DOMENICA I. DI QUARESIMA (2023)
(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)
Stazione a S. Giovanni in Laterano
Semidoppio. – Dom. privil. di I cl. – Paramenti violacei.
Semidoppio. – Dom.rivil. di I cl. – Penti violacei.
Questa Domenica è il punto di partenza del ciclo quaresimale (Secr.) cosicché l’assemblea liturgica si tiene oggi, fin dal IV secolo a S. Giovanni in Laterano, che è la basilica patriarcale del romano Pontefice ed il cui nome rievoca’ la redenzione operata da Gesù, essendo questa Basilica dedicata anche al SS.mo Salvatore. Subito dopo il battesimo, Gesù si prepara alla vita pubblica con un digiuno di 40 giorni, nel deserto montagnoso, che si estende fra Gerico e le montagne di Giuda (Gesù si riparò, dice la tradizione, nella grotta che è nel picco il più elevato chiamato Monte della Quarantena). Là satana, volendo sapere se il figlio di Maria era il Figlio di Dio, lo tenta (Vang.). Gesù ha fame e satana gli suggerisce di convertire in pane le pietre. Allo stesso modo opera con noi e cerca di farci abbandonare il digiuno e la mortificazione in questi 40 giorni. È la concupiscenza della carne. – Il demonio aveva promesso al nostro primo padre che sarebbe diventato simile a Dio; egli trasporta Gesù sul pinnacolo del Tempio e lo invita a farsi portare in aria dagli Angeli per essere acclamato dalla folla. Tenta noi ugualmente nell’orgoglio, che è opposto, allo spirito di preghiera e alla meditazione della parola di Dio. È l’orgoglio della vita. – Come aveva promesso ad Adamo una scienza uguale a quelli di Dio, che gli avrebbe fatto conoscere tutte le cose, satana assicura Gesù che gli darà l’impero su tutte le cose se Egli prostrato in terra lo adorerà (lucifero, il più bello degli Angeli, si credette in diritto, secondo alcuni teologi, all’unione ipostatica che l’avrebbe elevato alla dignità di figlio di Dio. Egli cercò di farsi adorare come tale da Gesù, come l’anticristo si farà adorare nel tempio di Dio, II ai Tessal.,). Il demonio allo stesso modo cerca con noi, di attaccarci ai beni caduchi, quando stiamo per sovvenire il prossimo con l’elemosina e le opere di carità. È la concupiscenza degli occhi o l’avarizia. – Il Salmo 90 che Gesù usò contro satana, — poiché la spada dello Spirito, è la parola di Dio (Agli Efesini, VI, 17).— serve di trama a tutta la Messa e si ritrova nell’ufficiatura odierna. « La verità del Signore ti coprirà come uno scudo », dichiara il salmista. Questo salmo dunque è per eccellenza quello di Quaresima, che è un tempo di lotta contro satana, quindi il versetto 11: « Ha comandato ai suoi Angeli di custodirti in tutte le tue vie », suona come un ritornello durante tutto questo periodo, alle Lodi e ai Vespri. Questo Salmo si trova intero nel Tratto e ricorda l’antico uso di cantare i salmi durante la prima parte della Messa. Alcuni dei suoi versetti formano l’Introito col suo verso, il Graduale, l’Offertorio e il Communio. In altra epoca, quest’ultima parte era formata da tre versetti invece di uno solo e questi tre versetti seguivano l’ordine della triplice tentazione riferita nel Vangelo. – Accanto a questo Salmo, l’Epistola, che è certamente la stessa che al tempo di S. Leone, dà una nota caratteristica della Quaresima. S. Paolo vi riassume un testo di Isaia: « Ti esaudii nel tempo propizio e nel giorno di salute ti portai aiuto » (Epist. e 1° Nott.). S. Leone ne fa questo commento: « Benché non vi sia alcuna epoca che non sia ricca di doni celesti, e che per grazia di Dio, ogni giorno vi si trovi accesso presso la sua misericordia, pure è necessario che in questo tempo le anime di tutti i Cristiani si eccitino con più zelo ai progressi spirituali e siano animate da una più grande confidenza, allorché il ritorno del giorno nel quale siamo stati redenti ci invita a compiere tutti i doveri della pietà cristiana. Così noi celebreremo, con le anime e i corpi purificati, questo mistero della Passione del Signore, che è fra tutti il più sublime. È vero che noi dovremmo ogni giorno essere al cospetto di Dio con incessante devozione e rispetto continuo come vorremmo essere trovati nel giorno di Pasqua. Ma poiché questa forza d’animo è di pochi; e per la fragilità della carne, viene rilassata l’osservanza più austera, e dalle varie occupazioni della vita presente viene distratta la nostra attenzione, accade necessariamente che la polvere del mondo contamini gli stessi cuori religiosi. Perciò è di grande vantaggio per le anime nostre questa divina istituzione, perché questo esercizio della S. Quaresima ci aiuti a ricuperare la purità delle nostre anime, riparando con le opere pie e con i digiuni, gli errori commessi negli altri momenti dell’anno. Ma per non dare ad alcuno il minimo motivo di disprezzo o di scandalo, è necessario che il nostro modo di agire non sia in disaccordo col nostro digiuno, perché è inutile diminuire il nutrimento del corpo, quando l’anima non si allontana dal peccato » (2° Notturno). – In questo tempo favorevole e in questi giorni di salute, purifichiamoci con la Chiesa (Oraz.) « col digiuno, con la castità, con l’assiduità ad intendere e meditare la parola di Dio e con una carità sincera » (Epist.).
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Adjutórium nostrum ✠ in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, ✠ absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.
V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
Introitus
Ps XC: 15; XC: 16
Invocábit me, et ego exáudiam eum: erípiam eum, et glorificábo eum: longitúdine diérum adimplébo eum.
[Mi invocherà e io lo esaudirò: lo libererò e lo glorificherò: lo sazierò di lunghi giorni.]
Ps XC:1 Qui hábitat in adjutório Altíssimi, in protectióne Dei cœli commorábitur.
[Chi àbita sotto l’égida dell’Altissimo dimorerà sotto la protezione del cielo].
Invocábit me, et ego exáudiam eum: erípiam eum, et glorificábo eum: longitúdine diérum adimplébo eum.
[Mi invocherà e io lo esaudirò: lo libererò e lo glorificherò: lo sazierò di lunghi giorni.]
Kyrie
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
Gloria
Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.
Oratio
Orémus.
Deus, qui Ecclésiam tuam ánnua quadragesimáli observatióne puríficas: præsta famíliæ tuæ; ut, quod a te obtinére abstinéndo nítitur, hoc bonis opéribus exsequátur.
[O Dio, che purífichi la tua Chiesa con l’ànnua osservanza della quaresima, concedi alla tua famiglia che quanto si sforza di ottenere da Te con l’astinenza, lo compia con le opere buone.]
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios. 2 Cor VI:1-10.
“Fratres: Exhortámur vos, ne in vácuum grátiam Dei recipiátis. Ait enim: Témpore accépto exaudívi te, et in die salútis adjúvi te. Ecce, nunc tempus acceptábile, ecce, nunc dies salútis. Némini dantes ullam offensiónem, ut non vituperétur ministérium nostrum: sed in ómnibus exhibeámus nosmetípsos sicut Dei minístros, in multa patiéntia, in tribulatiónibus, in necessitátibus, in angústiis, in plagis, in carcéribus, in seditiónibus, in labóribus, in vigíliis, in jejúniis, in castitáte, in sciéntia, in longanimitáte, in suavitáte, in Spíritu Sancto, in caritáte non ficta, in verbo veritátis, in virtúte Dei, per arma justítiæ a dextris et a sinístris: per glóriam et ignobilitátem: per infámiam et bonam famam: ut seductóres et veráces: sicut qui ignóti et cógniti: quasi moriéntes et ecce, vívimus: ut castigáti et non mortificáti: quasi tristes, semper autem gaudéntes: sicut egéntes, multos autem locupletántes: tamquam nihil habéntes et ómnia possidéntes.” – Deo gratias.
[Fratelli: Vi esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: «Nel tempo favorevole ti ho esaudito, e nel giorno della salute ti ho recato aiuto». Ecco ora il tempo favorevole, ecco ora il giorno della salute. Noi non diamo alcun motivo di scandalo a nessuno, affinché il nostro ministero non sia screditato; ma ci diportiamo in tutto come ministri di Dio, mediante una grande pazienza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie, nelle battiture, nelle prigioni, nelle sommosse, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con la purità, con la scienza, con la mansuetudine, con la bontà, con lo Spirito Santo, con la carità sincera, con la parola di verità, con la potenza di Dio, con le armi della giustizia di destra e di sinistra; nella gloria e nell’ignominia, nella cattiva e nella buona riputazione; come impostori, e siam veritieri; come ignoti, e siam conosciuti; come moribondi, ed ecco viviamo; come puniti, e non messi a morte; come tristi, e siam sempre allegri; come poveri, e pure arricchiamo molti; come privi di ogni cosa, e possediamo tutto]. (2 Cor VI, 1-10).
FAR FARE BUONA FIGURA A DIO.
[P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.
(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)]
Veramente S. Paolo in questo brano di lettera parla se non proprio ai Sacerdoti, certo per i ministri di Dio. Per fortuna, ministri di Dio, in un certo senso almeno, lo siamo tutti noi Cristiani, dobbiamo esserlo, e perciò vale per noi tutti la esortazione fondamentale per gli Apostoli: evitare le brutte figure (morali) e fare bella figura (morale). E la ragione addotta è quella che rende la esortazione più interessante e più universale: col non fare brutta figura, fare anzi bella figura, noi, per… non far fare brutta figura, per far fare bella figura a Dio. Ne siamo i ministri: ecco perché le nostre belle o brutte figure rimbalzano su di Lui. Rappresentanti di Dio! Che grande parola. Ed essa è proprio matematicamente esatta, precisa quando si tratta di noi Sacerdoti, di noi apostoli veri e propri. La gente ci confonde un po’ con Dio; giudica Lui, giudica della Religione da quello che noi, proprio noi, siamo e facciamo. Ma giudizi analoghi gli uomini senza fede o con poca fede pronunciano davanti alla condotta di un fedele Cristiano. E se questi sono buoni, il volgo suddetto ne conclude che buona è la Religione, buono è quel Dio di cui la Religione si ispira e nutre. Ma viceversa con la stessa logica fa rimbalzare sulla Religione, su Dio, le nostre miserie. E conclude che la Religione non serve a nulla, a nulla di buono e grande, quando nulla di grande e di buono essa produce in noi. – Il ragionamento per cui si giudica della Religione in sé, della sua bontà ed efficacia universale da uno a pochi casi, è un ragionamento che vale fino ad un certo punto, zoppica, zoppica assai, alla stregua della logica pura ed ideale. Zoppica ma cammina. Non avrebbe il diritto di farlo ma lo si fa, con una facilità, una frequenza, una sicurezza impressionante. E di questo bisogna tener conto, che lo si fa, come teniamo conto, nella vita, di tanti altri fatti che ci appaiono o misteriosi o paradossali, ma sono fatti e « contra factum non valet argumentum. » Questo fatto deve metterci addosso un brivido ed un fuoco. Brivido di terrore pensando alla debolezza delle nostre spalle, al peso davvero formidabile. Si fa così presto noi a cadere. Quando e dopo che avremo ubbidito agli istinti egoistici e alla loro desolante miseria, si dirà da parecchi: ecco che cosa è la Religione! Ecco a cosa serve Dio! Noi avremo screditato, noi screditeremo, noi screditiamo ciò che al mondo vi è di più sacro. Sconquassiamo dei pilastri giganteschi della vita. Perciò prendiamo come programma nostro la parola di Paolo: « noi non diamo di scandalo in cosa alcuna. » E non fermiamoci, ma continuiamo: « anzi ci mostriamo in ogni cosa degni di raccomandazione. » Il che non sarà che un rifarci alla bella parola di Gesù Cristo: « veggano tutto il bene che voi fate, voi, miei discepoli, e glorifichino perciò il Padre che sta nei Cieli ». – Dicano amici e nemici osservandoci: come sono buoni i veri figli di Dio; come è buono il Padre celeste che li ispira e li guida.
Graduale
Ps XC,11-12
Angelis suis Deus mandávit de te, ut custódiant te in ómnibus viis tuis.
In mánibus portábunt te, ne umquam offéndas ad lápidem pedem tuum.
[Dio ha mandato gli Ángeli presso di te, affinché ti custodíscano in tutti i tuoi passi. Essi ti porteranno in palmo di mano, ché il tuo piede non inciampi nella pietra.]
Tractus.
Ps XC: 1-7; XC: 11-16
Qui hábitat in adjutório Altíssimi, in protectióne Dei cœli commorántur.
V. Dicet Dómino: Suscéptor meus es tu et refúgium meum: Deus meus, sperábo in eum.
V. Quóniam ipse liberávit me de láqueo venántium et a verbo áspero.
V. Scápulis suis obumbrábit tibi, et sub pennis ejus sperábis.
V. Scuto circúmdabit te véritas ejus: non timébis a timóre noctúrno.
V. A sagitta volánte per diem, a negótio perambulánte in ténebris, a ruína et dæmónio meridiáno.
V. Cadent a látere tuo mille, et decem mília a dextris tuis: tibi autem non appropinquábit.
V. Quóniam Angelis suis mandávit de te, ut custódiant te in ómnibus viis tuis.
V. In mánibus portábunt te, ne umquam offéndas ad lápidem pedem tuum,
V. Super áspidem et basilíscum ambulábis, et conculcábis leónem et dracónem.
V. Quóniam in me sperávit, liberábo eum: prótegam eum, quóniam cognóvit nomen meum,
V. Invocábit me, et ego exáudiam eum: cum ipso sum in tribulatióne,
V. Erípiam eum et glorificábo eum: longitúdine diérum adimplébo eum, et osténdam illi salutáre meum.
[Chi abita sotto l’égida dell’Altissimo, e si ricovera sotto la protezione di Dio.
Dica al Signore: Tu sei il mio difensore e il mio asilo: il mio Dio nel quale ho fiducia.
Egli mi ha liberato dal laccio dei cacciatori e da un caso funesto.
Con le sue penne ti farà schermo, e sotto le sue ali sarai tranquillo.
La sua fedeltà ti sarà di scudo: non dovrai temere i pericoli notturni.
Né saetta spiccata di giorno, né peste che serpeggia nelle tenebre, né morbo che fa strage al meriggio.
Mille cadranno al tuo fianco e dieci mila alla tua destra: ma nessun male ti raggiungerà.
V. Poiché ha mandato gli Angeli presso di te, perché ti custodiscano in tutti i tuoi passi.
Ti porteranno in palma di mano, affinché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Camminerai sull’aspide e sul basilisco, e calpesterai il leone e il dragone.
«Poiché sperò in me, lo libererò: lo proteggerò, perché riconosce il mio nome.
Appena mi invocherà, lo esaudirò: sarò con lui nella tribolazione.
Lo libererò e lo glorificherò: lo sazierò di lunghi giorni, e lo farò partécipe della mia salvezza».]
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum S. Matthæum.
Matt IV: 1-11
“In illo témpore: Ductus est Jesus in desértum a Spíritu, ut tentarétur a diábolo. Et cum jejunásset quadragínta diébus et quadragínta nóctibus, postea esúriit. Et accédens tentátor, dixit ei: Si Fílius Dei es, dic, ut lápides isti panes fiant. Qui respóndens, dixit: Scriptum est: Non in solo pane vivit homo, sed in omni verbo, quod procédit de ore Dei. Tunc assúmpsit eum diábolus in sanctam civitátem, et státuit eum super pinnáculum templi, et dixit ei: Si Fílius Dei es, mitte te deórsum. Scriptum est enim: Quia Angelis suis mandávit de te, et in mánibus tollent te, ne forte offéndas ad lápidem pedem tuum. Ait illi Jesus: Rursum scriptum est: Non tentábis Dóminum, Deum tuum. Iterum assúmpsit eum diábolus in montem excélsum valde: et ostendit ei ómnia regna mundi et glóriam eórum, et dixit ei: Hæc ómnia tibi dabo, si cadens adoráveris me. Tunc dicit ei Jesus: Vade, Sátana; scriptum est enim: Dóminum, Deum tuum, adorábis, et illi soli sérvies. Tunc relíquit eum diábolus: et ecce, Angeli accessérunt et ministrábant ei.”
[In quel tempo: Gesù fu condotto dallo Spírito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Ed avendo digiunato quaranta giorni e quaranta notti, finalmente gli venne fame. E accostàtosi il tentatore, gli disse: Se sei il Figlio di Dio, di’ che queste pietre divéntino pani. Ma egli rispose: Sta scritto: Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio. Allora il diavolo lo trasportò nella città santa, e lo pose sul pinnàcolo del tempio, e gli disse: Se sei il Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ha mandato gli Ángeli presso di te, essi ti porteranno in palmo di mano, ché il tuo piede non inciampi nella pietra. Gesù rispose: sta anche scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo. Di nuovo il diavolo lo trasportò sopra un monte altíssimo e gli fece vedere tutti i regni del mondo e la loro magnificenza, e gli disse: Ti darò tutto questo se, prostrato, mi adorerai. Ma Gesù gli rispose: Vàttene Sàtana, perché sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e servirai Lui solo. Allora il diàvolo lo lasciò, ed ecco che gli si accostàrono gli Angeli e lo servívano..]
Omelia
(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956)
GLI SPIRITI
Gesù lascia le acque del Giordano e va nelle sabbie del deserto. Quarant’anni il popolo di Israele dovette camminare prima di giungere nel regno promesso da Dio; quaranta giorni Mosè dovette rimanere sulla cima nubilosa del Sinai per ascoltare le leggi del Signore; quaranta giorni Elia ramingò nel deserto per sfuggire la vendetta della cattiva regina e digiunò quaranta giorni prima di ottenere l’acqua sulla terra isterilita dalla siccità; ed anche Gesù si ritira quaranta giorni nella solitudine prima d’annunciare ai popoli il Regno del Cielo. Là non più voce d’uomo, non più acqua fresca e scorrente, non campi di grano, non vigneti, ma pietraie scottanti e serpenti e rovi. Veramente non è tutto solo. Sono con Lui le creature inferiori all’uomo: gli animali. Sono con Lui le creature superiori all’uomo: gli spiriti. E da prima è lo spirito cattivo, il demonio, che s’avvicina a tentarlo con la triplice tentazione del deserto, del tempio, del monte. Ma a tutte e tre le tentazioni, a quella di convertire le pietre in pane, a quella di gettarsi dal vertice del tempio, e quella di adorare satana sul monte, Gesù risponderà con un grido terribile: « Va via demonio! » E il demonio, svergognato, lo abbandonò. Allora vennero gli spiriti buoni, gli Angeli, intorno a Lui e lo servivano. In questa vita anche l’uomo, come Gesù nel deserto, è il centro di una grande guerra: da una parte i demoni, spiriti del male, che lo vogliono abbassare tutto nella materia, e perderlo; dall’altra gli Angeli, spiriti del bene, che lo vogliono innalzare alle nobiltà dello spirito, e salvarlo. L’esistenza di questi spiriti appare con evidenza dal Vangelo di questa prima domenica di quaresima: volerla negare, sarebbe negare il Vangelo, negare Gesù Cristo e la sua Religione divina. Ed io credo che non è senza utilità fermarci un momento a considerare l’influsso che gli spiriti, buoni e cattivi, possono esercitare sull’anima nostra. – 1. I DEMONI. a) La loro natura. La Scrittura non lo dice apertamente, poiché Mosè temeva che il suo popolo duro e grossolano cadesse in idolatria, ma frequentemente fa intuire la creazione degli Spiriti. Questi innumerevoli figli raggianti dell’Altissimo si letiziavano nel Paradiso mentre l’esercito degli astri, sul mattino della vita, faceva udire le sue armonie. Ma una volta seguì in cielo una gran battaglia. Uno degli Angeli più belli, splendente come il sole a mezzodì, lucifero, dimenticò di essere una creatura di Dio e nella sua superbia volle innalzarsi fino al trono dell’Altissimo e paragonarsi a Lui. Altri Spiriti, ingannati, lo seguirono nel peccato. Ed ecco: Michele co’ suoi Angeli combatte contro i ribelli, e li vince e li scaccia dal cielo (Apoc., XII). E Dio non perdonò agli angeli che peccarono, ma cacciatoli nell’inferno, li imprigionò nel fuoco e nella maledizione sua nella quale vivono tormentati (II Petr., II, 4). Da allora l’Angelo che fu precipitato si chiama diavolo e satana, e seduce tutto il mondo. Seducit universum orbem (Apoc., XII, 9). Da allora, divenuto nostro avversario, s’aggira tra gli uomini come un fulvo leone ruggente cercando chi divorare. (I Petr., V, 8). b) Il loro potere! S. Bonaventura (Theol., II, 26) ci dipinge in un quadro fosco i demoni e la loro astuzia contro le anime: « Sono spiriti impuri, nemici del genere umano. Gonfi di superbia, intelligentissimi a fare il male, non desiderano altro che nuocerci e sanno sempre scovare frodi nuove. Travolgono i sentimenti; insidiano di giorno, e di notte infestano i dormienti con sogni; sanno perfino trasfigurarsi in Angeli di luce; e sempre cercano la rovina finale dell’anima ». Immutant sensus: l’uomo capisce che tutte le cose di quaggiù, e gli onori e i danari e i piaceri, durano poco e passano come il fumo sopra il tetto, mentre Dio solo rimane e l’anima nostra. Eppure, una forza maligna lo attrae verso le cose bugiarde e lo distoglie da quelle eternamente vere. Il demonio ha la sua parte nel farci travedere le cose. Vigilantes turbant: chi suscita i fantasmi impuri nella nostra mente, anche quando siamo nella quiete della nostra casa, anche quando siamo nella santità del tempio di Dio? Il demonio. E talvolta neppure nelle ore di riposo il demonio ha requie, ma ci sconvolge con sogni cattivi e paurosi. Dormientes per somnia inquietant. Spesso astutamente sa prendere la voce e la figura dell’Angelo buono. In lucis Angelum se transformant. Racconta S. Tommaso di un monaco, che aveva fatto il proposito di non uscire più dalla sua cella, il quale continuamente udiva una voce che lo invitava ad uscire almeno per fare la Comunione. C’è qualche cosa di più santo della Comunione? e il monaco uscì. Ma la voce non s’acquietò. Era morto in quei giorni il padre di quel monaco ed aveva lasciato molti beni. « Torna a casa tua, almeno un giorno, — dicevagli la voce, — vendi ogni cosa e distribuisci ai poveri ». C’è qualche cosa di più evangelico che dare ogni cosa ai poveri? Uscì il monaco dal convento, e andò a casa, ma non ritornò più: e morì in peccato mortale. Qualche volta anche noi abbiam sentito la voce di quest’angelo bugiardo dirci così: « Perché vuoi star ritirato sempre in casa? Va alla finestra, scendi nella strada! Che c’è di male in un teatro, che c’è di male in un ballo? Che c’è? il demonio. c) La nostra difesa. Ma è possibile, penseranno alcuni, vincere un nemico che non si vede? È possibilissimo: con la preghiera, con la vigilanza, con la mortificazione. – Con la preghiera: l’Apostolo S. Bartolomeo, recatosi ad evangelizzare l’India, mentre se ne andava sconosciuto tra la folla udì un indemoniato gridare: « Apostolo di Dio, le tue orazioni mi bruciano tutto! » Più che la fiamma dell’inferno, al demonio fa male la preghiera dei Cristiani. – Con la vigilanza: vigilate, perché il demonio è furbo. Guai a concedergli qualche cosa, subito vi rapirà tutto. Nolite locum dare diabolo (Ef., IV, 27). È nota la favola del riccio che, una serataccia di temporale, piangendo chiese alla volpe ricovero nella sua tana. La volpe, non furba abbastanza, lo accolse. Dapprima si roggomitolò in un cantuccio, poi a poco a poco distese le sue membra pungentissime, fin tanto che la volpe disperata dovette uscir fuori a morire sotto la pioggia e la gragnola. Così il demonio. L’anima che non resiste subito diventa tutta sua. – Con la mortificazione: l’ha scritto S. Paolo: « armatevi con l’armatura di Dio perché possiate far contro all’insidia del diavolo, noi, non appena con la carne e col sangue, abbiamo da guerreggiare, ma soprattutto con il principe del male, con il reggitore del mondo tenebroso » (Ef., VI, 11). – 2. GLI ANGELI. Prima ancora che si levasse il sole Giuda Maccabeo attaccò battaglia: un nemico terribile, fortissimo, e fresco di forze gli stava di fronte. Ma nel fervore cruento della mischia furono visti discendere dal cielo cinque personaggi a cavallo, magnificamente adorni con freni d’oro; e capeggiarono l’esercito d’Israele. Due di essi, ai lati di Giuda, lo preservarono dalle ferite, coprendolo con le loro armature corrusche; gli altri lanciavano saette e fulmini contro i nemici, che accecati dal barbaglio, cadevano scompigliatamente. Mentre calava, il sole illuminò una pianura coperta di morti: ventimila e cinquecento fanti, e seicento cavalieri (II Macc., X, 29). Quanta consolazione c’ispira questo episodio! Dunque, non siamo soli a combattere contro il feroce nemico d’inferno, ma gli Angeli del Signore, benché non li vediamo, sono intorno a noi e combattono per noi. Iddio per incoraggiare il popolo di Israele che doveva attraversare il deserto e lottare con molti popoli gli fece questa promessa: « Ecco che io manderò il mio Angelo, il quale vada dinanzi a te, e ti custodisca nel viaggio, e ti introduca nel paese che Io ho preparato. Onoralo e ascolta la voce e guardati dal disprezzarlo: per ch’egli non ti perdonerà se farai del male, e il mio Nome è in lui. Che se tu ascolterai la sua voce, Io sarò nemico de’ tuoi nemici e perseguiterò coloro che ti perseguiteranno » (Esodo, XXIII, 20-22). Queste parole, Dio le ripete ad ogni uomo che nasce quando gli destina l’Angelo custode che andrà davanti a lui nel viaggio della vita e lo aiuterà fino a condurlo in Paradiso. Queste parole contengono anche tutto quello che gli Angeli fanno per noi, e tutto quello che noi dovremmo fare per gli Angeli. a) Che fanno per noi gli Angeli? Offrono le nostre preghiere e le opere buone a Dio e le rendono così più gradita « Ero io che innalzavo le tue orazioni al cospetto del Signore » confessò l’arcangelo Raffaele al giovanetto Tobia. Illuminano la nostra mente nei dubbi, ci avvisano nei pericoli. Era sempre un Angelo che illuminava Giuseppe nei suoi dubbi, che lo consigliava a fuggire in Egitto o a ritornare a Nazareth, quando il persecutore era morto. Ci aiutano nei nostri bisogni, sollevandoci nelle fatiche e nelle malattie. Quando S. Isidoro contadino stanco e bruciato dalla canicola si gettava sotto qualche albero a riposare o a pregare, era il suo Angelo che reggeva l’aratro, che pasceva i muli, che allontanava i lupi dall’ovile. – Ci difendono dai pericoli dell’anima e del corpo. I tre fanciulli che Nabucodonosor gettò nella fornace ardente, non arsero perché l’ala d’un Angelo li circondò. Ci castigano talvolta, come una buona mamma fa col suo bambino. San Gerolamo una notte fu battuto da un Angelo, perché da tempo smaniava nella lettura di libri profani, trascurando i sacri. – Ci consolano nei dispiaceri: quando Gesù, agonizzò nel Getsemani ed espresse sudore di sangue, scese un Angelo e lo consolò. b) Se gli Angeli sono così buoni con noi, che dobbiamo fare per loro? Prima di tutto, se siamo in disgrazia di Dio, purificarci subito la coscienza dal peccato, poiché sta scritto che gli Angeli godono di più per un peccatore che fa penitenza che non per novantanove giusti. Poi, guardiamoci bene dal commettere qualsiasi atto che li possa disgustare: ma ascoltiamo la loro voce, onoriamoli, supplichiamoli. Infine, non scandalizziamo nessuno né con parole né con gesti; ma specialmente abbiamo una squisita delicatezza per i piccoli: i loro Angeli nel cielo vedono sempre la faccia di Dio. Angeli enim eorum in cœlis semper vident faciem Patris (Mt., XVIII, 10). – Giuditta, tremando di gioia, ritornava alla città. Stringeva nella mani la testa orrenda di Oloferne che ancora grondava. E come fu dentro alla porta di Betulia, e come tutto il popolo accorse attorno alla liberatrice, ella salì in alto e scoppiò in un grido : « Viva il Signore! Fu un Angelo che nel passare custodì me, donna inerme tra le schiere degli armati; fu un Angelo che avvalorò il braccio debole e ignaro quando nelle tenebre notturne e nel silenzio spiccai dal tronco questo capo; fu un Angelo che illesa e ignota mi ricondusse tra voi: viva il Signore! » (Giuditta, XIII, 20). – Cristiani, se praticheremo le riflessioni che abbiamo dedotto dal Santo Vangelo, noi pure un giorno entreremo in paradiso, con la testa del demonio stroncata, e ai Santi narreremo come Giuditta: « Viva il Signore! Un Angelo m’ha custodito di giorno in giorno: un Angelo mi ha fortificato a vincere il demonio; un Angelo mi ha guidato salvo in cielo: viva il Signore ». Intanto però abbiamo da combattere. I demoni furono cacciati dal cielo: noi dobbiamo cacciarli anche dalla terra. Gli Angeli ci aiuteranno. Vade, satana! (Mt., IV, 10). –LE TRE TENTAZIONI. Lungo la costa occidentale del mar Morto si distende una regione desolata e desolante. Non una palma verde che conforti la vista, non un’acqua limpida che placa l’arsura, non un uccello che rallegri il silenzio cupo: ma da per tutto colline ineguali e sabbia gialla che s’inseguono senza respiro, picchi rocciosi soprastanti ai torrenti disseccati, ampie radure brulle ove par che la vita sia scomparsa. E di quando in quando, sopra quella terra morta, quasi a contristarla di più, se fosse possibile, si precipita il soffio affocato del vento. Fu appunto da questo luogo che Gesù cominciò la redenzione. « Ductus est in desertum… ». Ma il deserto delle tentazioni è un’immagine della vita nostra dopo il peccato: valle di lacrime è la terra, e sopra di essa spira il vento soffocante delle tribolazioni e il demonio viene a tentarci. In principio non era così. Giardino di gioia era la terra, e l’uomo re magnifico con la grazia di Dio. Ma in quel giorno in cui l’uomo cedette alla tentazione del serpente, il giardino divenne un deserto. O ecco: e Gesù viene nel deserto per vincere la tentazione del demonio e rifare nel deserto il magnifico giardino della grazia di Dio. È necessario, dunque, meditare come Gesù sia stato tentato, — poiché nello stesso modo noi pure siam tentati; e come Gesù abbia vinto le tentazioni, perché è con le medesime armi che noi pure dobbiamo vincere. – 1. LA TENTAZIONE DELLA VITA SENSUALE. Dopo quaranta giorni di digiuno, Gesù ha fame: e il tentatore gli va daccanto: « Converti queste pietre in pane ». Il pane! il cibo del corpo: la vita sensuale in tutte le sue manifestazioni, ecco dove il demonio tenta di far affogare l’anima. Date uno sguardo al mondo: quanta gente corre, si agita, suda, soffre… ma per interessi materiali; per il pane, per far danaro, per aver roba, per godere. Si profana la festa: per il pane. Si viola la giustizia: per il danaro. Si litiga con odio: per la roba. Si trasgredisce ogni legge: per godere. Ma Gesù rispose al tentatore: « Non di solo pane vive l’uomo! ». Ricordiamoci che abbiamo anche l’anima da salvare. – Ci fu un uomo a cui la fortuna aveva largito a piene mani ogni ricchezza: denaro e terra. Un anno, fu tale l’abbondanza che andava pensando: « Dove potrò mettere tutta questa roba? ». E risolvette di far così: « Demolirò i miei vecchi granai, e ne costruirò dei nuovi e più capaci: vi ammasserò i prodotti e le mie cose. E allora sì che potrò dire all’anima mia: « O anima! ne hai qui per molti anni: mangia, bevi, dormi e sta allegra… ». Ma una voce gli scoppiò daccanto come folgore: « Stolto! stanotte morrai… E tutta la tua roba di chi sarà? ». – 2. LA TENTAZIONE DELL’ESPORSI AL PERICOLO. Il diavolo, vinto la prima volta, trasporta Gesù sul fastigio del tempio e gli dice: « Buttati giù! che non ti farai male: ma ti sosterranno gli Angeli e ti adageranno a terra… ». Una bella pretesa! buttarsi già da un alto tetto e illudersi di non rompere il collo!… È come andar nel fuoco e non bruciare. Ma non è forse più sciocca la pretesa di non pochi Cristiani che vogliono mettersi nelle occasioni e ripromettersi di non peccare?… – Dicono che una notte, sulle montagne di Delfo, s’aprì un baratro da cui esalava un olezzo inebriante tutto intorno. E l’impressione olfattiva era così deliziosa e strana che penetrava il cervello, invadeva il corpo intero in ogni fibrilla. Furon visti pastori, urlando, correre all’impazzata verso l’abisso, e gregge intere, belando, essere attratte nelle spire del magico profumo: e tutti sparire nel baratro fatale. Ma un giorno, sul mercato di Delfo, apparve un uomo che, in piccole scatole, vendeva il rimedio contro l’incantesimo del baratro. Un mandriano, che teneva dei pascoli vicini a quel luogo funesto, comprò il rimedio e corse a casa per mostrarlo agli amici. E sotto a cento occhi attoniti, aprì la scatola e trovò… un semplice gomitolo di spago con la scritta: « Se vuoi salvarti dal baratro sta lontano tanto così! ». Lontano, dunque da certi luoghi dove si offende Dio; lontano da quelle persone che ci scandalizzano, lontano da quegli oggetti, da quelle figure, da quei libri che esalano un profumo inebriante, ma fatale. – 3. LA TENTAZIONE DI COLLOCARE LA FELICITÀ NEL MALE. Oh! il demonio in quell’ultimo giorno d’innocenza, là, nel Paradiso terrestre, come deve aver saputo trasfigurare sotto gli occhi ingenui di Eva quel frutto proibito! E quella lo credette il più mirabile a vedersi, il più delizioso a gustarsi, il frutto insomma che solo poteva farla felice a pieno: « vidit mulier quod esset bonum ad vescendum et pulchrum oculis ». Ed Eva protese la mano e lo mangiò… ma sotto ai suoi morsi golosi quel frutto si tramutò in veleno. La medesima astuzia, il tentatore usò con Gesù; usa con noi. Il diavolo trasportò Gesù su la vetta eccelsa di un monte e gli disse: « Guarda: se sei capace di adorarmi in ginocchio, ti farò re di questi imperi ». Non è forse vero che prima del peccato ci par proprio che nel frutto proibito troveremo felicità? E l’ingenua anima dell’uomo, dietro alla lusinga di esser regina, è fatta schiava di satana. – « Adorami, fa quel peccato » sibila il demonio, « e sarai un re ». Anche un’aquila, dice la leggenda, udì una voce che la chiamava al fondo della valle. Abituata alle cime supreme e nude e gelide, un giorno vide il fondo della valle colorito di fiori e sembrava che un’iride si fosse infranta in mille pezzi sul verde tappeto. E le parvero scabrosi i suoi greppi natali sospesi tra le nuvole e l’azzurro e discese giù. S’inebriò di quei colori, si irrorò nella rugiada, si distese sull’erba e sui fiori, con aperte le ali, quasi a raccogliere il profumo. E poi fece per risalire. Infelice! L’ala non remeggiava più: un piccolo serpentello nascosto sotto l’ala la mordeva col dente del veleno. La povera aquila guardò allora, con occhio velato, il suo greppo natale tra nuvola e cielo: mandò l’ultimo strido e morì. – Quest’aquila è l’anima nostra nata per le sublimi altezze. La lusinga della valle fiorita, ma col serpente tra i fiori, è la lusinga del peccato; è la terza tentazione di Gesù. Se non vogliamo soccombere, appena il tentatore comincia la sua suggestione, facciamoci il segno della croce, chiamiamo Gesù e con Lui gridiamo: «Io adoro Dio. In Lui solo e nella sua volontà è la mia pace. Va via, satana! ». – Agonizzare pro anima tua. — Lottare contro tutte le tentazioni del demonio e vincere come Gesù, con Gesù, per Gesù. E quando saran finiti i quaranta giorni del deserto, ossia i pochi anni della vita mortale, noi pure allora vedremo gli Angeli scendere dal cielo e condurci al convivio eterno. Ecce angeli accesserunt et ministrabant.
Offertorium
Orémus Ps XC: 4-5:
Scápulis suis obumbrábit tibi Dóminus, et sub pennis ejus sperábis: scuto circúmdabit te véritas ejus.
[Con le sue penne ti farà schermo, il Signore, e sotto le sue ali sarai tranquillo: la sua fedeltà ti sarà di scudo.]
Secreta
Sacrifícium quadragesimális inítii sollémniter immolámus, te, Dómine, deprecántes: ut, cum epulárum restrictióne carnálium, a noxiis quoque voluptátibus temperémus.
[Ti offriamo solennemente questo sacrificio all’inizio della quarésima, pregandoti, o Signore, perché non soltanto ci asteniamo dai cibi di carne, ma anche dai cattivi piaceri.]
Præfatio
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.
de sanctissima Trinitate
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui cum unigénito Fílio tuo et Spíritu Sancto unus es Deus, unus es Dóminus: non in uníus singularitáte persónæ, sed in uníus Trinitáte substántiæ. Quod enim de tua glória, revelánte te, crédimus, hoc de Fílio tuo, hoc de Spíritu Sancto sine differéntia discretiónis sentímus. Ut in confessióne veræ sempiternǽque Deitátis, et in persónis propríetas, et in esséntia únitas, et in majestáte adorétur æquálitas. Quam laudant Angeli atque Archángeli, Chérubim quoque ac Séraphim: qui non cessant clamáre quotídie, una voce dicéntes:
[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: che col Figlio tuo unigenito e con lo Spirito Santo, sei un Dio solo ed un solo Signore, non nella singolarità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza. Cosí che quanto per tua rivelazione crediamo della tua gloria, il medesimo sentiamo, senza distinzione, e di tuo Figlio e dello Spirito Santo. Affinché nella professione della vera e sempiterna Divinità, si adori: e la proprietà nelle persone e l’unità nell’essenza e l’uguaglianza nella maestà. La quale lodano gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, che non cessano ogni giorno di acclamare, dicendo ad una voce:]
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.
Preparatio Communionis
Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:
Pater noster
qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.
Agnus Dei
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.
Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
Communio
Ps XC: 4-5
Scápulis suis obumbrábit tibi Dóminus, et sub pennis ejus sperábis: scuto circúmdabit te véritas ejus.
[Con le sue penne ti farà schermo, il Signore, e sotto le sue ali sarai tranquillo: la sua fedeltà ti sarà di scudo.]
Postcommunio
Orémus.
Qui nos, Dómine, sacraménti libátio sancta restáuret: et a vetustáte purgátos, in mystérii salutáris fáciat transíre consórtium.
[Ci ristori, o Signore, la libazione del tuo Sacramento, e, dopo averci liberati dall’uomo vecchio, ci conduca alla partecipazione del mistero della salvezza.
]PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)