di purificazione e che il figlio che la presentò era macchiato dalle macchie della madre, secondo le parole della Legge.

2325. (25). Non è lecito per un cristiano collocare in un tempio cristiano un’immagine di Dio Padre (seduto).

2326 (26). Le lodi rivolte a Maria in quanto Maria, sono vane.

2327. (27). Un tempo era valido il Battesimo conferito in questa forma: “Nel nome del Padre, ecc.”, omettendo “Io ti battezzo”.

2328. (28). Un Battesimo è valido quando sia stato conferito da un ministro che osservi tutto il rito e la forma esterna, ma che interiormente, nel suo cuore e al di fuori di sé, decide: non intendo fare ciò che fa la Chiesa.

2329. (29). L’affermazione che il Papa abbia autorità sul Concilio ecumenico e infallibilità in materia di fede è inutile ed è stata più volte confutata.

2330. (30). Quando qualcuno ha trovato una dottrina chiaramente stabilita in Agostino, essa deve assolutamente essere sostenuta e insegnata, senza tener conto di alcuna bolla papale.

(Censura: condannate e proibite in quanto) a seconda dei casi, avventata, scandalosa, sconveniente, vicina all’eresia, in odore di eresia, erronea, scismatica ed eretica.

2331. (31). La bolla In eminenti di Urbano VIII fu ottenuta con l’inganno.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (30): “da INNOCENZO XII a CLEMENTE XI”