LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (26)
Sac. Dott. GIOVANNI BATTISTA CALVI
con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.
Ristampa della 4° edizione – Riveduta.
TENEBRE DISSIPATE
LA POVERTÀ DI SPIRITO
Su la Patria, ottimo mensile degli emigrati italiani nell’Argentina, è stato pubblicato, anni or sono, il seguente articolo:
NECESSITÀ DI VITA REGOLATA E CALMA.
«Il milionario americano Wheeter Arturo, straordinariamente seccato dal rumore delle automobili, che va facendosi sempre più intenso negli Stati Uniti, ha comprato dai monaci di Cerne, per 750.000 dollari, l’Isola di Browsea, ove si recherà a vivere, il più presto possibile, lontano da tutti i rumori. » Questo. milionario, odiatore del fracasso, della velocità, dei records sportivi ed assetato di silenzio; merita d’essere ricordato ai posteri, non tanto per l’esempio — che potrà essere difficilmente imitato da coloro che non hanno la fortuna di possedere la bellezza di 750 mila dollari per comperarsi un’isola — quanto per il significato profondo del suo gesto.
» Chi non ricorda gli inni, americani e non americani, alla vita intensa, avida di tutte le soddisfazioni e di tutte le gioie, in movimento perennemente in corsa sulle piste rumorose della felicità ricercata nelle scoperte della tecnica e nell’apoteosi della Natura?
» Il clamore assordante, diabolico, senza posa, dei veicoli in corsa non era che la espressione esteriore caratteristica dell’ansia terribile che padroneggiava e tormentava le anime, assumendo via via impeti di dramma e bagliori di tragedia.
» La guerra mondiale fu lo sbocco logico di quell’ansia terribile.
» Dal crollo immane popoli e individui si levano ora, cercando confusamente la propria pace. I popoli risalgono verso le antiche fonti, riannodano con doloroso amore le vetuste tradizioni già bestemmiate e infrante; gl’individui, sempre più numerosi, riposano appagati nella ritrovata pienezza della vecchia fede.
» E dai rumori delle strade, degli sports, della perenne dissipazione delle anime si anela al silenzio.
» Senza fuggire la vita, che non è sempre possibile né consigliabile, anche l’uomo moderno deve seguire il monito della sapienza antica, sequestrarsi qualche volta e qualche istante dal turbine umano, fare un’isola intorno al proprio cuore, rifugiarsi nella parte migliore di sé, ascoltare se stesso e Dio. Da questa solitudine e da questo silenzio nascono i grandi pensieri e le grandi forze che governano il mondo ».
ISOLARSI DALLE COSE CREATE.
È una verità conosciutissima quella che afferma, come la molteplicità e la soverchia estensione nella ricerca delle cose, sia contraria alla profondità della conoscenza delle cose stesse. La citrullissima teoria dell’americanismo, secondo la quale le virtù passive — a differenza delle attive — meritano disprezzo, è relativamente di fresca data; da che mondo è mondo; però, molti, troppi sono vissuti e vivono dominati dalle inezie, infatuati dei beni effimeri; avvinti da sciocchezze, da tutto ciò. che si esprime nella parola « leggerezza ». Poco tempo fa, a mensa di conoscenti, con parecchi invitati, ho compianto un povero Legale che, mentre gli altri compivano lodevolmente l’ufficio che a mensa si compie, continuava a esaltarsi nel riferire l’elenco vario e numeroso delle sue… conoscenze! — Ah! il generale X? È un mio amico di lunga data!… Il prefetto della provincia? Lo conobbi ai bagni!… Sì, conosco il nipote di S. Em. il Cardinale!… Feci il servizio di permanente alle dipendenze dirette di S. E. il Generale Cadorna!… — E chi più ne ha più ne metta. Chi sa quando avrebbe terminato di esaltare la sua prosopopea se uno de’ commensali, quasi sottovoce, non fosse uscito in questa dichiarazione: «Lo dirò al babbo, ch’è il questore di…; affinché, occorrendo, si rivolga a lei, egregio signore, per le sue informazioni ». Parlasse questi sul serio, come si dice, o con ironia, fatto sta ed è che il millantatore, o venditore di fumo, si tacque mortificato, e cercò di rifarsi in parte sulle diverse vivande che vennero presentate in seguito. Questo è uno dei sintomi. Oggi, si può ben dire, l’austerità, la severità, i digiuni, le mortificazioni, la temperanza, non trovano più il loro clima. A questo clima si cerca e si vuole sostituire il coronemur nos rosis di oraziana e pagana memoria. V’è poi un’altra categoria di persone, simile a questa, la quale nella via del bene, nella ricerca di Dio, vuole troppe cose… Perché l’anima possa veramente progredire nella ricerca e nel possesso di Dio, deve, riconoscendo la completa e assoluta vanità delle cose create, distaccarsi da esse e legarsi sempre più intimamente con tutto quello che riguarda direttamente Dio stesso. Lavorandosi, come si suol dire, energicamente su questo punto, l’anima giunge a disinteressarsi quasi completamente di tutto ciò che è creatura, per concentrare e fissare tutta la sua attività nel Creatore. Nulla più di questo giova al progresso della vita spirituale. Come per gli interessi della vita naturale il raccogliere la propria attività su pochi propositi e pochi oggetti, è condizione assoluta di prospero successo, così, e tanto meglio, per gl’interessi spirituali. I troppi pensieri, le troppe idee, gli eccessivi desideri inaridiscono lo spirito e snervano l’attività umana. L’uomo di poche idee, ma precise e ben chiare; di pochi desideri, ma decisi e risoluti, trionfa senza difficoltà di tutti coloro che, volendo troppe cose, finiscono con stringerne nessuna.
« La forza della volontà, frazionata e diluita su troppi oggetti, non riesce a condurne in porto nessuno; non è volere molte cose, ma volere molto poche cose ed anche una cosa sola, che assicura l’esito dell’impresa » (A. Gorrino, o. c., pag. 421).
RENDERE LIBERO IL CUORE.
Quando il nostro spirito si trova ingombrato e preoccupato da troppi desideri, da soverchio numero di pensieri e di preoccupazioni, pure essendo tutti e tutte di ordine sovrannaturale, è impedito di muoversi con libertà nel servizio di Dio. – Avviene lo stesso di quanto accade a un fiore delicato e fine se avvolto da un denso e intricato fogliame. Il fiore presto avvizzisce. Ma se il fiore viene liberato dall’efflorescenza esuberante che lo circonda, riprende presto la sua vita, si sviluppa, emana soavissimo profumo, rivela il suo essere prezioso e gradito. Così è della vita del nostro spirito. Non molte cose, ma poche, anzi, magari una sola, ma bene. Quando sentiamo di amare intensamente e realmente Gesù, allora sentiamo pure nausea per tutte le cose della terra. Conosciamo allora la necessità del concentramento del nostro io, delle nostre attività, delle nostre dedizioni… Riconosciamo, in quel caso, molto facilmente, quanto poco valgano i mille umani accorgimenti e infingimenti; proviamo, anzi, ripugnanza per le mille frivolezze e futilità cui, purtroppo, la maggior parte delle creature umane dà tanto peso…; riconosciamo che il nostro cuore ha bisogno d’essere liberato dalle soprastrutture ingombranti, dall’inutile vegetazione che lo soffoca.
BEATI I POVERI DI SPIRITO.
Quando il cuore si è reso libero da tutto ciò che è fragile e insipido, da tutte le vanità illusorie, da tutte le foglie secche portate e riportate dal vento, allora non abbiamo più bisogno di nulla, all’infuori di Dio. La povertà di spirito ci fa possedere l’unica ricchezza. Iddio è questa unica vera ricchezza. Se adunque, ci esorta S. Gregorio Magno, volete divenire ricchi tendete al Regno celeste… ». « Quanto più eviteremo di crearci esigenze, di essere schiavi della comodità e del lusso, e procureremo di ridurre, a francescana semplicità, la nostra vita, tanto più ci sentiremo invasi da un senso di vera libertà, apportatrice di gioie intime e veraci » (A. Cavagna. Squilli di gioia, pag. 351). Così possiamo ben comprendere come la prima delle beatitudini predicata da Gesù sia quella della povertà di spirito. Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli (MATT., V, 3). «La povertà di spirito è più che lo spirito di povertà poiché con questo si rinuncia ai beni materiali della vita, mentre la prima importa la rinuncia anche ai beni superiori alla materia, come l’onore, la stima, la libertà, l’indipendenza, la gioia del successo, ecc. ecc.
» È il vero impoverimento dell’anima, la quale diventa indifferente e incapace di formare ed esprimere desideri per qualsiasi cosa che non sia Dio e il suo volere.
» Il povero di spirito non desidera nulla delle cose del mondo; la vita, l’intelligenza, le attitudini, il successo sono per lui cose indifferenti, quando non coincidono col volere divino. È sempre lo stesso, va sempre bene, poiché si compie sempre la volontà di Dio.
» Avere la povertà di spirito significa avere lo spirito povero e mancante di ogni sorta di bene proprio ed anche dei desideri stessi di tale bene; vuol dire non solo non possedere beni tra le vanità terrene, ma neppure desiderabili, od anche pensarci solamente.
» È quel sentimento espresso da S. Francesco di Sales il quale diceva di se stesso: Io voglio poche cose e quelle cose stesse le voglio molto poco e, se dovessi rinascere, vorrei non avere alcun desiderio» (A. GORRINO, 0. C., pag. 423).
DIO SOLO, UNICO VERO BENE!
La povertà di spirito non si applica solo ai beni materiali. Si applica, anche, ai beni spirituali più di quanto vi si pensi, ed espone l’anima alla ricerca assoluta dell’unico vero bene, Dio. Ah! se questa verità fosse ben compresa da tutte le anime e, in modo particolarissimo, dalle anime religiose! Suole accadere che molte anime spendono energie preziose non per cercare Dio, ma per raggiungere i doni spirituali, le virtù, le grazie che avvicinano a Dio. È necessario amare e cercare Dio per se stesso; se Dio, poi, disporrà che noi lo vediamo e lo possediamo per mezzo de’ suoi doni, noi saremo disposti a fare come piacerà a Dio… E qui, data l’occasione, affermiamo chiaramente il principio: TUTTO deve servire a Dio, per Dio…; nulla dobbiamo cercare all’infuori di Dio. Egli è un Padre: non pretende l’esito felice, la riuscita vittoriosa…: pretende, invece, soltanto il mostro sforzo che deve accompagnare la mostra volontà nella ricerca di Lui solo, o dei mezzi, da Lui solo disposti, per giungere a Lui. – Ogni anima che riflette con serietà su di se stessa, non può fare a meno di conoscere la sua assoluta miseria, la sua abbiettezza, e di essa, come della sua povertà, non si avvilirà. Ne godrà, anzi, perché così il Signore le apparirà tanto più grande ed amabile e tanto più l’avvicinerà a Dio… quanto più il sentimento della propria indegnità le sembrerà allontanarla. Santa Teresa del Bambino Gesù così, a questo riguardo, scrisse: Oramai mi rassegno a vedermi sempre imperfetta ed anzi trovo in questo la mia gioia! (Storia, VII). Ma noi, nel constatare le nostre imperfezioni, diciamo anche così? No. Non diciamo così. Noi, ordinariamente, viviamo di amor proprio, e ci lamentiamo, e facciamo disperare coloro che, per divina disposizione, preposti al nostro bene, diventano i bersagli del nostro egoismo. Ma seguiamo ancora la Santa: Più tardi, può darsi che il mio tempo mi appaia ancora pieno di molte miserie, ma io non mi stupisco più di nulla, né io mi affliggo nel vedermi essere la stessa debolezza; al contrario è in questo che io trovo la mia gloria e mi attendo ogni giorno di scoprire in me nuove imperfezioni (Storia IX). Ora, queste parole piene di umiltà e di santa rassegnazione, hanno già la loro radice in quelle che l’Apostolo Paolo scriveva ai Corinti: Volentieri troverò la mia gloria nelle mie infermità, perché risieda in me la virtù di Cristo (II Cor., XII, 9). Ma non è a queste anime, forse, che suole rivelarsi Gesù? Ecco le parole precise di Matteo (XI, 20): Hai celato le tue verità ai sapienti e ai prudenti per rivelarle ai bambini. Le predilezioni sono per questi piccoli: Chi è bambino, venga da me (Prov., IX, 4). Su questa piccolezza come ognuno bene deve sapere, il Signore pone la base della sua grandezza: Chiunque si sarà umiliato come questo bambino, sarà maggiore nel regno dei cieli (MATT., XVIII, 4).
CONCLUDENDO.
È necessario, adunque, possedere Dio, vivere uniti a Lui; e, perciò, poter fare a meno di tutti gli aggeggi e le sovrastrutture di questa vita. Un solo pensiero, un solo affetto può e deve riempire la nostra anima: Dio! Ogni altra cosa è aridità, fumo, fango, parvenza, NON REALTÀ. Perciò:
1) Anima fedele, non turbarti se ti senti povera e meschina.
2) Onori, stima, considerazioni, agiatezza e fortuna, sono illusioni.
3) Se gli uomini pensano male, e ti giudicano male, non dartene pena. Tu, potresti pensare assai peggio di te, poiché ti conosci.
4) Non attenderti nulla da nessuno, mai. Non la riconoscenza, non la comprensione, non la benevolenza. Non angustiarti se altri ti passano avanti, e, vilmente favoriti, occupano il tuo posto. Qualunque angolo… è sufficiente per la tua pochezza.
5) «Se ti senti arida e distratta nelle preghiere e negli atti di pietà: se il servizio di Dio ti parrà arido e freddo senza alcuna consolazione; se il tuo spirito rimane vuoto e inerte durante la meditazione dei misteri della bontà divina, non affliggerti per questo e pensa che non sei buona a niente e rimani ferma nel dare a Dio quel poco di cui sei capace » (A. Gorrino, o. c., pag. 427). – Non temiamo adunque.
Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli. Risorti con Gesù Cristo, nostro capo, non dobbiamo più cercare e gustare le cose della terra, ma quelle del cielo, ove Gesù ci aspetta.
S. Paolo, Ai Col., III, 1-2.