IL PRIMATO SPIRITUALE DI ROMA (2)
P. Andrea Oddone s. j.
IL PRIMATO SPIRITUALE DI ROMA SECONDO LA COSTITUZIONE PASTOR ÆTERNUS – S. E. I. MILANO, – 1937
II.
IL PRIMATO DI S. PIETRO
La Chiesa è una società gerarchica, cioè una società ineguale, il cui potere fu conferito da Cristo non già a tutti i fedeli, ma al Collegio degli Apostoli e ai loro successori. (La società nella quale tutti i soci godono per riguardo all’autorità degli stessi diritti, in modo che nessuno possa esercitare l’autorità se non per delegazione degli altri, si dice uguale o democratica. Se invece il governo della società per uno speciale diritto appartiene ad uno o a più soci; si ha la società ineguale, la quale, se è sacra, si dice società gerarchica. La parola gerarchia etimologicamente considerata significa principato sacro o sacro impero: se si prende in astratto significa la stessa potestà sacra; in concreto denota la persona o il ceto di persone che tengono ed esercitano l’autorità. La società gerarchica può avere la forma aristocratica o monarchica.). Nella Chiesa quindi vi sono i sudditi e vi sono i capi, ma questi capi governano non per delegazione dei sudditi, ma per istituzione divina. Solo ai Dodici e ai loro successori legittimi, Gesù Cristo conferì i poteri, che Egli aveva ricevuti dal Padre, cioè il potere di dirigere, di santificare, d’insegnare. – Sorge ora la questione intorno alla forma di questa gerarchia ecclesiastica, cioè se la Chiesa per volere divino sia una società aristocratica, nella quale l’autorità somma risieda presso il Collegio degli Apostoli uguali tra di loro, oppure sia una società monarchica, in cui Cristo abbia designato un capo al Collegio Apostolico. Il Concilio Vaticano afferma che Gesù Cristo ha istituito la Chiesa in forma monarchica: « Insegniamo e dichiariamo, secondo la testimonianza del Vangelo, che il primato di giurisdizione su tutta la Chiesa di Dio, fu promesso e dato da Cristo Signore immediatamente e direttamente al beato Apostolo Pietro ». (Costituzione « Pastor afernus », cap. I) – Già S. Leone IX aveva rivendicato, contro Michele Cerulario (1053), i privilegi di Pietro. (DENZINGER, n. 351) Giovanni XXII aveva condannato (1327) la concezione oligarchica sostenuta da Marsilio da Padova nel suo Defensor pacis. Più tardi Innocenzo X fece censurare come eretica dal S. Officio (24 gennaio 1647), una proposizione gallicana che tendeva a stabilire un’eguaglianza assoluta tra S. Pietro e S. Paolo. (DENZINGER, n. 1901). Ma era riservato al Vaticano di formulare a questo riguardo una definizione. –
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La parola « primato » indica in generale una qualunque preminenza. Si suole distinguere in modo speciale un triplice primato: il primato di onore, il primato di direzione o di ispezione e il primato di giurisdizione. Il primato di onore non importa alcuna autorità né alcuna direzione, ma soltanto una mera precellenza di onore fondata in una certa equità. Colui che gode di questo primato viene nominato per il primo nelle assemblee, siede al primo posto e per il primo dice il suo parere, ma non influisce in alcun modo. nel reggere o nel dirigere, se non forse con il suo esempio. Il primato di direzione o di ispezione è privo anch’esso di ogni potestà veramente precettiva, ma non è limitato da confini soltanto onorifici. Benché infatti non diriga gli altri propriamente come sudditi, possiede tuttavia il potere di procurare che ogni cosa proceda convenientemente in un determinato affare. Questo primato compete per esempio nei Parlamenti ai Presidenti delle due Camere, che concedono o tolgono o restringono la facoltà di parola, stabiliscono l’ordine delle cose che devono trattarsi, pongono termine all’assemblea, reggono con la parola e applicando gli statuti, lo svolgersi di ,una seduta parlamentare. – Il primato di giurisdizione include una vera e suprema potestà di giurisdizione, alla quale tutti i soci sono tenuti ad ubbidire. Non è tuttavia contro la ragione di questo primato che vi siano nella stessa società altri membri forniti di vera e propria potestà di comandare, anzi la ragione del primato non richiede che questi altri veri superiori ricevano il loro potere dal capo supremo. La ragione del primato esige soltanto questo che colui che ne è investito, non abbia nella società nessuno superiore e nessuno pari, ma che tutti i soci, sia singolarmente sia collettivamente presi, a lui ubbidiscano come veri sudditi. – Il primato di cui parla il Vaticano non è altro quindi che la potestà di giurisdizione, estensivamente universale ed intensivamente somma, concessa immediatamente da Cristo a Pietro, di reggere e ammaestrare tutta la Chiesa. Più brevemente si potrebbe dire che il primato è la giurisdizione gerarchica monarchica. Si tratta perciò di un primato di governo, di un’autorità reale, esigente da tutti i membri della Chiesa, senza alcuna eccezione, non solamente la deferenza e il rispetto, ma anche la sottomissione propriamente detta, l’ubbidienza esteriore ed interiore. – Questo potere tuttavia, se implica l’unità di comando, non trae seco né la soppressione né l’assorbimento delle giurisdizioni secondarie, e nemmeno la centralizzazione di tutta l’amministrazione ecclesiastica.
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Avversari del primato sono dapprima tutti coloro che sostengono la costituzione democratica della Chiesa. Marsilio da Padova afferma che Pietro non ebbe maggiore autorità degli altri Apostoli né fu in alcun modo loro capo e che Cristo non lasciò nella Chiesa alcun suo vicario. (DENZINGER, n. 496.). I Protestanti collocano ogni autorità sacra nella comunità cristiana, nel popolo: ogni fedele è sacerdote. Gli Anglicani e gli Orientali separati ammettono la forma gerarchica della Chiesa, ma non monarchica: il primato fu concesso da Cristo a tutto il Collegio Apostolico: Pietro ebbe un primato soltanto di onore. I Giansenisti e i Gallicani ammettono il primato di Pietro, ma vogliono che gli sia stato conferito non direttamente e immediatamente dallo stesso Cristo, ma dalla Chiesa, in nome della quale Pietro ricevette la potestà. Secondo i Modernisti infine « Pietro non sospettò nemmeno che a lui fosse affidato da Cristo il primato sopra tutta la Chiesa », (DENZINGER, n. 2055). – Contro questi errori lancia la condanna il Vaticano, dopo avere esposta la dottrina cattolica: « Se qualcuno dice che il beato Pietro Apostolo non fu costituito da Cristo Signore principe di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, oppure che il medesimo Pietro ha ricevuto direttamente e immediatamente dallo stesso Gesù Cristo Signor nostro solamente un primato d’onore, e non di vera e propria giurisdizione, sia anatema ». (Pastor Æternus; cap. I). Bisogna quindi riconoscere a Pietro un primato effettivo e di diritto divino.
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PRIMATO DI PIETRO NEL VANGELO. — Il Vangelo contiene con indiscutibile chiarezza la dottrina del primato di Pietro. Nel Vangelo Pietro occupa un posto privilegiato, emerge sopra gli altri Apostoli ed è messo in evidenza in tutte le occasioni importanti. Da Gesù egli riceve un nome simbolico: «Tu sei Simone, figlio di Giuda. Ti chiamerai d’ora innanzi Cefa, che vuol dire Pietra ».(S. Giov. I, 42). Pietro appare spesso come interprete degli altri Apostoli e Gesù Cristo e i suoi compagni sembrano accettarlo come tale. Nella Trasfigurazione S. Pietro parla a Gesù ed è come in risposta a lui che la voce si fa udire attraverso alla nube: « Questi è il Figlio mio diletto: ascoltatelo ». (S. Mrco IX, 7). Nel racconto del giovane ricco è San Pietro che dice: « Ecco. che noi abbiamo lasciato tutto, e ti abbiamo seguito ». (S. Marco X, 8) Pietro richiama l’attenzione del Salvatore sul fico sterile e domanda: « Maestro, quante volte devo perdonare il fratello che mi offende? ». (S. Matt. XVIII, 21). Gesù espone, alla domanda di Pietro, la parabola delle cose che contaminano l’uomo; (S. Matt. XV, 5) lo stesso avviene per la parabola del fattore buono e di quello infedele. (S. Luc. XII, 41). Nella Sinagoga di Cafarnao Gesù tiene un discorso e parla in modo profondo e insinuante dell’Incarnazione e dell’Eucaristia, la quale sarà un prolungamento di essa. Alla fine del discorso, allontanandosi molti suoi discepoli da Gesù, egli chiede ai Dodici: « Anche voi ve ne volete andare? ». San Pietro allora, a nome anche degli altri Apostoli, fa una solenne professione di fede intorno a quelle due verità: « Signore, da. chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo creduto e sappiamo che tu sei il Cristo Figliuolo di Dio ». (S. Giov. VI, 68). E a Cesarea di Filippo, quando Gesù domanda ai suoi Apostoli che cosa pensino di lui, Pietro risponde: « Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivente ». (S, Matt. XVI, 15) In tutte queste circostanze Pietro si fa sempre innanzi, ma in modo così naturale e normale, che non trova una ragione sufficiente nel suo carattere impetuoso, ma suppone una disposizione di Gesù e un tacito riconoscimento della sua superiorità da parte degli Apostoli. (Vernon Ionnson: Un solo Dio, una sola fede). – Si aggiunga che Pietro appare frequentemente associato a Gesù nella manifestazione taumaturga della sua potenza, e suo compagno e confidente nelle più solenni occasioni. Pietro infatti presiede alle due pesche miracolose. Nella prima Gesù sale sulla barca di Pietro; a lui ordina di spingersi al largo e di gettare le reti; a lui dice: « Non temere, d’ora innanzi tu sarai pescatore d’uomini ». Nella seconda Pietro dirige la barca, si slancia alla riva, tira fuori della barca la rete piena di pesci (S. Luca, V; S. Giov., XXI, 6). Al comando di Gesù, Pietro cammina sulle acque per andare a Lui e viene sorretto dallo stesso Salvatore, che stendendogli la mano, gli dice: « Uomo di poca fede, perché hai dubitato? ». (Matt., XIV, 28.) A Cafarnao Gesù opera il miracolo della moneta estratta dal pesce, con la quale paga il tributo a Cesare per sé e per Pietro. (S. Matt., XVII, 24). Tra gli Apostoli privilegiati scelti da Gesù per essere testimoni della risurrezione della figlia di Giario, (S. Marco, V, 37), della sua trasfigurazione, (S. Marco, IX, 1) della sua agonia (S. Marco, XIV, 33; S. Matt., XXVI, 37) e per preparare l’ultima cena, (S. Luca, XXII, 8) figura sempre Pietro e sempre in primo luogo. Dopo la sua risurrezione Gesù ha un pensiero speciale per S. Pietro e tra gli Apostoli gli concede il favore, nonostante la sua negazione, di essere il primo testimonio del grande avvenimento. (S. Luca, XXVI, 12-34; I Cor., XV, 5). Come dalla barca di Pietro Gesù tenne il suo primo discorso alle turbe, così nella casa di lui fece il primo miracolo sugli ammalati, risanando la « suocera di Pietro » dalla febbre, e spesso era ospite in questa casa. Per Pietro Gesù prega in modo speciale e a lui predice il genere di morte. (Ballerini: La Chiesa: Il primato di Pietro). Osserviamo infine che nelle quattro liste del collegio apostolico, che ci hanno tramandato gli Evangelisti, l’accordo non è uniforme per gli altri Apostoli, ma Pietro è sempre nominato il primo. (In qualche caso, in cui questo non si verifica, gli Evangelisti non intendono darci l’elenco, diciamo così, ufficiale dei Dodici, né parlare della loro dignità) Nulla autorizza a pensare che Pietro fosse il più anziano degli Apostoli o che fosse stato chiamato per il primo alla sequela di Gesù, ma questa qualificazione di « primo » non può avere altro senso che quello di una preminenza. Non si può semplicemente vedere in questo un numero di ordine, che sarebbe stato superfluo o avrebbe richiesto di poi un altro numero davanti a ciascun Apostolo. Questi fatti, benché siano indizi da non trascurarsi, non ci dànno tuttavia per sé una prova diretta ed evidente del primato di Pietro. Sono piuttosto qualche cosa di accessorio e preparano in certo qual modo la via all’argomento principale, che si deduce da tre importanti testi evangelici, cioè il « Tu es Petrus », il « Confirma fratres » e il « Pasce oves meas ». – Pietro in questi telebri passi è revocato in dubbio da due sistemi interamente opposti. L’uno ammette come autentiche e storiche le parole indirizzate da Gesù a Pietro, ma sostiene che esse non significano affatto che Pietro sia costituito capo della Chiesa di Cristo. L’altro invece concede la forza probativa dei testi per riguardo al primato, ma nega la loro autenticità e storicità. Il punto di vista è comunemente quello degli scismatici e dei protestanti ortodossi; il secondo punto di vista è per lo più quello della critica liberale, cioè dei razionalisti, dei protestanti liberali e dei modernisti. L’esegeta cattolico deve quindi affrontare due quesstioni differenti; i testi sono autentici e storici, non apocrifi; i testi manifestano chiaramente il primato di Pietro. Noi supponiamo provata l’autenticità e storicità dei testi, e ci limitiamo ad una breve spiegazione teologica quale è richiesta da questo lavoro. (Per l’autenticità e storicità dei testi, oltre i lavori scritturali sì confronti il Dict. Théol.: « Primauté » e la rivista Etudes, anno 1909, Vol. 119).
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LA PROMESSA DEI. PRIMATO. — Nei dintorni di Cesarea di Filippo, Gesù interroga i suoi discepoli che cosa si dica in mezzo al popolo del Figlio dell’uomo. Varie sono le congetture dei Giudei. Per gli uni Gesù è Giovanni Battista; per altri è Elia; per altri ancora è Geremia o qualche altro profeta risuscitato. « Ma voi, riprende Gesù, che pensate di me?» — « Tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivente », risponde immediatamente S. Pietro. Gesù allora ricompensa la fede del suo apostolo con queste parole: « Te beato, o Simone, figlio di Giona, perché non è la carne né il sangue che te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io dico a te, che tu sei Pietro (Pietra), e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte. dell’inferno non prevarranno contro di essa; Ed Io darò a te le chiavi del regno dei cieli, e tutto quello che tu legherai sopra la terra, sarà legato nei cieli, e tutto quello che tu scioglierai sopra la terra, sarà sciolto nei cieli ». (Matt., XVI, 17). Le parole di Cristo vengono indirizzate al solo Pietro e non a tutti gli Apostoli. Ciò appare innanzi tutto dal testo e dal contesto del discorso. Infatti, alla duplice interrogazione di Cristo viene data una duplice risposta, la prima da tutti gli Apostoli, la seconda dal solo Pietro. Ora Cristo rispondendo alle parole di Pietro, si rivolge non a tutti gli Apostoli, ma a Pietro solo e lo chiama con il nome di Pietro, che Egli stesso gli aveva imposto, e vi aggiunge espressamente il nome del padre. Del resto tutto il tenore del discorso designa chiaramente la persona singolare di Pietro. Giustamente osserva il Caietano: « Con quali parole avrebbe dovuto l’Evangelista indicarci che il discorso era rivolto al solo Pietro? I notai non nominano le persone eredi o legatarie con maggiore precisione di quella usata dall’Evangelista per designare la persona di Pietro ». (De Rom. Pontif. institutione, c. 4). Nelle parole di Cristo è contenuta la promessa del primato di giurisdizione sopra tutta la Chiesa. Questo è evidente per gli stessi razionalisti; anzi l’affermazione perentoria di una vera supremazia gerarchica riconosciuta nel testo a S. Pietro, è il motivo principale e dichiarato che li induce a negarne l’autenticità e la storicità. Pietro è la rocca, il fondamento sopra cui sarà edificata la Chiesa, cioè tutta la comunità visibile dei discepoli di Gesù, e come il fondamento dà unità e coesione, fermezza e stabilità a tutto l’edificio, così Pietro deve essere il principio primo visibile dell’unità e della fermezza della Chiesa. Ma essendo la Chiesa una società, il principio efficiente della sua unità e stabilità non può essere altro che l’autorità piena e suprema. Come nell’edificio materiale ogni cosa si appoggia sopra il fondamento, così nella società ogni cosa dipende dall’autorità. (Zapelena: De Ecclesia, pag. 92). Gesù Cristo promette in secondo luogo di dare a Pietro le chiavi del regno dei cieli. Le chiavi nell’uso biblico e profano significano la potestà suprema nel suo genere: presso i popoli antichi specialmente orientali, dare le chiavi della casa o della città a qualcuno, significava consegnargli il potere sulla stessa casa o città. Il regno dei cieli, di cui si parla qui, è evidentemente la Chiesa militante. Certo a Pietro non si promette l’autorità nel regno della gloria, perché nello stadio finale della Chiesa trionfante, non vi sarà l’esercizio delle chiavi, non dovendosi più nulla aprire o chiudere. Perciò Cristo espressamente soggiunge: « ciò che legherai sulla terra ». Nella Chiesa cristiana quindi, che costituirà quaggiù il regno di Dio sotto il suo aspetto esteriore e sociale, che preparerà il regno di Dio sotto il suo aspetto escatologico e glorioso, l’Apostolo Pietro sarà colui che in nome di Cristo eserciterà la suprema autorità. In nessun altro luogo del Vangelo si legge che Cristo abbia consegnato le chiavi del regno dei cieli agli altri Apostoli. Il senso della metafora delle chiavi viene meglio spiegato dalle parole della terza metafora. Poiché Pietro avrà la suprema giurisdizione nella Chiesa, verrà ratificato in cielo, cioè presso Dio, tutto quello che Pietro legherà o scioglierà sulla terra. Si tratta di vincoli di ordine morale; perciò « legare » significa imporre una obbligazione, « sciogliere » vuol dire togliere l’obbligazione. – Questa potestà sarà universale: « ogni cosa », in ordine, s’intende, all’indole della Chiesa e al fine per il quale fu istituita. Potrà quindi Pietro stabilire tutte quelle cose che sono necessarie o utili al governo di tutta la Chiesa. « Fondamento della Chiesa; chiavi del regno dei cieli; potere di legare e slegare con sentenza efficace »; le tre metafore si completano e si rischiarano a vicenda. Nessun equivoco è possibile: Pietro sarà il capo supremo della Chiesa.
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CONFERMA DEL PRIMATO. — Il primato effettivo promesso a Cesarea viene solennemente confermato da Gesù Cristo, quando affida a Pietro l’incarico di stabilire i suoi fratelli nella fede. « Simone, Simone, ecco che satana ha richiesto che gli siate dati per vagliarvi come il grano. Ma Io ho pregato per te, affinché la fa fede non venga meno, e tu, quando sarai convertito conferma i tuoi fratelli ». (S. Luca, XXII, 31) In questo passo è assicurato a Pietro il privilegio di una fede indefettibile. Preservando Pietro, la cui rovina avrebbe trascinato tutti gli altri, Gesù ha preservati in certo modo tutti. Questo discorso di Gesù presuppone che Pietro fosse il primo degli Apostoli; la sua resistenza o caduta, avrebbe deciso più o meno della resistenza o caduta degli altri. Il testo di S. Luca, se si isolasse, potrebbe riferirsi solamente alla circostanza dello scandalo prossimo degli Apostoli. Ma il suo tenore è assoluto: il che ci autorizza a riallacciarlo alla promessa già fatta a Pietro, roccia incrollabile sulla quale sarà costruita la Chiesa. La nuova dichiarazione di Cristo determina che questa solidità della roccia è quella di una fede, che nulla può scuotere, perché appoggiata sulla preghiera di Cristo. (LAGRANGE: L’Evangile de Jésus Christ, pag. 512)-
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CONFERIMENTO DEFINITIVO DEL PRIMATO. — Il Vangelo di S. Giovanni ci narra il conferimento definitivo del primato a Pietro. Apparendo Gesù un po’ prima dell’Ascensione ai suoi discepoli, chiede a Simone Pietro: « Simone di Giovanni, mi ami più di costoro? — Sì, o Signore, gli risponde: tu sai che io ti amo. — Gli dice: Pasci i miei agnelli. — Gli chiede ancora per la seconda volta: Simone di Giovanni, mi ami tu? — Sì, o Signore, gli risponde: tu sai che io ti amo. — Gli dice: Pasci i miei agnelli. — Gli domanda per la terza volta: Simone di Giovanni, mi ami tu? Si rattristò Pietro, perché per la terza volta gli avesse domandato: — Mi ami tu? — e gli rispose: Signore, tu sai tutto ; tu conosci che io ti amo. — E Gesù gli disse: Pasci le mie pecorelle ». (S. Giovanni, XXI, 15). Non v’è alcun dubbio che mediante queste parole venga conferito a Pietro il primato di giurisdizione sopra tutta la Chiesa. Gli agnelli e le pecorelle di Cristo non possono significare altro che la Chiesa universale: il verbo pascere, quando si adopera per esseri razionali, equivale al verbo reggere o dirigere: anche i re sono qualche volta chiamati pastori dei popoli. Se quindi al solo Pietro, in quanto è distinto dagli altri Apostoli, viene imposto l’ufficio di reggere tutta la Chiesa di Cristo, ne segue che egli è investito della vera giurisdizione sopra tutti coloro che appartengono alla Chiesa. Come potrebbe adempiere il suo ufficio senza di essa? Aggiungiamo infine che i testi sopra citati furono intesi in tal senso dalla tradizione costante della Chiesa; il che toglie ogni dubbio, che potesse ancora rimanere, dopo la discussione che ne abbiamo fatto. (De Journel: Enchiridion Patristicum. — Cf. Hervé: Théol. Dogm., pag. 331. — Zapelena: De Ecclesia, pag. 103).
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La storia della Chiesa primitiva ci dimostra Pietro nell’esercizio del primato di cui è investito. Dopo l’Ascensione di Cristo, S. Pietro effettivamente parla e opera come capo e dottore della Chiesa universale. Lo dicono chiaramente gli Affi degli Apostoli. Pietro invita i suoi compagni ad eleggere un altro al posto di Giuda e a completare il collegio apostolico, e presiede all’elezione di Mattia. (Atti Apostolici, I, 15). Il giorno di Pentecoste, presentandosi come capo della comunità evangelica, inaugura la predicazione apostolica ai Giudei. (Atti Apost., II, 14) È bensì circondato dagli altri Apostoli, ma è nominato per il primo, come loro capo. Per il primo esercita il dono dei miracoli nella guarigione dello storpio. (Atti Apost., III, 1). Davanti al Sinedrio Pietro rende testimonianza a Gesù Cristo, in nome degli Apostoli e della Chiesa, dichiara ufficialmente la divinità di Colui che il Sinedrio ha condannato a morte. Questa affermazione fatta dinanzi ad una tale assemblea, è la prima grande manifestazione dell’assoluta indipendenza della Chiesa cristiana dalla religione ufficiale dei Giudei. (Atti Apost., IV, 12). Quando si tratta di punire Anania e Safira, questa missione è riservata a San Pietro, come pure a lui tocca di condannare il primo simoniaco Simon Mago. (Atti Apost., V, 1) Egli per il primo con autorità apre le porte della Chiesa ai Gentili, ammettendo al battesimo il centurione Cornelio e i suoi dipendenti senza farli passare per il Giudaismo. (Atti Apost., XI, 1). Pietro ci appare come capo venerato e amato, quando prigioniero del re Erode Agrippa e poi miracolosamente liberato, è oggetto di pena e di preghiere di tutti i fedeli, e anche causa della loro gioia. (Atti Apost.,, XII). Infine nell’assemblea apostolica di Gerusalemme prende per il primo la parola nella questione delle osservanze legali ed esercita manifestamente un primato che nessuno gli contesta. (Atti Apost., XV, 6) Per chi ammette il valore storico degli Atti degli Apostoli, queste testimonianze sono decisive. S. Paolo nelle sue Lettere fa spesso allusione a San Pietro e alla sua autorità. Nella Lettera ai Galati egli dice: « Mi recai a Gerusalemme per visitare lo stesso Pietro e vi rimasi presso di lui quindici giorni. Ma non vidi nessun altro degli Apostoli, eccetto Giacomo, il fratello del Signore ». (Galat., 1, 18) Lo scopo quindi del viaggio di Paolo è quello di incontrarsi con Pietro e intrattenersi con lui. Questo modo di procedere, presentato ai lettori come la cosa più naturale, senza una sola parola di spiegazione, suppone che i fedeli riconoscessero a Pietro un’autorità a parte. Il conflitto di Antiochia tra Pietro e Paolo, che è stato così spesso sfruttato contro il primato di Pietro, è anzi una bella prova dello stesso primato. Perché l’intervento piuttosto rude di Paolo? Perché appunto Pietro non è un Apostolo come gli altri, e l’esempio venuto da lui, collocato in una speciale autorità, sarebbe stato quanto mai dannoso. La reazione di Paolo si spiega quindi per il prestigio unico di Pietro, per il suo grande ascendente sopra i fedeli. Se Paolo non fa maggiori dichiarazioni sul primato di Pietro, ciò si deve al carattere proprio delle sue Lettere, che erano composte per rispondere a qualche situazione particolare e supponevano una chatechesi già esistente. (Galat., II,11.— Cf. Oppone: Teoria degli Atti umani, pag.180). Il primato di Pietro è per così dire impresso anche sui monumenti dell’arte cristiana. (Cf. Ermoni: Il primato del Vescovo di Roma, pag. 13). Questo breve studio è sufficiente per fondare una adesione ragionevole, anche per un razionalista, al primato di Pietro. Ogni altra spiegazione o ipotesi opposta all’esegesi cattolica, si presenta fragile e priva di sana critica storica. E sarebbe poi irragionevole esigere nell’esercizio del primato di Pietro quell’estensione che oggi troviamo nel Pontefice di Roma. Questo non era necessario né opportuno al tempo degli Apostoli, tutti eletti da Gesù Cristo come colonne della sua Chiesa. Il dogma del primato di Pietro si andò, come gli altri dogmi del Cristianesimo, sviluppando e precisando nei suoi successori.