LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (4)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (4)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni

ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF.1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi.per comunicarci la sua vita

CAPITOLO II.

La nostra incorporazione a Gesù Cristo!

Essendo il Verbo incarnato la fonte della vita soprannaturale, a coltivar questa vita non possiamo far di meglio che unirci a Gesù Cristo, entrare in comunicazione col suo spirito e colle sue virtù, o, per dirla coll’energica espressione di san Paolo, incorporarci a Lui, giacché siamo membra di un Corpo mistico di cui Cristo è capo. – Questa verità, che abbiamo rapidamente toccata nel capitolo precedente, dobbiamo ora esporre un po’ più distesamente, a fine di rilevarne meglio il valore dottrinale e le principali applicazioni.

Art. I. — SINTESI DOTTRINALE.

1° I fondamenti di questa benefica dottrina furono posti da Nostro Signore stesso. Descrivendo anticipatamente la scena del giudizio finale, Gesù si congratula coi giusti perché lo nutrirono, lo vestirono, lo visitarono; e perché questi, stupiti, gli rispondono: ma quando vi abbiamo nutrito, vestito, visitato infermo o in carcere? Gesù risponde: «  quante volte avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli, dei più ‘piccoli, l’avete fatto a me  » (Matth. XXV, 40). Gesù dunque s’identifica, a così dire, cogli uomini suoi fratelli, si nasconde, vive in loro, così che ogni servigio reso al minimo di essi lo considera come fatto a se stesso. Mirabili parole, che trasformano ogni atto di carità fraterna in un atto di carità divina! Se indaghiamo la ragione profonda di questa sublime affermazione, la troviamo appunto nella dottrina della nostra incorporazione a Cristo; se è vero che Gesù è il Capo di un Corpo mistico di cui noi siamo le membra, è evidente che far del bene al minimo dei nostri fratelli, è farlo al Capo di detto Corpo, allo stesso Nostro Signore. Interpretare altrimenti questo testo sarebbe un fargli violenza. Del resto Gesù, nell’ultima Cena, volle esporci il suo pensiero in modo anche più chiaro. Aveva poco prima dato ai discepoli un comandamento nuovo: « … che vi amiate a vicenda, così come io ho amato voi » (Giov. XV, 12): cosa anche più perfetta dell’amare il prossimo come se stesso, perché Gesù ci amò con amore disinteressato e si sacrificò e immolò per salvarci. Rinnova poco appresso questo stesso comandamento (Giov. XV, 12); ma, a farlo capir meglio, adopera un paragone: « Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore » (Ivi, v. 1). Gesù è la vera vite, non la vite d’Israele mostratasi infedele a Dio, ma la vite sempre fedele e sempre feconda. Il Padre è l’agricoltore, che coltiva la vite, tronca i rami sterili e pota i rami fecondi, affinché diano maggior frutto. E i tralci di questa mistica vite siamo noi, che, per portar frutto, dobbiamo restare uniti al ceppo che è Gesù medesimo: « Come il tralcio non può portar frutto se non rimane nella vite, così neppur voi se non rimanete in me » (XV, 4). Noi siamo dunque uniti a Gesù, vale a dire al Verbo incarnato, all’Uomo-Dio, come i tralci sono uniti al ceppo della vite: scorre dunque in noi e in Lui la medesima vita. Colui che da tutta l’eternità possiede la pienezza della vita divina si fece uomo e volle che la sua anima umana fosse riempita di quella grazia creata che altro non è se non una partecipazione alla vita stessa di Dio; e a questa pienezza di grazia creata partecipiamo noi finché rimaniamo uniti di mente e di cuore a Colui che è nostro Capo, come i tralci rimangono uniti al ceppo della vite. È quello che dice san Giovanni all’inizio del suo Vangelo: « E il Verbo si fece carne e abitò tra noi… pieno di grazia e di verità… E dalla pienezza sua noi tutti abbiamo ricevuto » (Giov. I, 16). C’è dunque tra Gesù e noi comunanza di vita; il che – dice Bossuet – suppone « tra Lui e noi una unione così intima da fare un medesimo corpo con Lui, come i tralci e i rami della vite fanno uno stesso corpo col ceppo… suppone un influsso interno di Gesù su di noi, come quello del ceppo sui tralci, che ne traggono la linfa onde si alimentano »  (Meditations sur l’Evangile, La cène, 2° partie, I jour). Siamo dunque innestati a Cristo e incorporati a lui: in altre parole, Gesù è il nostro Capo e noi ne siamo le membra; e da Lui riceviamo il moto e la vita. Gesù quindi, nella preghiera sacerdotale dell’ultima Cena, si immedesima già, non solo con gli Apostoli, ma anche coi loro discepoli, con tutti i Cristiani; e in uno slancio sublime dice al Padre: « Io non prego solamente per questi (gli Apostoli), ma anche per quelli che per la loro predicazione crederanno in me, perché siano anche essi una cosa sola, come Tu sei in me, o Padre, e Io in te… E la gloria che tu desti in me Io la diedi ad essi, affinché siano una cosa sola come una cosa sola siamo noi. Io in essi e tu in me affinché siano perfettamente uniti e conosca il mondo che Tu mi mandasti e amasti loro come amasti me! ». Eccoci dunque, per il fatto della nostra incorporazione a Cristo, intimamente uniti a tutte e tre le divine Persone, perché queste sono inseparabili e risiedono l’una nell’altra; eccoci strettamente uniti a tutti i Cristiani, che sono come noi, membra di Gesù Cristo; eccoci amati dal Padre come ne è amato Gesù medesimo, non essendo noi che una estensione della sua Persona e una porzione del mistico suo Corpo. Oh pensiero che conforta e che santifica! Noi siamo della famiglia di Dio; ora la nobiltà impone dei doveri : dobbiamo quindi essere perfetti come è perfetto il Padre celeste, almeno in quel grado che è possibile alla nostra debolezza. « Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste: Estote ergo vos perfecti sicut et Pater vester cælestis perfectus est ». (Matt., V, 48). Se siamo incorporati a Cristo e suoi fratelli e partecipi dellastessa sua vita, il Padre suo è Padre nostro, ondedobbiamo accostarci alla divina sua perfezione.

2° Questa stessa dottrina san Paolo riprendesotto altra forma e la svolge in tutte le sue conseguenze.

A) Vediamo innanzi tutto come afferma questa dottrina.

a) Mentre perseguitava i Cristiani, una lucelo atterra sulla via di Damasco e una voce glidice: « Io sono Gesù che tu perseguiti » (Act. IX, 5). Gesùdunque viveva in quei Cristiani da Saulo odiati e perseguitati e non faceva con loro che una cosasola. Ora come è ciò possibile se non si ammetteche tutti i membri della Chiesa formano insiemeun corpo solo, che è il Corpo mistico di Cristo? Ed è questa la conclusione a cui, dopo lunghe meditazioni, sotto la efficace ispirazione dello Spirito Santo, arriva il grande Apostolo.

b) Nella Lettera ai Corinti, san Paolo, richiamato il principio generale che tutte le membra del corpo umano, nonostante il loro numero, non formano che un corpo solo, aggiunge: « Voi siete Corpo di Cristo, siete rispettivamente le suemembra » (I Cor. XII, 12-27. Questa incorporazione comincia colBattesimo: « Tutti infatti in uno Spirito fummo battezzati a formare un sol corpo, sia Giudei, siaGreci, sia schiavi, sia liberi, e tutti di uno Spirito abbeverati ». Questo spirito altri non è che lo Spirito Santo, il quale, vivendo in Gesù, vive pure nelle sue membra.

c) Ma specialmente nella Lettera agli Efesini san Paolo inculca questa dottrina; « Vi è un sol corpo è un solo spirito, come anche foste chiamatia d una sola speranza della vocazione vostra » (Ephes. IV, 4). Ora questo unico corpo è il Corpo diCristo, di cui noi siamo le membra e nel quale dobbiamo crescere fino a toccare la misura della statura perfetta di Cristo: « Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, per mezzo di ogni giuntura sostentatrice, secondo l’attività fissataa ciascun membro, prende il suo incremento asvilupparsi nell’amore » (ivi, 13-16). Il capo di questo corpoè Gesù, il Corpo è tutta la Chiesa con tutti i membri che la costituiscono: « Dio pose tuttosotto i suoi piedi e lo diede Capo su tutte le cosealla Chiesa, la quale è il Corpo di Lui, il complemento di Lui, che si compie tutto in tutti ». (Ep. Efes., I, 22, 23).Vi è dunque, oltre il Cristo storico che vissetrentatré anni in Palestina, un Cristo mistico che si estende nel tempo e nello spazio e di cui siamo le membra; un Cristo che ha un’anima, un capo e delle membra che non formano se non un solo e medesimo corpo spirituale. E non sono già due Cristi, ma due aspetti del medesimo Cristo poiché è Gesù, il Gesù storico, Colui che è Capo del Corpo mistico.

B) Spieghiamo questo concetto attenendoci a san Paolo:

a) Innanzitutto, Gesù, il Verbo incarnato, èil Capo del Corpo mistico, di cui noi siamo lemembra. Il capo fa sul corpo umano un triplice ufficio:di preminenza, perché ne è la parte principale; di centro unitivo, perché riannoda tutte le membra; di influsso vitale, perché partono da Lui il moto ela vita che animano l’intiero corpo. E appunto questo triplice ufficio fa Gesù sulle anime nella Chiesa.

1) Gesù ha certamente la preminenza su tutti gli uomini, Egli che, come uomo-Dio, è il primogenito di tutte le creature, l’oggetto delle compiacenze divine, il modello perfetto di tutte le virtù, la causa meritoria della nostra santificazione;è Egli che fu, pei suoi meriti, esaltato sopra tuttele creature e sopra gli Angeli stessi, e dinanzi al quale si piega ogni ginocchio in cielo, sulla terra e nell’inferno.

2) Ed è pur Lui il centro di unità nella Chiesa. Due cose sono essenziali a un organismo perfetto: la varietà degli organi e delle funzioni;la loro unità in un principio comune che li coordinaa un fine che è il medesimo per tutti. Oraè pur sempre Gesù Colui che, dopo avere stabilitonella Chiesa la varietà degli organi coll’istituzione della gerarchia ecclesiastica, ne rimane ilcentro di unità, perché è Lui, Capo invisibile mareale, quello che imprime ai capi gerarchici la direzioneche essi trasmettono alle membra. È Gesùche mette unità in ciascuno di noi, aiutandoci conla sua grazia ad assoggettare il corpo all’anima, le facoltà inferiori alle superiori e queste a Dio.Così, per grazia sua, regna dovunque l’armonia el’unità.

3) Gesù è pure il principio dell’influssovitale che anima e vivifica tutte le membra. Anchecome uomo, riceve la pienezza della grazia percomunicarcela, e, dopo la caduta di Adamo, nonc’è grazia che non ci venga da Gesù Cristo. Nonè forse Gesù la causa meritoria di tutti i doni spiritualiche riceviamo e che ci sono compartiti dalloSpirito Santo? Onde san Paolo si sente mossoa ringraziare « il Padre del Signor Nostro GesùCristo, che ci benedisse in Cristo di ogni benedizione spirituale, celeste, e che ci elesse in Lui prima della creazione del mondo ad esser santi e immacolati agli occhi suoi, avendoci nell’amor suo preordinati all’adozione di figli per Gesù Cristo » (Ephes. I, 3-5 tutto questo bellissimo capitolo è daleggersi e meditarsi più col cuore che con la mente). Noi siamo dunque predestinati perLui e in Lui, per Lui e in Lui siamo santificati, purificati dalle colpe, ornati della grazia acquistata col suo sangue, e diveniamo figli adottivi di Dio. Non è forse questo il profondo significato diquella parola di Nostro Signore: « Io sono la via, la verità e la vita? ». Gesù è la via che dobbiamo seguire, la verità che dobbiamo credere,ma è soprattutto la vita che dobbiamo vivere, perché, essendo la fonte di ogni vita soprannaturale,copiosamente la comunica a tutti Coloroche gli sono incorporati. Tanto dichiara il  Concilio di Trento, il quale, ripigliando l’allegoriadella vite e compiendola con quella delCorpo mistico, ci insegna che Gesù opera su noicome il capo sulle membra, come la vite suitralci, e trasfonde la sua vita e la sua virtù in tuttii giusti (1 Sess. VI; cap. VIII).

b) Ad ogni corpo è necessaria non solo una testa ma anche un’anima. Ora è lo Spirito Santo l’anima di quel Corpo mistico di cui Gesù è la testa. È infatti, secondo la testimonianza di san Paolo (Rom. V, 5), lo Spirito Santo che diffonde nelle anime la carità e le grazie meritate da Nostro Signore, e che ci dà pure se stesso per operare in noi le disposizioni di Gesù. Ecco perché lo Spirito Santo è così spesso chiamato lo Spirito di Gesù; tale è per una doppia ragione: perché viene da Gesù, che, come Dio, ce lo invia e, come uomo, ci merita e ci ottiene la sua venuta; ma poi anche perché questo divino Spirito, che risiedeva nell’anima umana di Gesù, risiede pur nella nostra e vi produce disposizioni simili a quelle di questo divino modello. Ond’è che sant’Agostino non teme di affermare che lo Spirito Santo è al corpo della Chiesa quel che l’anima è al corpo naturale (Quod est in corpore nostro anima, id est Spiritus Sanctus in corpore Christi quod est Ecclesia – sermo 187 de tempore); e Leone XIII canonizza, a così dire, questa dottrina affermando che se Cristo è il capo della Chiesa, lo Spirito Santo ne è l’anima (Encicl. Divinum illud munus, del 9 maggio 1897). Queste due azioni, di Cristo e dello Spirito Santo, non solo non si ostacolano ma si compiono a vicenda. Solo Gesù, perché uomo, può essere il Capo di un Corpo mistico composto di uomini, dovendo il capo e le membra essere della stessa natura; ma, come uomo, Gesù non può conferire da sé la grazia necessaria alla vita delle sue membra, perché cotesta grazia, essendo una partecipazione della vita stessa di Dio, non può essere direttamente data che da Dio. A compiere quindi quest’ufficio viene lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio per via d’amore; ma, facendolo in virtù dei meriti e della potente intercessione di Gesù, si può dire con tutta verità che l’influsso vitale parte da Gesù per giungere alle sue membra.

c) Quali sono dunque le membra di questo Corpo mistico? Tutti coloro che sono battezzati. Per il Battesimo infatti noi veniamo incorporati a Cristo, come dice san Paolo  (« Etenim in uno Spiritu omnes nos in unum corpus baptizati summus ». (7 Ep. Cor., XII, 13)); e riceviamo una seconda nascita, come dice san Giovanni. (« Nisi quis renatus fueriti ex aqua et Spiritu Sancto non potest introire in regnum Dei » – S. Giov., III, 5). A capir meglio questa dottrina, rammentiamo che una volta il Battesimo era amministrato per immersione: il catecumeno veniva immerso nell’acqua battesimale, a significare che, per virtù di Cristo, moriva al peccato e si seppelliva con Cristo; poi veniva tratto fuori dall’acqua, a significare che con Cristo risorgeva di tra i morti per vivere di una vita nuova, cioè della vita medesima di Cristo, al quale era stato incorporato: « Non sapete, scrive san Paolo ai Romani, che quanti fummo battezzati in Gesù Cristo, nella morte sua fummo battezzati? Fummo dunque per il Battesimo consepolti con Lui alla morte, affinché, come fu risuscitato Cristo da morte dalla gloria del Padre, così anche noi camminiamo in novità di vita » (Rom. VI, 3.4). Per il Battesimo quindi noi moriamo al peccato, riceviamo una nuova nascita, una vita nuova, la vita stessa di Cristo; « Quanti foste battezzati in Cristo, di Cristo vi siete rivestiti » (Gal., III, 27); ora rivestirsi di Cristo è partecipare alla sua vita, alle sue disposizioni interiori, alle sue virtù: « Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo Jesu? » (Fil. II, 5). In altre parole, è diveniremembri vivi di Cristo ed essere a Lui incorporati,come viene ufficialmente dichiarato nelDecreto agli Armeni (Questo Decreto, che fa parte del Concilio di Firenze, si trova riferito in DENZINGER, Enchiridion, n. 696); « Per ipsum (baptismum) enim membra Christi ac de corpore efficimur Ecclesiæ ». ,Ne segue che tutti i battezzati sono membra diCristo ma in grado diverso: i giusti gli sonouniti per mezzo della grazia abituale o santificante;i peccatori, che hanno perduto lo stato digrazia, per mezzo della fede e della speranza checonservano nel cuore anche quando abbiano avutola disgrazia di commettere un peccato mortale;i beati, per mezzo della visione beatifica. Gli infedelipoi non sono attualmente membra del Corpomistico di Cristo, ma, finché vivono sulla terra,sono chiamati ad esserlo; e, se non resistono allagrazia, un giorno lo diverranno. Solo i dannatisono esclusi per sempre da questo ineffabile privilegio,perché avendo, nonostante i premurosi invitidella grazia, ostinatamente ricusato di tornarea Dio anche in punto di morte, si sono irreparabilmenteseparati da Cristo Salvatore: « Seuno non rimane in me, sarà gettato via come iltralcio, e seccherà, e lo raccoglieranno e butterannonel fuoco e brucerà » (S. Giov. XV, 6).

C) LE CONSEGUENZE di questa bella dottrina sono tanto numerose che appena un volume basterebbe a spiegarle. Ecco le tre principali:

a) I Cristiani sono il compimento e l’estensione del Cristo mistico, poiché questo non è compito se non quando è unito alle sue membra Lo afferma san Paolo dicendo: « Dio lo diede capo su tutte le cose alla Chiesa, che è il Corpo di Lui, il compimento di Lui che si compie tutto intutti! ». L’Apostolo è così persuaso di questopensiero che non esita a dire; « che compie coipatimenti suoi ciò che manca alla passione diCristo » (Ephes. I, 23). La Passione di Cristo è certamentecompita in sé e perfetta, ma Gesù, capo di unCorpo mistico, deve pure patir nelle sue membracome patì in se stesso; ecco in che senso i patimentidi coloro che gli sono incorporati compionoe perfezionano quelli di Cristo. Che onore ci faGesù di associarci così alla sua opera redentrice!e chi ricuserebbe di patire con Gesù per una causacosì nobile? Uniti a quelli di Gesù, i patimentinostri contribuiscono non solo a santificar noima anche a santificare le anime per le quali lioffriamo. Ecco perché i Santi amarono sempretanto la croce; non l’amarono certo per se stessama per Gesù Cristo, al Quale erano lieti di associarsi,come sono liete le membra di patire peralleviare il capo; e per le anime riscattate col divinosuo sangue, alla cui salute noi cooperiamopraticando liberamente e generosamente alcunipochi sacrifizi onde collaborare alla loro santificazione. ,Non solo i patimenti ma tutte le azioni dellemembra di Cristo diventano, per il fatto dellanostra incorporazione, azioni di Cristo. È sempresan Paolo che ce lo insegna: « Vivo non piùio, ma vive in me Cristo » (Gal. II, 20). Quindi, quando preghiamo,non siamo noi che preghiamo ma è lo  Spirito di Gesù che prega in noi: « Lo Spiritosostiene la nostra debolezza; perché quello cheabbiamo convenientemente da chiedere non sappiamo,ma lo Spirito stesso sollecita per noi congemiti inesplicabili » (Rom. VIII. 26). Il che è tanto vero chesant’Agostino dice (in Psal. X, 4): « Quando si parla dellapreghiera di Gesù Cristo, si può intendere o lapreghiera di Gesù stesso o la preghiera del Cristiano: è una sola preghiera, perché il Capo e ilCorpo di Cristo formano insieme tale unità chele due parti non possono venir separate l’unadall’altra ». Quando operiamo soprannaturalmente,è Gesù che opera in noi e dà alle nostreazioni un valore incomparabile: « Se uno rimanein me, e Io in lui, questi porta molto frutto » (Giov. XV, 5).Si deve dire lo stesso di tutte le virtù che pratichiamo: se siamo dolci e umili di cuore, poveri,misericordiosi, caritatevoli, è Gesù che vive innoi con queste virtù e che ce ne fa parte. Vivein noi come il capo vive nelle membra dandoloro il moto e la vita e comunicando un incomparabilevalore alle loro azioni; perché questeazioni partecipano alla dignità e al valore soprannaturaledi Colui che ne è l’ispiratore e il primomotore. Ma anche noi viviamo in Lui; incorporatia Lui, liberamente riceviamo da Lui il motoe la vita, liberamente aderiamo a Lui come itralci al ceppo della vite, liberamente apriamol’anima nostra alla vita che ci comunica e liberamente.corrispondiamo alla sua grazia per imitarnele virtù.« Prestiamo dunque le anime nostre allo Spiritodi Gesù, dice l’Olier (Pensées choisies, pubbl. da LETOURNEAU, p. 15-19), affinché venga crescendo in noi. Se trova soggetti ben disposti, ei si dilata, si accresce, si diffonde nei cuori e li profuma con quell’unzione spirituale di cui è Egli stesso profumato ». b) In virtù di questa incorporazione a Cristo noi entriamo nella famiglia di Dio. Ah! certo noi non siamo né possiamo essere se non figli adottivi. Ma che onore per noi di essere adottati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo! Membra viventi di Cristo, fratelli di Gesù, diventiamo figli di Dio per adozione, partecipiamo alla divina sua vita, onde acquistiamo il diritto di aver parte alla sua eredità che è il regno dei cieli: e siamo chiamati a contemplarlo un giorno faccia a faccia, a possederlo, a godere della sua presenza e del suo amore per tutta l’eternità. « Infatti, dice san Paolo, non riceveste spirito di schiavitù per essere di nuovo nel timore, ma riceveste spirito di adozione nel quale gridiamo: Abba, Padre! È lo Spirito stesso che rende testimonianza insieme con lo spirito nostro che siamo figliuoli di Dio. Se figliuoli, anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se per altro patiamo con Lui onde essere pure con Lui glorificati » (Rom. VIII, 16-17). Questo punto è di tale importanza che ne tratteremo più a fondo nel capitolo seguente.

c) Da questa incorporazione a Cristo scende pure il dogma della Comunione dei santi: i giusti che vivono quaggiù, le anime del purgatorio, i santi del cielo, fanno tutti parte del Corpo mistico di Gesù: perché tutti ne partecipano la vita, ne ricevono l’influsso vitale, cantano insieme la gloria di Dio e sono chiamati tutti a regnare col divino loro Capo nella città celeste. Onde i santi del cielo, che rammentano le lotte sostenute in terra, sono pieni di compassione per noi e premurosamente intercedono per la salvezza nostra, nulla più vivamente desiderando che di vedere quelli che sono, come loro, membra di Cristo, unirsi a loro per glorificar Dio e godere del suo amore per tutta l’eternità. Si volgono pure pietosamente alle anime del purgatorio e intercedono per la pronta loro liberazione. E queste anime purganti, pur chiedendoci suffragi per alleviare il loro doloroso esilio, fanno voti e preghiere perché noi, trionfando delle tentazioni contro cui dobbiamo lottare, andiamo ad aumentare le schiere dell’esercito celeste. E la premura che si prendono di noi è tanto maggiore quanto più ferventi sono le preghiere e soddisfazioni nostre per loro e le indulgenze più numerose. – Così Gesù Cristo, vivendo in noi come vive in loro e nei santi, è il vincolo che delle tre chiese, militante, purgante e trionfante, fa una sola Chiesa e un unico Corpo mistico. Per questa stessa ragione tutti i Cristiani sono fratelli; non vi è più né Giudeo né Greco, né libero né schiavo, siamo tutti una cosa sola in Cristo, tutti solidari, nel senso che ciò che giova a uno giova pure agli altri, perché ogni membro si avvantaggia dei beni dell’intiero corpo, così come ogni membro patisce quando patiscono le altre membra. Il che è egregiamente esposto da san Paolo: « Non può l’occhio dire alla mano: non ho bisogno di te; né la testa dire ai piedi: non ho bisogno di voi. Anzi, quelle che paiono tra le membra del corpo esser più deboli, sono le più necessarie… e se patisce un membro, patiscono insieme tutte le membra ; se è elorificato un membro, ne congioiscono tutte le membra » (I Cor. XII, 21-26). – Sta qui il vero fondamento della cristiana carità. Ecco perché i santi furono sempre i grandi benefattori dell’umanità: vedendo Gesù stesso nella persona dei poveri, degli infermi, dei prigionieri, di tutti i loro fratelli in Cristo, si dedicarono interamente al loro servizio e adempirono alla lettera la parola di san Giovanni. « Gesù diede la vita per noi; e anche noi dobbiamo dar la vita per i fratelli » (I Giov. III, 16). I santi in molti casi diedero letteralmente la vita con l’esporsi alla morte per salvare il prossimo; ma più spesso la diedero a goccia a goccia, spendendo le ricchezze, le forze, le fatiche, onde aiutarlo così sotto l’aspetto corporale come spirituale; tanto erano persuasi della parola del Maestro: « Ciò che fate al minimo dei miei fratelli lo fate a me ».

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.