DOMENICA III DOPO PENTECOSTE (2022)

DOMENICA NELL’OTTAVA DELLA FESTA DEL SACRO CUORE e III DOPO LA PENTECOSTE. (2022)

Semidoppio. – Paramenti bianchi.

La liturgia di questo giorno esalta la misericordia di Dio verso gli uomini: come Gesù « che era venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori », cosi lo Spirito Santo continua l’azione di Cristo nei cuori e stabilisce il regno di Dio nelle anime dei peccatori. Questo ricorda la Chiesa nel Breviario e nel Messale. — Le lezioni del Breviario sono consacrate quest’oggi alla storia di Saul. Dopo la morte di Eli gli Israeliti si erano sottomessi a Samuele come a un nuovo Mosè; ma quando Samuele divenne vecchio il popolo gli chiese un re. Nella tribù di Beniamino viveva un uomo chiamato Cis, che aveva un figlio di nome Saul. Nessun figlio di Israele lo eguagliava, nella bellezza, ed egli sorpassava tutti con la testa. Le asine del padre si erano disperse ed egli andò a cercarle e arrivò al paese di Rama ove dimorava Samuele. Ed egli disse: « L’uomo di Dio mi dirà, ove io le potrò ritrovare ». Come fu alla presenza di Samuele, Dio disse a questi: « Ecco l’uomo che io ho scelto perché regni sul mio popolò ». Samuele disse a Saul: « Le asine che tu hai perdute da tre giorni sono state ritrovate ». Il giorno dopo Samuele prese il suo corno con l’olio e lo versò sulla testa di Saul, l’abbracciò e gli disse: « Il Signore ti ha unto come capo della sua eredità, e tu libererai il popolo dalle mani dei nemici che gli sono d’attorno ». « Saul non fu unto che con un piccolo vaso d’olio, – dice S. Gregorio – perché in ultimo sarebbe stato disapprovato. Questo vaso conteneva poco olio e Saul ha ricevuto poco, perché  la grazia spirituale l’avrebbe rigettata » (Matt.). « In tutto – aggiunge altrove – Saul rappresenta i superbi e gli ostinati » (P. L. 79, c. 434). S. Gregorio dice che Saul mandato « a cercare le asine perdute è una figura di Gesù mandato da suo Padre per cercare le anime che si erano perdute » (P. L. 73, c. 249). « I nemici sono tutt’intorno in circuitu », continua egli; lo stesso dice il beato Pietro: « Il nostro avversario, il diavolo, gira (circuit) attorno a voi ». E come Saul fu unto re per liberare il popolo dai nemici che l’assalivano, cosi Cristo, l’Unto per eccellenza, viene a liberarci dai demoni che cercano di perderci. – Nella Messa di oggi il Vangelo ci mostra la pecorella smarrita e il Buon Pastore che la ricerca, la mette sulle spalle e la riporta all’ovile. Questa è una delle più antiche rappresentazioni di Nostro Signore nell’iconografia cristiana, tanto che si trova già nelle catacombe. L’Epistola ci mostra i danni ai quali sono esposti gli uomini raffigurati dalla pecorella smarrita. « Vegliate, perché il demonio come un leone ruggente cerca una preda da divorare. Resistete a lui forti nella vostra fede. Riponete in Dio tutte le vostre preoccupazioni, poiché egli si prende cura di voi (Ep.), Egli vi metterà al sicuro dagli assalti dei vostri nemici (Grad.), poiché è il difensore di quelli che sperano in lui (Oraz.) e non abbandona chi lo ricerca (Off.). Pensando alla sorte di Saul, che dapprima umile, s’inorgoglisce poi della sua dignità reale, disobbedisce a Dio e non vuole riconoscere i suoi torti, « umiliamoci avanti a Dio » (Ep.) e diciamogli: « O mio Dio, guarda la mia miseria e abbi pietà di me: io ho confidenza in te, fa che non sia confuso (Int.); e poiché senza di te niente è saldo, niente è santo, fa che noi usiamo dei beni temporali in modo da non perdere i beni eterni (Oraz.); concedi quindi a noi, in mezzo alle tentazioni « una stabilità incrollabile » (Ep.).

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXIV: 16; 18 Réspice in me et miserére mei, Dómine: quóniam únicus et pauper sum ego: vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea, Deus meus.

[Guarda a me, e abbi pietà di me, o Signore: perché solo e povero io sono: guarda alla mia umiliazione e al mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati, o Dio mio.]

Ps XXIV: 1-2 Ad te, Dómine, levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam.

[A te, o Signore, elevo l’ànima mia: Dio mio, confido in te, ch’io non resti confuso.]

Réspice in me et miserére mei, Dómine: quóniam únicus et pauper sum ego: vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea, Deus meus.

[Guarda a me, e abbi pietà di me, o Signore: perché solo e povero io sono: guarda alla mia umiliazione e al mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati, o Dio mio.]

Oratio

Orémus.

Protéctor in te sperántium, Deus, sine quo nihil est válidum, nihil sanctum: multíplica super nos misericórdiam tuam; ut, te rectóre, te duce, sic transeámus per bona temporália, ut non amittámus ætérna.

[Protettore di quanti sperano in te, o Dio, senza cui nulla è stabile, nulla è santo: moltiplica su di noi la tua misericordia, affinché, sotto il tuo governo e la tua guida, passiamo tra i beni temporali cosí da non perdere gli eterni.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Petri Apóstoli. 1 Pet V: 6-11 “Caríssimi: Humiliámini sub poténti manu Dei, ut vos exáltet in témpore visitatiónis: omnem sollicitúdinem vestram projiciéntes in eum, quóniam ipsi cura est de vobis. Sóbrii estote et vigiláte: quia adversárius vester diábolus tamquam leo rúgiens circuit, quærens, quem dévoret: cui resístite fortes in fide: sciéntes eándem passiónem ei, quæ in mundo est, vestræ fraternitáti fíeri. Deus autem omnis grátiæ, qui vocávit nos in ætérnam suam glóriam in Christo Jesu, módicum passos ipse perfíciet, confirmábit solidabítque. Ipsi glória et impérium in sæcula sæculórum. Amen”.

(“Carissimi: Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti nel tempo della visita. Gettate ogni vostra sollecitudine su di lui, poiché egli ha cura di voi. Siate temperanti e vegliate; perché il demonio, vostro avversario, gira attorno, come leone che rugge, cercando chi divorare. Resistetegli, stando forti nella fede; considerando come le stesse vostre tribolazioni sono comuni ai vostri fratelli sparsi pel mondo. E il Dio di ogni grazia che ci ha chiamati all’eterna sua gloria, in Cristo Gesù, dopo che avete sofferto un poco, compirà l’opera Egli stesso, rendendoci forti e stabili. A lui la gloria e l’impero nei secoli dei secoli”).

LE PERSECUZIONI.

Non più l’Apostolo della carità Giovanni, oggi parla l’Apostolo dell’autorità, il Duce, San Pietro. Odor di battaglia intorno al capo e ai gregari, quell’odor di battaglia che è così frequente nella storia della Chiesa… « Tu, che da tanti secoli soffri, combatti e preghi…» Il Duce rincuora la sua truppa, la rincuora a modo suo, ma la rincuora in modo e forma che sarà utile sempre. Sotto la raffica resistono meglio talvolta gli alberi che invece di irrigidirsi superbi, piegano e flettono. Sotto la raffica del vento, sotto la tempesta della persecuzione il Cristiano deve umiliarsi con un gesto che non è umiliazione, è prudenza, è dignità, perché deve umiliarsi non agli uomini, ma a Dio: « sub potenti manu Dei » dice il testo, di quel Dio che se non vuole, permette le tribolazioni della sua Chiesa, dei suoi figliuoli più cari; potente anche quando agli occhi superficiali Egli sembra debole; di quel Dio che vigila anche quando pare agli increduli, ai cattivi che Egli dorma. – Lo pensavano forse che Dio dormisse alcuni di quei neofiti, di quei poveri Cristiani della prima ora che entrati appena nella barca di San Pietro in cerca di tranquillità, di sicurezza, la vedevano così terribilmente sbattuta dalle onde. Dorme Dio, dicevano, ci ha abbandonati. Ai quali l’Apostolo della autorità, il Duce ricorda che Egli è sollecito, da buon Padre amoroso, dei suoi figli, «ipsì est cura de vobis». Veglia non visto. Il che però, se deve sgombrar la viltà dell’animo dei fedeli perseguitati, non vi deve accendere il fuoco fatuo della presunzione. – Visti, vigilati, aiutati da Dio, appunto perciò, i fedeli devono combattere con tutte le loro forze, come se Dio li avesse lasciati soli a se stessi. Sobrii e attenti; ecco il programma che il Duce traccia ai suoi militi nella aspra guerra spirituale in cui sono impegnati. Sobrii perché la carne non frenata con la sobrietà, vince essa lo spirito e vigili, per non essere sorpresi, per non cader vittime di una imboscata qualsiasi. Il gran nemico, da buon condottiero, qual è anche lui, colla sua genialità malefica, questo tenta e vorrebbe: sorprendere coloro che vuol abbattere. Veglino e tengano desta con maggior diligenza la fede. « Fortes in fide». La fede è per essi, pei Cristiani, l’«ubì consistam» della loro vittoriosa resistenza. Credenti, sono forti; scettici, dubbiosi sono vinti. Che importa se alla loro fede si fa guerra? guerra nella loro piccola comunità? guerra al loro piccolo gruppo? No, la guerra non è così ristretta: è mondiale, dappertutto dove la fede cristiana si afferma, la lotta pagana si impegna, vincolo nuovo di tutta la grande fraternità, confraternità. – Il Duce lo rammenta con una specie di santo orgoglio, perché la Chiesa non cerca la lotta, ma neanche la teme, non la teme neanche quando essa prende estensioni inaudite: il mondo intero. Tutto questo fa pensare ad una persecuzione imperiale da parte di Roma pagana. Il Duce è forte, coraggioso, audace, senza ombra di spavalderia, perché sa di poter contare sull’appoggio indefettibile di un altro Duce. Egli, Pietro, è un Vicario, un sostituto, un facente funzione di… il Capo reale, invisibile è Gesù Cristo. Ed Egli ha il suo stile. Lascia soffiar la tempesta sui suoi per un po’ di tempo: «modicum ». Le tribolazioni della vita sono tutte brevi: le persecuzioni dei malvagi passano, anche quelle che paiono ai pazienti più lunghe, anche quelle che i carnefici, i persecutori, credono eterne: passano, sono temporanee, La Chiesa ha per sé l’eternità. La “vera” Chiesa non muore… E quando il vento impetuoso che pareva eterno è passato, inesorabilmente passato, si trova che invece di scalfire il gran monumento che è la Chiesa, l’ha spolverato, invece che fracassare i cieli, li ha purificati. Lezione magnifica, buona sempre, opportuna per chi temesse le persecuzioni, opportuno per chi desiderasse scatenarle…

[P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939. – Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)]

Graduale

Ps LIV: 23; 17; 19 Jacta cogitátum tuum in Dómino: et ipse te enútriet.

[Affida ogni tua preoccupazione al Signore: ed Egli ti nutrirà.]

V. Dum clamárem ad Dóminum, exaudívit vocem meam ab his, qui appropínquant mihi. Allelúja, allelúja.

[Mentre invocavo il Signore, ha esaudito la mia preghiera, liberandomi da coloro che mi circondavano. Allelúia, allelúia]

Ps VII: 12 Deus judex justus, fortis et pátiens, numquid iráscitur per síngulos dies? Allelúja.

[Iddio, giudice giusto, forte e paziente, si adira forse tutti i giorni? Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.

S. Luc. XV: 1-10

“In illo témpore: Erant appropinquántes ad Jesum publicáni et peccatóres, ut audírent illum. Et murmurábant pharisæi et scribæ, dicéntes: Quia hic peccatóres recipit et mandúcat cum illis. Et ait ad illos parábolam istam, dicens: Quis ex vobis homo, qui habet centum oves: et si perdíderit unam ex illis, nonne dimíttit nonagínta novem in desérto, et vadit ad illam, quæ períerat, donec invéniat eam? Et cum invénerit eam, impónit in húmeros suos gaudens: et véniens domum, cónvocat amícos et vicínos, dicens illis: Congratulámini mihi, quia invéni ovem meam, quæ períerat? Dico vobis, quod ita gáudium erit in cœlo super uno peccatóre pœniténtiam agénte, quam super nonagínta novem justis, qui non índigent pœniténtia. Aut quæ múlier habens drachmas decem, si perdíderit drachmam unam, nonne accéndit lucérnam, et evérrit domum, et quærit diligénter, donec invéniat? Et cum invénerit, cónvocat amícas et vicínas, dicens: Congratulámini mihi, quia invéni drachmam, quam perdíderam? Ita dico vobis: gáudium erit coram Angelis Dei super uno peccatóre pœniténtiam agénte”.

(“In quel tempo andavano accostandosi a Gesù de’ pubblicani e de’ peccatori per udirlo. E i Farisei e gli Scribi ne mormoravano, dicendo: Costui si addomestica coi peccatori, e mangia con essi. Ed Egli propose loro questa parabola, e disse: Chi è tra voi che avendo cento pecore, e avendone perduta una, non lasci nel deserto le altre novantanove, e non vada a cercar di quella che si è smarrita, sino a tanto che la ritrovi? e trovatala se la pone sulle spalle allegramente; e tornato a casa, chiama gli amici e i vicini, dicendo loro: Rallegratevi meco, perché ho trovato la mia pecorella, che si era smarrita? Vi dico, che nello stesso modo si farà più festa per un peccatore che fa penitenza, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Ovvero qual è quella donna, la quale avendo dieci dramme, perdutane una, non accenda la lucerna, e non iscopi la casa, e non cerchi diligentemente, fino che l’abbia trovata? E trovatala, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi meco, perché ho ritrovata la dramma perduta. Così vi dico, faranno festa gli Angeli di Dio, per un peccatore che faccia penitenza”).

Omelia

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956).

L’AMORE DI DIO VERSO IL PECCATORE

Facciamo una questione: Dio ama i peccatori? Senza dubbio ama gli uomini giusti che vivono secondo la sua legge; come pure ama quelli che si pentono e convertono anche se hanno trascorso molti anni in una pessima dissipazione. Ma gli uomini che, tuttora peccando sotto il suo sguardo, lo disprezzano e lo offendono, il Signore li ama? La questione fu già risolta dalla mente acutissima di S. Agostino, il quale disse che Dio ama ancora i poveri peccatori, soltanto odia i peccati che commettono. Il mondo invece fa l’opposto di Dio. Ama i peccati, e n’è immerso, ma si erge implacabile giudice a respingere nell’abbiezione i peccatori. Nel mondo ogni giorno si ripete quello che avvenne al tempo di Gesù, quando i Farisei avrebbero voluto che il Figlio di Dio scacciasse via da sé i pubblicani e i peccatori, che lo circondavano desiderosi d’emendarsi. Ma il misericordioso Redentore non si lasciò intimorire dalle recriminazioni di quei superbi e crudeli, e giustificò la sua condotta con due parabolette. La prima è quella della pecora smarrita. A un pastore di cento pecore ne manca una: subito lascia le novantanove al sicuro e va in cerca e non si dà pace finché non ritrova la smarrita. Ritrovatala che l’abbia, se la pone pien di gioia sulle spalle e la porta a casa dove fa festa con i vicini e gli amici. L’altra parabola è quella della moneta perduta. A una donna che aveva dieci monete ne manca una: subito si dà alla ricerca, accende la lucerna, spazza la casa e scruta attentamente, finché non l’abbia ritrovata. Poi chiama le vicine e le amiche a partecipare alla sua gioia. Conchiudendo ciascuna parabola, Gesù svelò che il pastore in cerca della pecora smarrita, che la massaia in cerca della moneta perduta, è Dio che cerca di salvare il peccatore, Dio che fa festa coi suoi Angeli e coi Santi ad ogni uomo che si converte. Com’è forte e disinteressato l’amore di Dio, e come è diverso dal nostro! Il nostro è pieno d’orgoglio, di pretensioni, di tornaconto, di vendette; invece, l’amore di Dio abbraccia anche chi lo disconosce e lo vuole disconoscere, chi lo oltraggia e lo vuole oltraggiare, chi si sdraia nel fango e si ostina a restarci. Par quasi che Dio abbia bisogno del peccatore per la sua gloria, mentre la sua gloria è infinita per se stessa e nessuno gliela può aumentare o diminuire; par quasi che ne abbia bisogno per la sua beatitudine, mentre la sua beatitudine è egualmente piena anche senza di esso. È l’amore che spinge così il Padrone dell’universo in cerca di un pulviscolo ribelle; è l’amore purissimo che non avendo bisogno di nulla non vuole che donare: dona la sua gloria, la sua gioia, la sua vita. Sotto tre aspetti considereremo l’amore di Dio verso il peccatore: amore che crea e conserva; amore che redime; amore che sollecita senza stancarsi mai. – 1. AMORE CHE CREA E CONSERVA. a) Immenso e disinteressato è l’amore di Dio che crea. Spesse volte si sente dire: « Se l’avessi saputo, non mi sarei fidato di quella persona!… ». Lo dice l’industriale quando s’accorge della slealtà del suo socio. L’aveva tolto dalla vita stentata di impiegatuccio d’ufficio, e benché non avesse capitale, l’aveva messo a parte della sua azienda, ed ora si trova da lui perfidamente tradito e rovinato. « Ah se l’avessi saputo!… » Dice così anche il padre adottivo quando s’accorge che il figlio raccolto dalla strada e dalla miseria, ammesso nella sua mensa, al suo amore, alla sua eredità, ora con pessima ingratitudine disonora il suo nome e gli avvelena il cuore di dispiaceri. « Ah se l’avessi saputo!… ». Ma Dio quando crea l’uomo, vede chiaramente che quella sua creatura a cui dona l’esistenza, in cui mette il suo amore infinito, si ribellerà a Lui ingratamente, lo tradirà per volgersi a persone e a cose, lo disprezzerà tante volte preferendogli un’ora d’impuro stordimento sensuale. Dio sa, eppure Dio che non ha bisogno di nulla, di nessuno, crea l’uomo perché il suo amore non vuol ricevere, ma dare: e dà l’inestimabile dono della vita. b) Se immenso è l’amore di Dio che crea il peccatore, immenso è pure quando lo conserva. Se noi fossimo ciechi e qualcuno ci ridonasse la vista; se fossimo paralizzati e qualcuno ci rimettesse in moto le membra; se fossimo chiusi in un manicomio colpiti da una malattia mentale e qualcuno ci restituisse l’uso della ragione, di quanto amore e riconoscenza circonderemmo quel salvatore! Ebbene Dio ad ogni momento ci dà forza di vedere, di camminare, di ragionare. Se per un istante solo cessasse di infonderci la sua forza, noi ci spegneremmo come un fanale in mezzo alla via a cui non arrivi più energia dalla sorgente elettrica. c) Per intravvedere ancora meglio gli abissi incomprensibili dell’amore divino, bisogna riflettere che Egli conserva la vista anche in quel momento stesso in cui gli occhi si volgono a spettacoli, a letture, a oggetti pericolosi, si fissano su persone con l’avidità del desiderio impuro. Conserva l’agilità, il movimento, il nerbo alle membra anche in quel momento che il corpo è fatto strumento di nequizia. Conserva la ragione anche allora che la mente moltiplica pensieri d’incredulità o di vendetta. Chi è colui, così forsennato, che sostenuto da una paterna mano sulla bocca d’una voragine, morde rabbiosamente quella mano che lo tiene? Questo forsennato è il peccatore. Ma l’amore di Dio è più forte d’ogni umana forsennatezza e non lo lascia precipitare nell’inferno. Si ricordi però l’uomo peccatore questa terribile verità: Dio non salva nessun per forza. – 2. AMORE CHE REDIME. Non c’è amore più grande di quello che sa morire per le persona amata (Giov. XV, 13). Sulla terra è rarissimo, ma non introvabile: qualche madre ha saputo morire per il proprio figlio, qualche amico è morto per salvare un amico. Sulla terra però non c’è nessuno — ed è S. Paolo che lo dice (Rom., V, 6-9) – a cui basti il cuore di morire per salvare un suo nemico, un ingiusto. Ebbene, questo ha saputo fare l’amore di Gesù, il quale patì e morì per salvare noi che il peccato aveva reso colpevoli e nemici suoi. Sotto i selvaggi colpi della flagellazione, Gesù guardava i manigoldi imbestialiti che lo battevano allegramente, e diceva in cuor suo: « Io li amo fino a dare per loro quella carne e quel sangue che mi strappano ». Salendo al Calvario, impiagato e sanguinante, Gesù vedeva lungo la strada molte facce indifferenti, o curiose, o malvage, e diceva in cuor suo: «Io li amo e vado a morire spontaneamente per loro che si ridono di me ». Dall’alto del patibolo il Figlio di Dio udiva le imprecazioni, le risa, la maligna gioia dei suoi nemici e diceva in cuor Suo: « È per loro che mi lascio crocifiggere: Io li amo tanto e dono volentieri la vita per salvarli dalla perdizione ». Nel cortile del pretorio tra i manigoldi flagellatori, lungo la via dolorosa tra la folla urlante e maledicente, sotto la croce, il Salvatore ha visto anche la nostra faccia, il nostro gesto di scherno e d’odio. Anche noi l’abbiamo crocifisso, perché anche noi abbiamo peccato. Ed Egli, vedendoci, anche per noi disse: « L’amo tanto, e muoio volentieri per lui che non mi ama ». In un libro che narra storie del tempo in cui era diffusa la schiavitù, si legge che un giovane schiavo venne dai musulmani condotto sul mercato per essere venduto. Gli legarono le mani dietro la schiena e gli appesero al collo una grossa spada e gli dissero: « Se nessuno ti ricatta, a sera ti uccideremo con questa spada ». Il povero giovane, con voce che si faceva sempre più straziante man mano che il giorno procedeva, supplicava tutti quelli che passavano di riscattarlo. Già il sole tramontava e le ombre s’allungavano: al meschino pareva di perdere la vista, tanto era l’orrore che lo invadeva. Finalmente, quando il sole s’annidò ad occidente, passò di là un ricco Cristiano, che lo riscattò. La riconoscenza di quel giovane non si può dire a parole. Noi pure eravamo schiavi di satana nel potere del quale ci avevano messi i nostri peccati, e se la sera, cioè la morte, fosse discesa sopra di noi in tale condizione, per noi sarebbe stata finita per sempre. Gesù ci vide, ci amò, ci riscattò non con denaro, ma con sangue vivo, col suo sangue divino. La crudeltà più vergognosa è che, riscattati, noi corremmo a trafiggere il nostro Salatore con quella spada che ci avrebbe dovuto dare la morte eterna, cioè il peccato. Ma l’amore più grande è che Gesù sapeva che l’avremmo ricompensato così, e ci ha riscattati egualmente, morendo per. noi. – 3. AMORE CHE SOLLECITA. Il profeta Isaia, ispirato dal Signore, una volta disse al popolo di Israele: « Le orecchie udranno sempre la parola di uno che dietro alle spalle ti avvisa: ecco la via, in essa cammina » (Is; XXX; 21). Quanto è vera questa profezia, e come davvero l’amore di Dio corre dietro al peccatore incessantemente e lo sollecita! a) Lo sollecita col rimorso. « Perché vuoi correre alla perdizione? Se non ti persuade il mio amore, ti persuada almeno la tua disgrazia; se non mi vuoi dar retta, non dimenticare almeno te stesso ». b) Lo sollecita beneficandolo. Gli dà salute, lavoro, consolazioni, sostentamento. Alcuni osservando il peccatore fortunato, mormorano della bontà di Dio, come se facesse un’ingiustizia a loro, e dicono: « Non mette conto di esser buono; guardate quell’uomo che vive quasi senza religione com’è fortunato! ». C’è caso perfino che lo stesso peccatore prenda occasione dei benefici con cui l’amore di Dio lo sollecita, per bravarlo insolentemente: « Ho peccato, e che cosa mi è capitato di triste? ». c) Lo sollecita castigandolo. Le malattie, gli insuccessi, le umiliazioni, le delusioni, sono mezzi con cui l’amore di Dio amareggia il mondo perché il peccatore si decida a distaccarvi il cuore. – Gesù, approdando una volta sulla sponda orientale del lago di Genezareth, si vide correre incontro un uomo, posseduto da uno spirito immondo. Lo sventurato aveva dimora fra i sepolcri sparsì sulla collina, e quando il demonio l’agitava, si batteva coi sassi e urlava. Appena vide Gesù, corse a Lui e con grida gli disse: « Che t’importa di me, Gesù Figliuolo di Dio? Vattene via, ti scongiuro; non tormentarmi ». Gesù con la forza invincibile del suo amore, comandò al demonio di uscire da quel corpo. E il giovane fu guarito. Orbene, Cristiani: non è impossibile che qualche anima ascoltando le meraviglie dell’amore divino verso il peccatore, abbia a ripetere il grido dell’indemoniato: « Che t’importa di me, Gesù! Lasciami stare nelle mie abitudini, nel mio fango; non tormentarmi così coi rimorsi, colle prediche, con le tue grazie… « Lasciami stare, che sono troppo cattivo per convertirmi! » Ma nessuno può essere cattivo quanto il Signore è buono. « Lasciami stare, che sono anni e anni di vergogna e di miserie, ed ormai è troppo tardi! ». Ma non è mai tardi, fin che c’è un filo di vita. Dio può compiere in un punto ciò che un uomo non saprebbe fare in cinquant’anni. « Lasciami stare; che cosa ne vuoi fare di me? » Dio vuol farne un trofeo della sua bontà; vuole mostrare in te la grandezza del suo perdono. Signore! non ascoltare le nostre grida di paura e di passione: « considera che noi non comprendiamo noi stessi e che non sappiamo ciò che vogliamo e che ci allontaniamo infinitamente da ciò che desideriamo ». Signore; dacci la forza di credere al tuo Amore, perché troppo grande da comprendere per le piccole e deboli creature che siamo. — L’ANIMA. Davanti alle due parabole, che or ora ho letto nel Messale, mi torna su dal cuore la parola che S. Paolo gridò nell’Aeropago di Atene: « Noi siamo progenie divina; se così non fosse, perché Dio si sarebbe preso tanta cura di noi? Quando un uomo si allontana dal suo Creatore e lo oltraggia, Egli non pensa che a ricondurlo a sé: si comporta come un pastore che possiede cento pecore delle quali una si sia smarrita. Nel deserto ove di solito venivano condotte d’inverno le greggi, appena si levavano i primi fiati tiepidi della primavera, tutte le colline si coprivano di una leggera peluria verde. Ed una pecora, più avida delle altre, attratta da una miglior pastura, si era sottratta agli occhi del guardiano. Che farà allora il padrone del gregge? Confida le novantanove pecore alle cure di altri pastori necessari per un numero così grande, e va alla ricerca della scomparsa: la trova, se la stringe al collo, la riporta indietro gridando: « Amici: festa festa! ho ritrovato quella che era perduta ». Quando un uomo sfugge dalle mani amorevoli del suo Creatore per intrufolarsi nella polvere e nelle immondezze, Egli non pensa che a risollevarlo fino al suo Cuore: si comporta come una madre di famiglia che possiede dieci dramme delle quali una si sia smarrita. La buona massaia stava, forse, contandole sulle mani, quando si accorse che una mancava. Come fare a ritrovarla in quella sua camera mal rischiarata in mezzo ai molti oggetti disseminati sul pavimento? Accende la lucerna, scopa, fruga, scruta: vede un luccicore: è lei. Se la stringe tra le dita e corre fuori gridando: « Amiche: festa, festa! ho ritrovato quella che era perduta ». « Oh, se sapeste! — disse Gesù a tutta la gente che aveva ascoltato le due parabole; — Oh, Se sapeste quanta gioia v’è nel cielo per ogni peccatore che si converte!… ». Queste parole del Signore, o Cristiani, esigono tutta la vostra attenzione. Forse che Dio, forse che gli Angeli, forse che i Santi farebbero tanto caso per una sola anima d’uomo, se essa non avesse un prezzo infinito? Se essa non contenesse qualche cosa di divino, forse il Padre dell’universo n’andrebbe in cerca con tanta brama? Eppure al valore dell’anima chi ci pensa? – 1. VALORE DELL’ANIMA. S. Giovanni l’Evangelista, sollevato un giorno in estasi vide in cielo un segno misterioso e grande: una Signora vestita di sole, coronata di stelle, con sotto i piedi la luna. Molti hanno cercato d’interpretare il senso di questa visione: chi nella Signora riconobbe la Vergine Maria, e chi la Chiesa. Però non si può dar torto a S. Bernardino da Siena, che affermò che quella Donna significa l’anima umana. Infatti: l’anima in grazia è splendida più che se fosse vestita coi raggi del sole; è coronata di stelle, perché gli Angeli, mistiche stelle del paradiso, la circondano ammirati; ha la luna sotto i piedi perché tutte le cose create in suo confronto sono da calpestarsi. Ma pur lasciando la visione dell’Evangelista, ragioniamo per un momento sulla preziosità dell’anima. La preziosità di qualunque oggetto deriva dalla sua intrinseca fattura, dalla sua utilità, dalla sua rarità. 1) Orbene, preziosissima è l’anima per la sua intrinseca fattura. Essa venne creata da Dio. Un quadro di Raffaello, una statua di Michelangelo sono valutati con prezzi favolosi, perché sono usciti dalle mani di artisti famosi: e l’anima nostra non esce forse dalle mani dell’Artista Supremo? Notate ancora che essa venne creata da Dio, a sua somiglianza: porta quindi in sé qualche cosa della bellezza, della grandiosità, della sapienza di Dio. Come Dio è uno nell’essenza e trino nelle Persone, così l’anima è una nell’essenza ma ha tre facoltà: memoria, intelletto e volontà. Come Dio è invisibile, così essa è invisibile. Come Dio è eterno, così essa, una volta creata, più non muore. Come Dio è libero, così essa pure è libera. 2) L’anima è pure preziosissima per riguardo alla sua utilità: l’anima nostra ragionevole è ciò che ci distingue dalle bestie; ciò che ci fa capaci d’amare Dio, di servirlo liberamente, ed un giorno nel cielo, confortati dalla grazia, di goderlo per tutta l’eternità. Cicerone, quantunque pagano, intuiva il valore dell’anima quando diceva che essa era tutto l’uomo. Homo constat ex anima. Purtroppo, molti Cristiani vivono come se essa non contasse per niente. 3) La preziosità di un oggetto si deduce ancora dalla sua rarità: ebbene, di anima ce n’è una sola, E quella perduta, tutto è perduto; e quella salvata, tutto è salvato. Ma se questo ragionamento ancor non vi persuade, lasciatevi almeno convincere dal conto in cui il Figlio di Dio e il principe del male hanno tenuto le anime. Che non fa il Demonio, che non tenta, che non promette pur di conquistarne una? « Hæc omnia tibi dabo — dice egli a Gesù mostrandogli dalla vetta d’un monte i regni della terra, — si cadens adoraveris me!» (Mt., IV, 9). satana è pronto a cedere un mondo intero per avere un’anima, e noi gliela abbandoniamo per così poco! Propter pugillum hordei, et fragmen panis (Ezech., XIII, 19). Per il capriccio di un’ora, per un interesse vile, per una golosità bestiale. « Che stoltezza, esclama San Bernardo, stimar così poco quell’anima che perfino il demonio ha in sì gran prezzo! ». – Che non fa Gesù, che non tenta, che non promette per salvare le anime nostre? Egli ha lasciato gli Angeli in cielo ed è corso per tutte le strade della terra in cerca dell’uomo, pecorella perduta! Egli, come la massaia, ha messo a soqquadro il mondo per sollevarci fuori dalla nostra miseria! Egli si è fatto calunniare, tradire, battere a sangue, sputare in volto, e crocifiggere per la nostra anima. « Badate — ci avvisò S. Pietro — che foste redenti non con oro o con argento disprezzabile, ma con tutto il sangue prezioso dell’Agnello ». – 2. CURA DELL’ANIMA. Racconta un poeta latino che un giovane preso dalla follia di scialacquare patrimoni interi, stemperò nell’aceto una perla preziosissima e la bevve in un sorso (Horat., Sat. II, 3, 240). Un fremito d’indignazione ci scuote solo al ricordo di tanta storditezza. Ma che diranno gli Angeli quando vedono gli uomini sperdere la propria anima per una boccata di piacere acetoso? Bisogna aver cura della propria anima, come la saggia e onorevole madre ha cura del suo figlio unico: ella lo istruisce, lo fortifica, lo nutre; così noi dobbiamo istruire, fortificare, nutrire la nostra anima in ogni giorno della vita. 1) Dobbiamo istruirla. Nelle scienze profane? senza dubbio possiamo raccogliere anche da esse qualche sprazzo di luce; ma la vera luce dell’anima è la scienza sacra, è il catechismo, è la dottrina di Gesù. « Io sono la luce del mondo che illumina ogni anima ». Da qui deriva in noi l’obbligo di frequentare la Chiesa e le prediche, di non lasciar mancare alle anime dei nostri figli l’istruzione religiosa. Ricordatevi che lo Spirito Santo ha lanciato una terribile maledizione contro quelli che rifiutano la sua scienza: « Quia tu repulisti scientiam, repellam te » (Osea, IV, 6). 2) Dobbiamo fortificarla. I giovani per crescere vigorosi si esercitano alla corsa, al salto, alla lotta; l’anima pure deve essere esercitata a correre sulla via del bene, a saltare le occasioni pericolose, a lottare contro i nemici spirituali. È questo un lavoro non scevro di sforzi: ma nessuno può salvarsi senza fatica, anzi il progresso della nostra anima è proporzionato alla violenza che avremo fatto contro noi stessi. Tantum proficies, quantum tibi ipsi vim intuleris. 3) Dobbiamo nutrirla. L’anima è cosa tutta celeste, e non ha cibo se non dì cielo: la preghiera e la Comunione. Che cosa è di un corpo che non si nutre? Muore: così è dell’anima che non prega e non si comunica frequentemente. Or voi capite perché S. Paolo scrive ai Cristiani di Tessalonica: « Pregate senza interruzione ». Molti domandano con insistenza: «Riuscirò a salvare la mia anima? ». A costoro rispondo con un grazioso fatterello che il P. Segneri amava, sorridendo, raccontare dal pulpito. C’era sulla piazza d’Atene un famoso indovino che a tutti dava pronostici e predicava il futuro e svelava il passato. Or ecco, un giorno, gli si accostò per gabbarlo un uomo che teneva una passera chiusa nel pugno. « Sai dirmi, — gli chiese. — se è viva od è morta? ». Ma l’astuto pensava tra sé così: se egli dirà morta, io lascerò ch’essa voli e lo smentirò; se egli la dirà viva, io la stringerò col pollice e la farò morire. Ma l’indovino fu più furbo del furbo tentatore, e così rispose: « Signore, la vostra passera è tal quale la volete voi: Se viva, viva; se morta, morta ». Tutti gli astanti applaudirono. Cristiani, quella sagace risposta io potrei girarla a voi. La vostra anima sarà tal quale la volete voi, se salva, salva; se dannata, dannata. Anima vestra in manibus vestris. (Ps. CXVIII, 109). Sono assai certo che tutti voi la volete salva; ma allora abbiatene gelosamente cura: istruitela, fortificatela, nutritela. — Se la bianca agnella, se la dramma splendente sono simbolo dell’anima, io penso che senza sforzo possono anche significare la virtù più bella che adorna l’anima, la virtù che la imbianca e la fa risplendere: la castità. Senza di questa virtù che valgono all’uomo, che valgono alla donna tutti gli altri meriti, fossero anche nove come le dramme o novantanove come le pecore? Ascoltate, dunque, una parola che vi faccia apprezzare questa gemma spirituale troppo conculcata nel mondo. Così vi sentirete sospinti a custodirla con ogni fatica se la possedete; così, se una orribile disgrazia ve l’ha fatta smarrire, ancora sì come il pastore e come la donna della parabola non vi darete pace se non dopo averla ricuperata. – 1. CHE COS’È LA CASTITÀ. Un giovane era tormentato dal desiderio cocente di possedere una perla di valore. E forse già aveva inquisito nei più ricchi mercati, forse già aveva fatto scandagliare nel profondo delle acque, forse aveva frugato nelle viscere della terra: invano. Ma un giorno, dopo lunga brama, ne trovò una: così bella, così rara, così fulgente che fu estasiato. Sussultante per la letizia che gli traspariva dalle pupille, va, vende tutto quello che aveva e la compra. Abiit et vendidit omnia quæ habuit et emit ea (Mt., XIII, 46). Questa perla che supera ogni prezzo, per cui i Santi fecero gettito di ogni mondana cosa e persino della vita, è dentro al nostro cuore. È la castità. « Io sento nel mio corpo una legge che si oppone alla legge della mia mente. La carne desidera contro lo spirito e lo spirito contro la carne» (Rom., VII, 23). Quello che ha provato S. Paolo, è pure il combattimento che noi tutti, giorno per giorno, esperimentiamo. Or bene, sottomettere il senso alla ragione, rendere il corpo servo dell’anima: ecco la perla della castità. Questa virtù ha due gradi: il primo eroico, non obbliga tutti, ma solo quelli a cui il Signore concede l’immensa grazia di consacrarsi a Lui unicamente in verginità perfetta. Il secondo, comune, obbliga alla castità assoluta tutti coloro che non sono legati dal vincolo matrimoniale, e alla castità coniugale quelli invece che sono sposati. Comunque, in qualsiasi grado, la castità è sempre la perla più preziosa del mondo. La castità è bellezza! Pensate com’è bella la primavera quando passa per le nostre contrade. Il cielo si fa profondo e azzurro, l’aria tiepida e profumata; tornano le rondini dalle terre lontane, tornano le allodole a cantare nell’alto; i campi, pizzicati dal raggio del sole nuovo, tremano di gioia e si coprono di erbette tenere; i giardini erompono in fiori rossi, bianchi, pallidi e screziati; gli uomini sorridono e sì sentono più giovani e più buoni. Come una primavera magnifica è bella l’anima casta. La Santa Scrittura non ha parole sufficienti a lodarla: è bella, dice, come la neve; bella come il giglio; bella come il sole; bella come il cielo stellato. La castità è amabilità. Gesù ne era affascinato. Ha voluto per madre la Regina dei vergini; per custode un uomo vergine; per discepolo prediletto Giovanni il vergine; per amici i piccoli fanciulli ridenti di purezza. E piuttosto che nascere in Betlemme, la città dell’impudico Erode, ha preferito venire al mondo nella stalla tra le bestie; ed in giro alla sua cuna gli Angeli chiamarono i casti pastori. Non soltanto Dio, ma anche noi sentiamo il fascino della purezza: davanti ad una persona casta ci sentiamo attratti come da un mistico profumo che s’espanda dal suo cuore. La castità è forza. Non i deboli, non le anime infrollite posseggono questa virtù, ma sono i forti, quelli che non piegano come le canne ad ogni soffio di passione, ma resistono indomiti, come le querce. Ma non sono solo forti contro il demonio, ma anche con Dio sono forti i casti, perché alle loro suppliche Iddio non nega mai nulla. O anime caste! usate della vostra potenza presso Dio, sollevate le vostre ferme preghiere al cielo e fate scendere sulla terra la rugiada dei favori divini. La castità è nobiltà. Il vergine profeta nell’Apocalisse vide l’aristocrazia del Cristianesimo. Essa non era composta di ricchi, di scienziati, di conti, di re, ma solo di casti. Questi cantavano un cantico che nessun altro sapeva, e stavano vicino all’Agnello più che gli Angeli; sì, poiché se la purezza dell’Angelo è più felice, questa dell’uomo è più gloriosa e lodevole. La castità è amore. Essa ingentilisce il cuore, lo rende buono, riconoscente, compassionevole, affettuoso. Gli impuri sono egoisti e crudeli che ogni diritto calpestano pur di godere: invano i genitori aspettano l’amore dei figli, se questi non crescono puri; invano gli sposi sì promettono vicendevole affetto, se non è rispettata la castità coniugale. – 2. COME SI CONSERVA. Nel 1581 passava in Italia la serenissima Donna Maria d’Austria figlia di Carlo V Imperatore. Tutti i principi erano invitati ad accoglierla, e, tra questi, anche il giovane figliuolo di Don Ferrante, marchese di Castiglione, Luigi Gonzaga. Che magnifica festa in quella giornata d’autunno, e che animazione gioiosa ad ogni balcone, ad ogni finestra! Tutti volevano vederla. Ed ecco finalmente compare: tutti agitano i fazzoletti di seta e fissano lo sguardo. Il piccolo Luigi che si trovava al balcone d’un palazzo signorile, in quel momento alzò la sua mano a far festa, ma chiuse gli occhi: la figlia del grande imperatore passava ed egli non la vide. Alcuni penseranno che questi sono scrupoli ed esagerazioni: anche S. Luigi sapeva bene che non v’era nessun peccato a vedere la principessa, ma sapeva anche che la gemma preziosa della castità noi la portiamo in vasi fragili, e talvolta basta un solo sguardo per smarrirla sciaguratamente. Ad ogni svolta di via, ad ogni ora del giorno e della notte, il nemico delle anime mostre ci può capitare addosso e colpirci. Quali armi abbiamo dunque per difenderci? Cristiani, questo genere di demoni non lo si scaccia se non con la mortificazione e l’orazione. a) Mortificazione del corpo: attenti agli occhi, perché come dice la Scrittura « dalle finestre entra nell’anima la morte »; attenti alla lingua perché dice l’Apostolo che ci sono certi peccati che tra i Cristiani non si debbono neppure nominare, sicut decet sanctis. b) Mortificazione del cuore: attenti alle amicizie con persone di sesso diverso. Queste amicizie si presentano dapprima in un aspetto di genialità innocente » fors’anche virtuosa: ma poco appresso si trasmutano in morbida sensibilità, e poi in peccaminosa sensibilità. Anche il serpente ha la lingua vezzosa e le squame lucide; pure, sotto sì belle apparenze, nasconde la morte. Anche il baleno splende luminoso agli occhi nell’atto stesso che uccide la persona. c) Alla mortificazione unite la preghiera e canterete vittoria sul nemico tremendo. Pregate Maria: S. Giovanni, l’Apostolo vergine, fece di Maria la sua madre adottiva, la sua fida compagna. Accepiît in sua. Fate anche voi così: Ella stia sempre al vostro fianco e col suo manto vi difenda da ogni peccato. Pregate Gesù: il Salvatore che è morto per la salute delle anime non sarà sordo ai nostri gridi di soccorso. Fate ancor questo: unitevi frequentemente alla sua carne eucaristica, all’Ostia santa, al Cielo divino: troverete un pane di castità e un vino di candore. – Cadeva la notte. Nella sua celletta piena d’ombra, Santa Caterina da Siena ripensava alla festa che finiva. Rivide gli stendardi vagamente agitati dai giovani, rivide la folla addensata nel Campo sotto il sole di Luglio, e i palchi gremiti di dame sfarzose. In quel momento entrò il demonio a tentarla: « Anche tu, Caterina, potrai essere tra loro. Perché ti sei tagliata i capelli biondi, perché porti cilicio sul corpo delicato, perché vuoi farti monaca? Vedi quest’abito? Non è forse più bello del rude saio claustrale? ». Nell’incerto lume della sera, la santa credé vedere davanti un giovane svelto che le presentava una ricca veste, fatta coi petali molli delle rose. Mentre Caterina rimaneva dubbiosa, le apparve la santa vergine Maria. Come già il tentatore anch’Ella aveva sul braccio una veste splendida, ricamata d’oro e di perle, raggiante di pietre preziose. « Devi sapere, o figliuola, — disse la Madre di Gesù con la sua voce dolce che fa piangere di consolazione quanti la odono, – devi sapere che le vesti cavate fuori e intessute dentro il costato del mio Figlio, per te ucciso, superano in valore qualunque preziosità di vesti lavorate da altre mani che dalle mie ». Allora Caterina, tutta ardente di desiderio e tremante di umiltà, chinò la testa e la Vergine la rivestì della tunica celeste. Cristiani, ad ogni anima che viene nel mondo si fa davanti il demonio con la sua veste intessuta con le rose dei piaceri carnali e vergognosi, e la Vergine Maria, con la sua veste di purità cavata dal Crocifisso e intessuta dalle sue mani. Guardatevi bene dall’accettare quella del demonio! le rose cadrebbero e vi sentireste in breve sepolti nelle spire ardenti dell’inferno. Scegliete quella della Madonna, perché essa sola è di uno splendore immortale: con essa soltanto potrete entrare in paradiso. È la veste nuziale.

IL CREDO

 Offertorium

Orémus: Ps IX: 11-12 IX: 13 Sperent in te omnes, qui novérunt nomen tuum, Dómine: quóniam non derelínquis quæréntes te: psállite Dómino, qui hábitat in Sion: quóniam non est oblítus oratiónem páuperum.

[Sperino in te tutti coloro che hanno conosciuto il tuo nome, o Signore: poiché non abbandoni chi ti cerca: cantate lodi al Signore, che àbita in Sion: poiché non ha trascurata la preghiera dei poveri.]

 Secreta

Réspice, Dómine, múnera supplicántis Ecclésiæ: et salúti credéntium perpétua sanctificatióne suménda concéde.

[Guarda, o Signore, ai doni della Chiesa che ti supplica, e con la tua grazia incessante, fa che siano ricevuti per la salvezza dei fedeli.]

COMUNIONE SPIRITUALE

 Communio

Luc XV: 10. Dico vobis: gáudium est Angelis Dei super uno peccatóre poeniténtiam agénte.

[Vi dico: che grande gaudio vi è tra gli Angeli per un peccatore che fa penitenza.]

 Postcommunio

Orémus.

Sancta tua nos, Dómine, sumpta vivíficent: et misericórdiæ sempitérnæ praeparent expiátos.

[I tuoi santi misteri che abbiamo ricevuto, o Signore, ci vivifichino, e, purgandoci dai nostri falli, ci preparino all’eterna misericordia.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

LO SCUDO DELLA FEDE (208)

LO SCUDO DELLA FEDE (208)

LA VERITÀ CATTOLICA (VI)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. E libr. Sales. 1878

ISTRUZIONE VI

I demonii

Noi ci lasciammo consolati nella passata Dottrina degl’Angeli; e restammo assai contenti di sapere che vi siano milioni d’Angeli che adorano Dio in Cielo; e perciò adorano anche Gesù in terra nel Sacramento, che è (ah mi fa male il cuore il dirlo!) miseramente da noi troppo abbandonato. Per un’anima ben fatta, per un cuor che per poco senta, quanto si meriti d’essere onorato ed amato il Sommo Bene che è Dio, è una cara consolazione il sapere che vi siano creature tanto degne di Dio che lo adorino così santamente, anche per noi. Ci conforta tanto poi anche il sapere che Dio si serva degli Angeli per farli ministri delle sue misericordie per noi fino a darceli compagni e Custodi del nostro pellegrinaggio in terra, mentre ci gode già fin d’ora l’animo d’avere gli Angioli poi concittadini in Paradiso. Ma gli spiriti son tutti buoni e tutti santi? — No; no: ne sono dei troppo cattivi che sono i demoni. O! ma chi creò mai i demonii? — Io vi rispondo subito, che Dio creò gli Angeli; ma gl’Angeli col peccato si son fatti demoni. Ascoltate e vel racconterò. Quando Dio ebbe creato gli Angeli, uno spirito chiamato lucifero, il qual nome vuole dire Angelo brillante di luce celeste, principe che era nel Cielo, adorno di tanti doni della bontà del Signore, rizzò la testa contro di Dio Medesimo — Oh!… ma che fece mai costui? mi direte. — Eh vedete; fece quello che fanno le creature ingrate che adoprano ì doni di Dio per peccare contro la sua bontà, fece questo per la superbia di non volere servire a Lui! E quando vi è un superbo che si da capo a rivoltarsi, vi possono mancar dei seguaci? Ah lo vedete pur troppo anche voi che se vi è un miserabile che rifiuti per orgoglio d’obbedire a Dio, che fa guerra alla Chiesa, al Papa che rappresenta Iddio: trova subito dei disgraziati che gli vanno appresso e sì gettano con lui in perdizione! Ma viva Dio! vi son sempre anche ì buoni e più numerosi e più potenti dei malvagi, e sol che vi sia chi alzi il grido del coraggio, trova sempre un esercito di combattenti per l’onore di Dio. Difatti subito che Arcangelo Michele alzò il grido « Chi è simile a Dio? … » Questo grido fu il grido d’allarme in Cielo; e gli Angioli buoni, su, tutti insieme, a combatter con lui. Fu gran battaglia in cielo: e battuto lucifero coì suoi, tutti furon precipitati per sempre in dannazione nell’Inferno, come già vi spiegai. Che se pur restarono molti sparsi per l’aria, hanno con loro l’Inferno: perché odiare Dio per sempre è un vero inferno. Tutti però cercano di far guerra a Dio Santissimo, e agli uomini da Lui creati: per farli dannar con loro, per rabbia contro la bontà del Signore che lì vuol seco in paradiso. Oh ma Gesù, Figliuol di Dio però è con noi, e ci guida, e ci sostiene nella guerra contro di loro, e chi stà con Gesù li vince sempre. Ora io appunto voglio mostrarvi come lucifero demonio e i suoi compagni spiriti cattivi tentano sempre di fare perdere gli uomini; e come massime nei nostri tempi raddoppiano ì loro sforzi specialmente in quel magnetismo che si va a confondere collo spiritismo. Io vi mostrerò quest’oggi come i demoni fanno continua guerra a noi uomini; e mi riserberò nell’altra istruzione di dimostrarvi come è un cercar col demonio d’ingannar per perdere gl’incauti in tal magnetismo che si confonde collo spiritismo. — Ripetemi in grazia che io quest’oggi vi ho da dimostrare (si fan ripetere) « che i demoni fanno continua guerra a noi uomini ». Buon Gesù, Voi siete il nostro gran Capitano nelle battaglie contro l’Inferno « evviva! noi esclameremo, o Signore, delle vittorie! » Deh, fatemi grazia che la mia povera parola sia un grido d’allarme, a chiamare a combattere i diavoli, e Voi serratevi d’intorno tutti questi che son buoni fedeli a vincere colla vostra potenza. Così mentre i demonii cercano d’ingrossare le turme dei nostri nemici; noi sì, o miei fratelli, combatteremo colla fiducia dei trionfatori sulla fronte con Gesù Cristo. Oh Maria santissima, che col piede immacolato calpestate la testa al dragon infernale, difendeteci contro tutti i demonii d’Inferno. Io vi ho promesso adunque di dimostrarvi che i demonii ci fanno continua guerra in tutti i modi e che cercano sempre spingere a far male tutti gli uomini per tirarli a perdizione. La parola di Dio nella Santa Scrittura e le storie delle nazioni del mondo raccontano troppi fatti che dimostrano ad evidenza che il demonio e i mille suoi tristi compagni si arrabattano sempre smaniosi di far guerra a Dio e strascinar gli uomini all’inferno per non lasciarlo adorare; a dispetto di Dio Medesimo che ci ha creati per averci beati in paradiso. Lo sapete bene anche voi che fu il maledetto demonio il quale fin da principio si mise dentro nel paradiso terrestre, e tentò Adamo ed Eva di non credere a Dio e di non obbedire ai suoi comandi; anzi propose loro fino di farsi eguali a Dio Medesimo, mangiando il frutto vietato, proprio a dispetto di Dio. L’ascoltarono i meschini; restarono da lui traditi; e noi andremmo con loro a perderci se non fosse poi venuto a salvarci il Figliuol di Dio, Gesù. Poi sempre il demonio, infelicissimo, perché non ama più Dio, cercò di fare ogni male agli uomini che sono l’immagine sua. – Contro il povero Giobbe, perché era fedele a Dio in mezzo a quel mondo di gente infedele, non fu mai sazio di rabbia: e fargli rovinar la casa sopra i suoi figliuoli e fargli rapinare tutte le sue ricchezze! Sicché ridotto che l’ebbe sul lastrico, gli fu addosso alla vita e lo gettò per terra tutto insozzato di luride piaghe, abbandonato sopra di un letamaio. – Quando poi il popolo del Signore era tenuto in dura schiavitù da Faraone in Egitto, e il Signore mandò Mosè per liberarlo. Questi mostrava coi miracoli fatti davanti al re Faraone che era proprio mandato da Dio per condur via il popolo in libertà ad adorarlo nella terra promessa: e il demonio ebbe ardimento di combatter Mosè aiutando i maghi a gareggiar con lui nel far prodigi anch’essi. Finché Mosè in nome di Dio fece tali miracoli che il diavoli e i suoi maghi non poterono scimmiottare, sicché restarono tutti confusi. Ma la guerra più indegna che fece a Dio quest’orrido suo nemico, fu sempre quella di farsi adorare egli stesso invece dell’Altissimo nelle false religioni dell’Idolatria. Che già bisogna ben dire che sia proprio il diavolo che abbia inventato l’idolatria. Perocché, osserva $. Tommaso, non si può spiegar altrimenti come il mondo sia diventato idolatra pressoché tutto, a dispetto della ragione, a dispetto di ogni buon senso. Poiché è impossibile che gli uomini di tante nazioni avessero perduta la testa così, (se non fossero trascinati dal diavolo), di adorare per Dio i più feroci e più schifosi animali. È impossibile che fossero proprio da loro stessi diventati irragionevoli così da credere di potere da loro crearsi un Dio colle lor mani a seconda dei suoi propri capricci e con l’oro col bronzo, col sasso, con un po’ di fango volessero formarsi una figura bizzarra, come a lor piacesse, e poi dire « questo è il nostro Dio che noi dobbiamo adorare! » se non era il diavolo che lavorasse dentro di loro per farsi adorare nelle figure di quegli Idoli. Il demonio conosce troppo che l’uomo non può stare senza avere Un Dio: e vedendo che Dio Santissimo non garbava a quegli uomini guasti, soffiò, quel maligno, nei lor cuori corrotti e e suscitò le lor menti sbrigliate a crearsi un Dio a fantasia, anzi a farsene tanti dei e ciascuno il suo dio fosse più alla portata delle sue passioni; ben inteso però che tutti questi dei tenessero mano ai vizi di tutti. Eh lo vedete pur troppo che anche ai nostri dì hanno taluni la sfrenata audacia di dire apertamente che non vogliono adorar più Dio: che non piace loro Dio adorato dai Cattolici col Papa: e fin si arrabbiano contro Dio crocifisso nemico alle passioni a loro tanto care… Vè…. vè…. come è il demonio che cerca sempre di cacciar via Dio dal mondo. – E menava già baldoria, adorato come era nella idolatria in terra, in luogo di Dio. Tanto che quando venne il Figliuol di Dio Gesù nel mondo, trovò il demonio così pien d’ardimento che il petulante ebbe fino la sformata pazzia di dirgli « io ti farò padrone del mondo se cadendo a terra mi adorerai! »…… Oh?…. oh…. mi direte…. fu proprio così?….. Vi debbo anche dire che eran tanti gli invasati dai demoni che ad ogni passo s’incontrano nella storia del Vangelo. Ora si presenta a Gesù un tale reso muto dal diavolo che lo possedeva; ora un tal altro muto. e cieco, e così malconcio fu guarito dal Salvatore col liberarnelo. Sicché i Farisei che erano tutt’occhi per accusarlo, ben lungi di negare che Egli cacciasse i demoni, lo calunniavano anzi che li cacciasse un diavolo colla potenza d’un altro: e Gesù fece loro sentire che il diavolo non caccia il diavolo ma che era venuto Egli Figliuol di Dio a cacciar il demonio che regnava coll’Idolatria nel mondo e a istabilirvi il regno di Dio. Poi là un padre ancora gli presenta il figlio così fattamente invasato da un diavolo che si debba dire che avesse ben dure le corna: perché resistette a tutti gli Apostoli; finché solo Gesù l’ebbe cacciato. Qui un demonio gli confessa che egli si chiama legione quasi per dire che ha mille diavoli insieme con lui: o son demoni che se la vorrebbero svignare, pur confessando a Gesù che Egli è il Figliuol di Dio, affinché li lasciasse andare, o supplicare Gesù che permettesse sì cacciassero entro dei porci, per non essere confinati nell’Inferno. Gesù Cristo poi finalmente per liberar tanti poveri indemoniati, dà ai discepoli la facoltà di cacciare i diavoli nel Nome suo. Sicché possiamo conchiudere che coloro i quali negano che siano degli indemoniati e che degli spiriti girano nel mondo, negano la Religione cattolica: ma poi anche mostrano la propria ignoranza della storia delle nazioni. Perocché fin anche Plutarco filosofo pagano che di sacra Scrittura non ne sapeva niente, ma che però è tenuto in gran conto di dotto, dice apertamente che quelli che negano che vi siano degli spiriti che operano mirabilmente nelle cose del mondo, altro che darsi l’aria di filosofi spregiudicati! « distruggono essi affatto la filosofia philosophiam tollunt ». E a ragione perché la filosofia sta appunto nel cercare la causa dei fatti che si vedono avvenire. E di certi fatti è inutile cercar altra causa o ragione, bisogna ragionevolmente dire che sono gli spiriti che vi lavorano dentro. Potrei qui citarvi Cicerone, l’uomo più sapiente dei Romani ai tempi suoi che lo ammette; o però ricordarvi quel Bruto il quale non era una femminuccia, no; ma era tal uomo che mirava d’impadronirsi del mondo intero; ebbene egli confessa che li in sul procinto di dar la gran battaglia per acquistare il dominio dell’impero, che comandava a tutti, gli apparve uno spirito, come ei lo chiama, un genio; che lo atterrì. – Ché finalmente nessuno può negare che per tanti secoli i pagani consultavano gli oracoli, cioè che andavano dinanzi ad un idolo di sasso e interrogavano gli spiriti sotto il nome di un qualche lor dio. Il più famoso degli oracoli era quello di Delfo. E non era il volgo solo della povera gente che vi andava a consultarli; ma erano i grandi conquistatori del mondo, e l’intiero senato Romano che prima d’intraprendere le più grandi imprese domandavano a quei falsi déi o demoni; se lor conveniva, a quel che si era da fare. Noi crediamo che sovente, massime la plebe ignorante, fosse ingannata dai sacerdoti, i quali rispondevano essi dai sotterranei; ma il pensare noi poi che tutti si lasciassero da loro ingannare così da credere che negli oracoli gli spiriti avessero risposto, quando non rispondevano affatto; è un pretendere di aver noi soli la privativa della ragione e credere che tutti quegli e ignoranti ed istruiti avessero perduta la testa, a quei tempi. Eppoi anche la storia ecclesiastica conferma che negli oracoli erano ben sovente i demoni che rispondevano. Lattanzio, e Tertulliano, uomini i più dotti e i più illustri del loro tempo rinfacciano ai pagani che i loro déi dovevano esser ben deboli; perché, dicono ai pagani pubblicamente nei loro scritti, « i vostri déi valgono niente: poiché quando si consultano gli oracoli, sol che vi sia presente un poverin di buon Cristiano, i vostri oracoli diventano muti. » Né per scongiurar che si facesse, quei demoni di dei non potevan dar risposta. Ma sentite il bel fatto: S. Gregorio Taumaturgo s’era riparato alla meglio una notte in un tempio, dove il diavolo in un idolo dava gli oracoli. Il maligno che con quel Santo non se la faceva per niente, scappò via del suo covacciolo. Tornato il sacerdote alla mattina per consultare il suo idolo, oh si … quella statua di sasso non dava la risposta. Smania il poverino, fa i suoi spergiuri girando intorno; ma il demonio di fuori gli dice « ma, se io non posso entrare!, me lo vieta quel pellegrin che dormi qui dentro ». Il sacerdote allora corse a tutta lena appresso a Gregorio supplicandolo permettesse che entrasse ancora lo spirito ….. Se no…. misero a lui, era chiusa la sua bottega! S. Gregorio scrisse su un pezzo di carta (papiro) « demonio entra » e il demonio entrò. Allora il sacerdote, a correre subito ancora più affannato appresso a Gregorio, e raggiuntolo, si volle farsi Cristiano; perché un meschino cristianello era tanto da comandare a volontà a quel povero diavolo del suo dio. Qui poi debbo ben dirvi che in tutti i secoli della Chiesa fu sempre una lotta coi diavoli. Fin dal principio del Cristianesimo un tal Simone mago vuole sfidare là a Roma S. Pietro ad innalzarsi come lui per aria in mezzo alla piazza, alla vista del popolo romano. Oh! egli era in alto già; ma S. Pietro pregò; e il demonio via; e giù, quel povero diavolo di mago; e si ebbe fracassato una coscia. D’allora fin ai nostri di. Ora udite fatto. – Vi era un prete che si dava l’aria d’illuminato, e mostrava compassione del povero Curato d’Ars del quale si raccontava che era sovente molestato in casa dagli spiriti. « Povero vecchio, diceva, a furia di digiuni con quella divozione esagerata, ha la mente esaltata! » Però una notte trovandosi con alcuni sacerdoti per far gli esercizii nella casa del buon curato: oh che è mai! s’odono spaventosi rumori!; tremavan le mura; era un pandemonio che minacciava sobbissarli; e chi ne aveva riso vi ebbe tale un carpiccio dal diavolo da non riderne più mai. In quel diavolio di tafferuglio infernale, corsero tutti nella camera del santo uomo gridando « curato, sprofonda la casa! » Ma il curato svegliandosi tranquillamente « no, non faranno alcun male ». Così mostrava che aveva la fantasia più calma di loro, e che anche in mezzo ai diavoli, dormiva tranquillo nella sicurezza della sua coscienza. Questo sol fatto dovrebbe bastare per un solenne avviso a chi ha la fede così al lumicino, che quasi pare di far grazia a credere ai soli dogmi principali; e se parlate loro di « demoniati » e di spiriti con una tal compassione crollando il capo rispondono subito « superstizioni, superstizioni di gente ignorante! » Oh!… Ma pur S. Tommaso che non era uno sciocco no, ma un dei più dotti uomini del mondo, dice candidamente che il non voler mai credere che intervengano i diavoli nelle cose umane, viene da una radice d’incredulità. Noi intanto, a costo d’essere derisi da tutti gli spregiudicati del mondo, rispetteremo S. Francesco di Sales, uomo di gran buon senso e bel genio come era di gran santità; il quale dice colla semplicità da santo che, dovendo benedire un cimitero, i diavoli suscitarono uno spaventoso temporale per impedire la sacra funzione: e che egli, fatto un esorcismo, fece fare sereno. Poi finalmente vogliamo dire « alto là…. rispettate tutti Colombo, il quale scoprì il mondo nuovo. » Ebbene egli era lì per discendere di nave e piantare la croce la prima volta nel mondo scoperto: si suscitò una burrasca tremenda, sicché i marinai gridavano « siam tutti perduti: » (come racconta Roscellì nella sua storia). Allora quel grand’uomo, devoto com’era, sguainata la spada fa con essa un gran segno di croce, comanda ai mali spiriti, e fa fare sereno in cielo, bonaccia in mare. – Qui ben con gran senno il dotto e pio Monsignor Pedicini, Arcivescovo di Bari, nella sua bell’Opera La Chiesa militante considerata nei suoi ministri, osserva che ai nostri dì è scarso il numero dei veri ossessi: mentre nei tempi andati era frequentemente il miserando spettacolo di corpi posseduti dal demonio. E ne dà le ragioni che noi piglieremo da lui. Poiché anche noi crediamo che vi fu un tempo, almeno in Europa, che il demonio evitava di attirarsi l’attenzione degli uomini: e questo fu dopo che apparvero tanto numero i così detti filosofi materialisti. Allor vedendo che questi troppo ben facevano i suoi interessi, egli stavasi miccin miccino, contento che non si pensasse agli spiriti, e che gli uomini si dimenticassero pur anche di lui; purché dimenticassero Iddio e le anime proprie e diventassero materialisti. Ma la Chiesa tenne sempre d’occhio il nemico che fingeva il dormiglione e lasciava ridere gli increduli; ma continuò nell’ordine dell’esorcizzato a dar sempre ai suoi ministri, la facoltà di cacciare i demoni. Però il diavolo zitto li, a tener in freno quel suo esercito di spiriti irrequieti. Perché, se avessero invasati gli uomini, i ministri della Chiesa gli avrebbero cacciati cogli esorcismi: e quando appunto sì lavorava dai nemici per gettare nel fango i sacerdoti, avrebbero essi acquistato il maggior credito contro le loro calunnie, se avessero esercitato tanto potere contro i mali spiriti. (vedi Pedicino opera citata « L’Esorcitato). Quando poi il diavolo con questi increduli sparsì nel mondo si credette padron del campo, allora fuori subito a far delle sue: e per lavorare al coperto per benino, seppe nascondersi nel magnetismo. Ed ora qui piglia il berretto di professor di scienza medica o di fisica; o coi politici far di politica, o fa il buffone nelle brigate allegre col far ballar le tavole e salticchiar i mobili. Insomma sa adattarsi ai gusti. Così fa da briccon spiritoso, scherzevole in Francia, da filosofo serio, e da cupo panteista in Germania, fin da santocchione in Baviera. Qui guarisce malati, là scopre certi segreti che era meglio tenere nascosti: rende poi risposte come gli oracoli picchiando il piede delle tavole o scrivendo senza mano colle matite. In tali modi è sempre il malizioso serpente che striscia dentro dovunque sempre al coperto; perché troppo orrendo, se comparisse qual è. Ma si conosce pur troppo che è sempre il diavolo; massime in certi fatti che avvengono ai nostri di. – (Eppure fa sdegno, come dovrebbe fare vergogna, l’ignoranza di coloro che si vantano spregiudicati ai nostri di; quasi il vanto di spregiudicato li facesse diventare sapienti senza avere studiato. V’è omiccioli che son da niente, regalano la patente di superstiziosi e di ignoranti a tutti i nostri padri del tempo passato. Quasi fosse nato il sole solamente nel secol presente, ed essi solo avessero il privilegio di saper tutto, da ridere di chi non pensa con coloro. Eh non dovevano poi essere stupidi quei buoni padri del medio evo detto tempo oscuro, no che non erano poi tanto stupidi sì veramente; poiché ebbero covilizzati i barbari colle loro scuole e colle loro sante virtù; se quei grand’uomini che crearono i comuni libero reggimento, che proclamarono la libertà delle donne e degli schiavi riparandoli sotto la protezione della madre Chiesa; che ci regalarono la Somma del lor S. Tommaso sempre maestro di lor che sanno e di color che Sapranno, ci diedero il più gran poeta Dante; che costruirono miracoli di cattedrali slanciate fin dentro le nubi; che inventarono la polvere da fuoco ; che ci provvidero dell’orologio che ci portarono dall’Asia la seta, che ci diedero la bussola a navigare sicuri per scoprir un nuovo mondo; che si salvarono dai Turchi; che ci diedero insomma le scienze, le arti, l’industria, così ben coltivato da raccogliere noi! Deh se quei grandi uomini, fra i quali basta sol nominare Carlo Borromeo, santo del più gran cuore del mondo, potessero alzar la testa dai loro magnifici sepolcri, e se guardassero giù dall’alto dei cieli a costoro in basso, potrebbero ben dire con ragione « Ecchè! voi ci accusate e deridete perché condannavano la magia e la evocazione dei morti; ma v’è che voi avete quarantamila maghi magnetizzatori, e più di cinquecentomila spiritisti e spiritati nella sola progressista America; ne avete più di trentamila nella sola Parigi: voi avete la setta intiera Vandem-borghesi che tutti pretendono di trattar a fidanza coi morti! Voi avete compassione di noi che avevamo paura degli incantesimi; e voi avete i vostri mediums che fan più tristi incantesimi su certe persone….. ch’io non vo’ dire. Voi crollate la testa al sentir che noi nominavan le streghe e le magliarde che mettevano paura, dite voi, ai nostri popoli ignoranti e barbari; e voi coltissimi illuminati avete le sonnambule, le lucide, gentilissime indiavolate a modino che son più streghe che le nostre, streghe scarmigliate! Voi ridete delle nostre croci e medaglie e cose benedette, come di talismani e di amuleti; e voi dite che le nostre tavole ballano e fan girone, avete mobili che vi saltellano in camera, e bastoni che v’accarezzano come la coda del diavolo….. Voi vi burlavate dell’acqua santa; ma vé oh, che, se ve ne gettiamo una goccia sulle tavole rotanti, sì dibattono furenti, saltano fin giù dalle finestre i mobili al tocco d’una medaglia, scappano via; al presentar un crocifisso fin i cestilli sì sversano, sì contorcono come serpenti, e giù dai tavoli a scappar lontano, (vedi il dotto Merville e i belli articoli della Civiltà Cattolica). Voi ci accusate di crudeltà, perché ricorremmo ai tribunali per comprimere tante tristizie di sortilegi, d’incantesimi e tutt’altre diavolerie; popoli interi ora nell’America ricorrono alle autorità dei governanti, perché gli uomini del potere trovino modo di liberare le famiglie da quella peste di spiritismo che fa perdere le figlie, le spose, i giovani ed empie i manicomi di poveri matti, e che spinge tanti a darsi la morte; di queste voi avete le sentenze vostri tribunali. Ah oh che siete voi che in questi bei lumi mostrate d’aver il diavolo addosso (Negli Stati Uniti si calcola che neu casi di pazzia e di suicidio lo spiritismo entra pel decimo ad esser la causa – Nampon Sise sulla spiritismo pag. 41 – L’influenza della pretesa dottrina spiritistica … è un fatto che dopo l’invasione dello spiritismo nelle nostre mura – Lione – ricensimento del Ministero dell’Interno 1861. – Il dottor Burtel). – Perché, vi ho da parlar chiaro, noi crediamo che gli uomini dal furor trasportati non sappiano ciò che dicano; ma quando tali miserabili dicono tante bestemmie nella lor rabbia, e fin nel loro scherzi, orrende così che i diavoli non ne san di peggiori; all’udirli slanciarsi contro di Dio in cielo; con rabbia particolar appunto pigliar più di mira Gesù Cristo Salvator nostro e sua Madre Maria benedetta; e vibrare contro il SS. Sacramento imprecazioni d’atterrire fino l’Inferno, bisogna dire che diavolo gli invasa coll’infernale suo furore Vi voglio dire ancora che noi sappiamo pur troppo che anche gli uomini più corrotti bramano aver pure le vittime da sacrificare nella loro carnalità, e in quella foia metton la mano sugli innocenti! ma non possiamo spiegare la smania infernale di far perdere l’innocenza col mostrare le malizie fino ai poveri bambini, a cui attaccano la peste almeno colle parole, se non posson mettere il grugno su quei fiori d’angelica purità! Hanno il diavolo addosso!….. – No no! senza che vi sia il diavolo che li spinga, non possiamo spiegare come corrono ad affollarsi in congreghe, e metter denaro insieme, a stampar libri cattivi, fotografie le più svergognate per far del mondo un orrido bordello. Bisogna ben dire che siano i demoni che colle labbra impure soffino dentro di loro, quando compongono quei romanzi pieni d’incredibili delitti; che siano i diavoli che gl’instighino a dire che son commessi da monachelle; e a inventar sotterranei, e far lor fare orgie indiavolate solo possibili nelle diaboliche menti. È vero sì, che i nostri vecchi vegliavano sulle congreghe dei maghi, delle fattucchiere, e streghe; ma è pur vero che oggi orrendi convegni si fanno, e orge e ridde infernali, un cui si abusa fin dei Sacramenti! Ah … o fratelli, serriamoci noi tutti intorno e Gesù nel Sacramento, perché ci sono indemoniati che ce lo piglierebbero!!! mi manca il cuore! mi si oscura la vista! Si, .. oh Gesù! Sono pochissimi questi ferocissimi indemoniati.!… Restate qui che i tempi non furon ormai più oscuri e tetri; ma avrete sempre un mondo di Cattolici  che v’aman tanto nel Sacramento! – Vi son dunque anche troppo demonii e indemoniati che ne fann di così triste in mezzo agli uomini, e spingono purtroppo tanti disgraziati ai nostri giorni ai delitti, alla disperazione. Vi voglio aggiungere che noi poi, o miei fratelli, ben conosciamo che in tutti i secoli del Cristianesimo il Signore per far conoscere la santità e i meriti de’ suoi più fedeli servi e santi, siccome dà loro la grazia di far miracoli, così dà a certi suoi Santi la forza di cacciare i diavoli colle loro orazioni, colla loro parola e fino colla sola presenza; tanto che negli indemoniati il malo spirito si dibatteva orridamente per non venir condotto a lor dinanzi. Il Signor poi per non lasciare mancare alla sua Chiesa questa forza per difendere e liberare i suoi figliuoli, le dà la facoltà di creare gli esorcisti che sono i ministri suoi per cacciar i demoni cogli esorcismi. Se adunque la Chiesa dà questa facoltà nei suoi Ordini: se tanti Santi mostrano di averla: se i Cristiani l’han sempre creduta, e quando fu necessaria l’hanno. adoprata; piuttosto che dire ora che tanti uomini così sapienti sian tutti ingannati e tutti ignoranti; e quel che è poi più, dire che tanti santi che mostravano di cacciare il demonio collo scacciarlo di fatto, siano stati tutti ingannatori: noi sì veramente, crediamo colla Chiesa cattolica che vi sian demonii e indemoniati: e mentre qui con noi credono tutte le nazioni del mondo, vogliamo conchiudere collo Schlegel, un dei più dotti uomini dei nostri giorni « che la storia del genere umano è la storia del combattimento delle nazioni e degli individui contro le potenze invisibili ». Così la scienza conferma quel che insegna S. Paolo, che noi siamo in continua lotta contro i cattivi spiriti dominatori del mondo di queste tenebre. Ora a me non resta che conchiudere coll’Apostolo s. Pietro « O fratelli, guardatevi dalle intemperanze, e vigilate, perché il vostro avversario satana, il diavolo vi gira sempre d’intorno ad adocchiare chi possa cogliere per divorarlo. A Lui resistete con tutti i mezzi che vi dà la fede, come vedremo nella pratica dopo un po’ d’esame. Ricordatevi però intanto che questo avviso ce lo ripete la madre Chiesa quando cì fa dire le orazioni per la notte.

Esame.

1° Adunque vi sono ì demoni nell’Inferno e demoni che girano d’intorno sempre pronti a farci del male; ma viva Gesù Cristo Salvator nostro, che vince il diavolo e lo incatena come vuole! e perciò il più sicuro mezzo per difenderci dai diavoli, è lo star unito col cuore a Gesù qui con noi nel SS. Sacramento. E noi come l’abbiam fatto finora? Qual meraviglia, se andando alla sbadata in tutti i pericoli, ci abbia sorpreso il diavolo a farci peccare! Il soldato che abbandona il capitano, e va girottolando a casaccio nel campo nemico, resta quasi sempre sorpreso dai nemici nascosti.

2° Dio ci diede gli Angeli Custodi per difenderci dai diavoli; e noi invochiamoli sovente colla confidenza dovuta a così santi e potenti compagni?

3° Dovete sapere che tra Dio e il demonio non vi è società: no no!…. se dunque vogliamo servir Dio, bisogna che lo serviamo come Dio vuole…… Se poi noi lo vogliamo servire, invocare con quei modi che Egli non vuole; allora ci mettiamo della

parte del diavolo, che ci aspetta all’occasione per farci i brutti giuochi.

4° Ora come Dio vuol essere servito, ce lo fa mostrare dalla madre Chiesa, e la madre Chiesa c’insegna che Dio si serve col ricevere i SS. Sacramenti, che è questo il mezzo sicuro per ottenere la grazia di Dio. Poi, che Dio si serve con quelle opere di divozione che essa prova e colle preghiere come essa insegna. Dunque usar certe false divozioni, o far certi segni per guarire animali, andare a farsi curare e suggerire i rimedi da certe persone detti i settimini; andare a consultare il giuoco delle carte per sapere ciò che debba accadere, far simili vane pratiche è un farsela alla buona coi diavoli; con Dio no, perché la madre Chiesa non approva che si cerchi l’aiuto di Dio con queste vane osservanze. Così in tanto con queste vane pratiche superstiziose anche senza pensarlo, si viene a cercar l’aiuto del diavolo, il quale, se Dio gliel permette per castigo, che troppo accorrerà ad aiutare gl’incauti per poterli far suoi e poi perderli. Che Dio vi guardi. Il far segni di croce anche per guarire malattie, è cosa buona: gli antichi Cristiani per difendersi dal demonio si segnavano ben di spesso di croce.

Pratica.

Se vogliamo far fuggire da noi il diavolo, teniamo libera l’anima dal peccato colla confessione: stiamo uniti con Gesù nel SS. Sacramento ed appena siamo tentati, corriamo col cuore in braccio a Gesù, invocando i SS. Nomi Gesù e Maria! Il diavolo fugge poi anche al segno di croce, che lo spaventa. Abbiamo confidenza nell’Angelo Custode. È pur ben fatto tenere l’acqua santa in casa da segnare le nostre persone, da cospargere i nostri letti o tenere le altre cose benedette dalla Chiesa.

Catechismo.

D. Son tutti buoni gli spiriti e come diconsi gli Angeli?

R. No: vi son degli spiriti cattivi o angeli cambiati in demonii.

D. Ma chi creò i demonii?

R. Dio creò gli angeli; e gli angeli che si rivoltaron contro di Dio si son fatti demoni. D. Possono i demoni entrar negli uomini e far qualche cosa in mezzo di loro?

R. Non solamente possono; ma la parola di Dio ci assicura che molti furono invasati. Ora permettendolo Iddio, possono le persone venir possedute dal demonio e perciò diventare indemoniate.

D. La Chiesa ha la potenza di cacciare i demoni?

R. Sì la Chiesa ha la facoltà di cacciar i demoni cogli esorcismi: e dà questa facoltà ai suoi ministri creandoli esorcisti.

D. Come possiamo noi guardarci dal diavolo?

R. 1° Col ricevere frequentemente e santamente i Sacramenti.

2°. Collo star uniti con Gesù e invocare i santissimi nomi di Gesù e di Maria.

3°. Col segno della croce, col tener sante reliquie e crocì e medaglie e corone ed altre cose benedette.

4°. Ed ha paura in modo particolare dell’acqua santa (vedasi il Gaume nell’Opuscolo dell’Acqua Santa). Ha poi paura il diavolo delle opere di pietà massime dell’orazione, del digiuno e di chi invoca l’Angelo Custode e combatte con lui: ma più di tutto ha paura di avvicinarsi a chi sta unito col cuore a Gesù nel ss. Sacramento.

D. E dunque buona cosa tenere ed usare per benedire l’acqua santa; conservare le candele, le palme, i rami d’oliva, gli agnus dei, gli abitini ed altre cose benedette dalla Chiesa?

R. Sì è bene e perché la Chiesa nel benedire tali cose; le tira via dalla potenza del diavolo, le ordina al servizio di Dio, e in certo qual modo diventano come cose dedicate a Dio, cose di Dio: sicché il demonio non se ne può servire come di altre cose; anzi gli metton paura. – Dio sia con noi perché uniti con Dio sotto la protezione di Maria potremo resistere da forti, e se verranno i diavoli per assalirci, confideremo in Dio di riportar la vittoria.