M. M. PHILIPPON
LA DOTTRINA SPIRITUALE DI SUOR ELISABETTA DELLA TRINITÀ (23)
Prefazione del P. Garrigou-Lagrange
SESTA RISTAMPA
Morcelliana ed. Brescia, 1957.
EPILOGO
LA SUA MISSIONE
1) «La mia missione sarà quella di mantenere le anime in questo grande silenzio interiore »
2) « Vi lascio questa vocazione che fu la mia in seno alla Chiesa: Lode di gloria della Trinità Santa ».
1) Il grande silenzio interiore — 2) Lode di gloria della Trinità.
I grandi servi di Dio, mentre stavano per lasciare la terra, sentivano che la loro attività apostolica al servizio della Chiesa, lungi dal cessare con la morte, avrebbe anzi potuto espandersi soprattutto quando l’anima loro fosse giunta in seno a Dio. Non avevano essi l’esempio e il ricordo della promessa del Maestro agli Apostoli: « È bene per voi che io me ne vada. Quando sarò ritornato al Padre, vi manderò lo Spirito »? – San Paolo ci ha lasciato la descrizione dell’attività eterna di Cristo sempre vivo dinanzi al Volto del Padre, per adorarlo e glorificarlo, ma anche «per intercedere continuamente in nostro favore » (Ebr. VII, 25). – E chi oserebbe pensare che, dopo la sua gloriosa assunzione, la Madre degli uomini si sia disinteressata delle nostre terrene miserie e che nel suo mistero eterno, frai gaudî della visione, la Madre di Dio non sia sempre occupata di questi altri suoi figli, intercedendo per loro? Che non sia sempre china su di essi tutti quanti, per « generarli al Cristo », più madre che mai? – Non è raro trovare sulle labbra dei grandi fondatori di Ordini, parole simili a quelle di san Domenico ai suoi figli che piangevano intorno a lui morente: « Vi sarò più utile di lassù ». Il mondo intero ha udito il desiderio della « santa più grande dei tempi moderni » (Pio X, ad un Vescovo missionario.), Teresa di Gesù Bambino: « In cielo, io non starò inattiva. Voglio passare il mio cielo a fare del bene sulla terra ». E la sua umile sorella di Digione ha lasciato erompere dall’anima lo stesso grido apostolico: « Non dubitate: lassù, nella sorgente dell’Amore, io penserò attivamente a voi; e chiederò per voi una grazia di unione, di intimità col divino Maestro: è quella che ha resa la mia vita un paradiso anticipato ». Qualche giorno prima di morire, mossa dallo Spirito Santo. tracciò in matita, con mano tremante, questa frase celebre, indirizzata ad una povera sorella conversa: « Mi sembra che la mia missione, in cielo, sarà quella di attirare le anime nel raccoglimento interiore, aiutandole a uscire da loro stesse per aderire a Dio, mediante un movimento semplicissimo e tutto d’amore; e di mantenerle in quel grande silenzio interiore che permette a Dio di imprimersi in esse e di trasformarle in Sé ». Parole profetiche. E la propagazione rapida e mondiale dei « Ricordi » ce ne fa constatare la realizzazione.
1) In cielo, i santi hanno ciascuno la loro missione in armonia col piano della redenzione e in ricompensa dei meriti acquistati sulla terra. E sino alla fine del mondo, essi continuano a lavorare per l’estensione del regno di Dio e per la formazione del « Cristo totale »; tutti: la Madre del Verbo Incarnato come Mediatrice universale di tutte quante le grazie, senza eccezione; gli altri Santi, chi più chi meno, ciascuno nella propria linea, secondo il loro posto nell’economia provvidenziale. Così, i patriarchi degli ordini religiosi vegliano particolarmente sui membri del loro istituto, una santa Giovanna d’Arco sulla sua patria, un Vescovo sulla sua diocesi, un curato sulla sua parrocchia, un padre o una madre sui figli. La missione affidata dalla Provvidenza a suor Elisabetta della Trinità non è di intervenire luminosamente nella direzione del mondo, ma di attirare le anime nelle vie del silenzio e del raccoglimento, per la gloria della Trinità. « Credo che la mia missione, in Cielo, sarà quella di attirare le anime nel raccoglimento…» … « aiutandole a uscire da loro stesse ». È la grazia delle grazie. Quante anime « labirinti » non riescono mai ad uscire da loro stesse, attraverso ai dedali innumerevoli del proprio « io »! Le più ferventi ne gemono e si desolano; ma invano cercano di liberarsi coi loro proprî sforzi; non vi riescono, perché è compito che supera le forze umane: ci vuole la grazia di Dio. È dunque grazia preziosissima quella che promette la cara serva di Dio a tutte le anime interiori che sono imprigionate nel loro « io ». Dal Cielo, il suo aiuto silente le conduce a quella liberazione totale che le getta « pienamente in Cristo ». – Ma l’anima non si distacca che per unirsi, « per aderire a Dio ». È l’aspetto positivo della missione di suor Elisabetta della Trinità. I suoi scritti spirituali hanno portato già tanti tato già tanti frutti negli ambienti cattolici più diversi, perché il suo invito al raccoglimento interiore si rivolge a tutte le anime della Chiesa di Dio. Tuttavia — bisogna riconoscerlo — la silenziosa Carmelitana di Digione sembra aver ricevuto una missione tutta particolare da svolgere presso le anime contemplative, per strapparle a loro stesse e qualche volta ai loro poveri « cenci », e rapirle nella grande corrente della vita divina che conferisce loro potenza di redenzione sul Cuore di Dio. Ma, per un gran numero di queste anime interiori, quante complicazioni nella pratica della loro vita spirituale! Alcune cercano Dio nelle mortificazioni eccessive, altre in una fedeltà minuziosa troppo attaccata alla lettera, troppo meccanica, troppo poco attenta al soffio dello Spirito. A tutte queste anime di buona volontà, qualche volta male illuminate, suor Elisabetta ricorda che bisogna andare a Dio « con un movimento semplicissimo, tutto di amore ». Soltanto l’amore dona la semplicità. Un’anima che in ogni cosa non cerca che la gloria divina, con amore perfetto, è un’anima che va diritta a Dio. – « Deus ignis consumens »: il nostro Dio è un fuoco consumante, cioè un fuoco d’amore che distrugge, che trasforma in Sé tutto ciò che tocca. Per le anime che, nel loro intimo, sono tutte abbandonate alla Sua azione, la morte mistica di cui parla san Paolo diviene tanto semplice, tanto soave! Esse pensano molto meno al lavoro di spogliamento e di distruzione che rimane loro da compiere, che non ad immergersi nel fuoco d’amore che arde in loro e che è lo Spirito Santo, quello stesso Amore che, nella Trinità, è il vincolo di unione fra il Padre e il suo Verbo. La fede ve le introduce; e là, semplici e quiete, sono da Lui stesso trasportate in alto, più in alto delle cose tutte, dei gusti sensibili, fino alla « tenebra sacra », e sono trasformate nell’immagine divina. Esse vivono, secondo l’espressione di san Giovanni: « in società » con le Tre adorabili Persone; la loro vita è in comune: è la vita contemplativa » («Il paradiso sulla terra» – 6° orazione). – Allora, l’anima è custodita « in quel grande silenzio interiore » così caro a suor Elisabetta della Trinità e centro in cui converge tutta la sua dottrina spirituale. Dopo il capitolo consacrato all’Ascesi del silenzio, non c’è più bisogno di insistere su questo punto importantissimo. Oggi, nel mondo, tutto è assorbito da un’attività dinamica; e non si pensa che all’azione esteriore. Le anime non sanno più tacere per ascoltare Dio. In questo mondo moderno che si agita rumorosamente c’è forse una missione più urgente di quella affidata dalla Provvidenza alla santa Carmelitana di Digione? Ricondurre, cioè, le anime nella via del raccoglimento e « custodirle in quel profondo silenzio interiore che permette a Dio di imprimersi in loro, e di trasformarle in Se medesimo ». Lei stessa ci ha insegnato « che un’anima che si riserba ancora qualche cosa nel suo regno interiore, un’anima le cui potenze non sono tutte « raccolte » in Dio, non può essere una perfetta lode di gloria… Un’anima che scende a patti col proprio « io », che si occupa delle sue sensibilità, che va dietro ad un pensiero inutile, a un desiderio qualsiasi, quest’anima disperde le proprie forze, non è concentrata in Dio; la sua arpa non vibra all’unisono; e quando il Maestro divino la tocca, non può trarne armonie divine. Vi è incora troppo di umano » (Ultimo ritiro – II giorno.). Tutto deve tacere in noi: i sensi esteriori alle cose della terra, le potenze interiori a tutti i rumori del di dentro: silenzio dello sguardo, silenzio dell’immaginazione della memoria, silenzio del cuore soprattutto. « Perché nulla mi distolga da questo bel silenzio interiore, sono necessarie sempre le stesse condizioni, lo stesso isolamento, stesso distacco, lo stesso spogliamento. Se i miei desiderî, i miei timori, le mie gioie, i miei dolori, se tutti i movimenti che derivano da queste quattro passioni non sono perfettamente ordinati a Dio, io non sarò silenziosa, vi sarà del tumulto in me; occorre dunque la quiete, il sonno delle potenze, l’unità dell’essere » (Ultimo ritiro – X giorno). Anche le facoltà spirituali più elevate devono, a loro volta, entrare in questo « alto silenzio interiore »: silenzio dell’intelligenza; nessun pensiero inutile; silenzio del giudizio, così radicalmente opposto allo spirito moderno. Critico per eccellenza; silenzio della volontà soprattutto, che produce nell’anima il grande silenzio dell’amore. Questo « alto silenzio interiore » quando si sia profondamente affermato nelle anime, « permette a Dio di imprimersi in esse e di trasformarle in Se medesimo ». Si realizza, allora. lo scopo supremo di ogni vita umana: l’unione trasformante. « Ormai il Signore è libero: libero di effondersi, di donarsi « a suo beneplacito ». e l’anima così semplificata, unificata, diventa il trono dell’Immutabile, poiché l’unità è il trono della santa Trinità » (Ultimo ritiro – II giorno.).
2) Un documento postumo, di straordinaria importanza, ci rivela un altro aspetto ancora più essenziale della missione provvidenziale della serva di Dio. Dopo la sua morte, fu trovata una piccola busta, accuratamente sigillata con ceralacca rossa che recava questo indirizzo: « Segreto per la nostra Madre ». Confidenza suprema, nell’ora in cui i Santi vedono tutte le cose alla luce dell’eternità. « Madre mia. quando leggerete queste righe, la vostra piccola « lode di gloria » non canterà più sulla terra, ma sarà inabissata in seno all’Amore… L’ora è così grave. Così solenne! e non voglio indugiarmi a dirvi cose che mi sembrerebbe di diminuire volendo esprimerle con la parola… Ma la vostra figliola vuol rivelarvi quello che sente o, per essere più esatta. quello che il suo Dio le ha fatto comprendere nelle ore di raccoglimento profondo, di contatto unificante… Madre venerata, Madre per me consacrata fin dall’eternità, a Voi, partendo, io lascio in eredità quella vocazione che fu la mia in seno alla Chiesa militante e che, d’ora innanzi, adempirò incessantemente nella Chiesa trionfante: « lode di gloria della Santa Trinità ». La gloria della Trinità: ecco il testamento supremo della santa Carmelitana a tutte le anime che vorranno seguirla nel cammino della vita interiore. Questa « lode di gloria della Trinità » che fu « la sua vocazione fin dall’esilio », e rimane il « suo ufficio per la eternità » alla presenza della maestà di Dio, risponde al più sublime disegno divino riguardo a tutte le creature. Sì; tutto, nell’opera di Dio, è ordinato a questa gloria. – « Universa propter se operatus est Dominus » (Prov., XVI, 4.). Se ha mandato nel mondo il Figlio suo, è stato prima di tutto per riparare questa gloria offesa dal peccato. Gesù stesso riassumeva in una parola la sua missione sulla terra: « Padre, non ho cercato che la tua gloria: Glorificavi Te, Pater » (San Giovanni, XVII, 4.). Ormai possiamo abbracciare in tutta la sua ampiezza la dottrina mistica di suor Elisabetta della Trinità. La Trinità adorabile è il Bene supremo al quale tendono tutte le anime e il mondo dei puri spiriti; e proprio per farci entrare « in società » con le Persone divine, il Padre ha creato l’universo ed ha « inviato il Figlio suo ». Tutto il mistero della Chiesa e della Madre di Dio, Mediatrice di grazia, è di condurre il « Cristo totale » alla contemplazione della Trinità. « La visione della Trinità nell’Unità: questo è il sublime destino dell’uomo » (Cfr. san Tommaso, I Sent. I, II, 1 Expositio textus: « Cognitio Trinitatis in Unitate est fructus et finis totius vitæ nostræ ».). – Egli cammina penosamente sulla terra, in Cristo, il « Crocifisso per amore », ma per giungere a perpetuarsi in Dio. E attraverso tutte le croci, tutte le notti, tutte le morti della Chiesa militante, continua la silenziosa ascesa delle anime verso l’immutabile e beatificante Trinità. Ma giungono alla visione divina che è « la consumazione nell’unità » quelli soltanto che, in questa ascesa, hanno il coraggio di abbandonare tutto ciò che è estraneo a Dio, per gioire di Lui, nel suo isolamento, nella sua semplicità, nella sua purezza; di Lui, l’Essere da cui tutto dipende, a cui tutto mira, dal quale deriva l’essere, la vita, il pensiero. « C’è un Essere che è l’Amore, e che vuol farci vivere in società con Lui » (Lettera alla mamma – 20 ottobre 1906). « Questo Amore infinito che ci avvolge e ci penetra vuole associarci, fin da questa vita, alla sua beatitudine. Riposa in noi tutta la Trinità, questo mistero che sarà, in Cielo, la nostra visione » (Lettera a G. de G. 20 agosto 1903.). – Come sembra vano tutto il resto all’anima che ha intravisto, mediante la fede, questi splendori trinitarî. Essa è cosciente di possedere in sé un Bene, così grande, dinanzi al quale ogni altro bene illanguidisce e scompare. « Tutte le gioie che le sono concesse sono per lei come altrettanti inviti a gustare il Bene che possiede, preferendolo a tutto perché nessun altro bene può essergli paragonato » (« Il paradiso sulla terra » – 11° orazione.). E quale amore, quale desiderio di unirsi a Lui, nell’anima fortunata che ha incontrato questo Bene! Lo ama di un amore « più forte della morte », lo vuole con brama ardente, si disillude di ogni altro amore, trascura le altre bellezze che per un istante avevano potuto sedurla. La privazione di tutto il creato non è una sofferenza per chi possiede Dio; infelice è soltanto chi è privo della visione di questa suprema Bellezza. Bisogna, dunque, lasciare tutto per possedere questa ricchezza ineffabile, svincolarsi completamente dal fascino delle bellezze fugaci che potrebbero distogliere l’anima dal suo fine; bisogna non voler sapere più nulla della terra, fuggirsene « sola col Solo », estranea a tutto. La vera patria dell’anima è là, in seno alla Trinità beata, nel silenzio e nel raccoglimento. « La Trinità: ecco la nostra dimora, la nostra cara intimità, la casa paterna donde non dobbiamo uscire mai» (« Il paradiso sulla terra » – 1° orazione). – Una fase superiore di vita spirituale si realizza nell’anima quando, trionfando del suo « io », e « dimenticandosi interamente », essa non vive più che per Dio, come i beati in cielo, nell’« incessante lode di gloria ». « In ogni suo movimento, in ogni sua aspirazione, come in ogni sua azione per quanto ordinaria sia, quest’anima è, per così dire, un « Sanctus » perpetuo, una continua « lode di gloria » (Ultimo ritiro – VIII giorno.). Comincia nel tempo il suo « ufficio della eternità »; ma sempre raccolta nel fondo del suo essere, nell’intimo santuario dove si è ritirata col suo Dio. – « O la più bella delle creature, anima che desideri ardentemente di conoscere il luogo dove si trova il tuo Diletto, per cercarlo e unirti a Lui, sei tu stessa il rifugio dove Egli si ritira, la dimora in cui si nasconde. Il tuo Diletto, il tuo tesoro, l’unica tua speranza, ti è così vicino, che anzi, abita in te; e, senza di Lui, tu non puoi nemmeno esistere » (San Giovanni della Croce – « Cantico spirituale, strofa 1°.). Si ricordi però, quest’anima, che Dio abita in lei non per lei soltanto, per la sola sua gioia, ma prima di tutto per la propria gloria. « La Trinità brama ritrovare nelle sue creature la propria immagine e somiglianza ». Ecco quindi che la gloria della Trinità deve elevare alfine l’anima al di sopra di se stessa e della sua propria gioia. propria gioia. « Poiché l’anima mia è un cielo in cui vivo aspettando la celeste Gerusalemme, questo cielo deve cantare la gloria dell’Eterno, niente altro che la gloria dell’Eterno » (Ultimo ritiro – VII giorno.). A questo, in ultima analisi, la dottrina spirituale di suor Elisabetta della Trinità vuole condurre le anime: « Vivere in un eterno presente ad immagine dell’immutabile Trinità, sempre adorandola per Lei stessa, e divenire, mediante uno sguardo sempre più semplice, più unitivo, lo splendore della sua gloria o, in altre parole, l’incessante lode di gloria delle sue adorabili perfezioni » (Ultimo ritiro – XVI giorno). – Mentre santa Teresa di Gesù Bambino ha suscitato schiere di anime che l’hanno seguita nella sua offerta di vittima all’Amore misericordioso, suor Elisabetta della Trinità sembra aver ricevuto la missione di suscitare nella Chiesa una moltitudine di « Lodi di gloria » alla Trinità: Vi lascio in eredità questa vocazione che fu la mia in seno alla Chiesa militante e che adempierò d’ora innanzi incessantemente nella Chiesa trionfante:
« Lode di gloria
della Santissima Trinità».