LO SCUDO DELLA FEDE (245)

LO SCUDO DELLA FEDE (245)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (14)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

Orazione: Communicantes.

« Noi comunicando, e prima di tutto venerando la memoria di Maria sempre vergine, gloriosa Madre di Dio e nostro Signor Gesù Cristo, come pure dei beati vostri Apostoli e martiri Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone, Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Grisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i vostri santi: Deh! pei meriti e le preghiere loro concedete, che noi in tutte le cose veniamo muniti dell’aiuto di vostra protezione (qui giunge le mani e continua): Pel medesimo Gesù Cristo, Signor nostro. Così sia. »

Spiegazione dell’orazione: Communicantes.

La Chiesa in terra e in cielo è una sola famiglia. L’altare toglie via l’abisso che separa il cielo dalla terra, ed è come un ponte, per cui i fedeli dal tempo salgono all’eternità, e si mettono in società coi Beati comprensori del paradiso. Di qui, contemplando i loro fratelli in eterna beatitudine, questi figliuoli della Chiesa in battaglia pigliano conforto nel veder tale porzione del loro corpo già coronato in quella gloria infinita: e come membra della stessa famiglia, partecipano col cuore della beatitudine loro. Dall’altare ricordando poi le vicende della vita, in cui si trovarono anch’essi quei felicissimi, dal loro esempio pigliando conforto, insieme con loro rendono grazie a Gesù, comune Salvatore. Così mentre i fedeli in terra ricordano appié della croce coi meriti di Gesù i meriti dei Santi; i Santi sicuri della propria beatitudine, solleciti della nostra sorte come dice s. Cipriano s’affrettano di chiedere in cielo a Dio, che la virtù del suo Sangue quegli stessi prodigi di grazia, che ha già operato per la loro felicità, rinnovi pei fratelli in via; e questi dal canto loro presentano in questa azione, pei doni, che a quelli ha dato, ringraziamento degno di Dio. – Grande consolazione è questa comunione dei Santi! Per essa i fedeli, quando si sollevano coll’anima in cielo, si trovano in quella così lontana regione in mezzo a protettori ed amici, che si fanno premura di presentarsi con loro al trono di Dio per intercedere insieme: solleciti della nostra sorte, come diciamo con s. Cipriano. Il Sacerdote fra quell’immensa schiera di Beati in tanta gloria, non potendo nominarli tutti, (come si suol fare, quando uom si trova fra moltissimi cari in terra) chiama per nome coloro, che hanno titoli particolari per meritare la nostra confidenza. Deh! fra quei Beati, chi prima d’ogni altro dovrà rimemorare? …… In paradiso più dei Cherubini e dei Serafini, e senza paragone più di tutti i Beati, contempla gloriosa Maria in seno alla Santissima Trinità, e subito le corre innanzi con cuor di figlio, perché Maria è Madre.

Maria è Madre.

Oh! qui non sono a dir molte parole, per spiegareperché il Sacerdote in cielo elevato cerca subito la Regina del cielo. Col cuore che batte sìvivo in quella pienezza d’inesprimibili affetti, abbiamobisogno di un cuore che c’intenda, di uncuore che ci voglia il maggior bene ed ami connoi Iddio, come sentiamo di doverlo amare, divinamente.Perciò il nostro cuore si slancia al Cuordi Maria: anche i bambini si gettano in seno allamadre per stringersi al cuore di lei. No, non citroviam meglio che quando noi siam tra le bracciadi Maria a parlare con Dio: perché Maria èMadre. Quando pendeva in croce Gesù, il Sanguepioveva giù dalla testa, grondava giù dalle mani,scorreva giù dai piedi santissimi; e Maria stavasotto la croce, e il caldo Sangue di Gesù cadevasul volto, sulle vesti, sulle mani benedette di MariaSantissima: e Gesù, quando si vide lì sotto allacroce tutta bagnata di Sangue la sua Madre, ce ladiede per Madre nostra (S. Ephrem, Or. de Laur. vir.). Ora Maria dal cielo guarda noi all’altare intorno a Gesù: e da Gesù in Sacramento viene in noi il Sangue, che vorremmo dir Sangue di Lei: perché Gesù è Figlio del suo Sangue…… Ah si, sì senz’altra ragione lo comprendiamo nel cuore, che Maria ci guarda, come figliuoli del suo Sangue! Madre divina! Ella contempla in paradiso nello splendore della Divinità il Figlio suo in seno al Padre, e guarda noi in terra in tante miserie, poverini di figli! lì lì per perderci ad ora ad ora. « Oh! Figliuol mio, gli dice, è Sangue nostro in quei meschinelli. » Contempla poi nel Figlio le Piaghe gloriose, e « Figliuol mio, gli dirà, queste Piaghe vostre io ho sofferte nel mio cuore! » e guarda le piaghe nostre, e gli deve dire: « mi par di sentirle nella mia persona: son Madre vostra, Madre anche di loro », e mirando nel Costato ancora aperto: « mio Gesù, esclama, questa ferita poi l’ho sentita tutta io sola nel cuore mio: salvatemi i figli di tanto dolore! » Pensiamo se in terra una madre fosse così fortunata, che avesse il figlio suo primogenito per ventura diventato re sul più gran trono del mondo; e poi avesse gli altri suoi figliolini, dispersi per la terra, in abbietta miseria; chi, chi vorrà al figlio suo in tanta gloria raccomandare, se non i figliuoli suoi poverini? Ah! consoliamoci, ché abbiamo in cielo la Madre, che è la Madre di Dio (Di Napoleone si racconta (come il buon capitano di Tebe Epaminonda godeva d’ogni vittoria per la consolazione che ne avrebbe avuto la madre) che d’ogni nuova conquista voleva portare egli la novella alla madre sua Letizia; per godere della materna consolazione, e che la madre gli rispondeva sempre con un sospiro: « Ne godo, ma i vostri fratelli ?…..; » e che pur finalmente le dicesse Napoleone: « Mamma, per compiacervi, uno lo farò re di Spagna, poi l’altro re di Portogallo, poi l’altro re di Wesfalia, e regina d’Etruria la sorella » e che allora la madre con un largo sospiro gli rispondesse: La madre vostra è felice! »). Le madri sono sempre madri, anche coi figliuoli che siano stati cattivi: e se mai un figliuolo ravveduto non ardisse di presentarsi al padre, buono sì, ma tanto sdegnato; tra un padre e un figliuolo cattivo, che vuol farsi buono, in sulla soglia, chi si intromette a far pace?… Lasciate fare alla madre. Ella dirà al padre: « avete ragione, fu cattivo quel meschinello…. » Ma intanto va dietro al padre, e mette mano nel forziere, e piglia una manata d’oro (il padre finge di non vederla!) e va sulla porta al figlio e, « to’, gli dice, paga i debiti tuoi, perché ti salvi in onore; » e per giunta lo bacia e gli piange sul volto! Si, veramente l’amor di madre rende immagine dell’amor di Dio! Amor generoso, cresce più quanto è maggiore il dolore che le costa il figlio. Adunque per tutte le ragioni il Cuor di Maria è, dopo il Cuor di Gesù, il rifugio dei peccatori. Ella è Madre! – Il Sacerdote contempla questa Madre in paradiso, l’ama, la benedice; e le si getta in cuore per dirle: « o Maria SS., Madre di Dio, e Madre nostra, da tanta altezza ben conoscerete in questa povera terra i vostri figli! Vedeteci chiamati qui a rinnovare il prodigio, che si operò in voi, Vergine SS., benedetta Madre di Dio. In mezzo a noi deve scendere il vostro Figliuolo divino; ed io Sacerdote devo prestargli in persona quei servigi e ministeri, che voi prestavate a lui Bambino in confidenza di madre; poi tutti noi dobbiamo, come voi, riceverlo in seno ora, che vuole per noi sacrificarsi, come là sulla croce. Santissima Madre, vi avete ben dunque voi il vostro interesse a farci santi, e a darci in prestanza le vostre virtù, per prepararci. » La Regina del paradiso dal trono di Dio, in cui siede coronata di stelle immortali, abbasserà lo sguardo rivolta a noi; e scorgendoci, come siamo, intorno all’altare, rigenerati dal Sangue di Gesù Cristo, penserà quanti le costammo dolori, quando appiè della croce ci ricevette per figliuoli dal Figliuol suo morente. E pare a noi, che dovrà esclamare: « son proprio dessi i miei figliuoli costoro, perché in essi è il Sangue di Voi, o mio Gesù: sì sono essi figliuoli dei miei dolori! » – La Religione cattolica non è una idea astratta, ma è la verità divina, che s’incarna in noi e con noi si umanizza: non distrugge le relazioni che abbiamo tra noi in terra come fratelli della gran famiglia, ma di più santo amor fraterno ci unisce coi fratelli in paradiso. Ah! I  protestanti, quando negano la divozione ai Santi, col voler vantarsi razionalisti cessano di essere umani! Eh! Ci vuol tanto a capire che i Beati in paradiso, così vicini a Dio, hanno da pregare per noi e rispondere alle nostre preghiere con le grazie ottenute! Ecco come la Chiesa prega i Santi. Nell’invocarli ricorda le relazioni particolari ch’ebbero in terra, e mantengono vive in cielo. Questa è la ragione dello sceglierci, che facciamo, i Prottettori particolari dei paesi, delle comunità, delle famiglie, e di ciascuno di noi. Quindi, dopo Maria, invoca il Sacerdote ad uno ad uno i santi Apostoli: Pietro, che della Chiesa è pietra fondamentale; Paolo, il suo gran maestro; gli altri Apostoli, che ne sono colonne. Essi tramandarono a noi questo gran Sacrificio, essi versarono il sangue per innalzare gli altari, su cui offrirlo: essi ce ne fecero precetto (1 Cor. XI, 23) e qui siamo appunto per eseguirlo. Invoca tanti Pontefici e Martiri; i Pontefici, che sostennero colla loro immancabile fede la Chiesa; i Martiri, che la difesero col sangue, lasciando le lor vite appiè della croce, come tanti trofei della Religione divina. Invoca tutti i Santi. E noi così poveri in quella società, preghiamoli, che ci compartano dei loro meriti: e colle preghiere loro all’uopo nostro ci impetrino forza da poter giungere a compiere il numero degli eletti, che faranno corona eterna a Dio in Paradiso. Chiedesi adunque qui, che il sacrificio, già per se stesso accettevole, sia gradito anche per i meriti loro (Bossuet, Expl. de quelq. diffic. sur les priéres de la Messe.). Il Sacerdote invocati i Santi, congiunge le mani, come per attaccarsi alla croce, e dire: « O Santi! da questo divin Redentore viene tutta la vostra giustizia e santità; ai patimenti e meriti suoi uniamo qui i patimenti e meriti vostri; e dallo stesso ancora offerto per noi, speriamo la grazia della vittoria nel tempo, e la corona nell’eternità gloriosa. » Che gaudio pei Beati vedere presentati i meriti loro insieme col Sacrificio divino! Così appiè di Gesù crocifisso si abbracciano coi Beati i fedeli, si bacian dell’animo; e col gaudio di quelli comunican questi le loro speranze, e già all’altare si preparano alle nozze, che celebreranno eterne coll’Agnello immacolato in Paradiso. Il Sacerdote poi stende le mani coi pollici in croce sopra l’offerta, e dice: Hanc igitur oblationem, etc.

Art. II.

Orazione seconda:

Hanc igitur oblationem.

« Quest’oblazione adunque della nostra servitù, e di tutta la famiglia vostra, Vi preghiamo, Signore, di ricevere placato, e di disporre nella vostra pace i nostri giorni, e di scamparci dalla dannazione eterna, e di concedere che veniamo annoverati cogli eletti vostri, (qui giunge le mani) per Cristo Signor nostro: Così sia. »

Esposizione.

Egli è questo forse della Messa il più terribile momento. Ecco il sacerdote, che stende le mani legate coi pollici in croce sopra l’offerta. Per intendere il qual rito, è da ricordare ciò, che si faceva per ordine di Dio nella legge antica in figura. Quando si offriva un sacrificio per i peccati, si conduceva la vittima innanzi al Tabernacolo (Levit, 4, 8.1); ed il sacerdote vi stendeva sopra le mani. Con questo stender le mani, dice Bossuet (De orat. Miss.), S’indicava che il sacerdote s’univa alla vittima per offrirsi con essa a Dio. Il Sacerdote adunque, ad imitazione di tal rito, collo stender le mani sull’offerta, che sta per divenire Corpo e Sangue del Redentore, se stesso col popolo offre, e si mette colle mani legate insieme a Gesù sulla mistica croce, chiedendo per Esso la rimessione dei peccati, la pace per la vita presente e la gloria della futura (Ant. De opt. aud. Miss. orat. pres. — Ben. XIV, lib. 2, cap. 13). Seppure non si vuol accennare ad un rito di più terribile significazione. Giova esporlo qui: fa gran senso! Nel gran tempio del Signore, in Gerusalemme, si menava innanzi all’altare un capro: e sopra quel capro il pontefice degli Ebrei stendeva ambe le mani, e confessando tutte le iniquità dei figliuoli d’Israele, sopra la testa di quello le scaricava tutte, imprecando sopra di esso tutti i castighi e le maledizioni, che si meritavano quei peccatori. Poi si ributtava con ribrezzo dall’altare quel capro, e battendolo si spingeva fuori a morir nel deserto (Lev. XVI, 21). E che poteva mai significare quel capro emissario?… Per poco non ci basta l’animo, e ci trema il cuore nel ricordar la spiegazione, che ne danno alcuni Padri (Teod. h. Hieron. Auct. ep. con Paul. Samos : vedi Dei Sacr. ecc. del Card. Tadini, benché egli creda il capro emissario significhi il genere umano. Noi non concordiamo con lui). Quel capro così maledetto voleva figurare… Gesù Cristo!… Né ardiremmo pronunziarlo, se non avesse detto il profeta Isaia (LIII, 6), che pose in Lui Iddio l’iniquità di tutti noi, e che Egli dovette portare le nostre ingiustizie (LIII, 11): aggiungendo s. Paolo, che Egli diede se stesso a redenzione per tutti (1 ad Tim. II, 6), e s’offrì per togliere i peccati di molti (Hebr. IX, 28) fattosi maledetto Egli stesso (Gal. III, 13), e come tale buttato fuori dalle mura della città a morir per i nostri peccati (Hebr. XIII, 12). Noi qui c’immagineremo di vedere Gesù là nell’ orto di Getsemani per cominciare la sua passione in quella notte, in cui tradide in mortem animam suam et cui sceleratis reputatus est: quando cioè si venne ad offrire alla morte come uomo, che portassei delitti di tutti. Egli si prostrò davanti al Padresuo, e par dicesse: « Con questi meschinelli di uominieccomi uomo anch’io; eglino sono i miei fratellidi sangue…… io sono di loro…… e faccio causacomune con loro… pago io per la mia famiglia…Voi mi avete dato un corpo; ecco che vengo adoffrirvelo per i peccati di tutti….. ricadano sopradi me tutti i peccati… scaricate sopra di mei castighiper lor preparati… Via dall’altare del Diovivente le carni di bestie morte in sacrifizio……..Questi sciagurati in carne e sangue da uomo hannooffeso Voi, Grand’Iddio; ecco Io soddisferò per loroin Carne e Sangue da Dio. » Colla sua mente divinavedendo in ogni tempo di ciascuno ogni peccato,se li raccoglie tutti sul cuore, come se reo nefosse Egli solo: e, misurandone la tremenda enormitàdalla Maestà di Dio offesa, così come se nesentiva gravato Egli stesso, inorridì, fremette; unbrivido gli corse per le vene, e spinse il Sangue alCuore; e il Cuore, stretto in quella pressura ditremendo orrore, respinse il Sangue ancor per levene (Vence Bibl. Sac. Dissert. sul sudor di Sangue di G. C. di Aliot.): e Gesù in quell’angoscia cadeva per terra agonizzante. Fu allora, che in quell’abbandono della vita, cedendo l’eretismo della cute, il Sangue dal Cuore nelle vene respinto, tra i pori di essa s’apri la via, ed esciì di Sangue così profuso sudore, che ne grondava il volto, e la persona, e giù per le vesti scorreva per terra. Deh! Contempliamo Gesù Cristo cogli occhi allargati tutto bagnato di Sangue, boccheggiante in agonia, quasi fissi lo sguardo in volto a noi in quello spasimo e dica: « Intendete che cosa sia il peccato! mi fa sudar Sangue in agonia, e mi spinge a morte. Pregate sempre per non peccar più. » Levossi in piedi e si diede in mano ai Giudei, che lo batterono, e tutto lacero lo spinsero a morir fuori delle mura di Gerusalemme sul Calvario. Noi, picchiandoci il petto col più gran dolore, affrettiamoci di porci tremando coi nostri peccati a piè dell’altare, dove Gesù Cristo se li vuol addossare, affinché Dio si plachi rammentando i colpi, che già per la nostra redenzione e per la punizione e remissione del peccato si scaricarono sul Figlio, o meglio, affinché veda ancora il Figlio suo sacrificato dinanzi; e dal suo sdegno per Esso ci scampi. – Ora conosciuta la mistica significazione del rito, passiamo a considerare il modo eseguito dal Sacerdote protendente le mani in quell’atto, che noi con lui congiunge. Ecco poi perché si congiungono le mani. Siccome le vittime si strascinavano legate ai piedi delle are, dove si dovevano immolare; così il Sacerdote sta col popolo prostrato innanzi all’altare colle mani legate dai due pollici in forma di croce; quale reo dai vincoli stretto si confessa in peccato, e si dà nelle mani di Dio, come vittima sacra alla sua giustizia. In questo atto, di qui d’appié della croce getta uno sguardo nell’abisso d’inferno, che si vede spalancato sotto dei piedi: si slancia ad abbracciarsi alla croce; e mette tal grido di speranza e terrore: « Oh tremendo Iddio! ecco la povera vostra famiglia! Per noi Gesù vi placa coll’offrire se stesso! Vorrete perdere i figli comperati col Sangue del vostro Figlio divino? Deh per Gesù (qui giunge le mani per attaccarsi strettamente a Lui crocifisso) salvateci dalla dannazione meritata dai nostri peccati, e consolateci colla vostra pace; strappateci di bocca all’inferno, e portateci in union con Esso, a farvi, cogli eletti corona in cielo. » Noi passiamo a dare tradotta la terza orazione, prima di commentarla., perché si legga bene: affinché si possano gustare nell’intimo del cuore colla tenerezza della propria pietà, ben più che non possiam noi fare comprendere colle povere nostre parole, i sentimenti al tutto divini ch’essa inspira.

Art. III.

ORAZIONE III : QUAM OBLATIONEM.

Orazione.

« La quale offerta da Voi, o Signore, in tutti bene+detta, ascritta, confermata, ragionevole ed accettevole, vi preghiamo che vi degniate di fare che diventi per noi Corpo e Sangue del dilettissimo Figlio Signor nostro Gesù. »

Orazione: Qui pridie,

« Il quale, il giorno innanzi alla sua Passione, (il sacerdote prende l’ostia) prese il pane nelle sante e venerabili mani sue, (eleva gli occhi al cielo) ed elevati gli occhi in cielo) ed elevati gli occhi al cielo a Voi, Dio, Padre suo Onnipotente, a Voi rendendo grazie (fa colla mano il segno di croce sopra l’ostia) benedisse, spezzò e diede a’ suoi discepoli dicendo: « Prendete e mangiate: Hoc EST ENIM CORPUS MEUM. »

Queste della Consacrazione sono così sacrosante parole che vorremmo tenerle come velate col linguaggio della Chiesa in santo mistero.

La Consacrazione.

Pronunziate le parole della consacrazione, adora subito genuflesso la Santissima Ostia, sorge, l’innalza, per mostrarla al popolo, la ripone sopra il corporale, l’adora di nuovo: ed il pollice e l’indice non disgiunge, se non quando si ha da trattar l’Ostia, fino all’abluzione delle dita. – Nello stesso modo cenato ch’ebbe (prende il calice con ambe le mani), prendendo anche questo Calice preclaro nelle sante e venerabili sue mani, similmente rendendo a Voi grazie (tiene il Calice colla sinistra, e fa sopra di esso il segno di croce colla destra) benedisse e diede ai suoi discepoli dicendo: Prendete, bevete. (Qui proferisce le parole della consacrazione segretamente sopra il Calice, che tiene un poco sollevato tra le mani).

« HIC EST ENIM CALIX SANGUINIS MEI NOVI ET ÆTERNI TESTAMENTI: MISTERIUM FIDEI: QUI PRO VOBIS ET PRO MULTIS EFFUNDETUR IN REMISSIONEM PECCATORUM. » Pronunziate le parole della consacrazione, depone il Calice sopra il corporale, dice segretamente: « Ogni qual volta farete queste cose, le farete in memoria di me. » Il Sacerdote genuflesso adora, sorge, mostra al popolo il Calice affinché adori il Santissimo Sangue; lo depone, lo copre, l’adora di nuovo; di poi tenendo le mani aperte avanti al petto, continua.

Esposizione dell’orazione: Quam cblationem.

Solenne momento della più terribile Azione santissima!….. Ora si consacra il Santissimo Corpo, ed il Santissimo Sangue di Gesù Cristo. Oh, gran Dio della bontà! Possiamo dunque salire sul terribile monte a contemplarvi vicini vicini nel più sublime Mistero d’amore! Deh, quanto ci sentiamo miserabili in questo punto! Pur con così povero cuore ubbidiremo al vostro invito, terremo appresso, per mano, passo passo alla madre Chiesa, per penetrare in questa santissima orazione, che cercheremo di esporre in quattro distinti capitoli. Nel primo esporremo quella parte dell’orazione, in cui accingesi alla consacrazione: e mediteremo il Sacrifizio. Nel secondo contempleremo il Sacerdote nell’atto che si eleva fino ad unirsi con Gesù, e ad identificare l’azione sua con quella di Gesù Cristo stesso. Nel terzo contempleremo il prodigio della Consacrazione. Nel quarto mediteremo il comando del Redentore, che ci lascia il Sacrificio a far memoria della sua Passione.

CAPITOLO I.

ESPOSIZIONE DELL’ORAZIONE:

QUAM OBLATIONEM.

È un istante di grande pietà! I fedeli ricoverati appiè della Croce, coll’inferno che si sprofonda sotto de’ piedi, col paradiso aperto sul capo, col cuore a Gesù che sta per sacrificarsi per loro, non sanno fare meglio che gettarsi fra le braccia di Dio, pregandolo di voler accoglierli per tutti suoi insieme alla grande sua oblazione. A questo fine il Sacerdote fa a nome di tutti questa santa preghiera, che, tramandata a noi dai tempi apostolici dai santi Padri di secolo in secolo, fu riguardata come parte della consacrazione. S. Ambrogio chiama questa orazione , « parole celesti; » e nella professione di fede, che la Chiesa da Berengario, volle, che questo eresiarca confessasse, che il Corpo ed il Sangue di Gesù Cristo sono realmente e sostanzialmente presenti nella SS. Eucaristia per mezzo della sacra preghiera e delle parole di Gesù Cristo. Non già che la Chiesa attribuisca a quest’orazione la virtù di cangiare il pane ed il vino nel SS. Corpo e nel Sangue. È di fede, che questo gran prodigio si opera colle sole parole di Gesù Cristo; ma in quest’orazione si esprime il voto della Chiesa, e l’intenzione di eseguire ciò che il Signore a lei unito vuole per lei operare: e se colle parole sole: « Questo è il mio Corpo » si opera il gran Mistero; colla orazione suddetta lo si prepara in questo ultimo istante. In essa diciamo al Signore: « La quale oblazione preghiamo ecc. » Grande Iddio! Non è già che dubitiamo del Mistero; egli non può mancare: ma col pregare non riconosciamo in noi altro diritto a questo favore, che quello che la vostra misericordia ci concede di domandare, la nostra speranza ci fa attendere, e ferma la fede sull’autorità della vostra parola, sa che si deve verificare certamente. « O Signore, degnatevi di fare che in tutti sia benedetta ecc. » Dio santo! questa gran meraviglia vuole da Voi la vostra Divinità! Voi volete il ristabilimento della giustizia, l’abolizione del peccato, un’adorazione qual è a Voi dovuta. Voi volete anche la nostra santificazione. Deh! operate per carità il miracolo, che vi chiediamo, e fatene un’Oblazione, che in tutte cose porterà la benedizione, che comprenderà tutte le grazie, servirà a tutti i bisogni, soddisferà a tutte le nostre obbligazioni, e sarà atta ad appagare tutti i nostri desideri, secondo la vostra volontà. « Sia Benedetta, ammessa, confermata, ragionevole ed accettabile ecc. » – Il Sommo Pontefice Benedetto XIV cita come la più bella spiegazione di queste parole, questa di Pascasio Abate (Lib. De corp. et sang. C. cap. 12); che noi commenteremo. Con questo gran Sacrificio divino la Chiesa, volendo offrire insieme tutti i suoi fedeli, chiede qui che per la divina Offerta, e con la divina Offerta, anche l’oblazione che di sé fanno i fedeli, sia in tutto e per tutto benedetta; cioè che in quella siam benedetti noi stessi: che sia ammessa, cioè che per essa siamo al cielo ammessi: che sia confermata e resa permanente, irrevocabile, che cioè per essa veniamo inviscerati in Gesù Cristo, così da non essere mai più da Lui separati: che sia ragiongrole, e così degna al tutto di Dio; sicchè soddisfacciamo per essa a tutti i nostri doveri, che altrimenti non abbiamo speranza di poter soddisfare coll’offerta d’irragionevoli creature; ed anche perché per essa veniamo purificati da ogni sozzura, e dall’antica corruzione, e da ogni resto di animalità; sicché alla ragione il mal talento si assoggetti, la carne all’anima, e l’anima a Dio, siccome esige l’ordine della eterna giustizia, che è la somma ragione, la volontà divina. Chiediamo finalmente, che la sia accettevole, ed in essa, senza che guardi Dio ciò che in noi gli spiace, si compiaccia del Figlio suo; così che per Esso diveniamo accettevoli al suo cospetto. – « Affinchè sia fatto per noi Corpo e Sangue del dilettissimo vostro Figliuolo Signor nostro. » Fin qui abbiam fatto tutto che per noi fare sì possa: ora ci affrettiamo di pregar Dio d’intervenire coll’opera sua. Quando Abramo saliva sul Moria disposto a sacrificare a Dio il figliuolo Isacco, che gli portava le legna da abbruciare la vittima, « Padre, gli disse il buon figliuolo, ormai siamo sul monte, la legna è pronta, lì erigeremo l’altare; ma la vittima dov’è? » « Provvederalla Iddio, » rispose Abramo, e saliva sul monte a fare l’offerta (Gen.). Anche la Chiesa dice pel Sacerdote: « Signore, provvedeteci tal vittima, che basti per le colpe nostre e per la vostra grandezza. » Mentre colla coscienza che ci accusa, attendiamo paurosi che ci provveda Iddio, ci pare di sentire il profeta Isaia esclamare: « Ecco ci è nato un Pargolo, ci fu largito un Fi-glio; (Is. XIII, 9) » e ci si presenta al pensiero Maria col Bambino tra le braccia, che placando il Padre, con un sorriso a noi si volse in atto di dirci: « Sono vostro e farò Io per voi. » Ah! sei pur bella e cara, o Religione santa, che per riconciliarci col cielo intrometti tra noi e Dio una così tenera Madre ed un Pargoletto divino! Bene anche noi possiamo esclamare, allargando il cuore ad accoglierlo con tenerezza infinita: « Questo Bambino è proprio nato per noi: e ce lo avremo per tutto nostro qui sull’altare. » Ecco perché dice che: sia fatto per noi il Corpo e il Sangue (S. Tom. Suarez, pres. Ben. XIV): perché, come per l’onnipotenza di Dio si ha da rinnovar sull’altare il prodigio della verginale maternità, e misticamente il divin Figliuolo si ha da incarnare (Bossuet, loc. cit) ; così chiediamo che per la salute dell’anima nostra compia Esso il tenerissimo Mistero, e si trovi qui fra noi fattosi proprio quasi di nostra ragione, senza che i nostri peccati impediscano che sia nostro (Opuc. S. Bern. Sermo de excel. San. Sacra). –  Raccogliamo qui tutti i nostri pensieri, per comprendere, per quanto ci è dato, il Sacrificio.

Il sacrificio.

Qui è da ricordare ciò che abbiamo già detto nei preliminari di questo libro, come la santa Messa è propriamente Sacrificio; ed il Sacrificio è una offerta di cosa sensibile, fatta a Dio solo da un legittimo ministro con distruzione o cambiamento del modo di essere della cosa stessa, per attestare il supremo dominio di Dio sopra tutte le cose, e per dare soddisfazione dei peccati alla sua giustizia. Il sacrificio, diciamo, è qualche cosa di più che una semplice offerta, perché nel sacrificio la cosa offerta deve essere distrutta, o subire cambiamento di stato (Bened. XIV, De sacrif. Miss., lib, 2, c, 16). Distruggendo per tanto una creatura in onore di Dio, l’uomo dice al Signore: Io riconosco che Voi siete il padrone della vita e della morte, e di tutto ciò che ha esistenza, e che nelle vostre mani sta la sorte mia e quella di tutti. Nei sacrifici per lo più si uccide la vittima, e sono chiamati cruenti per quest’atto appunto di versare il sangue per espiare il peccato. Se l’uomo fosse rimasto innocente, non si sarebbero fatti sacrifici accompagnati dalla morte della vittima: poiché la morte, dice S. Paolo, non è entrata per noi nel mondo, se non per il peccato. Ma l’uomo, coll’aver peccato, essendosi reso degno di morte, aveva bisogno di fare sacrifici di sangue, nell’offrire i quali si gettasse ai piedi dell’altare di Dio in umiltà, per dirgli con questo atto: « Confesso che merito la morte, ma della vita non essendo io il padrone, vi presento in sostituzione della mia vita questa vittima che vi sacrifico. » Gli uomini peccatori adunque hanno bisogno di offrire sacrifici; è la coscienza che loro intima il dovere di affrettarsi a scannare vittime innanzi a Dio, in sostituzione ed a scampo della loro vita, già devota e sacra alla divina giustizia. Quindi le genti di tutte le nazioni del mondo si mostrarono persuase in ogni tempo, che senza effusione di sangue non si fa remissione di colpe (Hebr., XIX, 22). Ora quale doveva essere la vittima, e quale il sangue, che valesse a placare lo sdegno di Dio? Immaginiamoci qui, che quando stiamo in devoto raccoglimento nella magione di Dio, una mano di Sacerdoti, spalancate le sacre porte, spingesse fino nel più interno dei magnifici nostri santuari un gregge di pecore e di buoi! Poi il pontefice, di una scure armato e di un coltello, salito sopra l’augusto altare, menasse colpi sulle bestie trascinategli ai piedi e si mettesse a sgozzarle: e presa una manata di quel caldo sangue, con esso cospergesse l’altare e le pareti delle venerande basiliche, e non che altro, le nostre persone!…. Sarebbe questo uno spettacolo che ci irriterebbe i sensi, e ne resterebbe offesa la nostra sensibilità. Eppure si farebbe ciò solamente, che hanno sempre praticato i popoli dell’universo, anche i più colti: e basti nominare i Romani e i Greci (vedi Omero, III, Odissea. – Virg. L’Eneide), della cui cultura e civiltà sono ormai noiosi gli eterni vanti. Anche gli Ebrei per divino comando offrivano di tali vittime, e ponevano sull’altare del Dio vivente le carni, l’adipe, il sangue degli sviscerati animali (Nicolas. Studi filosofici; Sacrificio). Ma i sacrifici degli animali non potevano essere per se stessi a Dio graditi, né potevano avere virtù, se non perché rappresentavano in figura un Sacrificio ben più accettevole, e di merito, e di prezzo infinito. Questo aveva al popolo suo promesso Iddio, annunziando per mezzo dei profeti il Sacrificio del suo Figlio: ed i fedeli a Dio, salutandolo da lungi, lo anticipavano colla speranza, impetravano a quel culto di figura l’efficacia promessa, e desiderata realtà, sospirando il Sacrificio che Dio aveva promesso di dare ai fedeli da offrire. Così i sacrifici erano un misterioso adombramento di quel Sacrificio per eccellenza, che sul Calvario consumato, si doveva poi rinnovare nell’adorato Mistero della santa Messa (S. Joan. Chrys. hom. 49 in Io.). A mantenere viva codesta fede nel popolo d’Israele, destinato ad essere il gran custode delle verità rivelate, erano ordinate quattro sorta di sacrifici (Lev. C. 1 e segg. – S. Tomm., p. 3, quæs. 103. – Lamy, L. 3. De vet. Temp.). L’olocausto, in cui la vittima dal fuoco interamente si consumava, e si offriva per adorare il Signore; il sacrificio Pacifico, che offrivasi per ringraziarlo: il Propiziatorio, per espiare il peccato; l’Impetratorio, per ottenere grazie dal cielo. Intanto tutti questi sacrifici, per la sola fede nel Redentore venturo, traevano il loro merito e la virtù da quello di Gesù Cristo. Così quei fedeli della speranza venivano a dire nell’offrirli: « Questi sono quel tanto, che per noi si può offrirvi, o grande Iddio; verrà poi il Desiderato nostro, che vi offrirà il Sacrificio che basti per tutti, e sia al tutto degno di voi. » E venne a compiere il cotanto necessario gran Sacrificio Gesù Cristo, Vittima e Pontefice eterno, per noi offrendo se stesso a morte in croce (Conc. Lateran. IV, cap. De fide catt.). Ora nella santa Messa si ripete il medesimo Sacrificio, e solo è diverso il modo con cui si offre (Conc. Trid. Sess, 22, c. 2). Così, come nel Sacrificio della croce è il prezzo del nostro riscatto; nel Sacrificio dell’altare è l’applicazione che se ne fa a noi (S. Thom. In cap. 6, Ioan. Lectio 6). Oh! sì veramente a questo fine poteva giungere l’amore di Dio, che seppe morire per noi … in fine dilexit eos! Ma qui sulla soglia dell’altare, nel più santo e tremendo istante, raccogliamo i nostri poveri pensieri; ne resterà soddisfatta come speriamo, questa meschina di ragione umana, che barcolla tra gli abissi di tanti misteri. Perché il Sacrificio divino, 1° spiega il mistero, che è il più gran mistero, di tutte le religioni; 2° rivela la essenziale bontà ch’è Dio, nel salvare gli uomini.

1. Il mistero di tutte le credenze è spiegato.

Qui, e fin dal principio dell’opera, abbiamo osservato:

1° Che tutta l’umanità sente il bisogno di offrire sacrificio a Dio e vittima per lo peccato.

2° La vittima poi sempre si è voluto, che sia tutt’altro che il colpevole, e pura ed umana al possibile. Per questo quasi dovunque si offrivano degli animali i primi nati, i più belli, i domestici sempre, gli agnelli sovente, simboli dell’innocenza.

3° Della vittima velevasi proprio versare il sangue nell’atto del sacrificio.

4° Della vittima, se si consumava una parte, l’altra parte tuttavia gli offerenti se la volevano mangiare.

Per soddisfare questo bisogno, qual cosa potevano presentare sugli altari?. Degli animali! Seppure questo vivo bisogno nelle bordaglie degli inferociti non diventava furore, da scannarvi sopra le persone migliori, che per loro avere si potessero! … Qual mistero qui!… Osserviamo che quanto più è universalmente sentito il bisogno da tutto il genere umano, tanto più sembrano irragionevoli i mezzi con cui si cerca appagare questo bisogno, di placare Dio collo scannare vittime, poi di voler pigliarsi una parte della vittima per mangiarsela. Infatti, si potrebbero a tutti quei popoli far queste quattro domande: La prima: se gli uomini si sentivano colpevoli, quali meriti al perdono pretendono trovare in una vittima scannata per forza, e tal volta con un nuovo orribile delitto, come nei sacrifici umani? – Le seconda: se la vittima valesse per una qualche cosa innanzi a Dio; per qual ragione pretendevano i colpevoli attribuirsi, e pigliarsi per sé i meriti della povera vittima, sacrificata talora con tanto di crudeltà? – La terza: non poteva forse che volessero imputare Dio di crudeltà per questa esigenza di vittime; quasi che Dio non si fosse altrimenti placato, né potesse la sua bontà manifestarsi, senza la distruzione delle creature? – La quarta: quale bisogno, anzi ardimento di mangiarsi parte della vittima offerta? Qui noi domandiamo: Quale risposta potrebbero dare le genti, per mostrare di aver in tanti sacrifici con ragione operato? La ragione umana, piuttosto che sapere rispondere, si adonta e ripugna a questa pratica, che il genere umano volle nel mondo universo mantenere con perseveranza ostinata. Piuttosto ella stessa la ragione incantata dovrebbe domandare: « E chi o genti così svariate, mise in fondo del cuore a voi tutte questa voglia universale di scannare tante povere vittime? » Se i popoli non sapessero rispondere, sappiamo noi dare la bella risposta. È la bontà di Dio! Sì, la bontà di Dio, che mentre rivelava la sua giustizia infinita, per non mancare a se stessa, reclamava una soddisfazione infinita; e mentre vedeva che gli uomini, nella loro miseria non la potevano dare, promise agli uomini, ancor raccolti nella primitiva famiglia, prima che si disperdessero sulla superficie del pianeta, che v’avrebbe provveduto col sacrificio di se stessa questa essenziale bontà!… Ah! d’allora lo sospirarono sempre le genti dell’universo!… e si affannavano intanto incessanti a far sacrifici. Questi sacrifici poi dispiacevano e piacevano a Dio: dispiacevano, se gli si offrivano per la loro realtà, quasi che ne abbisognasse Egli stesso: ma gli piacevano nella figura che rappresentavano. « Non mi piacciono i vostri doni (disse il Signore per Malachia): da dove sorge, fino là dove tramonta il sole, grande è il mio Nome, e al mio Nome si sacrifica e si offre una monda Oblazione » (Nal. X, 11). Ma quale, e dove è questa monda oblazione?… Oh! sentite, sentite: da dove sorge fin dove tramonta il sole s’innalza un cantico, è il cantico della nuova umanità che in tutte le Messe acclama: « È Santo, Santo, Santo, l’Altissimo, il Monarca eterno dell’universo, e per Lui ecco la monda oblazione, benedetto Chi viene a noi mandato da Dio? Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati non dell’uno, o dell’altro popolo; ma del mondo universo. Ecco l’Agnello di Dio, che l’Apostolo dell’amore vide in visione essere sacrificato fin dal principio. Ecco l’Agnello di Dio, che rompe i sigilli del gran mistero dell’umanità: mette in armonia il cielo colla terra: dona la pace agli uomini di buona volontà » Poiché e che cosa vogliono gli uomini, per aver la pace con Dio? Vogliono una vittima degna di Dio?.. Ecco l’Agnello di Dio: la vittima pura; santissima, se la cava Dio stesso dal suo seno: è essa il Figlio suo, a cui ha dato un corpo in terra, ed egli grida: Vengo ad offrirvelo in sacrificio. – Vogliono versare sangue a placare la giustizia di Dio? Ecco l’Agnello di Dio, che per mostrare quanto è grande giustizia divina, effonde il suo Sangue per redimere i peccati e trova in cielo la redenzione. – Vogliono una vittima che abbia meriti da parteciparvi? Ecco l’Agnello di Dio: ma che pure è di nostra ragione: Gesù è carne della nostra carne: partecipiamo adunque in Gesù Cristo dei suoi meriti. Su, su, noi meschinelli di uomini! Non ci resta altro a fare, che unire il nostro al Sacrificio divino, crocifiggere la nostra carne in Lui, attaccarci a Lui colla grazia, Pontefice eterno, Vittima che non muore, Dio con Dio, uomo con noi: e noi unendo il sacrificio della nostra carne coll’Agnello, su, su, con fiducia ritorniamo alla grazia, al trono di Dio; e in Dio troveremo tutto il nostro bene. Adoriamo! Il cielo si abbassa alla terra; i beati l’adorano con noi prostrati in Paradiso: e noi grideremo, che qui vediamo nella grandezza della giustizia eterna il trionfo della divina bontà. Vidimus gloriam eius: Deo gratias! –  È così; il sacrificio della santa Messa è il tuttoper la salvezza dell’umanità.L’umanità lo ha compreso. Daniele profeta l’avevaavvisata, che quando il Cristo sarà ucciso …i sacrifici saranno aboliti. Cessarono di fatto nel tempiosanto; cessarono nei templi pagani. Plinio fin dal principio dell’era cristiana si lamentava coll’imperatoreTraiano, che neppure i pagani non sì curasserodelle vittime più; e sei protestanti abolironola Messa, a rischio di mostrarsi una mostruosa eccezione tra i popoli dell’universo, resteranno senzasacrificio. La profezia di Daniele sul sacrificio delMessia divino è un fatto Mondiale.Buon Dio! .. Qui a noi in contemplazione di cosìalto mistero pare che piova uno splendore di misticaluce, per cui ci è dato di scorgere traccedella verità cattolica in fondo a tutte le religioni,di cui un barlume di luce fosforica ondeggia sullasuperficie dei falsi culti. Faremo di spiegarlo.Bene, il Verbo di Dio, che illumina ogni uomo,nella religione primitiva alla prima famiglia umanarivelò il vero cattolico: ma il diluvio, dai mali spiritiscatenato, dentro il tenebrore dell’ignoranza edella corruzione, rovinò il grande edificio della credenza universale, e vi gettò in mezzo quel putridume delle laide superstizioni. Pur tra mezzo a quella rovina restarono ruderi ammirandi, che accennano alla grandezza del rovinato edifizio; e Dio, perché non mancasse del tutto agli uomini la verità, in mezzo a quell’ondeggiar sconvolto di errori, mantenne fermo un monumento, in cui stanno scolpite in un bronzo indistruttibile le primarie verità cattoliche. Eccole: un Dio creatore da adorare; l’uomo decaduto per il peccato; un mediatore, che riconcilia gli uomini con Dio, senza di cui resterebbero di ogni bene per sempre diseredati. Adunque le principali verità cattoliche stanno scolpite, e si leggono chiaramente nel Sacrificio, è il Sacrificio praticato in tutte le religioni del mondo è come il bronzo, che le conserva incancellabili. In vero, se le nazioni in tutte le religioni fanno sacrificio alla Divinità, e cercano placarla col sangue, lo fanno perché sperano di riconciliarsi con essa: e se si gettano sugli altari a mangiare della vittima deposta quasi come in seno alla Divinità, sperano di trovare in essa tutto il loro bene. Hanno dunque in confuso le stesse credenze, che sì trovano divinamente spiegate nella sola Religione cattolica. – Deh! quale consolazione per un Cattolico, potere dire coscienziosamente con la più alta ragione: « Grazie a Dio! Io possiedo in tutta la sua bella interezza la verità, di cui si vedono gli avanzi in tutte le false religioni. » Così tutti i popoli in religione dissenzienti, a parte a parte, a dispetto delle loro contraddizioni, presentano una porzione di verità in conferma della Religione cattolica: e mostrano il bisogno di essere ristorati nel culto, che splende solo degno di Dio NEL SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA. – Qui noi, si, vogliamo gridare d’appiè dell’altare: « Su via, Turchi, Bramini, Buddisti, Feticisti, Idolatri dell’Africa, dell’America, dell’Oceania, voi come i Greci e Romani, e tutti i pagani antichi e moderni, ecché volete ottenere con tanti vostri sacrifici? … quello che volete, si trova solo nella Santa Messa. »

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.