LA GRAZIA E LA GLORIA (32)
Del R. P. J-B TERRIEN S.J.
I.
Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901
Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.
TOMO PRIMO
LIBRO VI.
LA NOSTRA FILIAZIONE NEL SUO RAPPORTO CON LA TERZA PERSONA DELLA TRINITÀ
CAPITOLO VI
Inesistenza si una modalità di unione santificante con le anime per lo Spirito Santo che sia esclusivamente propria a Lui solo.
.1. – Questo lavoro non sarebbe completo, e certamente tradirebbe la legittima curiosità di più di un lettore, se dovessimo passare sotto silenzio opinioni più o meno contrastanti con alcune delle spiegazioni sopra riferite. Di coloro che ritengono che diamo troppo peso alla grazia increata, non dirò altro: le autorità su cui abbiamo basato la dottrina esposta sono di natura tale da sfidare ogni seria contraddizione. Ma ce ne sono altri che ci rimproverano di aver attenuato il ruolo della stessa Grazia increata nell’opera della nostra adozione. Il disaccordo riguarda due punti principali. Considerando con quanta enfasi, sia la Sacra Scrittura che gli antichi Dottori, attribuiscano allo Spirito di Dio la nostra adozione soprannaturale, l’unione di Dio con le anime, l’intero mistero della nostra santità, hanno concluso che lo stesso Spirito debba avere un posto speciale in questa grande opera; una modalità di unione che Egli riserva a se stesso come suo personale privilegio, un ruolo che gli sia esclusivamente proprio. Ma, poiché è evidente che la Trinità tutta intera abiti in tutte le anime giuste come nel suo tempio, e che tutti i doni creati, questa bellezza soprannaturale dell’anima santificata, siano un’opera comune alle tre Persone, essi hanno voluto trovare nello Spirito Santo un’influenza più profonda, un’autocomunicazione più stretta, qualcosa, in una parola, di così alto e così proprio dello Spirito Santo, da non rientrare nell’interpretazione del mistero finora accreditata dalla tradizione della Scuola. – Sarebbe difficile dare un resoconto chiaro e preciso di ciò che essi dicono; essi stessi ammettono francamente che le loro idee su queste gravi questioni non abbiano tutta la chiarezza desiderabile. Per costoro, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo abitano nei figli di adozione; ma allo Spirito Santo appartiene propriamente l’unione più intima che li trasforma e li porta al vertice della perfezione soprannaturale. È Lui che si unisce direttamente all’anima; le due altre Persone entrerebbero in contatto con essa solo attraverso di Lui. – Per spiegarsi in modo meno oscuro, ci sono teologi che ricorrono ad analogie tratte da altri misteri. Vedete – dicono – Gesù Cristo, il Verbo incarnato. La fede ci mostra in Lui tutta la Trinità presente, come non lo è in nessuna creatura. Ma che differenza nella modalità di unione! Il Verbo c’è perché è sostanzialmente unito all’umanità che ha fatto sua; anche il Padre e lo Spirito Santo ci sono, ma solo in virtù della circuminsessione, cioè della loro immanenza nel Figlio, e quindi senza essere uniti ipostaticamente alla natura umana di Cristo. Nella Santa Eucaristia – ancora essi dicono – è il Corpo di Cristo che la virtù delle parole sacramentali pone sotto la specie del pane. Se l’anima e il sangue, tutto il Cristo intero, sono lì con questo sacro Corpo, è perché non sono più separabili da esso, poiché Cristo è vivo per non morire mai, in una parola, è per concomitanza. Quindi, fatta ogni debita proporzione, il Padre e il Figlio sono in questo tempio dello Spirito Santo che è l’anima santificata. Ed è così che questi teologi intendono i testi in cui lo Spirito Santo ci appare come introduttore degli Ospiti divini, che sono una sola natura con Lui, ma distinti quanto all’ipostasi. Chiedete a questi stessi teologi qual sia di per sé il carattere dell’unione speciale che essi rivendicano per lo Spirito Santo come sua proprietà personale e incomunicabile. È soprattutto qui che le spiegazioni sono imbarazzanti. Le formule più ardite sono seguite da restrizioni e attenuazioni tali che è difficile capire in che cosa le teorie così fortemente sostenute differiscano dalla dottrina degli Scolastici (così, per fare un esempio, il dotto Thomassin, nel suo grande trattato sull’Incarnazione del Verbo, scrive interi capitoli, accumulando testi su testi, per dimostrare che sia lo Spirito Santo che con la sua sostanza vivifichi, formi e santifichi le anime dei giusti. Ma quando si spiega chiaramente, ci sembra di ascoltare San Tommaso o S. Bonaventura. « Inhabitat enim in nobis ipsa quidem justitia subtantiva, sed actibus habitibusque, velut accidentariis vinculis, devincta ». L. VII, c. 19, n. 5 E ancora: « Ubi forma significatur esse sanctitudinis nostræ seu Filius seu Spiritus, forma hæc efficiens magis quam informans, qua agamur non qua agamus, (a Patribus) videtur describi. » Ibid. c. 20, n. 1. E più avanti, nello stesso capitolo, n. 4: « Deum habere, Deum possidere, de Deo vivere, Deo formari et vegetari, perinde est ac Deum contemplari et amare. » Infine, leggo nel titolo stesso del capitolo 17: « Non tam ut forma, quam ut hospes, sanctificare Deitas sua templa demonstratur ». Si noti, inoltre, che, secondo questi testi, Thomassin non sembra sostenga un’unione che sarebbe singolare allo Spirito Santo). – Mi sarebbe impossibile riportare in dettaglio tutte le spiegazioni fornite dai vari autori che si sono ispirati più o meno a queste idee che definirei nuove, se questo termine non avesse un significato troppo sfavorevole. Lasciamo che Petau, il più noto e il più grande di loro, il più profondo conoscitore dello studio e della lettura dei Padri, ci spieghi lui stesso il suo pensiero. (Visto che se ne presenta l’occasione, notiamo di sfuggita l’equivoco che spesso si nasconde sotto le brillanti formule dell’unione sostanziale o dell’unione personale dello Spirito Santo con i giusti. Se si vuole dire che lo Spirito Santo non sia solo nelle facoltà dell’anima e con i loro effetti, ma che sia nella sostanza stessa, in Persona e con la sua stessa sostanza, nulla è più vero dell’idea espressa, anche se l’espressione debba essere sostenuta da qualche correttivo. Ma se con questo si volesse intendere che si tratti di un’unione veramente sostanziale e personale, non vedo più come non possa esistere un’unione di due sostanze in un’unica sostanza, cioè o l’unione venerata dagli Eutichiani in Gesù Cristo, o l’unione ipostatica: infatti, quando due sostanze non sono unite in modo da formare un’unica sostanza, l’unione non è e non può essere che accidentale). Egli osserva innanzitutto che, secondo il comune sentire dei teologi, la speciale dimora di Dio nelle anime giuste e l’unione che Egli contrae con esse non sono patrimonio di una Persona in particolare. È per appropriazione che sono singolarmente attribuiti allo Spirito Santo. A suo avviso, i testi delle Scritture e dei Padri sembrano avere un significato più profondo e rigoroso. – Quale sia la particolare modalità di unione che questi testi rivendicano per lo Spirito Santo, è ciò che non ci hanno spiegato chiaramente. In mezzo a queste ombre e incertezze, quindi, è necessario procedere più per congetture che per affermazioni categoriche, con prudenza e circospezione, per evitare una duplice insidia, quella di esaltare troppo e quella di sminuire un beneficio così grande. Per quanto riguarda il nostro sentimento particolare – egli aggiunge – non lo dirò, perché non è ancora abbastanza chiaro nella mia mente, o non lo dirò qui » (Petav., de Trinit., L. VII, c. 6, n. 6). – Tuttavia, egli decide di proporre un’opinione che ritiene possa essere dedotta dai testi sacri e dall’insegnamento dei Padri. Eccone la sostanza: « L’unione dei giusti con lo Spirito Santo comporta per loro una doppia relazione: una relazione con l’essenza divina, una relazione con la Persona. Sotto il primo aspetto, non c’è nulla di singolarmente peculiare dello Spirito Santo. Ma non è lo stesso per la seconda: oltre all’unione comune, c’è un’applicazione speciale della Persona stessa dello Spirito Santo sulle anime dei giusti; un’applicazione che è propria soltanto di Lui nella Trinità.
2. – Per quanto riguarda le prove del sistema, è importante valutarle con attenzione. L’esame che ci accingiamo a fare sarà di grande aiuto per approfondire l’argomento, la comprensione dei testi e del mistero stesso. Ecco la prima prova (Idem, ibid.). È la caratteristica dello Spirito Santo quella di essere “donabile” alle creature intelligenti. Pertanto, è necessario che sia unito a loro in un modo che non possa essere adatto al Figlio. Infatti, supponendo da una parte e dall’altra lo stesso tipo di unione, perché il Figlio non dovrebbe essere dato come lo Spirito stesso, e come il carattere di dono dovrebbe rimanere proprietà personale dello Spirito Santo? – Ragionamento pretestuoso, ma che cade da solo, se ricordiamo in che senso lo Spirito Santo sia per eccellenza il Dono di Dio. Ditemi, lo Spirito Santo cesserà di essere l’Amore personale del Padre e del Figlio, il soffio sostanziale in cui si esala la loro comune dilezione, se non ha con le anime un’unione diversa da quella che la fede ci mostra nel Figlio? No, senza dubbio. Io vi concederò, come ho già fatto, che c’è per lo Spirito Santo, nel suo carattere personale, una singolare attitudine, un titolo particolare che lo predispone a questa unione amorosa; aggiungerò che in virtù della stessa proprietà, Egli ha, nella relazione comune, una somiglianza che gli si addice personalmente. Ma questo non determina la diversità di unione che si afferma. Ora, se lo Spirito Santo, pur essendo l’Amore personale del Padre e del Figlio, può comunicarsi alle anime nella stessa misura e secondo la stessa modalità del Verbo di Dio, perché il carattere di Dono richiederebbe un’unione diversa, dal momento che è tutt’uno essere il Dono del Padre e del Figlio ed il loro Amore personale? Sarà necessario, secondo lo stesso principio, fare differenza tra l’unione del Padre e quella del Figlio, quando vengono ad abitare in noi; sia perché il Figlio è il dono del Padre, sia perché la venuta del Figlio, a differenza di quella del Padre, ha, come la venuta dello Spirito Santo, un carattere di missione? – Agli argomenti basati sulla natura del dono, Petau ne aggiunge un altro tratto dai numerosi testi, tra cui i più famosi tra i Padri greci, Basilio, Cirillo, Atanasio, Eulogio e Giovanni Damasceno, considerano « la proprietà della virtù santificante come personale dello Spirito Santo, così come la filiazione lo è per il Figlio e la paternità per il Padre » (Petav. L. c., n. 7). Inoltre, Cirillo di Alessandria dice espressamente e più volte che lo Spirito Santo è l’autore della nostra santificazione (αύτουργός = autourgos), Colui che la opera da se stesso. « È dunque evidente – conclude Petau – che l’unione di cui parlavano gli antichi Padri non sia solo l’unione della natura divina dello Spirito Santo, ma anche e soprattutto quella della sua Persona. o, se si preferisce, della natura considerata sotto la proprietà personale dello Spirito Santo (Idem. ibid.). – Sì, risponderei, lo Spirito Santo è la Santità santificante; sì, è con la sua stessa virtù che perfeziona le anime e le porta al vertice della santità; sì, la sua stessa Persona è unita a noi per la grazia. Chi potrebbe negarlo? Non lo abbiamo forse ampiamente dimostrato noi stessi? Ma se trovate in questo carattere personale un motivo per imputare allo Spirito un particolare tipo di unione, perché lo stesso carattere non dovrebbe autorizzarvi ad attribuirgli un’operazione di santificazione che gli sia personale? Del resto, gli stessi Dottori, e spesso gli stessi testi, parlano delle operazioni come hanno parlato dell’unione santificante, e non mi risulta che affermino più sovente del Santo Spirito la seconda più che la prima. Se poi, per non dividere l’operazione indivisibile della Trinità, si professa che le operazioni siano assolutamente comuni, che diritto si ha di negare l’operazione della Trinità? (Lo stesso Petau ha riconosciuto che si tratta di una semplice appropriazione: « ogni operazione della bontà divina che tende alla comunicazione della carità e della santità è solitamente attribuita allo Spirito Santo: a causa del suo particolare modo di procedere, Egli merita il nome di carità e santità; e questa è anche la ragione per cui è chiamato olio e profumo. – De Incarn., L. XI, c. 8, n. 5). Rileggete tutti questi testi dei Padri, e mille altri che potrebbero essere aggiunti ad essi, e vedrete che, nell’intenzione dei loro autori, tutti o quasi tendono a dimostrare che lo Spirito di Dio sia la santità per essenza; che, se santifica gli Angeli e gli uomini, non è alla maniera di uno strumento, di un ministro, in una parola, di un inferiore e per una virtù presa in prestito, come sostenevano gli eretici, ma in Dio che, procedendo da Dio, riceve con la sua singolare modalità di processione la Santità, fonte primordiale e principio di ogni santità. – Sarebbe dunque disconoscere queste forti argomentazioni dei nostri santi Dottori, il ricercare in essi una modalità di unione propria esclusivamente dello Spirito di Dio, quando perseguono solo questo unico scopo: dimostrare che, essendo la santità dello Spirito la santità stessa di Dio, lo Spirito è con il Padre e il Figlio un unico e medesimo Dio. Concludiamo, dunque, senza pretendere di condannare le idee di un così grande teologo, che le leggi di appropriazione sono pienamente sufficienti a spiegarci in che senso ogni santità, ogni virtù, ogni operazione santificante sia legata non al Padre, non al Figlio eterno, ma al loro comune Spirito, poiché queste grazie hanno una singolare analogia con i suoi caratteri ipostatici, e di conseguenza Egli ne è a titolo speciale l’autore, l’esemplare e l’archetipo. Concludiamo anche che l’unione personale con le anime dei giusti, o, se preferite, la dimora permanente di Dio nel cuore dei suoi figli, non è proprietà di una Persona in particolare, né quanto al fatto né quanto al modo. « Quando Cristo ha detto: “Noi verremo, Io e il Padre mio”, lo Spirito entra con loro per abitare allo stesso modo, e non in altro » (S. Athan, ep. ad Serap., 1, n. 31. P. Gr., t. 26, p. 601). Questo è il pensiero di Sant’Atanasio; e questo è anche il senso espresso da queste parole di San Cirillo, suo glorioso successore: « In virtù dell’unità della natura, tutto è di tutte (le Persone, eccetto le loro proprietà distintive): la presenza, le rivelazioni, la partecipazione (μεθέζις = metezis), l’operazione, la gloria; in una parola, tutto ciò che costituisce lo splendore della divinità » (San Cirillo, Alex. Dial. VII di Trinit. P. Gr., vol. 75, p. 1096). Anche in questo caso, nulla di proprio allo Spirito Santo, se non l’affinità speciale fondata sulle proprietà personali (Torneremo su questa controversia in una delle appendici, per interpretare più dettagliatamente tutti i testi dei Padri su cui si vedrebbe fondata la nuova teoria). E questo è ancora una volta ciò che Leone XIII ci chiarisce nella sua Enciclica sullo Spirito Santo, già citata più volte. « Questa mirabile unione (di Dio e dell’anima giusta), che è stata chiamata inabitazione, si distingue solo per la condizione o lo stato dell’abbraccio amoroso con cui Dio beatifica gli eletti in cielo. Ora, sebbene sia veramente prodotta dalla presenza di tutta la Trinità, secondo questa parola del Signore: … Noi verremo a lui e prenderemo dimora in lui (Joan. XIV, 23), tuttavia è affermata soprattutto dello Spirito Santo. In effetti, anche nell’uomo perverso appaiono vestigia della potenza e della sapienza divina; ma per quanto riguarda la carità, che è come il carattere proprio dello Spirito Santo, solo l’uomo giusto ne partecipa. A ciò si aggiunga che lo stesso Spirito porta il nome di Santo, perché essendo il primo e supremo Amore, conduce le anime alla santità che, in ultima analisi, consiste nell’amore di Dio » (Encicl. Divinum illud munus). – Il pensiero del Santo Pontefice è tanto più chiaro, in quanto è manifestamente collegato alla dottrina dell’appropriazione da lui precedentemente esposta. Senza dubbio, qui non c’è una definizione dogmatica, ma il Maestro dei Cristiani non avrebbe detto una cosa simile, e senza ombra di esitazione, se non avesse considerato come indubbio il sentimento comune dei teologi che abbiamo difeso. Concludiamo quindi con l’Angelo della Scuola: « L’unione che si realizza con la grazia dell’adozione… è comune alle tre Persone (divine) e dal lato del principio e dal lato del termine » (S. Thom, III, D. 34, q.l. a. 3; col, 1, p. 19, 43, a. 4.).
FINE VOLUME PRIMO