LA GRAZIA E LA GLORIA (58)

LA GRAZIA E LA GLORIA (58)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

II.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

LIBRO XI

IL CARATTERE SOPRANNATURALE E GRATUITO DEI DONI FATTI DA DIO AI SUOI FIGLI. – UN’ULTIMA PAROLA SULL’ECCELLENZA DELLA GRAZIA E DELLA GLORIA.

CAPITOLO II

Come i doni di grazia e di gloria, ricevuti nell’anima, realizzino pienamente la nozione del soprannaturale. Qual è il soprannaturale per i corpi glorificati degli eletti?

1. – Con l’aiuto delle nozioni generali stabilite nel capitolo precedente, sarà facile mostrare quanto i doni dati da Dio ai suoi figli adottivi siano soprannaturali e liberi, non solo come modalità, ma anche come sostanza. Mi dispiace passare oltre la rassegna della magnifica raccolta di testimonianze che provano questo doppio carattere dei benefici che Dio ci concede per i meriti di Gesù Cristo, suo Figlio e nostro Salvatore. Si trovano ad ogni passo di questo lavoro e presto avremo occasione di segnalarne alcuni di grande importanza. È meglio studiare questi doni in sé, per far emergere fino a che punto si realizzi in essi la vera idea di soprannaturale e di gratuità. – « La visione beatifica, nel genere della causalità finale, è come la radice primaria di tutto l’ordine della grazia e di tutti i doni soprannaturali (« Visio beatifica in genere finis est quasi prima radix totius ordinis gratiæ omniumque supernaturalium donorum ». Suarez, de Deo, Tract. L. II, c. 9, n. 1 ». Questa è l’osservazione di Suarez; e questo grande teologo conclude giustamente che, se il carattere assolutamente soprannaturale di questa visione sia stato dimostrato una volta, si è provato allo stesso modo che tutti gli altri doni che essa presuppone e rivendica come sue proprietà siano anch’essi un prodotto non della natura ma della grazia. Ecco perché i teologi scolastici si sono impegnati così tanto per mettere in evidenza questo dogma. Essi sapevano che il principio fondamentale della dottrina cattolica sul destino soprannaturale della creatura ragionevole e sulle qualità o i mezzi che ci preparano a questo destino è la natura stessa del termine ultimo verso cui tutte le cose convergono, da cui tutte le cose sono determinate, a cui tutte le cose devono essere proporzionate. Se, dunque, la visione beata è totalmente al di là dei poteri, delle capacità e delle esigenze della natura, la grazia santificante, le virtù infuse e le operazioni che costituiscono i nostri diritti al possesso di questo fine ultimo, l’intero ordine della grazia e della gloria debba essere ritenuto soprannaturale e gratuito nella sua essenza, senza la necessità di provare ciascuna di questi benefici in particolare. – Questa dimostrazione, necessaria e fruttuosa, è già stata fatta. Non abbiamo forse stabilito che la visione beatifica è un’operazione il cui principio non si trova in nessuna intelligenza creata, se non tanto che non partecipi alla natura stessa di Dio? (Cf. T. I. Lib. II, c. 2.) Non abbiamo forse già dimostrato che questa stessa visione, oltre alla grazia santificante che ci rende partecipi dell’essere divino, esiga una luce superiore, « la luce della gloria » e l’unione più intima della forma ideale che è unicamente di Dio, poiché è la sua essenza (Cf. T. II, Lib. IX, c. 3.)? In vero, ciò che è difficile da dimostrare non è tanto la soprannaturalità assoluta, quanto la possibilità stessa della visione intuitiva. La ragione, finché è illuminata solo dai suoi principii, è totalmente impotente a stabilire questa possibilità; tutto ciò che può fare, purché non sia traviata da false luci, è convincere della sua debolezza qualsiasi ragionamento che tenda a dimostrare l’impossibilità del dogma cattolico. – Ora, poiché non solo per la natura umana, ma anche per ogni natura che non sia quella di Dio, esiste una radicale impotenza a vedere Dio faccia a faccia, è evidente che la visione beatifica sia soprannaturale nella pienezza che si addice a questa parola, cioè per quanto riguarda la sostanza. Come potrebbe, infatti, la natura richiedere una percezione della vita così assolutamente superiore a quella che risponde alle sue stesse operazioni? Si potrebbe allora anche dire che la pianta possa aspirare agli atti della vita sensibile e l’animale all’esercizio della ragione. – Direte che, se la creatura ragionante non possa arrivare con le sue forze native alla contemplazione dell’essenza divina, abbia essa diritto alla luce supplementare che è indispensabile per raggiungerla? Si tratterebbe di uno strano fraintendimento della nozione di natura, perché i requisiti o, se volete, i diritti della natura non vanno oltre le condizioni necessarie perché essa raggiunga il pieno sviluppo della propria attività. Un’integrazione della forza vitale che la porti in un ordine di attività incomparabilmente superiore alla sua sfera, diciamo nell’ordine dell’attività divina, non può mai essere chiamata naturale, a meno che non si intenda con questa parola una qualsiasi perfezione della natura. Ma, non dimentichiamolo, in quest’ultima accezione il naturale al suo apice non è altro che il soprannaturale. – La visione beatifica è dunque essenzialmente soprannaturale; e di conseguenza soprannaturali devono essere anche la grazia santificante, le virtù infuse, i doni dello Spirito, la luce della gloria ed i meriti dei giusti: perché tutti questi favori della munificenza divina sono tenuti insieme e legati a formare un unico e medesimo ordine, di cui l’intuizione beata è la ragion d’essere ed il vertice.

2. – Ma non è solo l’anima ad essere chiamata ed a godere della beatitudine. L’uomo esteriore, l’uomo corporeo, ha la sua parte nell’eredità del cielo, e quanto è ricca e magnifica questa parte! I doni che costituiscono questa beatitudine devono essere chiamati soprannaturali; e se lo sono, a quale idea di soprannaturale devono essere collegati? Si tratta di un problema complicato, sul quale è abbastanza facile trovare soluzioni divergenti, almeno per quanto riguarda il modo in cui vengono espresse. – Cominciamo col dare una soluzione assolutamente inoppugnabile. Tutti i privilegi che abbiamo ammirato nella parte corporea e sensibile degli eletti di Dio sono soprannaturali, non solo per quanto riguarda il modo di produzione, ma anche in sé e nella loro sostanza. Sono, dico io, soprannaturali; per quanto riguarda il modo, non è necessario dimostrare la cosa. Infatti, il principio di tali doni gloriosi non è nella natura, poiché è Dio che li produce da sé, e non c’è nessuna disposizione positiva nella natura umana che richieda la sua azione. Inoltre, il fine a cui sono ordinati è anch’esso soprannaturale: è in vista dell’anima glorificata che Dio li dona. Soprannaturali come modalità, sono anche soprannaturali come sostanza nella loro stessa realtà, poiché superano sia le forze che le pretese della natura. Anche se si vedesse nella natura umana un certo diritto alla riunione dei suoi elementi sostanziali, separati dalla morte, ci sarebbe comunque un abisso tra la semplice ricostituzione, anche permanente, della natura umana e la glorificazione corporale degli eletti. Infatti, non è nei principi naturali del nostro essere che dobbiamo cercare il requisito di tali meravigliose qualità, ma solo nello splendore soprannaturale dell’anima ammessa alla visione di Dio. – Le sentenze dogmatiche della Chiesa ci danno una prova dimostrativa del carattere soprannaturale dei privilegi che Dio riserva ai corpi dei suoi eletti. Non è questa la sede per intraprendere uno studio dettagliato dello stato della giustizia originale, e nemmeno dei doni peculiari che tale stato comportava per il corpo, se l’uomo fosse rimasto stabile nella sua fedeltà. Ci basti sapere che questi doni fossero, in fondo, solo una pallida immagine delle proprietà della gloria. Infatti, per parlare qui solo di immortalità, quella del nostro primo padre gli dava il potere di non morire; e la beata immortalità omette persino la possibilità di morire. Ora, la Santa Chiesa, tra gli altri errori, ha condannato in Bajo una proposizione che faceva dell’immortalità di Adamo non un beneficio della grazia, ma la normale condizione della natura (« Immortalitas primi hominis non erat gratiæ beneficium, sed naturalis conditio ». Prop. 78). Più in generale, essa ha riprovato quell’altra proposizione in cui il novatore affermava che « Dio non avrebbe potuto, in principio, creare l’uomo così come nasce ora » (Prop. 55), cioè passibile, mortale e soggetto alle rivolte della carne contro lo spirito. Ora, vi chiedo, se questi doni primordiali, dati alla nostra natura, sono di ordine soprannaturale e delle grazie propriamente dette, quali saranno allora i privilegi incomparabilmente superiori dell’uomo restaurato in Cristo e consumato su questo modello divino? – Ma si presenta un nuovo problema da risolvere. Se le perfezioni corporee dei beati sono assolutamente ed in ogni modo soprannaturali, come possono i teologi collocarle, da questo punto di vista, così al di sotto della visione beatifica e della grazia santificante, tanto da usare parole diverse per esprimere il carattere soprannaturale delle une e delle altre? Senza addentrarci in considerazioni che ci porterebbero troppo lontano dal nostro tema, diciamo innanzitutto che nessuno di questi teologi contesta il doppio elemento che costituisce il soprannaturale perfetto, poiché lo ritengono soprannaturale nella sua causa e nel suo termine, cioè nella sua realtà fisica. – Tuttavia, è proprio perché, anche dal punto di vista soprannaturale, essi li distinguono dalla grazia e dalla gloria, privilegio proprio dell’anima. Poiché la grazia e la gloria elevano la natura all’essere divino; attraverso di esse la creatura ragionevole diventa partecipe della vita stessa di Dio: ciò che Egli vede, essa lo vede; ciò che Egli ama, essa lo ama; essa lo vede, io dico, e lo ama, come Egli si vede ed ama se stesso. Non è così che il corpo partecipa alle perfezioni di Dio. Il movimento della vita divina non vi discende per riprodurlo nel suo essere o nelle sue operazioni. Per quanto possa essere elevato al di sopra dei limiti assegnati dalla natura agli esseri corporei, il corpo glorificato non si perde, come l’anima, nelle profondità di Dio. È vero che la sua vita riceve un grado di perfezione superiore a tutto ciò che la natura possa dare; ma questo non lo fa assurgere al possesso di una vita superiore a quella sensibile. È quindi giusto e doveroso negargli il soprannaturalismo specifico che si addice all’anima. – Per questo motivo i teologi hanno cercato di dare nomi diversi a questi due aspetti del soprannaturale propriamente detto. Per gli uni, il soprannaturale che risplende sia nella visione di Dio, sia nei doni celesti ordinati dalla loro natura a questa visione beatifica, è il soprannaturale per eccellenza; per altri, quello che non ordina direttamente la creatura alla vita divina, sia che si tratti di una perfezione dell’anima sia dell’elemento organico e materiale del nostro essere, è il preternaturale. – Al posto di questa terminologia recente, altri usano una formula che non lo è di meno. La prima forma di soprannaturale sarebbe il soprannaturale assoluto; la seconda, quella che risponde al preternaturale, cioè il soprannaturale relativo. Il motivo dell’uso di questi due nomi opposti è che l’ordine soprannaturale, la cui chiave di volta è la visione di Dio, supera assolutamente i poteri nativi e le esigenze non solo della natura umana o angelica, ma di qualsiasi altra natura che non sia quella di Dio. Al contrario, i doni così liberalmente elargiti al primo uomo, oltre alla grazia santificante, l’esenzione dalla morte, dal dolore, dalla concupiscenza e dall’errore; allo stesso modo, i privilegi ancora più magnifici che noi speriamo per i nostri corpi risorti, per quanto gratuiti in sé per la natura umana, non la elevano al di sopra di tutta la natura creata. In effetti, li troviamo nella natura angelica, anche se li possiede in un’altra forma ed in un grado sovreminente. Di là questa applicazione fatta all’uomo, ancora innocente, delle parole del Salmo ottavo: « Lo hai posto un po’ più in basso degli Angeli e lo hai coronato di onore e di gloria » (Sal. VIII, 6). E quest’altro, che riguarda gli uomini glorificati: « Saranno come gli Angeli di Dio nel cielo » (Mt XXII, 30). – C’è ancora una terza formula di cui dobbiamo dire almeno qualche parola. L’elevazione dell’anima all’ordine della grazia e della gloria sarebbe il soprannaturale semplicemente detto; la trasfigurazione del corpo che l’accompagna sarebbe anch’esso il soprannaturale, ma con una restrizione secundum quid (è importante capire la distinzione tra il soprannaturale propriamente detto ed il miracoloso. Tralasciando ogni altro punto di vista, considereremo solo quello del soprannaturale. Nel Soprannaturale propriamente detto, la natura non ne è né la causa né l’effetto. Ad esempio, nella giustificazione di un peccatore, la causa che produce la grazia e la grazia prodotta sono ugualmente soprannaturali. Prendiamo, al contrario, un fatto miracoloso, come la guarigione improvvisa di un cieco nato. L’effetto è di per sé naturale, perché la vista è una perfezione propria della natura umana. Ciò che è soprannaturale è solo l’azione che ripristina o guarisce l’organo, poiché le leggi della natura non richiedono che l’organismo sia ripristinato nella sua integrità con questo mezzo. San Tommaso diceva in questo senso: « Tra i movimenti o le azioni di cui la natura è il soggetto, ve ne sono alcuni di cui la natura non è né il principio né il termine…; in altri, il principio e il termine sono nella natura…; in altri ancora, la natura è il termine ma non il principio. » – S. Thom, Supplem. q. 75, a 3). – Ma, quali che siano le formule utilizzate per caratterizzare i doni soprannaturali dei corpi glorificati, guardiamoci bene dal considerare questi doni come separati da quelli più elevati che sono prerogativa esclusiva dell’anima. Anche quando essi parlano delle prerogative dello stato primitivo, i teologi e i Padri le collegano in gran parte all’influsso dell’anima spirituale: sono per loro il risultato di una virtù soprannaturale di cui è stata investita dal suo Autore divino. (« Incorruptio et immortalitas corporis Adæ principaliter veniebat ab anima, sicut à continente et influente; à corporis bona et æquali complexione, sicut à disponente et suscipiente; à ligno autem vitæ sicut a vegetante et admininiculante; a regimine vero divinæ providentiæ sicut interius conservante et exterius protegente. » – S. Bonav, Breviloq., L. ll, c. 10; coll. S. Thom. de Malo, q. 5, a. 5, ad 9 et 11; S. August, de Gen. ad litt. L. XI, c. 31 ecc.). È soprattutto la glorificazione finale del corpo che essi collegano alla beatitudine dell’anima, consumata nella visione. « Dio –  dice Sant’Agostino – ha fatto l’anima di una natura così potente, che dalla piena beatitudine promessa ai Santi, fluisce sulla natura inferiore che è il corpo, non la beatitudine propria dell’intelligenza, ma la pienezza della salute e il vigore dell’incorruzione » (S. August. Ep. 118, ad Dioscor., n. 14). – Così le perfezioni del corpo glorificato non hanno solo l’anima beata come causa finale, ma anche, in una certa misura, come radice e fonte. La proprietà della grazia consummata è quella di perfezionare nel seno dell’anima la dimora dello Spirito Santo, iniziata nella vita presente. Ora, questo Spirito divino non si ferma al vertice dell’anima. La natura umana in tutte le sue parti è il tempio, di cui lo Spirito è il santuario (1 Cor. VI, 19). È necessario che lo Spirito di Dio, prima unito alla sostanza dell’anima per grazia, dopo aver fatto un palazzo degno della Maestà che vi abita, porti la sua operazione onnipotente sulle nostre membra, quest’altra parte del tempio, per appropriarsene trasfigurandole. « Se dunque – scrive san Paolo – lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti vivificherà anche i nostri corpi mortali a causa del suo Spirito che abita in voi » (Rm VIII, 11). – Lo Spirito Santo abita nei beati per la grazia e trasfigura i corpi dopo aver glorificato le anime; l’anima, trasformata dalla gloria, riceve dallo Spirito Santo una Virtù che trasfigura il corpo e lo spiritualizza a sua immagine. Come conciliare queste due affermazioni, entrambe basate sull’autorità dei Padri e dei Dottori? Diciamo, senza entrare in ulteriori dettagli, che in questa trasfigurazione del corpo e questa glorificazione del tempio materiale, lo Spirito Santo è l’unica causa principale e l’anima il suo strumento ed il suo organo. Ma, ammiriamo innanzitutto quanto siano stretti i legami che uniscono tra loro i doni soprannaturali concessi alla natura glorificata; poiché la gloria del corpo è il riflesso ed il flusso della gloria che risplende sulla sommità dello spirito, illuminata dagli splendori di Dio (cfr. T. II, L. X, c. 3.).

LA GRAZIA E LA GLORIA (59)