TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (17)
HENRICUS DENZINGER
ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT
ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.
ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM
De rebus fidei et morum
HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI
Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar
(da Innocenzo III ad Alessandro IV)
4° Concilio di Laterano (12° Concilio ecumenico)
11-30 novembre 1215
Cap. 1 – La fede cattolica
Definizione contro gli Albigesi ed i Catari
800. Crediamo fermamente e confessiamo con semplicità che esista un solo e vero Dio, eterno ed immenso, onnipotente, immutabile, che non si può afferrare né dire, Padre e Figlio e Spirito Santo, tre Persone, ma una sola essenza, sostanza o natura assolutamente semplice. Il Padre non viene da nessuno, il Figlio viene solo dal Padre e lo Spirito Santo anche da entrambi, sempre senza inizio e senza fine. Il Padre che genera, il Figlio che nasce e lo Spirito Santo che procede, consustanziali e ugualmente uguali, ugualmente onnipotenti, ugualmente eterni. L’unico principio di tutte le cose, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili, spirituali e corporee, che, con la sua onnipotenza, ha creato dal nulla, fin dall’inizio dei tempi, sia le cose spirituali che quelle corporee, cioè gli Angeli ed il mondo, e poi la creatura umana fatta sia di spirito che di corpo. Infatti, il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio per essere buoni per natura; ma sono loro che si sono resi cattivi. Quanto all’uomo, è per istigazione del diavolo che egli abbia peccato. Questa santa Trinità, indivisa secondo la comune Essenza e distinta secondo le proprietà delle Persone, ha dato al genere umano la dottrina della salvezza attraverso Mosè, i santi Profeti e gli altri suoi servitori, secondo una disposizione perfettamente ordinata dei tempi.
801. Infine, l’unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, incarnato per opera comune di tutta la Trinità, concepito da Maria sempre Vergine con la cooperazione dello Spirito Santo, fatto vero uomo composto di un’anima ragionevole e di carne umana, una sola Persona in due nature, mostrò più manifestamente la via della vita. Mentre secondo la divinità è immortale ed incapace di soffrire, secondo l’umanità si è reso capace di soffrire e mortale; molto più per la salvezza del genere umano ha sofferto ed è asceso al cielo; ma è disceso nella sua anima ed è risorto nel suo corpo ed è asceso in entrambi allo stesso modo; verrà alla fine dei tempi per giudicare i vivi ed i morti e per rendere a ciascuno secondo le sue azioni, ai reprobi come agli eletti. Tutti risorgeranno con il proprio corpo che ora hanno, per ricevere, secondo ciò che abbiano meritato facendo il bene o il male, alcuni un castigo senza fine con il diavolo, e altri una gloria eterna con Cristo.
802. Esiste un’unica Chiesa universale dei fedeli, al di fuori della quale nessuno si salva, e nella quale Cristo stesso è sia il Sacerdote che il Sacrificio, il cui Corpo e il cui Sangue nel Sacramento dell’altare sono realmente contenuti sotto le specie del pane e del vino, essendo il pane transustanziato nel Corpo ed il vino nel Sangue per opera della potenza divina, affinché, per realizzare il mistero dell’unità, noi stessi possiamo ricevere da Lui ciò che Lui ha ricevuto da noi. E certamente nessuno può compiere questo Sacramento se non il Sacerdote che è stato legittimamente ordinato secondo il potere delle chiavi della Chiesa che Gesù Cristo stesso ha concesso agli Apostoli ed ai loro successori. Il sacramento del Battesimo, che si compie nell’acqua invocando la Trinità indivisa, cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, legittimamente conferito da chiunque secondo la forma della Chiesa, serve alla salvezza sia dei bambini che degli adulti. E se, dopo aver ricevuto il Battesimo, uno è caduto in peccato, può sempre essere ristabilito nel suo stato con una vera penitenza. Non sono solo le vergini e i continenti, ma anche gli sposati che, graditi a Dio con la retta fede e le buone opere, meritano di ottenere la vita eterna.
Cap. 2. La falsa dottrina di Gioacchino da Fiore.
La Trinità
803. Perciò condanniamo e riproduciamo l’opuscolo o trattato che l’abate Gioacchino pubblicò contro il maestro Pietro Lombardo sul tema dell’unità o dell’essenza della Trinità, chiamandolo eretico e stolto a causa di ciò che disse nelle sue sentenze: “C’è una realtà suprema che è Padre e Figlio e Spirito Santo, e questa non genera, non è generata e non procede”. Perciò afferma di aver eretto in Dio non tanto una trinità quanto una quaternità, cioè tre Persone e, per così dire, una quarta che sarebbe questa essenza comune, mentre manifestamente professa che non ci sia nessuna realtà, né essenza, né sostanza, né natura che sia Padre e Figlio e Spirito Santo, pur ammettendo che Padre e Figlio e Spirito Santo siano una sola essenza, una sola sostanza ed una sola natura. Ma riconosce che tale unità non sia né vera né propria, ma in qualche modo collettiva e analogica, allo stesso modo in cui si dice che molti uomini sono un solo popolo e molti fedeli una sola Chiesa, in conformità a quanto si dice: “La moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola” At. IV, 32 e “Chi aderisce a Dio è un solo spirito” (1Co VI, 17) con Lui; e ancora: “Colui che innaffia e colui che pianta sono una cosa sola” (1Co III, 8); e tutti “siamo un solo corpo in Cristo” (Rm XII, 5; e ancora, nel libro dei Re: “Il tuo popolo e il mio popolo sono una cosa sola” (3Re XXII, 5). Ma per fondare questa affermazione, egli ricorre soprattutto a ciò che Cristo dice dei fedeli nel Vangelo: “Voglio che siano una cosa sola, Padre, come noi siamo una cosa sola, perché siano perfettamente una cosa sola” (Gv XVII, 22ss). Infatti, dice, i fedeli di Cristo non sono uno, cioè un’unica realtà comune a tutti; sono solo uno, cioè una sola Chiesa per l’unità della fede cattolica ed un solo Regno per l’unione nella carità indissolubile. Allo stesso modo, leggiamo nell’Epistola canonica di Giovanni: “Tre sono infatti i testimoni nei cieli, il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e questi tre sono una cosa sola” (1Gv V, 7); e Giovanni aggiunge subito dopo: “E tre sono i testimoni sulla terra, lo spirito, l’acqua ed il sangue, e questi tre sono una cosa sola” (1Gv V, 8), secondo quanto si trova in alcuni codici.
804. Da parte nostra, con l’approvazione del santo Concilio universale, crediamo e confessiamo con il Maestro Pietro, che esista una sola realtà suprema, che non si possa afferrare né dire, che è veramente Padre e Figlio e Spirito Santo, le tre Persone insieme e ciascuna di esse in particolare. Perciò in Dio c’è solo Trinità e non quaternità, perché ognuna delle tre Persone è questa realtà, cioè la sostanza, l’essenza e la natura divina. Essa sola è il principio di tutte le cose, al di fuori della quale non si può trovare nessun altro principio. E questa realtà non genera, non è generata e non procede, ma è il Padre che genera, il Figlio che è generato e lo Spirito Santo che procede, così che c’è distinzione nelle Persone e unità nella natura.
805. Pertanto, “sebbene il Padre sia altro, il Figlio sia altro e lo Spirito Santo sia altro, tuttavia non è un’altra realtà”, ma ciò che il Padre è, il Figlio è e lo Spirito Santo è assolutamente lo stesso, cosicché, secondo la fede ortodossa e cattolica, crediamo che siano consustanziali. Infatti, il Padre, generando il Figlio da tutta l’eternità, gli ha dato la sua sostanza, e questo stesso Figlio lo testimonia: “Ciò che il Padre mi ha dato è più grande di ogni altra cosa” Gv. X, 29. E non si può dire che gli abbia dato una parte della sua sostanza e ne abbia trattenuta una parte per sé, poiché la sostanza del Padre è indivisibile, essendo assolutamente semplice. Ma non si può dire che il Padre abbia trasferito la sua sostanza nel Figlio generandolo, come se l’avesse data ad un figlio senza trattenerla per sé: altrimenti avrebbe cessato di essere sostanza. È chiaro, dunque, che il Figlio, nascendo, abbia ricevuto la sostanza del Padre senza alcuna diminuzione di essa e che, quindi, il Padre e il Figlio abbiano la stessa sostanza e, quindi ancora, il Padre e il Figlio ed anche lo Spirito Santo, che procede da entrambi, siano la stessa realtà.
806. Perciò, quando la Verità prega il Padre per i suoi fedeli, dicendo: “Voglio che siano una cosa sola in noi, come noi siamo una cosa sola” (Gv. XVII, 22), questa parola “una” è presa per i fedeli nel senso che significa l’unione della carità nella grazia, e per le Persone divine nel senso che sottolinea l’unità dell’identità nella natura, come la Verità dice altrove: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Mt V., 48, come se fosse detto più chiaramente: “Siate perfetti nella perfezione della grazia”, “come è perfetto il Padre vostro celeste” nella perfezione della natura, ciascuno a suo modo. Infatti, per quanto grande sia la somiglianza tra il Creatore e la creatura, c’è ancora una maggiore dissomiglianza tra loro. Se dunque qualcuno osi difendere o approvare su questo punto l’affermazione o la dottrina del suddetto Gioacchino, sia confutato da tutti come eretico.
807. Tuttavia, non vogliamo in alcun modo danneggiare il monastero di Flore, che fu istituito dallo stesso Gioacchino, perché la sua istituzione è regolare e la sua osservanza salutare. E ciò tanto più che questo stesso Gioacchino ci ha fatto consegnare tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti dal giudizio della Sede Apostolica, dettando una lettera, firmata di suo pugno, in cui confessa fermamente di tenere la fede della Chiesa romana, madre e maestra di tutti i fedeli per disposizione del Signore.
808. Riproviamo e condanniamo anche la stravagante opinione dell’empio Amalrico, la cui mente è stata talmente accecata dal padre della menzogna che la sua dottrina non debba essere considerata tanto eretica, quanto sciocca.
Cap. 3. Sugli eretici (Valdesi).
La necessità della missione canonica.
809. Poiché “alcuni – secondo quanto dice l’Apostolo – avendo l’apparenza della pietà, ma negando la forza”, (2 Tm III,5), si arrogano il diritto di predicare, mentre lo stesso Apostolo dice: “Come potranno predicare se non saranno mandati?”. (Rm X,15), tutti coloro ai quali questo sia stato proibito o che non siano stati mandati, e che osino usurpare, pubblicamente o privatamente, l’ufficio della predicazione senza il permesso dato dalla Sede Apostolica o dal Vescovo cattolico del luogo”, (v. 761), saranno colpiti con la scomunica; se non torneranno prontamente alla resipiscenza, saranno puniti con altra pena adeguata.
Cap. 4. L’insolenza dei Greci nei confronti dei Latini.
Il disprezzo per i riti sacramentali della Chiesa latina.
810. Pur volendo incoraggiare e onorare i Greci che ai nostri giorni stanno tornando all’obbedienza della Sede Apostolica, accettando, per quanto possiamo nel Signore, le loro abitudini e i loro riti, non vogliamo né dobbiamo tollerare ciò che metta in pericolo le anime e deroghi all’onestà ecclesiastica. Infatti, dopo che la Chiesa greca, con alcuni complici e sostenitori, si era ritirata dall’obbedienza alla Sede Apostolica, i Greci cominciarono ad aborrire i Latini a tal punto che, tra le altre pratiche empie che ne segnavano il disprezzo, se i Sacerdoti latini celebravano sui loro altari, essi stessi non offrivano il Santo Sacrificio su quegli altari se prima non li avessero lavati, come se fossero stati contaminati da questo solo fatto. E addirittura, con temeraria audacia, questi stessi Greci osarono ribattezzare coloro che erano stati battezzati dai Latini; e abbiamo appreso che ancora oggi alcuni non temono di farlo. Pertanto, volendo allontanare dalla Chiesa di Dio un così grande scandalo, su consiglio del santo Concilio, ordiniamo assolutamente che essi non osino più agire in questo modo, conformandosi come figli obbedienti alla loro madre, la santa Chiesa romana, affinché ci sia “un solo gregge ed un solo pastore” (Gv. X,16). Se qualcuno agisse in questo modo, verrebbe colpito con la spada della scomunica e deposto da tutti gli uffici ed i benefici ecclesiastici.
Capitolo 5. Il rango dei Patriarchi.
La preminenza della Sede romana.
811. Rinnovando gli antichi privilegi delle Sedi patriarcali, con l’approvazione del santo Concilio universale, prescriviamo quanto segue: dopo la Chiesa romana, che, per disposizione del Signore, detiene il primato del potere ordinario su tutte le altre Chiese come madre e padrona di tutti i Cristiani, la Chiesa di Costantinopoli avrà il primo posto, quella di Alessandria il secondo, quella di Antiochia il terzo, quella di Gerusalemme il quarto.
Cap. 21. L’obbligo di confessarsi, il segreto della confessione, la ricezione della comunione a Pasqua.
L’obbligo della confessione annuale e della comunione pasquale.
812. Ogni fedele di ambo i sessi, raggiunta l’età della ragione, confessi personalmente e fedelmente tutti i suoi peccati almeno una volta all’anno al proprio parroco e si sforzi, per quanto gli sia possibile, di compiere la penitenza impostagli, ricevendo con riverenza il Sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua, a meno che, su consiglio del proprio parroco e per qualche valido motivo, non ritenga necessario astenersene per un certo tempo; altrimenti gli sarà impedito di entrare in Chiesa mentre è in vita e sarà privato della sepoltura cristiana alla sua morte, in modo che nessuno possa avere una scusa per la sua ignoranza. Se qualcuno desidera, per una giusta causa, confessare i propri peccati ad altro Sacerdote, deve prima chiedere ed ottenere il permesso del suo parroco, perché altrimenti quell’altro Sacerdote non potrebbe assolverlo o vincolarlo.
813. Questo Sacerdote sia uomo di discernimento e prudente, affinché, come un medico esperto, versi vino e olio sulle ferite del ferito, informandosi diligentemente sulle circostanze sia del peccatore che del peccato; capirà così, con prudenza, quale consiglio debba dargli, quale rimedio applicare, usando vari mezzi per guarire il malato.
814. Avrà cura di non tradire mai il peccatore né con parole, né con segni, né in alcun modo; ma se avrà bisogno di un consiglio più illuminato, lo chiederà con prudenza senza rivelare nulla della persona; perché se qualcuno oserà rivelare un peccato che gli è stato scoperto nel tribunale della penitenza, decretiamo non solo che sia deposto dal ministero sacerdotale, ma anche che faccia voto di penitenza in un monastero di stretta osservanza per tutta la vita.
Cap. 22. I malati devono prendersi cura della loro anima prima di prendersi cura del loro corpo.
Mezzi proibiti per ripristinare la salute.
815. Inoltre, poiché l’anima è molto più preziosa del corpo, proibiamo sotto pena di anatema che un medico consigli ad un malato, per il bene del corpo, di fare qualcosa che potrebbe diventare un pericolo per l’anima.
Cap. 41. La necessità della buona fede per la prescrizione.
La necessità della buona fede per la prescrizione.
816. Poiché “tutto ciò che non procede dalla fede è peccato” (Rm. XIV, 23), lo definiamo con sentenza sinodale: senza la buona fede, nessuna prescrizione è valida, sia canonica che civile, poiché, in modo generale, si debba derogare ad ogni costituzione e ad ogni consuetudine che non possa essere osservata senza peccato mortale. Chi prescrive, quindi, non deve mai essere consapevole di avere qualcosa che appartenga ad un altro.
Cap. 51. Proibizione dei matrimoni clandestini.
Inammissibilità dei matrimoni clandestini.
817. Seguendo le orme dei nostri predecessori, proibiamo formalmente i matrimoni clandestini, vietando anche che qualche Sacerdote osi essere presente a tali matrimoni. Pertanto, estendendo una consuetudine propria di alcuni luoghi a tutti gli altri, stabiliamo che quando si debbano contrarre matrimoni, essi siano annunciati pubblicamente nelle chiese dai Sacerdoti, entro un congruo periodo di tempo fissato in anticipo, durante il quale chiunque voglia e possa farlo, possa opporre un legittimo impedimento. Tuttavia, i Sacerdoti stessi indagheranno se ci siano impedimenti al matrimonio.
Cap. 62. Reliquie dei santi.
Uso indegno delle reliquie.
818. La Religione cristiana viene troppo spesso denigrata perché alcuni espongono le reliquie dei Santi per venderle od esporle ovunque. Affinché ciò non accada in futuro, decretiamo che le reliquie antiche non possano più essere esposte fuori dal loro reliquiario o messe in vendita. Per quanto riguarda quelle ritrovate di recente, nessuno le veneri pubblicamente se non siano state precedentemente approvate dall’autorità del Romano Pontefice. In futuro, i responsabili non permettano che coloro che si rechino nelle loro chiese per venerare le reliquie siano ingannati da vane finzioni o falsi documenti, come è stata abitudine in molti luoghi di fare per guadagno.
Abusi relativi alle indulgenze.
819. … Poiché, a causa di indulgenze indiscrete o superflue che certi prelati non temono di concedere, il potere delle chiavi della Chiesa viene disprezzato e la soddisfazione penitenziale viene privata della sua forza, decretiamo che, quando venga dedicata una basilica, l’indulgenza non superi un anno…; poi, nell’anniversario della dedicazione, che la remissione delle penitenze imposte non superi i quaranta giorni. Ordiniamo che anche le lettere di indulgenza, concesse per vari motivi, si conformino a questo numero di giorni, poiché il Romano Pontefice, che detiene la pienezza del potere, è solito seguire questa regola in materia.
Cap. 63. Simonia.
820. … In molti luoghi molte persone – come i venditori di colombe nel Tempio – commettono esazioni ed estorsioni vergognose ed esecrabili per la consacrazione dei Vescovi, la benedizione degli abati e l’ordinazione dei chierici. Si fa pagare a questo o a quell’altro il prezzo e, come se non bastasse, c’è chi si sforza di giustificare questa vergogna e questa depravazione in nome di una consuetudine osservata da tempo. Desiderando quindi abolire un così grande abuso, riproviamo in toto tale usanza, il cui vero nome è corruzione; stabiliamo formalmente che, per la collazione o la ricezione di Ordini, nessuno osi chiedere ed estorcere alcunché con qualsiasi pretesto; in caso contrario, sia colui che riceve, sia colui che dà una somma così assolutamente proibita, saranno condannati insieme a Gehazi (2Re V, 20-27) e a Simone (At VIII,9-24).
ONORIO III: 18 luglio 1216 – 18 marzo 1227
Lettera “Perniciosus valde” all’Arcivescovo Olaf di Uppsala, 13 dicembre 1220.
L’acqua mescolata al vino nel sacrificio della Messa.
822. Come abbiamo sentito dire, nella vostra regione si è sviluppato un abuso molto pernicioso, cioè che nel Sacrificio si usi più acqua che vino: secondo la fondata consuetudine di tutta la Chiesa, infatti, si dovrebbe usare più vino che acqua. Perciò ordiniamo alla vostra fraternità, con lettera apostolica, che d’ora in poi non facciate questo, né permettiate che venga fatto nella vostra provincia.
GREGORIO IX: 19 marzo 1227 – 22 agosto 1241
Lettera “Ab Ægyptiis argentea” ai teologi di Parigi, 7 luglio 1228.
Il mantenimento della terminologia e della tradizione teologica.
824. È certamente compito della mente teologica presiedere, come l’uomo, a qualsiasi facoltà e, come lo spirito lo fa sulla carne, esercitare il suo potere su di essa e indirizzarla sulla via della rettitudine, affinché non si smarrisca… In verità, siamo colpiti interiormente dal dolore del cuore (Gen VI, 6) e saturi dell’amarezza dell’assenzio (Lam. III,15), perché alcuni di voi sono desiderosi di spostare con novità empie “i confini fissati dai Padri” (Pr. XXII, 28); perché la comprensione delle Scritture celesti, che è delimitata dagli sforzi dei santi Padri, dai limiti dell’interpretazione, che è non solo avventato ma empio trasgredire, essi trasformano in dottrina filosofica riguardante le cose naturali, in modo da sfoggiare la loro Scienza e non a beneficio degli uditori, in modo da non apparire come uomini che insegnino Dio o come teologi, ma come uomini che parlino malamente di Dio. Infatti, pur esponendo la dottrina di Dio secondo le tradizioni riconosciute dei Santi e non con armi carnali, ma con armi “la cui potenza è quella di Dio, capace di distruggere ogni potenza altera che si opponga alla conoscenza di Dio, e di far prigioniero ogni pensiero per portarlo all’obbedienza di Cristo” (2 Cor. X, 4ss), sedotti da varie dottrine (Eb XIII, 9), fanno del capo la coda (Dt. XXVIII, 13 – Dt. XXVIII, 44) e costringono la regina a servire la serva, cioè ciò che è celeste a servire le dottrine terrene, attribuendo alla natura ciò che appartiene alla grazia. Infatti, occupandosi delle cose della natura più di quanto sia giusto, tornando… agli elementi deboli e poveri del mondo e servendoli di nuovo (Ga. IV, 9), come deboli in Cristo si nutrono “di latte e non di cibo solido” (Eb. V, 12) e non sembrano aver rafforzato i loro cuori con la grazia (Eb. XIII, 9); perciò, “spogliati dei doni gratuiti e feriti nei loro doni naturali”, non ricordano questa parola dell’Apostolo… “Evitate le novità, le espressioni empie e le opinioni di una falsa scienza; per averla cercata, alcuni si sono allontanati dalla fede” (1Tim VI, 20ss.) … E quando si sforzano più del dovuto di dimostrare la fede con la ragione naturale, non la rendono in qualche modo inutile e vana? Perché “la fede non ha alcun merito se la ragione umana ne fornisce la prova”. Infatti, la natura crede a ciò che ha compreso, ma la fede coglie ciò che è creduto con le sue forze e con la comprensione che le è stata data dalla grazia, che penetra con audacia e temerarietà ciò che l’intelligenza naturale non è in grado di raggiungere.
Lettera “Consultationi tuae” all’Arcivescovo di Bari, 12 novembre 1231.
Il carattere sacramentale ricevuto nell’Ordinazione.
825. Alla vostra consultazione rispondiamo come segue: coloro che hanno ricevuto gli Ordini sacri al di fuori dei tempi stabiliti, hanno indubbiamente ricevuto il carattere; dopo che è stata loro imposta un’adeguata penitenza per questa trasgressione, potete ammettere che essi esercitino il loro ministero negli ordini ricevuti.
Lettera “Presbyter et diaconus” al Vescovo Olaf di Lund, 9 dicembre 1232.
Materia e forma dell’ordinazione.
826. Quando il presbitero e il diacono vengono ordinati, ricevono l’imposizione delle mani per contatto corporeo, secondo il rito stabilito dagli Apostoli (1 Tm IV, 14 – 1 Tm V, 22 – 2 Tm. I,6 – At. VI, 6); ma se questo è stato omesso, non è necessario ripeterlo in alcun modo, ma al momento stabilito per il conferimento di questi Ordini, ciò che è stato omesso per errore sarà prudentemente sostituito. Tuttavia, le mani devono essere alzate quando la preghiera viene stesa sul capo dell’ordinando.
Decreto frammentario “Si condiciones“, tra il 1227 e il 1234.
La nullità del matrimonio sotto condizione.
827. Se si inseriscono condizioni contrarie alla sostanza del matrimonio, ad esempio se uno dice all’altro “contraggo (matrimonio) con te se eviti di generare prole”, oppure “finché non trovo un altro più degno per onore o fortuna”, oppure “se ti abbandoni all’adulterio dietro compenso”, il contratto matrimoniale, per quanto favorevole, è nullo; tuttavia, altre condizioni aggiunte al matrimonio, se disoneste o impraticabili, sono da ritenersi non aggiunte a causa del favore (diritto) di cui godono.
Lettera “Naviganti vel” al fratello R., tra il 1227 e il 1234.
Usura.
828. Chi presta una certa somma di denaro ad un altro che si reca al mercato, per terra o per mare, e che, accettando un rischio per sé, intende ricevere qualcosa oltre al capitale, deve (non deve?) essere considerato un usuraio. Allo stesso modo, una persona che dà X sostanze per riceverne indietro in un altro momento altrettante misure di grano, vino e olio che, anche se valgono di più in quel momento, è probabile che valgano di più o di meno al momento del pagamento, non deve essere considerato un usuraio per questo motivo. Per questo dubbio è scusato anche colui che vende stoffe, grano, vino, olio ed altri beni per riceverne in un determinato momento più di quanto valgano al momento del contratto, a condizione però che non stesse per venderli in un altro momento del contratto.
Lettera “Cum sicut ex” all’Arcivescovo Sigurd di Trondheim
(Norvegia), 8 luglio
La questione del Battesimo.
829. Poiché, come abbiamo appreso dalla vostra relazione, nel vostro Paese accade talvolta che i bambini vengano battezzati con gli spiriti (alcool) per mancanza di acqua, vi rispondiamo che, poiché secondo l’insegnamento del Vangelo bisogna rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo (Gv III, 5), coloro che sono stati battezzati con gli spiriti devono essere considerati non battezzati, in un modo non conforme al Vangelo.
CELESTINO IV: 25 ottobre -10 novembre 1241.
INNOCENZO IV: 25 giugno 1243 -7 dicembre 1254.
1° Concilio di Lione (13° ecumenico) 28 giugno-17 luglio 1245
Lettera “Sub catholicæ professione” al Vescovo di Tuscolo, legato della Sede Apostolica presso i Greci, 6 marzo 1254.
I riti e le dottrine che devono essere inculcati ai Greci.
830. § 3 (altro § 4). 1. A questo proposito la nostra riflessione ci ha portato a decidere che i Greci di questo regno (Cipro), per quanto riguarda le unzioni che di solito si fanno in relazione al Battesimo, seguano e osservino la consuetudine della Chiesa romana. 2. Ma se il rito o l’usanza che dicono essere la loro, cioè di ungere interamente il corpo di coloro che devono essere battezzati, non può essere soppresso o scartato senza scandalo, sarà tollerato, poiché è irrilevante per l’effetto o l’efficacia del Battesimo che sia fatto o meno. 3. Allo stesso modo non importa se battezzano in acqua fredda o in acqua calda, poiché secondo le loro affermazioni il Battesimo ha la sua virtù e il suo effetto in entrambi i casi.
831. §4 (§ 5). Solo i Vescovi, tuttavia, devono segnare la fronte dei battezzati con il crisma, dal momento che questa unzione debba essere conferita solo dai Vescovi. Infatti, come si legge, solo gli Apostoli, il cui posto è occupato dai Vescovi, conferivano lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani, che è la confermazione o crismazione della fronte, (At VIII, 14-25). 5. I singoli Vescovi possono anche fare il crisma nelle loro chiese durante la Cena del Signore e secondo la forma della Chiesa, cioè con balsamo e olio d’oliva. Perché nell’unzione con il crisma viene conferito il dono dello Spirito Santo. E infatti, come si legge, la colomba, che designa lo stesso Spirito Santo, portò un ramo d’ulivo nell’arca. Ma se in questa materia i Greci preferiscono mantenere il loro antico rito, secondo cui il Patriarca con gli Arcivescovi ed i suoi Vescovi suffraganei, fanno il crisma insieme, questa loro usanza deve essere tollerata.
832. 6 Ma nessuno deve essere semplicemente unto dai Sacerdoti o dai confessori in luogo della soddisfazione della penitenza.
833. 7. Ma secondo la parola dell’Apostolo Giacomo, (Giacomo V, 14), l’estrema unzione deve essere conferita ai malati.
834. 8 (§ 6). Inoltre, quando aggiungono acqua, fredda, calda o tiepida, al Sacrificio dell’altare, i Greci devono seguire la loro usanza, se vogliono, purché credano e confessino che, rispettando la forma del Canone, il Sacrificio è fatto allo stesso modo da entrambi i riti. 9 Ma non tengano l’Eucaristia consacrata nella Cena del Signore per tutto l’anno con il pretesto dei malati, cioè per dare loro la Comunione prendendola da lì. Tuttavia, è permesso consacrare il corpo di Cristo per gli ammalati e conservarlo per quindici giorni, ma non di più, cosicché conservandolo più a lungo le specie non si alterino e non diventino meno adatte al consumo, anche se la verità e l’efficacia rimangono pienamente le stesse e non scompaiono mai a causa di un periodo più lungo o del passare del tempo.
835. 18 (§ 14) Per quanto riguarda la fornicazione commessa da un uomo non sposato con una donna non sposata, non c’è dubbio che si tratti di un peccato mortale, poiché l’Apostolo ci assicura che sia i fornicatori che gli adulteri sono esclusi dal regno di Dio (1 Cor. VI, 9ss.)
836. 19 (§ 15). Inoltre, desideriamo e prescriviamo espressamente che d’ora in poi i Vescovi greci conferiscano sette Ordini secondo l’uso della Chiesa romana, poiché leggiamo che finora hanno trascurato od omesso tre degli Ordini minori tra gli ordinandi. Ma coloro che sono già stati ordinati in questo modo da loro, a causa del loro numero troppo elevato, devono essere tollerati negli Ordini così ricevuti.
837. 20 (§ 16). Ma poiché secondo l’Apostolo la donna è liberata dalla sua legge dopo la morte del marito, così da essere completamente libera di sposare nel Signore chi vuole (Rm VII, 2 1Co VII, 39), i Greci non biasimino o condannino in alcun modo le seconde e le terze nozze, o anche altre, ma piuttosto le riconoscano tra persone che possono essere altrimenti unite legittimamente in matrimonio. 21. Tuttavia, i sacerdoti non benedicano in alcun modo coloro che si sposano una seconda volta.
838. (Il destino dei morti) 23 (§ 18). Infine, poiché la Verità afferma nel Vangelo che se qualcuno ha bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello a venire – il che ci fa capire che alcuni sono liberati dalla loro colpa nel mondo presente, e che l’Apostolo dice che “il fuoco metterà alla prova l’opera di ciascuno secondo quello che è e che “colui la cui opera è consumata subirà una perdita, ma egli stesso sarà salvato, ma come attraverso il fuoco” (1Co XIII, 15) e poiché si dice che gli stessi Greci credano e affermino in tutta verità e senza dubbio che le anime di coloro che muoiono dopo aver ricevuto la penitenza ma senza averla compiuta, o che muoiono senza peccato mortale ma con peccati veniali e minimi, siano purificate dopo la morte e possano essere aiutate dai suffragi della Chiesa, poiché essi affermano che nessun nome certo e definito designi tra i loro dottori il luogo di tale purificazione, e poiché secondo la tradizione e l’autorità dei santi Padri noi lo chiamiamo “purgatorio“, vogliamo che d’ora in poi sia così chiamato anche tra di loro. Infatti questo fuoco temporaneo purifica i peccati, non però quelli mortali o capitali che non sono stati prima perdonati con la penitenza, ma quelli leggeri e minori che pesano ancora dopo la morte, anche se sono stati perdonati in vita.
839. 24. (§ 19). Ma se qualcuno muore senza penitenza in stato di peccato mortale, non c’è dubbio che sarà tormentato per sempre dalle fiamme dell’inferno eterno. 25 (§ 20). Ma le anime dei bambini che muoiono dopo il bagno del Battesimo e quelle degli adulti che muoiono in stato di carità, che non sono trattenute dal peccato né tenute ad alcuna soddisfazione per il loro peccato, passano immediatamente alla patria eterna.
ALESSANDRO IV: 12 dicembre
1254 – 25 maggio 126
Costituzione “Romanus Pontifex de summi“, 5 ottobre 1256.
Errori di Guglielmo di Saint-Amour riguardo ai monaci mendicanti
840. (Lo scritto di Guglielmo) è stato da loro letto con attenzione ed esaminato a fondo e con rigore, e ce ne è stato dato un resoconto completo; infatti abbiamo appreso che in esso alcune cose sono palesemente false e condannabili, contro il potere e l’autorità del Romano Pontefice e dei suoi Vescovi,
841. … e contro coloro che, per amore di Dio, chiedono l’elemosina nella più rigorosa povertà, superando così il mondo con i suoi beni con l’indigenza volontaria;
842. … ed altri contro coloro che, animati da un ardente zelo per la salvezza delle anime ed interessati agli studi sacri, fanno molti progressi spirituali nella Chiesa di Dio e portano molti frutti;
843. … alcune cose contro lo stato salutare dei poveri monaci, o mendicanti, che sono i nostri cari figli, i frati predicatori e i frati minori, i quali nella forza dello Spirito abbandonano il mondo con le sue ricchezze ed aspirano con tutte le loro forze solo alla patria celeste; nonché diverse altre cose sconvenienti e perciò degne di essere respinte e condannate all’infamia per sempre;
844. … e perché questo scritto è stato anche fonte di grande scandalo, ha dato origine a molti problemi ed ha causato anche danni alle anime, poiché ha distolto i fedeli dalla devozione a cui erano familiari e dalla loro abituale liberalità in materia di elemosina, nonché dalla conversione e dall’ingresso nella Religione: Su consiglio dei nostri fratelli ed in virtù dell’Autorità Apostolica respingiamo e condanniamo per sempre come iniqua, sacrilega ed esecrabile la scrittura che inizia così: “Ecce videntes clamabunt foris“, e che porta il titolo “Tractatus brevis de periculis novissimorum temporum“, e gli insegnamenti e le dottrine in esso contenuti. Li condanniamo come erronei, falsi ed empi.