NOVENA PER LA FESTA DELLA PURIFICAZIONE (24 Gennaio, 1 Febbraio)

NOVENA PER LA PURIFICAZIONE

(inizia il 24 gennaio, Festa 2 febbraio).

(G. Riva: Manuale di Filotea, XXX ed. Milano, 1888)

Questa festa, celebrata con gran distinzione dai Greci sotto il nome di Hypapanta, cioè incontro di Maria SS. e di Gesù con Simeone ed Anna, fu istituita dal Papa Gelasio nel 492 per opporre la santa processione colle candele perciò benedette alla pagana festa delle Lupercali o purificazioni, che con giuochi e assembramenti scandalosi si celebravano verso la metà di febbraio.

1. Per quella sì eroica obbedienza che Voi esercitaste, o gran Vergine, nell’assoggettarvi alla legge della purificazione, ottenete anche a noi la più esatta obbedienza a tutti i comandi di Dio, della Chiesa e dei nostri maggiori. Ave

II. Per quell’angelica modestia e celestial divozione con cui Voi, o gran Vergine, vi recaste e presentaste nel Tempio, ottenete anche a noi di portarci e stare nel tempio con quell’interno ed esterno raccoglimento che conviene alla casa di Dio. Ave

III. Per quella santa premura che Voi aveste, o Vergine illibatissima, di toglier da Voi col sacro rito della purificazione ogni apparenza di macchia, ottenete a  noi pure una instancabile premura di togliere sempre  da noi ogni ancor più piccola macchia di peccato. Ave

IV. Per quella umiltà profondissima che vi indusse, o Maria, a collocarvi nel tempio tra le donne più volgari, quasi foste una di loro, sebbene la più santa fra tutte le creature, impetrate a noi pure quello spirito di umiltà che ci renda cari a Dio e  meritevoli dei suoi favori. Ave

V. Per quella gran fede che Voi, o Vergine fedelissima, conservaste viva e ferma in Dio vostro Figlio nell’udire dal santo profeta Simeone ch’Egli sarebbe stato per molti occasione di contraddizione e di rovina, ottenete a noi pure una simile vivezza e fermezza di fede in mezzo a qualunque tentazione e contraddizione. Ave…

VI. Per quella invitta rassegnazione con cui ascoltaste gli amarissimi presagi che vi fece, o Maria, l’illuminato Simeone, fate che anche noi in tutti gli avvenimenti anche i più tristissimi siamo sempre perfettamente rassegnati ad ogni divino volere. Ave

VII. Per quell’accesissima carità che vi mosse, o Maria, a fare all’Eterno Padre il gran sacrificio del vostro Figlio per la comune redenzione e salute, impetrate a noi pure la grazia di sacrificar al Signore qualunque cosa eziandio più cara, quando ciò sia necessario alla nostra santificazione e salvezza. Ave.… Gloria

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, majestatem tuam supplices exoramus: ut sicut unigenitus Filius tuus hodierna die cum nostræ carnis substantia in templo est præsentatus, ita nos facias purificatis tibi mentibus præsentari. Per eumdem Dominum, etc.

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (5)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (5)

LA GRAN BESTIA SVELATA AI GIOVANI

dal Padre F. MARTINENGO (Prete delle Missioni)

SESTA EDIZIONE – TORINO I88O

Tip. e Libr. SALESIANA

IX.

LA LANTERNA MAGICA

Giovinotto mio, che vai leggendo queste carte. Tu sei nuovo ancora nel cammino della vita; facile a lasciarti abbagliare dalle apparenze, credulo e fidente per semplicità di cuore, uso a vedere il mondo attraverso a certe lenti che tutto il coloriscono in vaga tinta di rose. Ma io, a costo anche di guastarti certi bei sogni d’oro, vo’ farti vedere il mondo qual è. Di’, gio0vinotto mio: ti piacerebbe egli trastullarti un pochino colla lanterna magica? … oh, oh! Vedo che ti rallegri e fai festa … Bene, senti: io ce ne ho una lanterna magica, che fa veder le cose proprio al naturale … vuoi farne la prova? – Volentieri, ma amerei sapere quanto si paga. — Oh niente, amico mio, nient’affatto. Purché mi riesca trastullarti alquanto, e metterti a parte dei frutti di quell’esperienza, che alla tua età non puoi avere, io mi terrò per abbastanza pagato. Su dunque! Qui si da spettacolo gratis et amore. Ecco la lanterna, avvicinati, metti l’occhio alla lente…. Che vedi? – Vedo … vedo …  una stanza quadra, spaziosa, con intorno degli scaffali pieni di carte, e nei quattro angoli, quattro scrittoi. A tre di essi vede seduti dei giovani … tre … quattro … sette. Per un poco scrivono in silenzio; poi uno si alza, getta via la penna, si caccia le mani nella zazzera e: – Maledetto mestiere! … Anche gli altri al suo esempio si levano, chi si stira, chi sbadiglia, chi s’accende un sigaro, chi canta, chi suona il tamburo colle dita sui vetri della finestra … Altri fanno a pallottole di carta … due si mettono a giocare … Ma chi sono costoro?- Un momento. Guarda ancora: che vedi? – Oh! In batter d’occhio tutti a posto. Tutti tranquilli, cogli occhi fissi sulla carta, che menano la penna … Ma che è stato? – Guarda a quella porta … – Ah ecco, sì, da quella porta vedo entrare un uomo … – Basta, hai visto abbastanza, or bada a me. Quei giovan i sono impiegati del Ministero; quell’uomo è il capufficio … Ah ridi, neh? … – Già gli è rispetto del superiore … C’è egli poi un gran male? Anch’io alla scuola, se il maestro volta l’occhio, o per poco s’allontana… – Male, male, figliol mio: tu servi all’occhio, ad oculorum servientes, come dice S. Paolo, servi all’umano rispetto. Se appena manca l’occhio dell’uomo, intralasci il dovere, permetti, mio buon giovane, che tel dica; tu se’ già mezzo schiavo della brutta bestia…. m’intendi?… Tienti dunque a mente un ricordo: col cessar la sorveglianza il dovere non cessa; e se l’occhio dell’uomo talvolta si chiude, sta sempre aperto quello di Dio. Hai capito?… Or bene, torna a guardare … Che vedi? – Una cappella … l’altare parato a festa … candele accese… da unorta laterale esce un vecchio mitrato in sacri paramenti… con gran corteggio … È il Papa, son Cardinali; li conosco alla veste rossa che portano … s’accostano, si schierano davanti all’altare, il Papa si segna, comincia la Messa … — Si, bravo, hai bene riconosciuto i personaggi… Ma ora guarda un poco più in là verso la balaustrata… — Oh quanti signori vestiti in nero! Che serietà! che barboni! Che picchiar di petti, che compunzione! Quando si dice devoto femmineo sesso! Quì son tutti uomini, e donne … neppur una! — Passi la riflessione; ma guarda ancora. – Ecco, il Papa si volta, ha la sacra pisside in mano, mostra l’Ostia Santa, poi va a loro, li comunica ….. – Basta, hai visto; or senti me. Quegli uomini tanto devoti, sono i graziati dal Papa: li ha richiamati dall’esilio, ha aperto le loro carceri, li ha ridonati alla patria e alla famiglia … Ora prendono la comunione dalle sue mani. Passeranno pochi giorni e gli grideranno la morte. – Scellerati, sacrileghi! Chi son costoro? – L’imparerai a suo tempo, fanciullo mio. Ora va avanti, torna a guardare: che vedi? – Una contrada di notte … e c’è un fanale, e alla pallida luce che manda, due figure sinistre, ravvolte in ampi mantelli … Ecco, s’abboccano, si stringono la mano di sotto i mantelli … Uno è un giovanotto pallido di primo pelo, l’altro un barbone con du’ occhi sinistri … ha qualcosa che luccica in mano: pare … no … sì, un pugnale. Lo porge al giovane, il giovane lo brandisce, lo bacia, l’alza al cielo, e squassando la chioma, si dilegua fra l’ombre….. Che vuol dire questo? – Torna a guardare, or ora lo saprai. – Oh, oh! Una sala dorata, un andito a colonne … Ma lì, dietro a una colonna c’è uno, un giovane rannicchiato … Che fa? – Fissalo bene in volto. Nol conosci? – Ah, si, proprio lui: quel giovane  che poco fa riceveva il pugnale da colui …  e di fatto nel pugno stretto luccica la lama … Oh me! Costui macchina un delitto di sangue … – Oh via, non ti spaventare. T’assicuro che sangue non ne vedrai. È un vile costui, che dall’umano rispetto lasciossi trascinare alle società segrete, ora per rispetto umano s’atteggia di Bruto… egli è bruto, sì, ma nel senso comune della parola … Su via! Torna, giovane mio, torna a guardare; vedrai un uomo di alta statura … – Si, sì; oh come è lungo, magro …Ha volto pallido, guardo severo … è vestito alla militare, circondato di militari e d’altri … pare un re … – E poi? – Attraversa il salone, entra in quell’andito delle colonne, proprio là dove s’apposta l’assassino … Oh disgraziato d’un re! … – N on temere, dico, non temere di nulla; torna a guardare. Ebbene? – Il re è passato, e colui fugge, pur stringendo il pugnale … – È rosso forse? – No; anzi e’ par più terso e luccicante di prima. – E non te l’aveva detto, che sangue non ne vedrai. Ah la mia lanterna magica! so ben io quel che c’è dentro!… Pure anche qualche scena di sangue potrei fartela vedere: Ma perché avrei a spaventarti, povero giovane? … – Che spaventarmi, ? non sono così di cuore io. Eppoi, se si tratta di farmi un uomo … lasciatemi vedere, lasciatemi vedere ancora! – E tu vedi ancora. Ebbene? – Un bosco … là sul verde spazzo, sotto quella fila di pioppi, accanto a quel canale, due … Uno è un giovinetto biondo, delicato, che mette appena le prime caluggini. È pare smarrito e come fuor di sé … l’altro un barbuto, con cert’aria beffarda … O me! Traggon le spade, di battono, si battono come demoni … tic tac, tic tac … Ahi! Povero giovinetto … vacilla, cade … l’erba è rossa del suo sangue…- Bata, bast: non guardar pià. La vista delle sue crudeli agonie ti darebbe al cuore troppo tristezza … Odi me, invece … Quel giovinetto è di buona famiglia, ben educato, ha padre, madre, sorelle che l’amano. Nata rissa in un caffè tra lui e quel vil barbuto con cui non avrebbe mai dovuto affiatarsi, fu sfidato a duello … Il giovine sapeva il dover suo, ma il rispetto umano lo costrinse ad accettare. Ora è là cadavere insanguinato, e sua madre a stracciarsi i capelli e urlare da forsennata …- Ma via, cacciamo questi trucipensieri:e a trar qualche frutto da quanto hai veduto fa tuo conto che sta dall’alto al basso, dai grandi ai piccoli, dai popoli ai re, così va il mondo. L’umano rispetto, la viltà sua figliuola, e sua madre la paura, comandano a bacchetta, comandano a tutti. – Ma a me no, a me no in eterno! – Bravo giovinotto! Questa sdegnosa protesta mi piace. Ma bada! L’umano rispetto è tal bestia, che torna facile bravarla lontana … Man mano poi che s’appressa, la ti mostra certi unghioni, che anche i forti talvolta ne hanno paura. Sai che mi fa sovvenire la tua nobile protesta? Mi fa sovvenire s. Pietro, il quale al Salvatore, che prediceva la viltà dei discepoli suoi: – t’abbandonino tutti (protestava), non io t’abbandonerò, pronto, se fia d’uopo, a dar vita per te. – E poco dopo le generose promesse, non solo fuggiva come gli altri, ma per rispetto d’una vile fantesca e di pochi soldatacci, rinnegava tre volte il Maestro. – Gli è perciò che mi permetterete, o cari giovani, di prolungare ancora un poco la mia conversazione con voi, foss’anche a costo di annoiarvi un tantino; e lasciata da parte la lanterna magica, che, a dir vero, mostra certe cose un po’ troppo al naturale, ripigli così alla buona il mio ragionare, sempre nell’intento di aggiungervi forza a combattere e vincere e calpestare co’ vostri piedi la mala bestia che è soggetto dei nostri discorsi.     

X.

CHE COS’È IL MONDO.

Si resiste, si contraddice alla ragione, ma non si resiste, non s’osa contraddire allo scherno. Put troppo è un fatto; è l’indole del secolo nostro che va a ritroso pur gridando: viva il progresso! – Dite all’uomo ragionevole che la coscienza non ha ad essere una schiava, che la fa schiava di chi la sacrifica all’umano rispetto; vi darà tutte le ragioni di questo mondo. Ma la ragione che v’ha data a parole, ve la torrà ai fatti, tostoché l’operare da uomo libero e indipendente l’esponga all’altrui scherno.  Lo scherno!… Ma chi è che vi schernisce? Se l’operar vostro è conforme a ragione, chi vi schernisce non può essere che irragionevole. E irragionevole, sapete che vuol dire? Vuol dire, o bestia o pazzo. E voi averne paura? e voi rispettate le bestie ed i pazzi? E alle bestie e ai pazzi sacrificar la coscienza? … andate là che siete un bell’uomo! uomo di carta … anzi no: bisogna dire di peggio; bisogna dire, uomo di fango. E cosa davvero che fa tremare, veder la virtù andarne timida a capo chino, e cerca gli angoli da nascondersi; e il vizio, il vizio invece avanzarsi a fronte levata e farsi largo e dire; son io; lasciatemi passare. Ma questa vittoria al vizio non bisogna lasciarla, no, non bisogna lasciarla; o almeno, se ha da averla, non deve averla né allegra né intera. – ci bravano e ci burlano perché facciamo il bene, perché obbediamo a Dio, perché la nostra coscienza non la vendiamo a nessuno. Ebbene, noi a più forte ragione, burliamoci di loro. E chi son essi da averne paura? son le teste vuote, sono i cuori corrotti, sono i deboli, i vigliacchi, che ci deridono, perché non vogliamo farci vigliacchi al par loro. Non avendo dalla loro la forza morale, e sola rispettabile, della ragione e della virtù, vorrebbero almeno aver quella materiale del numero, e ci tendono la mano, c’invitano, ci allettano in più guise; poi, quando vedono che non vogliamo andare alle buone, tentano atterrirci, spaventarci alle brusche, a furia di risate e di scherni. E noi?… –  No, disgraziati; questa vittoria non l’avrete. Dileggiateci, scherniteci, a vostra posta … i vostri scherni ci fanno pietà. – Così è, cari giovani e così dev’essere. Io non dico (intendiamoci chiaro) non dico, che l’uomo abbia ad essere insensibile agli scherni dei tristi, ma dice che questi scherni, s’egli è uomo davvero, devono destargli in cuore, non paura, ma una santaindignazione: dico, che quand’uno nel fare il bene, si sente tentato di vergogna, deve subito pensare: chi è che mi condanna? – Suol dirsi, il mondo. A proposito di questa esagerazione dei  paurosi, mi ricordo aver udito n giorno un certo bell’umor di predicatore (era un buon frate francescano) il quale la discorreva, press’a poco, in questa forma: – Voi mi parlate del mondo: il mondo osserva, il mondo critica, il mondo ride. Io invece vi parlerò un poco, se il permettete, della vostra paura; e vi dirò innanzi tutto che la paura ha questo di proprio, che esagera in ogni cosa, fa d’un granello un monte, d’un moscerino un liofante. Volete vederlo ai fatti? Il mondo è un pianeta di 6886 miglia di diametro, sulla cui seperfice vivono mille e più milioni di creature simili a voi, distribuite e sparse tra certi gran paesi detti appunto le parti del mondo; e sono, tutti sanno, l’Asia, l’Africa, l’America, l’Oceania e l’Europa. – Ciò posto vediamo un poco, uditori miei, a che si riduce nel caso nostro codesto mondo, che colle sue risa vi fa tanto paura. L’Asia comprende 753 milioni di abitanti, che non solo non vi deridono, ma non sanno nulla né di voi, né di me, neppure se esistiamo. Dunque da codesto vostro mondo incominceremo a tor via la parte più estesa, che appunto è l’Asia. Passiamo in Africa ora. L’Africa conta, presso a poco, un 192 milioni d’abitanti, e questi di voi o di me ne sanno quanto que’ primi. Leviam dunque via anche l’Africa. Saltiamo in America. È un salto un po’ lungo, neh! Ché tra essa e noi c’è un mare, un mare! … che ci volle tutto l’ardimento e il genio di Colombo a valicarlo pel primo. Oh pensate dunque, se così da lontano gli abitanti di quel paese che si calcolano ad 84 milioni, vogliono darsi pena de’ fatti nostri! e togliam via dunque anche l’America. L’Oceania, un formicaio d’isole perdute là in fondo dell’Oceano Australe, non arriva a due milioni, che si danno tanto pensiero di voi, come voi ne date di loro. Dunque scartiamo anche l’Oceania. Che ci resta ancora del mondo? Ci resta l’Europa, che materialmente è la parte più piccola e comprende 300 milioni di abitanti. – Ecco pertanto il mondo, questo gran pianeta terraqueo, che v’incuteva tanta paura, ridotto ad una piccolissima parte, alla più piccola delle cinque. È dunque l’Europa che vi da fastidio? … E via, parliamo un poco dell’Europa. Fratelli, l’Europa ci guarda! Ci gridavano pochi anni fa gli arruffapopolo: ma il fatto è che l’Europa non ci guardava un cavolo, e chi ha senno se la rideva sottecchi, e diceva: Smargiassate!… Or bene, gli smargiassi sareste voi, se vi deste ad intendere che l’Europa tutta s’interessi de’ fatti vostri. A che lo ridurrete dunque questo mondo benedetto? All’Italia? Ma la è ancor tanto grande l’Italia!… Oh via finiamola! siate di buona fede, non vi lasciate corbellare da monna paura, e… confessatelo: tutto il mondo si riduce per voi alla vostra piccola città, al vostro povero villaggio. E anche nella città vostra o nel vostro villaggio, quali e quanti sono gli schernitori che vi dan noia? Continueremo a procedere per esclusione, che è il vero metodo per ridurre le cose al lor giusto valore, e troncar ali a quella pazza della fantasia. Nel vostro villaggio, o città che sia, dovrete confessare innanzi tutto che la maggior parte non vi conoscono o non si curano di voi. Tra quelli poi che han la fortuna di conoscervi quanti saranno? cinquanta? Cento persone ? incominciate a levar via le donne, i fanciulli; e i vecchi. Il bambino è innocente, la donna è pia per natura; e il vecchio. .. Il vecchio la voglia di ridere l’ha perduta, e se rise un tempo; ora che è a quattro dita dal sepolcro, vorrebbe non aver riso. Ma. quanti sono. Dunque cotesti vostri schernitori?… Un otto, un dieci persone?… Ah ecco dunque il mondo ridotto ad otto o dieci persone. E che persone! Giovinastri, capi scarichi, gente data all’ozio, ai vizi… Oh vedete dunque, uditori miei belli, se non avevo ragione di dirvi, che la paura vi mette le traveggole, che la fantasia vi fa gabbo, che l’umano rispetto è uno spauracchio da bambini!… E tirava giù, tirava giù, che era un piacere a sentirlo. Ma io ve la tronco per far presto, e mi contento d’aggiungere una piccola riflessione. Un poeta antico dice del vero savio che: quand’anche tutto il mondo n’andasse in pezzi, e gli rovinasse sulle spalle ei punto ne piglierebbe paura: si fructus illabatur orbis, impavidum ferient ruinæ; or noi, coll’aiuto diquel buon frate, abbiamo analizzato, diviso, frantumato il mondo, e abbiam visto che di tutte le sue rovine e i suoi frantumi non potrà toccarci tutt’al più che qualche sassolino, anzi pochi granelli di sabbia. O sarem savi noi ad aver paura di sì poca cosa ?…

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (6)