DOMENICA DI PASQUA (2023)

DOMENICA DI PASQUA (2023)

DOMENICA DELLA RISURREZIONE.

Solennità delle Solennità.

Stazione a Santa Maria Maggiore!

Doppio di I cl. con ottava privilegiata. – Paramenti bianchi.

Come a Natale, così a Pasqua, la più grande festa dell’anno, la Stazione si tiene a S. Maria Maggiore.

Il Cristo risuscitato rivolge anzitutto al divin Padre l’omaggio della sua riconoscenza (intr.). La Chiesa a sua volta ringrazia Iddio di averci, con la vittoria del Figlio Suo, riaperto la via del Cielo e lo prega di aiutarci a raggiungere questo bene supremo (Oraz.) Come gli Ebrei mangiavano l’Agnello pasquale con pane non lievitato, dice S. Paolo, così noi pure dobbiamo mangiare l’Agnello di Dio con gli azzimi di una vita pura e santa (Ep., Com.) cioè, esente dal fermento del peccato. Il Vangelo e l’Offertorio ci mostrano la venuta delle Marie che vogliono imbalsamare il Signore. Esse trovano una tomba vuota, ma un Angelo annunzia loro il grande Mistero della Risurrezione. Celebriamo con gioia questo giorno nel quale Cristo, risuscitando, ci ha reso la vita (Pref. di Pasqua) ed affermiamo con la Chiesa, che « il Signore è veramente risuscitato » (inv.); secondo il suo esempio, operiamo la nostra Pasqua, o passaggio, vivendo in modo da poter dimostrare che noi siamo risuscitati con Lui.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.

R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Ps CXXXVIII: 18; CXXXVIII: 5-6.

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuisti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. 

[Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Ps CXXXVIII: 1-2.

Dómine, probásti me et cognovísti me: tu cognovísti sessiónem meam et resurrectiónem meam. 

[O Signore, tu mi provi e mi conosci: conosci il mio riposo e il mio sòrgere.]

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuísti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja.

[Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: mirabile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio

Deus, qui hodiérna die per Unigénitum tuum æternitátis nobis áditum, devícta morte, reserásti: vota nostra, quæ præveniéndo aspíras, étiam adjuvándo proséquere. 

[O Dio, che in questo giorno, per mezzo del tuo Figlio Unigénito, vinta la morte, riapristi a noi le porte dell’eternità, accompagna i nostri voti aiutàndoci, Tu che li ispiri prevenendoli.] 

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios. 1 Cor V: 7-8

“Fratres: Expurgáte vetus ferméntum, ut sitis nova conspérsio, sicut estis ázymi. Etenim Pascha nostrum immolátus est Christus. Itaque epulémur: non in ferménto véteri, neque in ferménto malítiae et nequitiæ: sed in ázymis sinceritátis et veritátis.” 

[“Fratelli: Togliete via il vecchio fermento, affinché siate una pasta nuova, voi che siete già senza lievito. Poiché Cristo, che è la nostra pasqua, è stato immolato. Pertanto celebriamo la festa non col vecchio lievito, né col lievito della malizia e delle perversità, ma con gli azimi della purità e della verità”.] .

Fratelli: Togliete via il vecchio fermento. Comunque si vogliano intendere queste parole, che l’Apostolo indirizza ai Corinti, è certo che li esorta a vivere santamente, lontani da ogni peccato, tanto più che si avvicinava la solennità di Pasqua. « Non c’è uomo che non pecchi », dice Salomone (3 Re, VIII, 46). E si pecca non solo venialmente: da molti si pecca mortalmente con la più grande indifferenza. Forse cesserà il peccato di essere un gran male, perché è tanto comune? Una malattia non cessa di essere un gran male, perché molto diffusa; e il peccato non cessa di essere il gran male che è, perché commesso da molti. Dio, autorità suprema, ci dice: «Osservate la mia legge e i miei comandamenti» (Lev. XVIII, 5). E noi non ci curiamo della sua legge e dei suoi comandamenti, che mettiamo sotto i piedi. Quale guadagno abbiamo fatto col peccato, e qual vantaggio riceviamo dal non liberarcene? Se non hai badato al peccato prima di commetterlo; consideralo almeno ora che l’hai commesso. Col peccato avrai acquistato beni, ma hai perduto Dio. Avrai avuto la soddisfazione della vendetta; ma ti sei meritato un condegno castigo; perché « quello che facesti per gli altri sarà fatto per te: sulla tua testa Dio farà cadere la tua mercede » (Abdia, 15). Se non aggraverà su te la sua mano in questa vita, l’aggraverà nella futura. Avrai provato godimenti terreni, ma hai perduto il diritto ai godimenti celesti. Ti sei attaccato a ciò che è momentaneo, ma hai perduto ciò che è eterno. Ti sarai acquistata la facile estimazione degli uomini, ma hai perduto l’amicizia di Dio. Hai abusato un momento della libertà; ma sei caduto nella schiavitù del peccato. « Che cosa hai perduto, che cosa hai acquistato?… Quello che hai perduto è più di quello che hai acquistato » (S. Agostino Enarr. in Ps. CXXIII, 9). – Il peccatore, però, da questo stato di perdita può uscire, rompendo le catene del peccato. Egli lo deve fare. Dio stesso ve lo incoraggia: « Togliti dai tuoi peccati e ritorna al Signore » (Eccli. XVII, 21), dice Egli. « Io non voglio la morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via, e viva… E l’empietà dell’empio non nuocerà a lui, ogni qual volta egli si converta dalla sua empietà » (Ezechiele XXXIII, 11…. 12). Non si è alieni dal ritornare a Dio; ma non si vuole far subito. Si vuole aspettare in punto di morte. Ma la morte ha teso le reti a tutti i varchi, e frequenti sono le sue sorprese. Può coglierci da sani, quando nessuno ci pensa; può coglierci da ammalati; quando non si crede tanto vicina, o si crede di averla già allontanata. Non sono pochi quelli che muoiono senza Sacramenti, perché si illudono che la malattia non sia mortale, o che il pericolo sia stato superato. E poi, non è da insensati trattare gli affari della più grande importanza, quando non si possono trattare che a metà, con la mente preoccupata in altre cose? E nessuno affare può essere importante quanto la salvezza dell’anima nostra; ed è imprudenza che supera ogni altra imprudenza volerlo trattare quando il tempo ci verrà a mancare, quando non avremo più la lucidità della mente. – Nessuno che è condannato a portare un peso, aspetterebbe a levarselo di dosso domani, se potesse levarselo quest’oggi. Nessuno che ha trovato una medicina, che può guarire una malattia recente, si decide a prenderla quando la malattia sarà inveterata. Nel nostro interno c’è la malattia del peccato; non lasciamola progredire. Un medico infallibile, Gesù Cristo, ci ha dato una medicina per la nostra guarigione spirituale, la Confessione; non trascuriamola.

[A. Castellazzi: Alla Scuola degli Apostoli; Sc. Tip. Artigianelli, Pavia, 1929]

Alleluja 

Alleluia, alleluia Ps. CXVII:24; CXVII:1 Hæc dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et lætémur in ea. 

[Questo è il giorno che fece il Signore: esultiamo e rallegriàmoci in esso.] 

V. Confitémini Dómino, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. Allelúja, allelúja. 

[Lodate il Signore, poiché è buono: eterna è la sua misericòrdia. Allelúia, allelúia.] 

1 Cor V:7 V. Pascha nostrum immolátus est Christus. 

[Il Cristo, Pasqua nostra, è stato immolato.]

Sequentia

“Víctimæ pascháli laudes ímmolent Christiáni. Agnus rédemit oves: Christus ínnocens Patri reconciliávit peccatóres. Mors et vita duéllo conflixére mirándo: dux vitæ mórtuus regnat vivus. Dic nobis, María, quid vidísti in via? Sepúlcrum Christi vivéntis et glóriam vidi resurgéntis. Angélicos testes, sudárium et vestes. Surréxit Christus, spes mea: præcédet vos in Galilaeam. Scimus Christum surrexísse a mórtuis vere: tu nobis, victor Rex, miserére. Amen. Allelúja.” 

[Alla Vittima pasquale, lodi offrano i Cristiani. – L’Agnello ha redento le pecore: Cristo innocente, al Padre ha riconciliato i peccatori. – La morte e la vita si scontrarono in mirabile duello: il Duce della vita, già morto, regna vivo. – Dicci, o Maria, che vedesti per via? – Vidi il sepolcro del Cristo vivente: e la gloria del Risorgente. – I testimónii angélici, il sudàrio e i lini. – È risorto il Cristo, mia speranza: vi precede in Galilea. Noi sappiamo che il Cristo è veramente risorto da morte: o Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Allelúia.]

Evangelium 

Sequéntia  sancti Evangélii secúndum Marcum. 

 Marc. XVI:1-7.

“In illo témpore: María Magdaléne et María Jacóbi et Salóme emérunt arómata, ut veniéntes úngerent Jesum. Et valde mane una sabbatórum, veniunt ad monuméntum, orto jam sole. Et dicébant ad ínvicem: Quis revólvet nobis lápidem ab óstio monuménti? Et respiciéntes vidérunt revolútum lápidem. Erat quippe magnus valde. Et introëúntes in monuméntum vidérunt júvenem sedéntem in dextris, coopértum stola cándida, et obstupuérunt. Qui dicit illis: Nolíte expavéscere: Jesum quǽritis Nazarénum, crucifíxum: surréxit, non est hic, ecce locus, ubi posuérunt eum. Sed ite, dícite discípulis ejus et Petro, quia præcédit vos in Galilǽam: ibi eum vidébitis, sicut dixit vobis.” 

[In quel tempo: Maria Maddalena, Maria di Giacomo, e Salòme, comperarono degli aromi per andare ad úngere Gesú. E di buon mattino, il primo giorno dopo il sàbato, arrivarono al sepolcro, che il sole era già sorto. Ora, dicevano tra loro: Chi mai ci sposterà la pietra dall’ingresso del sepolcro? E guardando, videro che la pietra era stata spostata: ed era molto grande. Entrate nel sepolcro, vídero un giovane seduto sul lato destro, rivestito di càndida veste, e sbalordirono. Egli disse loro: Non vi spaventate, voi cercate Gesú Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui: ecco il luogo dove lo avevano posto. Ma andate, e dite ai suoi discepoli, e a Pietro, che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse.]

Omelia

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956)

LA GIOIA PASQUALE

Sulle colline d’oriente aleggiava una bianca speranza. In quel lume mattutino, astratte ancora nell’angoscia dei giorni precedenti, già le pie donne ascendevano al Sepolcro divino, portando profumi. Erano quattro, perché a Maria di Magdala e a Maria di Betania s’erano accompagnate Giovanna di Cusa e Salomè. Quando furono al Sepolcro, ammutirono dallo spavento: la grossa pietra di chiusura era rovesciata indietro. Avevano dunque profanato la salma di Gesù? Timorose entrarono: un giovinetto, seduto a destra, pareva aspettarle. « Non vi spaventate! Cercate forse Gesù Nazareno? Ma è già risorto: non è più qui ». Le donne, tutte e quattro, trepidanti di spavento e d’allegrezza, si precipitarono fuor del sepolcro. Il sole, che s’era oscurato nell’ora della morte, sfolgorava, come mai, giù dai monti annunciando la resurrezione. Alleluia! Alleluia! Cristo è risorto: la morte fu vinta; fu vinto il peccato; fu vinto l’inferno. Alleluia! squillano le campane nel cielo di primavera, in ogni angolo del mondo sotto ogni latitudine. Alleluia! oggi risuona sui monti silenziosi, oggi, sulle pianure tumultuanti. Alleluia! Oggi si ripete tra gli ardori della zona equatoriale come fra le capanne incavate nel ghiaccio dagli esquimesi; accanto alla pagoda di Brahama, presso la moschea di Maometto: dovunque un missionario cattolico ha levato una croce, ha innalzato un altare. È Pasqua: è il giorno sospirato, il principio d’ogni nostra letizia, il fine d’ogni dolore. Cristo non è più lacero, non è più crocifisso, non è più morto; ma integro, glorioso, trionfante. Alleluia! Dal giorno della Resurrezione tutto è diventato gioia per i veri discepoli di Gesù Cristo: gioia è vivere; gioia è morire; gioia è risorgere nella propria carne. – 1. GIOIA È VIVERE . Vi sembrerà strano udire che gioia sia per noi la vita quando continuamente sperimentiamo d’essere in una valle di lacrime, ove non passa giorno senza una pena.  Eppure è così: noi abbiamo il mezzo per trasformare la nostra vita di sofferenza in una vita di santa letizia. Ce lo insegna S. Paolo: Ut quomodo Christus resurrexit a mortuis, ita et nos in novitate vitæ ambulemus. Come Cristo risuscitò da morti, così ancor noi dobbiamo risorgere dal peccato e camminare per una via nuova. Sopra questa strada nuova del bene, dell’onestà, della fede, noi troveremo la gioia di vivere. Guardate il popolo di Israele fuggitivo dal servaggio brutale degli Egizi: Faraone col ferro alla mano; coi carri, con un esercito d’armati li rincorre, li incalza, li raggiunge, ormai è sopra a loro; gli Israeliti ansanti sono stretti tra il mare che mugghia davanti, e le lance che trafiggono alle spalle. Terribile agonia. Alza Mosè la verga e tocca le onde: ecco, e i flutti si calmano e il mare sì divide dal mare ed una strada si apre sul fondo e tutto il popolo del Signore si precipita per quella. Il sentiero riesce così delizioso che invece d’arena e di ghiaia è lastricato di fiori. Campus — così lo descrive la Storia Sacra — germinans flores de profundis aquarum. Questa è un’immagine delle anime devote che fanno veramente Pasqua: voltano le spalle all’Egitto dei mondani piaceri e dei peccati e camminano dietro a Gesù risorto. Voltiamo anche noi le spalle alla nostra vita passata lontano dalla legge di Dio, dai santi Sacramenti, e proveremo nel nostro cuore una gioia ed una pace non gustata fin qui. Davide esclama: « Il Signore non lascia mancar nulla a quelli che camminano nell’innocenza ». Non dico che non ci saranno più dolori; ma anche i dolori toccati dalla croce di Gesù, come da una verga miracolosa, diverranno gioie essi pure. « Ogni pena mi è diletto » canta S. Francesco. E santa Teresa di Lisieux meravigliata, diceva: « Come va, Signore, che anche in mezzo ai dispiaceri non posso più patire? ».2. GIOIA È MORIRE. La cosa più paurosa che v’è sulla terra è la morte. Sentirsi male in tutto il corpo, non trovar sollievo un istante per giorni e veder il mondo sfumar in una nebbia densa, non sentir più nulla, scendere sotterra nell’oscurità, tra le zolle grevi e fredde del camposanto… Oh è terribile! Ma Gesù Cristo, risorgendo per propria virtù, ha reso lieta la morte e piena di beate speranze. Per il navigante che ha traversato gli oceani in burrasca è forse spaventoso entrare un bel mattino nelle acque placide del porto? Per il soldato che è vissuto mesi e mesi nel fango d’una trincea, tra l’ululo dei proiettili e gli scoppi terribili delle bombarded, è forse spaventoso il giorno in cui potrà ritornare al suo paesello, nella sua casa, rivedere suo padre che l’attende sulla soglia, con le braccia spalancate per comprimerlo in estasi sul suo cuore? Per l’operaio che ha lavorato duramente per tutta la settimana, e s’è logorato sulla fatica, è forse spaventoso il sopraggiungere della sera del sabato, quando lo chiamerà il padrone, per donargli una generosissima ricompensa? Così è la morte per i veri Cristiani. « Per me — scriveva s. Paolo — morire è un guadagno (Philip., I, 21). io desidero la morte, perché mi unirà a Cristo (Philip., I, 23). Ma quando, finalmente, sarò liberato da questo corpo mortale? » (Rom., VII, 24). Il vecchio Vescovo Ignazio d’Antiochia, pochi giorni prima del martirio così scriveva ai Romani: « Quando godrò la felicità di essere dilaniato dalle belve feroci? « Ah, si affrettino a farmi morire e a tormentarmi; di grazia, non ri risparmino. Se le belve non verranno da me, le obbligherò io a sbranarmi ». – « Perdonatemi, figliuoli, questi trasporti! so quello ch’è bene per me. Che mi si faccia soffrire il fuoco, le croci, le zanne delle bestie feroci; sono pronto a tutto purché possa godere Gesù Cristo ». Ecco che cos’è la morte: il principio dell’eterno godimento. I primi Cristiani chiamavano il giorno della morte dies natalis, giorno di nascita perché chi ha vissuto cristianamente, morendo nasce alla vera vita, quella del Paradiso. Santa Teresa esclamava: « Io muoio di non poter morire ». E quando in Roma scoppiò la peste, S. Luigi Gonzaga con le lacrime scongiurò i superiori suoi di lasciarlo andare negli ospedali ad assistere gli appestati. « Ma non sai che la peste ti può colpire, e tu sei tanto giovane? ». Il Santo desiderava la morte. Ed una sera tornò a casa dopo aver assistito i moribondi, dopo aver baciato le loro piaghe violacee, tornò giulivo, ma con il male nel sangue. — Padre, — diceva al suo confessore prima di morire — mi permette che mi flagelli. « Non vedi che neppure ne hai la forza? ». — Mi farò battere, da capo a piedi, da un compagno. « Non parlare così… ». Lieta è la morte per i Cristiani perché dietro la morte c’è la vita. C’è il Paradiso. C’è Gesù risorto, là, ad aspettarli nella sua gioia eterna. – 3. GIOIA È LA RESURREZIONE DELLA CARNE. Una madre, a cui da poco tempo eran morti due figlioli, udì parlare del giudizio finale e della resurrezione della carne. « Dunque, — diceva estasiata — i miei due figliuoli li vedrò ancora, ancora potrò accarezzarli? Vedrò il loro viso buono, li bacerò ancora, ma non più piangendo come li baciai, freddi freddi, prima di ricomporli nella bara. Ma quando sarà? ». « Quando le trombe degli Angeli squilleranno l’ora del giudizio finale ». E quella madre, quasi impaziente di rivedere i suoi figli: « E perché — disse — quel giorno non è domani? ». Chi non piange qualche caro parente defunto? Forse la madre, forse un fratello, forse lo sposo? Quante volte non ci assale un violento desiderio. di rivederne le fattezze, di riguardare nei loro occhi mesti; di riudire la loro voce quale l’udimmo in ore beate? Ebbene, il mistero della Pasqua ci dona una grande consolazione. Noi li rivedremo: non solo rivedremo i loro spiriti, ma anche i loro corpi gloriosi, li rivedremo così come li abbiamo conosciuti e amati sopra la terra. La resurrezione di Gesù Cristo è garanzia della nostra resurrezione. I membri di un corpo devono essere conformi alla testa. Ora, Cristo nostro capo è risorto con la sua carne da morte e non muore più. Per conseguenza gli uomini che sono le membra di Cristo risorgeranno essi pure coi loro corpi e non morranno più. Ma, allora, il terribile giorno dell’ira di Dio — dies iræ — per i Cristiani sarà un giorno di gioia, il giorno della gioia completa. – Alleluia! È passato l’inverno della maledizione, è venuta la primavera dell’amore; è passata la schiavitù del demonio, comincia il dolce regno di Dio. Alleluia! gioia è la vita; gioia è la morte; gioia il risorgere. Ma chi ci rese così lieta l’esistenza? Gesù Cristo. Fu Lui, con la sua incarnazione, con la passione, con la resurrezione. Se dopo tutto questo c’è ancora qualcuno che non ama nostro Signor Gesù Cristo, sia scomunicato (S. PAOLO). — LA NOSTRA RESURREZIONE. La resurrezione spirituale che ogni Cristiano deve compiere, è il principio della gloriosa resurrezione dei nostri corpi. Omnes quidem resurgemus (I Cor, XV, 51). – 1. LA NOSTRA SPIRITUALE RESURREZIONE. Un granello di frumento un giorno cadde dalle mani del seminatore nel solco violetto d’un campo smosso di recente: e sparì nella terra.  Il granello sentendosi oppresso mormorò « Io muoio ». Caddero le piogge autunnali a macerare il terreno ed una grande umidità penetrò fino a lui. Il povero granello sentendosi tutto rammollito, mormorò con un fil di voce: « Io muoio ». Non più calore, non più luce, non più sole. Il granello, sentendosi fradicio, sospirò senza voce: « È finita! ». No, no, piccolo granello, non è finita! Ed eccolo mandar fuori impercettibili radici, e poi uno stelo esile come un ago, che passò nella terra e giunse nel sole, poi crebbe fino a dare una spiga stupenda. Ecco simboleggiato quello che ogni Cristiano deve compiere in se stesso dopo che Cristo è morto e risorto per noi. Dobbiamo cominciare una vita nuova: ma prima però è necessario distruggere la vecchia vita: quella in cui il peccato ci ha induriti e chiusi come un seme. Bisogna quindi lasciarci cadere nel solco sotto la terra: ossia ritirarci nel silenzio della Chiesa e nella preghiera, e decidere quello che bisogna fare per la salute nostra eterna. Decidere con fermezza e con coraggio, se vogliamo veramente risorgere. Non importa se bisognerà lasciare certe abitudini che ci sono care o comode; non importa se saremo costretti sotto al duro giogo della mortificazione nei nostri sensi, e se ci sembrerà di morire come il piccolo granello di frumento. Via, dunque, dal nostro cuore affetti o relazioni impure: basta con quei luoghi, con quelle amicizie, con quei divertimenti; basta con gli odi, con le gelosie, con l’avidità del denaro, della roba altrui. Bisogna risorgere! Non spaventatevi se questa resurrezione dello spirito vuol dire prima sacrificio e rinnegamento: Iddio saprà infondere a queste lotte intime e dure tanta gioia che voi stessi ne sarete meravigliati. Ernesto Psicari, il convertito nipote di Renan, esclamava: « Mio Dio! Non avrei mai creduto che fosse così facile e così soave l’amarti! ». – 2. LA NOSTRA CORPORALE RESURREZIONE. S. Monaco scita, gran servo di Dio, morendo, atteggiò le labbra a un sorriso. I circostanti, piangendo, gli chiesero perché sorridesse ed egli rispose semplicemente: Ho sorriso perché voi avete paura della morte, mentre essa è così amabile! ». Ed aveva ragione. Ma cos’è la morte, dopo che Cristo l’ha vinta, risorgendo? Non è più l’inesorabile dea che con la falce spinge nelle tenebre i poveri uomini, ma essa per il Cristiano non è che una breve partenza dell’anima dal corpo. È l’anima che saluta il suo corpo: « A rivederci, fratello! abbiamo combattuto insieme la battaglia del Signore, abbiamo servito il nostro Padrone, gioendo e patendo insieme. Ora sei stanco e ti lascio riposare: ma dopo il tuo breve sonno, allo squillar della tromba angelica, ritornerò a riprenderti, ma per godere, sempre, senza stancarti più! ». – Ecco perché S. Francesco cantava: « Lodato sia il mio Signore, per la sorella morte corporale! ». Resurrexit: non est hic. O morte, dov’è la tua vittoria? Se Cristo, primizia dei dormienti, è risorto, anche noi tutti dobbiamo risorgere nella nostra carne. Omnes quidem resurgemus: è dogma di fede. Cristo è il nostro capo: noi siamo le sue membra: e tutti con Lui formiamo un corpo unico. Ma ogni membro segue le sorte del capo: e s’Egli muore, tutte le membra morranno; ma s’Egli risorge tutte le membra risorgeranno. Cristo è passato — avanti a noi — con la sua voce; e vuole che tutti lo seguano, portando la croce. Ma Cristo è gloriosamente risorto: e perché tutti quelli che l’avranno seguito nel patimento, non lo dovranno seguire nella gloria? La morte è pena del peccato: ma il peccato fu asterso da Cristo: anche la morte, dunque, dovrà essere infranta. Resurgemus! È questo il grido di Giobbe: « So che il mio Redentore vive. Ma so anche che, nell’ultimo giorno, io pure risorgerò a vederlo con questi occhi miei ». È il grido dei Maccabei morenti: « Tu, o tiranno, potrai disperdere le nostre povere ossa, ma il Re immortale le farà risorgere ». È la parola chiara e infallibile di Dio: « Io sono resurrezione e vita » E allora: dove è, o morte, la tua vittoria se discendiamo nella fossa solo per aspettare la resurrezione? Et exspecto resurrectionem! – Prepariamoci alla gloriosa resurrezione dei corpi, con la resurrezione dal peccato e dalla tiepidezza. Filippo II di Spagna vegliò una notte intera per scrivere una lettera di somma importanza al Papa. Quand’ebbe finito, distratto dalla fatica e dal sonno, invece di versarvi la sabbia per asciugare, vi rovesciò l’inchiostro. Filippo impallidì: ma poi raccogliendo il suo coraggio, disse: « Cominciamo da capo ». Oh! se nella nostra vita ci sono stati dei momenti di sonno e di distrazione, in cui abbiamo rovesciato l’inchiostro dei peccati sull’anima nostra, oggi — che è Pasqua — è proprio il momento opportuno di dire: « Cominciamo da capo ».

IL CREDO

Offertorium 

Orémus 

Ps. LXXV: 9-10.

Terra trémuit, et quiévit, dum resúrgeret in judício Deus, allelúja. 

[La terra tremò e ristette, quando sorse Dio a fare giustizia, allelúia.]

Secreta

Súscipe, quaesumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut, Paschálibus initiáta mystériis, ad æternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant. 

[O Signore, Ti supplichiamo, accogli le preghiere del pòpolo tuo, in uno con l’offerta di questi doni, affinché i medésimi, consacrati dai misteri pasquali, ci sérvano, per òpera tua, di rimédio per l’eternità.] –

Præfatio

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

Paschalis

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre: Te quidem, Dómine, omni témpore, sed in hac potíssimum die gloriósius prædicáre, cum Pascha nostrum immolátus est Christus. Ipse enim verus est Agnus, qui ábstulit peccáta mundi. Qui mortem nostram moriéndo destrúxit et vitam resurgéndo reparávit. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia cœléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare: Che Te, o Signore, esaltiamo in ogni tempo, ma ancor piú gloriosamente in questo giorno in cui, nostro Agnello pasquale, si è immolato il Cristo. Egli infatti è il vero Agnello, che tolse i peccati del mondo. Che morendo distrusse la nostra morte, e risorgendo ristabilí la vita. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis
Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio 

1 Cor V: 7-8

Pascha nostrum immolátus est Christus, allelúja: itaque epulémur in ázymis sinceritátis et veritátis, allelúja, allelúja, allelúja.

[Il Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato, allelúia: banchettiamo dunque con gli àzzimi della purezza e della verità, allelúia, allelúia, allelúia.]

Postcommunio 

 Orémus.

Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concordes. 

[Infondi in noi, o Signore, lo Spírito della tua carità: affinché coloro che saziasti coi sacramenti pasquali, li renda unànimi con la tua pietà.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.