TUTTI IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (25): Concilio di Trento Sess. XIX-XXIII.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (25)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Concilio di Trento: Sessione XIV- XXIII)

Dottrina sul sacramento dell’Estrema Unzione.

Preambolo

1694. Al santo Concilio è sembrato bene aggiungere alla precedente dottrina sulla Penitenza quella che segue sul Sacramento dell’Estrema Unzione, che i Padri considerano come la consumazione non solo del Sacramento della penitenza, ma anche di tutta la vita cristiana, che deve essere una penitenza perpetua. Per questo motivo, ecco cosa dichiara e insegna sulla sua istituzione. Il nostro misericordioso Redentore ha voluto che i suoi servi fossero sempre provvisti di rimedi salutari contro gli attacchi di tutti i nemici. Come negli altri Sacramenti ha preparato per i Cristiani il più grande aiuto per mantenersi liberi da ogni grave danno spirituale finché vivano, così con il Sacramento dell’Estrema Unzione ha rafforzato la fine della loro vita con una protezione molto solida (cf. 1716). Infatti, sebbene il nostro avversario cerchi e colga le occasioni durante tutta la nostra vita per divorare le nostre anime con tutti i mezzi possibili (1Pt V,8), non c’è momento in cui tenda con maggiore violenza tutti i fili della sua astuzia per perderci completamente e, se potesse, anche per allontanarci dalla fiducia nella misericordia divina, che quando vede che si avvicina per noi la fine della vita.

Capitolo 1. L’istituzione del Sacramento dell’Estrema Unzione

1695. Questa santa Unzione degli infermi fu istituita da Cristo nostro Signore come vero e proprio Sacramento della Nuova Alleanza; questo Sacramento fu indicato in Marco (Mc VI, 13), raccomandato e promulgato da Giacomo, apostolo e fratello del Signore (cf. 1716). Egli disse: “Se qualcuno di voi è malato, chiami i presbiteri della Chiesa e questi preghino su di lui dopo averlo unto con olio nel Nome del Signore. La preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo solleverà; e se è peccatore, gli saranno rimessi i peccati” (Giacomo V:14-15). Con queste parole, come la Chiesa ha appreso, tramandate di mano in mano dalla tradizione apostolica, egli insegna quali siano la materia, la forma, il ministro adatto e l’effetto di questo Sacramento salutare. La Chiesa ha infatti compreso che la materia è l’olio benedetto dal Vescovo, perché l’Unzione rappresenta in modo molto appropriato la grazia dello Spirito Santo, con la quale l’anima del malato viene invisibilmente unta. E la forma è costituita da queste parole: “Per questa Unzione, ecc. “

Capitolo 2. L’effetto di questo Sacramento.

1696. La realtà e l’effetto di questo Sacramento sono spiegati da queste parole: “La preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo solleverà; e se è in peccato, gli saranno rimessi i peccati” (Gc V,15) . La realtà è, infatti, la grazia dello Spirito Santo, la cui unzione purifica le colpe, se ancora da espiare, ed i postumi del peccato; lenisce e rafforza l’anima del malato (cf. 1717), ispirando grande fiducia nella misericordia divina. Alleggerito da questa grazia, l’ammalato, da un lato, sopporta più facilmente le difficoltà e le sofferenze della malattia e, dall’altro, resiste più facilmente alle tentazioni del diavolo che cerca di morderlo al tallone (Gn III, 15) talvolta, infine, ottiene la salute del corpo, quando questa è utile per la salvezza dell’anima.

Capitolo 3. Il ministro di questo sacramento e il momento in cui viene amministrato.

1697. Ciò che è prescritto riguardo a coloro che devono ricevere e amministrare questo slSacramento ci è stato trasmesso senza ambiguità anche nelle parole citate sopra. Lì ci viene mostrato che i ministri di questo Sacramento sono i presbiteri della Chiesa (cf. 1719). Con questo nome non si intendono coloro che sono più anziani o più degni tra il popolo, ma i Vescovi o i Sacerdoti regolarmente ordinati da loro con “l’imposizione delle mani del presbiterio” (1Tm IV,14) – (cf. 1719).

1698. Si dice anche che questa unzione debba essere impartita agli ammalati, specialmente a quelli che sono in così grave pericolo da sembrare giunti alla fine della loro vita; per questo è anche chiamata Sacramento dei moribondi. Se i malati recuperano la salute dopo questa Unzione, possono essere nuovamente aiutati e sostenuti da questo Sacramento, nel caso in cui la loro vita si trovi nuovamente in un pericolo simile.

1699. Perciò, per nessun motivo dobbiamo ascoltare coloro che insegnano, contrariamente alla dichiarazione molto chiara ed evidente dell’apostolo Giacomo, (Giacomo V:14 ss.), che questa Unzione sia un’invenzione umana o un rito ricevuto dai Padri, non basato né su un comandamento di Dio né su una promessa di grazia (cf. 1716); né chi afferma che questa Unzione sia ormai finita, come se si riferisse solo alla grazia delle guarigioni nella Chiesa primitiva; né quelli che affermano che il rito e la consuetudine osservati dalla santa Chiesa romana nell’amministrazione di questo Sacramento siano il contrario di ciò che dice l’Apostolo Giacomo e debbano essere cambiati; né, infine, quelli che affermano che i fedeli possano senza peccato disprezzare questa Estrema Unzione (cf. 1718). In realtà, tutte queste proposizioni vanno molto chiaramente contro le chiare parole di un così grande Apostolo. La Chiesa romana, madre e maestra di tutte le altre, nell’amministrare questa Unzione, non fa certamente nulla di diverso da quanto prescritto da san Giacomo, per quanto riguarda la sostanza del Sacramento. Non si potrebbe disprezzare un così grande Sacramento senza commettere un grande crimine e senza insultare lo stesso Spirito Santo.

1700. Questo è dunque ciò che questo santo Concilio ecumenico professa e insegna sui Sacramenti della Penitenza e dell’Estrema Unzione, e ciò che propone a tutti i Cristiani di credere e mantenere. Dà i seguenti Canoni perché siano inviolabilmente osservati; condanna e anatematizza per sempre coloro che affermino il contrario.

Canoni sulle due dottrine.

Canoni sul Santissimo Sacramento della Penitenza.

1701. 1. Se qualcuno dice che nella Chiesa cattolica la penitenza non sia veramente e propriamente un Sacramento istituito da Cristo nostro Signore per riconciliare con Dio i fedeli ogni volta che cadano in peccato dopo il Battesimo, sia anatema (cf. 1668-1670).

1702. (2) Se qualcuno, confondendo i Sacramenti, dice che il Battesimo stesso sia il Sacramento della Penitenza, come se questi due Sacramenti non fossero distinti, e che quindi non sia giusto chiamare la Penitenza “seconda tavola di salvezza”: sia anatema (cf. 1542; 1671).

1703. 3. Se qualcuno dice che queste parole del Signore e Salvatore: “Ricevi lo Spirito Santo: A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a chi li conserverete, saranno conservati” (Gv XX, 22-23), non si devebba intendere il potere di rimettere e trattenere i peccati nel Sacramento della Penitenza, come la Chiesa cattolica ha sempre inteso fin dall’inizio, e, opponendosi all’istituzione di questo Sacramento, ne trasforma il significato in potere di predicare il Vangelo: sia anatema (cf. 1670).

1704. 4. Se qualcuno nega che, per una piena e perfetta remissione dei peccati, siano richiesti al penitente tre atti come materia per il Sacramento della penitenza, cioè la Contrizione, la Confessione e la Soddisfazione, che sono dette le tre parti della Penitenza; o se dice che ci siano solo due parti della Penitenza: I terrori che colpiscono la coscienza nel riconoscere il proprio peccato e la fede nata dal Vangelo o l’assoluzione con la quale si credono rimessi i propri peccati da Cristo: sia anatema (cf. 1673; 1675).

1705. Se qualcuno dice che la Contrizione preparata dall’esame, dal ricordo e dalla detestazione dei peccati, e con la quale uno pensa ai suoi anni nell’amarezza del suo cuore (Is 38,15), soppesando la gravità, l’abbondanza e la bruttezza dei suoi peccati, e la perdita della felicità eterna e la dannazione eterna in cui sono incorsi, con il fermo proposito di una vita migliore; che questa Contrizione non sia un vero ed utile dolore e non prepari alla grazia, ma che renda l’uomo ipocrita e più peccatore; che, infine, è un dolore forzato e non libero e volontario: sia anatema! (cf. 1456; 1676).

1706. 6 Se qualcuno nega che la Confessione sacramentale sia stata istituita o sia necessaria per la salvezza per diritto divino; o se dice che la confessione segreta al solo Sacerdote – che la Chiesa cattolica ha sempre osservato ed osserva fin dall’inizio – sia contraria all’istituzione e al comandamento di Cristo e che siacun’istituzione umana: sia anatema (cf. 1679- 1684).

1707. 7. Se qualcuno dice che nel Sacramento della Penitenza, per la remissione dei peccati, non sia necessario, per diritto divino, che si confessino tutti e ciascuno dei peccati mortali di cui ci si ricordi dopo una debita e seria riflessione, anche i peccati nascosti e quelli che sono contro gli ultimi due comandamenti del Decalogo, né le circostanze che cambiano il tipo di peccato, ma che questa Confessione serva solo ad istruire e consolare il penitente, e che in passato servisse solo per imporre una soddisfazione canonica; o se dice che chi si sforza di confessare tutti i suoi peccati non voglia lasciare nulla al perdono della misericordia divina; o che, infine, non sia permesso confessare i peccati veniali: sia anatema! (cf. 1679-1684).

1708. (8) Se qualcuno dice che la confessione di tutti i peccati, come osservata dalla Chiesa, sia impossibile e sia una tradizione umana che le anime pie devono abolire; o che ogni Cristiano di entrambi i sessi non sia obbligato a confessarsi una volta all’anno, secondo la costituzione del Grande Concilio Lateranense, e che, per questo motivo, i Cristiani debbano essere persuasi a non confessarsi nel periodo della Quaresima: sia anatema! (cf. 1682s.).

1709. 9. Se qualcuno dice che l’assoluzione sacramentale del Sacerdote non sia un atto giudiziario, ma un semplice ministero che pronuncia e dichiara che i peccati sono rimessi a chi li confessa, a condizione che egli creda di essere assolto, o se il Sacerdote non lo assolve seriamente, ma per scherzo; o se dice che non sia necessaria la Confessione del penitente perché il Sacerdote lo assolva: sia anatema! ( cf. 1462; 1685).

1710. 10. Se qualcuno dice che i Sacerdoti in stato di peccato mortale non abbiano il potere di legare e sciogliere, o che i Sacerdoti non siano gli unici ad essere ministri dell’assoluzione, ma che sia a tutti e a ciascuno dei Cristiani che è stato detto: “Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo” (Mt XVIII,18) e : “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti” (Gv 20,23); che in virtù di queste parole chiunque p0ssa assolvere i peccati, quelli pubblici almeno con la correzione, con il consenso di colui che viene corretto, quelli segreti con la confessione spontanea: sia anatema (cf. 1684).

1711. 11. Se qualcuno dice che i Vescovi non abbiano il diritto di riservare le cause, se non per ciò che riguardi la disciplina esterna e che, di conseguenza, la riserva delle cause non impedisca ad un Sacerdote di assolvere veramente le cause riservate: sia anatema (cf. 1687).

1712. 12. Se qualcuno dice che ogni pena sia sempre rimessa da Dio contemporaneamente alla colpa, e che la Soddisfazione dei penitenti non sia altro che la fede con cui essi colgono che Cristo abbia soddisfatto per loro, sia anatema (cf. 1689).

1713. 13. Se qualcuno dice che, per quanto riguarda le pene temporali, Dio non sia in alcun modo soddisfatto per i peccati dai meriti di Cristo né per mezzo di pene inflitte da Dio e sopportate con pazienza, né per mezzo di quelle imposte dal Sacerdote, di preghiere, di elemosine o di altre opere di pietà, e che, di conseguenza, la migliore penitenza sia solo una nuova vita: sia anatema (cf. 169O-1692).

1774. 14. Se qualcuno dice che le soddisfazioni, con cui i penitenti riscattano i loro peccati per mezzo di Gesù Cristo, non siano un culto reso a Dio, ma tradizioni umane che oscurano la dottrina della grazia, il vero culto reso a Dio e il beneficio stesso della morte di Cristo: sia anatema (cf. 1692).

1715. 15. Se qualcuno dice che il potere delle chiavi sia stato dato alla Chiesa solo per sciogliere e non anche per legare, e che per questo motivo i Sacerdoti, imponendo pene a coloro che si confessano, agiscano contrariamente a questo potere e all’istituzione di Cristo; e che sia un’invenzione pensare che, una volta tolta la pena eterna con il potere delle chiavi, rimanga il più delle volte una pena temporale da espiare: sia anatema (cf. 1692).

Canoni sul sacramento dell’estrema unzione.

1716. (1) Se qualcuno dice che l’Estrema Unzione non sia veramente e propriamente un Sacramento istituito da Cristo nostro Signore, (Mc VI,13), e promulgato dall’Apostolo san Giacomo, (Gc 5,14-15), ma solo un rito ricevuto dai Padri o un’invenzione umana, sia anatema! (cf. 1695; 1699).

1717. 2 Se qualcuno dice che la santa Unzione degli infermi non conferisca la grazia, non rimetta i peccati, non allevia i malati, ma che non esiste più, come se un tempo fosse stata solo una grazia di guarigione, sia anatema (cf. 1696; 1699).

1718. 3 Se qualcuno dice che il rito e l’uso dell’Estrema Unzione, osservati dalla santa Chiesa romana, siano contrari alle parole del santo Apostolo Giacomo, e che quindi debbano essere cambiati, affinché possano essere disprezzati senza peccato dai Cristiani, sia anatema (cf. 1699).

1719. 4. Se qualcuno dice che i presbiteri della Chiesa, a cui san Giacomo raccomanda di portare l’unzione ad un malato, non siano Sacerdoti ordinati dal Vescovo, ma i più anziani di ogni comunità, e che per questo il ministro dell’Estrema Unzione non siav solo il Sacerdote, sia anatema (cf. 1697).

MARCELLO II: 9 aprile – 1 maggio 1555.

PAOLO IV: 23 maggio 1555 – 18 agosto 1559

Continuazione e fine del Concilio di Trento sotto Pio IV.

PIO IV : 25 dicembre 1559-9 dicembre 1565.

Sessione XXI.

Preambolo.

1725. Il Santo Concilio Ecumenico e Generale di Trento… ha ritenuto che, essendosi diffusi in vari luoghi, attraverso gli artifici del demonio i più perversi, vari mostruosi errori riguardanti il temuto e santissimo sSacramento dell’Eucaristia, errori che sembrano aver allontanato molti dalla fede e dall’obbedienza della Chiesa Cattolica in alcune province, fosse necessario stabilire qui ciò che riguardi la Comunione sotto le due specie e la Comunione dei bambini. Per questo motivo, a tutti i Cristiani è proibito osare in futuro credere, insegnare o predicare qualcosa su questo argomento che non sia quanto affermato in questo documento, spiegato e definito dai seguenti decreti.

Capitolo 1. I laici e i chierici che non celebrano non sono tenuti per diritto divino alla comunione sotto entrambe le specie.

1726. Perciò questo stesso santo Concilio, istruito dallo Spirito Santo, che è “Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di pietà” (Is XI,2), e secondo il giudizio e la consuetudine della Chiesa stessa, dichiara e insegna che nessun Comandamento divino obblighi i laici ed i chierici che non celebrano a ricevere il Sacramento dell’Eucaristia sotto le due specie; e che non si possa in alcun modo dubitare, senza ledere la fede, che la Comunione ad una delle due specie sia sufficiente per la loro salvezza.

1727. Infatti, senza dubbio, il Signore Cristo, nell’ultima cena, istituì e donò agli Apostoli questo venerabile Sacramento sotto le specie del pane e del vino (Mt XXVI,26-29 Mc XIV,22-25 Lc XXII,19 1Co XI,24). Tuttavia questa istituzione e questo dono non hanno per oggetto di obbligare tutti i Cristiani, per decreto del Signore, a ricevere le due specie (cf. 1731; 1732). E non concludiamo giustamente dalle parole che si trovano nel capitolo VI di Giovanni che la Comunione alle due specie sia stata comandata dal Signore (cf. 1733), per quanto le intendiamo seguendo le varie interpretazioni dei Santi e dei Dottori. Infatti, Colui che disse: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv VI,53) , disse anche: “Se uno mangia questo pane, vivrà in eterno” (Gv VI,58). E Colui che disse: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Gv VI,54) e disse anche: “Il pane che vi darò è la mia carne per la vita eterna” (Gv VI,51). Infine, Colui che ha detto: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e Io in lui”, (Gv VI, 56), ha anche detto: “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”, (Gv VI,58).

Capitolo 2. Il potere della Chiesa nell’amministrazione del Sacramento dell’Eucaristia.

1728. Il Concilio dichiara inoltre che nell’amministrazione dei Sacramenti la Chiesa ha sempre avuto il potere di decidere o di modificare, mantenendo intatta la sostanza di questi Sacramenti, ciò che avrebbe ritenuto più opportuno per l’utilità di coloro che li ricevono e per il rispetto dei Sacramenti stessi, secondo la diversità delle cose, dei tempi e dei luoghi. Ciò che l’Apostolo sembra indicare abbastanza chiaramente dicendo: “Siamo considerati ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio” (1Co IV,1). Ed è abbastanza chiaro che Egli stesso usasse questo potere per molte altre cose oltre che per questo stesso Sacramento, quando disse, dopo aver dato alcuni ordini riguardo al suo uso: “Il resto lo regolerò quando verrò” (1Co 11,34). Pertanto, sebbene all’inizio della Religione cristiana l’uso delle due specie non fosse infrequente, essendo questa usanza cambiata molto generalmente con il passare del tempo, la nostra santa Madre Chiesa, sapendo quale sia la sua autorità nell’amministrazione dei Sacramenti, è stata indotta da gravi e giuste cause ad approvare questa usanza di ricevere la Comunione sotto una delle due specie e a decretare che sarebbe stata una legge che non è permesso biasimare o cambiare a piacimento senza l’autorità della Chiesa stessa (cf. 1732).

Capitolo 3 Sotto ciascuna specie Cristo è ricevuto totalmente ed interamente.

1729. Dichiara inoltre che, sebbene il nostro Redentore, come si è detto sopra, nell’ultima cena abbia istituito e dato agli Apostoli questo Sacramento sotto entrambe le specie, tuttavia si deve riconoscere che anche sotto una sola delle due specie si riceva Cristo in modo completo ed integrale, così come il Sacramento in tutta verità, e che di conseguenza, per quanto riguarda il frutto del Sacramento, coloro che ricevono una sola specie non siano privi di alcuna grazia necessaria alla salvezza (cf. 1733).

Capitolo 4. I bambini non sono obbligati a ricevere la sacramentale Comunione.

1730. Infine, lo stesso santo Concilio insegna che nessuna necessità obblighi i bambini al di sotto dell’età della ragione a ricevere la Comunione sacramentale dell’Eucaristia (cf. 1734), poiché, rigenerati dal bagno del Battesimo (Tito 3,5) e incorporati a Cristo, a quell’età non possono perdere la grazia di figli di Dio che hanno ricevuto. E tuttavia non dobbiamo condannare il mondo antico per questo, anche se questa pratica era talvolta osservata in alcuni luoghi. Infatti, come questi santissimi Padri avevano un motivo lodevole per agire in conformità con i tempi, così dobbiamo certamente credere senza dubbio che agissero in questo modo senza alcuna necessità per la salvezza.

Canoni sulla comunione sotto le due specie e sulla comunione dei bambini.

1731. (1) Se qualcuno dice che per un comandamento di Dio, o per necessità di salvezza, tutti e tutti i Cristiani debbano ricevere le due specie del santissimo Sacramento dell’Eucaristia, sia anatema (cf. 1726 ss.).

1732. (2) Se qualcuno dice che la santa Chiesa Cattolica non sia stata condotta da giuste cause e ragioni al fine che i laici, così come i chierici che non celebrano, ricevano la Comunione sotto le sole specie del pane, o che essa abbia errato in questo, sia anatema (cf. 1728s.).

1733. 3 Se qualcuno nega che Cristo, fonte e autore di tutte le grazie, sia ricevuto in tutto e per tutto sotto le sole specie del pane, perché – come alcuni falsamente affermano – non è ricevuto sotto entrambe le specie secondo l’istituzione di Cristo stesso, sia anatema (cf. 1726s.).

1734. (4) Se qualcuno afferma che la Comunione eucaristica sia necessaria per i bambini prima che abbiano raggiunto l’età della ragione, sia anatema (cf. 1730).

Sessione XXII, 17 settembre 1562.

a) Dottrine e Canoni sul Sacrificio della Messa.

Preambolo.

1738. Affinché la fede e la dottrina antiche, assolute e in ogni modo perfette sul grande mistero dell’Eucaristia siano conservate nella santa Chiesa Cattolica e mantenute nella loro purezza, dopo aver respinto gli errori e le eresie, il santo Concilio ecumenico e generale di Trento… istruito dalla luce dello Spirito Santo, insegna, dichiara e decreta quanto segue, che deve essere predicato ai popoli fedeli, riguardo all’Eucaristia come vero e unico Sacrificio.

Capitolo 1. L’istituzione del sacrificio della Messa.

1739. Poiché la perfezione non era stata raggiunta con la prima Alleanza, secondo la testimonianza dell’Apostolo Paolo, a causa della debolezza del sacerdozio levitico, fu necessario, a Dio Padre delle misericordie, istituire il Sacrificio della Messa (Sal CIX,4 Eb V,6 Eb V,10 Eb VII,11 Eb VII,17 Gen XIV,18) per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo, che poteva portare a pienezza (Eb X,14) eD a perfezione tutti coloro che dovevano essere santificati.

1940. Senza dubbio Egli, il nostro Dio e Signore, si sarebbe offerto una volta per tutte a Dio Padre sull’altare della croce con la sua morte (Eb VII,27) per realizzare una Redenzione eterna per loro. Tuttavia, poiché non voleva che il suo sacerdozio si spegnesse con la morte (Eb VII,24), nell’ultima cena, “nella notte in cui fu tradito” (1 Cor XI,23), volle lasciare alla Chiesa, sua amata sposa, un Sacrificio visibile (come richiede la natura umana). Questo avrebbe rappresentato il Sacrificio cruento che si sarebbe compiuto una volta per tutte sulla croce, il cui ricordo sarebbe rimasto fino alla fine del mondo e la cui virtù salutare sarebbe stata applicata alla remissione di quei peccati che commentiamo ogni giorno. Dichiarandosi Sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchisedech (Sal CIX,4 Eb V,6 Eb VII,17) offrì il suo Corpo e il suo Sangue a Dio Padre sotto le specie del pane e del vino; sotto il simbolo di questi li diede agli Apostoli (che allora costituì Sacerdoti della Nuova Alleanza) perché li prendessero; e ad essi e ai loro successori nel Sacerdozio comandò di offrirli, pronunciando queste parole: “Fate questo in memoria di me” (Lc XXII:19 1Co XII:24) , ecc., come la Chiesa cattolica ha sempre inteso e insegnato (cf. 1752).

1741. Infatti, dopo aver celebrato l’antica Pasqua, che la moltitudine dei figli d’Israele sacrificava in ricordo della loro uscita dall’Egitto (Es 12), istituì la nuova Pasqua, nella quale Egli stesso doveva essere sacrificato dalla Chiesa per mezzo del ministero dei Sacerdoti, sotto segni visibili in ricordo del suo passaggio da questo mondo a suo Padre, quando, con lo spargimento del suo sangue, ci riscattò e “ci strappò dal potere delle tenebre e ci introdusse nel suo regno” (Col 1, 13).

1742. Questa è l’oblazione pura, che non può essere contaminata da alcuna indegnità o malizia da parte di coloro che la offrono, che il Signore aveva predetto per mezzo di Malachia che sarebbe stata offerta pura in ogni luogo nel suo Nome, che sarebbe stata grande tra le nazioni (Ml 1:11), che l’Apostolo Paolo ha designato in modo inequivocabile quando, scrivendo ai Corinzi, ha detto: Chi si è contaminato partecipando alla mensa dei demoni non può partecipare alla mensa del Signore (1Co X,21) intendendo con la parola “mensa”, in entrambi i casi, l’altare. Infine, è l’altare che, al tempo della natura e della Legge, era rappresentato dalle varie immagini dei sacrifici (Gn IV,4 Gn VIII,20 Gn XII,8 Gn 22,1-19 (Es: passim), in quanto contiene in sé tutti i beni che questi significano, essendo la consumazione e la perfezione di tutto.

Capitolo 2. Il sacrificio visibile, espiazione per i vivi e per i morti.

1743. Perché, in questo Sacrificio divino che si compie nella Messa, questo stesso Cristo è contenuto e immolato in modo incruento, Colui che si è offerto una volta per tutte in modo cruento sull’altare della croce (Eb IX,14 Eb IX,27) il santo Concilio insegna che questo Sacrificio sia veramente propiziatorio (cf. 1753) e che attraverso di esso, se ci avviciniamo a Dio con cuore sincero e fede retta, con timore e riverenza, contriti e penitenti, “otteniamo misericordia e la grazia di un aiuto tempestivo” (Eb IV,16).Appagato dall’oblazione di questo Sacrificio, il Signore, concedendo la grazia ed il dono della penitenza, perdona i delitti ed i peccati, anche quelli enormi. Si tratta, infatti, di una stessa vittima, la stessa che, offrendosi ora attraverso il ministero dei Sacerdoti, si offrì allora sulla croce, solo che il modo di offrire è diverso. I frutti di questa oblazione – quella cruenta – sono ricevuti abbondantemente per mezzo di questa oblazione incruenta; tanto che l’oblazione cruenta non toglie nulla a quella incruenta (cf. 1754). Perciò, secondo la tradizione degli Apostoli, essa viene legittimamente offerta, non solo per i peccati, i dolori, le soddisfazioni e le altre necessità dei fedeli viventi, ma anche per coloro che sono morti in Cristo e non sono ancora pienamente purificati (cf. 1753).

Capitolo 3: Messe in onore dei Santi.

1744. Sebbene la Chiesa sia solita celebrare alcune Messe in onore e memoria dei Santi, essa insegna che non è a loro che si offre il Sacrificio, ma a Dio solo che li ha incoronati.

1755. Così il Sacerdote non è solito dire: “Offro il sacrificio a voi, Pietro e Paolo”, ma, ringraziando Dio per le loro vittorie, ne implora la protezione, “… affinché si degnino di intercedere per noi in cielo proprio coloro che ricordiamo sulla terra”.

Capitolo 4. Il Canone della Messa.

1745. Poiché è opportuno che le cose sante siano amministrate con santità, e poiché il più santo di tutti è questo Sacrificio, che deve essere offerto e ricevuto con dignità e riverenza, molti secoli fa la Chiesa Cattolica istituì il santo canone, così puro da ogni errore (cf. 1756) che non c’è nulla in esso che non trasudi grandemente santità e pietà e non elevi a Dio lo spirito di coloro che lo offrono. È chiaro, infatti, che esso è fatto o dalle parole stesse del Signore, o dalle tradizioni degli Apostoli e dalle pie istruzioni dei santi Pontefici.

Capitolo 5. Le cerimonie del sacrificio della Messa

1746. La natura umana è tale che non possa facilmente elevarsi alla meditazione delle cose divine senza aiuti esterni. Per questo la nostra pia Madre Chiesa ha istituito alcuni riti, in modo che nella Messa alcune cose siano dette a voce bassa (cf. 1759) ed altre a voce più alta. Ha anche introdotto cerimonie (cf. 1757) come le benedizioni mistiche, le luci, l’incenso, i paramenti e molte altre cose di questo tipo, ricevute dall’autorità e dalla tradizione degli Apostoli. In questo modo la maestà di un Sacrificio così grande sarebbe stata enfatizzata e le menti dei fedeli sarebbero state stimolate, per mezzo di questi segni visibili di religione e pietà, alla contemplazione delle cose più alte che sono nascoste in questo Sacrificio.

Capitolo 6. La Messa in cui solo il Sacerdote riceve la Comunione.

1747. Il Santo Concilio desidera certamente che i fedeli che partecipano ad ogni Messa ricevano la Comunione non solo per un desiderio spirituale, ma anche attraverso la ricezione sacramentale dell’Eucaristia, in modo da raccogliere frutti più abbondanti da questo santissimo Sacrificio, tuttavia, se ciò non avviene sempre, non condanna come private e illecite quelle Messe in cui solo il Sacerdote riceva la Comunione sacramentale; ma le approva e le raccomanda, poiché anche queste Messe devono essere considerate veramente pubbliche, in parte perché il popolo riceve la comunione spiritualmente, in parte perché sono celebrate da un ministro pubblico della Chiesa, non per sé solo, ma per tutti i fedeli che appartengono al Corpo di Cristo.

Capitolo 7. L’acqua mescolata al vino.

1748. Il santo Concilio avverte poi che la Chiesa abbia prescritto che i Sacerdoti mescolino l’acqua con il vino che deve essere offerto nel calice (cf. 1759), sia perché si ritiene che il Signore Cristo abbia fatto così, sia perché dal suo costato sgorgò l’acqua insieme al sangue (Gv XIX, 34) , che il Sacramento ricorda con questa mescolanza. E poiché, nell’Apocalisse di San Giovanni, si dice che le acque siano i popoli Ap. XVII,15), si rappresenta così l’unione del popolo fedele con Cristo, suo capo.

Capitolo 8. Rifiuto del linguaggio volgare nella Messa; spiegazione dei suoi misteri.

1749. Sebbene la Messa contenga una grande quantità di insegnamenti per i fedeli, non è sembrato bene ai Padri che venisse celebrata qua e là in lingua volgare. Per questo motivo, pur mantenendo ovunque il rito antico proprio di ogni Chiesa e approvato dalla santa Chiesa romana, Madre e maestra di tutte le Chiese, affinché le pecore di Cristo non muoiano di fame ed i piccoli non chiedano il pane e nessuno glielo dia (Lm IV,4), il santo Concilio ordina ai pastori ed a tutti coloro che hanno la cura delle anime di dare frequentemente, durante la celebrazione della Messa, alcune spiegazioni, da parte loro o di altri, dei testi letti nella Messa, e, tra l’altro, di illuminare il mistero di questo Sacrificio, specialmente nelle Domeniche e nelle feste.

Capitolo 9. Osservazioni preliminari ai canoni che seguono.

1750. Ma poiché oggi, contro questa antica fede fondata sul santo Vangelo, sulle tradizioni degli Apostoli e sull’insegnamento dei santi Padri, si sono diffusi molti errori e molte cose sono state insegnate e discusse da molti, il santo Concilio, dopo aver abbondantemente, seriamente e maturamente trattato queste cose, con l’unanimità di tutti i Padri, ha deciso di condannare ed eliminare dalla santa Chiesa ciò che vada contro questa purissima fede e questa santa dottrina, con i Canoni che seguono.

Canoni sul Santissimo Sacrificio della Messa.

1751. (1) Se qualcuno dice che nella Messa non venga offerto a Dio un vero e proprio Sacrificio, o che “essere offerto” non significhi altro che Cristo ci venga dato come cibo, sia anatema.

1752. 2 Se qualcuno dice che Cristo non abbia istituito gli Apostoli come Sacerdoti con queste parole: “Fate questo in memoria di me” (1 Cor. XI:25 1 Cor. XI:24), o che non abbia ordinato loro e agli altri Sacerdoti di offrire il suo Corpo ed il suo Sangue, sia anatema (cf. 1470).

1753. 3 Se qualcuno dirà che il Sacrificio della Messa sia solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o una semplice commemorazione del Sacrificio fatto sulla croce, ma non sia un Sacrificio propiziatorio; o che sia vantaggioso solo per chi riceve Cristo, e che non debba essere offerto per i vivi e per i morti, o per i peccati, le punizioni, le soddisfazioni ed altre necessità, sia anatema (cf.1743).

1754. 4 Se qualcuno dirà che con il Sacrificio della Messa si commetta una bestemmia contro il santissimo Sacrificio di Cristo fatto sulla croce, o che sia una diminuzione di esso, sia anatema (cf. 1743).

1755. 5 Se qualcuno dice che sia una frode celebrare la Messa in onore dei Santi ed ottenere la loro intercessione presso Dio, come intende la Chiesa, sia anatema (cf. 1744).

1756. 6 Se qualcuno dice che il canone della Messa contenga errori e debba essere abrogato, sia anatema (cf. 1745).

1757. 7. Se qualcuno dice che le cerimonie, i paramenti ed i segni esteriori usati dalla Chiesa nella celebrazione della Messa siano piuttosto beffe dell’empietà che segni di pietà, sia anatema (cf. 1746).

1758. 8 Se qualcuno dice che le Messe in cui solo il Sacerdote riceve la Comunione sacramentale siano illecite e quindi debbano essere abolite, sia anatema (cf. 1747).

1959. 9. Se qualcuno dice che il rito della Chiesa romana, secondo il quale parte del Canone e le parole della Consacrazione sono pronunciate a bassa voce, debba essere condannato; o che la Messa debba essere celebrata solo in lingua volgare; o che l’acqua non debba essere mescolata nel calice con il vino che deve essere offerto, perché ciò è contrario all’istituzione di Cristo: sia anatema (cf. 1746; 1748).

Decreto sulla richiesta di concessione del calice.

1760. Inoltre, lo stesso santo Concilio, nella sua ultima sessione, si è riservato di esaminare e definire in un altro momento, quando se ne presentasse l’occasione, due articoli che gli erano stati proposti in altre sedi e che non erano ancora stati discussi: Le ragioni per cui la santa Chiesa Cattolica sia stata indotta a dare la Comunione ai laici ed anche ai Sacerdoti che non celebrano, sotto la sola specie del pane, devono essere mantenute in modo che l’uso del calice non sia permesso a nessuno per nessuna ragione – e : Se l’uso del calice, per onesti motivi e secondo la carità cristiana, dovesse essere concesso ad un paese o ad un regno, a quali condizioni dovrebbe essere concesso? E quali sono queste condizioni? Volendo ora provvedere nel modo migliore alla salvezza di coloro per i quali è stata fatta la richiesta, il Concilio ha decretato che l’intera questione sia deferita al nostro Santissimo Padre, come la sta deferendo con il presente decreto; secondo la sua singolare prudenza, farà ciò che giudicherà utile per gli Stati cristiani e salutare per coloro che richiedano l’uso del calice.

Sessione XXIII, 15 luglio 1563 – Dottrina e canoni sul Sacramento dell’Ordine.

Sacramento dell’Ordine.

1763. Dottrina vera e cattolica sul Sacramento dell’Ordine per condannare gli errori del nostro tempo, decretata dal Concilio di Trento e pubblicata nella settima sessione (sotto Pio IV).

Capitolo 1. L’istituzione del Sacerdozio della Nuova Alleanza.

1764. Sacrificio e Sacerdozio sono stati così uniti da una disposizione di Dio che entrambi sono esistiti in ogni legge. Pertanto, poiché la Chiesa Cattolica ha ricevuto nel Nuovo Testamento, per istituzione del Signore, il santo Sacrificio visibile dell’Eucaristia, si deve anche riconoscere che in essa ci sia un nuovo Sacerdozio visibile ed esterno (cf. 1771) in cui è passato l’antico sacerdozio (Eb VII,12). Questo Sacerdozio è stato istituito dallo stesso Signore, il nostro Salvatore (cf.n1773); agli Apostoli e ai loro successori nel Sacerdozio è stato dato il potere di consacrare, offrire e amministrare il suo Corpo er il suo Sangue, così come di perdonare e trattenere i peccati: questo è ciò che mostra la Sacra Scrittura e ciò che la tradizione della Chiesa Cattolica ha sempre insegnato (cf. 1771).

Capitolo 2. I sette gradi dell’ordine.

1765. Poiché il ministero di un Sacerdozio così santo è una cosa divina, era opportuno, perché fosse esercitato più degnamente e con maggior rispetto, che vi fossero, nella struttura perfettamente ordinata della Chiesa, diversi ordini di ministero, che fossero, per la loro funzione, al servizio del Sacerdozio, distribuiti in modo tale che coloro che avrebbero ricevuto la tonsura clericale salissero dagli Ordini minori agli Ordini maggiori (cf. 1772). La Sacra Scrittura, infatti, non menziona chiaramente solo i Sacerdoti, ma anche i diaconi; essa insegna, con le espressioni più gravi, a che cosa dobbiamo stare molto attenti quando li ordiniamo (Act VI,5 Act XXI,8 1Tm III,8-13 Ph 1,1). Fin dagli inizi della Chiesa sappiamo che erano in uso, anche se in misura diversa, i nomi dei seguenti Ordini e dei ministeri propri di ciascuno di essi: suddiaconi, accoliti, esorcisti, lettori ed ostiari. In realtà, il suddiaconato viene accostato agli Ordini maggiori dai Padri e dai Santi Concili, nei quali leggiamo molto spesso riferimenti agli altri olOrdini inferiori.

Capitolo 3. La sacramentalità dell’ordine.

1766. Poiché la testimonianza della Scrittura, la tradizione apostolica e l’accordo dei Padri mostrano chiaramente che la sacra ordinazione, conferita con parole e segni esterni, conferisca la grazia, nessuno deve dubitare che l’Ordine sia veramente e propriamente uno dei sette Sacramenti della santa Chiesa (cf. 1773). L’Apostolo dice: “Vi esorto a ravvivare la grazia di Dio che è in voi mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timore, ma di forza, di amore e di moderazione” (2Tm I,6 1Tm VI,14).

Capitolo 4. La Gerarchia ecclesiastica e l’Ordinazione.

1767. Poiché nel Sacramento dell’Ordine, così come nel Battesimo e nella Confermazione, è impresso un carattere (cf. 1774) che non può essere distrutto o tolto, il santo Concilio condanna giustamente il pensiero di coloro che affermino che i Sacerdoti del Nuovo Testamento abbiano solo un potere temporaneo e che, una volta ordinati secondo le regole, possano tornare laici, se non esercitano il ministero della Parola di Dio (cf. 1771). Se qualcuno afferma che tutti i Cristiani, senza distinzione, siano Sacerdoti del Nuovo Testamento, o che tutti siano dotati dello stesso potere spirituale tra loro, sembra che non faccia altro che cancellare la Gerarchia ecclesiastica (cf..1776), che è come “un esercito schierato in battaglia” (Ct VI,3 Ct VI,9); come se, contrariamente all’insegnamento di san Paolo (1Cor XII,28-29; Eph IV,11) tutti fossero apostoli e tutti profeti, tutti evangelisti, tutti pastori, tutti maestri.

1768. Il santo Concilio dichiara quindi che, oltre agli altri gradi ecclesiastici, i Vescovi, che sono succeduti agli Apostoli, appartengano principalmente a questo ordine gerarchico; che siano stati posti (come dice lo stesso Apostolo) dallo Spirito Santo “per governare la Chiesa di Dio” (At XX,28; che siano superiori ai presbiteri; che conferiscano il Sacramento della Confermazione; che ordinalino i ministri della Chiesa; che possano fare molte altre cose per le quali altri di Ordine inferiore non hanno potere (cf. 1777).

1969. Inoltre, il santo Concilio insegna che nell’ordinazione dei Vescovi, dei Sacerdoti e degli altri Ordini non sia necessario né il consenso, né l’appello, né l’autorità del popolo o di qualsiasi potere o magistratura civile, come se l’Ordinazione fosse altrimenti nulla. Anzi, stabilisce che coloro che siano chiamati e istituiti dal popolo o da un potere o da una magistratura, salgono all’esercizio di questo ministero, e coloro che li prendono per sé, nella loro temerarietà debbano essere ritenuti, non come ministri della Chiesa, ma come ladri e briganti che non sono entrati dalla porta (Gv 10,1); (cf. 1778).

1770. Questo è ciò che sia sembrato bene al santo Concilio insegnare ai Cristiani in modo generale sul Sacramento dell’Ordine. Ha deciso di condannare nel modo seguente ciò che sia contrario a Canoni precisi e propri, affinché, con l’aiuto di Cristo, tutti, usando la regola della fede, in mezzo alle tenebre di tanti errori, possano più facilmente conoscere e conservare la fede cattolica.

Canoni sul Sacramento dell’Ordine.

1771. (1) Se qualcuno dice che nel Nuovo Testamento non ci sia un Sacerdozio visibile ed esterno, o che non ci sia il potere di consacrare e offrire il vero Corpo e Sangue del Signore e di rimettere o trattenere i peccati, ma solo una funzione e un semplice ministero di predicazione del Vangelo; o che coloro che non predicano non sono Sacerdoti, sia anatema (cf.1764; 1767).

1772. (2) Se qualcuno dice che, oltre al Sacerdozio, non ci siano altri Ordini maggiori e minori nella Chiesa cattolica, (cf. 1764; 1767), attraverso i quali, come per gradi, si avanzi al Sacerdozio: sia anatema (cf. 1765).

1773. 3 Se qualcuno dirà che la sacra Ordinazione non sia veramente e propriamente un Sacramento istituito da Cristo Signore, o che sia un’invenzione umana, escogitata da uomini che non capiscono nulla delle cose della Chiesa, o che sia solo un rito con cui si scelgono i ministri della Parola di Dio e dei Sacramenti, sia anatema (cf. 1766).

1774. 4 Se qualcuno dice che lo Spirito Santo non venga dato con la sacra Ordinazione, e che quindi sia vano che i Vescovi dicano: “Ricevi lo Spirito Santo”, o che l’Ordinazione non imprima un carattere, o che uno che sia diventato Sacerdote una volta per tutte possa tornare laico, sia anatema (cf. 1767).

1775. 5 Se qualcuno dice che l’unzione sacra che la Chiesa usa nell’Ordinazione non solo non sia necessaria, ma sia da disprezzare e sia perniciosa, e che lo stesso vale per le altre cerimonie dell’Ordine, sia anatema.

1776. 6 Se qualcuno afferma che nella Chiesa Cattolica non esista una Gerarchia istituita per disposizione divina, composta da Vescovi, Sacerdoti e ministri, sia anatema (cf. 1768).

1777. 7. Se qualcuno dice che i Vescovi non siano superiori ai Sacerdoti; o che non abbiano il potere di confermare e ordinare; o che il potere che hanno sia comune a loro con i Sacerdoti; o che le ordinazioni da loro conferite senza il consenso o l’appello del popolo o di qualche potere civile siano nulle; o che coloro che non sono stati legittimamente ordinati o inviati dall’autorità ecclesiastica e canonica, ma provengono da altrove, siano legittimi ministri della Parola e dei Sacramenti: sia anatema (cf. 1768s.).

1778. (8) Se qualcuno dice che i Vescovi scelti dall’autorità del Romano Pontefice non siano legittimi e veri Vescovi, ma un’invenzione umana, sia anatema.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (26) “CONCILIO DI TRENTO, Sess. XXIV al termine”

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.