LO SCUDO DELLA FEDE (247)

LO SCUDO DELLA FEDE (247)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (16)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPITOLO II

Ora il Sacerdote ricorda l’atto dell’istituzione dell’Eucaristia fatta da Gesù Cristo, per immedesimarsi con Lui, ed eseguire la Consacrazione.

Deh! colla più profonda umiltà teniamo appresso alla Chiesa, che sublima il suo Sacerdote alla tremenda azione santissima, l’identifica con Gesù; e in questo momento ravvicina i tempi, come un istante presente nella sua Divinità: e lo mette ad operare con Gesù; o meglio Gesù l’assume come strumento, e rinnova per lui il Sacrificio di Se Stesso. « Il Quale il giorno prima di cominciare la sua passione, … etc. etc. ». Egli, dice s. Giovanni Crisostomo (Hom. 82 in Matth.), istituisce il Sacramento dell’Eucaristia la vigilia della sua passione, nel tempo della Pasqua dei Giudei, per aggiungere una nuova testimonianza a tutte quelle, con cui aveva già fatto conoscere, che Egli era quel desso, che aveva prestabilito l’antica Legge, la quale in tutto di Lui era figura, ed adombrava questo suo gran Sacrificio. Ora alla figura sostituisce la realtà. Istituisce l’Eucaristia la sera, per indicare, che, compiuti i tempi, allora l’antica Legge toccava la sua consumazione: e cessare poi dovevano gli antichi sacrifici. « Prese il pane ecc. » Il pane, che è il sostentamento, e simbolo della vita, sì trova pressoché in tutte le case formato di frumento. Il frumento, come osservano i naturalisti, è una biada, che accompagna gli uomini, dove si stabiliscono per vivere in società; perché a far germogliare il frumento, fa d’uopo che gli uomini si fermino a coltivare il terreno, che l’ha da produrre: e mentre si matura con ogni clima colla maggiore facilità, e si lascia coltivare pressoché in ogni regione, non nasce ciò spontaneo in nessun luogo. È adunque il pan di frumento l’offerta più conveniente per la religione, che deve tutto abbracciar l’universo, perché trova il mezzo da far dappertutto la sua oblazione: ed è il segno dell’umana famiglia costituita in società. Il pane composto di molti granelli bene significa, siccome osserva s. Agostino (Tract. 24, in Ioan. et S. Thom. 3 part., q. 64, art. 1), l’aggregamento dei fedeli, che uniti insieme col glutine della carità, compongono il corpo della Chiesa, di cui il Redentore è Capo: dappoiché, dice s. Paolo (1 Corin. X, 17.), in un solo pane, un solo corpo siamo noi molti. E questo pane dovendo essere la Comunicazione del Corpo del Signore (1 Cor. X, 16.); « per esso non saranno più molti corpi, ma sì un solo, dice s. Giovanni Grisostomo; e siccome il pane è un composto di molti grani talmente uniti e mescolati, che non appaiono più, né si possono mai distinguere gli uni dagli altri; così l’unione, che ci identifica con Gesù Cristo, è tale, che vi è un solo corpo nutrito e mantenuto dallo stesso pane. Ecco lo spirito del formidabile Sacrificio, a cui ci dobbiamo approssimar colle disposizioni di una carità viva, che unisca tutti i cuori in un solo sentimento di mutuo amore. Così dove sarà il Corpo, quivi si raduneranno le aquile » (Matt. XXIV, 28). Fin qui il medesimo s. Giovanni (Hom. 3, in Ep. ad Eph.). E accennava questo pensiero s. Ignazio Vescovo di Antiochia, quando in mezzo all’anfiteatro in Roma, li per essere divorato dalle fiere, udendo leoni e fiere a ruggire pel fremito di gettarglisi sopra a sbranarlo ; « Son frumento di Cristo, (esclamava il sant’uomo già incorporato in Gesù) da essere stritolato in morte, per divenire pane mondo » ((5) Hier, De scrip. Eccl.). « Nelle sante e venerabili sue Mani ecc. » Son sante quelle Mani divine, e a ciò che toccano comunicano la santità. Elia, rapito in cielo, lasciava cadere il mantello, che lo aveva coperto, e con esso comunicava doppio spirito al discepolo suo Eliseo. Questi posavasi colla persona sul cadavere del figliuol della Vedova, e nel toccar colle membra sue sante le fredde membra del morto, lo faceva balzare in piedi pieno di vita. Era la virtù di Dio, che operava prodigi per loro. Ora le Mani stesse di Dio toccano il pane, e lo transustanziano, lo fanno divenire Corpo di Gesù Cristo. Chiamansi venerabili quelle Mani divine, forse per dire quanto debbano essere da ogni macchia purgate e venerabili le mani dei Sacerdoti, che Gesù assume e rende potenti ad operare un tanto tremendo Mistero (Io Chry. De sacerd. lib. 3. C. Bona, tract. ascet. 5, § 9): esse che debbono presentare all’altare Gesù, come colle mani sue immacolate la Regina degli Angeli presentava al cielo appena nato sul purissimo seno il Bambino Gesù.

« Sollevati gli occhi a Voi, Dio, Padre onnipotente ecc. » E che faceva Gesù cogli occhi elevati al Padre suo celeste? Forse chiedeva venia a Lui, quasi con quello sguardo dicesse : « perdonate, o Padre, se Io dono così a loro tutta nostra Divinità; Padre, li amo troppo! » Forse volava dell’anima in seno al Padre, per versare dal Padre sui figli i tesori del gran Monarca della bontà….. Ah! Sarà meglio adorare, che pretendere di farci interpreti dello sguardo divino, con cui Gesù così bene s’intende col Padre suo!…

« Rendendovi grazie ecc. » Rende grazie, perché il Padre lo esaudisce, e lo fa padrone di tutta la Divinità; grazie, perché gli ha dato un corpo da potere in sacrificio offrirgli fino alla consumazione dei secoli; grazie, perché in quel mistero di carità divina, onnipotente, il Padre gli concede di trasfondersi in noi, a cui volle farsi fratello, e di unirci a Lui come sue membra, per averci seco in beatitudine. Rende grazia anche a nome di tutta l’umanità, che di ringraziar Dio ha debito infinito, e principal dovere (Io. Chry. Hom. 21, in Matt. c. 27). « Benedisse ecc. » Dal primo Adamo venne a noi il mal germe del peccato, quinci da lui la cagione della maledizione. Da Gesù, Adamo novello, Ristoratore dell’umanità, a noi discendono tutte le benedizioni. Così fu adempita la promessa fatta ad Abramo, che saran benedette in lui, cioè nel Figliuolo che dovrebbe nascere dalla sua stirpe, tutte le genti (Gen.). Vi fa sopra il segno di croce; perché sulla croce nel Corpo di Gesù si aprì la sorgente delle benedizioni, che discendono in terra, e la fonte delle acque salienti a vita eterna. « Lo spezzò ecc. » In quell’atto si mise innanzi, e parve dire: « eccomi, sono tutto per tutti, e dandomivi in questo modo, ciascuno di voi può del sacrificio, che di Me faccio, fare per sé particolare applicazione, e partecipare a volontà. » Imperocché, dice s. Paolo (I. Cor 7), il pane che noi frangiamo, non è forse partecipazione del Corpo del Signore? « E diede ai suoi discepoli. » Quando aveva promesso di dare il suo Corpo a cibo, ed il suo Sangue a bevanda, molti di loro, che lo seguivano come discepoli anch’essi fino a quel punto, nello ascoltare quella inaudita sua promessa, stettero sopra pensiero: anzi si misero a mormorare fra loro: « e come può costui darci da mangiare la propria carne » (Joan. VI.)? e questionando gli volsero le spalle dicendo: « è troppo duro questo Suo parlare, e chi può udirlo dire così? » Ma Gesù che voleva proprio dare la sua Carne ed il suo Sangue, non li chiamò già indietro, né corse appresso a dir loro: « calmatevi, voi non mi avete ben compreso; non è già, che Io voglia darvi proprio il mio Corpo e il mio Sangue; mai no, ma vi darò (come vorrebbero fargli dire i protestanti) un pane, che sarà figura del mio Corpo, e vino che sarà immagine del mio Sangue. » Questo non disse, no, anzi per ribadire e confermare il già detto: « Sì veramente, disse loro, la mia Carne è proprio cibo, il mio Sangue è proprio bevanda, e se non mangerete della Carne del Figliuol dell’uomo, né berrete del di Lui Sangue, non avrete vita in voi. Chi mangia la mia Carne, e beve il mio Sangue, ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell’ultimo dei dì » (Mons. Martini, Nuov. Test. nel luog. cit.). E che mai poteva di più semplice dire o di più chiaro, per esprimere, che il suo Corpo ed il suo Sangue voleva dare realmente? E di più ancora rivolto a quegli che gli restarono intorno, (per far loro intendere, che li avrebbe ritenuti per discepoli solo a condizione che gli avessero creduto, volerci dare tutto Se stesso con un miracolo d’amore onnipotente) disse loro: « volete andarvene anche voi? » quasi dicesse: Se volete andare, lo potete; ma chi mi si vuol restar discepolo, ha da credere, che Io voglia dar tutto Me stesso in cibo e bevanda spirituale. Così da quelli che volevano restargli discepoli esigeva, che con un po’ d’umiltà s’affidassero in Lui, ritenendo sicuro, che nei tesori della Divinità troverebbe un argomento, un ingegno da compenetrarci colla sua Persona Divina, come il cibo s’identifica col corpo nostro; senza offendere ì sensi nostri, grossi, per servirci di essi nel portar giudizio in fatto d’amor di Dio. In quella cena pertanto gli restavano intorno quei soli, che fidandosi a Lui, gli tennero appresso fino a quell’ora. Eran adunque ì soli fedeli. Abbiam detto i fedeli?.. Deh! come dunque poté trovarsi fra loro anche un Giuda? Ah! a questo pensiero chiniamo gli occhi a terra, battiamoci il petto, esclamiamo confusi: « povera umanità, quanto sei miserabile, e degna della più grande compassione. Se in quell’istante in cui il Figliuol di Dio operava il più gran miracolo della bontà divina verso gli uomini, hai potuto mandare appresso Gesù anche un Giuda a rappresentarti.

CAPITOLO III

ATTO DELLA CONSECRAZIONE DEL SS. CORPO.

Raccogliamo le potenze del nostro spirito, sublimiamoci nella Divinità, in ogni luogo presente, che alimenta con atto del suo volere la nostra esistenza… Dio medesimo ha fatto il comando, e promise l’opera sua al Sacerdote che sta per eseguirlo, assicurandolo che quel pane « sarà suo Corpo, e quel vino diverrà suo Sangue. » Qui l’uomo assunto ministro dell’immortal Sacerdozio del Verbo, diventa dito di Dio, e strumento in mano di Lui, che gli trasfonde la sua virtù divina. Ora, se l’uomo sì debole, pur coi soli doni naturali, quando investe di sua virtù un piccolo materiale istrumento, fa uscire da quello i miracoli dell’arte: sicché tocca, per esempio, i sassi collo scalpello, e spira in quelli, diresti, vita e pensiero; muove il pennello, e su di una morta tela fa discendere celestiali bellezze, tutta vita ideale; mette mano nelle viscere dei monti, e fila metalli, gli organizza, e compone macchine d’incalcolabile potenza che, diresti, partecipano del suo pensiero: posa il braccio sopra una leva e accumula macigni, e spirandovi dentro il pensiero della fede erge sublimi edifizi, che fanno un magnifico invito a discendere al Sovrano del cielo: che non potrà fare, se Iddio lo sceglie instrumento nel sacerdozio, e lo investe di sua virtù? (Ecco in breve il ragionamento di s. Tommaso (L. 3, q. 64, a.5): I ministri operano nei Sacramenti come istromenti…. l’istrumento non opera secondo la forma e virtù propria, ma secondo la virtù di chi l’adopera. Chi opera per virtù altrui non assimila l’oggetto, su cui opera se stesso; ma al principale operante (contra gentes, cap. 77). Se il Verbo, per cui tutto fu fatto, e che tutte porta le cose con la parola della sua potenza, in lui spira ed opera con questa sua creatrice parola? Adoriamo, adoriamo! niente è più terribile, niente è più misterioso di questo che si fa in questo momento! Parla Gesù…

La verità della parola di Gesù Cristo.

Parla Gesù….. Tacete, o figli degli uomini, voi siete bugiardi: ma Gesù dice sempre la verità, e sa per bene mantenere la sua parola. Sono 1800 anni, che Gesù ai discepoli, che ammiravano quella immensa mole del tempio di Gerusalemme diceva: che quella saldissima montagna di marmo sarebbe distrutta così, da non rimanervi pietra sopra pietra. Sono 1800 anni, che il tempio è là distrutto. Bene, Giuliano imperatore apostata, e perciò perfido nemico del Signore, per dar la mentita a Gesù stimolava tutti gli Ebrei del mondo a ricostruire il tempio, e li aiutava di forze: gli Ebrei da tutte parti accorrevano, i ricchi offrivano tesori, le donne offrivano i loro gioielli, tutti il loro aiuto; e già scavandosi le fondamenta sì rimovevano fin le ultime pietre del vecchio tempio; ma, sbucando le fiamme da quegli scavi, abbandonarono atterriti l’impresa, che non ardirono tentare mai più. Così quella distruzione è là che prova, che passano i secoli, ma Gesù dice sempre la verità. Sono 1800 anni, che Gesù, piangendo sopra Gerusalemme, diceva: che rimarrà distrutta quella città sino all’ultima pietra, ed appropriandosi la profezia di Daniele, che parla di Lui, Egli accennava, che, distrutta la città, atterrato il tempio, disfatto il regno, gli Ebrei rimarrebbero dispersi in mezzo alle nazioni dell’universo; e che quel popolo non sarebbe più il popolo del Signore, fino alla fine dei secoli, da quando avrebbero ucciso il Cristo, il Messia, esso Gesù. Or ecco il gran fatto in faccia a tutti i popoli dell’universo. Sono 1800 anni, che gli Ebrei l’ebbero ucciso, e restano d’allora dispersi in mezzo alle nazioni del mondo. Stirpe singolare! mentre vediamo nelle storie tutte, che i popoli conquistatori si fondano coi conquistati così da formare una sola nazione; solamente gli Ebrei dispersi in mezzo alle genti, restano sempre da quelle distinti. Miracolo d’esempio di una nazione, che non forma un popolo, eppure resta sempre, frammischiato in mezzo agli altri popoli, li senza confondersi, per provare al mondo, che Gesù dice sempre la verità. Bene, l’imperatore Adriano volendo rifabbricare Gerusalemme, per darle il suo nome di Elia, faceva trasportare gli avanzi della distrutta città, così che toglieva dell’antico fino le rovine. Sono 1800 anni, che dura sempre la desolazione predetta dove era Gerusalemme, e prova che Gesù dice sempre la verità. Lo prova un miracolo, che è il miracolo d’ogni dì, a dispetto dell’incredulità che non vuole miracoli. Eccolo, e sfidiamo tutti gl’increduli a negare questo fatto. In questi dì il gran Turco, padrone della Giudea, è in disperazione di miserie; cerca danari a condizione qualunque: venderebbe qualunque provincia a rifornire le esauste finanze. Gli Ebrei i sono i più ricchi del mondo: un piccol angol della Giudea, un po’ di tempio in Gerusalemme, simbolo della loro nazionalità, è il loro sospiro da diciotto secoli: dei governi d’Europa poi, i più guarderebbero indifferenti: alcuni godrebbero perfidamente, come gli Ebrei, che si provasse non esser vera la parola di Gesù Cristo. Su, su, noi abbiamo ragione di dire senza paura, (come diceva Voltaire a Federico re di Prussia egli colla speranza di smentire Gesù) con un piccolo contratto si potrebbe provare, che non è vera la parola di Gesù. Su, si passi in vendita un palmo di terreno in Giudea: i mezzi non mancano, nessuno l’impedisce. Non è vero, che si vorrebbe vendere, e si desidera comperare ardentemente? Venditori, e compratori crederebbero di fare la loro fortuna con questo contratto: e perché a dispetto di tutte le convenienze, non si vende questo palmo di terra? Chi spiega il mistero? Se non lo sanno i politici, noi lo diremo loro: è perché i nemici di Gesù Cristo, sono 1800 anni, — sono obbligati a provare essi stessi a loro dispetto, che Gesù dice sempre la verità. E Gesù poi sa per bene mantenere la sua parola. Invero sono 1800 anni, che Gesù diceva agli Apostoli, e a Pietro capo di loro, che li farebbe pescatori d’uomini per tutti i tempi: sono 1800 anni, che i loro successori seguitano sempre a raccogliere gli uomini nella rete di Pietro. Sono 1800 anni, che Gesù diceva, che la sua dottrina si diffonderebbe nel mondo universo. Sono 1800 anni, che la sua dottrina è predicata per tutto. I grandi conquistatori delle nazioni sono lasciati indietro da questi conquistatori delle anime: e se si scoprono nuovi mondi, prima di tutti gli avventurieri, Gesù vi manda i suoi a predicare la sua dottrina. Sono 1800 anni, che Gesù diceva, che i suoi fedeli gli renderebbero dinanzi ai potenti della terra testimonianza alla sua parola, n’andasse pure la vita. Sono 1800 anni, e Gesù tiene milioni e milioni di fidi, che danno la vita, per mantenere la sua parola. – Sono 1800 anni, che Gesù diceva a quel povero pescatore dei laghetti della Giudea : « Pietro tu sei la pietra, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte d’inferno non prevarranno mai contro di essa. » Sono 1800 anni, che il Papa successore di Pietro, sta. Sono 1800 anni, che chi si batte contro questa pietra, ne resta infranto; da 1800 anni fino a quest’istante, da Simon Mago accorso in Roma, fino a Garibaldi in Mentana (ché è poi sempre questa pietra, che sì vorrebbe abbattere negli ottantatré, se non erriamo, attacchi ai Pontefici), vengono tutti gli ostinati nemici del Papa a rompersi il capo contro questa pietra; che li schiaccia tutti, per provare che Gesù sa mantenere la sua parola. – Sono già più di 1800 anni, che Gesù fin prima di nascere diceva, come dice ora, come dirà sempre, la verità. Vi è una profezia che abbiamo in bocca ogni di noi tutti, e prova la verità del Figliuol di Dio Gesù. Visitava una poverina di donna, sposata ad un artigiano, una sua parente; ed Elisabetta, vedendosela apparire sull’uscio, esclamava: « onde a me questa fortuna, che la madre del Signor mio venga a me! » e quella donnicciola esclama: « Magnificat anima mea Dominum. Quia respexit humilitatem ancillæ suæ: ecce enim ex hoc Beatam Me dicent omnes generationes….; ecco che tutte le generazioni mi chiameranno beata. » Avrebbero detto gl’increduli: Sogna la donnicciola! chi ha da curarsi di lei meschinella?…. Tacete, o increduli, voi siete bugiardi; ma questa Donnicciola ha in seno Gesù, che dice sempre la verità. Eccovi, eccovi, che sono 1800 anni, che Maria Santissima è chiamata beata. Dal più gran tempio del mondo il Pontefice Sommo, fino alla contadinella intorno al tabernacoletto ornato di carta e di fiori del campo innanzi alla statuina di gesso, tutti a gara la chiamano beata: e tutte le regine, e tutti i re, e tutti gli uomini grandi di tutto universo, di tutti i tempi, insieme uniti non hanno tanti monumenti, quanti ne ha sola la donnicciola di Nazaret: perché quella donnicciola è la Beatissima Vergine Maria, Madre di Gesù, che dice sempre la verità. Siamo stati lunghi nelle ripetizioni: ma i fatti si vogliono ripetere ancora di più, a prova delle verità della parola di Gesù Cristo. Parla adunque Gesù! Egli è Figliuol di Dio: e parla sempre la verità. Tremate increduli! Voi potete star senza credere, come potete morire senza speranze….. Ma Gesù ha la potenza di farsi credere alla più alta ragione di diciotto secoli (perché l’umanità cristiana, che crede da diciotto secoli, è la più alta ragione che mai sia apparsa nel mondo, innanzi a cui cadono a nulla gli increduli !…..) A terra, a terra tutti in silenzio: adoriamo. Il Sacerdote annuncia ciò che dice Gesù: « Questo è il mio Corpo. » Lo dice Iddio; e se lo dice Iddio, chi può dubitare? E può mai la parola di Dio mancare d’effetto?… Onnipotente e veracissima è la sua parola, e fallacissimo il nostro senso (Io. Chrys. Hom. 24. in 1 Cor.). Momento solenne!.. Non vi è niente di più grande, né di più augusto di quanto ci è dato a scorgere in così terribil momento! Dice s. Giovanni Grisostomo (Io. Chrys. De pœnit.); l’altare è eretto, i misteri s’apprestano: l’Agnello di Dio viene ad immolarsi per noi: il Sacerdote si affanna: il fuoco sacro acceso sull’ara spande intorno la sua luce: i cherubini sono qui presenti, i serafini accorrono, gli spiriti celesti coprono le loro fronti colle ali tremanti, legioni d’Angeli si uniscono al Sacerdote, per intercedere; il cielo si è aperto (Io. Chrys. Hom. 82 in Matt.)… Adoriamo Gesù, vero Dio e vero Uomo, qui realmente presente… Questo è il Corpo di Gesù Cristo. Sì, questo è quello stesso Corpo, che fu trafitto dai chiodi, lacerato dalle verghe dei carnefici, su cui la morte fu impotente; è quello stesso di cui il sole, vedendolo morire in croce, non poté sostenere l’aspetto, e ne stornò i raggi; quello stesso, il cui ultimo sospiro esalato lacerò il velo del tempio, spezzò le rupi, fece tremare la terra: squarciato nel costato, fece scaturire la vita (Io. Chr Hom. 24.). E dunque qui proprio il Signor crocifisso?…. Ma chi potrà reggere così d’appresso alla Divinità sacrificata? Cadiamo a terra… picchiamoci il petto… e lasciando correre riverenti e timorosi sull’altare lo sguardo, guardiamo il Sacerdote: pover’uomo! Egli sa, quanto è orrenda cosa cader nelle mani del Dio vivente (Heb. X, 31)! Depone tremante Gesù sull’altare, e smarrito va ripetendo in cuor suo con Pietro: « Signore, Signore, allontanatevi da me, che sono uom peccatore! » Si getta per terra in ginocchio, cioè cade a nulla nell’abisso della miseria, sorge, e solleva esterrefatto tra il cielo e la terra la Vittima Divina!

Eleva fra le mani il SS. Corpo di G. C.

Che vuol dire questo sollevare il Corpo di Gesù Cristo?… Oh Dio! noi siamo smarriti qui e nella perturbazione della povera anima nostra toglieremo in prestito i pensieri del serafico Bonaventura (Part. 3 in Expos. Mîss. c. 4. et §§ sequent.). Che vuol dire alzar l’Ostia Santissima? Vuol dire levare il volto al cielo con fra le mani il Corpo di Gesù Cristo, e gridare con coraggio: « Padre celeste, abbiam peccato; ma deh! guardate chi vi offriamo, guardate in faccia Gesù Figlio vostro…., e negateci, se potete, negateci di perdonare….. » Che vuol dire alzar l’Ostia? Vuol dire: « Padre Santo, guardate il Vostro Unigenito qui divenuto nostro fratello: deh! mandate per Lui, nostro Capo in noi tutti, sue membra, la vostra benedizione. » Che vuol dire alzar l’Ostia? Vuol dire: « Il paradiso è nostro: il prezzo è qui: è questo Divino Redentore!…. » Che vuol dire alzar l’Ostia? « O cielo, o terra, o mondi del firmamento, adoratelo in silenzio meravigliati, e date lode all’onnipotente bontà di Dio! I cieli non lo possono capire, e noi l’abbiamo qui prigioniero d’amore fra le mani! Eh no? non lo lasceremo andare, finché non ci abbia benedetti!…» Che vuol dire alzar l’Ostia! Vuol dire: « Combattenti sotto il vessillo del Crocifisso, coraggio, coraggio; intuonate l’inno della vittoria; eccovi il gran duce già vi precede al trionfo; e voi poveri affitti, levate il capo, eccovi glorioso Gesù, tenetegli dietro colla vostra croce: ancor pochi passi e lo raggiungerete in paradiso…. »

Che vuol dire alzar l’Ostia ? Vuol dire: « Principi della celeste Gerusalemme, alzate le porte eternali, ché viene il Re della gloria, il Signor forte e potente, il Signor delle virtù, il trionfator della morte, e gli tiene appresso l’esercito dei crocesignati: o Beati, guardate giù, e nel veder questo Re divino, che sollevandosi di terra procede verso del cielo colla legione dei trionfanti, venerate la terra, che, bagnata del Sangue di Dio medesimo, diventa la via del paradiso…. »

Atto della consacrazione del Sangue SS.

« In simile modo, poiché ebbe cenato Gesu, prendendo anche questo calice preclaro nelle sante e venerabili sue mani. » Ecco Gesù col calice del suo Sangue nelle mani sue! O Profeta David, quando col cuore così pieno di gratitudine nell’estasi dell’ispirazione esclamavi: « E che mai potrò retribuire al mio Signore per tutto, che Egli mi vuole donare? Prenderò il Calice della salute, ed invocherò il nome del Signore ; » era egli di questo ministero d’amore che ti parlava all’anima rapita lo Spirito Santo? Deh! Se tu vedessi in questo istante Gesù con questo calice del suo Sangue nelle mani Sue, ben torneresti ad esclamare: « Quanto è preziosa la morte dei giusti, che avranno la sorte di versare insieme col Sangue del Redentore Divino ìl proprio sangue in sacrificio a Dio! »

« Lo benedisse, e lo diede ai suoi discepoli dicendo: PRENDETE, BEVETE TUTTI, QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE DEL TESTAMENTO NUOVO ED ETERNO. » Ecco Gesù col calice del suo Sangue nelle mani sue. Anche il pontefice dell’antica legge, dopo mille cerimonie e preparamenti, una volta all’anno si presentava sulla porta del Santo dei Santi, terribile luogo, coperto di un velo impenetrabile ed inaccessibile ad ogni altro mortale; ma nel presentarsi portava in mano il Sangue della vittima e, con esso innanzi, la temuta porta ardiva d’aprire, perché quel sangue ricordava l’antico patto di Dio e la promessa divina di un patto nuovo. Ora ecco Gesù, che col calice del suo Sangue salda il patto nuovo di eterna alleanza, e col suo Sangue in mano apre a tutti il paradiso.

« Sangue del testamento nuovo ecc. ecc. » Questo è il Sangue della nuova alleanza: poiché siccome l’antico Testamento venne confermato col sangue delle vittime, così il nuovo è suggellato col Sangue di Gesù Cristo (S. Ioan. Chrys. Hom. 82.). Questo Sangue impronta nelle anime la regale immagine del Signore, vi produce un carattere di bellezza e nobiltà, le rafforza e ne è la vita…… questo Sangue fuga il demonio, chiama gli spiriti beati, egli è del Sovrano del celeste impero. Fin qui il Grisostomo (Hom. 47).

« Sangue del testamento eterno. » Sì veramente, perché eterno è il Pontefice, immortale la Vittima, che lo conferma e lo santifica.

« Mistero di fede ecc. » Qui noi esclameremo: « beati coloro, che non vedono cogli occhi (Io. XX, 29), ma credono all’Essenziale Verità. » Beati noi, che abbiamo conosciuto e creduto alla carità, che Dio ha per noi (IV, 16). Bello è ricordare il fatto di san Luigi IX, re di Francia, che chiamato, affinché accorresse a veder Gesù Cristo in apparizione miracolosa nel SS. Sacramento sopra l’altare; mentre lo pressavano che andasse ad ammirare quel miracolo, che confermava così altamente la real presenza di Gesù Cristo: « non fia, non fia, » si dice che rispondesse; « io non verrò, per confermarmi nella verità della fede col testimonio degl’occhi miei. No: perché potrebbero questi occhi prendere abbaglio; ma nella fede mia son certo d’essere infallibile, come è infallibile Iddio, in cui si affida totalmente la nostra credenza. » « Mistero di fede.» ed è veramente, perché essendo da tante figure promesso, da tanti sacrifici figurato, era l’oggetto misterioso, che non ancor pienamente rivelato, esercitava la fede degli antichi Padri (s. Tommaso): ed è il più gran mistero, che colla onnipotenza della fede assoggetta gli intelletti dei fedeli in umiltà: e, a dispetto di tutte le difficoltà, obbliga gli uomini della più potente ragione a credere come fanciulli impiccioliti davanti alla maestà di questo Vero Divino!

« Che sarà sparso per voi e per molti ecc. ecc. » Per voi, o discepoli, e per molti, cioè pei fedeli che verranno poi infino alla consumazione del tempo; per voi, O eletti del popolo di Dio, e per molti, che da tutte le nazioni del mondo saranno chiamati al banchetto divino. Perché questo Sangue sparso sull’albero della croce ha lavato i peccati di tutto il mondo (Io. Chrys. Hom. 46.).

« In remissione dei peccati. » Dichiara l’oggetto per cui s’incamminava a morte (Id. 82). Quando le enormità dei delitti provocano lo sdegno di Dio gli angioli della divina vendetta (dice s. Giovanni Grisostomo) volano dinanzi al trono di Lui col vaso del suo furore, gridando: « Signore! da quell’atomo di fango, contaminato da tanti peccati, abbiamo da sperdere noi tanta lordura di peccatori? » Ah! siano ora benedizioni e grazie a Gesù Salvatore, che si presenta invece col calice del suo Sangue in mano, e grida: « Perdonate, o Padre, i meschinelli miei su questa terra! » Coraggio! Coraggio! stiamo a fidanza ad aspettare proprio in questi giorni misericordia, e corriamo sotto il calice di Gesù. Buon Dio! qual furor di ribelli contro il Signore, e il sommo Pontefice che lo rappresenta! Quando quei furibondi di Ebrei stavano contro Mosè ed Aronne ad offrire un incenso sacrilego; a sterminarli cadeva un torrente di fuoco dell’ira di Dio, e scorreva già tra le tende, e si apriva una voragine a divorare i fuggenti: Aronne pontefice prese il fuoco sacro nel turibolo d’oro, e si frappose tra i morti e i vivi, come gridando: « fuoco dello sdegno di Dio, rispetta il fuoco Sacro » ed il fuoco sterminatore ristette! « Chiuditi, o voragine, e non ingoiare il povero popolo; » e la voragine si chiuse! Ora, se il furore dello sdegno di Dio già rompe il freno, noi, col Sommo Pontefice alla testa pigliamo ben altro che il fuoco Sacro del turibolo d’oro; pigliamoci sul cuore nostro Gesù col Cuor, che arde e versa Sangue sull’altare e gridiamo fidenti: « fuoco dello sdegno di Dio, rispetta Gesù che ci protegge: corriamo fin sopra l’inferno e gridiamo: « chiuditi, o inferno, e cessi la perdizione! » Sì, sì.

Il sacerdote eleva il Calice.

Che vuol dire alzare il Calice? Vuol dire (così s. Giovanni Grisostomo – De pœnit.): « L’Agnello Divino è svenato! il Calice gronda di caldo Sangue! Su, su, accorrete intorno all’altare, e gridate: Sangue di Gesù Cristo piovete sui nostri cuori, bagnate le anime nostre, ristorateci tutti in Voi a vita eterna! » Vuol dire: Ecco Gesù che gronda Sangue: e come là sul Calvario il Corpo di Gesù pendeva dissanguato dalla croce, il Sangue era versato per terra: così ora qui sull’altare, mostrando sotto le due specie del pane e del vino, da una parte il suo Corpo, il suo Sangue dall’altra, misticamente l’un dall’altro diviso, cade come una vittima svenata, versa il suo Sangue innanzi al trono di Dio, e trova in cielo la redenzione (Hebr. VII, I2). Vuol dire: Ecco sopra di noi Gesù, che colle mani piene di Sangue ci apre sul capo il paradiso. Vuol dire: Ecco Gesù, che così come in croce sollevato fra il cielo e la terra, e colle braccia allargate, abbraccia il Padre, abbraccia gli uomini, ed oh! così gli uomini per Gesù si trovano in braccio a Dio! Deh! Gettiamoci tutti piangenti appiè di Gesù Cristo col cuore che palpita troppo, e col pensiero smarrito in così immensa divina bontà. Ma che dice ancora il Sacerdote? Egli racconta che Gesù ha detto  per noi una tenerissima parola.

CAPITOLO IV.

HÆC QUOTIESCUMQUE Ecc. Ecc.

Orazione.

Dice Gesù ancora per bocca del sacerdote: « Ogni qualvolta compiretequesti misteri, ciò farete in memoria di me. »

Esposizione.

On! le tenerissime parole, che finiscono veramente di versare del tutto in Seno agli uomini il Cuore di Gesù. Adunque consumata la grand’opera della sua carità, e ridotto sull’altare in azione di vittima Sacrificata, egli pare che giri lo sguardo intorno e cerchi subito i figliuoli delle sue viscere, pei quali ha versato il Sangue in Sacrificio. Or bene anche noi qui vorremmo dare qualche sfogo alla piena dei nostri affetti. Eh già l’amore è audace interprete dei più secreti misteri, ed anche Gesù benedetto ci ha da perdonare, Se eziandio noi rapiti in santo amore vorremmo farci interpreti del suo Cuore, e col linguaggio di un’anima innamorata dire che anche Egli in quell’istante, in quell’eccesso di averci dato tutto Se Medesimo, non ne potendo più, abbia detto: « Là, là, farete sempre questo anche voi: vi do la facoltà e la parola mia da poter voi stessi trasmutare il pane ed il vino nel mio Corpo e nel mio Sangue! Così resterò sempre con voi. Sì figliuoli miei cari, che mi costate tanti dolori, fate sempre questo in memoria di me. » – Gesù è qui proprio col suo Corpo; proprio col suo Sangue; e benché sia vivo e glorioso in Persona sotto ciascuna delle due specie, però qui sull’altare presenta ora il suo Corpo come fosse solo sotto le specie del pane; ed il suo Sangue come fosse solo lì sotto le specie del vino per mettersi tra il Divin Padre e noi, come era là sul Calvario. Pare che ci dica: « Figliuoli miei, lasciate fare oltre, so ben Io quel che debbo fare per muover a compassione il Padre nostro e poi tutto ottenere per voi. Mi metterò davanti a Lui, come era sul Calvario! Là il mio Corpo morto pendeva dalla croce svenato tutto ammaccato e lacero di piaghe, ed il mio Sangue caldo era tutto sparso sotto sui sassi. Ora qui dunque voi, state dietro di me, parlerò Io per voi con parole piene di Sangue, e tratterò i vostri interessi col mio Cuore squarciato in seno a Lui: Steterim in conspectu Ejus : loquerer pro eis bona (Jer. 18). Poi mostrerete queste piaghe all’Eterno Padre; e qual grazia vi potrà negare, che buona sia per voi, quando gliela chiederete con questo pegno? » E a chi esitasse pel sentimento della propria indegnità, fa il più tenero e consolante rimprovero e prende anzi le difese del Padre suo. « Il Padre mio (Io. 16; Luc. 11.), torna a dir Egli, non vedete, quanto è buono con voi il Padre mio, che ha voluto fino dare per voi la vita del proprio Figliuol suo? Proprio filio suo non pepercit! E tutto questo per salvar voi, quando gli eravate ribelli e nemici; ora che non vorrà fare per voi, che gli siete figli del mio Sangue riconciliati? » Deh! rispondiamogli almeno col cuore: « O nostro buon Gesù, noi accettiamo l’invito; ed il comando vostro è la maggior nostra consolazione. » Deh! sclameremo con s. Giovanni Crisostomo, possiamo pensare, che Gesù Cristo ha sofferto per noi, senza che tale memoria non imprima fortemente nel nostro cuore il desiderio di diventar migliori ? (Hom. 27).