TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (27)
HENRICUS DENZINGER
ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT
ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.
ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM
De rebus fidei et morum
HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI
Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar.
(da S. PIO V a URBANO VIII)
S. Pio V: 7 Gennaio 1566 – 1 Maggio 1572
Bolla: “Ex omnibus afflictionis”- 1 Ottobre 1567
Errori di Michele Bajo sulla natura dell’uomo e sulla grazia.
1901. Par. 1 Né i meriti degli Angeli, né quelli del primo uomo che era ancora intatto, sono giustamente chiamati grazia.
1902. Par. 2 Come il male per sua natura merita la morte eterna, così le opere buone per loro natura meritano la vita eterna.
1903. Par. 3. Sia per gli Angeli che per il primo uomo, se avessero perseverato in questo stato fino alla fine della vita, la felicità sarebbe stata una ricompensa e non una grazia.
1904. Par. 4. La vita eterna è stata promessa all’Angelo e all’uomo integro in vista delle opere buone, e le opere buone, in virtù della legge di natura, sono sufficienti per ottenerla.
1905. Par. 5. Nella promessa fatta all’Angelo e al primo uomo è contenuto ciò che costituisce la giustizia naturale, in base alla quale ai giusti viene promessa la vita eterna per le buone opere, senza alcun’altra considerazione.
1906. Par. 6. Con la legge naturale è stato stabilito per l’uomo che, se persevererà nell’obbedienza, passerà alla vita in cui non potrà morire.
1907. Par. 7. I meriti del primo uomo, retto, erano nei doni della prima creazione; ma secondo il modo in cui parla la Scrittura, essi sono chiamati erroneamente grazia; per questo devono essere chiamati solo meriti e non anche grazia.
1908. Par. 8 In coloro che sono stati redenti dalla grazia di Cristo non si può trovare alcun buon merito che non sarebbe stato conferito gratuitamente ad una persona indegna.
1909. Par. 9 I doni dati all’uomo integro e all’Angelo possono essere chiamati grazia per un motivo che forse non è da disapprovare; ma poiché secondo l’uso della Scrittura il termine “grazia” è inteso solo per i doni che sono conferiti da Gesù a coloro che non li meritano e che ne sono indegni, ne consegue che né i meriti né la ricompensa dati loro debbano essere chiamati grazia.
1910. Par. 10. L’assoluzione della pena temporale che spesso rimane dopo il perdono del peccato e la risurrezione del corpo deve essere attribuita propriamente solo ai meriti di Cristo.
1911. Par. 11. Il fatto che dopo aver perseverato in questa vita mortale, fino alla fine della vita, nella pietà e nella giustizia, otteniamo la vita eterna, non è propriamente da attribuire alla grazia di Dio, ma all’ordinazione naturale stabilita fin dall’inizio della creazione secondo un giusto giudizio di Dio; E in questa ricompensa del bene non sono considerati i meriti di Cristo, ma solo la prima istituzione del genere umano, in cui secondo la legge naturale è stato stabilito da un giusto giudizio di Dio che la vita eterna sarebbe stata concessa dall’obbedienza ai Comandamenti.
1912. Par. 12. La proposizione secondo cui un’opera buona compiuta senza la grazia dell’adozione non meriti il regno celeste è pelagiana.
1913. Par. 13. Le opere buone compiute dai figli di adozione non sono meritorie perché sono compiute dallo spirito di adozione che abita nei cuori dei figli di Dio, ma solo perché sono conformi alla Legge e da loro la Legge è osservata.
1914. Par. 14. Le buone azioni dei giusti non ricevono, nel giorno dell’ultimo Giudizio, una ricompensa maggiore di quella che hanno meritato di ricevere secondo il giusto giudizio di Dio.
1915. Paragrafo 15. Insegna che il merito non consiste nel fatto che chi agisce bene abbia la grazia e lo Spirito Santo in sé, ma solo nel fatto che obbedisce alla Legge divina, e questa opinione la ripete spesso e la dimostra con molteplici ragioni in quasi tutto il libro.
1916. Par. 16. Nello stesso libro ripete spesso che non sia vera obbedienza alla Legge quella fatta senza carità.
1917. Par. 17. Dice che sono della stessa concezione di Pelagio coloro che affermano: fa necessariamente parte di ciò che è il merito il fatto che l’uomo sia elevato per grazia di adozione allo stato divino.
1918. 18. Dice: le opere dei catecumeni, come la fede e la penitenza che precedono la remissione dei peccati, sono meriti per la vita eterna; questa vita, i catecumeni non la ottengono se prima non vengano rimossi gli ostacoli legati alle colpe che hanno commesso in precedenza.
1919. 19. Sembra insinuare che le opere di giustizia e di temperanza compiute da Cristo non traggano maggior valore dalla dignità di chi le compie.
1920. 20. Non c’è peccato che sia veniale nella sua natura, ma ogni peccato merita la punizione eterna.
1921. 21. L’esaltazione e l’elevazione della natura umana alla partecipazione della natura divina è dovuta all’integrità dello stato primitivo, e quindi si deve dire che sia naturale e non soprannaturale.
1922. 22. È pensare come Pelagio di intendere dei Gentili che non aɓbiano fede: il testo dell’Apostolo ai Romani “I Gentili che non hanno la Legge fanno naturalmente ciò che la Legge comanda” Rm 2,14.
1923. 23. Assurda è l’opinione di coloro che affermano che fin dall’inizio, per un dono soprannaturale ed in qualche modo gratuito, l’uomo sia stato innalzato al di sopra della condizione di natura per onorare Dio in modo soprannaturale mediante la fede, la speranza e la carità.
1924. 24. È da uomini vani e oziosi, secondo la stoltezza dei filosofi, che sia stata inventata l’opinione secondo la quale l’uomo è stato costituito fin dall’inizio in modo tale che, grazie a doni aggiunti alla sua natura, sia stato elevato e adottato come figlio di Dio dalla liberalità del Creatore, e questa opinione deve essere ricondotta al pelagianesimo.
1925. 25 (26) Tutte le opere degli infedeli sono peccati e le virtù dei filosofi sono vizi.
1926. 26 (27) L’integrità della prima creazione non era un’elevazione indebita della natura umana, ma la sua condizione naturale. Questa opinione viene ribadita e dimostrata in diversi capitoli.
1927. 27 (28) Il libero arbitrio, senza l’aiuto della grazia di Dio, è buono solo per peccare.
1928. 28 (29) È un errore pelagiano affermare che il libero arbitrio sia in grado di evitare qualsiasi peccato.
1929. 29 (30) Non sono solo questi i “ladri” ed i “briganti” che negano che Cristo sia la via e la “porta” della verità e della vita, ma anche tutti coloro che dicono che si possa “raggiungere” la via della giustizia (cioè una qualche giustizia) “per un’altra via” che non sia quella che passi per Lui (cfr. Gv 10,1 ),
1930. 30 (30B) o che l’uomo possa resistere ad una tentazione senza l’aiuto della grazia stessa, in modo da non esserne indotto o vinto.
1931. 31. La carità perfetta e sincera, che nasce da “amore puro, buona coscienza e fede non finta” (1 Tm 1,5), si può trovare sia nei catecumeni che nei penitenti senza remissione dei peccati.
1932. 32. Questa carità, che è la pienezza della Legge, non è sempre unita alla remissione dei peccati.
1933. 33. Il catecumeno vive nella giustizia, nella rettitudine e nella santità, osserva i comandamenti di Dio e compie la Legge attraverso la carità, prima di aver ottenuto la remissione dei peccati che si riceve solo nel bagno battesimale.
1934. 34. Questa distinzione di un doppio amore, quello naturale con cui si ama Dio come Autore della natura e quello gratuito con cui si ama Dio come Colui che rende beati, è vana, inventata e volta a mettere in ridicolo le Sacre Scritture e molte testimonianze degli antichi.
1935. 35. Tutto ciò che fa un peccatore o uno schiavo del peccato è peccato.
1936. 36. L’amore naturale, che nasce dalle forze della natura, viene sostenuto da alcuni Dottori sulla base della sola filosofia, cedendo alla presunzione umana e facendo torto alla croce di Cristo.
1937. 37. È pensare come Pelagio di riconoscere un qualche bene naturale, cioè che abbia origine unicamente nelle forze della natura.
1938. 38. Tutto l’amore di una creatura ragionevole è o la viziosa cupidigia che ci fa amare il mondo e che è proibita da Giovanni, o la lodevole carità che, riversata dallo Spirito Santo nei cuori (cfr. Rm V,5), ci fa amare Dio.
1939. 39 Ciò che si fa volontariamente, anche se è necessario, è comunque fatto liberamente.
1940. 40. In tutte le sue azioni il peccatore serve l’avidità che domina.
1941. 41. Questo tipo di libertà che è liberata dalla necessità non si trova sotto il nome di libertà nella Scrittura, ma solo sotto il nome di libertà liberata dal peccato.
1942. 42. La giustizia con cui gli empi sono giustificati per fede consiste formalmente nell’obbedienza ai Comandamenti, che è una giustizia per opere, ma non in una grazia infusa con la quale l’uomo viene adottato come figlio di Dio, rinnovato secondo l’uomo interiore e reso partecipe della natura divina affinché, così rinnovato dallo Spirito Santo, possa poi vivere nel bene ed obbedire ai Comandamenti di Dio.
1943. 43. Nell’uomo che si pente prima del Sacramento dell’assoluzione e nel catecumeno prima del Battesimo viene data la vera giustificazione, ma separata dalla remissione dei peccati.
1944. 44. Con la maggior parte delle opere che vengono compiute dai fedeli per obbedire ai Comandamenti di Dio – come obbedire ai genitori, restituire i depositi, astenersi dall’omicidio, dal furto, dalla fornicazione – gli uomini sono certamente giustificati, perché si tratta di obbedienza alla Legge e di una vera giustizia della Legge, ma non ottengono con questo un aumento delle virtù.
1945. 45. Il Sacrificio della Messa non è un sacrificio in altro modo che in quello generale in cui si sacrifica “ogni opera che si debba compiere perché l’uomo sia unito a Dio nella santa società”.
1946. 46 (46A) La volontarietà non appartiene all’essenza e alla definizione del peccato, e non è una questione di definizione, ma di causa ed origine, se tutto il peccato debba essere volontario.
1947. 47(46B) Per questo il peccato originale ha davvero il carattere di peccato, senza alcuna relazione o riferimento alla volontà da cui abbia avuto origine.
1948. 48. (47A) Il peccato originale è volontario in ragione della volontà abituale del bambino, e domina abitualmente il bambino in ragione del fatto che non comporti alcuna volontà contraria.
1949. 49 (47B) E da questa volontà abitualmente dominante deriva che il bambino che muore senza il Sacramento della rigenerazione, dopo aver ricevuto l’uso della ragione, in realtà odia Dio, bestemmia Dio e resiste alla Legge di Dio.
1950. Par. 50.(48) I desideri cattivi a cui la ragione non acconsente e che l’uomo subisce suo malgrado, sono proibiti dal precetto: “Non desiderare” (Es XX,17).
1951. Par. 51.(49) La concupiscenza, o legge delle membra, e i suoi cattivi desideri che l’uomo prova contro la sua volontà, sono una vera disobbedienza alla Legge.
1952. Par. 52.(50) Ogni azione malvagia è di natura tale che possa contaminare il suo autore e tutti i suoi discendenti, come ha contaminato la prima trasgressione.
1953. Par. 53.(51) Per quanto riguarda l’entità del demerito derivante dalla trasgressione, coloro che nascono con vizi minori contraggono da chi li ha generati tanto quanto coloro che nascono con vizi maggiori.
1954. Par. 54.(52) Questa proposizione decisiva: Dio non ha comandato nulla di impossibile all’uomo, è falsamente attribuita ad Agostino, poiché proviene da Pelagio.
1955. Par. 55.(53) Dio non avrebbe potuto creare in origine un uomo come è nato ora.
1956. Par. 56.(54A) Nel peccato ci sono due cose: l’atto e la colpa; una volta compiuto l’atto, non resta che la colpa, o l’obbligo della pena.
1957. Par. 57.(54B) Da ciò consegue che nel Sacramento del Battesimo, o nell’assoluzione da parte del Sacerdote, propriamente si toglie solo la colpa incorsa nel peccato, e il ministero del Sacerdote assolve solo dalla colpa.
1958. Par. 58.(55) Il peccatore penitente non è vivificato dal ministero del Sacerdote che lo assolve, ma da Dio solo che, suggerendogli ed ispirandogli la penitenza, lo vivifica e lo fa risorgere; ma dal ministero del Sacerdote viene tolta solo la colpa.
1959. 59 (56) Quando con l’elemosina o con altre opere di penitenza soddisfiamo Dio per i dolori temporali, non offriamo a Dio un corrispettivo adeguato per i nostri peccati, come alcuni erroneamente affermano (perché altrimenti saremmo, almeno in qualche modo, dei redentori); ma facciamo qualcosa per cui la soddisfazione di Cristo venga applicata e comunicata a noi.
1960. 60 (57) Con le sofferenze dei Santi comunicate nelle indulgenze non si riscattano propriamente le nostre colpe, ma con la comunione della carità si partecipano le loro sofferenze per essere degni di essere liberati, attraverso il sangue di Cristo, dalle pene dovute ai peccati.
1961. 61 (58) Questa famosa distinzione dei Dottori secondo cui i Comandamenti della Legge divina sono adempiuti in un duplice modo, uno secondo la sola sostanza delle opere prescritte, l’altro secondo un certo modo, cioè il modo secondo il quale essi sono in grado di condurre al Regno eterno colui che li adempie (cioè secondo il modo del merito), è una distinzione inventata che debba essere respinta.
1962. 62 (59) Allo stesso modo, la distinzione secondo la quale un’opera è detta buona in due modi, o perché sia giusta e buona per il suo oggetto e per tutte le circostanze (ciò che di solito si chiama moralmente buona), o perché sia meritoria per il Regno eterno in quanto compiuta dallo Spirito di carità da un membro che mira a Cristo, è considerata da respingere.
1963. 63 (60) Analogamente questa distinzione di una doppia giustizia, l’una dovuta allo Spirito di carità che abita (nell’uomo), l’altra certamente dovuta all’ispirazione dello Spirito Santo che eccita la volontà di penitenza, ma che non abita ancora nel cuore diffondendo la carità attraverso la quale si compie la Legge divina, viene respinta nel modo più odioso e ostinato.
1964. 64 (61) Infine, anche questa distinzione che viene fatta tra una doppia vivificazione, quella per cui il peccatore è vivificato quando, per grazia di Dio, sia animato dalla penitenza e dal proposito e dall’inizio di una nuova vita, e l’altra per cui è vivificato colui che sia veramente giustificato e che diventi un tralcio vivo della vite di Cristo, è anch’essa inventata e non è affatto conforme alla Scrittura.
1965. 65 (62) È solo per un errore pelagiano che si posss ammettere che ci sia un uso del libero arbitrio che sia buono o non cattivo, e chi pensa ed insegna questo fa ingiustizia alla grazia di Cristo.
1966. 66 ( 63) Solo la violenza si oppone alla libertà dell’uomo naturale.
1967. 67 (64) L’uomo pecca in modo da meritare la dannazione anche in ciò che fa in modo necessario.
1968. 68 (65) L’infedeltà puramente negativa, in coloro ai quali non è stato predicato Cristo, è peccato.
1969. 69 (66) La giustificazione degli empi avviene formalmente con l’obbedienza alla Legge, e non con una comunicazione ed un’ispirazione nascosta della grazia che induca coloro che sono stati giustificati da essa ad adempiere la Legge.
1970. 70 (67) L’uomo che vive in peccato mortale o nella colpa che meriti la dannazione eterna può avere vera carità; e anche la carità perfetta può essere alleata con la colpa che meriti la dannazione eterna.
1971. 71 (68) Per la contrizione, anche se perfezionata dalla carità e unita al voto di ricevere il Sacramento, salvo il caso di necessità o di martirio, la colpa non è perdonata senza l’effettiva ricezione del Sacramento.
1972. 72 (69) Tutte le afflizioni dei giusti sono in tutto e per tutto punizioni per i loro peccati; per questo Giobbe ed i martiri che hanno sofferto, hanno sofferto a causa dei loro peccati.
1973. 73 (70) Nessuno, eccetto Cristo, è senza peccato originale; per questo la Beata Vergine morì a causa del peccato contratto da Adamo, e tutte le sue afflizioni in questa vita, come quelle degli altri giusti, furono punizioni per il peccato attuale o originale.
1974. 74 (71) In coloro che sono nati di nuovo e sono caduti in peccato mortale, la concupiscenza che ora li domina è peccato, così come le altre cattive abitudini.
1975. 75 (72) I movimenti disordinati della concupiscenza sono proibiti, dato lo stato dell’uomo decaduto, dal precetto “Non desiderare” (Es 20,17); perciò l’uomo che li prova, anche se non vi acconsente, trasgredisce il precetto “Non desiderare”, anche se la trasgressione non gli viene imputata come peccato.
1976. 76 (73) Finché in colui che ama rimane qualcosa della concupiscenza della carne, egli non adempie al precetto: “Amerai Dio con tutto il cuore” (Dt VI,5; Mt XXII,37).
1977. 77 (74) Le laboriose soddisfazioni di chi sia stato giustificato non sono in grado di espiare “de condigno” la pena temporale che rimanga dopo il perdono della colpa.
1978. 78 (75) L’immortalità del primo uomo non era un beneficio della grazia, ma la sua condizione naturale.
1979. 79 (76) L’opinione dei Dottori secondo cui il primo uomo potrebbe essere stato creato e stabilito da Dio senza la giustizia naturale è falsa.
(Censura): Queste proposizioni sono state soppesate con un esame rigoroso in nostra presenza; sebbene alcune di esse possano essere sostenute in una certa misura… nel senso rigoroso e proprio dei termini intesi da coloro che le affermano, con il presente documento le condanniamo, le qualifichiamo e le respingiamo in quanto, a seconda dei casi, eretiche, erronee, sospette, avventate, scandalose ed offensive per le orecchie pie, così come ciò che sia stato detto di esse a parole e per iscritto.
1981. In primo luogo, quindi, condanniamo tutte le cambiali dette fittizie (secche), la cui finzione consiste nel fatto che le parti contraenti fingono, su certi mercati o in altri luoghi, di concludere operazioni di cambio; coloro che ricevono il denaro consegnano certamente le loro cambiali, ma queste non vengono emesse, o vengono emesse in modo tale che, trascorso il tempo in cui erano valide, vengono rese inefficaci; o ancora, il denaro viene infine reclamato, con un guadagno, anche senza la consegna di cambiali di questo tipo, laddove il contratto era stato concluso: Infatti, tra chi dà e chi riceve era stato concordato fin dall’inizio, o almeno questa era l’intenzione, e non c’è nessuno che, sui mercati o nei luoghi suddetti, onorerebbe tali lettere una volta in loro possesso. Questo male è anche simile al seguente: quando si danno cambiali fittizie per denaro, o per un deposito, o sotto altro nome, in modo che più tardi, nello stesso luogo o altrove, possano essere restituite con profitto.
1982. Ma per le cambiali dette anche vere, ci è stato riferito che i cambiavalute a volte rinviano la data di pagamento precedentemente concordata, quando per tacito o espresso accordo si riceva un profitto o anche solo promesso. Noi dichiariamo che tutto ciò sia usurario e ne vietiamo la pratica.
1983. Perché… è lecito agli indiani infedeli avere più mogli che ripudiano anche per i motivi più insignificanti, ne consegue che, avendo ricevuto il Battesimo, è permesso loro di rimanere con la moglie che è stata battezzata con il marito; e poiché spesso accade che non sia la prima moglie, i ministri (dei Sacramenti) e i Vescovi sono tormentati da grandissimi scrupoli perché pensano che non si tratti di un vero matrimonio; ma poiché sarebbe molto crudele separarli dalle donne con cui questi indiani hanno ricevuto il Battesimo, e poiché sarebbe particolarmente difficile trovare la prima moglie, per queste ragioni, ansiosi di considerare con benevolenza e affetto paterno la situazione di questi indiani, liberiamo i Vescovi e i ministri da tali scrupoli, d’ufficio ed in virtù della nostra sicura conoscenza e della pienezza dei poteri apostolici, dichiariamo che quegli Indiani che, come si suppone, siano stati battezzati e saranno battezzati, possano rimanere con la donna che è stata o sarà battezzata con loro come con la loro legittima moglie, dopo aver congedato le altre, e che tale matrimonio esista tra loro legittimamente.
GREGORIO XIII:
13 maggio 1572-10 aprile 1585.
Professione di fede prescritta per i Greci.
1985. Io, N., credo e professo con fede ferma tutti e ciascuno degli articoli contenuti nel Simbolo di fede usato dalla Chiesa romana, cioè: Credo in un solo Dio… (come nel Simbolo di fede di Nicea – Costantinopoli, 150).
1986. Credo, accetto e confesso anche tutto ciò che sia stato definito e dichiarato dal Santo Concilio Ecumenico di Firenze riguardo all’unione delle Chiese d’Occidente e d’Oriente, cioè che lo Spirito Santo sia eternamente del Padre e del Figlio, che derivi la sua essenza ed il suo essere sussistente sia dal Padre che dal Figlio, e che proceda eternamente da entrambi come da un unico principio e da un’unica spirale; Infatti, ciò che dicono i santi Dottori e Padri, cioè che lo Spirito Santo proceda dal Padre attraverso il Figlio, tende a questa concezione: con ciò si intende che anche il Figlio sia, secondo i Greci, la causa, secondo i Latini, il principio della sussistenza dello Spirito Santo, così come il Padre. E poiché tutto ciò che appartiene al Padre, il Padre stesso lo ha dato al suo Figlio unigenito generandolo, eccetto il fatto di essere Padre, la stessa cosa che lo Spirito Santo procede dal Figlio, il Figlio stesso l’ha dal Padre dal quale è stato anche eternamente generato. E credo che la spiegazione contenuta in queste parole “e del Figlio (filioque)” sia stata aggiunta al Simbolo in modo lecito e ragionevole, per chiarire la verità e per una necessità che urgeva in quel momento.
1987. Inoltre, confesso e accolgo tutti gli altri articoli che la Santissima Chiesa Romana e Apostolica abbia prescritto di professare e ricevere in virtù dei decreti del Santo Concilio Ecumenico Generale di Trento, e che vanno oltre quanto contenuto nei suddetti simboli di fede. Accetto… (tutto il resto come nella professione di fede tridentina 1863).
Costituzione “Populis ac nationibus“, 25 gennaio 1585.
Privilegio paolino.
1988. È opportuno mostrare indulgenza, in materia di libertà di contrarre matrimonio, verso i popoli e le nazioni che si sono recentemente convertiti dall’errore del paganesimo alla fede cattolica, affinché gli uomini che non sono abituati a mantenere la continenza, non siano per questo meno disposti a perseverare nella fede, e affinché con il loro esempio non scoraggino altri dal riceverla. Poiché, dunque, accade spesso che molti infedeli di entrambi i sessi, ma soprattutto di sesso maschile, vengano catturati dai nemici dopo un matrimonio contratto secondo il rito pagano, e vengano portati in regioni molto lontane, lontano dalla loro patria e dai loro coniugi, in modo che sia i prigionieri stessi sia coloro che rimangono in patria, quando poi si convertono alla fede, non sono in grado, a causa della distanza troppo grande, di chiedere correttamente ai loro coniugi non Cristiani se desiderano vivere con loro senza insultare il Creatore, o perché a volte anche ai messaggeri sia negato l’accesso alle province ostili e barbare, o perché ignorano totalmente le regioni in cui siano stati trascinati, o perché la lunghezza del viaggio comporti grandi difficoltà, per questo motivo, tenendo presente che tali matrimoni contratti tra non credenti siano certamente considerati veri, ma non così conclusi da non poter essere sciolti in caso di necessità, concediamo agli Ordinari del luogo e ai parroci… la facoltà di dispensare 0 dall’interpellanza) tutti i fedeli Cristiani di entrambi i sessi che vivono in queste regioni e che in seguito si siano convertiti alla fede e anbiano contratto matrimonio prima di ricevere il Battesimo, in modo che tutti loro, anche se il coniuge non credente sia ancora vivo e non sia stato chiesto il suo consenso o non ci si aspettava la risposta, possano contrarre matrimonio con qualsiasi fedele, anche di altro rito, celebrarli solennemente davanti alla Chiesa e, dopo averli consumati con l’unione carnale, rimanervi lecitamente finché vivono, purché si accerti, anche sommariamente ed extragiudizialmente, che il coniuge che, come si presuppone assente, non è stato interpellato, o che, essendo stato interpellato, non abbia manifestato la sua volontà entro il termine fissato da questa monizione; e decidiamo che, anche se in seguito risultasse che i primi coniugi, che non erano credenti, non abbiano potuto manifestare la loro volontà perché impediti da un giusto motivo, e anche se si fossero convertiti alla fede al momento del secondo matrimonio, questi matrimoni non debbano mai essere abrogati per questo, e che la prole in essi concepita sia legittima.
SESTO V: 24 aprile 1585-27 agosto 1590.
URBANO VII: 15-27 settembre 1590
GREGORIO XIV: 5 dicembre 1590-17
ottobre 1591.
INNOCENZO IX: 29 ottobre 1591– 30, dicembre 1591.
Salvaguardia del segreto della confessione.
1989. (Cap. 4) Sia i superiori in carica che i confessori che saranno poi promossi al grado di superiori avranno la massima cura nel non fare uso, in vista del governo esterno, della conoscenza che possano avere avuto, in Confessione, dei peccati di altre persone. Ordiniamo quindi che questo venga osservato da tutti i superiori dei regolari, chiunque essi siano.
Il potere di benedire con il crisma e di cresimare.
1990. I Sacerdoti greci non devono segnare la fronte dei battezzati con il crisma, e per questo motivo le parole “E dopo l’orazione”, ecc.
1991. Par. 1. I Vescovi latini devono confermare i neonati o altri battezzati la cui fronte sia stata effettivamente segnata con il crisma da Sacerdoti greci, e sembra più sicuro che lo facciano con questa riserva e condizione, cioè: N., se sei confermato, non ti confermo; ma se non sei confermato, ti segno con il segno della croce e ti confermo con il crisma della salvezza nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; e questo soprattutto quando si possa dubitare con una certa probabilità che siano stati battezzati da Vescovi greci.
1992. Par. 3 I Sacerdoti greci non sono obbligati a ricevere gli olii santi, ad eccezione del crisma, dai Vescovi diocesani latini, poiché secondo il rito antico questi olii sono fatti o benedetti da loro nello stesso momento in cui vengono amministrati questi olii e i Sacramenti. Ma saranno obbligati a ricevere il crisma che, anche secondo il loro rito, può essere consacrato solo dal Vescovo.
Decreto del Sant’Uffizio, 20 giugno 1602.
Confessione e assoluzione di una persona assente.
1994. Il santissimo Signore… ha condannato e proibito la seguente proposizione, cioè “che sia lecito confessare sacramentalmente i peccati ad un confessore assente, per lettera o per messaggero, e ricevere l’assoluzione dallo stesso Sacerdote assente”, come falsa, avventata e scandalosa, e ha ordinato che d’ora in poi questa proposizione non debba più essere insegnata in corsi, lezioni o assemblee, privatamente o pubblicamente, e che non debba mai essere sostenuta, stampata o praticata in alcun modo, come probabile in alcuni casi.
1995. Domanda: La dottrina di P. Suarez contenuta nel 4° volume dei suoi Commentarri in 3am Partem D. Thomae disp. 21, sect. 4 dove, dopo la pubblicazione del decreto emanato dal nostro santissimo Signore l’anno scorso nel mese di giugno riguardo alla questione della Confessione sacramentale, discute di questa stessa questione e del significato di detto decreto, è apertamente contraria a ciò che questo decreto ordina? (Risposta): Dato che i termini del suddetto decreto mostrano chiaramente e con la loro forma che Sua Santità non solo abbia condannato la proposizione che sia lecito ricevere l’assoluzione da un Sacerdote assente, ma anche che sia lecito confessare sacramentalmente i peccati ad un confessore assente, e dato che la parola “è lecito”, come appare dagli altri elementi, è molto chiaramente usata per qualificare come illecito ciò che sia contrario all’istituzione e all’essenza del Sacramento (come Suarez stesso è costretto dalla verità a riconoscere), e poiché si tratta di una pura invenzione, senza alcun fondamento plausibile nei termini del decreto, dire che tutta questa ipotesi sia condannata in esso solo quando le cose sono collegate, cioè alla maniera di un’unica ipotesi, e che questa ipotesi da condannare debba essere intesa con una particella copulativa e non con una particella disgiuntiva, in modo che secondo il vero contenuto della formula entrambi i membri sarebbero soggetti a censura e non solo l’uno o l’altro, e poiché è un vano pretesto concludere da questo caso in cui, dagli unici segni di penitenza che sono stati dati e riferiti al Sacerdote che arriva, viene data l’assoluzione a uno che sta già morendo, a una confessione di peccati in assenza del Sacerdote – poiché la difficoltà che contiene è ben diversa: Per questo motivo i suddetti signori hanno ritenuto che la suddetta dottrina di p. Suarez si opponga apertamente a quanto definito dal Santissimo Padre.
LEONE XI: 1 aprile – 2 aprile
PAOLO V: 16 maggio 1605-28 giugno 1621.
Libertà di insegnamento in materia di ausili alla grazia.
1997. Per quanto riguarda gli aiuti (di grazia), il Sommo Pontefice ha dato la facoltà a coloro che stanno disputando, così come ai consiglieri, di tornare ai loro paesi e alle loro case; ed è stato aggiunto che Sua Santità avrebbe pubblicato la spiegazione e la decisione prevista a tempo debito. Ma lo stesso Santissimo Signore ha vietato severamente a chiunque di giudicare o censurare in qualsiasi modo la parte avversa quando si tratta di questa questione. Inoltre, desidera che si astengano dall’usare parole troppo dure nei confronti dell’altro e che mostrino l’amarezza dei loro cuori. In questa materia (cioè per quanto riguarda la decisione sulla questione dei sussidi della grazia) si è rimandato per tre motivi: primo, per essere assolutamente certi, e perché il tempo insegna e mostra la verità delle cose, essendo un grande giudice e censore delle cose. In secondo luogo, perché entrambe le parti sono d’accordo nella sostanza con la verità cattolica, cioè che Dio ci abbia fatto agire con l’efficacia della sua grazia, che fa volere gli uomini non volenti e che dirige e cambia le volontà degli uomini – ed è di questo che stiamo parlando – ma sono in disaccordo solo sul modo. I domenicani, infatti, sostengono che Egli predetermini la nostra volontà fisicamente, cioè in modo reale ed effettivo, mentre i gesuiti ritengono che lo faccia in modo appropriato e morale – opinioni che possono essere entrambe difese. In terzo luogo, perché in questi tempi in cui ci sono così tante eresie, è molto consigliabile preservare e mantenere la reputazione e il credito di questi due ordini, e perché se uno di essi viene messo in discredito può derivarne un grande danno. Ma se si dice che è bene sapere quale fede si debba avere in questa materia, la risposta è che sia necessario seguire e sostenere la dottrina del Concilio di Trento, nella VI sessione sulla giustificazione, che è chiara e limpida, che spiega l’errore e l’eresia dei pelagiani e dei semipelagiani, nonché quella di Calvino, e che insegna la dottrina cattolica secondo la quale “è necessario che il libero arbitrio sia mosso, suscitato e aiutato dalla grazia di Dio, e che possa liberamente assentire o non assentire”; e non si impegnò in questa questione relativa al modo in cui opera la grazia; fu toccata dal Concilio, ma fu abbandonata perché inutile e non necessaria, imitando in questo Celestino I che, dopo aver definito diverse questioni o proposizioni in questa materia, disse che non osava condannare né voleva affermarne altre, (di natura) più difficili e più sottili (cf. 249)
GREGORIO XV: 9 febbraio 1621-8 luglio 1623
URBANO VIII: 6 agosto 1623-29 luglio 1644.
Battesimo infantile conferito contro la volontà dei genitori.
1998. A proposito del Battesimo conferito alla bambina ebr giudea Alegreta all’età di circa tre anni… contro la volontà dei genitori,… (i Cardinali) ritennero che la bambina fosse veramente battezzata se materia, forma e intenzione fossero unite ed il Battesimo potesse essere attestato da un testimone e, sebbene i figli dei Giudei non debbano essere battezzati contro la volontà dei genitori, se tuttavia sono battezzati di fatto, il Battesimo è valido ed il carattere è impresso; la bambina battezzata deve essere educata con i Cristiani; per quanto riguarda il popolo, bisogna fargli capire che non sia permesso battezzare i figli dei Giudei contro la volontà dei genitori, perché anche se il fine è buono, i mezzi non sono leciti, tanto più che è in vigore la bolla di Giulio III, che impone una pena di mille ducati e la sospensione a chi battezzO i figli dei Giudei contro la volontà dei genitori.
Errore sulla doppia testa della Chiesa.
1999. Il Santissimo Signore (ha) la seguente proposizione: “San Pietro e San Paolo sono i due principi della Chiesa che sono uno”, oppure: “sono i due corifei della Chiesa Cattolica ed i suoi capi più eminenti che sono legati nella più grande unità”, oppure: “sono il doppio vertice della Chiesa universale, essendo uniti in uno nel modo più mirabile”, oppure: “sono i due supremi pastori e capi della Chiesa che formano una sola testa”, interpretata nel senso che suppone un’uguaglianza in tutti i punti tra San Pietro e San Paolo, senza subordinazione e sottomissione di San Paolo a San Pietro nel supremo potere e governo della Chiesa universale, il Santissimo Signore l’ha stimata e dichiarata eretica.
Costituzione “Cum occasione” a tutti i fedeli, 31 maggio 1653
Gli errori di Cornelius Jansen sul tema della grazia.
2001. 1 – Ci sono comandamenti di Dio che per gli uomini giusti, nonostante la loro volontà e i loro sforzi, sono impossibili da osservare, date le forze a loro disposizione, attraverso le quali questo sarebbe diventato possibile (cf. 1954).
2002. 2 – Nello stato di natura decaduta, la grazia interiore non resiste mai.
2003. 3 – Per meritare e demeritare nello stato di natura decaduto, non è necessario che l’uomo sia libero da ogni necessità, ma è sufficiente che sia libero da ogni costrizione.
2004. 4 – I semipelagiani ammettevano la necessità della grazia interiore preveniente per ogni atto particolare, anche per il consenso di fede; erano eretici in quanto volevano che questa grazia fosse tale che la volontà potesse resistere o obbedire.
2005. 5 – È semipelagiano affermare che Cristo sia morto o abbia versato il sangue per tutti gli uomini senza eccezioni.
2006. (Censura) Proposizione 1: La dichiariamo temeraria, empia, blasfema, condannata con anatema ed eretica, e la condanniamo come tale. – 2 eretica… – 3 : eretica… – 4: falsa ed eretica. 5: falsa, temeraria, scandalosa, ed intesa nel senso che Cristo è morto solo per i predestinati: empia, blasfema, infame, sprezzante della pietà divina ed eretica…
2007. Con questa dichiarazione e questa definizione relativa alle cinque proposizioni di cui sopra non intendiamo, tuttavia, approvare in alcun modo altre opinioni che siano contenute nel suddetto libro di Cornelius Jansen.
Decreto del Sant’Uffizio, 23 aprile 1654
Libertà di insegnamento in materia di aiuti alla grazia.
2008. In considerazione del fatto che circolano a Roma ed altrove alcune dichiarazioni e manoscritti, e forse documenti stampati, delle congregazioni tenute sotto Clemente VIII e Paolo V di felice memoria sul tema degli aiuti della grazia, sia sotto il nome di Francesco Pegna, già decano della Rota Romana, sia sotto quello di fr. Thomas de Lemos, op, e altri e teologi che, si dice, parteciparono alle suddette congregazioni, nonché un certo autografo o originale di una costituzione dello stesso Paolo V riguardante una definizione di questa questione degli aiuti della grazia e una condanna della concezione, o delle concezioni, di Luis de Molina, sj: Sua Santità dichiara e decreta che non si debba assolutamente dare credito alle dichiarazioni e agli atti sopra citati – sia a favore della concezione dei frati dell’Ordine di San Domenico, sia a favore di Luis de Molina e di altri membri della Compagnia di Gesù – né all’autografo o all’originale della citata presunta Costituzione di Paolo V. Al contrario, per quanto riguarda la suddetta questione, si devono osservare i decreti dei suoi predecessori.
TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (28): “da ALESSANDRO VII ad INNOCENZO XI”