IL SACRO CUORE DI GESÙ (60)

IL SACRO CUORE DI GESÙ(59)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SETTIMO

DALLA MORTE DI MARGHERITA MARIA AI NOSTRI GIORNI

I. – DAL 1690 AL 1725

La morte di Margherita Maria, grazie, in gran parte, al libro del P. Croiset, non fece che dare un nuovo slancio alla divozione. Il libro ebbe una diffusione prodigiosa; se ne fecero edizioni ed adattamenti in parecchie città di Francia; fu tradotto in diverse lingue. Dappertutto esso accendeva il fuoco sacro facendo conoscere, con il valore e l’unità della divozione, le sue origini celesti. – L’apostolato vivente faceva ancora di più. In ogni luogo ove era un monastero della Visitazione o un collegio di Gesuiti, si trovava qualche anima ardente per propagarla. Non era sempre senza difficoltà. Perché, se la divozione provocava l’entusiasmo, trovava anche delle opposizioni. Si vede dagli scritti del P. Galliffet, e ciò si sarebbe potuto indovinare, che, come d’ordinario, bisogna distinguere due o tre momenti nel progresso della divozione. Appena essa appare, alcune anime se ne innamorano: attrattiva della grazia, affinità naturale, entusiasmo di novità. È come polvere che s’incendia. – Ma ecco l’opposizione; essa nasce appunto dal successo medesimo; l’entusiasmo degli uni provoca la resistenza degli altri. È il momento delle divisioni delle dispute, delle critiche. Interviene l’autorità, per ristabilire la pace. Conservatrice per dovere, come per istinto, essa reprime gli slanci troppo vivi, le iniziative troppo brusche. Poi essa impone silenzio ai partiti. Le anime docili fanno silenzio. Ma quando il movimento viene da Dio, questa stessa docilità ne assicura il trionfo, mentre gli indocili e i fanatici mormorano forse, ed abbandonano quasi subito la causa che hanno compromessa con i loro eccessi e con la loro indiscrezione; gli altri più seri e più soprannaturali, la liberano di tutto ciò che poteva mescolarvisi di umano e di naturale; pregano, attendono, agiscono discretamente, sotto lo sguardo e con l’approvazione dell’autorità. Il movimento riprende a poco a poco, più profondo, senza rumore, senza urti. Fra gli oppositori i migliori riflettono, esaminano; sotto l’azione della grazia i pregiudizi, si mostra la verità; ed eccoli conquistati; essi saranno forse un giorno ardenti zelatori. – Noi abbiamo visto che tale fu la storia della divozione a Paray. Tale essa fu in molti monasteri della Vistazione; tale nei collegi della Compagnia di Gesù; tale quasi in ogni luogo dove si propagava la nuova divozione. Questa prima opposizione non era, di sua natura, un’opposizione giansenista. Ma vi si mescolarono qua e là influenze gianseniste che servirono a renderla più ostinata ed amara. Non è dei primissimi tempi che parla il P. Galliffet; ma si può dire con lui che « la persecuzione fu forte ». « Si arrivò, continua egli, a riguardare quelli che volevano praticare o stabilire questa festa, come una specie di setta, capace di turbare la Chiesa. Tutto, fino il nome della divozione, divenne odioso. Non si poteva nominare il cuore di Gesù, senza offendere certi spiriti ». I Cristiani istruiti e pii arrivarono presto ad apprezzamenti più giusti: « La verità, dice ancora il P. Galliffet, si faceva strada a poco a poco, i pregiudizî si dissipavano, gli spiriti si rialzavano, calmandosi in modo che, in pochi anni, si videro persone di tutte le condizioni e di tutti i caratteri abbracciare la nuova divozione e trovarvi la loro consolazione ». Egli aggiunge che essa « s’introdusse soprattutto nei conventi ». É ciò si comprende facilmente. È sempre stata la divozione degli eletti! – Ma fu obbligata a conquistare le anime una ad una. Anche la Visitazione, come corpo, e la Compagnia di Gesù, furono ben lungi dal lasciarsi conquistare ciecamente, alla prima, dalla nuova divozione. Vi furono perfino condanne dell’autorità, destinate a far riflettere i temerari e gli innovatori. Da Annecy, dalla « Sorgente santa ». partiva il 1 novembre 1693 una circolare che spiegava perché si era alieni da « quelle pratiche così singolari, che sono state introdotte da poco, per onorare il sacro Cuore di Gesù ». Non rigettavano la divozione, lo dicevano chiaramente: « Per questo, noi non vogliamo avere meno rispettoso culto per il sacro Cuore; noi lo consideriamo come il centro di tutti i nostri desiderî e la mèta di tutti i nostri voti ». Ciò che si respinge sono le pratiche nuove, contro le quali i santi fondatori avevano messo tanto in guardia. Ma la parola rimase dura. D’altra parte Annecy riceverà presto la Madre Greyfié, la sceglierà per superiora, e imparerà da lei ad apprezzare meglio la nuova divozione. – Cose analoghe nella Compagnia di Gesù. I profani  s’immaginano, talvolta, che una divozione reclamata dalle visioni e dalle rivelazioni di una religiosa, è sicura di trovar credito in questo mondo di predicatori, di confessori, di teologi… Si conoscono molto malel… Il P. Croiset e i suoi amici, pur essendo così prudenti, apparvero ad alcuni eccessivi e troppo crudeli. La cosa arrivò fino al P. Thyrse Gonzales, allora Generale della Compagnia. Egli non era certo disposto alle novità. Tuttavia non condannò la divozione; ma temeva che il P. Croiset non si fosse « volto ad opinioni singolari ». Gli si spiegò che non era così; egli rispose guardandosi dal biasimare la divozione, ma senza volerla incoraggiare e sopprimendo le pratiche contrarie agli usi. Ciò avveniva nel 1695. La Compagnia, per intero, non doveva fare atto di divozione al sacro Cuore che al tempo di Lorenzo Ricci, quando piombando su essa le disgrazie da tutte le parti, essa non aveva più speranza che nel sacro Cuore. – Frattanto, le confraternite si moltiplicavano, le pratiche principali erano adottate; si costruivano cappelle, si dedicavano altari; i predicatori parlavano. In pochi anni la devozione fu conosciuta da tutta la Francia, conosciuta nel Canada e fin nell’Estremo Oriente. Alcuni santi preti se ne facevano i propagatori zelanti. Abbiamo già parlato di Boudon. Un po’ più tardi, nel 1711, Simone Gourdan, il pio e sapiente canonico di San Vittore, ne faceva l’elogio in una consultazione celebre, in cui egli la mostrava come « la più antica, la più autorizzata, la più perfetta, la più utile, la più gradita da nostro Signore, di tutte le divozioni ». Alcune congregazioni religiose le spalancarono le loro porte. Le Benedettine del SS. Sacramento, furono preparate dal P. Eudes; così pure alcuni conventi di Benedettine e di Orsoline; le Certosine lo erano dalle mistiche del loro Ordine. Forse sono i Certosini che per i primi hanno adottato, quasi ufficialmente, la nuova divozione, Verso il 1692 alcune monache di questo ordine, domandavano al loro Superiore generale, don Innocente Le Masson, se potevano adottare le pratiche proposte in un piccolo libro della devozione al sacro Cuore: il ritrovo quotidiano in quel divin Cuore, alcune preghiere speciali, una consacrazione, un’ammenda onorevole, una specie di festa riparatrice in onore del sacro Cuore nel venerdì dopo l’ottava del SS. Sacramento. E gli mandarono il libro. Sembra che fosse il libretto di Digione, quello di suor Joly. Don Le Masson rispose: « Non solo acconsento… Ma vi esorto a farlo ». E volle scrivere lui stesso un Esercizio di devozione al sacro Cuore per le religiose Certosine che fu pubblicato nel 1694. – In questa prima diffusione della divozione ci piacerebbe distinguere le influenze di Margherita Maria e quelle del P. Eudes, vedere almeno come esse si uniscano e si fondano. Non si possono raccogliere a questo proposito che poche informazioni. Nel 1693 una lettera del P., Croiset ci mostra alcune Benedettine, le Dame di S. Pietro a Lione, che ritrovano, per così dire, nella divozione che vien loroproposta quella che il loro Ordine ha avuto in altri tempi. Ma esse ne avevano perduto ogni ricordo, Quelle Dame, « avendo gustato straordinariamente questa divozione, appresero che essa era stata altre volte molto ordinaria nell’Ordine…, e che c’era stata, molti anni avanti, una festa nell’Ordine e un Ufficio, in onore del sacro Cuore ». Sembrerebbe trattarsi di cosa di molti secoli prima. Non è così, pare. « Dio ha permesso, aggiunge il P. Croiset, ch’esse abbiano trovato, a Parigi, questo Ufficio a nove lezioni con una Messa molto bene composta in onore del sacro Cuore, il tutto approvato a Roma, con permesso, per tutto l’ordine di S. Benedetto, di fare tutti gli anni questa festa ». L’Ufficio di cui è fatta questione qui è probabilmente quello del Padre Eudes. In tutti i casi bisogna riconoscere che, se fra queste persone di Lione il P. Eudes era completamente sconosciuto, il collegamento della nuova divozione con l’antica si faceva nel modo più naturale. Questo servirsi dell’Ufficio e della Messa del P. Eudes per la divozione di Paray non sarebbe unico; già abbiamo avuto l’occasione di segnalarne delle tracce, fin presso le Visitandine, presso quelle di Strasburgo per esempio, di Nancy, di Metz. Lo si può pure constatare a Roven. Le Visitandine vi avevano accolto la divozione fin dal 1690. Là fu pubblicato, nel 1694, un opuscolo, La divozione al sacro Cuore di Gesù Cristo (Ripubblicato a Montreuil sur Mer, nel 1899, ma con adattamenti che ne fanno quasi un altro libro.). La divozione di Paray vi era nettamente. Esposta ed anche distinta, in certo modo, da quella del P. Éudes: ma la Messa che vi si unisce è quella del P. Eudes. Anche a Rouen si ritrovano a contatto le due influenze il 6 giugno 1608. Per la festa solenne della Confraternita adoratrice (che è proprio la festa di Paray, giugno, nel venerdì dopo l’ottava del SS. Sacramento, quella che Roma ha appunto allora concesso alle Visitandine), sono gli Eudisti, «i signori del Grande Seminario » che cantano la Messa del sacro Cuore, ed è un Eudista che fa la predica della sera. Toccava a loro, dice la circolare dove son raccontati tali avvenimertti, « di fare l’inaugurazione di questa devozione, già stabilita nella loro Congregazione da lungo tempo ». Sono questi fatti isolati, Oppure si presentano di frequente casi simili? Per rispondere occorrerebbero documenti precisi, che ancora non sono stati raccolti. Ma una cosa è sicura. L’impulso conquistatore, il movimento che invade l’Europa, l’Oriente, l’America, è partito da Paray. Presto il libro del P. Croiset non basta più. Se ne vedono apparire altri da tutte le parti. Spesso non sono che manuali ad uso delle confraternite che si stabiliscono in ogni luogo, raccolte di preghiere e di pratiche, con qualche spiegazione sulla natura e sulle origini della divozione con alcune approvazioni episcopali. Talvolta le confraternite, non sono che l’occasione; il libro è un vero trattato, pio e teologico insieme. Tale è quello del P. Froment, cominciato ancor prima della pubblicazione di quello del P. Croiset e sotto l’influenza di Margherita M, ma non apparve che nel 1699. Tale è quello del P. Bouzonié. Pubblicato a Parigi nel 1697. – Verso lo stesso tempo, i revisori generali della Compagnia di Gesù a Roma, ne esaminavano uno che sembra mirasse più in alto ancora, mirasse cioè ad ottenere la festa con Messa e Ufficio per la Chiesa universale. Essi lodarono l’opera « scritta con talento e sapere ed atta a promuovere la divozione e il culto del sacro Cuore ». Tuttavia furono di parere di non stamparla, E il P. Thyrse Gonzales, allora generale della Compagnia, decise, in conformitàal loro consiglio, per le ragioni che diremo fra poco. Che opera era quella e di chi? Fino adora non si sapeva. Si era creduto che si trattasse forse di estratti del P. Croiset o di una nuovqa edizione. Nuovi dati favoriscono un’altra congettura. 11 P. Pietro Charrier dice di aver trovato a Roma un Manoscritto del P. Galliffet De culto sacrosanti Cordis Jesu, datato dal 1696. Se queste inidicazioni sono esatte, non si può più dubitare che non sia quella l’opera sottoposta dal Provinciale di Lione ai revisori di Roma. Così il Padre Galliffet avrebbe aspettato per 30 anni l’ora della Provvidenza! La sua opera latina non apparve che nel 1726. La divozione stessa stava per subire altri ritardi davanti alla Corte di Roma. Le anime buone avevano creduto che le cose camminerebbero da sé. Non si aveva il desiderio di Gesù e la sua promessa, che egli regnerebbe malgrado le resistenze e le opposizioni?… Essendosi rivolte inutilmente a Roma una prima volta, nel 1687, le Visitandine si rivolgevano agli Ordinari, seguendo il consiglio di Roma stessa; e spesso gli Ordinari accordavano per le loro Confraternite la festa del sacro Cuore, con Messa e Ufficio propri. Altri Vescovi facevano lo stesso, ciascuno a piacer suo. Niente di uniforme, niente di sicuro; tutto dipendeva dal beneplacito dell’Ordinario. E poi mancava il prestigio dell’autorità papale. Dal 1693 le Confraternite furono approvate da Roma e arricchite d’indulgenze. Il P. Croiset si figurava che con questo si avesse tutto. « Si aspettavano le indulgenze, scriveva egli nel 1693. Appena Roma avrà parlato, mi aspetto di veder solennizzare questa festa dappertutto ». Anche lui stava per esser deluso.  – Nel 1697 si credette venuto il momento di tentare un grande sforzo presso Innocenzo XII, per avere la festa tanto desiderata, con Messa e Uffici proprî. Le Visitandine avevano interessato alla loro causa la regina decaduta di Inghilterra, Maria d’Este, moglie di Giacomo II. Era facile, giacché ella non aveva potuto dimenticare il suo predicatore del 1677, il P. de la Colombière. Dal suo esilio regale di Saint-Germain-en-Laye, ella scrisse al Papa, domandandogli di accordare ai monasteri della Visitazione la festa del sacro Cuore con Messa propria, il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini. Il Papa, secondo l’uso, rinviò la causa alla sacra Congregazione dei Riti. Il cardinale Prospero Bottini, Arcivescovo di Mira, fece le obbiezioni secondo l’uso, La principale era la novità; poi anche le conseguenze che se ne tirerebbero, per stabilire altre feste, specialmente quelle del cuor di Maria. Il postulatore rispose risolvendo le obbiezioni e ricordando i meriti della regina d’Inghilterra. La sacra congregazione emise il suo decreto il 30 marzo 1697. Essa accordava ai monasteri della Visitazione delle cinque piaghe per la festa del sacro Cuore. Si può vedere nei resoconti del tempo con quale entusiasmo e con quale solennità fu celebrata la festa. – Tuttavia, non era che una mezza soddisfazione. È la impressione a Roma non fu quella di una vittoria che incoraggia ad andare avanti… Due mesi dopo il decreto per la causa delle Visitandine, i revisori Gesuiti si pronunziarono, come noi abbiamo visto. Essi aggiungevano: « Noi speriamo che i Nostri non si impegnino più a patrocinare la causa del sacro Cuore alla Corte di Roma, e soprattutto che la paternità vostra non intervenga per ottenere che la festa con Messa e Ufficio propri del sacro Cuore siano accordati a tutta la Chiesa; particolarmente in un tempo in cuile nuove devozioni pullulano da ogni parte e sono spietatramente rigettate dalla santa Chiesa » – Infatti, verso la stessa epoca, le Orsoline di Vienna, che si erano rivolte, per loro conto, alla Congregazione dei Riti, per ottenere la festa per loro stesse, ricevevano dalla Congregazione un rifiuto formale: Non expedire. – La divozione stava per ricevere un colpo più forte. Nel 1704 il libro del P. Croiset fu messo all’Indice. Perchè? Il P. Galliffet spiegava così la cosa a Mons. Languet, venti anni dopo: « La novità della cosa, la mancanza di alcune formalità richieste qui e forse, anche, un po’ di malignità, da parte degli uomini, e molta certamente da parte dell’inferno ». Il libro non cessò di propagarsi; fu tradotto in italiano; corretti i difetti di forma: anche in Francia riceveva grandi elogi da Mons. Languet, che lo raccomandava senza fare la minima allusione all’Indice. Il P. Galliffet, nella sua lettera a Mons. Languet, esprimeva la speranza che, dopo l’approvazione della divozione, si farebbe « rendere al detto libro la giustizia che gli è dovuta ». Questa speranza si è realizzata, ma lungo tempo dopo, nel 1887. Malgrado tutti gli ostacoli, la divozione continuò a diffondersi nel pubblico. Le confraternite si moltiplicavano con approvazione e indulgenze da Roma. Indulgenze si avevano anche per tutti coloro che visitavano le chiese delle Visitandine, il giorno della festa. Le Orsoline di Vienna, imitavano le Visitandine di Francia: la Polonia apriva le braccia al sacro Cuore, come pure il Canada. – Nel 1707 le Visitandine rinnovarono le loro istanze presso Clemente XI per avere la Messa propria. Il Papa rispose loro, il 4 giugno 1707, lodando il loro zelo, la loro pietà, la loro prudenza, nella condotta di quest’affare; che esse aspettassero dunque, in pace, il giudizio della Chiesa; per questa sottomissione sincera esse arriverebbero direttamente al cuore del Signore. La peste di Marsiglia, nel 1720, fu forse la prima occasione di una consacrazione solenne, di un culto pubblico, al di fuori delle comunità religiose. Si sa come Marsiglia era stata ardente per il sacro Cuore, fin dai tempi di Margherita Maria. Da alcuni anni un’altra Visitandina, Anna Maddalena Rémuzat, vi diffondeva la stessa divozione. Ella aveva annunziato il flagello del 1720. Quand’esso scoppiò, nostro Signore le indicò il rimedio nella divozione al suo sacro Cuore. Ammenda onorevole e consacrazione furono fatte da Mons. di Belsunce, in mezzo alle lagrime ed ai singhiozzi di tutto un popolo; un decreto stabilì la festa per l’anno seguente. La peste cessò. Nel 1722 essa riapparve. Questa volta i magistrati stessi fecero il voto solenne di festeggiare ormai il sacro Cuore con Messa, comunione, omaggi e processione solenne. Altre città, colpite o minacciate, ricorsero pure al sacro Cuore: Aix, Arles, Tolone. Fu una supplica generale. Così la divozione diveniva popolare.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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