17 maggio: S. Pasquale Baylon, Confessore
1. – Pasquale è un figlio della grazia. Egli nacque il 16 maggio 1540, giorno della grande festa di Pentecoste, a Torre Hermosa in Spagna, da genitori poveri, ma profondamente cristiani. Fin dalla più tenera infanzia Pasquale mostrò uno spiccato sentimento religioso e una particolare attrattiva per il Santissimo Sacramento dell’Altare. Non conosceva gioia più grande di quella di esser portato in chiesa dalla mamma e di assistere alla santa Messa. Il bambino, non appena capace, si trascinava carponi a mani e piedi in chiesa e si arrampicava sui gradini dell’altare per essere vicino al Signore. Dall’età di sette anni Pasquale fu messo a guardare le pecore. I suoi genitori non potevano mandarlo a scuola, ma Pasquale portava con sé al pascolo un libro e si faceva indicare dai passanti l’una o l’altra lettera dell’alfabeto. Imparò così a leggere e a scrivere. Il suo interesse era unicamente rivolto ai libri e agli scritti di argomento religioso. Ben presto Pasquale dovette recarsi all’estero come pastore. Anche lì resistette con decisione al cattivo esempio e agli allettamenti degli altri pastori. Si sentiva sempre più attratto alla vita religiosa. A diciott’anni si presentò dai francescani di Monteforte presso Valenza e fece domanda di ammissione in convento. Questa gli fu negata. In realtà solo per metterlo alla prova i francescani lo posero a servizio come pastore presso un contadino delle vicinanze. Finalmente nel 1564 gli fu concesso l’abito come fratello converso. Pasquale condusse una vita religiosa perfetta e santa. – Ebbe una particolare devozione per il Santissimo Sacramento dell’Altare. Morì il 17 maggio 1592 a Villareal, fu beatificato nel 1618, canonizzato nel 1690 e, nel 1897, fu da Leone XIII proclamato celeste patrono di tutte le Leghe eucaristiche.
2. -« To ti rende, o Padre, perché hai nascoste queste cose ai savi e agl’intelligenti e le hai rivelate ai pargoli » (Vangelo). Quanto più elevata dev’essere un’opera, tanto più piccolo e insignificante è lo strumento di cui Dio si serve. Egli vuole così mostrare che Lui è veramente il Signore onnipotente e infinito. Nessun uomo deve potersi gloriare dinanzi a Dio. Questo è il modo di procedere di Dio nel chiamare i suoi Santi. « Solleva da terra il misero per collocarlo tra i principi, tra i principi del suo popolo » (Ps. CXII,12, 7 8). « Ha esaltato gli umili » canta la Vergine di Nazareth nel Magnificat (Luc. 1, 52). Pasquale è un povero pastorello che non ha mai la possibilità di frequentare una scuola; che passa la sua vita tra incolti pastori. Chiede l’ammissione in convento e questa gli viene in un primo tempo negata: i superiori non hanno fiducia in lui e lo lasciano aspettare ancora diversi anni prima di accoglierlo. Pasquale si piega e porta pazientemente la prova. Diventato religioso si sottomette con tutta fedeltà alla regola, pratica la povertà come nessun altro in convento e, secondo la testimonianza dei suoi confratelli e superiori prende come norma della sua condotta l’obbedienza in tutte le cose. Nel rinnegamento della propria volontà giunge fino all’eroismo. In un convento riceve dal Guardiano molti rimproveri e rabbuffi infondati. Pasquale si prende le aspre parole con assoluta calma e impassibilità. Il Cielo lo colma di grazie d’ogni genere. Il frate completamente ignorante di questioni teologiche, si mostra al corrente dei più profondi misteri della fede ed è in grado di compilare scritti dogmatici e di dare risposte che suscitano lo stupore dei più grandi teologi del tempo. Ha inoltre il dono della profezia, il dono del discernimento dei cuori, il dono dei miracoli, soprattutto della guarigione di malattie. Ha infine la grazia della preghiera. Già come giovane pastorello egli conduce una vita eremitica santificata dalla preghiera. Valli e colline sono testimoni delle sue estasi, nelle quali egli contempla le cose divine. Nelle fredde notti invernali, nonostante il gelo e la neve all’intorno, egli passa ore ed ore in preghiera e contemplazione. Spesso solo il chiarore dell’alba lo riscuote dalla sua profonda preghiera. Così Dio esalta in Pasquale, nell’umile frate, la bassezza, la piccolezza, l’umiltà. Egli avrebbe avuto la capacità di assolvere gli studi necessari per il sacerdozio. Si cercò anche di influenzarlo in questo senso. Ma egli vuol rimanere semplice frate e si ritiene, come S. Francesco, indegno del sacerdozio. « Io ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli ». – « 0 Dio, tu hai infuso nel tuo beato confessore Pasquale una mirabile devozione per i sacri misteri del tuo Corpo e del tuo Sangue » (Colletta). Fin dal tempo in cui Pasquale vive nel mondo, arde di tenero amore per il Signore eucaristico. Più che mai dopo che è entrato in convento. Di giorno e di notte ci si può imbattere nel portinaio del convento immerso in adorazione dinanzi al Santissimo. È vero che per il suo servizio di portinaio egli è continuamente chiamato via dall’altare dal suono del campanello. Ma non appena ha sbrigato le sue faccende alla porta si affretta a ritornare dinanzi all’altare e prosegue la sua adorazione con lo stesso raccoglimento, come se non ne fosse stato affatto distolto e interrotto. Dopo poche ore di sonno leggero, di buon ora è già nuovamente in chiesa, genuflesso dinanzi al Santissimo, le mani aspanse, gli occhi fissi al Tabernacelo, spesso per molte ore. A volte è rapito con tale potenza che il suo corpo, sollevato da terra, rimane sospeso in aria. Nel suo amore per il Santissimo Sacramento egli si sente spinto a servire continuamente la santa Messa, non di rado otto e più volte consecutive. Riceve la santa Comunione quanto più spesso gli è permesso e gli è possibile. Il pensiero del Signore nel Sacramento dell’altare lo segue dovunque. Sulla via per recarsi ad un convento in Francia il povero frate francescano soffre ogni sorta di maltrattamenti e d’ingiurie da parte degli Ugonotti. Gli vengono gettate contro delle pietre. Tormentato dalla fame, domanda l’elemosina – ed è preso per una spia, battuto e gettato in prigione. È sicuro di morire. Come per miracolo viene liberato, ma solo per sopportare nuovi maltrattamenti per il resto della via. « Credi che Dio sia presente nel Sacramento che voi consacrate e chiamate Messa?» gli domanda un Ugonotto. « Si, lo credo e proclamo ad alta voce che Dio è veramente e sostanzialmente presente nella specie del pane ». Nuovi maltrattamenti. Il desiderio di Pasquale di diventare martire dell’Eucaristia si sarebbe allora adempiuto, se Dio non avesse miracolosamente protetto il suo servitore: le pietre che dovevano colpirlo volarono oltre la sua testa. Soltanto una pietra lanciata con tutta furia gli spezza la spalla sinistra lasciandolo offeso per tutta la vita. Ritorna vivo dopo due mesi al suo convento. Egli si rammarica soltanto di una cosa: di non aver potuto dar la sua vita per la sua fede nell’Eucaristia. Sulla bara, al momento della consacrazione, apre ancora due volte gli occhi per adorare il Signore che s’immola. – Possa la nostra le e il nostro amore per la Santissima Eucaristia trovare continuamente alimento nella fede e nell’amore di S. Pasquale per il Santissimo Sacramento!
3. – Dal contatto fervoroso col Signore eucaristico, il santo frate attinge virtù in abbondanza: la perfetta purezza da ogni peccato; l’amore della povertà, della verginità, della castità; l’umiltà; lo spirito di sacrificio, di preghiera, di santo amore di Dio e del prossimo. « Dimmi chi pratichi e ti dirò chi sei! ». Non abbiamo noi quello stesso Salvatore nel Tabernacolo, nel sacrificio dell’altare, nella santa Comunione? E allora? La Chiesa non possiede nulla di più sublime, nulla di più santo, nulla di più meraviglioso della santa Eucaristia: essa racchiude il migliore e più grande dono di Dio: Lui stesso, fonte e origine di ogni grazia e santità, Gesù Cristo. Avessimo noi la viva fede di S. Pasquale! Quanto avremmo cura allora di mantenere l’anima nostra nel sole!
Preghiera
O Dio, che infondesti nel tuo beato confessore Pasquale una mirabile devozione per i sacri misteri del tuo Corpo e del tuo Sangue, concedi propizio che meritiamo di conseguire quella pinguedine di spirito che egli ebbe da questo divino banchetto. Amen.
(B. Baur O. S. B.: I Santi nell’Anno Liturgico, Herder Ed. Roma, 1958)