CRISTO-RE (18)
TOTH TIHAMER:
Gregor. Ed. in Padova, 1954
Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris
CAPITOLO XXII
CRISTO, RE DELLA DONNA
All’inizio del quinto secolo dopo la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, Roma stava attraversando giorni luttuosi: dopo essere stata devastata dalle migrazioni di vari popoli, le truppe di Alarico avevano infine depredato la città, un tempo potente, lasciandola nella miseria dei mendicanti. I nobili pagani rimproverarono aspramente i Cristiani. “Voi siete la causa di tutto questo”, dicevano. “Noi? -, disse Sant’Agostino nel suo libro De civitate Dei, “noi, per aver abbattuto gli idoli? Al contrario: è perché ci sono ancora troppi idoli, perché voi credete ancora in essi. Per questo ci è capitata la disgrazia”. – Anche il mondo moderno scricchiola: è perché siamo Cristiani? Al contrario: perché non lo siamo, perché non seguiamo abbastanza Cristo. L’umanità, la società, la famiglia moderna hanno ancora troppi idoli. L’idolatria continua intorno a noi, abbiamo criteri pagani, abbiamo un concetto di vita completamente pagano, idolatriamo i piaceri, alla maniera dei gentili; per questo il mondo sta crollando. Abbiamo già visto nei capitoli precedenti dove andrà a finire l’umanità se si separerà da Cristo. Ora arriviamo ad un argomento nuovo e molto importante. Tratteremo la grande questione della donna, con questo titolo: Cristo, re della donna. – La “questione della donna” è senza dubbio uno dei problemi più banali del nostro tempo: il medico, il politico, il sociologo, il teatro, la letteratura parlano della donna; anche il Sacerdote deve parlare della donna. Esaminiamo il concetto di Gesù Cristo e della sua Chiesa nei confronti della donna. Vorrei chiarire due punti: I. A che punto è arrivata la donna con Cristo e II. Cosa ne sarebbe della donna senza Cristo.
I
Che cosa deve la donna a Cristo? Basta guardare la sua sorte prima che il Verbo si facesse carne: che vita umiliante aveva persino nella colta società greca! È noto che la maggior parte degli abitanti della Grecia era costituita da schiavi. Poiché agli schiavi era generalmente vietato sposarsi, ciò significava che la maggior parte delle giovani greche non poteva sposarsi. Pertanto, ciò che le aspettava era uno spaventoso degrado morale. E se una schiava si sposava, il suo matrimonio poteva essere sciolto a piacimento del padrone. La condizione delle donne delle classi superiori non era migliore. Il giovane greco era arricchito da tutta la cultura spirituale del suo tempo, mentre le ragazze sapevano solo ballare e cantare. Data questa grande differenza spirituale, non era possibile per l’uomo e la donna avere un rapporto ed un’unione perfetta, quella completa armonia senza la quale non è possibile una vita coniugale felice. Non è possibile una convivenza coniugale felice. Soprattutto se consideriamo che non è stato il giovane a scegliere la moglie, ma il padre. – E la situazione della donna nel matrimonio? Aveva un alloggio separato in casa e non poteva lasciare la dipendenza dalle donne, se non per le pratiche religiose; c’erano guardie speciali perché la donna non potesse mai uscire di casa. Quando il marito voleva divorziare, era libero dalla moglie. La moglie non poteva stipulare contratti d’affari, non poteva comprare, non poteva servire come testimone. Quando rimaneva vedova, il figlio maggiore era il suo tutore. Trovava almeno la sua gioia nei figli? Nemmeno in loro. Il padre aveva il diritto di decidere, il quinto giorno dopo la nascita del bambino, se voleva accettarlo o se preferiva mandarlo via a morire di fame. E quando il bambino era malato o il neonato era una femmina, non era difficile per il padre prendere una decisione in merito. Oggi è più difficile per la casalinga scegliere quale gattino tenere tra quelli appena nati. È spaventoso, ma è così che era. La donna greca non aveva dignità, non aveva libertà, non era amata e veniva privata di ogni tipo di diritto. Che il popolo greco, all’apice della sua cultura, sia rimasto indietro in termini di umanità e di elevazione morale, non lo attribuiamo al popolo stesso, ma alla meschinità umana, che vacilla nelle tenebre se non è illuminata dalla luce di Cristo. – E se questa era la sorte delle donne presso i popoli più civilizzati dell’antichità, cosa possiamo aspettarci dai popoli barbari? Possiamo meravigliarci che gli uomini si comprassero le mogli a vicenda e che il padre vendesse la figlia al pretendente? Che fosse in voga la poligamia? Che tutto il peso del lavoro fosse scaricato sulle donne? Buia, molto buia era la notte della donna prima di Cristo! E questa notte buia viene improvvisamente illuminata dalla debole luce della stella di Betlemme. Cristo sta arrivando; gioite, tutti voi oppressi, tutti voi peccatori, i poveri, i bambini, le donne…; gioite! Che cosa deve la donna a Cristo? In primo luogo, che l’uomo si sia degnato di parlarle come ad una persona di pari livello. Questa proposta non deve sorprendere nessuno. Agli scribi e ai dottori giudei era vietato parlare con una donna, anche se era loro sorella. Nostro Signore Gesù Cristo ha infranto questa regola umiliante. Cosa ci dice la Sacra Scrittura nel descrivere la scena in cui Gesù Cristo parla con la Samaritana? Quando i discepoli tornano dalla città e trovano il Signore che parla con la Samaritana al pozzo di Giacobbe, la Sacra Scrittura dice: “I suoi discepoli si stupirono che egli parlasse con quella donna” (Gv IV, 27). Ma il Signore non ne fu turbato e questo fu un passo decisivo a favore della valorizzazione e dell’emancipazione della donna. Ci sono, inoltre, le bellissime parabole del Signore, in cui ricorda così spesso in tono affettuoso i dolori, le sofferenze e le fatiche della donna. Socrate, il grande saggio, quando iniziava a parlare di filosofia, faceva uscire le donne dalla stanza, perché non disturbassero la saggezza degli uomini; invece Cristo, la luce del mondo, salutava con gentilezza le donne del suo pubblico. Cristo, la luce del mondo, ha salutato con benevolenza le donne del suo pubblico, le madri, dando così l’impressione che anche loro hanno un’anima immortale di valore pari a quella degli uomini. Cristo è davvero il Re delle donne. E devo ricordare altre azioni del Signore, e devo sottolineare ancora di più il cuore amorevole di Cristo? Guardiamolo, allora, quando risuscita il figlio della povera vedova di Naim; quale compassione deve aver provato per quella madre piangente! Guardiamolo quando, sotto il fuoco degli sguardi scandalizzati dei farisei, parla amorevolmente alla Maddalena pentita, così vergognosa delle sue colpe; quale compassione deve aver provato per lei! Ascoltiamo come confonde l’orgoglio dei farisei mentre trascinano la donna peccatrice in piedi per essere lapidata; con quale amore perdonante le parla! E guardiamolo quando, portando la croce e coperto di sangue, nel momento in cui avrebbe avuto più bisogno di conforto, dimentica se stesso e consola le donne che piangono. Oh, dobbiamo ancora insistere su ciò che le donne devono a Cristo, che le scelse, quelle che erano andate a visitarlo al sepolcro, per essere le prime a sapere che era risorto e per portare tale lieta novella agli Apostoli? – E come Cristo ha rispettato le donne, così ha fatto la Chiesa, il Cristo mistico che continua a vivere in mezzo a noi. È impossibile enumerare la ricchezza delle benedizioni che scaturiscono dall’atteggiamento della Chiesa nei confronti delle donne. Già nei primi secoli del Cristianesimo la Chiesa si servì delle donne, che Dio aveva dotato di qualità meravigliose, per esercitare ovunque la carità cristiana in tutte le sue manifestazioni; inoltre, nel Medioevo permise loro di entrare nelle accademie. Pertanto, l’educazione spirituale, l’istruzione e l’elevazione delle donne non è un’opera dei tempi nuovi, ma del Medioevo cattolico, al quale viene dato l’ironico appellativo di “oscuro”. Abbiamo dati che lo dimostrano. Ne abbiamo la prova da quanto Rousseau scriveva a D’Alembert e gli diceva che le donne non possono avere né talento né senso dell’arte; quando Kant proclamava ai quattro venti che a una donna basta sapere che al mondo ci sono altri universi e altre bellezze oltre a lei; già allora, e anche molto prima, nel XII secolo, la Chiesa aveva promosso le donne a cattedre nelle Università di Salerno, Bologna e Padova. – È stato Gesù Cristo a mostrare per primo la bellezza dell’anima femminile, ed è grazie a Cristo che la donna è diventata ciò che è oggi: una compagna dell’uomo, una consorte di pari grado con lui. Solo il Cristianesimo ha riconosciuto come nessun altro la bellezza dell’anima femminile – la Vergine Maria ne è il massimo esempio – e le straordinarie qualità di cui Dio le ha dotate: grande cuore, tenerezza, bellezza, capacità di dedizione e di sacrificio, delicatezza d’animo, fine sensibilità per la cura delle persone, soprattutto dei più piccoli e dei più deboli, ecc.
II
Ma a questo punto del nostro ragionamento ci viene in mente un’altra importante domanda: questo altissimo concetto di donna vive nella coscienza dell’uomo moderno, e soprattutto nella coscienza della donna stessa? Ed è con dolore che notiamo che l’alto concetto cristiano, spesso per colpa delle donne stesse, sta perdendo sempre più il suo contenuto e suona sempre più come una frase vuota di giorno in giorno. Un filosofo disse una volta che una frase altisonante è come una nocciola svuotata; cioè è un guscio senza nocciolo, un nido senza uccello, un guscio di lumaca, una casa senza abitante. Con dolore dobbiamo constatare che anche l’ideale di “donna” rischia di non essere altro che una di queste frasi vuote. Nel mondo cristiano la donna significava qualcosa di sublime; oggi ha perso molto del suo antico significato e del suo pieno contenuto. Sono in voga tre concezioni della donna: una è fondamentalmente umiliante; l’altra, superficiale; la terza è la concezione seria, cristiana. La prima – la più umiliante – è la concezione che ancora rimane dell’antico mondo pagano. Voglio solo citare un esempio molto tipico. Lo Scià di Persia si recava spesso a Karlsbad, per godere delle magnifiche terme, ed era ovvio che, all’arrivo, le sue numerosissime mogli venissero portate in auto chiuse dalla stazione all’albergo, vi rimanessero chiuse per tutto il tempo e, al momento della partenza, venissero nuovamente portate in auto chiuse alla stazione. Una vita per le donne peggiore di quella dei segugi. A cosa arriverà la donna senza Cristo! Perché una concezione così vergognosa della donna non è purtroppo un’esclusiva dello Scià di Persia o degli sceicchi musulmani. Molti uomini, che si definiscono moderni, vedono nella donna nient’altro che un oggetto di piacere, una deliziosa bambola da intrattenimento; qualcosa da usare e da buttare, come è evidente dal gran numero di madri nubili nella società, vilmente ingannate da uomini che dicevano di amarle; o è evidente dal gran numero di divorzi che hanno luogo, in cui l’uomo spesso ripudia la moglie perché ha perso l’attrattiva che aveva da giovane. – Qual è il criterio del Cristianesimo in questa materia? Esaminiamolo con attenzione; vediamo cosa contiene l’Antico Testamento riguardo all’uomo e alla donna. Dopo la caduta dei nostri primi genitori, abbiamo sentito le parole del Signore: “Poiché hai obbedito alla voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo proibito di mangiare, sia maledetto il suolo per causa tua: con grande fatica ne trarrai cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te…. Mangerai il pane con il sudore della tua fronte, finché non ritornerai al suolo… perché polvere sei e in polvere ritornerai” (Genesi III, 17-19). Questa è la missione dell’uomo, secondo il comando di Dio. Noi uomini dobbiamo scavare la terra, lavorare duramente. Scaviamo il ferro e il carbone dal fondo delle miniere; gestiamo la vita industriale e di fabbrica; seminiamo e raccogliamo il raccolto; estraiamo la pietra e costruiamo le case; costruiamo ponti sui fiumi potenti, perforiamo le rocce per formare gallerie, scaviamo la terra per fare il canale…. Vedete qui: secondo la volontà di Dio, l’uomo è l’operaio del mondo. E la donna? Ascoltiamo le parole del Signore: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli farò un aiuto adatto” (Gen, III-18). E Dio creò la prima donna, ricavandola dalla costola dell’uomo. E l’Eterno continua, dopo la caduta: “Farò in modo che le tue fatiche siano tante quante sono le tue gravidanze: partorirai figli con dolore. Sarai attratta da tuo marito ed egli dominerà su di te” (Gen. III, 16). Questa, ovviamente, non era la volontà di Dio; questi sono i frutti del peccato, cioè dell’egoismo. Che cosa dobbiamo pensare della donna? Dobbiamo chiederlo a Colui che l’ha creata. “Le darò un aiuto adeguato”. La donna, dunque, è l’aiuto e la compagna dell’uomo. Come può aiutare l’uomo? Soprattutto utilizzando le qualità che Dio le ha dato per svolgere determinati compiti, attraverso la sua funzione di madre e di educatrice dei figli. È responsabile soprattutto della cura della casa, della cura dei bambini, della cura dei malati. Il lavoro duro è compito dell’uomo; per la donna è soprattutto la cura dei figli e i lavori domestici. Può dunque esserci uguaglianza tra uomini e donne? Sì; davanti a Dio, la donna e l’uomo sono completamente uguali in dignità: entrambi hanno un’unica anima e un unico fine eterno, ricevono gli stessi Sacramenti, anche se in parte hanno qualità diverse. – L’uguaglianza non consiste nel fatto che la donna cerchi di imitare in tutto ciò che fa l’uomo. No, no, questa non è l’uguaglianza voluta da Dio! Come faccio a saperlo? Lo so perché Dio è il Dio dell’ordine; e non ci sarà ordine finché non ne comanderà uno solo. Non ci possono essere due teste in casa. Pertanto, la donna – non per merito suo, ma per volontà di Dio – è l’aiutante dell’uomo e, in quanto tale, è al secondo posto nell’ordine sociale. L’Antico Testamento ci insegna questo. – E cosa ci dice il Nuovo Testamento? Innanzitutto, insegna che la donna ha la stessa dignità umana dell’uomo. “Perché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. E non c’è più distinzione tra Giudeo e Greco, tra libero e schiavo, tra maschio e femmina. Perché “… tutti voi siete uno in Gesù Cristo” (Gal. III, 27-28). Ma lo stesso SAN PAOLO sottolinea in un altro passo il primato dell’uomo: “Cristo è il capo di ogni uomo, come l’uomo è il capo della donna” (Cor XI, 3). “Non permetto alla donna di essere maestra nella Chiesa, né di prendere autorità sul marito, ma di tacere, poiché prima fu formato Adamo e poi Eva” (I Timoteo, II, 12-13). E per essere più convinti di questo, basta contemplare la vita della Santa Famiglia di Nazareth. Umanamente parlando, chi doveva essere il primo? Cristo, poi la Vergine Maria e infine San Giuseppe. Eppure, vediamo che il primo era San Giuseppe; la Vergine Maria, il secondo; Gesù Cristo, il terzo. Un esempio sublime di vita familiare ben ordinata! Si può parlare più chiaramente? L’uomo è il capo; e non è forse il capo a guidare? La donna… è l’aiutante. Così è scritto. E se un movimento di protesta vuole trasformarsi in un’autorità per governare quello che dovrebbe essere un aiuto, anche se questo si chiama emancipazione della donna, non è conforme al piano di Dio Creatore. Una donna può lavorare fuori casa, se vuole o se ne ha bisogno a causa del basso reddito della famiglia, ma non è il suo compito principale, che è in casa.
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Non molto tempo fa, un giornale francese si è interrogato sul seguente fenomeno: perché nelle carceri ci sono più uomini che donne? E come soluzione il pubblico ha dato la seguente risposta: “Ci sono più uomini che donne nelle carceri, perché ci sono più donne che uomini nelle Chiese”. E se continuiamo a chiedere: perché ci sono più donne che uomini nelle Chiese? Perché Dio le ha dotate di una maggiore sensibilità per lo spirituale. Ecco perché le donne si danneggiano se rinunciano alla loro religiosità: senza Cristo, le donne diventano schiave degli uomini, completamente soggette ai loro capricci! È una terribile disgrazia perdere la fede; ma per nessuno tanto quanto per una donna. Se l’irreligiosità si vendica su qualcuno, è innanzitutto sulla donna. Perché a Cristo deve la sua dignità, la sua vera emancipazione, la sua libertà. – Povere donne, voi che ingoiate le ideologie alla moda, pensate un po’: che ne sarà di voi se queste teorie trionfano! Che ne sarà di voi se trionfa la completa uguaglianza dei diritti, se trionfa il matrimonio contratto per un certo periodo di tempo, se trionfa lo scioglimento del matrimonio! Esaminate un po’ cosa succederà. La donna che non ha fede, che non ha Religione, che non ha Cristo come suo Re, sarà soggetta alla tirannia della moda, dei suoi capricci, della sua frivolezza, della sua vanità, della sua malizia? D’altra parte, quanto è grande la donna quando è immersa nella grazia di Gesù Cristo! Pensiamo a Santa Giovanna d’Arco, a Santa Teresa di Lisieux, a Santa Teresa di Gesù?