QUARESIMALE (XXXVI)

QUARESIMALE (XXXVI)

DI FULVIO FONTANA

Sacerdote e Missionario
DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

Venezia, 1711. – Imprim. Michel ANGELUS Præp. Gen. S. J. – Roma 23 Aprile 1709)

IN VENEZIA, MDCCXI (1711).

PREDICA TRENTESIMASESTA
Nella Domenica di Resurrezione.

Si mostra come la speranza de’ Beni eterni deve renderci
soave ogni patimento in questa vita
.

Jesum quæritis Nazarenum Crucifixum, surrexit. San Marco al cap. 16.

Confesso il vero di non arrivare a capire, miei reveriti UU., con qual arte il Quercetano, quel medico ed alchimista insigne, calcinata e sciolta in ceneri una pianta, un fiore delle ceneri medesime la mostrasse rifiorita. Resurrezione, che si conta fra’ miracoli dell’alchimia a gran lode del chimico, fuoco potente a fare di ceneri fiori. So bene che incenerito il fiore di nostra vita e ridotto poco men che al nulla, vi è un’alchimia di Dio potente a far rifiorire questa nostra carne, e rassodarla in diamante, rendendola incontrastabile ad ogni colpo, e ciò seguirà, quando mortale hoc induet immortalitatem. Non sempre dunque, benché ridotti in cenere, dormirà sepolta tra le tenebre questa nostra carne mortale, non durerà così grave peso di lapide la nostra tomba, che non debba un giorno aprirsi per vedere la bella luce del Sole che mai tramonta, non si dirà più … pulvis es, in pulverem reverteris. Grazie dunque, per un sì gran bene, al nostro Gesù, che risuscitando se stesso, ci ha spalancato gli usci fatali, ed acciocché mai più si potessero chiudere a viva forza ha infranto le spranghe di ferro, portas areas, vectes ferreos confregit. Egli, dunque, siccome del risorgere nostro è stato l’esemplare, così ne sarà la cagione. Egli manderà gl’Angeli a rimpastare nei sepolcri le aride ceneri, Egli riunirà le anime a’ corpi, chiamerà gl’eletti a parte della gloria, che gode nel suo ricchissimo regno. Giubili dunque ognuno e gli serva di fondamento quella verità che la speranza dei beni eterni ci deve far tollerare con allegro cuore, le miserie di questo mondo. – Chi brama viver contento nel mondo esca col pensiero fuori del mondo, non è tutt’oro quel che riluce in terra. Tutte le cose di questa vita, sulle scene del mondo, rappresentano personaggi speciosi, ma se dentro si mirano, le trova vuote d’ogni vera consolazione, piene d’infinite calamità. Non occorre altro, in questa vita non vi sono che travagli, chi non li vede è cieco, e chi non si duole alle ferite, è insensato. Scrisse dunque pur bene Seneca allorché asserì, tota vita flebilis est, e meglio di lui Sant’Efrem Siro, allorche disse: cogita, atque perpende carissime quomodo, hac vita nihil contineat nisi lacrymas improperia, maledicta, atque convicia. Questa è una vita, dice il Santo, che di vita ha il nome, ed ha la morte infatti, giacché non è sì proprio, né ai venti il sollevar le tempeste nell’onde, né a’ fiumi traboccarsi con rapido corso in mare, né all’Oceano un inquieto e perpetuo flusso e riflusso, quanto è proprio che a’ danni nostri germoglino in questo mondo l’afflizioni, le tristezze, i scontenti, la morte. E qual mai sarà il filo che possa liberarci da sì travaglioso labirinto? Qual sarà? Eccolo in pronto, la considerazione de’ beni eterni. Ricordatevi tra’ vostri travagli, che dovete risorgere a vita beata, e questo basterà, se non a togliervi ogni amarezza, certo a sminuirvela. Succederà a voi ciò che al Patriarca Noè, allorché se ne stava racchiuso con poche persone e molte bestie nell’arca: sentiva egli da una parte il rumor dell’acque, che diluviando sommergevano il mondo e dall’altra le grida delle genti e gli urli delle fiere che, senza scampo restavano preda di morte, ma non per queto s’atterriva. Sicché attonito ad una tal considerazione il Boccadoro esclamò: vere admiror quomodò præ tristitia non fuerit absortus, cum mentem illius subiret bumani generis interitus sua solitudo, difficilis illa vita; mirabil cosa in vero; vedevasi quel santo vecchio racchiuso in quell’arca, sbattuto per ogni parte da venti furiosi con incertezza di esito fortunato da quelle onde, e pure con animo generoso non si turbò, anzi come asserisce il sopracitato Santo, versabatur in illo gravi carcere, sicut nos in pratis. Se ne stava in quel serraglio di bestie e di pene, in quella guisa che noi staremmo tra le delizie d’un ameno giardino e, se volete, dice il Santo, sapere la vera cagione della sua allegrezza tra tante miserie ed angustie, eccovela: cum spe pasceretur nihil triste sentiebat, la speranza de’ beni eterni della Resurrezione lo teneva contento, gli slargava il cuore, ed operava sì, che egli non sentisse neppure una minima puntura di tristezza, nihil triste sentiebat. Questo stesso rimedio e nulla più, dice Cassiano, dobbiamo praticar noi per viver contenti fra le tante miserie che seco porta il mondo, per tanto: se penerete tra l’infelicità d’una povera casa, d’una prigionia, d’un esilio, sollevatevi, spe contemplatione promisse beatitudinis, sollevatevi, dice, con la speranza de beni futuri, con la considerazione che verrà un dì, e sarà quello della vostra resurrezione, in cui entrerete nella libertà de’ figliuoli di Dio, arriverete a godere una Città di tutto decoro, perfecti decoris, ed avrete quanto mai potrete bramare di ricchezza, di felicità. Questo è il vero modo per sollevarvi dalle vostre calamità, giacché questo è quello che lo stesso Redentore insegnò a’ suoi discepoli, per toglier loro ogni amarezza dal cuore, e riempirlo di vero contento: Gaudete, gli disse, quoniam merces vestra copiosa est in cælis; la sola speranza sì de beni eterni ci deve tener contenti, la sola speranza che anche il nostro corpo, giusta l’ineffabile asserzione del Profeta Reale, ha da godere i beni eterni, cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum, ci deve tener contenti. – Tutto è vero, Padre, voi dite bene che la riflessione de’ beni eterni, della Resurrezione beata, ci deve tener contenti, ma che? È che i miei travagli non si restringono a star chiuso fra le miserie d’una prigione, ho la libertà, ma che mi giova, se i miei nemici mi perseguitano, e con insidiarmi alla vita, mi danno di continuo la morte. Pensate ai beni eterni, e troverete sollievo. Anche David si dichiarò, al par di voi perseguitato, quando disse, anticipaverunt vigilias oculi mei, legge Agostino, inimici mei; i miei nemici, grida questo Real Profeta, hanno prevenuto il giorno per avermi a loro disposizione nelle mani, e mi hanno perseguitato a morte, turbatus sum, mi turbai, è vero, ma, non sum locutus, ma per questo non proferii parola di lamento, perché, cogitavi dies antiquos annos æternos in mente habui; riflettei ai giorni antichi, agli anni eterni, alle future mercedi, e tanto bastò perché io tollerassi ogni più sinistra persecuzione Ideo, asserì su queste parole Brunone, ideo ei illa patientia contigit ut non esset locutus, quia cogitavit dies antiquos, et annos æternos in mente babuit. Contentatevi, dunque, quando avete inimicizie, se volete star contenti, d’alzar gl’occhi al Cielo, e considerare che verrà un dì in cui avrete un numero senza numero d’amici, non di riga ordinaria, ma di Principi del Soglio Celeste, di Santi del Paradiso, e ciò seguirà quando risorgerete a vita d’eterna felicità; ogni turbazione proviene perché non si pensa di proposito ai beni eterni. Io ci penso Padre … dunque, proverete pace in terra in ogni vostro travaglio! … Padre no, perché le mie miserie non consistono in sospetti, ma de facto mi trovo tacciato nella reputazione, e percosso nella vita, vi vuol altro che pensare alla futura resurrezione. Tacete non bestemmiate. Escite meco fuor della porta di Gierosolima, e vedrete che la considerazione de’ beni eterni, basta per tranquillare l’anima, ancorché il corpo soggiaccia a fiere percosse. Date d’occhio a San Stefano Protomartire il quale senza punto turbarsi, riceve lapidato da barbare mani, nembi di pietre, anzi osserverete col Nisseno, che riceveva quelle crude percosse con tal costanza e serenità, come se nulla più gli cadesse sulla vita, che candida neve. Ecco le parole, crebros lapidum ictus in modum flocorum nivis incedentium excepit; e se volete sapere la cagione di sì alto prodigio, eccovela, video Cœlos apertos, Jesum stantem a dextris virtutis Dei; meritò, dice il Santo, non turbatur duro imbre saxorum, dum occupatur in stupore, amore caelestium. Miei UU. non occorre, che più cerchiate la cagione delle vostre inquietudini tra le calamità che alla giornata vi affliggano, tutto deriva, perché non v’occupate in amore Cœlestium, bisogna pensare ai beni eterni, alla futura resurrezione, ed allora vi assicuro che, anche tra le percosse, goderete una calma interna di Paradiso, ma tutto il mal deriva, perché mai ci si pensa, oppur se ci si pensa, non ci si pensa di proposito, e sono a guisa de’ pensieri volanti, che nulla si fermano. Confesso il vero, o Padre, non v’essere rimedio più potente per sollevar l’animo tra le miserie del mondo, quanto quella considerazione della futura resurrezione de beni eterni; ma, Padre, a chi è oppresso dalle miserie, come son io, poco o nulla giova. T’inganni, basta che di proposito vi pensi, ancorché a tuo danni s’alzi una turba di dolorose calamità, le quali col loro peso t’aggravino, sicché vi rimanga oppresso col corpo anche lo spirito, ad ogni modo con questa considerazione ti solleverai, resterai vittorioso. Certo che le tue miserie non supereranno quelle di Paolo Apostolo. Odi ciò che egli di sé narra, e vedrai quanto possa la considerazione dei beni eterni della resurrezione: Nolumus, grida egli nella seconda a ‘ Corinti, vos ignorare fratres de tribulatione nostra, quæ facta est in Asia, quoniam supra modum gravati sumus supra virtutem, ita ut tæderet nos etiam vivere. Sappiate, dice l’Apostolo, o fratelli, che le tribolazioni sono giunte all’ultimo segno, e già superano ogni forza umana, a tal ché sino la vita ci pesa e ci riesce di tedio, sentite ed inorridite, comparendo le mie disavventure: In laboribus plurimis, in carceribus abundantius, in plagis supra modum, in mortibus frequenter, fatiche sopra fatiche mi opprimano, carceri, ceppi e catene m’atterrano, piaghe oltre ogni credere grandi, mi struggono, le morti continue mi tolgono la vita. Cinque volte fui da giudaica perfidia flagellato, tre volte da mano barbara con verga percosso, vi fu chi mi colpì con sassi, ebbi navigando un triplicato naufragio ed un giorno con una notte vissi sommerso nel profondo del mare. E qual maggiore Iliade di mali e di travagli si può mai sognare, mentre segue la narrazione delle sue disgrazie, dicendo: in itineribus sæpe, periculis fluminum, periculis latronum, periculis ex gentibus, periculis in civitate … ad ogni modo tollerò tutte generosamente l’Apostolo glorioso, asserendo con cuore intrepido, id quod in præsenti est, momentaneum, et leve tribulationis nostra. Io non v’intendo, grida qui il Crisostomo, voi parlate con enigmi, mentre proferite contrarietà, voi chiamate i vostri travagli gravi sopra ogni credere, e dopo i quali ritrattandovi confessate che furono leggerissimi, ed a guisa di baleno appena si fecero sentire, che terminarono quasi ludum puerorum, stimandoli quafi scherzi di fanciulli. Enigma, enigma est quod dicitur hæc enim repugnant. Sì, tutto è vero, replica a se stesso il Boccadoro, sed solvit enigma illatio sustentans tribulationis levitatem, ed eccone la ragione, non hæc que videntur nobis dum taxat considerantibus, sed quæ non videntur ostendit Bravium, desudantem solatus est. Come se appunto dicesse: ah che la sola considerazione del premio e di quell’eterna mercede, faceva che all’Apostolo Paolo paressero leggieri tutti i travagli, e le fatiche, benché intollerabili gli paressero un nulla. E con la speranza d’avere una volta a conseguir quel premio rasciugava ogni sudore della affannata sua vita; ostendit Bravium, et desudantem solatus est. In somma egli è verissimo che la speranza delle eterne mercedi della resurrezione è l’unica cosa che ci può e ci deve consolare tra le continue calamità e sinistri accidenti di questa nostra miserabile vita. Alzate dunque la mente alla considerazione dell’eternità beata che v’aspetta, e questa vi renda un cuore imperturbabile a quante austerità possano trovarsi nel mondo fino alla morte, perché anche la morte della considerazione del Paradiso, della resurrezione perde ogni amarezza. Quanti Cristiani d’ogni età, d’ogni sesso, d’ogni condizione si presentarono a’ tiranni, combatterono co’ tormenti più fieri, ciascheduno però con la fede sempre viva, con la speranza sempre certa delle future mercedi della resurrezione. Che spettacolo vedere uomini in ogni genere di supplizio, contenti quasi, che con anima di diamante avessero corpi di diaspro. Ecco, che molti si distraggono nel fuoco a guisa d’incenso in odor di soavità, altri s’immergono nell’acque come stelle al tramontar più gioconde, ed altri trinciati col ferro a guisa di tronchi di balsamo feriti versar molto più di generosità che di sangue. Era un stupore vedere alcuni che, quantunque trucidati nelle carni, stirati ne’ nervi, fiaccati nell’ossa, portassero in ogni membro un martirio, ad ogni modo erano generosi nell’animo; si vedevano bensì sospirare stanchi dalla carneficina i manigoldi, ma non s’udiva mai un gemito dalle generose bocche, e se pur si dolevano, perché troppo leggiere ferivano le spade, ardevano le fiamme. Ah che tutti erano effetti di quella viva speranza di dover ripigliare i loro corpi per vivere immortali, pro Christi mori est rursum vivere. Che meraviglia dunque, che si siano più volte veduti i Santi Martiri invitare a’ morsi le fiere, al taglio i carnefici. Che meraviglia, che si siamo veduti porsi sopra del capo, stringersi al seno, baciar per tenerezza gli strumenti del supplizio, e talora giubilar d’allegrezza, quando si vedevano aperte nel corpo mille vie, onde l’anima vittoriosa uscisse. Tutto ciò seguiva per la speranza della futura mercede, at cum spe teneretur nihil triste sentiebat. Voglio che tra tanti martiri spicchi da sé solo uno come gigante sebben bambino, il quale tutto gioia nel correre la carriera del suo martirio, exultavit ut gigas ad currendam viam. Qua, qua Dunaam, che fra tiranni a niuno cedesti nella barbarie. Dimmi, che cosa fu quel filosofare di quel fanciullino di cinque anni, mentre unto col sangue dei martiri, quasi con crisma di fortezza accompagnato dalla madre, ti si portò avanti, tu condannasti quella al fuoco, ed invitaste il figlio alle carezze, ma che ne seguì? Udite, pianse il fanciullo tra gl’accarezzamenti, e bramò d’essere fra’ tormenti, rinunciò i vezzi, e chiese il martirio … ma figlio, disse il tiranno al fanciullo, tu così parli, perché non sai cosa sia martirio, ed egli francamente risponde: so molto bene, che pro Christo mori est rursum vivere, il martirio, il morire per Cristo è un ritornare a vivere, è un tramontar di sole che risorge più luminoso, un rigermogliare immortale della sua morte. Benedetta bocca, che col latte della dolcezza aveste sotto la lingua il miele della sapienza, mel, lac sub lingua ejus; ma convien che dalla bocca passi al capo per sua corona. Pieno dunque di un nobile sdegno, gli fugge dalle mani e, dalle lusinghe di Dunaan, corre in mezzo agli incendi, ove la madre a braccia aperte l’accoglie in seno, tremano le fiamme al prodigio, trema il tiranno, giubila la madre, applaude il Paradiso, che si profuma doppiamente con la fragranza di due vittime in odorato olocausto. Ecco o Tiranni ciò che rende generoso il cuore fra’ tormenti nella morte stessa, la speranza de’ beni eterni, il sapere, che pro Christo mori est rursum vivere. Catone il forte, quantunque privo di fede, che non fece col solo barlume, non di beni eterni, ma della sola immortalità dell’anima. Ecco che, vedendo egli ormai vicino a spirar nella sua romana repubblica quel quasi ultimo fiato di libertà che ancora vi rimaneva, deliberò di finir prima la vita per dimostrare che non potevano sopravvivere, o Catone mancata la libertà, o la libertà mancato Catone. Preso pertanto uno stilo, mortalmente si ferì con quella mano, che sino allora aveva serbata pura d’ogni sangue, e perché molti incontanente v’accorsero a trattenerlo, poterono bensì levargli il ferro e chiudergli la ferita, ma non però sminuirgli punto l’ardire, poiché quando si vide solo, raccolto subito quanto di forze gl’erano rimaste ed adirato, quanto prima con Cesare, altrettanto ora con sé, per non aver saputo darsi sollecita morte a quel primo colpo, strappò con tutta furia le fasce della ferita, e così non permise l’uscita, ma diede la spinta al suo spirito disprezzatore non solo d’ogni cosa, ma ancora di sé stesso, non emisit, sed ejecit. Fu ardito, non può negarsi Catone, né io qui pretendo lodarlo, ben sapendo che tanto è vituperevole chi vuol morire a dispetto della natura, quanto saria chi volesse vivere. Ma se voi domanderete a Seneca, come mai Catone si rendesse così coraggioso, e potesse con sì libero braccio far sì grande insulto alla morte con provocarla, udrete rispondervi, che tutto questo egli fece, fu per aver letto quel sì bel libro di Platone, in cui dimostra l’immortalità dell’anima. Il ferro dunque fece che egli potesse morire Platone, che egli volesse ferrum fecit ut mori posset, Plato ut vellet. Or ditemi, se Catone nulla stimò la morte, e si animò a darsela col solo pensiero della durazione dell’anima, che cosa non avrebbe mai fatto, se egli avesse avuto la speranza de’ beni eterni? Chi dunque sarà de’ miei, che ad un tal esempio non s’animi a patir tutto a far resistenza ad ogni viziosa passione, giacché vinta, deve essere remunerata con risorgere da morte a vita per vivere sempre Beati? Dica dunque ciascheduno a sé stesso: vi son beni eterni, taci dunque mia lingua, né  più si sparli contro l’onestà delle fanciulle, non più contro il decoro delle vedove, non più contro la fedeltà delle maritate, non si parli sinistramente de’ Ministri di Dio; sciogliti solo, o lingua, alle lodi di Dio e del prossimo. Vi sono beni eterni, dunque ogni livore che si nutriva in petto si smorzi, svanisca ogni accesa passione, s’accenda ed avvampi la carità. Vi sono beni eterni: dunque si raffreni l’occhio impudico, si chiuda l’orecchio alle lascivie, alle mormorazioni, e sol si miri Gesù, si sentano le sue lodi. Cristiano mio se hai speranza de’ beni eterni, se li vuoi, rendi ciò che malamente possiedi, lascia ciò che impudico mantieni, paga le mercedi, soddisfa a’ legati, vomita le tue colpe a ‘ piedi del confessore, muta vita e torna a Dio.

LIMOSINA
Nel giorno di nostra resurrezione, convocherà Iddio l’universo, e a tutti paleserà ogni minimo danaro dato per limosina a’ suoi poverelli, ed in quella tanta gloria riconoscerà ad uno ad uno tutti i suoi antichi benefattori fino a pubblicare quello straccio con cui ricopriste la nudità di quel misero, quel pomo, quel tozzo di pane con cui lo sovveniste, quella tazza o d’acqua o di vino con cui lo ristoraste, cum venerit in majestate sua dicet, esurivi et dedistis mihi manducare, sitivi, et dedistis mihi bibere. Chi di voi dunque non sarà una larga limosina, mentre è certo che nel dì della nostra resurrezione dovrà essere ringraziato, e remunerato dall’istesso Dio.

SECONDA PARTE.

Tra l’allegrezze di questo giorno, in cui giubila il Cielo, sento i dolorosi lamenti di San Bernardo, che dal suo Eremo esclama, prob dolor, prob dolor; e se l’interrogherete della causa di tanto suo dolore, egli vi risponderà, perché, peccandi tempus, facta est Resurrectio Salvatoris; piange perché la Pasqua è fatta salvacondotto ai peccati della quaresima; piange, perché il tempo della Resurrezione di Cristo è tempo dell’iniquità; Ex hoc tempo commessationes, et ebrietates redeunt; impudicitia repetuntur, concupiscentiæ fræna laxantur. Ah Dio i digiuni si cambiano in crapule, chi perdonò l’offese ripiglia gl’odii, le vendette, dai templi si passa alle sale, per i balli per le feste: Ah che vedo richiamate l’amiche, rinnovati i discorsi, vedo nuove vanità su di quei capi di già aspersi di ceneri, quegl’occhi, che piansero colpe nello scorso Venerdì, vibrano sguardi maligni per le Chiese, e pare a me – conchiuderò col Santo – che Cristo non per altro sia resuscitato se non perché si ravvivino in noi le scelleraggini. Ad hoc surrexit Christus et non propter justificationem nostram. Deh non segua così in voi, miei uditori. Deh non ritornate a’ peccati, che già detestaste come rovina dell’anime vostre, altrimenti i trionfi di Cristo saran per voi perdite eterne. Tre sorti di resurrezione si danno: la prima di chi risorge in apparenza a guisa de’ cadaveri resuscitati da Simon Mago, che sembrando vivi erano però morti ed invece d’un’anima informante avevano un demonio assistente, altro in somma non erano, che morti mascherati da vivi. Tanto, così non fosse, segue in queste feste a molti Cristiani i quali avendo ricevuta dal confessore l’assoluzione, ed essendosi pubblicamente comunicati, ognuno li crede risorti a nuova vita, ma perché il proponimento di lasciar quella pratica fu finto, la promessa dell’emenda è stata falsa, l’occasione prossima non s’è tolta, la Comunione s’è fatta per sfuggir la scomunica, ne segue che in apparenza sono vivi, ma realmente sono morti, perché l’anima è incadaverita ne’ vizi. La seconda resurrezione segue a guisa di quella di Lazzaro, il quale veramente resuscitò, ma resuscitò per tornare a veramente morire, così segue in molti, risorgono con una buona confessione, ma per tornare a peccare. Se quivi è qualche Lazzaro uscito per grazia di Dio dal sepolcro de’ peccati, avverta di non tornare a seppellirsi, perché se nuovamente muore alla grazia, dubito che più non risorga, e che una morte improvvisa non lo seppellisca nell’inferno. – La terza resurrezione segue come quella di Cristo, che vale a dire risorgere per non più morire: questa è la vera Resurrezione alla Grazia, che va a terminar nella Gloria; Christus resurgens ex mortuis jam non moritur. Beato chi risorge in tal modo, chi risorge dal peccato per mai più tornarvi. Nel primo colloquio del tomo terzo del Majolo si legge come un certo Ido non potendo tollerare che la sua moglie si fosse fatta Cristiana, procurava ogn’arte per sovvertirla, e ridurla nuovamente all’idolatria, la sgridava, la batteva e le minacciava ben spesso la morte, sempre però invano, perché la donna a questi rei sentimenti nulla più si moveva di quel che faccia uno scoglio tra furiosissime tempeste. Stanco per tanto il marito di più maltrattarla si portò dall’oracolo in Delfo, per sapere se mai la consorte fosse per ritornare al culto de’ suoi dei, al che il demonio, ben consapevole della virtù de’ presenti Cristiani, così rispose per bocca dell’oracolo: Citius in aqua scripseris, è più facile che tu formi lettere in mezzo all’acqua, che la donna si cambi. O costanza degna d’encomi, mentre sì altamente t’eri radicata nel cuor di quei Cristiani, ma ora dove te ne sei fuggita. Deh vieni, e torna almeno ne’ miei UU. sicché non solo risorgano a nuova vita per mezzo d’una buona Confessione, ma risorti non tornino più a morire, perdendo la vita della Grazia con nuove colpe: oh se io potessi fare, che ognuno de’ miei uditori dicesse col Santo David, inclinavi cor meum ad saciendas justificatione tuas in æternum. Son talmente risoluto di non tornare al peccato, che se vivessi in eterno, in eterno non peccherei, in questo modo esprimessimo al vivo la Resurrezione di Cristo, e cumulassimo il giubilo di Santa Chiesa in questo tempo pasquale, e ci disponessimo a quella Resurrezione Gloriosa nel giorno estremo, quando perfettamente beati, anche nel corpo, non temeremo mai più della morte, mors illi ultra non dominabitur.

QUARESIMALE XXXVII

IL SACRO CUORE DI GESÙ (64)

IL SACRO CUORE DI GESÙ (64)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SETTIMO

DALLA MORTE DI MARGHERITA MARIA AI NOSTRI GIORNI

EPILOGO

ARMONIE E CONVENIENZE DELLA DIVOZIONE E DEL SUO SVILUPPO

Noi abbiamo studiata la divozione al sacro Cuore negli scritti di quella che lo stesso nostro Signore ha scelta per essere la principale depositaria, l’interprete, l’apostolo; ne abbiamo presentata la sistemazione dottrinale secondo i maestri del pensiero teologico, l’abbiamo seguita nel suo sviluppo storico, dalle prime tracce della sua apparizione, fino alla sua piena fioritura ed alle sue principali manifestazioni; dalle sue origini mistiche fino alle sue ultime applicazioni nella pietà contemporanea. Resterebbe da dimostrare le armonie tra le aspirazioni del cuore umano e i meravigliosi modi con i quali Iddio ha risposto ad esse; vi sarebbe anche da collocare la divozione nel piano divino di riparazione e salvezza per mezzo della rivelazione, della bontà divina e del divino amore; da mostrarne i punti di contatto con l’insieme del mistero di Gesù; le convenienze di analogia e di affinità con le condizioni ordinarie dei rapporti fra il Creatore e la sua creatura umana. Soggetto immenso che non può essere che abbozzato in poche pagine. Inoltre, questo sviluppo appartiene meno al teologo e più al poeta o all’oratore. – La divozione al sacro Cuore non ha trovato finora né il suo Dante né il suo Pindaro; ma la predicazione contemporanea ha saputo parlare del cuor di Gesù e del suo amore con grandezza e pietà. Fra i libri che trattano del sacro Cuore più d’uno offre belle pagine sugli splendori e le armonie della divozione, quali quelli di Mons. Baudry, per esempio, e di Sauvé; i trattati di Thomas e del P. Terrien serrano il soggetto più da vicino, l’uno con grande ampiezza ed in maniera molto comprensiva, l’altro in un capitolo preciso e penetrante. Io qui mi accontento di alcune osservazioni e rapide indicazioni. Esse mirano a due punti: le convenienze e le armonie della divozione in se stessa: le convenienze e le armonie del suo sviluppo storico.

I. – ARMONIE E CONVENIENZE DELLA DIVOZIONE IN SE STESSA

Per dare qualche idea del soggetto non abbiamo che raccogliere o ricavare ciò che il lettore ha potuto intravvedere di già, sia nell’esposizione dottrinale della divozione, sia nelle belle pagine di santa Margherita Maria, delle mistiche e degli asceti, sparse nel corso dell’opera. Si possono raggruppare tutte in pochi capi.

a) Armonie e convenienze con la natura dell’uomo.

— Il nostro primo dovere verso Dio è di amarlo. « Amerai il Signore Dio tuo », è il primo e più importante dei comandamenti, quello che riassume tutti gli altri e al quale tutti si riferiscono. « Figlio mio, donami il tuo cuore », è il grande appello del Cuore di Dio al cuore dell’uomo. Ma Dio è così lontano da noi, così grande, così santo! E poi è invisibile. Dov’è quella specie di uguaglianza che l’amore reclama? Dov’è l’elemento sensibile, che ha tanta presa sul cuore umano? Almeno potessimo credere al suo amore per noi! Ma come credervi se Lui è ciò che è, e noi ciò che siamo? Noi sappiamo ciò che Egli ha fatto per rendere possibile quest’amore. Ha soppresso le distanze, fin che lo poteva, con la sua immensa potenza, facendosi uomo per fare di noi, in certo modo, degli dei. Ci ha dato di questo amore dei pegni che non possiamo rinnegare; la sua parola infallibile, la testimonianza delle opere, la testimonianza del sangue; il dono di se stesso sotto tutte le forme: alla nascita, sul Calvario, nell’Eucaristia, in attesa del dono di se stesso in Cielo. Perché io abbia un segno sensibile di quest’amore, un segno parlante, un segno che il mio cuore non può non ravvisare, Egli mi mostra il suo Cuore, dicendomi: « Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini »; me lo mostra ferito d’amore, sconosciuto e oltraggiato, ridotto a mendicare il mio amore. « Amiamo Dio, diceva San Giovanni, poiché Egli per il primo ci ha amati ».

2) Armonie e convenienze con la natura d’Iddio e con il carattere della sua azione sull’umanità. — Dio èamore; le sue vie verso l’umanità sono, prima di tutto,vie di misericordia e di amore. Per amore Egli mi ha inviatoGesù, ha voluto farmi, in Gesù, una rivelazione dellasua benevolenza e del suo amore. Come lo diceva Tertulliano,Dio in se stesso, è buono; se punisce siamo noiche forziamo la sua giustizia a punire: De suo bonus, de nostro justus. Ma spesso noi non riusciamo a riconoscere quest’amore d’Iddio, a riconoscerlo nel mistero della sua Provvidenza che permette il male, nel giuoco fatale e cieco delle cause seconde, nelle prove o nel castigo. Il sacro Cuore mi fa ricordare, malgrado le apparenze contrarie, malgrado la oscurità, che la Provvidenza divina è soprattutto una Provvidenza paterna, una Provvidenza d’amore; se il giusto Giudice deve talvolta condannare e punire, non lo fa che dopo aver esaurito (almeno per il castigo definitivo) tutti i mezzi di emendamento. La divozione al sacro Cuore mi mostra Dio nella sua vera luce.

c) Armonie e convenienze con il mistero di Gesù

e con lo spirito del Cristianesimo. — Il mistero dell’Incarnazione e quello della Redenzione, il mistero di Gesù in tutta la sua grandezza, sono misteri d’amore. Gesù è morto in croce per riscattarci; e l’amore l’ha dimostrato a noi per mezzo della sofferenza e della morte. Gesù nella sua vita ha voluto essere il nostro modello con i suoi esempî e le sue lezioni; la sua vita è stata tutta di amore per Dio; d’amore per il prossimo. Gesù è in cielo e nell’Eucaristia come era durante la sua vita e nella sua morte, mediatore fra Dio e noi, e la sua mediazione è tutta d’amore; amore di Dio, che ce lo dona, e con lui ci dona tutto; amore di Gesù, che interviene per noi presso il Padre e ci trasmette le sue grazie. Gesù è il legislatore della nuova legge e questa legge è una legge d’amore, l’amore ne è lo spirito. Gesù è il fondatore di una nuova religione; il Cristianesimo è una religione d’amore. Si conosce il fondo di Gesù quando si conosce il suo Cuore; si conosce il fondo del Cristianesimo quando si sa trovarvi, da per tutto, il sacro Cuore; si ha lo spirito cristiano quando si ha la divozione al sacro Cuore. Perciò nostro Signore spiegava a S. Caterina da Siena che, dopo averci donato tutto, aveva voluto anche che il suo Cuore fosse trafitto dalla lancia del soldato, per mostrarci che il suo amore aveva fatto tutto, per farci anche capire che, per quanto grandi fossero i doni, essi non rispondevano ancora all’immensità del suo amore; i doni hanno dei limiti, l’amore è senza confini.

2. – ARMONIE E CONVENIENZE NELLO SVILUPPO STORICO DELLA DIVOZIONE

Se la divozione al sacro Cuore riassume così bene il Cristianesimo, se è come la quintessenza dello spirito cristiano, ci si può meravigliare che essa abbia atteso così a lungo per svilupparsi. Abbiamo fatto notare che in realtà, nel suo spirito, è antica come il Cristianesimo stesso. Quanto alla sua forma speciale, come divozione al sacro Cuore, abbiamo sentito S. Giovanni spiegare a S. Gertrude perché nel suo Vangelo non aveva detto niente del cuor di Gesù, né dei suoi armoniosi palpiti, e come questa rivelazione fosse riservata ai tempi nuovi, cioè ai tempi in cui viveva la stessa Gertrude, il libro della quale doveva essere « l’araldo della bontà divina e del divino amore ». Santa Margherita Maria dice presso a poco la stessa cosa parlando del tempo suo, delle manifestazioni di cui ella doveva essere come l’evangelista, di questa nuova mediazione del cuor di Gesù e di questo ultimo sforzo del suo amore per guadagnare il Cuore degli uomini. Equivaleva a dire che la divozione veniva a suo tempo e che vi era un’intenzione provvidenziale nella scelta di questo tempo. – Senza pretendere di saper tutto e di spiegare tutti i disegni d’Iddio, si può cercare « sobriamente e piamente » come dice $. Agostino, d’intravvedere qualche cosa delle armonie e delle convenienze storiche della divozione. Anche qui dovremo limitarci a rapide indicazioni, raggruppandole attorno a tre o quattro punti: invenzione e volgarizzazione della formula, la persona e l’amore di Gesù, il regno di Gesù.

.a) Armonie e convenienze storiche nell’invenzione e volgarizzazione della formula. — Abbiamo visto, nella divozioneal sacro Cuore, una formula felice che esprimecome meglio non si potrebbe il fondo, lo spirito del Cristianesimo; formula chiara e parlante nello stesso tempo che profonda e comprensiva. Ora queste grandi e felici formule non si trovano a prima vista. Esse suppongono una lunga familiarità con le realtà ch’esse esprimono, molta riflessione ed analisi, su ciò che si sente o si vede, una sintesi che non si fa che dopo molte esperienze. Semplici scoperte, in apparenza, ma che non si fanno che dopoessere state lungamente preparate. Anche quando una formula è stata trovata, per un’intuizione del genio, essa non si propaga che in un ambiente preparato a comprenderla. Così è stato per la divozione al sacro Cuore. Essa doveva apparire a suo tempo. Rivelata ad alcune anime privilegiate o trovata per una intuizione della pietà cristiana, essa visse dapprima in poche anime in alcuni ambienti scelti, propagandosi a poco a poco, a misura che trovava un terreno preparato, per apparire infine alla luce di tutti nei libri degli scrittori, nella predicazione pubblica, nel culto ufficiale della Chiesa. Noi abbiamo studiato le diverse fasi di questo sviluppo e ne abbiamo segnalato, quando se ne presentava l’occasione, gli agenti, le cause e le condizioni, le circostanze e il carattere. La Provvidenza divina vi si mostra agente con il suo ordinario temperamento di forza e di soavità. Ciò che vedremo ancor meglio nel seguito delle nostre riflessioni.

b) Armonie e convenienze storiche relative alla Persona di Gesù. —

Nella pietà cristiana, la Persona di Gesù ha il posto, inseparabile da Dio, che noi troviamo in Lui e per Lui. Ora, dalla seconda metà del secolo XVII fino alla seconda metà del XIX, si constata nella predicazione e nei libri di pietà che vogliono essere alla moda, una tendenza a far meno grande, per diverse ragioni, che qui sarebbe troppo lungo spiegare, il posto di nostro Signor Gesù Cristo. Non bisogna esagerare. Non si dimentica Gesù, ma Egli è meno in vista in Fénelon o in Massillon che in S. Francesco di Sales o in Bossuet; gli apologisti del XVIII secolo se ne occupano meno di Pascal. Soprattutto la sua vita storica, la sua umanità hanno meno rilievo. Il Dio della filosofia, la divinità, l’Essere supremo si trovano più spesso nella fraseologia di quel tempo che Gesù, che il Dio fatto Uomo; la morale perde qualcosa dei colori del Vangelo, per prendere delle arie più filosofiche. Si sa che il P. di Ravignan osava appena presentare Gesù ai suoi uditori di Notre Dame, e che Lacordaire, impiegò una preparazione di dieci anni, avanti di intronizzarlo alfine trionfalmente al suo posto regale. Fu un male, necessario forse, ma fu un male. E sarebbe stato un male ancor più grande senza la divozione al sacro Cuore. Negli ambienti in cui essa penetrava manteneva viva la divozione alla persona adorabile del Maestro, lo mostrava senza interruzione agli sguardi, ne seguiva con amore la sua vita storica, per far ascoltare le sue parole, contemplare le sue azioni e cercare il suo Cuore, nelle une come nelle altre. Essa portava degli adoratori, ai piedi dei tabernacoli, i comunicandi alla santa mensa. Solo in cielo sapremo ciò che la vita cristiana in questi ultimi secoli deve alla divozione al sacro Cuore.

c) Armonie e convenienze storiche relative al pensiero

e al culto dell’amor divino. — Si è parlato molto della guerra fatta dai Giansenisti alla divozione e ci si è compiaciuti nel mostrare l’opposizione irriducibile fra la concezione giansenista del Dio terribile, aprente le braccia solo ad un piccolo numero di eletti e la concezione di Iddio, quale ce la dà la devozione al sacro Cuore. Un’erudizione meticolosa ha potuto segnalare gli errori di particolari in ciò che è stato detto a questo proposito. Gazier, per es., ha dimostrato che i crocifissi dalle braccia alzate e strette, che spesso chiamano crocifissi Giansenisti, sono molto anteriori al Giansenismo; anzi egli ha trovato pagine sul sacro Cuore in qualche libro di Giansenisti. Ma il quadro d’insieme resta vero. Dunque possiamo riconoscere, con tutta verità nella divozione al sacro Cuore l’antidoto divinamente preparato da Dio contro il virus dell’astuta eresia. Le tendenze pratiche sono in senso contrario; ma soprattutto lo spirito è del tutto differente. Senza insistere di più su ciò che è evidente, possiamo indicare alcune armonie delle divozioni relative alla concezione, al culto e all’obbligo dell’amore durante il secolo XIX. – Il secolo XIX ha divinizzato l’amore, anche l’amore umano, anche l’amore colpevole. In pratica è stato sempre così; l’amore, come tutte le passioni, ha ricevuto gli omaggi idolatri degli uomini. Ma era riservato alla letteratura del secolo XIX di sostenere, in teoria, i diritti assoluti dell’amore, di giustificarlo nei suoi più mostruosi eccessi, di far piegare, davanti ad esso le leggi umane e divine, di farne il Dio unico e sovrano. Così hanno fatto gli scrittori più in voga, della poesia, del teatro, del romanzo. E le loro lezioni non hanno trovato che troppo docili allievi. A questo culto idolatra dell’amore umano, dell’amore sensuale, dell’amore impudico, dell’amore egoista, la divozione al sacro Cuore opponeva il culto del Dio vero, che ha voluto definirsi come l’amore stesso (Deus caritas est), dell’amore divino che ci ha dato Gesù, che si è incarnato in Gesù, dell’amore sovranamente nobile e regolato, dell’amore che si immola divinamente puro e disinteressato, dell’amore che si immola e si sacrifica per insegnarci ad amare chi dobbiamo amare, e come dobbiamo amare, dandoci per modello, per regola, per stimolante del nostro amore, l’amore stesso d’Iddio e l’amore di Gesù affinché noi lavoriamo a divinizzare la nostra vita, se si può dire, divinizzando il nostro amore. Accanto a questa idolatria dell’amore, il secolo XIX ha magnificato, sotto l’egida della scienza, una concezione del mondo in cui l’amore non avrebbe più posto né azione se non come istinto cieco e come forza incosciente. Tutto si riporterebbe alla evoluzione di una natura impersonale, senza anima né cuore, in cui l’uomo non sarebbe che uno degli innumerevoli ingranaggi dell’immensa macchina, trascinato, anch’esso, nel movimento universale, senza che niente lo distingua dal resto, all’infuori di un superfenomeno passeggero di coscienza, che brilla un momento di una luce fosforescente, alla superficie dei flutti, per poi riperdersi per sempre nell’abisso senza limiti e senza fondo. Tale è stata, per più di mezzo secolo, la concezione così detta scientifica, la concezione positivista dell’universo: ad essa numerosi scienziati, ritenuti filosofi, e tanti filosofi, ritenuti scienziati, hanno prestato la seduzione e il prestigio del loro sapere, e del loro stile. Di contro a questa concezione fatalista, destinata a sparire in un nero pessimismo, storicamente rassegnato (come quello di Taine) o falsamente ironico (come quello di Renan), la filosofia cristiana, l’apologetica e la teologia hanno coraggiosamente mantenutele verità incrollabili della ragione e della fede, e hanno rafforzata la fede nella concezione cristiana ed ottimista del mondo; ma le anime hanno bisogno d’altro che di ragioni astratte, che di verità fredde e di una fede nuda. La divozione al sacro. Cuore, presentando loro il Cuore di Gesù, ricorda loro la sovranità dell’amore nel governo del mondo, fa loro vedere e gustare dappertutto la Provvidenza amante e paterna di Dio; fa vedere e gustare l’amore di Gesù che si fa nostro fratello, per farci figliuoli d’Iddio e per attirare sui figli colpevoli e miseri le compiacenze divine che, dal Figlio prediletto in cui esse si riposano, si diffondono fino a noi. Queste considerazioni; e molte altre che potremmo fare nello stesso senso, ci aiuteranno a comprendere l’attrazione di grazia che spinge verso il sacro Cuore tante anime tra le più cristiane e le più ferventi. Per esse la divozione al sacro Cuore è la forma naturale, per il tempo nostro, della divozione a Gesù; industriarsi ad accrescerla in sé ed intorno a sé è lavorare a far regnare Gesù in sé c negli altri. E, poiché la causa d’Iddio e la causa di Gesù, non sono che una causa sola ed unica, si comprende, che molte anime elette, che non vogliono vivere che per Dio e per gli altri in vista d’Iddio, nel totale oblio e sacrificio di sé, si rivolgano al sacro Cuore per fargli negli stessi termini o in termini equivalenti la bella preghiera che gli indirizzava una di quelle anime (Santa. Maddalena Sofia Barat, fondatrice delle Dame del sacro Cuore, una delle anime, che senza dubbio hanno contribuito di più a diffondere nel mondo la divozione al sacro Cuore, fondando una Società che da più di cento anni non cessa di lavorare con zelo infaticabile a far conoscere, amare, onorare il Cuore adorabile di Gesù.) e che riassume così bene la perfezione della divozione al sacro Cuore e nello stesso tempo la perfezione della vita cristiana:

« Cuore sacro di Gesù, o mia luce, mio amore e mia vita, fate che io non conosca che Voi, che non ami che Voi, che non viva che di Voi, in Voi, e per Voi ».

F I N E

LA MEDITAZIONE DELLA PASSIONE DI GESU’

MEDITAZIONE DELLA PASSIONE

La meditazione della Passione di N. S. Gesù Cristo. (1)

(GIULIO MONETTI: La Sapienza cristiana, vol. II, p. s. – Unione tipo. Tor. 1949)

— L’ultima parte della S. Quaresima è dalla Chiesa chiamata Tempo della Passione — e consacrata — anche con liturgìa speciale — alla commemorazione della Passione di Gesù. — Come ci devono essere care queste due settimane! La meditazione della Passione è per noi debito di riconoscenza! — E non era forse più che giusto che, mentre il Signore spargeva per noi tutto il suo Sangue, noi l’avessimo accompagnato in ciò almeno collo spargere le nostre lacrime – se fossimo vissuti allora — atteso specialmente che, non a Lui — l’Innocente — il Santo dei Santi — ma a noi – colpevoli — conveniva il patire? — Ebbene, ciò che non potemmo fare allora, facciamolo adesso! — E Gesù gradirà — accetterà intenerito — la nostra affettuosa compassione — proprio come se n’avesse tuttora bisogno! La meditazione della Passione è per noi miniera inesauribile! — Anzitutto è naturale che più partecipi dei frutti della Passione chi meglio — e più frequentemente — se ne ricordi — quasi a raccogliere su di sé in maggior copia il Sangue Divino. — Inoltre, il ricordo della Passione è nato fatto per eccitare in noi la contrizione perfetta dei nostri peccati, — che trassero Gesù alla croce — e insieme l’amore perfetto a quel Gesù — che per noi ha tanto sofferto. — Orbene carità e contrizione perfetta sono due radici fecondissime di merito soprannaturale —

di santificazione. La meditazione della Passione è per noi scuola di virtù insuperabile. — Ci mostra infatti in Gesù appassionato il modello più perfetto — e più suggestivo — di pazienza — mansuetudine — umiltà — obbedienza — zelo — carità — sacrificio… — Inoltre, già ci dissipa preventivamente tutti i pretesti che la nostra mollezza potrebbe invocare — per esimerci da difficoltà — da rinunzie — che da noi richiedesse la vita virtuosa; — se Gesù non entrò nella sua gloria, se non compiendo la sua Via Crucis. chi siam noi da pretendere condizioni più agevoli — o più comode — per ottenere il Paradiso? — Chi oserà rifiutar la propria croce?

L’Ultima Cena del Divin Salvatore. —

Con che cuore non la celebrò Gesù — sapendo ch’era venuta l’ora sua — e che l’orribile sua Passione era imminente! — Tanto più che aveva determinato d’istituire in essa la Eucaristia — consacrazione del Nuovo Testamento — Sacramento insieme e Sacrificio! L’ultima Cena Pasquale secondo la Legge Mosaica. — Ancora una volta Gesù e gli Apostoli mangiarono insieme l’Agnello Pasquale — senza macchia — mansueto — svenato — salvezza del popolo eletto… — simbolo eloquente di Gesù — vero Agnello immacolato di Dio — mite ed umile di cuore — vittima volontaria cruenta — per la salute dell’intero genere umano… — Oh impariamo l’esattezza — e lo spirito — col quale dobbiamo ottemperare alla Legge santa di Dio — unendo l’esterna compitezza degli atti coll’interno fervore dell’animo!

La prima Cena Eucaristica. — Che solennità! — Gesù la celebra in un raccolto Cenacolo — grandioso — addobbato — dopo lavati i piedi agli Apostoli — per vieppiù purificarli — ed iniziarli alla vicendevole umiltà e carità…! — Che generosità poi — in darsi in cibo e bevanda agli Apostoli — quando proprio e la giudaica invidia maligna — e la venalità del traditore — ne tramavan la morte! — E proprio allora creava Pontefici del nuovo Culto quegli Apostoli appunto, che entro poche ore tutti l’avrebbero abbandonato! — E che amore per noi — in prevenire nel suo sacrificarsi per noi l’opera stessa dei suoi nemici! — Grazie! mille grazie, Gesù!

La cena dell’affettuoso commiato. — Pensiamo — oltreché al Testamento reale (quello cioè del suo Corpo e del suo Sangue) — anche al Testamento morale lasciato da Gesù

agli Apostoli — e, in loro persona, a noi — alla Chiesa tutta. — È testamento d’amore divino: — « Conservatevi nel mio affetto! ». — È testamento di mutua concordia: — « Vogliatevi bene a vicenda! ». — È testamento di sovrana, incrollabile fiducia: — « Confidenza! Io ho vinto il mondo! ». — È testamento delle più larghe promesse: — « Quanto mi domanderete… ve lo farò! » — « Non vi lascerò orfani!» — « Vi preparo un regno! ». — È testamento di pace: — « Vi do la mia pace! ».

Nel folto del Gethsemani… —

cocca l’ora della Passione — l’ora tanto desiderata da Gesù — e per la gloria dell’Eterno suo Padre — e per la redenzione nostra — e per la restaurazione dell’ordine supremo di giustizia e di pace… — E Gesù — divino volontario della morte — si avvia al Giardino degli Ulivi — per darvisi in mano ai suoi nemici

La prima agonìa: — l’agonìa del cuore… — Gesù vuole egli stesso anticiparsi spiritualmente i tormenti: — quindi abbandona l’anima sua alle più mortali angosce. — Angosce di timore: — prevedeva tutto ciò che gli si preparava:; — umiliazioni — spasimi — agonie… — lo prevedeva tutto insieme — lo prevedeva con piena vivezza dolorosa! — Angosce di avversione profonda e disgusto: — prevedeva l’ingratitudine — sentiva tutto lo schifo dei peccati del mondo, cui voleva espiare! — Angosce di estrema mestizia: — vedeva che, nonostante la sua Passione e Morte, innumerevoli anime erano precipitate — e precipitavano — e continuerebbero poi a precipitar nell’inferno! — Vedeva ancora i suoi eletti perseguitati dagli empi in ogni tempo — e con quanta acrimonia!

La dolorosa preghiera. — Qual riparo cercò Gesù a quell’immane amarezza — che lo gittò in sì fiera agonia da spremergli — vivo ed abbondante — tutto un sudore di sangue? — La preghiera! — E fu preghiera riverente — la fece prostrato, prosteso in terra! — Fu preghiera semplice — iterò per ore la stessa richiesta! — Fu preghiera rassegnata — la domanda fu sempre subordinata al volere dell’Eterno Padre! — Fu preghiera costante — Gesù la proseguì sino ad alta notte — e sin quasi al sopravvenire di Giuda! — Fu preghiera feconda -—- fruttò a Gesù la discesa di un Angelo dal Cielo — mandatogli dal Padre per confortarlo — È così che preghiamo noi?

La cattura ignominiosa. — Al sopravvenire degli armati che dovevano arrestarlo, Gesù va loro incontro — spontaneamente: — che bontà per noi! — Fa anche ripetuti miracoli — per aprire ad essi gli occhi — e prevenirne il peccato: — che bontà anche per loro! — Ma tutto fu inutile; — indurati nel male — osarono inferocire contro il Salvatore del mondo — il Figliuolo di Dio! — Che satanica — fatale ostinazione! — E Gesù — mite Agnello tra i lupi furiosi — loro s’abbandona.

E gli Apostoli? —

Una delle fitte più penose al Cuore SS. di Gesù nel Gethsemani fu la condotta usata verso di lui dagli Apostoli — dai quali — dopo tante sue cure verso di loro — dopo tante loro dichiarazioni e promesse — era in diritto di attendere ben altro!…

Giuda. — L’ingrato! — Gesù l’aveva voluto tra gli Apostoli — con vocazione sublime: — ed egli la profanò! — Gli aveva affidato il poco denaro del Collegio Apostolico: — ed egli ne abusò! — Gli aveva dato il dono dei miracoli: — ed egli, salvatore così di altri, riuscì a perdere se stesso!… — Il cinico! — Gesù paternamente l’avvisa — prima con delicatezza — poi con severità — infine con tenerezza accorata… — ed egli, duro! — Tradisce — col bacio — fattosi guida ai manigoldi — e tutto di sua propria iniziativa! — Il disgraziato — Fatto il colpo — Satana lo terrorizza col fiero rimorso; — e Giuda — pur ricreduto — pentito — dimentica la Divina Misericordia Infinita — e si uccide! — Com’è tremendo l’abuso della grazia!

I tre privilegiati… — Sono Pietro — e i due fratelli, Giacomo — e Giovanni: — i tre testimoni della trasfigurazione di Gesù — nonché della risurrezione della figlia di Giairo. — Anche nel Gethsemani Gesù li privilegiava — scegliendoseli a speciali consolatori — e confidenti — nelle sue tanto terribili agonie… — Ma non ne capirono il esto pieno di tenerezza — né il susseguente affettuoso rimprovero — e si lasciarono vincer dal sonno — invece di vegliare — e pregare — come Gesù domandava! —

Povera fiacchezza umana! — Quanto non abbisogna di essere rinfrancata dalla preghiera — agguerrita dalla mortificazione — presidiata dalla vigilanza! Tutti gli undici Apostoli… — Visto Gesù arrestato — fuggono tutti! — Che schianto al Divin Cuore di Gesù — innanzi a tanta viltà — e poca fede! — E ciò dopo tre anni di vita intima con Lui — dopo vistine tanti miracoli — dopo tante proteste d’essergli fedeli sino alla morte — dopo le tante esortazioni fatte loro da Gesù di portare la croce dietro di lui! — Eppure, Gesù li compatisce — e ne procura — efficacemente — l’incolumità — mentre va alla morte per loro! — Che differenza tra la condotta di Gesù per gli uomini — e quella degli uomini con Gesù!

Un primo iniquo processo. — Gesù — dopo la sua cattura — dalla furia dei manigoldi viene trascinato giù dall’oliveto sino al torrente Cedron — e poi è fatto risalire al monte Sion — ove s’aduna il Sinedrio. — L’attendono Scribi e Farisei — agognanti la loro Vittima!

In casa del vecchio Anna. — Gioia ferina provò quel capo dei Sadducei — in vedersi innanzi legato Gesù! — Ma… riderà bene chi riderà l’ultimo! — Però Anna non aveva autorità d’interrogare Gesù: — quindi il Divino Maestro elude le sue domande fuori di posto: — il presunto reo mostra già che un giorno il Giudice sarà Lui! — Per questo un soldato dà uno schiaffo a Gesù, come ad un impertinente: — che dolore — e che affronto per Gesù! — Eppure, Gesù. compatendo alla sua grossolanità ed ignoranza, non lo fulmina: — soltanto lo corregge dolcemente.

In casa del Pontefice Caifa. — Là sedeva il Sinedrio — convocato per la circostanza — in notte piena. Quanto impegno nei cattivi per il male — mentre i buoni ne hanno sì poco per il bene! — S’istruisce il processo; — ma non si riesce ad avere deposizione giuridica contro Gesù! — Figurarsi! — Era la stessa innocenza — la santità in persona! — Allora Caifa scongiura Gesù a dichiarare, se Egli sia davvero il Figlio di Dio: — e Gesù l’afferma con tremenda solennità… — Ancora una grazia a quei ciechi, per convertirli! — E come vi rispondono? — Col condannare Gesù, quale reo di morte!

Tra i lazzi della soldataglia. — Dalla sala del Sinedrio fu allora Gesù tratto a uno stanzone — dove i soldati presero a schernirlo — e a percuoterlo e sputacchiandolo

– e trattandolo da profeta da strapazzo. — Tristo giuoco – e doloroso — contro ogni diritto — e che sembra durasse parecchie ore! — Quanto non n’ebbe a patire Gesù —

tanto mite e delicato — nella piena coscienza della sua grandezza divina – e dell’immenso debito di riconoscenza che gli avevano quei miserabili! — E soffriva tanto anche per la dannazione alla quale si avviavano!

Le negazioni di S. Pietro. —

Gesù tollerava — in mansueto — e insieme maestoso — silenzio — tanto l’insulto di quella sedicente procedura legale — quanto i lazzi — e le percosse — di quella malnata sbirraglia; — c’era da attendervisi! — erano nemici! — Ma la defezione di un Pietro che lo rinnega — e giura e spergiura di neppure conoscerlo! — Che strazio per Gesù!

Lo sdrcciolo… — Ma come mai il Principe degli Apostoli — il privilegiato discepolo di Gesù — l’araldo ispirato della sua Divinità — si ridusse a tale estremo? — E vi si ridusse dopo i tanto chiari preavvisi di Gesù medesimo? — Ecco come fu preparata la fatale caduta: — fu predisposta dalla presunzione, mostrata da Pietro nel Cenacolo: — dalla mancanza di preghiera, trascurata da lui nel Gethsemani — dalla temerità dell’esporsi da sé all’occasione pericolosa — là nell’atrio — anche dopo la sua fuga codarda…

La caduta. — Fu rovinosa! — Che distruzioni nella povera anima di Pietro! — Passava di tratto dalla dignità di Apostolo all’abbiezione del rinnegato — dell’apostata; — da paladino di Gesù — quale s’era atteggiato nel Gethsemani — passava ad essere un disertore, nel campo nemico! — Fu obbrobriosa — quanto il cedere le armi alle chiacchiere di due fantesche — e quanto è di maggior ignominia la ricaduta molteplice — che non un primo errore incorso quasi per sorpresa. — E quanto non fu penosa a Gesù!

La conversione. — Meno male che — all’opposto di Giuda — Pietro, non solo si pentì — ma confidò d’ottenere il perdono. — Passò Gesù presso di lui — tra i soldati — e lo guardò pietosamente — ricordandogli così la profezia che gli aveva fatta: — era proprio avvenuto che, avanti il secondo canto del gallo, Pietro rinnegasse il suo Divino Maestro — per ben tre volte! — Tutto dunque umiliato — fuggì dal luogo della sua colpa — si raccolse a piangerla amaramente — pensando al modo di ripararvi — e di farla dimenticare a Gesù!

Gesù al Pretorio di Pilato. —

Condannato dalla Sinagoga giudaica — e, per lei, dal Sinedrio — il gran Tribunale nazionale e religioso — Gesù vien tradotto a Pilato — a subirvi la condanna del Tribunale civile — e del potere straniero. — Che umiliazione per Gesù!

La malignità degli accusatori. — Che ipocrisia quella dei Giudei — in non volere entrare nel Pretorio pagano, per non contaminarsi — mentre non indietreggiavano innanzi allo stesso deicidio! — Che iniquità nel calunniare Gesù per sedizioso — antagonista di Cesare — bestemmiatore — quando di tali imputazioni non potevano addurre alcuna prova! — E che cecità in non avvertire che essi stessi comprovavano la venuta del Messia — col confessare d’avere perduta l’indipendenza — con quel loro ricorso a Pilato!

La vigliacca remissività di Pilato. — Egli ben capisce la montatura giudaica contro Gesù: ma — vigliacco — non ha il coraggio delle sue convinzioni: — prevaricatore — viene poi meno all’integrità doverosa del suo ufficio — tradendo la giustizia; — con ciò stesso si macchia di crudeltà — e di omicidio — mandando a morte Gesù innocente — ad onta di tutte le sue velleità di salvarlo! — Né giovano le mansuete attrattive di Gesù — né le sue divine — e tanto espressive — parole — né gli avvisi misericordiosi della consorte — né i rimorsi della coscienza. — Quant’è duro — e fatale — il giogo delle passioni!

La longanimità del Divino Paziente. — Che fa Gesù contro; la calunnia? — Tace! — E contro la malignità provocatrice? — Perdona! — E contro l’inqualificabile irresolutezza di Pilato? — Paziente, gli moltiplica chiarimenti e stimoli! — E contro i brutali maltrattamenti dei manigoldi — le imprecazioni della plebaglia — gli amari motteggi dei curiosi affollati sul suo passaggio? — Nessuna reazione! — Tutto accetta dalla mano del Padre! — Ed era l’Innocente! — il Salvatore! — il Figlio di Dio! — Quanto non abbiamo da imparare!

Dal Pretorio di Pilato alla Reggia di Erode. —

Pilato — impensierito dalla solenne affermazione di Gesù di essere Re — sempre più convinto dell’innocenza di Lui – coglie a volo l’accenno alla Galilea, fatto dalle turbe — per rimettere la causa di Gesù nelle mani di Erode — e liberarsene.

Le mezze volontà di Pilato. — Egli avrebbe dovuto, senz’altro, liberare Gesù — conoscendone l’innocenza: — e non già rimettere la causa di lui ad altre mani. — E che premio ne avrebbe avuto dal Divin Salvatore! — E invece? — Tergiversando — giocando di politica — volendo liberare Gesù — e insieme non volendo averne l’aria — se ne rimette ad Erode. — E non riesce a nulla! — Persuadiamocene pure: — la vittoria — e il conseguente trionfo celeste non sono dei pigri, — che vogliono e non vogliono: — ma dei risoluti, — che vogliono — e vogliono a qualsiasi costo — obbedire a Dio — e salvarsi l’anima!

I futili desideri di Erode. — Desiderava vedere Gesù: — e sarebbe stata l’ottima cosa — se l’avesse desiderato per fare onore a Lui — e giovarsi delle dottrine di Lui — e avere dalla grazia di lui i sussidi opportuni — a salute dell’anima propria. — Viceversa agì per curiosità frivola — ingiuriosa a Gesù, quasi fosse un giullare; — laonde, non secondato, la mutò in torvo dispetto — che culminò nell’insulto a Gesù — trattato da pazzo da tutta la Corte e da tutto l’esercito — e così rinviato ignominiosamente a Pilato!

La diabolica ostinazione giudaica. — Vediamo le corse di quei ciechi nemici di Gesù — dal Sinedrio al Pretorio — poi dal Pretorio ad Erode — e poi da Erode nuovamente a Pilato — instancabili — pur di rovinare Gesù — accaniti nel calunniarlo — furibondi nel domandarne la morte: — proprio mentre per Gesù non si leva nessuno — non si ode una voce — non si muove un dito! — E Gesù, quanto non sente questa cattiveria degli uni — e quest’inerzia degli altri! — Anche oggi gli empi imperversano: — e i buoni che cosa fanno? — E tu? — Che fai?

La meditazione della Passione di N. S. Gesù Cristo. (2)

(GIULIO MONETTI: La Sapienza cristiana, vol. II, p. s. – Unione tipo. Tor. 1949)

Gesù è posposto a Barabba. —

Erode rinviava Gesù a Pilato: — la Divina Misericordia offriva nuovamente a Pilato l’occasione di fare — meglio tardi che mai! — il bel gesto di liberar l’Innocente — riparando anche il torto già fattogli: — ma Pilato — recidivo! — rifiuta ancora una volta!

L’ignominioso confronto. — Anche se la nuova sua trovata fosse riuscita a quel giudice iniquo, — che torto non era essa per il Divino Maestro! — Lo si sarebbe liberato, – ma soltanto a titolo di grazia immeritata: – mentre la libertà gli si doveva a titolo di pretta giustizia! — Inoltre, con chi si confrontava l’Agnello Divino Immacolato? — Con un violento ladrone — con un sanguinario omicida — con un ribelle pericoloso — che — ad onta di tutto — si sarebbe rimesso in… circolazione! — Miserabile giustizia umana, quando si dimentica del trollo di Dio! — E, poveri noi, se unicamente ci fidassi ad essa!

L’urlo selvaggio della piazza. — Con tuttociò, se si ascoltava la ragione — era Gesù che doveva andar libero: – l’innocente era Lui — Lui inoltre il benefico taumaturgo – lui il maestro insuperabile di bontà — lui l’inviato da Dio — acclamato cinque giorni prima dall’intera Gerusalemme! — Ma si ascoltò la passione cieca — impulsiva – sobillata dai furbi — rappresentata dalla feccia del popolo: — e questo gridò il suo crucifige! — sfacciato — idiota — feroce — contro Gesù! — Davvero che Gesù poteva dolorosamente ripetere le profetiche parole di Michea: — « Popolo mio, che cosa mai ti ho fatto di male? ». — E non potrebbe ridirle anche a noi — quando pecchiamo?

Barabba in libertà. — Insperatamente Barabba ricuperava la libertà — da parte degli uomini: — ma, da parte di Dio? — Non per questo veniva pregiudicata la sua condanna al Divin Tribunale! — E il suo stesso nome passò ai posteri come simbolo ignobile del farabutto e del sovversivo! — Ma intanto? — Siamo avvertiti di rettificare la nostra intenzione nell’esercizio della virtù — sicché ce ne attendiamo i premi da Dio — non dagli uomini! — E insieme, niente paura del momentaneo trionfo del male! — Iddio ci farà giustizia a suo tempo: — né ci troveremo davvero scontenti d’averlo servito!

Gesù sottoposto alla flagellazione. —

Il secondo mezzuccio di Pilato per liberare Gesù era dunque tornato inutile anch’esso: — ne peggiorava anzi la posizione. — Pilato allora tenta uno sforzo: — ma purtroppo contro Gesù — e anch’esso vano — quanto a salvarlo!

Il disonore della flagellazione. — Quel terzo mezzo — dopo l’invio ad Erode — e dopo il confronto con Barabba — fu flagellarlo. —- Pensò così di placare i Giudei — in vederlo così sfigurato — e insieme di mostrare di non averlo voluto liberare senz’altro — e così mettersi a coperto da sospetti politici. — Anche qui l’innocente veniva trattato da reo con palese iniquità: — inoltre lo si trattava da schiavo — privo d’ogni diritto civile al rispetto ed all’incolumità: — lo si trattava anzi da bestia — incapace di ragione — epperò da assoggettarsi a colpi di frusta — di verghe — di bastoni! — Povero Gesù!

Lo strazio della flagellazione. — Ed oltre all’ignominia infame di tal supplizio — s’aggiungeva qui per Gesù un tormento indicibile; — giacché il suo corpo era assolutamente perfetto — e quindi della sensibilità e delicatezza più viva. — Di più, era fatto apposta per patire — attesa la sua missione di vittima per i peccati del mondo. — Immaginiamo lo scempio che i carnefici ne fecero — col loro cuore spietato — colle loro braccia nerborute — coi loro strumenti terribili! — chissà per quanto tempo: – anche se non abbiano avuta apposita consegna di vieppiù incrudelire — per più facilmente disarmare i Giudei! — Che lividure, in Gesù! — che sangue! — che orribili piaghe! —. Povero Gesù!

Il vero motivo della flagellazione. — Quella furia di colpi scaricatasi sul Divin Salvatore — se si dovette materialmente ai manigoldi — e ufficialmente all’iniquo comando di Pilato — ha però radicalmente una doppia causa recondita: — l’amore di Gesù per noi — poiché Gesù proprio per noi volle subir quegli spasimi: — ed i nostri peccati, — i quali Gesù volle così espiare: — e specialmente i peccati di sensualità. — Ah se gli uomini – ed anche le persone pie — pensassero a quanto costarono a Gesù Redentore gli eccessi disordinati — e gli scatti inconsulti delle nostre passioni, — e le renitenze ai divini voleri! — E se si ricordassero più spesso che Gesù ci amò sino al sangue!

Gesù coronato di spine. —

Agli orrori della flagellazione ordinata dal Preside Romano, i soldati aggiungono di proprio moto altri orrori — altri ludibri: – consideriamoli in ispirito di compassione — e di compunzione – tenendo compagnia a Gesù in ora così dolorosa!

Gesù camuffato da re da burla. — Niente impietositi del povero Gesù — fatto tutto una piaga sanguinolente per l’orribile flagellazione — i militi romani lo spogliano di nuovo — riaprendogli ed esasperandogli le ferite collo strappargli di dosso le vesti già ad e rapprese — e gli gittano sulle spalle una clamide purpurea — gli pongono in mano una canna — gli calcano in capo — come reale diadema — una celata di spine; — poi lo sbeffeggiano, a gara, genuflettendogli innanzi — salutandolo per Re dei Giudei — finendo la schifosa tregenda con sputacchiarlo — strappargli di mano quel misero scettro di canna — dandoglielo violentemente sulle spine del capo… — Che umiliante afflizione per Gesù — fatto zimbello di quei 500 scherani — che gli si accanivano attorno! Gesù coronato Re dei dolori! — Che fitte dolorosissime non dovette provare Gesù — a quei duri e ripetuti colpi di canna — nelle tempia — sulla fronte — nel cranio — al penetrargli quelle spine la pelle — nello scalfirsene le ossa in tanti punti! — E quante altre percosse ed urti doloranti non avrà Egli dovuto sopportare da quei malnati in quell’ora infernale! — vero Agnello dato in istrazio alla ferocia di lupi aizzata da satana, il maligno, l’omicida. — Compatiamo col più vivo affetto al patire indicibile di Gesù nostro — vero Re dei dolori — e risparmiamogli ogni nuova trafittura di nostri peccati! Salutiamo Gesù, nostro Re d’amore! — Ben se lo merita, – dopo tanto obbrobrio — da Lui incontrato — proprio per noi — volontariamente — e dopo tante torture da Lui subìte — anche per causa nostra: — e, non temiamo di aggiungerlo per la verità, anche dopo tante ingratitudini da noi moltiplicategli, purtroppo, nel corso della nostra vita! — E più lo vediamo svilito dai suoi nemici — e più saturo di pene e di vituperi — stringiamoglici attorno vieppiù amorosamente — gridandogli il nostro più fervido: — « Viva Cristo Re! ».

Ecce homo! ”. —

A stroncare la farsa crudele — inscenata dai soldati — venne forse un ordine di Pilato, di ricondurgli Gesù — quale era ridotto nelle condizioni più pietose. — E Pilato lo presenta al popolo — così com’era — tutto lividure e sangue — colla corona di spine in capo — con quello straccio di porpora sulle spalle… — E disse al popolo: — « Ecco l’uomo! ».

« Ecce homo! ». — Ecco il bel lavoro fatto dai nostri peccati! — Non dimentichiamolo mai! — Se Gesù patisce — e patisce tanto — la colpa ne è nostra! Noi col peccato, abbiamo talmente irritata la Divina Giustizia — da non averne perdono — se non era il gemito — la supplica — del Figlio stesso di Dio — dissanguato per noi! — Impariamo pertanto a capire che cos’è il peccato – ad aborrirlo — a fuggirlo — come il peggiore dei mali. – poiché va a colpire lo stesso Dio — nella persona abile di Gesù Cristo! — E non solo fuggiamo il peccato – ma anche i pericoli di peccare!

« Ecce homo! ». — Ecco sin dov’è giunto l’amore di Dio per noi! – Dio Padre ci ha amato tanto da sacrificare — pur di redimerci — il suo stesso Figlio Unigenito! – Dio Figlio ci ha amati tanto da volersi tutto sacrificare per noi — abbandonandosi ai vituperi ed alle carneficine – proprio perché noi n’andassimo salvi — pur avendoli meritati le mille e mille volte colle nostre colpe! — E Dio Spirito Santo ci ha tanto amati da mettere a nostra disposizione i meriti infiniti di Gesù Cristo — mercè le SS. Messe — i SS. Sacramenti — e le sue grazie divine! — Quanta bontà!

« Ecce homo! ». — Ecco il divino modello da imitare! — Se vogliamo affermare il nostro amore a Dio — non soltanto a parole, ma a fatti — ecco sino a qual punto dobbiamo giungere — se Dio lo richieda: — sino al martirio del cuore — dell’onore — dello stesso corpo! — Se vogliamo sapere come si obbedisca al Signore — ecco il tipo al quale ispirarci: — all’obbedienza di Gesù all’Eterno Padre — la quale non indietreggiò innanzi all’umiliazione più cocente — né ai patimenti più efferati! — Se vogliamo vedere come si debba intendere l’apostolato serio – fattivo — travolgente — eccone l’ideale: — sacrificarsi!

Il Sacrificio del Calvario. — L’indegna fiacchezza di Pilato — che voleva coi suoi meschini espedienti eludere l’odio giudaico contro Gesù — vistesi chiudere ad una ad una tutte le vie — cedette finalmente agli assalti; — e, condannando Gesù, condannò pure l’indegno suo giudice — il vilissimo Pilato.

Gesù condannato alla crocifissione. — Pilato pronuncia l’iniqua condanna: — quindi non lo scuserà dal deicidio il suo lavarsene le mani in pubblico — e il suo dichiararsene innocente! — Neppure lo scuserà dal tradimento del suo dovere di giudice imparziale il timore incussogli per istornarnelo: — con gli onori devonsi accettare anche gli oneri annessi! — Infine, non si assicurerà neanche il favore di Roma; — presto deposto e bandito, espierà già qui in terra l’immane sua colpa! — « Farina del diavolo ritorna in crusca! ».

Gesù s’avvia alla crocifissione. — Carico del peso opprimente del suo patibolo — tuttoché così piagato e sfinito — Gesù porta volentieri la sua croce — che gli sarà altare per il suo sacrificio al Padre — e chiave per aprire a noi il Paradiso — e cattedra suprema onde insegnarci ogni più eletta virtù. — Per via lo si strapazza — lo s’insulta — lo si percuote: — e Gesù tace! — Lo salutano col pianto la SS. Vergine e le pie donne: — e Gesù ne accetta l’ossequio pietoso! — Il Cireneo l’aiuta: — e Gesù prepara a lui e ai suoi figli le sue grazie riconoscenti. — Quant’è buono Gesù — anche se saturo d’amarezze! Gesù subisce la crocifissione. — Giunto sul poggio del Golgotha, — con stento immenso — Gesù è spogliato — con nuovo strazio delle sue ferite — poi adattato dai manigoldi alla croce — indi pesanti martellate sui chiodi conficcano questi nelle mani e nei piedi… — E così, sul mezzogiorno — nell’affollamento delle solennità pasquali — quando pellegrini d’ogni paese ne avrebbero riportata l’infamia sino ai confini del mondo. – Gesù appariva crocifisso tra due ladri — quasi loro capobanda: – con sul capo la sarcastica scritta: — « Re dei Giudei. — Potevasi scendere più basso per la via dell’abbiezione? — per la via dello spasimo atroce? — E | vi si rassegnò per noi! — Per noi, sue povere creature! — Per noi, suoi servi inutili. — Per noi, offensori ingrati!

Le parole del Divino Agonizzante… — Sacre parole quelle d’un morente — d’un morente divino — del nostro Supremo Benefattore e Padre — del Redentore e Maestro dell’umanità!

C’è la parola del perdono — invocato sui crocifissori – e che si spinge sino a scusarli al Padre… — Che bontà non ci rivela in Gesù! — Che fiducia non c’ispira! Che contrizione non deve eccitare in noi — vedendo la bontà di chi abbiamo offeso.

C’è la parola della magnificenza — che mostra in Gesù Crocifisso il Dominatore del Cielo e della terra — e c’è l’afferma altresì Consolatore efficace del povero convertito — e Rimuneratore generoso dell’ossequio fiducioso di Lui. — Neanche noi ci volgeremo invano a Gesù — né sarà per noi vano il secondarlo — il seguirlo – il compiacerlo!

C’è la parola della tenerezza — di Gesù morente, per la sua Vergine Madre — e per Giovanni, il prediletto, ch’è tornato a Lui… — Essa ci deve infervorare ad onorare anche noi Maria SS. – che allora appunto divenne Madre nostra. — Insieme deve animarci, sia alla passione per Gesù appassionato — sia alla riparazione delle nostre colpe…

C’è la parola della desolazione — strappata a Gesù dal suo immenso patire! — Ch’essa ci spinga a consolarlo col nostro amore operoso; — insieme ci avverta che il nostro gemito — anche più trangosciato — non deve avere altro suono che di preghiera!

C’è la parola del desiderio — di Gesù, riarso dalla sete — corrisposta dai soldati con aceto e fiele! — Da noi invece dovrà corrispondersi coll’amore — e collo zelo — dacché esprimeva — oltre la sete fisiologica — anche la sete morale di affetto — e di anime!

C’è la parola della costanza vittoriosa — che proclama assolto il proprio mandato — e già preannunzia il trionfo del Salvatore. — Preghiamo — e procuriamo di ripeterla anche noi — sia al termine della nostra vita mortale — sia allo spirare d’ogni nostra giornata. — L’ubbidire a Dio: — ecco per noi la perfezione — la grandezza — la vera felicità!

C’è la parola del filiale abbandono… — Oh fiorisca sulle nostre labbra — rassegnata — affettuosa — confidente — come sulle labbra di Gesù — anche nei momenti più foschi della nostra esistenza — anche nel crollare di tutte le nostre umane speranze! — Gettiamoci nelle braccia del nostro Padre Iddio: — non si ritrarrà indietro — a lasciarci

precipitar nell’abisso!

Contemplando Gesù Crocifisso. — Come la cristiana predicazione — e come la sacra liturgia sono impregnate del ricordo di Gesù Crocifisso — così dovrebb’esserne impregnata la nostra vita cristiana — per alimentarne in sé lo spirito di sacrificio.

Pensiamo a Gesù morto! — Non doveva morire — Perché era il Santo dei Santi — e la morte entrò nel mondo per la porta del peccato! — Ma bastò che Gesù si fermasse l’ombra del peccato — non suo — ma da lui preso ad espiare — perché, nascendo alla vita in Betlemme — nascesse insieme alle espiazioni del Golgotha! — Oh come dobbiamo aborrire la colpa! — E attraverso la morte del corpo — cui la morte sfigura — e gitta nell’inerzia — e nell’impotenza — sappiamo intravvedere i guasti del peccato nell’anima — spenta da esso alla vita soprannaturale – deformata mostruosamente innanzi a Dio — incapace, da sé di riaversi!

Pensiamo a Gesù, morto svenato in croce! — A tanto di crudeltà giunsero contro di Lui l’invidia e la malizia umana — ad onta dell’ineffabile sua amabilità personale – della sua divina grandezza — dei benefici innumerevoli da Lui irradiati attorno a sé — dell’essere Egli spontaneamente sceso di Cielo in terra — e farsi nostro fratello!

— Oh come dobbiamo umiliarci — e domandargli perdono della nostra efferata ingratitudine! — del nostro egoismo crudele — pronto a martoriare Lui — pur di scapricciare sé!

Pensiamo a Gesù, morto — in croce — svenato — proprio per noi!

Mentre Gesù soffriva — e tanto orribilmente – ciascuno di noi, in persona, era presente a lui — ed Egli — proprio per ciascuno — singolarmente — offriva i propri tormenti — le proprie agonie — per amore — in espiazione. — Ecco il posto che ciascuno di noi occupa nel Cuore SS. di Gesù! — E che posto occupa Gesù — Gesù Crocifisso — morto proprio per noi — nel nostro cuore? — Faremo noi mai abbastanza — non già per adeguare — ma anche solo per emulare — il suo amore per noi?

La sepoltura di Gesù. — A rendere innegabile a tutti la sua morte — e quindi incontrastabile il gran miracolo della sua prossima risurrezione — la divina Salma di Gesù rimase in istato di morte sino al terzo giorno: — quindi nei suoi fedeli il pensiero di seppellirla. — Ma, secondo le profezie — la sua sepoltura non fu come

le altre…

Fu una sepoltura gloriosa. — Anzitutto essa avvenne decorosamente — contro ogni aspettazione umana — trattandosi d’un giustiziato — anzi, d’un crocifisso — condannato al supplizio estremo a furor di popolo — e sentenziato a morte da tutti i tribunali del luogo. — Chi si sarebbe dovuto più curare di Lui? — dell’infame. secondo i pagani? — del « maledetto », secondo i Giudei? — Viceversa, ecco muoversi Giuseppe d’Arimatea — gentiluomo autorevole — per le pratiche legali, presso Pilato, per la consegna della Salma — e inoltre per regalargli il proprio sepolcro nuovo — e per procurargli la sindone funeraria; — ecco Nicodemo — altro autorevolissimo Sinedrita — portare aromi in abbondanza — e dar mano alla deposizione -. senza rispetti umani!

Fu una sepoltura riparatrice. — L’insinuò Zaccarìa Profeta (12, 10) — e difatti Giuseppe e Nicodemo ripararono così al rispetto umano, che li aveva tenuti più o meno lontani da Gesù vivo. — Parimenti l’affetto delle pie donne — unitesi con Maria SS. e con San Giovanni Apostolo nelle cure funebri — fu doverosa e delicata riparazione del vuoto morale fattosi attorno a Gesù dal momento della sua cattura. — E le lacrime di Maria SS. su ciascuna delle piaghe di Gesù morto, non furono preziosissima riparazione dei lazzi farisaici — delle torture inflitte a Gesù?

Fu una sepoltura provvisoria. — Lo si sentiva nell’aria — dopo le meraviglie avvenute in morte del Redentore — che le cose non dovevano finir lì — e che quella tomba doveva maturare grandi avvenimenti — anche se non si osasse pensare alla risurrezione. — Tutti avevano viste le fitte tenebre universali che avevano adombrate

le agonie di Gesù — tutti avevano avvertito il gran terremoto avvenuto allo spirare di Lui: — il terrore aveva pervaso e il popolo e i soldati abbandonanti il Calvario — e persino nel Tempio, sacerdoti e leviti e sacrificanti erano rimasti atterriti per il misterioso squarciarsi da cima a fondo del velo del Santuario… — Erano i prodromi della risurrezione! — Al terzo giorno, quel Corpo divino — sacro tempio del Dio vivo — doveva venire ricostituito!

L’Anima di Gesù in festa… — Mentre ancora la Salma adorabile del Divino Agnello svenato pendeva dalla croce – l’Anima di Gesù — già pienamente beata — subito entrò

in pieno possesso della gloria immensa — che s’era guadagnata con la sua dura passione. — Che festa per lei!

Festa in Paradiso. — Che festa non le avran fatta l’Eterno Padre e lo Spirito Santo — per la piena vittoria riportata sul peccato — e sull’inferno — com’anche per il pieno — esuberante — infinito compenso dato alla Divina Giustizia! — Che festa le avranno fatta eziandio gli Angeli — umiliandole gli ossequi delle loro gerarchie! — E che festa ancora — nel suo intimo — sarà stata la sua — mirando dalle altezze sideree smisurate la tanto piccola nostra terra — e su questa terra il tanto più piccolo Calvario — e, sul Calvario, la Croce-Altare ancora cruento del grande Sacrificio! — Com’era giubilante del grande atto compiuto!

Festa al Limbo dei Ss. Padri. — Dopo umiliati all’Eterno Padre i trofei della sua vittoria — la beata anima di Gesù cominciò la bella parte di consolatrice — iniziandola col beatificare le anime dei SS. Padri trattenute nel Limbo — in solo comparire in mezzo a loro. — Figuriamoci il tripudio dei Patriarchi — dei Profeti – dei Sacerdoti — degli Antenati del Redentore! — E la gioia di S. Giuseppe? — e quella del Battista, quella del ladro convertito, sopravvenuto in breve? — Chi può descriverla? — Meritiamo anche noi — com’essi — che il nostro primo incontro con Gesù nell’eternità sia incontro rassicurante — beatifico!

Festa al… Calvario. — Immaginiamo tutte quelle anime glorificate — condotte dall’Anima di Gesù al Calvario — a contemplarvi il suo sacro Corpo esangue — la Croce — i chiodi — la terra — tutto ancor rosseggiante del prezzo del nostro riscatto. — Che inni di ammirazione — e di riconoscenza — non avranno là iterati quegli spiriti eletti al Divino loro Salvatore — che tutti gli aveva redenti — a tanto suo costo! — e per sempre! — strappandoli alle tremende maledizioni divine! — Uniamo ancor noi la

nostra voce a quei canti — pregando d’iterarli un giorno nel Cielo!

QUARESIMALE (XXXV)

QUARESIMALE (XXXV)

DI FULVIO FONTANA

Sacerdote e Missionario
DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

Venezia, 1711. – Imprim. Michel ANGELUS Præp. Gen. S. J. – Roma 23 Aprile 1709)

IN VENEZIA, MDCCXI (1711).


PREDICA TRENTESIMAQUINTA
Nella Feria desta della Settimana Santa.


Nella Passione del Redentore si dimostra la gravezza del peccato mortale.


Passio Domini Nostri Jesu Christi

Ahi, Ahi, che vedo? Sacre pareti, e perché vi rimiro spogliate d’addobbi, prive di
luce, e ricoperte di lutto? E perché senza arredo, e senza Sacrifici gli altari? Già sentii flebile il vostro canto o addolorati Sacerdoti; e che strane mutazioni son queste? Ma e dove è il mio Cristo? Io qui non lo vedo, privo di Lui, se Egli non mi assiste, come potrò proferir parola? Non avrò lingua che valga, spirito che possa. Deh Ministri riveriti del Tempio rendetemi l’amoroso mio bene: deh non tardate! Ahimè non v’è Gesù, sento rispondermi dallo sconsolato Clero, è morto Gesù! Morto Gesù? Misero, e che farò? Infermi, siete privi di medico, è disperata la vostra salute. Figli, deplorate pure la perdita del vostro Padre. Eccovi o vassalli senza sovrano, senza duce ai soldati. Eccovi tutti a guisa di pecorelle smarrite senza Pastore Divino. Qual sarà dunque il mio rifugio tra tante turbazioni? Non gli Apostoli, perché accorati li vedo posti in fuga; non gli Angeli, perché addolorati spargono lagrime; non la Vergine, perché trafitta nel cuore da duolo acutissimo; non l’Eterno Padre tutto intento a scaricar le pene de’ peccatori sopra l’innocenza del Figlio. Tu sola mi resti o croce amata. Tu sarai per me arca di salute, portandomi sicuro fra l’onde del Sangue d’un Dio morto per me, morto per noi. Tu colonna di fuoco, guidami senza inciampo, ed a guisa di mosaica verga, aprimi sicuro il sentiero nel Mar Rosso del Sangue Divino. Quei chiodi trafiggano l’animo de’ peccatori; quella spongia zuppa di fiele gli faccia conoscere il tossico del peccato; quei martelli spezzino il lor cuore indurato nelle colpe; servano le corde per raffrenar le passioni, la lancia uccida i vizi, e quel vivo Sangue grondato dalle vene di Gesù, esiga balsamo di lagrime veramente penitenti dagli occhi di quanti m’odono. O Crux Ave spes unica, hoc passionis tempore, piis adauge gratiam, reisque dele crimina.

Passio Domini Nostri Jesu Christi.

Voci di poche parole, ma che? Ogni lettera è una pena, ogni sillaba è una spada, ogni parola è una carneficina. Ascoltanti per narrarvi la dolorosissima passione e morte del Redentore, vero parto delle nostre iniquità, che vale a dir la più funesta tragedia, che mai si rappresentasse dal mondo, e fu sì strana che necessitò tutta la natura a partorir inauditi portenti. Il Sole addolorato si ritirò lasciando tra le tenebre il mondo. Si spaventarono scossi da fieri terremoti per compassione gl’interi monti di durissimi macigni, e le pietre stesse par che lacrimassero per il dolore. Or quando a me non riesca questa mane con un simile racconto farvi conoscere la gravezza del peccato mortale, converrà che io dica di voi: o vivete senza fede, o campate senza cervello, e di me converrà asserire col filosofo, oleum, operam perdidi. M’accingo dunque all’opra, e vi rappresento la gravezza del peccato col farvelo vedere punito da Dio non già in un mondo di scellerati affogati nell’acque del diluvio: non nelle Pentapoli, ridotto d’iniquità e perciò incenerita dal fuoco che miracolosamente cadde dal cielo; non nelle pestilenze che arrivarono ad uccidere trentamila persone in un sol dì; ma nel suo Unigenito Figliuolo, non perché sia peccatore, poiché peccatum non fecit, ma perché è Egli pagator della pena per i nostri peccati. Grande Iddio, che grande enormità bisogna che sia questo peccato, mentre Voi non solo lo volete punito nel vostro innocentissimo Figlio, ma punito altresì con tormenti acerbissimi. Peccatore, peccatrice, portati meco all’orto di Getsemani, e quivi attentamente rimira Cristo Figlio di Dio tutto mesto, tutto addolorato col cuor tutto in angosce, giacché cæpit pavere, tedere, et mestus esse. Ed odi il Profeta, che dice: attritus est propter scelera nostra, Egli è in tale stato per i nostri peccati. Ah peccato, maledetto peccato, tu dunque hai gettato con la faccia sul suolo, procidit in faciem suam, quel Monarca che dié l’essere a’ cieli vastissimi di mole, agilissimi di moto, che sopra vi sparse stelle fisse ed erranti in grandezza smisurata, in numero senza numero, in vaghezza bellissime. Tu dunque tieni prostrato a terra quel Signore che con un sol fiat formò una terra da ripartir in monti, da piegarsi in valli, da tendersi in pianure, e l’arricchì con selve, con miniere, con ogni specie di viventi. Quel Signore che con un sol fiat dié l’essere ad un mare fecondo di tanti pesci, padre di mostri, d’isole, di fiumi. Ah peccato mortale quanto sei grave, mentre abbatti nell’ombra tua quel Re che ben s’intitola: Rex Regum et Dominus Dominantium, quel Re che senza il di cui volere non batte palpebra animale che viva in terra, non guizza nell’onde pesce che vi nuoti, non spiega piuma augello che voli, e che con sole tre dita regge la gran machina dell’universo; né solo l’abbatti, ma tu sei quel che li cavi a viva forza sangue dalle vene distillato in sudori, ed in tal copia che ne scorre a rivi: Et factus est sudor ejus sicut gutte sanguinis decurrentis in terram. Voi vi stupite che la pena di Cristo nell’orto avesse tanto di forza da spremergli sudori di sangue, cesserà però la meraviglia, se rifletterete alle parole del Profeta: Dolor meus in conspectu meo semper, che nell’orto a Cristo gli si rappresentò tutta insieme la dolorosissima Passione, e questa gli portò tutta insieme un acerbissimo dolore. E perché meglio capiate la grandezza di questo dolore, figuratevi un poco la pena che avrebbe provato il re Baldassarre, il quale morì trucidato improvvisamente nel proprio letto a furia di pugnalate, se molto tempo prima si fosse sempre veduti avanti quei pugnali ignudi che gli si dovevano immergere nel seno. Così appunto seguì in Cristo, giacché nell’orto tutta in una occhiata vide la sua dolorosissima passione, flagelli, chiodi, disprezzi, strapazzi, croci, carnefici, ignominie e morti. O che pena! Miratelo dunque così asperso di sangue, mentre a me pare che a voi rivolto dica: Popule meus, quid feci tibi, aut quid molestus fui, responde mihi! Dimmi popolo mio, altrettanto ingrato, quanto amato, dimmi, in che ti offesi mentre tanto m’oltraggi con i peccati, fino a spremermi sudori di vivo Sangue. Miei UU., ecco il Figlio di Dio prostrato nell’orto di Getsemani, cioè a dire attraversato nelle strade peccaminose delle vostre colpe; voglio ora vedere se avrete ardir di porre il piè su questa faccia divina per passar a goder i vostri malnati piaceri. Interessato, passerai tu sul petto di Cristo, per arrivar’a quell’ingiusto guadagno. Vendicativo, passerai a calpestar Cristo per correre a danneggiar il tuo nemico. Sensuale non t’inorridisci di non metterti sotto pié Gesù, che ti sta dicendo: sopra di me hai da passar per andar a quella casa, a quel ballo, a quella veglia, a quegli amori, a quelle disonestà. – Appunto, i peccatori non odono, ed hanno gli occhi chiusi per conoscer la gravezza del peccato; onde è che l’eterno Padre, quasi che non bastasse aver punito il peccato con i sudori di sangue sparsi dal Figlio, vuol punirlo con maggiori patimenti, acciò più spicchi la gravezza del delitto. Ecco pertanto, che Giuda l’indegno, portatosi dagli scribi con bocca sacrilega si fa intendere, quid vultis mihi dare, ego eum vobis tradam. Ah Giuda sacrilego, che fai? Tu Apostolo, tu discepolo amato del Signore, tu dunque ti fai capo per tradirlo? Cieli, qual calamità più deplorabile, qual afflizione più inconsolabile,
che ricevere il danno, donde s’aspettava l’aiuto? Ah indegno, sacrilego, stimaste trecento denari poco unguento di Maddalena, e sol trenta prezzi il Sangue di Cristo? O pazzo mercadante che sei, tu vendi Cristo a chi non lo stima; va’, e vendilo a Maria la peccatrice, che, se sopra la sua testa versò unguento di tanta valuta, considera a che prezzo ne comprerebbe la vita; va’, e vendilo ai Re Magi, che vennero fino dall’ultimo Oriente alla stalla di Betlemme per comprarne con tesori il gradimento della loro servitù. – Giuda non ode, e però stabilita la vendita di Cristo per trenta danari, accompagnato da sbirraglia, e soldatesca, ubbriacato dall’interesse, senza saper quel che faceva, al dir di Cirillo, s’invia all’orto, quivi trova Gesù, lo saluta, lo bacia, Ave rabbi, osculatus est eum. Ecco venduto Gesù, e perché? Ahi, che non ho cuore da dirlo. Giuseppe, voi ben sapete, che fu venduto per odio da ‘ fratelli traditori; ma o quanto diversamente da Gesù. Legano, i fratelli, Giuseppe con lunghissime corde, lo cavan fuori della cisterna per darlo in mano degli Ismaeliti; finalmente a guisa di schiavo, viene e legato, e posto sopra velocissimi dromedari, senza che gli giovino né le preghiere, né le lacrime. Povero Giuseppe, ti compatisco, sei venduto crudelmente da’ tuoi fratelli; consolati però alquanto, perché essi ti vendono, perché tu non abbia a morire, melius est ut venundetur. Questa grande ingiuria d’esser venduto per essere ucciso, non tocca a te, tocca a Gesù, Filius hominis tradetur, ut crucifigatur. Dio immortale, si può sentire barbarie più spietata? Io non ho mai letto, che nessun uomo venduto anche nelle battaglie più sanguinose, sia stato venduto per esser ucciso, ma so bensì, che per questo sono stati venduti, perché gli si conservi la vita; ma non è così per Cristo; Cristo è venduto, perché a guisa di vil giumento, sia condotto al macello. E Voi o Padre Eterno, permettete tradimenti sì esecrandi nella Persona del vostro Figlio? Sì, dice Dio, sì, perché i peccatori, vedendo punita l’ombra del peccato, ne arguiscano la gravezza, e più non pecchino, e per questo stesso non sono contento del tradimento, se non seguono gli effetti. Ecco dunque, che gli empi il cingono, come famelici lupi un innocente Agnello, e lo conducono a casa di Anna, ove precorsa la fama della di Lui prigionia, era di già aspettato. Deh spettacolo! Ecco il Re della gloria nell’umile sembiante di reo porre i piedi in quella sala, in cui siede, architetto di questa tragedia, l’iniquo Pontefice; trionfa la malizia, comanda l’ingiustizia. Ecco che gli assessori del concilio cospirano contro di Lui: sederunt principes, et adversum me loquebantur. Chi lo taccia nella dottrina, chi l’accusa come distruttore del Tempio, chi lo dichiara ribelle. Quando un soldato con mano temeraria ed armata di ferro, e vestita d’adulazione, non meno percuote la faccia, che gravemente macchia l’innocenza del Salvatore con quelle amare parole: Sic respondes Pontifici? Angeli, e che fate, vi dirò col Crisostomo, qui hæc intuemini, quomodo manus continere potestis? So pur che uno di voi, in vendetta d’una sola bestemmia, immerse la spada nel sangue di cent’ottanta cinque mila persone, non debiscit hic terra? E perché non t’apri o terra, tu, che non sostenesti i tumultuanti? Non Cœlum jaculatur fulmina. Cielo e perché non piombi fulmini sopra questi empi, tu che con fiamme ardenti, consumasti i soldati ad una voce d’Elia. Deh non lasciate impunita la mano di quel temerario, che certo altro non poteva esser che un ministro d’inferno: Unus assistens ministrorum. Niuna creatura si risente per vendicar l’oltraggio fatto al Creatore; e Gesù senza un principio di risentimento, accepit iniuriam, (come disse Ruperto) et servavit patientiam, tollerò pazientemente l’ingiuria per insegnarci che tali devono esser le vendette cristiane. – Confesso il vero, miei UU., che io inorridisco alla rimembranza di tanti patimenti ed oltraggi tollerati da Cristo. Ma perché, mio Dio, affligger tanto il vostro Divino Figliuolo? Se pur Voi volevate per mezzo suo la nostra redenzione e salute, bastava senza altro, un sospiro che uscisse dalle sue labbra divine. Così è, dice Dio, bastava un suo sospiro; ma intanto l’ho voluto sotto i rigori di tanti patimenti, in quanto bramavo che gli uomini dal veder che Io così ho trattato il mio Figlio per i peccati degli uomini, ne arguissero la gravezza dei medesimi peccati per sempre fuggirli. Oh mio Dio, torno a dirvi, bastava, perché gli uomini sapendo, che il vostro Divino Figliuolo avesse dato questo sospiro, che era di valor infinito, non avrebbero peccato. Taci, non è vero mi risponde Iddio; e non vedi tu, che quantunque Io le mostri la gravezza con aver sottoposto il mio Figlio a sudori di sangue, ai tradimenti d’un Giuda discepolo, ed alle ignominie nel tribunale di Caifa, alle ignominiose guanciate d’un temerario ministro, ad ogni modo peccano? E giacché non bastano a quel giovane lascivo, a quella donna impudica, a quell’usuraio, a quel mormoratore i patimenti tollerati dal mio Figlio finora, per fargli conoscer la
gravezza dei suoi errori, ecco, che sono contento di vederlo spasimare sotto de’ flagelli. Oh peccato, maledetto peccato, quanto sei spietato mentre sottoponi un Dio alle battiture per mano di carnefici. Giunto Cristo al Tribunale di Pilato, s’ode dalla bocca dell’infingardo presidente, vinto dalla fierezza del Popolo e dall’implacabile sdegno degli Giudei, l’orribile sentenza: Corripiam ergo illum, et dimittam. Piano, o Pilato, tu condanni senza dar le difese a chi ti si suppone per reo; una simil barbarie non si pratica neppure con gli uomini più ribaldi; giacché le leggi non consentono, che si condanni chi non ha fatto le difese, nunquid lex judicat hominem, nisi prius audierit ab ipso. Così è, ma non così si tratta con Cristo. Io so, che quando quei marinai che conducevano Giona, restarono chiariti esser lui il reo, e per lui star in pericolo d’annegarsi, non corsero già, senza udirlo, a gettarlo in mare; non per verità, ma gli vollero prima dar le difese, ne fecero consulta, ne formarono processo, e diligentemente l’interrogarono… chi sei tu, onde vieni, dove vai? E finalmente dovendolo pur sentenziare, mai vennero alla sentenza di morte, finché il misero non confessò di sua bocca il peccato e non giunse a dire: propter me tempestas orta est. Così si praticò con Giona reo da quei barbari, ma non così da’ Giudei con Cristo: si condanni senza sentirlo, vada sotto de’ flagelli. Ecco, che lo spogliano delle sue vesti. Cieli, accorrete con le vostre nuvole, e voi Angeli, perché non volate a ricoprire con le vostre ali il mio Gesù per liberarlo da tanta confusione. Ah Padre Eterno, perché non concedere al vostro Unigenito quelle grazie, che a tanti vostri servi partecipate, rendendoli invisibili allo sdegno de’ nemici, alla vendetta, alla crudeltà de’ tiranni. So pur che ad Agnese crebbero miracolosamente i capelli in modo che tutta la ricoprirono: Barbara fu nascosta sotto il manto d’un’insolita chiarezza, e le tele di ragno occultarono il Santo Martire Felice. Ma, quanto son pigre le creature insensate, tardi gli Angeli, lento l’Eterno Padre a sovvenirlo, tanto sono pronti a ferirlo i suoi nemici. Questi, spronati dall’ordine di Pilato, accesi dalle promesse de’ Giudici, inseriti da demoni, senza veruna compassione fecero un crudelissimo scempio delle Carni innocenti di Gesù: chi lo percuote con mazzi di spine, chi con nodosi bastoni, chi con verghe di ferro che armate d’uncino, col ritirar il colpo, tiravano seco a pezzo la carne, ed insieme gareggiavano i carnefici chi di loro meglio colpiva e più profondo ne lasciava nelle sacratissime spalle il solco, e quasi che angusto campo alla di loro barbarie fossero le sole spalle di Gesù, cingono il capo con le sferze, pestano il petto; l’impiagano: Caditur totoque sagris corpore dissipatur, nunco ventrem, nunc brachia, nunc crura cingunt, vulnera vulneribus, plagas plagis recentibus addunt; fu sentimento di S. Lorenzo Giustiniano. – Deh cessate, o manigoldi, cessate vi prego da tanta barbarie , dovria ormai bastare al vostro sdegno; non vedete che Ei è tutto sangue quello che vi sta sotto flagelli non è già un duro sasso, un pezzo di marmo; è Ei un uomo di complessione la più delicata e gentile che possa formar natura; ma che, quantunque al dir del Nazianzeno, scorresse a guisa di fiume il sangue, fluebat sanguis et de Paradiso illo cœlesti flumina manabant; ad ogni modo io parlo a sordi, a’ quali la crudeltà ha impietrito nel petto i cuori, ha tolta ogni pietà, non odono le mie voci, intenti solo ad aggiunger ferite a ferite, a rompergli l’ossa tanto che, se lo vedeste, miei riveriti ascoltanti, direste col Profeta che Egli è tutto una piaga: a planta pedis usque ad verticem capitis, non est in eo sanitas. – Ma, mio Dio, se volevate che il vostro Unigenito Figliuolo spargesse sangue, e così palesasse al mondo la gravezza del peccato, una sola stilla che avesse versato avrebbe fatto conoscere abbastanza quanto sia grave il peccato. Non è vero, dice Dio, non è vero, t’inganni, perché quantunque il mio Figlio n’abbia sparso non una stilla, ma un lago, ad ogni modo i peccatori non lo stimano di quel gran peso, ch’ei è, per
che di continuo lo commettono. Ad ogni modo quel mercante non cessa di far contratti illeciti, di spacciar la roba cattiva per buona, di guadagnar nell’usure. Ad ogni modo non lascia di mormorare quella lingua scomunicata, di spergiurar, di bestemmiare sacrilegamente. Ad ogni modo quel giovane si vuol distruggere negli amori; e quella giovane, che si è messa sotto de’ piedi la vergogna, vuol incenerire affatto la pudicizia. Se così è, mio Dio, che questi peccatori non vogliono stimar il peccato, quantunque lo veggano così punito nel vostro Gesù innocentissimo, grondante Sangue per noi sotto de’ flagelli. Che farete? che farò? darò nuovi segni della gravezza col sottoporre il mio Figlio a nuovi tormenti. O Peccato, maledetto peccato e quanto sei terribile, mentre da’ flagelli passi a tormentar Gesù con acutissime spine e pur Ei non ha, né può aver mai colpa, che sarà di voi, o peccatori, che sarà di voi che n’avete la colpa incarnata, incancherita fino dentro l’ossa. Ecco Gesù per scherno fatto re da burla, vestito d’uno straccio di consumata porpora, e coronato con una corona di pungentissime spine, la quale non solo gli cingeva le tempia, ma gli copriva il capo, né qui finisce la giudaica perfidia, e barbarie, o per dir vero i miei, i vostri peccati, poiché quelli empi prendono bastoni, la percuotono, e la calcano, sicché profondamente immersa, fino al cervello, con dolorosissimo squarcio uscivano le punture per la fronte, e per le tempia. A questo doloroso tormento, uniscono gli scherni, e per argomento d’un regno fallito, consegnandogli una canna per scettro, piegano le ginocchia, lo salutano e lo percuotono, et genuflexo illudebant Ei. Onde Crisostomo ebbe a dire: quod siebat in Christo, ultimus contumeliæ terminus erat. Chi può ridir, nonché comprendere, l’estrema agonia di Cristo nostro bene con sì fatto tormento. Questo solo delle spine, quando bene altri non n’avesse sofferti, bastava a togliergli la vita; quantula est spinæ punctura, quantum hominem domat, disse colui. Quel leone incontrato da San Girolamo nelle solitudini della Siria, per una spina fitta in un pie’ riempiva le selve d’urli e di strepito i boschi. Or se una spina nel piè d’un feroce leone, tanto lo crucia, che diremo di Cristo forato in tanti luoghi, e sì sensitivi e delicati, nei quali durando questa corona fino allo spirar fu continuo, né mai interrotto lo spasimo. Debuit plane mori, dice San Lorenzo Giustiniano, tanto dolore transfixus; ma se non morì, fu effetto dell’amor che lo preservò dalla morte, senza punto mitigargli la pena. Deh riconosci, o peccatore in queste spine, in questo sangue che gronda, la gravezza del tuo peccato, e però detestalo, e sollecito corri ad esporre le tue piaghe mortali alle punture di queste spine sacrosante, per farne uscire la velenosa putredine delle tue scelleraggini, altrimenti, io ti dico, che queste medesime spine ti trafiggeranno un dì talmente il che spremerai dolorosi sospiri, ma senza prò.

LIMOSINA.
Cristo oggi per voi dà il suo sangue, voi per Lui date il vostro denaro. Oggi è quel giorno, in cui Cristo si vende e si compra. Se Giuda lo vende per avarizia, voi potete comprarlo con liberalità. Cristo è vostro, se slargerete la mano con i poveri.


SECONDA PARTE

Così non fosse come quivi ci farà taluno, che ostinato ne’ suoi peccati, non ne vorrà confessar la gravezza, quantunque sappia che questi hanno esposto Gesù ai flagelli, alle spine. Se così è, mio Dio, bisognerà usar con costoro lo stratagemma di Pilato, e fargli veder cosa hanno operato con le loro iniquità. Orsù attenti UU.: dì tu Pilato ai circostanti: Ecce Homo; dico io a voi (e figuratevi di veder lo spettacolo che io vi rappresento) Ecce Homo. Ecco Gesù: eccolo piagato da capo a piedi. Eccolo grondante vivo sangue. Eccolo scarnificato fino all’ossa da duri flagelli. Eccolo re da burla, coronato di spine che trapanandogli il sacro capo gli fanno grondar rivi di sangue. Eccolo, più in sembianza di morto che di vivo. Ecco, ecco, o peccatori, la pietosa immagine delle vostre crudeltà. E voi non vi risolverete a detestar quel peccato, che per la sua gravezza ha causato tanto male? I fratelli di Giuseppe, doppo averlo venduto, per farlo creder dal lor padre divorato da qualche fiera, presero la veste dell’innocente fratello e, tinta di sangue, la mandarono a Giacobbe, a cui fecero dire: vide, si tunica filii tui fit, an non. Mira, se questo abito sì lacero sia del tuo figlio. Videte, videte, dirò io; mirate miei ascoltanti, se questo ha il vostro Gesù, Figlio del Padre Eterno, tutto livido, tutto lacero, tutto ferito, e poi dite, e direte bene: Færa pessima devoravit eum, la fiera più crudele, che trovar si possa in tutto l’universo; questa l’ha ridotto ad un tale stato. E qual è questa fiera? Il peccato mortale, quegli odii, quelle lascivie, quelle vanità, quelle mormorazioni, quell’interesse l’hanno scarnificato l’hanno svenato, l’hanno trasfigurato in modo che più non si conosce: færa pessima devoravit eum. È fiera passione il peccato, ma non agli occhi del peccatore che, quantunque veda sì maltrattato Gesù, non per questo vuole asserirne la gravezza; anzi lo stima cosa da nulla. Onde, mio Dio, se non ne date nuovi segni, non so qual profitto riportarne questa mane dalle vostre parole proferite per mia bocca. Bene, dice Dio, darò segni maggiori della gravezza del peccato, perché farò veder punito il mio Figlio per i peccati degli uomini con una condanna, la più luttuosa, che sia mai seguita al mondo. Cieli, e che sento? Non occorre altro, voglio trovar modo, che i peccatori confessino la gravezza del peccato, e perciò vengo a questi eccessi. Ecco, dunque, che Pilato spaventato al nome di Cesare, ed abbattuto dal brutto mostro dell’interesse, che fa tanta strage negli uomini, pensando che non gli bastasse, per non esser colpevole, lavarsi in pubblico le mani, se le lavò senza riflettere che tutta l’acqua del mondo non poteva mondar una lordura che neppur potevasi dallo stesso fuoco dell’inferno; concede la licenza bramata al popolo, che grida: crucifige, crucifige, e lo consegna alla croce. O barbarie, o crudeltà inaudita ne’ secoli. In questo mondo, non v’ha dubbio che molti innocenti sono stati condannati anche alla morte, o perché non si sia conosciuta la loro innocenza o per l’ingiustizia del Giudice; ma avvertite, che per questi che son morti innocenti, non sono stati fatti morire come innocenti, ma gli si sono inventati i delitti, si sono fatti apparire per rei, e come tali sono stati sentenziati e morti; Gesù solo è stato quello che è stato condannato a morte non solo innocente, ma dichiarato innocente. È innocente, ma muoia; è giusto, ma muoia; è benefico, ma muoia, nullam invenio in eo causam; si può trovar barbarie maggiore? Vi basta l’animo a voi metter le mani col ferro alla vita ad un vostro cagnolino che non v’abbia fatto mal veruno, ma sempre fedelmente servito? No, no, inorridite! E pure così si tratta Cristo, si dichiara innocente, e si condanna alla morte de’ rei; non accade altro, ecco Cristo condannato alla croce dalla perfidia de’ Giudei, mi disdico, dalla gravezza de’ nostri peccati. Or io rivolto a voi, miei UU., parlo: già i Giudei vollero Gesù Crocifisso, si agita di nuovo la medesima causa avanti di voi. Dite, su, miei UU., che volete, che si faccia del nostro Gesù? Dal vostro arbitrio dipende se s’abbia da uccidere o da liberare; da un cenno, da un sì, da un no, dalla vostra bocca aspetta Cristo la sentenza: lo volete libero o crocifisso? Vivo o morto? lo restituite a Maria, o lo consegnate al Carnefice? Qui non parlo del passato; già so, che da primi anni incominciaste a gridar Crucifigatur. Ciò che più mi trafigge l’anima, è che sento fin dal fondo di certi cuori ostinati quelle voci arrabbiate crucifige, crucifige; dunque io vi risponderò: Regem vestrum crucifigam. Che male vi fece mai questo buon Signore, che lo volete morto? In che mai vi disgusta, già che ne volete bever il Sangue svenato? Empi, scomunicati peccatori, voi siete sì peggiori di Giuda: gridò ei appena preso il denaro: peccavi, tradens sanguinem justum, si stimò degno di morte. E tu Cristiano lo vedi vicino a morte ed ad ogni modo stai risoluto di seguitar la tua libidinosa e sanguinaria vita, e gridi: Crucifige, crucifige. Volete dunque, o Peccatori, che Ei muoia? Muoia, muoia. Mio Signore, udite i lascivi prima di lasciar le loro disonestà, i superbi prima che perdonar le loro ingiurie, gl’ingordi, prima che restituir l’altrui roba, vi vogliono morto. Alla morte, mio Gesù, alla morte, bisogna morire. Ah peccato, maledetto peccato tu sei il carnefice crudele. E voi peccatori, non volete ancor conoscerne la gravezza, mentre ei è quello che consegna Gesù al piacer degli Ebrei per farlo morire? Ecco, che gli presentano l’obbrobrioso strumento di morte, la croce, ed Egli caramente se la stringe al seno, ed immedesimandosi quasi con quella per forza d’affetti, richiama subito alle labbra il cuore, e con mille tenerissimi baci, su di quella lo rovescia. Indi postasela sulle spalle, così addolorato per la corona di spine, così indebolito per il sangue versato, s’incammina verso il luogo del supplizio, ma per la sua stanchezza e per il peso della croce, abile a stancar un uomo ancorché robusto,
non tanto cammina, quanto strascina le sue misere membra. O impietà non più udita! O inumanità negli annali de’ tiranni più barbari non più letta! Si suol pur per pietà agli altri poveri delinquenti nasconder i coltelli e le mannaie, si velano loro gli occhi alla presenza de’ tormenti, gli usano in quel punto termini di molta carità; ma ahi, che a Cristo nostro innocentissimo Signore non si ha questa compassione; gli si pone per suo maggior tormento, non solo avanti agli occhi, ma sopra le sue divine spalle lo strumento dell’obbrobrioso supplizio. Giunto il nostro Gesù al Calvario distesa la croce, preparati i chiodi disposti i ministri, gli si comanda che sopra d’essa si corichi: obbedisce Cristo, e steso sopra della croce, distende subito quella destra, che sparge benedizioni, al chiodo. Conficcata questa, con incredibile scatenamento viene stirata la sinistra perché arrivi al foro. Il simile si fa de’ piedi, et crucifixerunt eum. E
con queste parole, vinte dall’atrocità del ifatto, le penne degli Evangelisti, compendiarono con mestissimo silenzio il principal mistero della nostra redenzione. Quel grande Alessandro, che con tante spese e sudori avea procurato di dar la morte a Dario; con tutto ciò, quando poi giunse al cospetto del suo cadavere esangue, non poté raffrenar le lacrime, anzi che toltasi la sua clamide d’indosso, con essa lo coprì, lo rinvolse. E contro al cadavere del mio Gesù, tutto lacero e stracciato, si cavan fuori le lance, per passare con un colpo spietato il cuore? Unus militum lancea latus ejus aperuit. A me non resta fiato da esclamare: ah lacrime, sospiri, pianti, voci di duolo venite al mio seno, ai miei occhi, alla mia lingua. Fu antico costume, al narrar delle sacre Carte, che scopertosi un omicidio, e non sapendosi l’uccisore, s’esponesse a pubblica vista il cadavere, e ne corresse l’obbligo a ciascuno de’ cittadini por la mano sopra l’estinto corpo, affermando con solenne giuramento non esser egli il reo d’un tal misfatto. A voi ora mi rivolto, RR. AA., e rinnovando l’antico costume, v’obbligo a stender la mano sopra l’estinto Gesù, e con solenne giuramento attestar non aver voi parte nel sacrilego deicidio. Avverti, tu sei spergiuro, o iracondo? Se ti chiami innocente, perché l’uccideste nelle vendette? Non tender la mano, o disonesto, le tue lascivie diedero la morte al Redentore. I vostri lussi, le vostre crapule, le irriverenze ne’ templi, gli strapazzi a’ genitori, le vanità immodeste, vi condannano per rei di morte data ad un Dio. Deh per pietà, se già il crocifiggeste con i peccati, non vogliate più crocifiggerlo con nuove iniquità, acciò che Egli non debba slontanarsi da voi anche visibilmente. Appunto allontanossi da un Cristiano colà nel Brasile. Commise questi una tal disonestà, allorché portava legata al collo. l’immagine di Gesù Crocifisso; dopo il calor del peccato, postasi la mano al petto, vi trovò bensì il laccio senza esser mutato, e sciolto il nodo, ma non Gesù, per quell’atto, doppiamente crocifisso. Stordito dalla novità, si rimirava d’intorno, ed alla fine corso l’occhio al più lontano e nascosto cantone della camera, ivi mira, ah disperato, il Signor Crocifisso, poiché ivi era fuggito per l’orrore delle sue impurità, ed ivi si stava accantonato il Monarca del mondo, che tollerando pazientemente la croce, non poteva sopportar la croce di quel disonesto ribelle. Ma che, il mirare dal reo, Cristo, e il disfarsi in pianto, fu tutto una cosa; se lo ripose sul petto, ma più dentro il cuore; lo legò col suo laccio, ma più con la carità; e per non perdere un’altra volta il suo caro fuggitivo, lavò in perpetue lacrime il fallo commesso, e serbò fede perpetua al suo amatissimo Gesù. Oh quante volte dovrebbe fuggirsene da molti il Crocifisso giacché molti l’hanno crocifisso con i peccati. Or, se errammo con questo Cristiano del Brasile, piangiamo altresì con lui, né mai più crocifiggiamo Gesù. Padre Eterno, io spero di potervi assicurare che questo popolo qui presente mai più crocifiggerà coi peccati il vostro Figliuolo Gesù. Ecco, che con le voci del cuore apertamente si protestano, Anima mea illi vivet: non vogliono più moderati affetti, non più sensuali piaceri: illi vivet. Vivrà ai suoi ossequi, alla sua gloria, all’osservanza della sua legge. Deh gradite Padre Eterno questi sentimenti, e confermate l’esecuzione d’essi col Sangue preziosissimo del vostro Unigenito, e mosso a compassione delle nostre iniquità; placatevi alla vista di queste piaghe, parce populo tuo; condonate le colpe sue a questo popolo che, umilmente prostrato ai vostri piedi, chiede il perdono, benedic hereditati tuæ, e dategli ora la vostra santa benedizione, per caparra dell’eterna in Cielo.

LIMOSINA

San Pier Damiano dice che in questo giorno in cui Cristo dà a noi la limosina, dando il suo corpo alla morte per noi, voi non avete da negar la limosina a’ suoi poverelli. Elemosynam fecit tibi, corpus suum tradendo, o tu elemosynam illi, fac, bucellam panis porrigendo pauperi. Starò a veder che Giuda venda Cristo per trenta danari, e voi non vogliate comprarlo con altrettanto danaro distribuito a’ poveri.

TERZA PARTE.

O non posso capire, come possa darsi il caso che chi considera un Dio morto in croce per redimerlo, possa indursi a peccare. Ma, oh ingratitudine, o pazzia dell’uomo, che non fa conto d’un sì gran benefizio, perché pecca. Arrossitevi, o Cristiani, al racconto di gratitudine praticata dai Gentili. Riferisce Senofonte, che Ciro re di Persia, avendo appresso di sé prigionieri Tigranes, Figlio del Re d’Armenia, e la di lui sposa Armena; rivolto un giorno a Tigranes, dissegli che pagherebbe a chi ponesse in libertà Armena vostra Consorte. Al che prontamente Tigranes: libenter vitam dabo, darei di buona voglia e sangue e vita. Risposta tanto stimata da Ciro, che ad ambedue concesse la libertà, parendogli che un affetto sì nobile, non una, ma cento ne meritasse. Or mentre lieti i due sposi tornavano alla patria, rivolto ad Armena Tigranes: vedeste, dissegli, o sposa, le grandezze immense di Ciro? Il superbo Palazzo, che per architettura eccede l’arte: vedeste l’oro, le gemme, gli abbigliamenti delle sale, i parati delle stanze, superano la stima. Le tavole d’avorio, le statue e di metallo e di marmo; le porte, le finestre intarsiate d’argento; le sedie, i letti, i padiglioni tessuti di broccato e tempestati di gemme? Non ha pari questa reggia, per certo, nel mondo. Sposa, che dite, non ammiraste un tanto splendor in corte sì magnifica? Allora Armena mostrossi totalmente nuova al discorso ed al racconto, e dissegli: nulla di ciò io vidi, amato consorte, né a me fu possibile applicar la vista a tali cose, mentre assorta, e quasi fuori di me, tutta ero intenta nella considerazione del vostro amore, che per la mia liberazione offerse sangue e vita, né fu possibile che in altro io potessi fissar le mie pupille, che in quello, che liberale del proprio sangue l’offriva tutto per me… nihil aliud spectare poteram, quam illum, qui vita sua me redempturum se confirmavit, ne ego servirem. Risposta fu questa superiore all’esser di donna; ma che avrebbe mai detto, se avesse trovato, non chi gl’avesse offerto e vita e sangue, e quanto avea per redimerla dalla cattività, ma l’avesse redenta come ha fatto per noi Cristo nostro Redentore? Io resto fuori di me, e voi non potrete far di meno di non darvi per vinti, al racconto. Io resto fuori di me, dico, al ricordarvi ciò che racconta Valerio Massimo d’un soldato di Gneo Pompeio, combattendo con uno di Sertorio, dopo vari colpi di spada, afferratolo per un braccio, lo trapassò con più ferite, e crudelmente l’uccise; indi curioso di vedere chi fosse, ed avido delle spoglie, gli scoprì il volto, e con orror riconobbe aver ucciso l’unico suo caro ed adorato fratello. Diede l’infelice all’accidente inaspettato un profondo sospiro, pianse e percosse il petto e tra le smanie d’un immenso dolore, chiedeva dell’errore replicato perdono al fratello estinto, ma non ne sentendo l’assoluzione, tutto frenetico , e tutto fuor di sé, impugnata quella medesima spada imbrattata di sangue fraterno, se la voltò con la punta al petto, e lasciandovisi cadere, spirò l’anima sopra il cadavere del fratello. Noi sappiamo, riveriti AA., che finora con i peccati Cristo, offendendolo, strapazzandolo, ed a guisa di nemico ferendolo con tante stoccate quanti finora sono stati i peccati, finalmente l’abbiamo ucciso. Può esser veramente, che le passioni furiose o l’ignoranza nostra ci abbiano tanto accecati sicché, bene non conoscessimo chi Egli fosse. Ma ora volete sapere chi era quel Cristo da voi barbaramente ucciso ed a qual stato e forma l’abbiano ridotto i vostri peccati, vi metterò avanti gli occhi l’oggetto più lacrimevole che mai vedesse il mondo. Testimoni qui v’invoco Angeli Santi, che in questo giorno sì amaramente piangeste, siate presenti a veder l’eccesso de’ nostri falli. E voi, Maria Addolorata, che in questo dì da spada di dolore foste trafitta, mirate ora dal Paradiso l’assassinio che abbiam fatto miseri noi del vostro Santissimo Figlio. Maria Regina di Scozia, essendogli stato ucciso il marito, venuta in Edemburgo, che è la città regia, si studiò di commuovere il popolo a pietà del morto principe comparve dunque tutta vestita a bruno, scapigliata nel crine, e tutta molle di pianto, e si fece portare avanti un lugubre stendardo in cui con vivi colori era dipinta la morte indegna dell’amato consorte; giaceva di steso il re trucidato, tutto intriso di sangue, con una sembianza egualmente amabile e miserabile, in atto di moribondo, esalando l’ultimo spirito sì malconcio dalle ferite de’ congiurati, che rendeva orrore. Tanto bastò, perché nel popolo si suscitasse un’altissima commozione, di modo tale che fremendo, riempì l’aria di clamori, e di gemiti. Io quanto a me non so figurarmi mezzo più opportuno per intenervi, che porvi avanti gli occhi lo stendardo funesto del Crocifisso Signore, e forse e senza forse, potrà più la vostra vista che la mia lingua ad ammollirvi. Ecco, ecco la dolorosa Immagine di Gesù, ecco il crudo scempio, che del Figlio di Dio han fatto i vostri, i miei peccati. Mirate come trafitto da spine nella testa, così l’hanno trafitto i miei pensieri d’amore, d’odio, di vendetta. Osservate quelle mani grondanti vivo sangue, così l’han traforate le mie mani rapaci, vendicatrici, così le mie mani stesse alla robba altrui, alle vendette; quella bocca è stata attossicata dalle parole licenziose, dalle mormorazioni, spergiuri, bestemmie etc. Quelli occhi trapassati anche essi da spine, ne sentirono le punture di quegli sguardi immodesti nelle piazze, nelle strade, nelle Chiese. Quei piedi traforati si dichiarano piagati da quei balli e salti fin d’allora che ti portaste a quelle case, a quei ridotti. Quel costato santissimo è aperto dalle brame indegne, che vi covaste, divise in tanti odii, in tanti amori, in tanti interessi pieni d’usure e tutte insomma quelle membra santissime si dichiarano maltrattate, percosse e lacerate dalle nostre iniquità. Se così è, guerra, guerra, vendetta, vendetta contro del peccato, né mai con esso facciam pace, giacché ha tolto a voi, mio Bene, la vita. Confessiamo la nostra indegnità, vi domandiamo perdono, misericordia, ed a questa ricorreremo nella adorazione de’ vostri santissimi piedi, dove prostrati, con vivo affetto diremo: Tu Rex gloria Christe; Tu Patris sempiternus es Filius. Tu devicto mortis aculeo, aperuisti credentibus regna Cœlorum. Te ergo quæsumus tuis famulis subveni, quos prætioso Sanguine redemisti.

QUARESIMALE (XXXVI)

LA MEDITAZIONE DELLA PASSIONE DI GESU’ (2)

La meditazione della Passione di N. S. Gesù Cristo. (2)

(GIULIO MONETTI: La Sapienza cristiana, vol. II, p. s. – Unione tipo. Tor. 1949)

Gesù è posposto a Barabba. —

Erode rinviava Gesù a Pilato: — la Divina Misericordia offriva nuovamente a Pilato l’occasione di fare — meglio tardi che mai! — il bel gesto di liberar l’Innocente — riparando anche il torto già fattogli: — ma Pilato — recidivo! — rifiuta ancora una volta!

L’ignominioso confronto. — Anche se la nuova sua trovata fosse riuscita a quel giudice iniquo, — che torto non era essa per il Divino Maestro! — Lo si sarebbe liberato, – ma soltanto a titolo di grazia immeritata: – mentre la libertà gli si doveva a titolo di pretta giustizia! — Inoltre, con chi si confrontava l’Agnello Divino Immacolato? — Con un violento ladrone — con un sanguinario omicida — con un ribelle pericoloso — che — ad onta di tutto — si sarebbe rimesso in… circolazione! — Miserabile giustizia umana, quando si dimentica del trollo di Dio! — E, poveri noi, se unicamente ci fidassi ad essa!

L’urlo selvaggio della piazza. — Con tuttociò, se si ascoltava la ragione — era Gesù che doveva andar libero: – l’innocente era Lui — Lui inoltre il benefico taumaturgo – lui il maestro insuperabile di bontà — lui l’inviato da Dio — acclamato cinque giorni prima dall’intera Gerusalemme! — Ma si ascoltò la passione cieca — impulsiva – sobillata dai furbi — rappresentata dalla feccia del popolo: — e questo gridò il suo crucifige! — sfacciato — idiota — feroce — contro Gesù! — Davvero che Gesù poteva dolorosamente ripetere le profetiche parole di Michea: — « Popolo mio, che cosa mai ti ho fatto di male? ». — E non potrebbe ridirle anche a noi — quando pecchiamo? Barabba in libertà. — Insperatamente Barabba ricuperava la libertà — da parte degli uomini: — ma, da parte di Dio? — Non per questo veniva pregiudicata la sua condanna al Divin Tribunale! — E il suo stesso nome passò ai posteri come simbolo ignobile del farabutto e del sovversivo! — Ma intanto? — Siamo avvertiti di rettificare la nostra intenzione nell’esercizio della virtù — sicché ce ne attendiamo i premi da Dio — non dagli uomini! — E insieme, niente paura del momentaneo trionfo del male! — Iddio ci farà giustizia a suo tempo: — né ci troveremo davvero scontenti d’averlo servito!

Gesù sottoposto alla flagellazione. —

Il secondo mezzuccio di Pilato per liberare Gesù era dunque tornato inutile anch’esso: — ne peggiorava anzi la posizione. — Pilato allora tenta uno sforzo: — ma purtroppo contro Gesù — e anch’esso vano — quanto a salvarlo!

Il disonore della flagellazione. — Quel terzo mezzo — dopo l’invio ad Erode — e dopo il confronto con Barabba — fu flagellarlo. —- Pensò così di placare i Giudei — in vederlo così sfigurato — e insieme di mostrare di non averlo voluto liberare senz’altro — e così mettersi a coperto da sospetti politici. — Anche qui l’innocente veniva trattato da reo con palese iniquità: — inoltre lo si trattava da schiavo — privo d’ogni diritto civile al rispetto ed all’incolumità: — lo si trattava anzi da bestia — incapace di ragione — epperò da assoggettarsi a colpi di frusta — di verghe — di bastoni! — Povero Gesù!

Lo strazio della flagellazione. — Ed oltre all’ignominia infame di tal supplizio — s’aggiungeva qui per Gesù un tormento indicibile; — giacché il suo corpo era assolutamente perfetto — e quindi della sensibilità e delicatezza più viva. — Di più, era fatto apposta per patire — attesa la sua missione di vittima per i peccati del mondo. — Immaginiamo lo scempio che i carnefici ne fecero — col loro cuore spietato — colle loro braccia nerborute — coi loro strumenti terribili! — chissà per quanto tempo: – anche se non abbiano avuta apposita consegna di vieppiù incrudelire — per più facilmente disarmare i Giudei! — Che lividure, in Gesù! — che sangue! — che orribili piaghe! —. Povero Gesù!

Il vero motivo della flagellazione. — Quella furia di colpi scaricatasi sul Divin Salvatore — se si dovette materialmente ai manigoldi — e ufficialmente all’iniquo comando di Pilato — ha però radicalmente una doppia causa recondita: — l’amore di Gesù per noi — poiché Gesù proprio per noi volle subir quegli spasimi: — ed i nostri peccati, — i quali Gesù volle così espiare: — e specialmente i peccati di sensualità. — Ah se gli uomini – ed anche le persone pie — pensassero a quanto costarono a Gesù Redentore gli eccessi disordinati — e gli scatti inconsulti delle nostre passioni, — e le renitenze ai divini voleri! — E se si ricordassero più spesso che Gesù ci amò sino al sangue!

Gesù coronato di spine. —

Agli orrori della flagellazione ordinata dal Preside Romano, i soldati aggiungono di proprio moto altri orrori — altri ludibri: – consideriamoli in ispirito di compassione — e di compunzione – tenendo compagnia a Gesù in ora così dolorosa!

Gesù camuffato da re da burla. — Niente impietositi del povero Gesù — fatto tutto una piaga sanguinolente per l’orribile flagellazione — i militi romani lo spogliano di nuovo — riaprendogli ed esasperandogli le ferite collo strappargli di dosso le vesti già ad e rapprese — e gli gittano sulle spalle una clamide purpurea — gli pongono in mano una canna — gli calcano in capo — come reale diadema — una celata di spine; — poi lo sbeffeggiano, a gara, genuflettendogli innanzi — salutandolo per Re dei Giudei — finendo la schifosa tregenda con sputacchiarlo — strappargli di mano quel misero scettro di canna — dandoglielo violentemente sulle spine del capo… — Che umiliante afflizione per Gesù — fatto zimbello di quei 500 scherani — che gli si accanivano attorno! Gesù coronato Re dei dolori! — Che fitte dolorosissime non dovette provare Gesù — a quei duri e ripetuti colpi di canna — nelle tempia — sulla fronte — nel cranio — al penetrargli quelle spine la pelle — nello scalfirsene le ossa in tanti punti! — E quante altre percosse ed urti doloranti non avrà Egli dovuto sopportare da quei malnati in quell’ora infernale! — vero Agnello dato in istrazio alla ferocia di lupi aizzata da satana, il maligno, l’omicida. — Compatiamo col più vivo affetto al patire indicibile di Gesù nostro — vero Re dei dolori — e risparmiamogli ogni nuova trafittura di nostri peccati! Salutiamo Gesù, nostro Re d’amore! — Ben se lo merita, – dopo tanto obbrobrio — da Lui incontrato — proprio per noi — volontariamente — e dopo tante torture da Lui subìte — anche per causa nostra: — e, non temiamo di aggiungerlo per la verità, anche dopo tante ingratitudini da noi moltiplicategli, purtroppo, nel corso della nostra vita! — E più lo vediamo svilito dai suoi nemici — e più saturo di pene e di vituperi — stringiamoglici attorno vieppiù amorosamente — gridandogli il nostro più fervido: — « Viva Cristo Re! ».

Ecce homo! ”. —

A stroncare la farsa crudele — inscenata dai soldati — venne forse un ordine di Pilato, di ricondurgli Gesù — quale era ridotto nelle condizioni più pietose. — E Pilato lo presenta al popolo — così com’era — tutto lividure e sangue — colla corona di spine in capo — con quello straccio di porpora sulle spalle… — E disse al popolo: — « Ecco l’uomo! ».

« Ecce homo! ». — Ecco il bel lavoro fatto dai nostri peccati! — Non dimentichiamolo mai! — Se Gesù patisce — e patisce tanto — la colpa ne è nostra! Noi col peccato, abbiamo talmente irritata la Divina Giustizia — da non averne perdono — se non era il gemito — la supplica — del Figlio stesso di Dio — dissanguato per noi! — Impariamo pertanto a capire che cos’è il peccato – ad aborrirlo — a fuggirlo — come il peggiore dei mali. – poiché va a colpire lo stesso Dio — nella persona abile di Gesù Cristo! — E non solo fuggiamo il peccato – ma anche i pericoli di peccare!

« Ecce homo! ». — Ecco sin dov’è giunto l’amore di Dio per noi! – Dio Padre ci ha amato tanto da sacrificare — pur di redimerci — il suo stesso Figlio Unigenito! – Dio Figlio ci ha amati tanto da volersi tutto sacrificare per noi — abbandonandosi ai vituperi ed alle carneficine – proprio perché noi n’andassimo salvi — pur avendoli meritati le mille e mille volte colle nostre colpe! — E Dio Spirito Santo ci ha tanto amati da mettere a nostra disposizione i meriti infiniti di Gesù Cristo — mercè le SS. Messe — i SS. Sacramenti — e le sue grazie divine! — Quanta bontà!

« Ecce homo! ». — Ecco il divino modello da imitare! — Se vogliamo affermare il nostro amore a Dio — non soltanto a parole, ma a fatti — ecco sino a qual punto dobbiamo giungere — se Dio lo richieda: — sino al martirio del cuore — dell’onore — dello stesso corpo! — Se vogliamo sapere come si obbedisca al Signore — ecco il tipo al quale ispirarci: — all’obbedienza di Gesù all’Eterno Padre — la quale non indietreggiò innanzi all’umiliazione più cocente — né ai patimenti più efferati! — Se vogliamo vedere come si debba intendere l’apostolato serio – fattivo — travolgente — eccone l’ideale: — sacrificarsi!

Il Sacrificio del Calvario. —

L’indegna fiacchezza di Pilato — che voleva coi suoi meschini espedienti eludere l’odio giudaico contro Gesù — vistesi chiudere ad una ad una tutte le vie — cedette finalmente agli assalti; — e, condannando Gesù, condannò pure l’indegno suo giudice — il vilissimo Pilato.

Gesù condannato alla crocifissione. — Pilato pronuncia l’iniqua condanna: — quindi non lo scuserà dal deicidio il suo lavarsene le mani in pubblico — e il suo dichiararsene innocente! — Neppure lo scuserà dal tradimento del suo dovere di giudice imparziale il timore incussogli per istornarnelo: — con gli onori devonsi accettare anche gli oneri annessi! — Infine, non si assicurerà neanche il favore di Roma; — presto deposto e bandito, espierà già qui in terra l’immane sua colpa! — « Farina del diavolo ritorna in crusca! ».

Gesù s’avvia alla crocifissione. — Carico del peso opprimente del suo patibolo — tuttoché così piagato e sfinito — Gesù porta volentieri la sua croce — che gli sarà altare per il suo sacrificio al Padre — e chiave per aprire a noi il Paradiso — e cattedra suprema onde insegnarci ogni più eletta virtù. — Per via lo si strapazza — lo s’insulta — lo si percuote: — e Gesù tace! — Lo salutano col pianto la SS. Vergine e le pie donne: — e Gesù ne accetta l’ossequio pietoso! — Il Cireneo l’aiuta: — e Gesù prepara a lui e ai suoi figli le sue grazie riconoscenti. — Quant’è buono Gesù — anche se saturo d’amarezze! Gesù subisce la crocifissione. — Giunto sul poggio del Golgotha, — con stento immenso — Gesù è spogliato — con nuovo strazio delle sue ferite — poi adattato dai manigoldi alla croce — indi pesanti martellate sui chiodi conficcano questi nelle mani e nei piedi… — E così, sul mezzogiorno — nell’affollamento delle solennità pasquali — quando pellegrini d’ogni paese ne avrebbero riportata l’infamia sino ai confini del mondo. – Gesù appariva crocifisso tra due ladri — quasi loro capobanda: – con sul capo la sarcastica scritta: — « Re dei Giudei. — Potevasi scendere più basso per la via dell’abbiezione? — per la via dello spasimo atroce? — E | vi si rassegnò per noi! — Per noi, sue povere creature! — Per noi, suoi servi inutili. — Per noi, offensori ingrati!

Le parole del Divino Agonizzante… —

Sacre parole quelle d’un morente — d’un morente divino — del nostro Supremo Benefattore e Padre — del Redentore e Maestro dell’umanità!

C’è la parola del perdono — invocato sui crocifissori – e che si spinge sino a scusarli al Padre… — Che bontà non ci rivela in Gesù! — Che fiducia non c’ispira! Che contrizione non deve eccitare in noi — vedendo la bontà di chi abbiamo offeso.

C’è la parola della magnificenza — che mostra in Gesù Crocifisso il Dominatore del Cielo e della terra — e c’è l’afferma altresì Consolatore efficace del povero convertito — e Rimuneratore generoso dell’ossequio fiducioso di Lui. — Neanche noi ci volgeremo invano a Gesù — né sarà per noi vano il secondarlo — il seguirlo – il compiacerlo!

C’è la parola della tenerezza — di Gesù morente, per la sua Vergine Madre — e per Giovanni, il prediletto, ch’è tornato a Lui… — Essa ci deve infervorare ad onorare anche noi Maria SS. – che allora appunto divenne Madre nostra. — Insieme deve animarci, sia alla passione per Gesù appassionato — sia alla riparazione delle nostre colpe…

C’è la parola della desolazione — strappata a Gesù dal suo immenso patire! — Ch’essa ci spinga a consolarlo col nostro amore operoso; — insieme ci avverta che il nostro gemito — anche più trangosciato — non deve avere altro suono che di preghiera!

C’è la parola del desiderio — di Gesù, riarso dalla sete — corrisposta dai soldati con aceto e fiele! — Da noi invece dovrà corrispondersi coll’amore — e collo zelo — dacché esprimeva — oltre la sete fisiologica — anche la sete morale di affetto — e di anime!

C’è la parola della costanza vittoriosa — che proclama assolto il proprio mandato — e già preannunzia il trionfo del Salvatore. — Preghiamo — e procuriamo di ripeterla anche noi — sia al termine della nostra vita mortale — sia allo spirare d’ogni nostra giornata. — L’ubbidire a Dio: — ecco per noi la perfezione — la grandezza — la vera felicità!

C’è la parola del filiale abbandono… — Oh fiorisca sulle nostre labbra — rassegnata — affettuosa — confidente — come sulle labbra di Gesù — anche nei momenti più foschi della nostra esistenza — anche nel crollare di tutte le nostre umane speranze! — Gettiamoci nelle braccia del nostro Padre Iddio: — non si ritrarrà indietro — a lasciarci precipitar nell’abisso!

Contemplando Gesù Crocifisso. —

Come la cristiana predicazione — e come la sacra liturgia sono impregnate del ricordo di Gesù Crocifisso — così dovrebb’esserne impregnata la nostra vita cristiana — per alimentarne in sé lo spirito di sacrificio.

Pensiamo a Gesù morto! — Non doveva morire — Perché era il Santo dei Santi — e la morte entrò nel mondo per la porta del peccato! — Ma bastò che Gesù si fermasse l’ombra del peccato — non suo — ma da lui preso ad espiare — perché, nascendo alla vita in Betlemme — nascesse insieme alle espiazioni del Golgotha! — Oh come dobbiamo aborrire la colpa! — E attraverso la morte del corpo — cui la morte sfigura — e gitta nell’inerzia — e nell’impotenza — sappiamo intravvedere i guasti del peccato nell’anima — spenta da esso alla vita soprannaturale – deformata mostruosamente innanzi a Dio — incapace, da sé di riaversi!

Pensiamo a Gesù, morto svenato in croce! — A tanto di crudeltà giunsero contro di Lui l’invidia e la malizia umana — ad onta dell’ineffabile sua amabilità personale – della sua divina grandezza — dei benefici innumerevoli da Lui irradiati attorno a sé — dell’essere Egli spontaneamente sceso di Cielo in terra — e farsi nostro fratello! — Oh come dobbiamo umiliarci — e domandargli perdono della nostra efferata ingratitudine! — del nostro egoismo crudele — pronto a martoriare Lui — pur di scapricciare sé!

Pensiamo a Gesù, morto — in croce — svenato — proprio per noi!

Mentre Gesù soffriva — e tanto orribilmente – ciascuno di noi, in persona, era presente a lui — ed Egli — proprio per ciascuno — singolarmente — offriva i propri tormenti — le proprie agonie — per amore — in espiazione. — Ecco il posto che ciascuno di noi occupa nel Cuore SS. di Gesù! — E che posto occupa Gesù — Gesù Crocifisso — morto proprio per noi — nel nostro cuore? — Faremo noi mai abbastanza — non già per adeguare — ma anche solo per emulare — il suo amore per noi?

La sepoltura di Gesù.

A rendere innegabile a tutti la sua morte — e quindi incontrastabile il gran miracolo della sua prossima risurrezione — la divina Salma di Gesù rimase in istato di morte sino al terzo giorno: — quindi nei suoi fedeli il pensiero di seppellirla. — Ma, secondo le profezie — la sua sepoltura non fu come le altre…

Fu una sepoltura gloriosa. — Anzitutto essa avvenne decorosamente — contro ogni aspettazione umana — trattandosi d’un giustiziato — anzi, d’un crocifisso — condannato al supplizio estremo a furor di popolo — e sentenziato a morte da tutti i tribunali del luogo. — Chi si sarebbe dovuto più curare di Lui? — dell’infame. secondo i pagani? — del « maledetto », secondo i Giudei? — Viceversa, ecco muoversi Giuseppe d’Arimatea — gentiluomo autorevole — per le pratiche legali, presso Pilato, per la consegna della Salma — e inoltre per regalargli il proprio sepolcro nuovo — e per procurargli la sindone funeraria; — ecco Nicodemo — altro autorevolissimo Sinedrita — portare aromi in abbondanza — e dar mano alla deposizione -. senza rispetti umani!

Fu una sepoltura riparatrice. — L’insinuò Zaccarìa Profeta (12, 10) — e difatti Giuseppe e Nicodemo ripararono così al rispetto umano, che li aveva tenuti più o meno lontani da Gesù vivo. — Parimenti l’affetto delle pie donne — unitesi con Maria SS. e con San Giovanni Apostolo nelle cure funebri — fu doverosa e delicata riparazione del vuoto morale fattosi attorno a Gesù dal momento della sua cattura. — E le lacrime di Maria SS. su ciascuna delle piaghe di Gesù morto, non furono preziosissima riparazione dei lazzi farisaici — delle torture inflitte a Gesù?

Fu una sepoltura provvisoria. — Lo si sentiva nell’aria — dopo le meraviglie avvenute in morte del Redentore — che le cose non dovevano finir lì — e che quella tomba doveva maturare grandi avvenimenti — anche se non si osasse pensare alla risurrezione. — Tutti avevano viste le fitte tenebre universali che avevano adombrate le agonie di Gesù — tutti avevano avvertito il gran terremoto avvenuto allo spirare di Lui: — il terrore aveva pervaso e il popolo e i soldati abbandonanti il Calvario — e persino nel Tempio, sacerdoti e leviti e sacrificanti erano rimasti atterriti per il misterioso squarciarsi da cima a fondo del velo del Santuario… — Erano i prodromi della risurrezione! — Al terzo giorno, quel Corpo divino — sacro tempio del Dio vivo — doveva venire ricostituito!

L’Anima di Gesù in festa… —

Mentre ancora la Salma adorabile del Divino Agnello svenato pendeva dalla croce – l’Anima di Gesù — già pienamente beata — subito entrò in pieno possesso della gloria immensa — che s’era guadagnata con la sua dura passione. — Che festa per lei!

Festa in Paradiso. — Che festa non le avran fatta l’Eterno Padre e lo Spirito Santo — per la piena vittoria riportata sul peccato — e sull’inferno — com’anche per il pieno — esuberante — infinito compenso dato alla Divina Giustizia! — Che festa le avranno fatta eziandio gli Angeli — umiliandole gli ossequi delle loro gerarchie! — E che festa ancora — nel suo intimo — sarà stata la sua — mirando dalle altezze sideree smisurate la tanto piccola nostra terra — e su questa terra il tanto più piccolo Calvario — e, sul Calvario, la Croce-Altare ancora cruento del grande Sacrificio! — Com’era giubilante del grande atto compiuto!

Festa al Limbo dei Ss. Padri. — Dopo umiliati all’Eterno Padre i trofei della sua vittoria — la beata anima di Gesù cominciò la bella parte di consolatrice — iniziandola col beatificare le anime dei SS. Padri trattenute nel Limbo — in solo comparire in mezzo a loro. — Figuriamoci il tripudio dei Patriarchi — dei Profeti – dei Sacerdoti — degli Antenati del Redentore! — E la gioia di S. Giuseppe? — e quella del Battista, quella del ladro convertito, sopravvenuto in breve? — Chi può descriverla? — Meritiamo anche noi — com’essi — che il nostro primo incontro con Gesù nell’eternità sia incontro rassicurante — beatifico!

Festa al… Calvario. — Immaginiamo tutte quelle anime glorificate — condotte dall’Anima di Gesù al Calvario — a contemplarvi il suo sacro Corpo esangue — la Croce — i chiodi — la terra — tutto ancor rosseggiante del prezzo del nostro riscatto. — Che inni di ammirazione — e di riconoscenza — non avranno là iterati quegli spiriti eletti al Divino loro Salvatore — che tutti gli aveva redenti — a tanto suo costo! — e per sempre! — strappandoli alle tremende maledizioni divine! — Uniamo ancor noi la nostra voce a quei canti — pregando d’iterarli un giorno nel Cielo!

LA PASSIONE DI GESU’ (1)

La meditazione della Passione di N. S. Gesù Cristo. (1)

(GIULIO MONETTI: La Sapienza cristiana, vol. II, p. s. – Unione tipo. Tor. 1949)

— L’ultima parte della S. Quaresima è dalla Chiesa chiamata Tempo della Passione — e consacrata — anche con liturgìa speciale — alla commemorazione della Passione di Gesù. — Come ci devono essere care queste due settimane! La meditazione della Passione è per noi debito di riconoscenza! — E non era forse più che giusto che, mentre il Signore spargeva per noi tutto il suo Sangue, noi l’avessimo accompagnato in ciò almeno collo spargere le nostre lacrime – se fossimo vissuti allora — atteso specialmente che, non a Lui — l’Innocente — il Santo dei Santi — ma a noi – colpevoli — conveniva il patire? — Ebbene, ciò che non potemmo fare allora, facciamolo adesso! — E Gesù gradirà — accetterà intenerito — la nostra affettuosa compassione — proprio come se n’avesse tuttora bisogno! La meditazione della Passione è per noi miniera inesauribile! — Anzitutto è naturale che più partecipi dei frutti della Passione chi meglio — e più frequentemente — se ne ricordi — quasi a raccogliere su di sé in maggior copia il Sangue Divino. — Inoltre, il ricordo della Passione è nato fatto per eccitare in noi la contrizione perfetta dei nostri peccati, — che trassero Gesù alla croce — e insieme lamore pertetto a quel Gesù — che per noi ha tanto sofferto. — Orbene carità e contrizione perfetta sono due radici fecondissime di merito soprannaturale — di santificazione. La meditazione della Passione è per noi scuola di virtù insuperabile. — Ci mostra infatti in Gesù appassionato il modello più perfetto — e più suggestivo — di pazienza — mansuetudine — umiltà — obbedienza — zelo — carità — sacrificio… — Inoltre, già ci dissipa preventivamente tutti i pretesti che la nostra mollezza potrebbe invocare — per esimerci da difficoltà — da rinunzie — che da noi richiedesse la vita virtuosa; — se Gesù non entrò nella sua gloria, se non compiendo la sua Via Crucis. chi siam noi da pretendere condizioni più agevoli — o più comode — per ottenere il Paradiso? — Chi oserà rifiutar la propria croce?

L’Ultima Cena del Divin Salvatore. —

Con che cuore non la celebrò Gesù — sapendo ch’era venuta l’ora sua — e che l’orribile sua Passione era imminente! — Tanto più che aveva determinato d’istituire in essa la Eucaristia — consacrazione del Nuovo Testamento — Sacramento insieme e Sacrificio! L’ultima Cena Pasquale secondo la Legge Mosaica. — Ancora una volta Gesù e gli Apostoli mangiarono insieme l’Agnello Pasquale — senza macchia — mansueto — svenato — salvezza del popolo eletto… — simbolo eloquente di Gesù — vero Agnello immacolato di Dio — mite ed umile di cuore — vittima volontaria cruenta — per la salute dell’intero genere umano… — Oh impariamo l’esattezza — e lo spirito — col quale dobbiamo ottemperare alla Legge santa di Dio — unendo l’esterna compitezza degli atti coll’interno fervore dell’animo!

La prima Cena Eucaristica. — Che solennità! — Gesù la celebra in un raccolto Cenacolo — grandioso — addobbato — dopo lavati i piedi agli Apostoli — per vieppiù purificarli — ed iniziarli alla vicendevole umiltà e carità…! — Che generosità poi — in darsi in cibo e bevanda agli Apostoli — quando proprio e la giudaica invidia maligna — e la venalità del traditore — ne tramavan la morte! — E proprio allora creava Pontefici del nuovo Culto quegli Apostoli appunto, che entro poche ore tutti l’avrebbero abbandonato! — E che amore per noi — in prevenire nel suo sacrificarsi per noi l’opera stessa dei suoi nemici! — Grazie! mille grazie, Gesù!

La cena dell’affettuoso commiato. — Pensiamo — oltreché al Testamento reale (quello cioè del suo Corpo e del suo Sangue) — anche al Testamento morale lasciato da Gesù agli Apostoli — e, in loro persona, a noi — alla Chiesa tutta. — È testamento d’amore divino: — « Conservatevi nel mio affetto! ». — È testamento di mutua concordia: — « Vogliatevi bene a vicenda! ». — È testamento di sovrana, incrollabile fiducia: — « Confidenza! Io ho vinto il mondo! ». — È testamento delle più larghe promesse: — « Quanto mi domanderete… ve lo farò! » — « Non vi lascerò orfani!» — « Vi preparo un regno! ». — È testamento di pace: — « Vi do la mia pace! ».

Nel folto del Gethsemani… —

Scocca l’ora della Passione — l’ora tanto desiderata da Gesù — e per la gloria dell’Eterno suo Padre — e per la redenzione nostra — e per la restaurazione dell’ordine supremo di giustizia e di pace… — E Gesù — divino volontario della morte — si avvia al Giardino degli Ulivi — per darvisi in mano ai suoi nemici

La prima agonìa: — l’agonìa del cuore… — Gesù vuole egli stesso anticiparsi spiritualmente i tormenti: — quindi abbandona l’anima sua alle più mortali angosce. — Angosce di timore: — prevedeva tutto ciò che gli si preparava:; — umiliazioni — spasimi — agonie… — lo prevedeva tutto insieme — lo prevedeva con piena vivezza dolorosa! — Angosce di avversione profonda e disgusto: — prevedeva l’ingratitudine — sentiva tutto lo schifo dei peccati del mondo, cui voleva espiare! — Angosce di estrema mestizia: — vedeva che, nonostante la sua Passione e Morte, innumerevoli anime erano precipitate — e precipitavano — e continuerebbero poi a precipitar nell’inferno! — Vedeva ancora i suoi eletti perseguitati dagli empi in ogni tempo — e con quanta acrimonia!

La dolorosa preghiera. — Qual riparo cercò Gesù a quell’immane amarezza — che lo gittò in sì fiera agonia da spremergli — vivo ed abbondante — tutto un sudore di sangue? — La preghiera! — E fu preghiera riverente — la fece prostrato, prosteso in terra! — Fu preghiera semplice — iterò per ore la stessa richiesta! — Fu preghiera rassegnata — la domanda fu sempre subordinata al volere dell’Eterno Padre! — Fu preghiera costante — Gesù la proseguì sino ad alta notte — e sin quasi al sopravvenire di Giuda! — Fu preghiera feconda -—- fruttò a Gesù la discesa di un Angelo dal Cielo — mandatogli dal Padre per confortarlo — È così che preghiamo noi?

La cattura ignominiosa. — Al sopravvenire degli armati che dovevano arrestarlo, Gesù va loro incontro — spontaneamente: — che bontà per noi! — Fa anche ripetuti miracoli — per aprire ad essi gli occhi — e prevenirne il peccato: — che bontà anche per loro! — Ma tutto fu inutile; — indurati nel male — osarono inferocire contro il Salvatore del mondo — il Figliuolo di Dio! — Che satanica — fatale ostinazione! — E Gesù — mite Agnello tra i lupi furiosi — loro s’abbandona.

E gli Apostoli? —

Una delle fitte più penose al Cuore SS. di Gesù nel Gethsemani fu la condotta usata verso di lui dagli Apostoli — dai quali — dopo tante sue cure verso di loro — dopo tante loro dichiarazioni e promesse — era in diritto di attendere ben altro!…

Giuda. — L’ingrato! — Gesù l’aveva voluto tra gli Apostoli — con vocazione sublime: — ed egli la profanò! — Gli aveva affidato il poco denaro del Collegio Apostolico: — ed egli ne abusò! — Gli aveva dato il dono dei miracoli: — ed egli, salvatore così di altri, riuscì a perdere se stesso!… — Il cinico! — Gesù paternamente l’avvisa — prima con delicatezza — poi con severità — infine con tenerezza accorata… — ed egli, duro! — Tradisce — col bacio — fattosi guida ai manigoldi — e tutto di sua propria iniziativa! — Il disgraziato — Fatto il colpo — Satana lo terrorizza col fiero rimorso; — e Giuda — pur ricreduto — pentito — dimentica la Divina Misericordia Infinita — e si uccide! — Com’è tremendo l’abuso della grazia!

I tre privilegiati… — Sono Pietro — e i due fratelli, Giacomo — e Giovanni: — i tre testimoni della trasfigurazione di Gesù — nonché della risurrezione della figlia di Giairo. — Anche nel Gethsemani Gesù li privilegiava — scegliendoseli a speciali consolatori — e confidenti — nelle sue tanto terribili agonie… — Ma non ne capirono il esto pieno di tenerezza — né il susseguente affettuoso rimprovero — e si lasciarono vincer dal sonno — invece di vegliare — e pregare — come Gesù domandava! —

Povera fiacchezza umana! — Quanto non abbisogna di essere rinfrancata dalla preghiera — agguerrita dalla mortificazione — presidiata dalla vigilanza! Tutti gli undici Apostoli… — Visto Gesù arrestato — fuggono tutti! — Che schianto al Divin Cuore di Gesù — innanzi a tanta viltà — e poca fede! — E ciò dopo tre anni di vita intima con Lui — dopo vistine tanti miracoli — dopo tante proteste d’essergli fedeli sino alla morte — dopo le tante esortazioni fatte loro da Gesù di portare la croce dietro di lui! — Eppure, Gesù li compatisce — e ne procura — efficacemente — l’incolumità — mentre va alla morte per loro! — Che differenza tra la condotta di Gesù per gli uomini — e quella degli uomini con Gesù!

Un primo iniquo processo. — Gesù — dopo la sua cattura — dalla furia dei manigoldi viene trascinato giù dall’oliveto sino al torrente Cedron — e poi è fatto risalire al monte Sion — ove s’aduna il Sinedrio. — L’attendono Scribi e Farisei — agognanti la loro Vittima!

In casa del vecchio Anna. — Gioia ferina provò quel capo dei Sadducei — in vedersi innanzi legato Gesù! — Ma… riderà bene chi riderà l’ultimo! — Però Anna non aveva autorità d’interrogare Gesù: — quindi il Divino Maestro elude le sue domande fuori di posto: — il presunto reo mostra già che un giorno il Giudice sarà Lui! — Per questo un soldato dà uno schiaffo a Gesù, come ad un impertinente: — che dolore — e che affronto per Gesù! — Eppure, Gesù. compatendo alla sua grossolanità ed ignoranza, non lo fulmina: — soltanto lo corregge dolcemente.

In casa del Pontefice Caifa. — Là sedeva il Sinedrio — convocato per la circostanza — in notte piena. Quanto impegno nei cattivi per il male — mentre i buoni ne hanno sì poco per il bene! — S’istruisce il processo; — ma non si riesce ad avere deposizione giuridica contro Gesù! — Figurarsi! — Era la stessa innocenza — la santità in persona! — Allora Caifa scongiura Gesù a dichiarare, se Egli sia davvero il Figlio di Dio: — e Gesù l’afferma con tremenda solennità… — Ancora una grazia a quei ciechi, per convertirli! — E come vi rispondono? — Col condannare Gesù, quale reo di morte!

Tra i lazzi della soldataglia. — Dalla sala del Sinedrio fu allora Gesù tratto a uno stanzone — dove i soldati presero a schernirlo — e a percuoterlo e sputacchiandolo

– e trattandolo da profeta da strapazzo. — Tristo giuoco – e doloroso — contro ogni diritto — e che sembra durasse parecchie ore! — Quanto non n’ebbe a patire Gesù —

tanto mite e delicato — nella piena coscienza della sua grandezza divina – e dell’immenso debito di riconoscenza che gli avevano quei miserabili! — E soffriva tanto anche per la dannazione alla quale si avviavano!

Le negazioni di S. Pietro.

Gesù tollerava — in mansueto — e insieme maestoso — silenzio — tanto l’insulto di quella sedicente procedura legale — quanto i lazzi — e le percosse — di quella malnata sbirraglia; — c’era da attendervisi! — erano nemici! — Ma la defezione di un Pietro che lo rinnega — e giura e spergiura di neppure conoscerlo! — Che strazio per Gesù!

Lo sdrcciolo… — Ma come mai il Principe degli Apostoli — il privilegiato discepolo di Gesù — l’araldo ispirato della sua Divinità — si ridusse a tale estremo? — E vi si ridusse dopo i tanto chiari preavvisi di Gesù medesimo? — Ecco come fu preparata la fatale caduta: — fu predisposta dalla presunzione, mostrata da Pietro nel Cenacolo: — dalla mancanza di preghiera, trascurata da lui nel Gethsemani — dalla temerità dell’esporsi da sé all’occasione pericolosa — là nell’atrio — anche dopo la sua fuga codarda…

La caduta. — Fu rovinosa! — Che distruzioni nella povera anima di Pietro! — Passava di tratto dalla dignità di Apostolo all’abbiezione del rinnegato — dell’apostata; — da paladino di Gesù — quale s’era atteggiato nel Gethsemani — passava ad essere un disertore, nel campo nemico! — Fu obbrobriosa — quanto il cedere le armi alle chiacchiere di due fantesche — e quanto è di maggior ignominia la ricaduta molteplice — che non un primo errore incorso quasi per sorpresa. — E quanto non fu penosa a Gesù!

La conversione. — Meno male che — all’opposto di Giuda — Pietro, non solo si pentì — ma confidò d’ottenere il perdono. — Passò Gesù presso di lui — tra i soldati — e lo guardò pietosamente — ricordandogli così la profezia che gli aveva fatta: — era proprio avvenuto che, avanti il secondo canto del gallo, Pietro rinnegasse il suo Divino Maestro — per ben tre volte! — Tutto dunque umiliato — fuggì dal luogo della sua colpa — si raccolse a piangerla amaramente — pensando al modo di ripararvi — e di farla dimenticare a Gesù!

Gesù al Pretorio di Pilato. — Condannato dalla Sinagoga giudaica — e, per lei, dal Sinedrio — il gran Tribunale nazionale e religioso — Gesù vien tradotto a Pilato — a subirvi la condanna del Tribunale civile — e del potere straniero. — Che umiliazione per Gesù!

La malignità degli accusatori. — Che ipocrisia quella dei Giudei — in non volere entrare nel Pretorio pagano, per non contaminarsi — mentre non indietreggiavano innanzi allo stesso deicidio! — Che iniquità nel calunniare Gesù per sedizioso — antagonista di Cesare — bestemmiatore — quando di tali imputazioni non potevano addurre alcuna prova! — E che cecità in non avvertire che essi stessi comprovavano la venuta del Messia — col confessare d’avere perduta l’indipendenza — con quel loro ricorso a Pilato!

La vigliacca remissività di Pilato. — Egli ben capisce la montatura giudaica contro Gesù: ma — vigliacco — non ha il coraggio delle sue convinzioni: — prevaricatore — viene poi meno all’integrità doverosa del suo ufficio — tradendo la giustizia; — con ciò stesso si macchia di crudeltà — e di omicidio — mandando a morte Gesù innocente — ad onta di tutte le sue velleità di salvarlo! — Né giovano le mansuete attrattive di Gesù — né le sue divine — e tanto espressive — parole — né gli avvisi misericordiosi della consorte — né i rimorsi della coscienza. — Quant’è duro — e fatale — il giogo delle passioni!

La longanimità del Divino Paziente. — Che fa Gesù contro; la calunnia? — Tace! — E contro la malignità provocatrice? — Perdona! — E contro l’inqualificabile irresolutezza di Pilato? — Paziente, gli moltiplica chiarimenti e stimoli! — E contro i brutali maltrattamenti dei manigoldi — le imprecazioni della plebaglia — gli amari motteggi dei curiosi affollati sul suo passaggio? — Nessuna reazione! — Tutto accetta dalla mano del Padre! — Ed era l’Innocente! — il Salvatore! — il Figlio di Dio! — Quanto non abbiamo da imparare!

Dal Pretorio di Pilato alla Reggia di Erode. —

Pilato — impensierito dalla solenne affermazione di Gesù di essere Re — sempre più convinto dell’innocenza di Lui – coglie a volo l’accenno alla Galilea, fatto dalle turbe — per rimettere la causa di Gesù nelle mani di Erode — e liberarsene.

Le mezze volontà di Pilato. — Egli avrebbe dovuto, senz’altro, liberare Gesù — conoscendone l’innocenza: — e non già rimettere la causa di lui ad altre mani. — E che premio ne avrebbe avuto dal Divin Salvatore! — E invece? — Tergiversando — giocando di politica — volendo liberare Gesù — e insieme non volendo averne l’aria — se ne rimette ad Erode. — E non riesce a nulla! — Persuadiamocene pure: — la vittoria — e il conseguente trionfo celeste non sono dei pigri, — che vogliono e non vogliono: — ma dei risoluti, — che vogliono — e vogliono a qualsiasi costo — obbedire a Dio — e salvarsi l’anima!

I futili desideri di Erode. — Desiderava vedere Gesù: — e sarebbe stata l’ottima cosa — se l’avesse desiderato per fare onore a Lui — e giovarsi delle dottrine di Lui — ed avere dalla grazia di lui i sussidi opportuni — a salute dell’anima propria. — Viceversa agì per curiosità frivola — ingiuriosa a Gesù, quasi fosse un giullare; — laonde, non secondato, la mutò in torvo dispetto — che culminò nell’insulto a Gesù — trattato da pazzo da tutta la Corte e da tutto l’esercito — e così rinviato ignominiosamente a Pilato!

La diabolica ostinazione giudaica. — Vediamo le corse di quei ciechi nemici di Gesù — dal Sinedrio al Pretorio — poi dal Pretorio ad Erode — e poi da Erode nuovamente a Pilato — instancabili — pur di rovinare Gesù — accaniti nel calunniarlo — furibondi nel domandarne la morte: — proprio mentre per Gesù non si leva nessuno — non si ode una voce — non si muove un dito! — E Gesù, quanto non sente questa cattiveria degli uni — e quest’inerzia degli altri! — Anche oggi gli empi imperversano: — e i buoni che cosa fanno? — E tu? — Che fai?

PROFEZIE PER LE ANIME ALLA RICERCA DELLA VERITA’

Profezie per le anime alla ricerca della verità.

[Pubblicato il 6 maggio 2008 in Plot against the Pope]

Redatto da Jim Condit Jr.

(Ad eccezione dell’ultima citazione del defunto p. Urban Snyder, che ho trovato nella prima pagina del libro di Hutton Gibson del 1979: “L’eredità di Paolo VI: Cattolicesimo?”, quasi tutto ciò che è riportato in questo articolo è tratto dal libro di Yves Dupont del 1971, “Catholic Prophecy“, oppure mi è stato segnalato dal signor Gary Giuffré del Texas. Parte di quanto segue è semplicemente un taglia e incolla di scritti che Gary Giuffré mi ha fornito. Lo scopo è quello di far conoscere questo materiale a coloro che cercano la verità sulla nostra epoca attuale e sulle “spaventose crisi” – per usare le parole di Nostra Signora di La Salette – nella Chiesa cattolica).

Inoltre, ho dedicato qualche ora a raccogliere citazioni e profezie importanti, da inviare originariamente ai miei fratelli e sorelle. Per esempio, alla fine c’è una citazione del vescovo Sheen che credo tutti troveranno interessante. ANCHE SE SI RITIENE CHE QUESTE COSE AVVERRANO PIÙ PROBABILMENTE NEL FUTURO, piuttosto che nel passato (come credo sia il caso), queste citazioni di studiosi cattolici e Santi veggenti meritano di essere considerate e studiate.

Non può accadere qui?

Il motivo per cui mi sono preso il tempo di elencare tutte queste citazioni è che quasi tutti i tentativi di difesa contro gli abomini della Nuova Messa (come l’errata traduzione “per tutti gli uomini” [versato per voi e per tutti in italiano] nella versione inglese) vengano accolti con: “l’obbedienza al Papa è sempre sicura” e “… mostraci il tuo Papa”. Sebbene entrambi siano sentimenti sani, la questione che dobbiamo affrontare è la seguente: è POSSIBILE che Dio permetta ad un antipapa di usurpare la sede del Papa a Roma – e di presentarsi al mondo intero come il vero Papa, mentre in realtà è l’antipapa? Molti sembrano pensare che ciò sia impossibile e che Dio non permetterebbe che ciò accada, e inoltre che ciò significherebbe che “le porte dell’inferno” hanno prevalso contro la Chiesa e che Cristo ha mancato alla Sua promessa. [questa opposizione cade davanti ai numerosi antipapi che nella storia della Chiesa hanno usurpato la Sede apostolica – ndt.] Tuttavia, di seguito è chiaro che gli studiosi della Chiesa che hanno affrontato questo tema, così come i Santi e le persone sante approvate – in molti Paesi ed in molti secoli – hanno detto l’esatto contrario, indicando che esattamente questo scenario si presenterà ai fedeli durante un periodo vicino alla fine dei tempi. Io sostengo che questo periodo – a cui forse Cristo stesso si riferisce nella Scrittura (San Matteo) come ” … non è ancora la fine ” – potrebbe essere iniziato nel 1958, quando un vero Papa fu eletto e messo da parte, e tenuto in una sorta di prigionia la cui natura non è ancora stata rivelata. Questo spiegherebbe tutti i cambiamenti inauditi nelle strutture della Chiesa, compresi quelli che ovviamente non potevano provenire dall’Autorità cattolica, cioè togliere la patena a chi riceve la Comunione e spostare il tabernacolo dal centro della Chiesa parrocchiale, o fuori dalla chiesa stessa. (Tralascio qui le esecrande pistole fumanti dei cambiamenti nella consacrazione della Nuova (pseudo-)Messa [in realtà un rito rosa+croce inventato dal massone A. Bugnini con la collaborazione di 6 pseudoteologi protestanti, su commissione dell’illuminato Montini – ndt.] nella versione inglese ed alcuni documenti del Vaticano II).

Una visione diversa della fine del mondo.

Nota: Yves Dupont in Catholic Prophecy (TAN books) – ha un capitolo intitolato: “La fine del mondo” – in cui Dupont spiega che ritiene certo, sulla base delle Scritture, che ci saranno due fasi della fine. La prima è la fine del Quinto Periodo della Chiesa, come sostengono alcuni Santi [v. B. Holzhauser – ndt.], che sarebbe il castigo che conclude il Quinto periodo, dal 1520 circa con l’avvento del protestantesimo, fino ai Tre giorni di tenebre, o qualunque sia il castigo che conclude questa epoca, caratterizzato da una disintegrazione senza precedenti della Chiesa e dello Stato. Questo è il periodo che, secondo Dupont, è indicato da Cristo stesso come “l’inizio dei dolori” in Matteo XXIV: 6, quando Cristo dice: “Ma la fine non è ancora…”. – Questo castigo (che conclude il 5° periodo della Chiesa) è poi seguito dal periodo di pace, o pace di Fatima (che costituisce il 6° periodo della Chiesa), in cui il “Vangelo è predicato in tutto il mondo”, con conseguente conversione quasi universale al Cattolicesimo. Dopo il periodo di pace (il 6° periodo della Chiesa), che termina dopo alcune generazioni o, secondo p. Sylvester Berry che scriveva nel 1921 circa, termina dopo ben 500 anni (per rimediare ai 500 anni di danni causati dalla Rivolta Protestante), arriva il 7° periodo: la venuta dell’Anticristo e la Fine del Mondo” [l’interpretazione più corretta dei periodi della Chiesa del beato Holzhauser, è stata fatta a nostro avviso da A. Nicolas, in Congetture … Interpretando le vicende storiche il quinto periodo, che sono i mille anni – dall’inconorazione di Carlo Magno alla rivoluzione francese e Napoleone – si conclude alla fine del XVII secolo con il castigo della rivoluzione francese e le guerre napoleoniche che hanno devastato la cristianità dell’epoca. La sesta era inizia dopo e coincide con la diffusione con Pio IX del Cattolicesimo in tutto il pianeta e l’istituzione di centinaia di diocesi in America, Sud est asiatico, Africa, Oceania, e la sua fine si fonde con l’inizio della settima in coincidenza della cacciata dal Soglio di s. Pietro del Pontefice romano del 1958 – ndr.]. Pertanto, alcune delle analisi degli studiosi che seguono possono riferirsi sia alla quinta che alla settima era, ossia alla fine del mondo, – oppure alcuni studiosi potrebbero non aver creduto che ci siano due fasi per la fine del mondo, e quindi si riferiscono ai problemi più gravi della fine del mondo, che vediamo in forma meno grave, ma comunque devastante, in questo periodo (dal 1958 al 20??). Nella pubblicazione originale TAN di “Catholic Prophecy” – il capitolo sulla “Fine del mondo” va da pagina 89 a pagina 91.

Qui di seguito elenco una serie di studiosi e di profezie che indicano che ad un certo punto un falso papa operante da Roma si presenterà sulla scena mondiale, ingannando quasi tutto il mondo; – si noti in particolare l’ultima voce del Vescovo Sheen del 1948; – anche se tutto ciò che ho elencato di seguito è, direi, importante da considerare. Questa idea non è nata – ripeto – da Gary Giuffré o da me. Gary ha solo compilato diligentemente un elenco di molti di questi, così come Yves Dupont nel libro Catholic prophecy del 1971, – ed entrambi sono stati motivati a farlo una volta che le contraddizioni ed i segni erano chiaramente davanti ai nostri occhi in ogni parrocchia del mondo, e nei documenti del Vaticano II, per non parlare di tutti gli abomini che sono caduti sui fedeli come una valanga dal 1958 … Come ho detto, ho messo questo fuori ora, nel caso in cui non avessi mai più avuto modo di farlo in seguito:

1. Padri di Reims Douay – 1582 circa

L’eventuale soppressione del Santo Sacrificio era implicita in San Matteo, secondo gli eminenti studiosi di Scritture della Chiesa, i dottori William Allen, Thomas Worthington e Richard Bristow. Nelle loro annotazioni complete su Matteo XXIV: 15, riguardo al versetto “quando vedrete l’abominio della desolazione … in piedi nel luogo santo …”, i Padri di Oxford di Douay danno la seguente interpretazione:

” … l’abominio della desolazione predetto si è in parte adempiuto in diverse profanazioni del Tempio di Gerusalemme, quando il sacrificio e il servizio di Dio furono portati via. Ma in particolare si adempirà con l’Anticristo ed i suoi precursori, quando aboliranno la Santa Messa, che è il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo, e l’unico culto sovrano dovuto a Dio nella Sua Chiesa… Da ciò si evince che gli eretici di quei giorni [Gli aderenti al c. d. Novus ordo – ndr-] saranno dei precursori speciali dell’Anticristo”. Nel loro commento a II Tessalonicesi 2:3-4, i padri Allen, Worthington e Bristow hanno interpretato il passo: “Il figlio della perdizione … siede nel tempio di Dio”, per significando che: “L’Anticristo … governerà il mondo intero e proibirà specificamente il culto principale istituito da Cristo nei suoi Sacramenti … togliendo il Sacrificio dell’altare …”.

” . . . Questo porta chiaramente ai segni che il profeta [Malachia] dà della persecuzione degli ultimi giorni. Ora, ci sono tre cose che egli ha registrato. Nella preveggenza della profezia ha visto e notato questi tre segni. Il primo, che il sacrificio continuo sarà tolto; il secondo, che il santuario sarà occupato dall’abominio che lo rende desolato; il terzo, che “la forza” e “gli altari”, come li ha descritti, saranno abbattuti; e questi sono gli unici tre che noterò”.

2. Henry Edward Cardinal Manning – 1870 circa

(Manning era uno studioso, non un profeta, ma di grande reputazione, e ciò che descrive per la fine del mondo è prefigurato, se l’interpretazione di Dupont è corretta, nell'”Inizio della fine” in cui sembra che stiamo vivendo, ma stabilisce che i Cattolici non possono semplicemente seguire chiunque a Roma sostenga di essere il Papa. E quando i Cattolici non dovrebbero seguire un uomo del genere? Quando emette sentenze che contraddicono ciò che la Chiesa ha già definito irreformabilmente:

I santi Padri che hanno scritto sull’argomento dell’Anticristo e su queste profezie di Daniele, senza una sola eccezione, per quanto ne sappia, e sono i Padri sia dell’Oriente che dell’Occidente, della Chiesa greca e di quella latina, tutti all’unanimità, dicono che nell’ultima fase del mondo, durante il regno dell’Anticristo, il santo Sacrificio dell’altare cesserà”. [Nell’opera sulla fine del mondo, attribuita a Sant’Ippolito, dopo una lunga descrizione delle afflizioni degli ultimi giorni, leggiamo quanto segue: Le Chiese si lamenteranno con un grande lamento, perché non si offriranno più né oblazioni né incenso, né un culto gradito a Dio. Gli edifici sacri delle chiese saranno come tuguri; e il prezioso Corpo e il Sangue di Cristo non si manifesteranno in quei giorni; la liturgia sarà estinta; il canto dei Salmi cesserà; la lettura della Sacra Scrittura non si udrà più. Ma ci saranno sugli uomini tenebre, e lutto su lutto, e sventura su sventura”. [Allora, la Chiesa sarà dispersa, cacciata nel deserto, e sarà per un certo tempo, come all’inizio, invisibile, nascosta nelle catacombe, nelle tane, sui monti, nei nascondigli; per un certo tempo sarà spazzata via, per così dire, dalla faccia della terra. Questa è la testimonianza universale dei Padri dei primi secoli. . .

“Gli scrittori della Chiesa ci dicono che negli ultimi giorni la città di Roma probabilmente diventerà apostata dalla Chiesa e dal Vicario di Gesù Cristo; e che Roma sarà nuovamente punita, perché egli se ne allontanerà; e il giudizio di Dio cadrà sul luogo da cui un tempo regnava sulle nazioni del mondo. Perché cos’è che rende sacra Roma, se non la presenza del Vicario di Gesù Cristo? Cos’è che dovrebbe essere caro agli occhi di Dio, se non la presenza del Vicario di Suo Figlio? Lasciate che la Chiesa di Cristo si allontani da Roma, e Roma non sarà agli occhi di Dio più della Gerusalemme di un tempo. Gerusalemme, la città santa, scelta da Dio, fu abbattuta e consumata dal fuoco, perché crocifisse il Signore della gloria; e la città di Roma, che è stata la sede del Vicario di Gesù Cristo per settecento anni, se diventerà apostata, come la Gerusalemme di un tempo, subirà la stessa condanna. Perciò gli scrittori della Chiesa ci dicono che la città di Roma non ha alcuna prerogativa se non quella sola di essere sede del Vicario di Cristo; e se diventerà infedele, gli stessi giudizi che si sono abbattuti su Gerusalemme, pur santificata dalla presenza del Figlio di Dio, del Maestro e non del solo discepolo, si abbatteranno anche su Roma”.

Il cardinale Manning continua . . .

“L’apostasia della città di Roma dal Vicario di Cristo e la sua distruzione da parte dell’Anticristo possono essere pensieri così nuovi per molti Cattolici, che ritengo opportuno citare il testo di teologi di grande fama. In primo luogo, Malvenda, che scrive espressamente sull’argomento, afferma come l’opinione di Ribera, Gaspar Melus, Viegas, Suarez, Bellarmino e Bosius, che Roma apostaterà dalla fede, allontanerà il Vicario di Cristo e tornerà al suo antico paganesimo. . . . Essa (cioè Roma) scaccerà il Pontefice cristiano ed i fedeli che gli aderiscono…”.

3.  Padre Sylvester Berry

Lo scritto di padre Sylvester Berry, pubblicato nel 1921 – 37 anni prima del cruciale Conclave del 1958 – è uno scenario incredibilmente vicino a ciò che è effettivamente accaduto alla Chiesa e al Papato nel nostro tempo:

“Nel capitolo precedente [12 dell’Apocalisse] San Giovanni delinea la storia della Chiesa dalla venuta dell’Anticristo fino alla fine del mondo…. In questo capitolo ci mostra la vera natura del conflitto. Sarà una guerra fino alla morte tra la Chiesa e le potenze delle tenebre, nel tentativo finale di distruggere la Chiesa ed impedire così il regno universale di Cristo sulla terra.

“Satana cercherà prima di tutto di distruggere il potere del Papato e di provocare la caduta della Chiesa attraverso le eresie, gli scismi e le persecuzioni che sicuramente seguiranno… per indurre i fedeli nell’errore e distruggere quelli che rimangono saldi…

” . . . La Chiesa, sposa fedele di Gesù Cristo, è rappresentata come una donna rivestita della gloria della grazia divina…”.

” . . . In questo passo c’è un’evidente allusione a qualche figlio particolare – (nota mia: si tratta del cardinale Siri nel 1958?) – della Chiesa il cui potere e la cui influenza saranno tali che satana cercherà di distruggerlo ad ogni costo. Questa persona non può essere altro che il Papa che verrà eletto in quei giorni. Il Papato sarà attaccato da tutte le potenze infernali. Di conseguenza, la Chiesa subirà grandi prove ed afflizioni per assicurarsi un successore sul trono di Pietro.

Le parole di San Paolo ai Tessalonicesi possono essere un riferimento al Papato come ostacolo alla venuta dell’Anticristo: “Voi sapete che cosa lo trattiene (Katekhon), perché sia rivelato a suo tempo. Perché il mistero dell’iniquità già opera; solo che chi ora lo trattiene, lo trattiene finché non sia tolto di mezzo. E allora quel malvagio sarà rivelato”.

“. . . Gli attacchi di satana contro la Chiesa saranno organizzati e portati avanti dai governi e dalle potenze dominanti di quei giorni. (Nota mia: attuati dai massoni che gestiscono gli Stati Uniti e l’URSS nel 1958 contro i 53 cardinali della Chiesa durante e dopo il conclave?).

“Con la bestia dell’Anticristo solo le corna hanno diademi come simboli di regalità o potere di governo. Le teste sono marchiate con nomi di blasfemia. (Apocalisse, 13:1) Quindi simboleggiano i peccati e gli errori che affliggeranno la Chiesa … in questa lotta finale per impedire il regno universale di Cristo, tutte le forme di peccato e di errore saranno schierate contro la Chiesa … tutti gli errori che hanno afflitto la Chiesa possono essere riassunti in questi sette: Giudaismo, paganesimo, arianesimo, maomettanesimo, protestantesimo, razionalismo e ateismo.

“Il drago è visto nel cielo, che qui è simbolo della Chiesa, del regno dei cieli sulla terra. Ciò indica che i primi problemi di quei giorni saranno portati all’interno della Chiesa da Vescovi, Sacerdoti e popoli apostati, le stelle trascinate dalla coda del drago.

” . . . Il drago sta davanti alla donna, pronto a divorare il bambino che viene partorito. In altre parole, le potenze infernali cercano con ogni mezzo di distruggere il Papa eletto in quei giorni.

“. . . È giunta l’ora per le potenze delle tenebre. Il Figlio della Chiesa appena nato viene portato “a Dio e al suo trono”. Nel momento in cui il Papa appena eletto è stato intronizzato, viene strappato via dal martirio. (Nota mia: Siri nel 1958 – un lungo martirio secco, che si conclude con un martirio vero e proprio?) Il “mistero dell’iniquità”, che si sviluppa gradualmente attraverso i secoli, non può essere pienamente consumato finché dura il potere del Papato, ma ora appunto colui che “… lo trattiene è tolto di mezzo”. Durante l’interregno “quel malvagio si rivelerà” nella sua furia contro la Chiesa.” [Nella sua interpretazione dell’Apocalisse, p. Berry suggerisce che sarà il martirio del Papa, subito dopo la sua elezione, a far precipitare un interregno prolungato, causando molteplici tribolazioni ai fedeli. Tuttavia, la soppressione di un vero Papa e l’intensa agonia sofferta dal legittimo Pontefice, che assiste impotente alla devastazione della Chiesa da parte di poteri demoniaci che usurpano la sua Sede per una generazione, potrebbero certamente essere paragonate ad un tipo di martirio prolungato].

“È un dato di fatto che i periodi più disastrosi per la Chiesa sono stati quelli in cui il Soglio pontificio era vacante o in cui gli antipapi si contendevano il legittimo ruolo di capo della Chiesa. Così sarà anche nei giorni nefasti che verranno.

“La Chiesa, privata del suo Pastore principale, deve cercare rifugio nella solitudine per essere guidata da Dio stesso durante quei giorni di prova… In quei giorni la Chiesa … troverà rifugio e consolazione nelle anime fedeli, specialmente nella clausura della vita religiosa”.

” . . . Il nostro Divino Salvatore ha un rappresentante sulla terra nella persona del Papa, al quale ha conferito pieni poteri per insegnare e governare. Allo stesso modo, l’Anticristo avrà il suo rappresentante nel falso profeta che sarà dotato della pienezza dei poteri satanici per ingannare le nazioni.

” . . . Come indicato dalla somiglianza con un agnello (Roncalli, Woitiła, Ratzinger, Bergoglio), il falso profeta si insedierà probabilmente a Roma come una sorta di antipapa durante la vacanza del trono papale…

” . . . L’”abominio della desolazione” è stato compiuto in molte chiese cattoliche da eretici e apostati che hanno rotto altari, disperso reliquie di martiri e profanato il Santissimo Sacramento. Al tempo della Rivoluzione francese, una prostituta era seduta sull’altare della Cattedrale di Parigi e veniva venerata come dea della ragione. Queste cose non fanno che presagire gli abomini che profaneranno le chiese in quei giorni dolorosi… (altari rivolti al popolo, consacrazioni di vescovi e sacerdoti invalide per forma falsa ed eretica, invalidità di sacramenti e messe, vincolo matrimoniale infranto, abolizione del peccato che grida vendetta … -ndr.]

“. … L’Anticristo e il suo profeta introdurranno cerimonie per imitare i Sacramenti della Chiesa. In realtà ci sarà un’organizzazione completa, una chiesa di satana che si opporrà alla Chiesa di Cristo. . . . (Nota mia: creata dagli antipapi a partire dal 1958, e che ora occupa tutte le diocesi del mondo ed il Vaticano stesso). . . . Le loro cerimonie contraffaranno i Sacramenti…”.

4. P. Herman Kramer scrive nel “Libro del destino” nel 1956:

“Il “segno” in cielo è quello di una donna incinta che grida nel suo travaglio e nell’angoscia del parto. . . In quel travaglio, ella dà alla luce una “persona” ben definita che governerà la Chiesa con una verga di ferro (versetto 5). Il testo indica quindi un conflitto all’interno della Chiesa per eleggere colui che doveva “governare tutte le nazioni” nel modo chiaramente indicato. In accordo con il testo, questa è inequivocabilmente un’ELEZIONE PAPALE, perché solo Cristo ed il suo Vicario hanno il diritto divino di governare TUTTE LE NAZIONI. . . Ma in questo momento le grandi potenze potrebbero assumere un atteggiamento minaccioso per ostacolare l’elezione del candidato logico ed atteso, minacciando un’apostasia generale, l’assassinio o l’imprigionamento di questo candidato se eletto. Ciò presupporrebbe una mentalità estremamente ostile da parte dei governi europei (nota mia: dopo la Seconda guerra mondiale, tutti i governi europei, più l’URSS, gli Stati Uniti e la Cina erano controllati dalla giudeo-massoneria) nei confronti della Chiesa, perché un interregno prolungato del Papato è sempre disastroso e lo è ancora di più in un periodo di persecuzione universale. Se satana riuscisse ad ostacolare un’elezione papale, la Chiesa soffrirebbe un grande travaglio”.

P. Kramer prosegue poi:

“. . . Un eminente Cardinale potrebbe essere particolarmente eccezionale nei suoi sforzi per arginare la marea di demoralizzazione dei vescovi e dei sacerdoti. Satana saprà, e le potenze mondiali sapranno, che egli è la probabile scelta per il Papato e che, se eletto, eserciterà … la sua suprema giurisdizione per inaugurare misure di riforma. Satana sa che le sue speranze di una ricca messe di anime saranno allora ridotte al suolo. Perciò deve scongiurare l’elezione o far assassinare il Papa una volta eletto… L’intenzione di satana è di sottomettere anche il Papa appena eletto agli scopi delle potenze mondiali o di tramare la sua morte. Può escogitare un’assicurazione di sicurezza e di immunità dal male per i cardinali che si riuniscono per l’elezione, più facilmente per fare prigioniero il Papa eletto”. (mio commento: una variante di questo scenario è ciò che è realmente accaduto nel 1958?).

5. Approvato dai Papi Pio IX e Leone XIII, ma praticamente nascosto per 70 anni, il Segreto di La Salette recitava in parte:

” . . . Il Vicario di mio Figlio avrà molto da soffrire, poiché per un certo tempo la Chiesa sarà vittima di grandi persecuzioni: questa sarà l’ora delle tenebre. La Chiesa soffrirà una crisi terribile…

“Il Santo Padre soffrirà molto. Io sarò al suo fianco fino alla fine per ricevere il suo sacrificio. I malvagi faranno diversi attentati alla sua vita, ma non potranno nuocergli. Ma né lui né il suo successore [qui Melanie ha inserito tra parentesi le parole: “che non regnerà a lungo”] vivranno per vedere il trionfo della Chiesa di Dio. …

“Roma perderà la Fede e diventerà la sede dell’Anticristo…”.

“La Chiesa sarà in eclissi, il mondo sarà nello sgomento”. (Vedi in ExsurgatDeus.org: Testo completo del Segreto di La Salette).

Infatti, commentando questa parte del segreto, Melania, la veggente di La Salette, disse all’abate francese Paul Combe:

“La Chiesa sarà eclissata. In un primo momento, non sapremo quale sia il vero Papa. Poi, in secondo luogo, il Santo Sacrificio della Messa cesserà di essere offerto nelle chiese e nelle case (religiose); sarà tale che, per un certo tempo, non ci saranno più funzioni pubbliche. Ma vedo che il Santo Sacrificio non è veramente cessato: sarà offerto in granai, in alcove, in grotte e sottoterra”. (Commento: questo spiega ciò che alcuni hanno scritto sul “sacrificio continuo”: così Daniele nell’Antico Testamento parla delle forze dell’anticristo che “toglieranno il Sacrificio continuo”, cioè forse “continuo” significa quando la Messa veniva celebrata in ogni momento, notte e giorno, ad ogni minuto, in qualche parte del mondo, prima del 1969, ma dopo il 1969 la vera Messa non è cessata completamente, ma non è stata più offerta “continuamente” I lefebvriani ed i falsi preti sedevacantisti continuano a celebrare la Messa cattolica, ma lo fanno da “laici”, la cui consacrazione invalida, non è avvenuta giammai – ndr. -).

6. Papa Leone XIII scrisse queste parole come parte dell’originale Preghiera a San Michele, la cui versione abbreviata veniva recitata nelle chiese cattoliche dopo la Messa bassa fino al 1962, finché non fu bruscamente interrotta senza spiegazioni da Roncalli, il sedicente Giovanni XXIII:

“Questi nemici astutissimi hanno riempito e inebriato di fiele e di amarezza la Chiesa, sposa dell’Agnello immacolato, e hanno messo mani empie sui suoi beni più sacri. Nello stesso Luogo Santo, dove è stata eretta la Sede del santissimo Pietro e la Cattedra della Verità per la luce del mondo, hanno innalzato il trono della loro abominevole empietà, con l’iniquo disegno che, colpito il Pastore, le pecore vengano disperse”.

[Commento mio: Papa Leone XIII, dopo la sua visione del 1884, era ovviamente molto preoccupato per il tentativo dei principali nemici della Chiesa di usurpare la sede di Pietro e disperdere le pecore. Era il 1884. Papa Pio IX fece leggere delle istruzioni all’inizio del Conclave che elesse Papa Leone XIII nel 1878. Queste istruzioni prevedevano che sei Cardinali entrassero in clandestinità per gestire la Chiesa in esilio se gli architetti della Massoneria fossero riusciti a usurpare il Vaticano. Nel 1903, le forze delle tenebre arrivarono ad un soffio dal mettere il cardinale Rampolla sulla Cattedra papale. Questo piano avrebbe potuto avere successo se l’Imperatore d’Austria, Francesco Giuseppe, non avesse esercitato “il Veto” riservato ai Re e agli Imperatori cattolici, una volta che Rampolla cominciò a progredire nelle votazioni. Il Cardinale d’Austria si alzò per invocare il veto in quel Conclave. I Cardinali non erano vincolati da tale veto, ma di solito esso aveva avuto la meglio. Alla fine, fu eletto Papa Pio X. I massoni pensavano che Pio IX (1846-1878) sarebbe stato un liberale; ma quando prestò il giuramento papale, divenne il peggior incubo dei massoni. I massoni pensavano che Benedetto XV (1914-1922) sarebbe stato un liberale, così come Pio XI (1922-1939) e Pio XII (1939-1958). Tutti loro hanno protetto le dottrine, i Sacramenti e le Tradizioni liturgiche della Chiesa. Nel 1958, i vertici della Giudeo-massoneria avevano disperato che un vero Papa potesse mai servire la loro agenda satanica? Questi “Illuminati” avevano deciso che dovevano aspettare la prossima elezione di un vero Papa, per poi metterlo da parte con minacce (anche nucleari) ed inganni (realizzati attraverso i Cardinali del conclave che erano già ebrei (o meglio kazari falsi Giudei – ndr. – ) segreti e massoni segreti), in modo che il vero Papa potesse essere sostituito da un anti-Papa eletto “non canonicamente”? In questo modo, i massimi agenti dell’inferno sulla terra, avrebbero avuto la certezza che l’antipapa eletto “non canonicamente” NON avrebbe avuto l’assistenza dello Spirito Santo? Infatti, a differenza di Pio IX, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, i “Papi del Vaticano II”, a partire da Giovanni XXIII, non hanno forse agito come se non avessero l’assistenza dello Spirito Santo? I “Papi del Vaticano II” non si comportano forse come quelli che pronunciano parole tradizionali – mentre supervisionano un’operazione di demolizione contro la Santa Madre Chiesa? – Sto parafrasando ciò che è stato formulato da Gary Giuffré nel corso degli anni, dal quale ho appreso i concetti riportati in questo commento intercalare. Personalmente ritengo che questi concetti siano le scoperte più profonde dell’era post 1958 riguardo alla crisi della Chiesa.]

7. Parte di questa profezia di San Francesco d’Assisi è resa così da P. Culleton:

“Ci sarà un papa eletto in modo non canonico che causerà un grande scisma, saranno predicati pensieri diversi che indurranno molti, anche quelli dei diversi ordini, a dubitare, sì, persino a concordare con quegli eretici che causeranno la divisione del mio Ordine: allora ci saranno dissensi e persecuzioni così universali che se quei giorni non fossero abbreviati anche gli eletti sarebbero perduti”. Rev. Gerald Culleton, The Reign of Antichrist (Il regno dell’Anticristo), 1951, Academy Duplicating Service, Fresno, California, pagina 130. La fonte originale di questa citazione è “Works of the Seraphic Father St. Francis Of Assisi“, Washbourne, 1882, pagg. 248-250.

Un’altra e più completa traduzione di questa profezia di San Francesco d’Assisi:

Poco prima di morire, San Francesco d’Assisi chiamò a raccolta i suoi seguaci e li avvertì dei problemi in arrivo, dicendo:

“1. Si avvicina rapidamente il tempo in cui ci saranno grandi prove e afflizioni; abbonderanno le perplessità ed i dissensi, sia spirituali che temporali; la carità di molti si raffredderà ed aumenterà la malizia dei malvagi.

“2. I demoni avranno un potere inusitato, l’immacolata purezza del nostro Ordine e di altri sarà talmente oscurata che saranno pochissimi i Cristiani che obbediranno al vero Sovrano Pontefice e alla Chiesa romana con cuore leale e perfetta carità. Al tempo di questa tribolazione sarà innalzato al Pontificato un uomo, non eletto canonicamente, che, con la sua astuzia, cercherà di trascinare molti nell’errore e nella morte. (NOTA MIA: notate di nuovo l’ultima frase – è successo nel 1958?).

“3. Allora gli scandali si moltiplicheranno, il nostro Ordine sarà diviso e molti altri saranno completamente distrutti, perché acconsentiranno all’errore invece di opporvisi.

“4. Ci sarà una tale diversità di opinioni e di scismi tra il popolo, i religiosi e il clero, che, se non si abbreviassero quei giorni, secondo le parole del Vangelo, anche gli eletti sarebbero indotti all’errore, se non fossero guidati in modo speciale, in mezzo ad una così grande confusione, dall’immensa misericordia di Dio.

“5. Allora la nostra Regola e il nostro stile di vita saranno violentemente osteggiati da alcuni, e terribili prove si abbatteranno su di noi. Coloro che saranno trovati fedeli riceveranno la corona della vita; ma guai a coloro che, confidando unicamente nel loro Ordine, cadranno nella tiepidezza, perché non saranno in grado di sostenere le tentazioni consentite per la prova degli eletti.

“6. Coloro che conserveranno il loro fervore e aderiranno alla virtù con amore e zelo per la verità, soffriranno ferite e persecuzioni come ribelli e scismatici; (NOTA MIA: guardate di nuovo l’ultima frase) perché i loro persecutori, spinti dagli spiriti maligni, diranno che stanno rendendo un grande servizio a Dio distruggendo questi uomini pestiferi dalla faccia della terra. Ma il Signore sarà il rifugio degli afflitti e salverà tutti coloro che confidano in Lui. E per essere come il loro Capo [Cristo], questi eletti agiranno con fiducia e con la loro morte si compreranno la vita eterna; scegliendo di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, non temeranno nulla e preferiranno perire piuttosto che acconsentire alla falsità e alla perfidia.

“7. Alcuni predicatori taceranno sulla verità, altri la calpesteranno e la negheranno. La santità della vita sarà derisa anche da coloro che la professano esteriormente, perché in quei giorni Gesù Cristo manderà loro non un vero Pastore, ma un distruttore”. (NOTA MIA: per favore, guardate di nuovo l’ultima frase, cioè…. . . “non un vero Pastore”… Ovviamente, il distruttore sarebbe un antipapa. E il vero Papa sarebbe in un esilio nascosto mentre questo distruttore opera la sua distruzione?)

(Tranne che per la suddivisione della narrazione in paragrafi numerati, la profezia è presentata senza alcuna alterazione, come riportata nelle Opere del Serafico Padre San Francesco D’Assisi, Washbourne, 1882, p. 248)

(NOTA MIA: La profezia originale di San Francesco d’Assisi, tratta dal libro del 1882, è tradotta con maggiore precisione, in quanto dice “un uomo, non eletto canonicamente, sarà elevato al Pontificato” e questo sembra riferirsi più precisamente ad un uomo che è un usurpatore. Giovanni XXIII prese il nome di un antipapa del XIII secolo, cioè un antipapa chiamato “Giovanni XXIII” – questo non era mai successo e alcuni commentatori hanno detto che questo era un riconoscimento sia per i cardinali del conclave del 1958 sia per le potenze mondiali dietro la minaccia del conclave – che Giovanni XXIII era stato eletto irregolarmente nel 1958; questo concetto riguardante Giovanni XXIII è stato pubblicato più recentemente in “Inside the Vatican” nel 2004).

8. Giacinta di Fatima: (la visione di Giacinta e la conseguente conversazione tra Giacinta e la giovane Lucia sul “segreto” – fu registrata nel 1947 da William Thomas Walsh) in questo libro “Nostra Signora di Fatima”)

La visione di Giacinta di un futuro Papa:

Commento di Gary Giuffré: Pochi libri o articoli su Fatima hanno menzionato la visione di un futuro Papa, che fu vista dai pastorelli portoghesi e descritta dalla piccola Giacinta Marto, la più giovane dei tre veggenti di Fatima. Di seguito è riportato un raro resoconto della descrizione di Giacinta del Papa che vide, come registrato da Wm Thomas Walsh, a pagina 92 o 93 di “Nostra Signora di Fatima”, scritto nel 1947:

“Vedo il Santo Padre in una casa molto grande, in ginocchio davanti ad un tavolo, con le mani sul viso, che piange. Davanti alla sua casa c’è molta gente, e alcuni gli tirano pietre, altri lo maledicono e gli dicono parole molto sconce. Povero piccolo Santo Padre! Dobbiamo pregare molto per Lui!”.

“”Posso dire di aver visto il Santo Padre e tutta quella gente?” chiese lei (Giacinta).

“No”, rispose Lucia. Non vedi che questo fa parte del segreto? E poi sarà scoperto?””.

(Commento di Gary Giuffré: Da questa narrazione, è evidente che le circostanze insolite che coinvolgono il Papa costituiscono l’essenza del Terzo Segreto di Fatima. È anche ovvio che il Papa nella visione di Giacinta non è saldamente acquartierato in Vaticano, ma si trova in un pericoloso esilio …. . . ” )

9. Tutte le informazioni riportate in questa sezione sono tratte da Catholic Prophecy compilato da Yves Dupont e pubblicato da TAN books:

– paragrafo 33 in Catholic Prophecy, compilato da Yves Dupont, 1971:

San Nicola di Fluh, 1520 circa: “La Chiesa sarà punita perché la maggioranza dei suoi membri, alti e bassi, diventerà così perversa. La Chiesa sprofonderà sempre di più, finché alla fine sembrerà che si sia estinta e che la successione di Pietro e degli altri Apostoli sia decaduta. Ma, dopo questo, essa [la Chiesa] sarà vittoriosamente esaltata agli occhi di tutti i dubbiosi.

(mio commento: sembra che ci siamo quasi, visto che nel mondo sono rimasti solo circa 30 Vescovi, nel 2008, nominati da Papa Pio XII. La cerimonia introdotta per consacrare i vescovi nel 1969 da Paolo VI non ha nulla a che vedere con il tradizionale rito di consacrazione dei Vescovi utilizzato dalla Chiesa. Infatti, l’unica parola che le due cerimonie hanno in comune è “e”. Nel 1947, su richiesta di molti Vescovi, Papa Pio XII definì le parole essenziali per consacrare un Vescovo. Queste parole includevano “ricevere la pienezza del sacerdozio”, denotando così il necessario concetto di “grazia del sacramento” (Sacramentum ordinis). Nel 1969 – 22 anni dopo!!! – Paolo VI rimosse le parole essenziali definite da Papa Pio XII nel 1947. Pertanto, non riesco a trovare un argomento per confutare l’idea che tutte le consacrazioni di vescovi fatte con il Nuovo Rito di Montini – sedicente Paolo VI – dopo il 1968, siano invalide. Ciò significherebbe che anche i sacerdoti consacrati da questi vescovi siano stati ordinati in modo invalido. Ciò richiederebbe la conclusione che solo i restanti Vescovi di Pio XII hanno REALMENTE validità e giurisdizione. – Nonostante queste circostanze disastrose, possiamo trovare conforto nell’ultima frase della profezia di San Nicola di Fluhe: “Ma, dopo questo, essa [la Chiesa] sarà vittoriosamente esaltata agli occhi di tutti i dubbiosi”).

46.2. Ven. Bartolomeo Holzhauser (XVII sec.) “Il quinto periodo è di afflizione, desolazione, umiliazione e povertà per la Chiesa. Gesù Cristo purificherà il suo popolo attraverso guerre crudeli, carestie, epidemie di peste e altre orribili calamità. Inoltre, affliggerà e indebolirà la Chiesa latina con molte eresie. È un periodo di defezioni, calamità e sterminio…

46.6 “Durante questo periodo infelice, ci sarà lassismo nei precetti divini e umani. La disciplina soffrirà. I Sacri Canoni saranno completamente disattesi e il clero non rispetterà le leggi della Chiesa. Ognuno si lascerà trasportare e sarà portato a credere e a fare ciò che gli pare, secondo le abitudini della carne.

46.7 “Ridicolizzeranno la semplicità cristiana, la chiameranno follia ed assurdità, ma avranno la massima considerazione per il sapere avanzato e per l’abilità con cui gli assiomi della legge, i precetti della morale, i Sacri Canoni e i dogmi religiosi vengono offuscati da domande insensate e argomentazioni elaborate. Di conseguenza, nessun principio, per quanto santo, autentico, antico e certo possa essere, rimarrà esente da censure, critiche, false interpretazioni, modifiche e delimitazioni da parte dell’uomo.

52.2 (Jeanne le Royer, Suora della Natività) “Ho visto una grande potenza sollevarsi contro la Chiesa. Essa saccheggiava, devastava, gettava nella confusione e nel disordine la vite del Signore, facendola calpestare dal popolo e mettendola in ridicolo da tutte le nazioni. Dopo aver vilipeso il celibato e oppresso il sacerdozio, ebbe la sfrontatezza di confiscare i beni della Chiesa e di arrogarsi i poteri del Santo Padre, di cui disprezzava la persona e le leggi”. (mio commento: notare: arrogarsi i poteri del Santo Padre … e “confiscare i beni della Chiesa” – quali beni? – entro il 2005, direi: tutti i beni).

53.1 (Ven. Anna-Katrina Emmerick) “Ho visto anche il rapporto tra i due papi. . . Ho visto quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. La vidi aumentare di dimensioni; eretici di ogni genere entrarono nella città (di Roma). Il clero locale diventava sempre più tiepido, e vidi una grande oscurità…

53.2 “Ancora una volta vidi che la Chiesa di Pietro era minata da un piano elaborato dalla setta segreta, mentre le tempeste la danneggiavano. . . “

Commento (di Dupont): Molte profezie prevedono un antipapa ed uno scisma.

53.3 “Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola. . . Nessun Angelo sorvegliava le operazioni di costruzione. In quella chiesa, nulla veniva dall’alto. . . C’era solo divisione e caos. Probabilmente si tratta di una chiesa di creazione umana, secondo l’ultima moda, così come la nuova chiesa eterodossa di Roma, che sembra dello stesso tipo… (Commento di Gary Giuffré: potrebbe riferirsi alla Chiesa del Vaticano II a Roma, o a molto del “Movimento tradizionalista” per quanto riguarda l’altra chiesa che ha visto in cui c’erano solo divisione e caos)

53.24 “In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e si conserverà solo in alcuni luoghi, in pochi casolari e in poche famiglie che Dio ha protetto dalle calamità e dalle guerre”.

53.25Vedo molti ecclesiastici scomunicati che non sembrano preoccuparsi di questo, e nemmeno esserne consapevoli. Eppure, sono scomunicati (ipso facto) ogni volta che collaborano a imprese, entrano in associazioni e abbracciano opinioni sulle quali è stato lanciato un anatema. Si vede così che Dio ratifica i decreti, gli ordini e le interdizioni emanati dal Capo della Chiesa, e che li mantiene in vigore anche se gli uomini non se ne curano, li rifiutano o li deridono”.

55. La profezia di Premol (V secolo). “… E vedo il re di Roma con la sua croce e il suo diadema, che scuote la polvere dai suoi calzari, … La tua Chiesa, o Signore, è lacerata dai suoi stessi figli. Un campo è fedele al Pontefice in fuga, l’altro è soggetto al nuovo governo di Roma che ha spezzato la tiara. Ma Dio onnipotente, nella sua misericordia, porrà fine a questa confusione ed inizierà una nuova era. Allora, disse lo Spirito, questo è l’inizio della fine dei tempi”. (Nota: si tratta di un riferimento all’inizio della Fine, di cui parla Gesù nel Vangelo di San Matteo, XXIV, in contrapposizione alla fine, quando sorgerà l’Anticristo). Dupont pensava che stiamo vivendo all’inizio della fine, cioè dal Vaticano II fino al Grande Castigo e all’inizio della Pace di Fatima).

Commento: (di Yves Dupont): Da questa profezia risulta chiaro che la vera Chiesa sarà fedele al Papa in esilio, mentre il nuovo (falso) papa a Roma sarà, di fatto, un antipapa. Ma, poiché diverse altre profezie ci dicono che il vero Papa morirà nel suo esilio, ne consegue che la vera Chiesa sarà per qualche tempo senza guida. Allora non è difficile prevedere cosa diranno l’antipapa e la gerarchia e il clero rinnegati: “Vedete, il vostro cosiddetto Papa è morto; e chi può darvi un nuovo Papa ora? I nostri cardinali hanno già eletto il nuovo Papa, è qui a Roma”. E, in effetti, poiché la vera Chiesa sarà completamente disorganizzata e i Cardinali fedeli isolati, non potrà essere eletto un nuovo vero Papa, e quindi un gran numero di (pseudo)Cattolici sarà indotto ad accettare la guida dell’antipapa. Un tale scisma non potrebbe verificarsi se il Papa seguisse il consiglio di A. C. Emmerick di “rimanere a Roma”. “Ma”, ha detto, “il Papa è ancora attaccato alle cose della terra”. E, come si dice altrove, “vorrà salvare ciò che pensa possa essere salvato”. In altre parole, il vero Papa, chiunque sia in quel momento, userà il suo giudizio umano e lascerà Roma, invece di rimanere fermo di fronte agli invasori).

(Mio commento: Questo commento di Dupont sulla profezia di Premol è esattamente ciò che viene spesso detto a coloro che affermano che i “Papi” del Vaticano II non possono essere Papi a causa delle loro contraddizioni con le sentenze papali del passato. Questo commento è stato scritto nel 1971, e Dupont credeva che Paolo VI fosse un vero Papa e che sarebbe stato il Papa costretto all’esilio; quindi è solo un uomo che commenta, ma è comunque interessante e mostra che un esperto di profezie prevedeva tali circostanze come indicato dal corpo di profezie che ha studiato).

86. Bl. Rembordt (XVIII secolo). “Queste cose avverranno quando cercheranno di instaurare un nuovo regno di Cristo dal quale sarà bandita la vera fede”. (Questo sembrerebbe un commento senza senso – se non fosse che lo vediamo sotto i nostri occhi – la “Chiesa contraffatta”, come l’ha definita suor Anna Katherine Emmerick. Paolo VI e Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, ed il sig. Bergoglio (il sedicente Francesco) permettono ad ogni tipo di eretico e modernista di scorrazzare, mentre solo i Sacerdoti che sono rimasti fedeli alla tradizione della Chiesa del 2000, e che rifiutano di accettare la nuova religione del Vaticano II e la Nuova (falsa) Messa, vengono anatemizzati, disciplinati ed ostracizzati).

87. Profezia di Oba. “Verrà quando le autorità ecclesiastiche emaneranno direttive per promuovere un nuovo culto, quando ai sacerdoti sarà proibito di celebrare in qualsiasi altro modo, quando le posizioni più alte nella Chiesa saranno date a spergiuri ed ipocriti, quando solo i rinnegati saranno ammessi a occupare quelle posizioni”.

Ancora dalla Venerabile Anna Katrina Emmerich, che costituisce un’ampia sezione in Catholic Prophecy di Dupont:

– “Vogliono togliere al pastore i suoi pascoli! Vogliono sostituirlo con uno che consegnerà tutto al nemico!”.

– Ho visto il Santo Padre circondato da traditori ed in grande angoscia per la Chiesa. Ha avuto visioni e apparizioni nel momento del massimo bisogno. Vidi molti buoni Vescovi pii; ma erano deboli e vacillanti, la loro codardia aveva spesso il sopravvento… Poi vidi le tenebre diffondersi intorno e la gente non cercare più la vera Chiesa”.

– Dobbiamo pregare affinché il Papa non lasci Roma, perché un passo del genere provocherebbe mali inauditi. Dobbiamo pregare lo Spirito Santo affinché lo illumini, perché anche ora stanno cercando di esigere qualcosa da lui. La dottrina protestante, come anche quella dei greci, si sta diffondendo dappertutto… Se il Papa lascia Roma, i nemici della Chiesa avranno il sopravvento… La religione è lì così abilmente minata e soffocata che ci sono a malapena un centinaio di Sacerdoti fedeli… Tutto deve essere ricostruito al più presto, perché tutti, anche gli ecclesiastici, stanno lavorando per distruggere – la rovina è alle porte…”.

– “Vedo il Santo Padre in grande difficoltà. Vive in un altro palazzo e riceve solo pochi ospiti. Se i malvagi conoscessero la loro grande forza, avrebbero già attaccato. Temo che il Santo Padre soffrirà molte tribolazioni prima della sua morte, perché vedo la chiesa nera contraffatta guadagnare terreno, vedo la sua influenza fatale sul pubblico. L’angoscia del Santo Padre e della Chiesa è davvero così grande che si dovrebbe pregare Dio giorno e notte. Mi è stato detto di pregare molto per la Chiesa e per il Papa… Il popolo deve pregare ardentemente per l’estirpazione (estirpazione, distruzione) della chiesa nera”. (Mio commento: Anna Katherine Emmerich vede ripetutamente una Chiesa contraffatta contendere con la vera Chiesa di Roma).

– “Ho visto le conseguenze fatali di questa Chiesa contraffatta: La vidi aumentare; vidi eretici di ogni genere affluire nella città (Roma). Vedevo la crescente tiepidezza del clero, il cerchio delle tenebre che si allargava sempre di più. E ora la visione divenne più estesa. Vedevo in ogni luogo i Cattolici oppressi, infastiditi, limitati e privati della libertà, le chiese erano chiuse e ovunque regnava una grande miseria con guerre e spargimenti di sangue”.

– Un pio parroco è appena morto a Roma di vecchiaia! Ho ricevuto con lui l’assoluzione generale! La sua anima è andata dritta in purgatorio, ma molto presto sarà liberata. Dobbiamo pregare per lui. Era molto legato al Papa, durante la cui prigionia ha fatto molto bene in segreto. . . . .

La beata Anna-Katarina Emmerick nella sua visione del 27 settembre 1820 afferma:

“Ho visto cose deplorevoli: giocavano d’azzardo, bevevano e parlavano in chiesa; facevano anche la corte alle donne. Ogni sorta di abominio veniva perpetrato lì. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora santi e solo pochi avevano una visione sana delle cose. Vidi anche degli ebrei che stavano sotto il portico della chiesa. Tutte queste cose mi causarono molta angoscia”. (Profezia cattolica, p. 66) –

10. Altre profezie:

Papa San Pio X dichiarò: “I nostri nemici non hanno avuto dubbi su questo. Fin dall’inizio, e con la massima chiarezza di visione, hanno determinato il loro obiettivo: prima separarvi da Noi e dalla Cattedra di Pietro, e poi seminare il disordine tra di voi”. (Commento: si noti che in un’Enciclica del 1907 circa, Papa Pio X avverte che l’obiettivo dei massoni è quello di separare i fedeli dal Papa, per poi seminare il disordine. Questo potrebbe essere interpretato semplicemente come il fatto che i nemici della Chiesa cercano di far sì che le persone rifiutino l’autorità del Papa e si allontanino dalla fede – ma alla luce delle profezie di cui sopra, potrebbe anche essere che Papa Pio X abbia scritto queste parole con un altro significato in mente: la separazione letterale del vero Papa dai fedeli attraverso un esilio nascosto abilmente costruito).

Sant’Antonio del Deserto (IV secolo) [Disquisizione CXIV] dichiara:

“Gli uomini si arrenderanno allo spirito del tempo. Diranno che se fossero vissuti ai nostri giorni, la Fede sarebbe stata semplice e facile. Ma ai loro tempi, diranno, le cose sono complesse; la Chiesa deve essere aggiornata e resa significativa per i problemi del giorno. Quando la Chiesa e il mondo saranno una cosa sola, allora quei giorni saranno vicini. Perché il nostro Divino Maestro ha posto una barriera tra le Sue cose e le cose del mondo”. (Citato nella Voce di Fatima, 23 gennaio 1968) (Mio commento: il costante “aggiornamento” è stato il grido di battaglia del Vaticano II e delle sue conseguenze – mai sentito prima nella storia della Chiesa come proveniente dal Vaticano stesso o dai veri Papi).

Beato Gioacchino (1202): “Verso la fine del mondo, l’Anticristo rovescerà il Papa e usurperà la sua sede”.

Beata Maria di Agreda, XVII secolo: “Un insolito castigo del genere umano avrà luogo verso la fine del mondo. . . . Mi è stato rivelato che per intercessione della Madre di Dio tutte le eresie scompariranno. La vittoria sulle eresie è stata riservata da Cristo a Sua Madre… Maria, più che mai, deve risplendere in misericordia, forza e grazia per portare gli increduli alla fede cattolica. Il potere di Maria negli ultimi giorni sarà molto evidente. Maria estenderà il regno di Cristo sui pagani e sui maomettani, e sarà un momento di grande gioia quando Maria sarà intronizzata come Signora e Regina dei Cuori”.

(Mio commento: Notate che Maria di Agreda dice che un castigo insolito avrà luogo VERSO la fine del mondo – e che attraverso la Madre di Dio tutte le eresie scompariranno. Questo indica che l’interpretazione di Yves Dupont su dove ci troviamo nei primi anni del XXI secolo potrebbe essere giusta: che siamo all’”inizio della fine”, la conclusione del quinto periodo della Chiesa, che terminerà con il Grande Castigo, seguito dalla Pace di Fatima in cui Nostra Signora di Fatima sconfiggerà tutte le eresie, cioè il sesto periodo della Chiesa. Per ripetere, il sesto periodo della Chiesa durerà fino all’inizio del settimo periodo, la venuta dell’anticristo e la fine del mondo).

San Luigi Maria Grignion De Montfort (XVIII secolo): “Il potere di Maria su tutti i demoni sarà particolarmente eccezionale nell’ultimo periodo di tempo. Ella estenderà il Regno di Cristo sugli idolatri e sui musulmani, e verrà un’epoca gloriosa in cui Maria sarà la sovrana e la regina dei cuori”.

Suor Marianna, una santa suora che visse nel convento delle Orsoline a Blois all’inizio del XIX secolo:

“Avranno luogo eventi così straordinari che i più increduli saranno costretti a dire: “In verità, il dito di Dio è qui”. Ci sarà una notte terribile durante la quale nessuno potrà dormire. Ma queste prove non dureranno a lungo perché nessuno potrà sopportarle. Quando tutto sembrerà perduto, tutti si salveranno”.

Suora infermiera di Bellay, data intorno al 1820, quando fu affidata a p. Fulgence, cappellano del monastero trappista di Notre-Dame des Gardes, vicino ad Angers: “Un santo alza le braccia al cielo; placa l’ira di Dio. Sale sul trono di Pietro. Allo stesso tempo, il Grande Monarca sale sul trono dei suoi antenati. Ora tutto è tranquillo. Gli altari sono di nuovo allestiti; la religione riprende vita. Quello che vedo ora è così meraviglioso che non riesco a esprimerlo”.

– E un passaggio sorprendente del Vescovo Fulton J. Sheen nel 1948, ma, come padre Kramer del Libro del destino, non lo riconobbe quando arrivò:

“Egli [satana] istituirà una contro-chiesa che sarà la scimmia della Chiesa, perché lui, il diavolo, è la scimmia di Dio. Avrà tutte le note e le caratteristiche della Chiesa, ma al contrario e svuotata del suo contenuto divino. Sarà un corpo mistico dell’Anticristo che in tutto e per tutto assomiglierà al corpo mistico di Cristo. . . . Ma il ventesimo secolo si unirà alla controchiesa perché pretende di essere infallibile quando il suo capo visibile parla ex cathedra” (Fulton J. Sheen, Communism and the Conscience of the West, Indianapolis: Bobbs-Merrill, 1948, pp. 24-25).

Un’altra:

Il defunto monaco benedettino, P. Urban Snyder, nel 1974 ha dato la risposta definitiva a tutti coloro che potrebbero obiettare anche solo sulla possibilità che una Chiesa contraffatta abbia già usurpato il Vaticano – o addirittura la stessa Cattedra di Pietro:

” La Chiesa è il Cristo mistico e in quanto tale deve rivivere attraverso i secoli i misteri della vita del Salvatore, ad eccezione del Venerdì Santo. Il Calvario è l’essenza del mistero della Redenzione…

“. . . quegli scrittori rendono un grande disservizio alle anime quando affermano che questa o quella cosa non possa accadere alla Chiesa, o al Papato, o alla maggioranza dei fedeli. Quando Pietro parlò così, il Signore gli disse: “Vade retro, satana“. Mutatis mutandis, tutto può accadere alla Chiesa, e in effetti si può prevedere che accada, se è accaduto nella vita di Nostro Signore. Perché la Chiesa è il Suo Corpo Mistico e il discepolo non è al di sopra del Maestro…”.

“Ne consegue quindi che la Chiesa può essere tradita e fatta prigioniera; può essere picchiata, sputata, resa ridicola; può essere diffamata, abbandonata, condannata; può essere danneggiata strutturalmente e sfigurata, come lo furono le membra fisiche del Signore; in una parola, può essere crocifissa e messa a morte – ma non per molto!

“Dalle tre del Venerdì Santo alle tre del mattino di Pasqua passarono solo trentasei ore. E come allora rimase un resto fedele a Gesù, così sarà nel Venerdì Santo della Chiesa; ci saranno pochi fedeli ad attendere con dolore la Risurrezione della Chiesa, che irromperà come un fulmine sui nemici di Dio”. (Da Kyrie Eleison Newsletter, 19 marzo 1974, citato da Hutton Gibson nelle prime pagine del suo libro pubblicato alla fine degli anni Settanta, “Paul VI: Legacy Catholicism?”. – che è il luogo in cui l’ho scoperto).

Fine.

compiled by Jim Condit Jr.

PADRE MASSIMILIANO KOLBE ED IL SUO PIANO PER SCONFIGGERE LA SINAGOGA DI sATANA.

PADRE MASSIMILIANO KOLBE ED  IL SUO PIANO PER SCONFIGGERE LA SINAGOGA DI sATANA…

Un Santo (che la vera Chiesa non ha potuto ancora canonizzare) che ha combattuto i massoni, ha il piano di battaglia contro la dittatura di oggi

Il giovane fr. Massimiliano vide con i suoi occhi – e ne registrò gli eventi nei suoi taccuini – le processioni blasfeme dei massoni in Vaticano, che intonavano canti in onore di satana.

– Condividerò con voi la strategia in gran parte sconosciuta per combattere la dittatura comunista del mondo intero. Questo piano di guerra identifica e prende di mira gli anelli più deboli della catena che ne permettono lo sfruttamento.

È la strategia che San Massimiliano Kolbe vide che avrebbe portato alla sconfitta di queste stesse forze quando assistette alla loro prima marcia vittoriosa nel 1917. Le tattiche che sto per esporre hanno senso, sono fattibili e sono sicure nel condurre alla vittoria.

Il Bicentenario della Massoneria e Fr. Massimiliano Kolbe

Nel 1917 – all’incirca al tempo delle apparizioni della Madonna di Fatima e alla vigilia della rivoluzione bolscevica in Russia – Fr. Massimiliano Kolbe si trovava a Roma come studente di teologia, presso la famosa Università Gregoriana. 

Il 1917 segnava il 200° anniversario della fondazione (ufficiale) della Massoneria sociniana, ed i massoni erano presenti in forze a Roma per festeggiare l’evento. La loro presenza nella Città Eterna era pubblica e flagrante. Striscioni, manifesti e volantini erano ovunque. Il giovane frate vide con i suoi occhi – e registrò gli eventi nei suoi quaderni – processioni blasfeme di massoni verso il Vaticano, con i massoni che cantavano canzoni in onore di satana.

Alcuni dei loro striscioni portavano la scritta: “satana regnerà in Vaticano e il Papa sarà il suo schiavo”.

Ascoltiamo il racconto dello stesso Fr. Massimiliano:

“… la Massoneria di Roma si presentava sempre più in pubblico e dispiegava in bella vista alle finestre del Vaticano i suoi stendardi, raffiguranti San Michele Arcangelo calpestato e sconfitto da Lucifero, e distribuiva volantini che diffamavano il Santo Padre”.

Alla faccia della società segreta! E così tanto per un’organizzazione non religiosa di liberi pensatori. È stato come se questi nemici della Chiesa di Cristo avessero percepito di essere sul punto di una grande vittoria e avessero lasciato cadere la maschera.

E in un certo senso, hanno ottenuto una grande vittoria. Abbiamo appena celebrato l’anniversario della Prima guerra mondiale, in cui il fior fiore della gioventù europea fu mandata al macello ad uccidersi nei campi di battaglia, ed il mondo non si è ancora veramente ripreso dagli effetti sociali di questo evento.

Allo stesso tempo, i rivoluzionari russi hanno rovesciato lo zar cristiano, hanno ucciso tutta la sua famiglia (anche i bambini) e hanno installato un regime comunista anti-Dio e anti-umano, colpevole della morte di milioni di persone.

La Religione cattolica e il Nome di Gesù Cristo vennero progressivamente eliminati dalla vita sociale e dalla pubblica piazza, così come avviene oggi, al punto che molti di noi oggi devono implorare i nostri padroni per ottenere tolleranza e conservazione della propria vita, anche solo per continuare ad esistere.

E cosa dire di quelle parole registrate all’epoca da fr. Massimiliano Kolbe: “satana regnerà in Vaticano e il Papa sarà suo schiavo”? Purtroppo, queste parole, che sembravano una mera utopia distopica, si sono realizzate, a partire dal 26 ottobre del 1958, quando il Santo Padre S.S. Gregorio XVII (Giuseppe Siri) appena eletto validamente nel Conclave che doveva designare il successore di Pio XII, fu intimidito, estromesso e costretto, sotto costante pericolo di morte dei suoi carcerieri apparenti segretari, e ritorsioni anche nucleari minacciate all’intera cristianità cattolica, a fingere e continuare ad essere l’Arcivescovo di Genova. Al suo posto veniva “eletto”, – ovviamente in modo invalido e totalmente privo dell’assistenza infallibile dello Spirito Santo – un agente della massoneria che inaugurava una lunga serie di antipapi effettivamente vicari di satana che ivi regna ancora oggi indisturbato dirigendo la demolizione della Chiesa cattolica (si fieri potest!) come progettavano già da tempo gli esponenti delle conventicole mondiali.

“Questo odio mortale per la Chiesa, per Cristo e per il suo Vicario”, disse Massimiliano Kolbe, “deriva dal principio della Massoneria: la distruzione di ogni (altra falsa) religione, [l’origine delle quali è diabolica e di cui non interessa in realtà un bel nulla, essendo già tutte arruolate sotto lo stendardo di lucifero, per poter giustificare agli occhi dei popoli l’attacco che a loro solo interessa: quello alla Religione cattolica], ma dell’unica Religione voluta da Dio e fondata dal Figlio suoi Gesù Cristo nostro Redentore.. In tutto il mondo le cellule sparse di questa mafia si adoperano nei modi più diversi, in modo più o meno visibile, per raggiungere lo stesso obiettivo. Per farlo, gli adepti del demonio, si avvalgono di tutta un’orda di associazioni con nomi e scopi diversi, che sotto la loro influenza continuano a diffondere l’indifferenza religiosa e ad indebolire la moralità”.

Gli ideali della massoneria – gli ideali della Rivoluzione francese – di libertà secolarizzata, uguaglianza e fraternità, staccati da Dio, tra loro dissonanti ed incompatibili se non per i ciechi ed i  dementi: Sono ormai l’aria che respiriamo nelle nostre società.

Almeno, lo erano fino a poco tempo fa: sono stati in circolazione abbastanza a lungo da demoralizzare le Nazioni un tempo cristiane e da renderci tutti pagani e compiacenti. Ma ora sembra che abbiano raggiunto il loro scopo ed il miraggio di questi “nobili” ideali sta crollando nel totalitarismo e nella rivoluzione.

La rivoluzione come punizione per la blasfemia.

In realtà, già nel XIX secolo ricevevamo avvertimenti divini di ciò che stava per accadere. In apparizioni approvate come credibili dalla Chiesa, nostro Signore apparve alla monaca carmelitana Suor Maria di San Pietro nel 1843 e la avvertì che stava per punire il mondo per tutte le bestemmie pubbliche ed universali, in particolare contro il Nome di Dio, contro la sua Chiesa cattolica e la profanazione della domenica. Tutte queste cose sono solo peggiorate. Egli rivelò a Sr. Marie che Dio avrebbe punito l’umanità per questi crimini attraverso “la malizia degli uomini rivoluzionari” e in particolare attraverso il comunismo. Non c’è nemmeno bisogno di menzionare gli errori della Russia denunciati a Fatima e gli anatemi magisteriali al riguardo.

Forse tutto questo suonava pittoresco dieci anni fa, o come se si riferisse al XX secolo. Oggi, alla fine del 2023, sembra terribilmente attuale.

La risposta di Fr. Massimiliano.

Allora, cosa dobbiamo fare? Cosa possiamo fare? Cosa ha fatto fr. Massimiliano Kolbe, vedendo questa marcia di quasi trionfo nella città santa di Roma? Ebbene, vedendo queste celebrazioni e questo processo a Roma, scrisse:

È possibile che i nostri nemici debbano continuare la loro opera fino a prendere il sopravvento, e che noi restiamo inattivi o, al massimo, ci limitiamo a pregare senza agire: Non abbiamo forse armi più potenti delle loro: la protezione del Cielo e della Vergine Immacolata? La Regina Immacolata e invincibile che combatte ogni eresia, non cederà il campo al nemico che sta rialzando la testa; se troverà servi fedeli e docili ai suoi ordini, otterrà nuove vittorie più grandi di quanto si possa immaginare. – “Mi è venuta l’idea”, scrive, “di fondare un’associazione per combattere la Massoneria e gli altri servi di lucifero”.

Che cos’era questa associazione, qual è la sua essenza? La chiamò Militia Immaculatæ, i Cavalieri dell’Immacolata, e questo è il suo programma: 

Conquistare il mondo intero, il più rapidamente possibile, ed ogni singola anima che vive ora o che esisterà fino alla fine del mondo, per l’Immacolata e attraverso di Ella, per il Sacro Cuore di Gesù.

Questa organizzazione ha diverse sfaccettature, alcune attive e altre più spirituali, ma il suo cuore è la Consacrazione totale alla Vergine Immacolata e la preghiera per i massoni.

Preghiera per i nostri nemici

Sappiamo tutti che abbiamo il dovere cristiano di amare e pregare per i nostri nemici. Nostro Signore Gesù Cristo ci insegna che: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano”.

San Paolo riprende lo stesso insegnamento:

Non rendete male per male… Se è possibile, per quanto è in voi, abbiate pace con tutti gli uomini. Non vendicatevi, carissimi, ma abbandonate l’ira, perché sta scritto: La vendetta è mia, io la ripagherò, dice il Signore. Ma se il nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere”. (Romani XII).

Dobbiamo quindi essere pacifici e aspettare che questa Rivoluzione ci distrugga?

Ebbene, San Paolo ci dice subito che con questo amore (e per estensione con la preghiera) per i nostri nemici, otterremo questo, secondo la Sacra Scrittura, “getterai carboni ardenti sul suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”.

Suor Maria di San Pietro la vedeva allo stesso modo. Parlando delle preghiere di riparazione al Volto Santo che nostro Signore le aveva rivelato, scriveva:

Procedo ad entrare nel campo di battaglia, fortificata con la Croce e gli altri strumenti di tortura di Nostro Signore come mie armi da guerra, levando il loro infinito potere di conquista contro le trincee militari del nemico, nel modo in cui Egli mi ha insegnato.

E il caro fr. Massimiliano Kolbe ha la stessa idea: I nemici di Dio vengono conquistati e distrutti non con la violenza, ma con la grazia e la conversione. Vengono trasformati in compagni di servizio e figli di Dio, grazie alla grazia di Cristo e alla potenza della Vergine Immacolata, che schiaccia la testa del serpente e distrugge tutte le eresie e gli errori.

Il loro successo non è garantito.

Ecco la realtà delle cose. Siamo nel bel mezzo di una rivoluzione globale che avanza a passi da gigante e che apparentemente è ostacolata da pochi elementi. Molti attribuiscono questo fatto alle potenze oscure dell’inferno e sono certi che coloro che impongono questa rivoluzione seguano e siano assistiti dai demoni.  Ma anche se questo fosse vero – e sembra proprio che lo sia, per tutta una serie di ragioni – le persone che la impongono sono esseri umani – in carne e ossa – come voi e me. Una rivoluzione ha certamente bisogno solo di un piccolo numero di uomini molto impegnati – e forse potremmo ammettere che questi uomini sono quasi irredimibili (anche se nulla è impossibile a Dio).

Ma l’imposizione di questa rivoluzione richiede anche un numero maggiore di uomini meno impegnati. Queste persone devono essere tenute in riga dai loro malvagi padroni, con minacce o promesse. Ma sono “parti mobili” ed hanno famiglie, amici e ricordi di come era la vita. 

Non è possibile per le forze del male avere la certezza assoluta che questi uomini, che non “possiedono” come potrebbero possedere altri, continueranno a collaborare a questa rivoluzione folle, orrenda, anti-umana ed anti-Cristo.

I demoni non cambiano idea. Gli esseri umani sì. Gli esseri umani hanno un punto di rottura, raggiunto il quale dicono: “Basta”. E con il potere della grazia, ottenuto attraverso la nostra preghiera e la nostra azione, lo faranno.

Una catena è forte solo quanto il suo anello più debole. Man mano che sempre più persone soffrono per gli effetti di questi sieri genici, di queste chiusure, di questa apartheid emergente, man mano che sempre più persone si rendono conto che manca sempre un solo richiamo per essere considerate impure e non vaccinate – man mano che le famiglie degli esecutori iniziano a soffrire e a dividersi, man mano che si ritrovano ad arrestare, multare, imprigionare, iniettare o addirittura uccidere altre persone proprio come loro – quel punto di rottura si avvicina sempre di più.  – Possiamo davvero dire che le potenze del male hanno il controllo di queste cose?  No, non possiamo. Il loro successo non è garantito.  E in effetti non abbiamo nemmeno bisogno di disperare dei personaggi più cattivi di questa terribile opera. Chi avrebbe mai pensato che il brutale Saulo di Tarso sarebbe diventato San Paolo, l’Apostolo delle genti? Dio può ancora fare cose le più inverosimili.

Ogni respiro che fanno, ogni battito del loro cuore, sono cose possibili solo perché Dio onnipotente le permette e sostiene questi uomini malvagi nella loro esistenza. Pensano di essere così potenti, ma continuano ad esistere solo per la maggior gloria di Dio e perché è Lui lo vuole. Anche loro sono esseri umani: sicuramente induriti alla grazia, ma diciamo che la loro immunità alla grazia è sicura ed efficace quanto i loro cosiddetti vaccini. 

Preghiera

Dobbiamo quindi PREGARE. Dobbiamo continuare a recitare i nostri Rosari per la fine di questa tirannia e per il trionfo del Cuore Immacolato. “Dammi la mia arma!”, diceva Padre Pio.

Abbiamo visto che nostro Signore vuole che ripariamo alle bestemmie che gli sono state offerte, per le quali questa tirannia comunista è una punizione. Nostro Signore disse a Suor Marie che la riparazione al Volto Santo avrebbe sconfitto i comunisti e la rivoluzione: Facciamo nostro questo spirito.

Preghiamo con fr. Massimiliano per coloro che non ricorrono alla Madonna. Lui ha detto: “soprattutto i massoni”, e noi possiamo aggiungere i malvagi architetti di questa rivoluzione mondialista. 

E dobbiamo pregare anche perché satana non regni ancora in Vaticano, e perché abbiamo un Papa che non sia suo schiavo ed impedito, ma libero ed operante.

Concludiamo con le parole di P. Massimiliano Kolbe, ormai Sacerdote, che ci dà l’immagine autentica di un Cavaliere dell’Immacolata.

Egli non limita il suo cuore a se stesso, né alla sua famiglia, ai suoi parenti stretti, agli amici e ai compatrioti, ma prende in considerazione il mondo intero, ogni persona, perché tutti, senza eccezione, sono stati redenti con il sangue di Gesù Cristo, tutti sono nostri fratelli. Egli augura a tutti la vera felicità, l’illuminazione attraverso la luce della fede, la purificazione dai peccati ed un cuore che arde di amore per Dio, un amore senza limiti. La felicità di tutta l’umanità in Dio attraverso l’Immacolata: questo è il suo sogno. – Ci sono molti tipi di azioni che possiamo intraprendere per proteggere le nostre famiglie, i nostri figli, le nostre nazioni e la Chiesa in questi tempi bui, ma senza Cristo non possiamo fare nulla. Dobbiamo iniziare da Lui, riparando alle bestemmie degli uomini e pregandolo di convertire i cuori degli uomini malvagi che si sono lasciati schiavizzare da satana.

Alla fine, il Cuore Immacolato della Madonna trionferà e schiaccerà la testa del serpente e di tutti coloro che costituiscono la sua anti-Chiesa. Non ci sono dubbi. S. Giovanni Apostolo lo ha visto circa duemila anni orsono e lo ha scritto, ispirato dallo Spirito Santo, nel libro dell’Apocalisse, il drago, il falso profeta e la bestia finiranno, con i loro sostenitori, nello stagno di fuoco in eterno. Loro hanno già perso e noi abbiamo già vinto. L’atto d’amore supremo – e quello che può aiutarci di più – è salvare questi uomini malvagi dal loro destino con le nostre preghiere.

Lifesite news 1 Dic. 2021

MARTEDI’ SANTO (2023)

MARTEDÌ’ SANTO

Il fico maledetto.

Anche oggi vediamo Gesù dirigersi, di mattino, a Gerusalemme, volendo recarsi al Tempio a confermare i suoi ultimi insegnamenti. Ma è chiaro che la fine della sua missione sta per sopraggiungere; difatti, Egli stesso oggi dice ai suoi discepoli: « Voi sapete che fra due giorni è Pasqua, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso » (Mt. XXVI, 2). Sulla strada da Betania a Gerusalemme, i discepoli che vanno in compagnia del loro Maestro rimangono colpiti da stupore nel vedere il fico che Gesù aveva maledetto il giorno innanzi seccato e inaridito dalle radici. Allora Pietro, rivolgendosi a Gesù: « Maestro, gli disse, guarda il fico che hai maledetto come s’è seccato! ». Gesù approfitta dell’occasione per ammonire tutti noi, che la natura fisica è subordinata all’elemento spirituale, quando questo si mantiene unito a Dio mediante la fede; e dice: « Abbiate fede in Dio. In verità vi dico, che se uno dirà a questo monte: levati e gettati in mare, e non esiterà nel suo cuore, ma crederà che avvenga quanto ha detto, gli avverrà. Perciò vi dico: qualunque cosa chiederete con la preghiera, abbiate fede d’ottenerla e l’otterrete » (Mc. II, 20-24).

Gesù al Tempio.

Seguitando il cammino, presto entrano nella città; e, non appena Gesù arriva al Tempio, i prìncipi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani s’avvicinano a gli dicono: « Con quale autorità fai questo? E chi ti ha dato il potere di fare tali cose? » {ivi, 28). Nel Santo Vangelo troviamo la risposta di Gesù, come anche i diversi insegnamenti che ci dà in tale occasione. Noi non faremo che indicare in genere in che modo il Redentore passò le ultime ore della sua vita mortale; la meditazione del Vangelo supplirà al resto che sorvoliamo. Come soleva fare nei giorni precedenti. Gesù, verso sera esce dalla città, oltrepassa il monte degli Olivi e si ritira in Betania, vicino a sua madre ed agli amici fedeli. – Alla Messa, oggi la Chiesa legge il Passio secondo S. Marco, poiché, in ordine di tempo, questo Vangelo fu scritto dopo quello di S. Matteo, onde la ragione d’occupare questo Passio il secondo posto. Il suo Vangelo è più breve di quello di S. Matteo, del quale molte volte sembra il riassunto; ma s’incontrano in esso dei dettagli che sono propri di questo Evangelista, e dimostrano le caratteristiche d’un testimone oculare. Difatti, sappiamo che S. Marco era discepolo di S. Pietro, e scrisse il suo Vangelo sotto l’ispirazione del Principe degli Apostoli. – La Stazione è oggi, a Roma, nella chiesa di Santa Prisca.

Lettura (Ger. II, 18-20). – In quei giorni: Geremia disse: Tu, o Signore, me lo facesti conoscere, ed io lo compresi, allora mi facesti vedere le loro intenzioni. Come agnello mansueto portato al macello non avevo compreso che avevano cattivi disegni contro di me, dicendo: Diamogli del legno invece di pane, facciamolo sparire dalla terra dei viventi, ché non si rammenti più il suo nome! Ma tu, o Signore degli eserciti, che giudichi con giustizia, e scruti gli affetti e i cuori, fammi vedere la tua vendetta contro di essi; perché è a te che ho affidata la mia causa, Signore Dio mio.

L’immolazione del Messia.

Ancora una volta Geremia ci fa intendere la sua voce, riferendoci oggi proprio le parole dei suoi nemici che cospiravano di farlo morire. Tutto qui è misterioso e ci dà la sensazione che il Profeta è la figura di uno più grande di lui. « Diamogli del legno invece di pane », cioè: mettiamogli nel piatto un legno velenoso, per causargli la morte.

Trattandosi del Profeta, è questo il senso letterale; ma quanto più veristicamente s’avverano tali parole nel nostro Redentore! La sua carne divina, egli ci dice, è il Pane vero disceso dal cielo; e questo Pane, questo corpo dell’Uomo Dio è pesto, lacero, sanguinante: i Giudei lo inchiodano sul legno, così che tutto vi aderisce, e nello stesso tempo il legno è tutto irrigato del suo sangue. Sul legno della croce è immolato l’Agnello di Dio; ed è per la sua immolazione che noi veniamo in possesso d’un sacrificio degno di Dio; di quel Sacrificio, per cui partecipiamo del pane celeste che è nello stesso tempo la carne dell’Agnello e la nostra vera Pasqua.

PREGHIAMO

La tua misericordia, o Dio, ci purifichi da ogni residuo dell’uomo vecchio, e ci renda capaci d’un santo rinnovamento.

LUNEDI’ SANTO

LUNEDI’ SANTO

[Dom Guéranger: L’Anno Liturgico, Ed. Paoline, Alba, 1956]

Il fico maledetto.

Gesù si reca anche oggi a Gerusalemme, di buon mattino coi discepoli. Partì digiuno, e il Vangelo ci dice ch’ebbe fame durante il tragitto (Mt. XXI, 18), S’avvicinò ad un fico; ma questo albero non aveva che foglie. Allora Gesù, Volendoci dare un insegnamento, maledisse quel fico, che inaridì all’istante. Voleva significare con tale castigo la sorte di coloro che hanno solo dei buoni desideri, sui quali però non si coglie mai il frutto della conversione. Non era meno incisiva l’allusione a Gerusalemme; questa città tanto zelante per l’esteriorità del culto divino aveva il cuore cieco e duro, tanto che fra poco rigetterà e metterà in croce il Figlio del Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe. La giornata trascorse in gran parte nel Tempio, ove Gesù ebbe lunghe discussioni coi prìncipi dei sacerdoti e con gli anziani del popolo; e parlò con più forza che mai, sventando le insidie delle loro questioni. Si può vedere, specialmente nei capitoli 21, 22, 23 di S. Matteo, il dettaglio dei discorsi del Signore, che diventando sempre più veementi, con energia sempre crescente denunciano ai Giudei la loro infedeltà e la terribile vendetta da essa provocata.

Il castigo di Gerusalemme.

Infine, Gesù uscì dal Tempio e si diresse verso Betania. Giunto sul monte degli Olivi, dal quale si dominava la città, si sedette un po’. I suoi discepoli approfittarono di questo momento di riposo per domandargli in qual tempo si dovevano avverare i castighi da Lui ora predetti contro il Tempio. Allora Gesù, riunendo in uno stesso quadro profetico il disastro di Gerusalemme e la distruzione del mondo alla fine dei tempi, essendo la prima di queste calamità la figura della seconda, annunciò ciò che accadrà quando sarà colma la misura del peccato. Per quanto concerne la rovina di Gerusalemme in particolare, ne fissò la data con queste parole: « In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto ciò non avvenga » (Mt. XXIV, 34). Infatti, solo dopo appena quarant’anni l’esercito romano, accorso per sterminare il popolo deicida, minacciava dall’alto dello stesso monte degli Olivi, e dallo stesso posto dove oggi è seduto Gesù, l’ingrata e sdegnosa Gerusalemme. Gesù, dopo aver parlato ancora a lungo sul giudizio divino, che un giorno dovrà revisionare tutti i giudizi degli uomini, rientra in Betania per consolare con la sua presenza il cuore afflitto della sua santissima Madre. – Oggi la Stazione, a Roma, è nella chiesa di S. Prassede. Questa chiesa, nella quale, nel IX secolo, il Papa S. Pasquale I depose duemila e trecento corpi di Martiri estratti dalle Catacombe, possiede la colonna alla quale fu legato Nostro Signore durante il supplizio della flagellazione, un’insigne reliquia della Croce, tre spine della santa Corona date da S. Luigi e le reliquie di S. Carlo Borromeo.

Lettura (Is. 50, 5-10). – In quei giorni: Isaia disse: Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio, ed io non resisto, non mi ritiro indietro. Ho abbandonato il mio corpo ai percotitori, le mie guance a chi mi strappava la barba, non ho allontanata la faccia da chi mi oltraggiava e da chi mi sputacchiava. Il Signore Dio è mio aiuto, per questo non sono stato confuso, per questo ho ridotto la mia faccia come pietra durissima, e so di non rimanere confuso. Mi sta vicino colui che mi giustifica: chi mi contraddirà? Presentiamoci insieme! Chi è il mio avversario? Si accosti a me! Ecco, il Signore Dio è mio aiuto. Chi è che possa condannarmi? Ecco tutti saran consumati, come un vestigio, li mangerà la tignola. Chi è tra voi che tema il Signore e ascolti la voce del suo servo? Chi cammina nelle tenebre ed è senza luce speri nel Signore e a lui s’appoggi.

Le prove del Messia.

Oggi è Isaia, questo Profeta così preciso ed eloquente dei dolori del Messia, che ci rivela le sofferenze del Redentore e la pazienza che oppone agl’iniqui maltrattamenti dei suoi nemici. Accettata la missione di Vittima universale, Gesù non indietreggia davanti a nessun dolore, a nessuna umiliazione. « Non ritira la sua faccia da chi la schiaffeggia e la copre di sputi ». Quali riparazioni non dobbiamo fare alla sovrana Maestà che, per salvarci, s’è esposta a simili oltraggi? Guardate come sono vigliacchi e crudeli i Giudei, che non tremano più davanti alla loro vittima! Prima, nell’Orto degli Olivi, una sola parola della sua bocca li fa cadere tramortiti al suolo; ma poi si lascia legare e trascinare in casa del gran sacerdote. Lo si accusa, elevando schiamazzi; ed Egli, a mala pena, risponde qualche parola. Gesù di Nazaret, il dottore, il taumaturgo, ha perduto ogni prestigio; tutto è lecito osare contro di Lui. Alla stessa maniera si tranquillizza il peccatore, quando sente scoppiare la folgore che non lo fulmina. Ma i santi Angeli si sprofondano nel loro nulla, davanti all’augusto volto che quei miserabili hanno contuso ed imbrattato; pure noi prostriamoci con essi e propiziamolo, perché anche i nostri peccati hanno maltrattato la divina vittima. – Ma ascoltiamo le ultime parole del nostro Salvatore, e ringraziamolo. « Chi cammina nelle tenebre, Egli dice, ed è senza luce, speri nel Signore ». Questi è il pagano, che vive affogato nel vizio e nell’idolatria ed ignora ciò che succede in questo momento a Gerusalemme; egli non sa che la terra possiede un Uomo-Dio, e che questo Uomo-Dio è, in questa medesima ora, messo sotto i piedi da un popolo che aveva eletto e colmato di favori; ma presto la luce del Vangelo arriverà ad illuminare coi suoi raggi l’infedele, il quale crederà, si sottometterà, ed amerà il suo liberatore fino a rendergli vita per vita, sangue per sangue. Allora s’avvererà la profezia dell’indegno pontefice che, suo malgrado, annunciò la salvezza dei Gentili mediante la morte di Gesù; predisse, nei suoi ultimi giorni, che questa morte stava per unire in un’unica famiglia i figli di Dio dispersi sulla faccia della terra.

Vangelo (Gv. XII-1-9). – Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania, dov’era Lazzaro, il morto che Gesù aveva risuscitato. Ed ivi gli fecero una cena: e Marta serviva a tavola: Lazzaro poi era uno dei commensali. Or Maria, presa una libbra d’unguento di nardo puro e di pregio, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò coi suoi capelli, e la casa fu ripiena del profumo d’unguento. Disse allora uno dei suoi discepoli. Giuda Iscariote, il quale stava per tradirlo: E perché tale unguento non si è venduto per trecento denari e dato ai poveri? Ciò disse, non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro, e tenendo la borsa, portava via quel che ci mettevano dentro. Disse adunque Gesù: Lasciatela fare: e ciò le valga pel giorno della mia sepoltura. Ché i poveri li avete sempre con voi, me però non sempre mi avrete. Or molta gente dei Giudei venne a sapere come Gesù fosse in Betania, e vi andarono non per Gesù soltanto, ma anche per vedere Lazzaro, da lui risuscitato da morte.

L’unzione di Betania

Abbiamo già notato che il fatto evangelico ora letto si riferisce al Sabato, vigilia della Domenica delle Palme, e fu inserito nella Messa odierna, perché anticamente questo Sabato mancava della Stazione. La santa Chiesa ha voluto attirare la nostra attenzione su questo episodio degli ultimi giorni del Redentore, per farci cogliere l’insieme delle circostanze che si verificano in quel momento intorno a Lui. Maria Maddalena, la cui conversione era, qualche giorno fa, l’oggetto della nostra ammirazione, occupa un posto nelle scene della Passione e della Risurrezione del suo Maestro. Tipo dell’anima purificata, e quindi ammessa ai favori celesti, c’interessa seguirla nelle diverse fasi che la grazia divina le fa percorrere. L’abbiamo vista seguire i passi del Salvatore e soccorrerlo nei suoi bisogni; altrove il santo Vangelo ce la fa vedere preferita a Marta sua sorella, per aver scelto la parte migliore; nei giorni in cui siamo, ella soprattutto c’interessa per il suo tenero attaccamento a Gesù. Ella sa che lo cercano per farlo morire: e lo Spirito Santo, che la conduce interiormente attraverso stati sempre più perfetti che si susseguono in lei, vuole che oggi compia una funzione profetica in ciò ch’ella teme maggiormente. – Dei tre doni offerti dai Magi, uno significava la morte del Re divino, che questi uomini fedeli erano venuti a salutare dal lontano Oriente: era la mirra, un profumo funerario che fu adoperato con tanta profusione nella sepoltura del Signore. Abbiamo visto la Maddalena, nel giorno della sua conversione, testimoniare il suo mutamento di vita con l’effusione del suo più prezioso profumo sui piedi di Gesù. Oggi ella ricorre ancora una volta a questo segno del suo amore. Il suo divin Maestro è a tavola in casa di Simone il Lebbroso; Maria sta con Lui, come anche i discepoli; Marta attende a servirli; tutto è calmo nella casa; ma tristi presentimenti si nascondono nei loro cuori. All’improvviso compare la Maddalena, recando tra le mani un vaso ripieno d’unguento di nardo, del più pregevole. Si accosta a Gesù, s’attacca ai suoi piedi e li unge con quel profumo; ed anche questa volta li asciuga coi suoi capelli. Gesù stava adagiato sopra uno di quei divani che adoperano gli Orientali, quando pranzano nei festini; era dunque agevole, per la Maddalena, arrivare ai piedi del Maestro. Due degli Evangelisti, di cui S. Giovanni ha voluto completare la narrazione troppo succinta, ci dicono ch’ella sparse l’odoroso unguento anche sul capo del Salvatore. La Maddalena sentì, forse, in questo momento, tutta la grandezza dell’azione che lo Spirito divino le ispirava? Il Vangelo non lo dice; ma Gesù ne rivelò il mistero ai discepoli; e noi, che abbiamo raccolte le sue parole, apprendiamo da questo fatto che la Passione del Redentore è, per così dire, incominciata, poiché la Maddalena l’ha già imbalsamato per la tomba. – L’odore soave e penetrante del profumo aveva riempito tutta la sala. Allora uno dei discepoli, Giuda Iscariote, ardisce protestare contro ciò ch’egli chiama uno sperpero. La bassezza di quest’uomo e la sua avarizia l’hanno reso indelicato e senza pudore. Ma intanto anche la voce di altri discepoli s’unisce alla sua: tanto erano ancora volgari i loro sentimenti! Gesù permette tale indegna protesta per diversi motivi: prima di tutto per annunciare prossima la sua morte a coloro che lo circondavano, svelando loro il segreto manifestato con questa effusione di profumo sul suo corpo; poi anche per glorificare la Maddalena, che aveva un amore così tenero ed insieme così ardente. Difatti annunciò allora che la fama di questa illustre santa si sarebbe propagata per tutta la terra, lontano, ovunque fosse penetrato il Vangelo. Infine, Gesù intendeva consolare fin d’allora quelle anime pie che, mosse dal suo amore, avrebbero profuse larghezze intorno ai suoi altari, e rivendicare le meschine critiche cui spesso sarebbero andate incontro. Raccogliamo questi divini insegnamenti e procuriamo d’onorare amorosamente Gesù nella sua persona e nei suoi poveri. Onoriamo anche la Maddalena, e seguiamola, quando fra breve la vedremo così assidua al Calvario ed al Sepolcro. Infine, prepariamoci ad imbalsamare il nostro Salvatore, mettendo insieme per la sua sepoltura la mirra dei Magi, che figura la penitenza, ed il prezioso nardo della Maddalena, che rappresenta l’amore generoso e compassionevole.

PREGHIAMO

Aiutaci, o Dio nostro Signore, e concedici di venire con gioia a celebrare i benefìci, coi quali ti sei degnato rinnovarci.