LA VITA INTERIORE (25)

LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (25)

Sac. Dott. GIOVANNI BATTISTA CALVI

con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.

Ristampa della 4° edizione – Riveduta.

TENEBRE DISSIPATE

L’ALLEGRIA

Dopo aver trattato del dolore come fonte di vita interiore, è bene mettere in risalto che anche l’allegria vera ci conduce a una vita di stretta relazione con Dio.

ERRORE COMUNE.

«Due sono gl’inganni principali, con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venire in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un modo di vita cristiana, che vi possa nel tempo stesso rendere allegri e contenti, e additarvi quali siano i veri piaceri, talché voi possiate dire col santo Profeta Davide: Serviamo al Signore in santa allegria: Servite Domine in lætitia. Tale appunto è lo scopo di questolibretto: insegnare a servire il Signore e astare allegri». Così il santo don Bosco in:Il Giovane Provveduto, indirizzandosi ai giovanetti…Questo inganno non è, però, solamente presentato ai giovanetti. Il demonio si sforza di presentarlo, orpellato più o meno bene, a tutte le anime e molte, purtroppo,ne rimangono prese. La persuasione,errata, che ne consegue, rimane, purtroppo,la seguente: il peccato e la colpa sono apportatori di gioia; la gioia vera consistenell’assaporare il frutto proibito; e quindi, la pratica della vita cristiana, l’eserciziodelle virtù sono sinonimi e fonte di malinconia e di tristezza.La dottrina cattolica insegna tutto il contrario:il peccato è fonte di mestizia e di avvelenamento spirituale: la pratica della virtù porta all’allegria santa e serena.

LA « SOCIETÀ DELL’ALLEGRIA ».

Quando il santo don Bosco, giovinetto, riuscì, dopo tanti stenti e sacrifici, a stabilirsi nella cittadina di Chieri per iniziarvi gli studi regolari che gli avrebbero poi aperte le porte del seminario, del sacerdozio, del suo apostolato grande quanto il mondo, seguendo le divine aspirazioni, raccolse intorno a sé tutti i compagni di scuola… « La carità in lui era fin d’allora diffusiva. Desiderava, voleva, anzi, darsi davvero tutto a tutti ». Per questa sua spontaneità nel dare e nel darsi generosamente, e con la narrazione spigliata di piacevoli racconti, con l’attrattiva dei giochi ordinari e di altri di prestigio, e, soprattutto, coll’aiuto nell’indirizzo per lo svolgimento dei compiti scolastici, gli avvenne anche a Chieri quello che già eragli accaduto ai Becchi, alla Cascina Moglia, a Murialdo, a Castelnuovo. A questo si aggiunga la parola viva e scolpita, la parola affabile, il tratto affettuoso, avvincente… e non si proverà più nessuna meraviglia se diremo che si vide presto circondato da un numero discreto di compagni, di amici, docili e pronti al suo cenno e alla sua parola. Tanto docili, tanto obbedienti, che, per mezzo di essi e con essi, fondò la Società dell’allegria. La società dell’allegria aveva uno statuto proposto da Giovannino Bosco e approvato dai soci, di due soli articoli, la cui osservanza garantiva la buona condotta religiosa e morale de’ singoli soci. Ecco i due articoli nella loro semplice ed esatta espressione:

1) Ogni membro della società dell’allegria deve evitare ogni discorso, ogni azione che disdica ad un buon Cristiano.

2) Dev’essere esatto nell’adempimento dei doveri scolastici e dei doveri religiosi.

Potremmo trarre diverse e molteplici conseguenze. Ne trarremo una sola, e diremo che i soci della società dell’allegria avevano nell’osservanza dei due articoli dello statuto della loro società il mezzo di fuggire il peccato, ogni peccato, e di praticare bene il proprio dovere, tutti i loro doveri. Il peccato porta il rimorso, che toglie la gioia, la pace, l’allegria; per contrario la pratica della vita cristiana nell’adempimento dei nostri doveri genera la pace, la gioia, l’allegria santa. I piaceri del mondo portano amarezza e malinconia, desolazione, angoscia; la preghiera, il raccoglimento, il sacrifizio, l’esercizio della virtù porta la felicità, l’allegria.

IDDIO È GIOIA.

Chi ha gioia vera, possiede Dio, poiché Dio è gioia, è allegria. Se noi potessimo dire, osserva molto finemente il padre Faber, che la vita di Dio consiste in un attributo piuttosto che in un altro, dovremmo dire che consiste nella sua gioia. Gesù lasciò il cielo per la terra, per portarci quella gioia, quell’allegria sana e santa che il peccato ci aveva tolto. « Ma gli uomini non vogliono sapere della sua gioia. Le porte di molti cuori, come quelle di Betlemme, si richiudono sgarbatamente per non accogliere la sua insistente offerta di vera gioia. Ed egli è stanco. Sono duemila anni, che ripete, con la medesima delicata e imperturbabile premura, la sua offerta di gioia. » Altri invece, a suo posto, sono ascoltati; proprio e solo quelli che portano il rimorso, l’infelicità, la tristezza. » Vedetelo seduto vicino al pozzo di Giacobbe e in ciascheduno dei nostri tabernacoli, in un atteggiamento dignitosamente triste. Iddio, esclama il S. Curato d’Ars, vuol renderci felici e noi non lo vogliamo! Noi ci stanchiamo di lui, e ci diamo al demonio! Noi fuggiamo il nostro amico e noi cerchiamo il nostro carnefice! Noi commettiamo il peccato, noi sprofondiamo nel fango… Non è una vera follia, che potendo godere le gioie del cielo in vita unendoci a Dio coll’amore, ci rendiamo degni dell’inferno legandoci al demonio? » (A. M. Cavagna, Squilli dî gioia, pag. 167, Milano, 1933). – Concludendo: il piacere non dà la vera gioia. Perfino D’Annunzio deve confessare: « come tutti i fiumi sboccano nell’acqua amara del mare, così tutti i piaceri sboccano nell’amarezza del disgusto ». Parole tremende che meritano tutta la meditazione di ogni anima nel peccato. Renato Bazin, nella vita di Carlo De Foucauld, ricordando il periodo passato nei piaceri, osserva: Egli era triste, in fondo al cuore, triste, di un’antica tristezza. Aveva ben potuto vivere nel piacere: la tristezza non era che aumentata. Ma quando si trovò nel deserto, divenuto eremita e penitente, Carlo De Foucauld esclamò con gioia riconoscente: Io sono l’uomo più felice del mondo. È necessario che confessiamo anche noi con S. Agostino: Non sarà più, o Signore, che io mi reputi beato quando una gioia qualunque allieterà il mio cuore. Vi ha una gioia, che non è concessa agli empi, ma soltanto a coloro che ti servono con amore disinteressato e questa gioia sei tu. Ecco la vita beata; godere in te, di te, per te; la felicità è questa e non altra.

VITA DI GIOIA.

Enumerando l’apostolo Paolo i frutti che porta la venuta dello Spirito Santo, dopo la carità, così asserisce: Fructus Spiritus Sancti gaudium et pax: i frutti dello SpiritoSanto sono la gioia e la pace (Gal., V, 19).Queste parole dell’Apostolo trovano unaddentellato in queste altre di Gesù riferiteda san Giovanni (XIV, 26, 27): La pacelascio a voi, dò a voi la mia pace; ve la doio, non in quel modo che la dà il mondo. Nonsi turbi il vostro cuore e non s’impaurisca.Le parole dell’apostolo Paolo e quelle di S. Giovanni ci persuadono che la vita nostra spirituale dev’essere permeata da un senso di pia allegrezza. Tutto questo, anzi, risulterà chiaro alla nostra mente e alla nostra anima, ricordando quanto sopra abbiamo riferito. Qui, però, desideriamo riaffermarlo, ponendo a base della nostra affermazione, l’idea della Provvidenza divina, sapiente e amorosa, che ci fa considerare tutti gli avvenimenti della nostra povera vita in questa valle di lagrime con serena confidenza, con tranquillità e sicurezza. Dio ci assiste e guida sempre amorosamente, come un padre; e noi non dobbiamo preoccuparci di nulla, tranne che di essere docili nel lasciarci guidare. Egli vuole solo e sempre il nostro bene. Ecco le parole di Davide che, con molta proprietà e precisione, sviluppano questo pensiero: Aveva sempre il Signore dinanzi agli occhi miei poiché Egli sta alla mia destra, affinché io non vacilli. Per questo ha gioito il mio cuore ed esultò la mia lingua; di più: anche la mia carne riposerà nella speranza. Poiché tu non abbandonerai l’anima mia nel soggiorno dei nostri morti; né permetterai che il tuo santo vegga la corruzione. Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita; mi ricolmerai di gioia col tuo volto; vi sono delizie senza fine alla tua destra. Certamente, dobbiamo essere santamente allegri per questa paterna e divina assistenza, nonostante î dolori fisici e morali, nonostante la pena per i peccati commessi, nonostante tutte le presenti, possibili afflizioni. Anche questo ha radice nelle affermazioni di Gesù: In verità, in verità vi dico: voi piangerete e gemerete e il mondo godrà; ma la vostra tristezza si muterà in gioia (Giov., XVI, 20). Questa affermazione di Gesù è fin d’ora dolce e amabile conforto nelle nostre pene, di modo che le anime desiderose della vita interiore godono del loro pianto e de’ loro dolori, secondo l’Apostolo Paolo: quasi tristes, semper autem gaudentes (II Cor., VI, 10).

Rimani con me, o Signore, e si la mia vera gioia (300 giorni di ind.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.