IL SACRO CUORE (54)
J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;
LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ–
[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]
PARTE TERZA.
Sviluppo storico della divozione.
CAPITOLO QUINTO
SFORZI SPECIALI PER ORGANIZZARE E PER DIFFONDERE LA DEVOZIONE
II. – LA COMPAGNIA DI GESÙ. IL CARATTERE DELLA SUA OPEROSITÀ (2)
Il ven. P. Luigi da Ponte (da Puente) (1545-1624), al dire del suo biografo, aveva fatto sua la pratica tanto raccomandata da Luigi de Blois, d’offrire ogni azione ed ogni pena a Dio, in unione di quelle di Gesù, pregando il divin Cuore di supplire a tutto ciò che loro mancava. Nelle sue Meditazioni, egli raccoglie devotamente tutto l’insegnamento tradizionale sulla piaga del costato e la ferita d’amore di cui essa è simbolo; ed è tutta la devozione al sacro Cuore nella teoria e nella pratica. – Il P. Luigi Lallemant (*1635), non ha pubblicato nulla ch’io sappia; ma egli ha esercitato una grandissima influenza sia con i suoi esempî e le sue istruzioni; sia con il libro della sua Dottrina spirituale, ove i suoi discepoli raccolsero e coordinarono i suoi insegnamenti. Il P. Champion, che fece stampare il lavoro, nella nota posta in testa al volume, dice: « Lo spirito di annientamento del Figlio di Dio, nell’incarnazione, era il modello di umiltà che egli si proponeva, ed il sacro Cuore del Verbo Incarnato era la scuola ov’egli imparava questa virtù. Ed in questa scuola e da questo divino Maestro, egli aveva imparata la sublime lezione d’umiltà, della dimenticanza di sé e della sepoltura nel Proprio nulla. Nel libro si tratta più volte del sacro Cuore: « Noi dobbiamo consultare nostro Signore su tutte le cose che si presentano alla nostra scelta, e considerare qual pegno esse hanno nel suo Cuore; poiché noi dobbiamo bandire dal nostro Cuore tutto ciò che vi troveremo che non è in quello di Gesù ». Per imparare a portare le croci, egli vuole che le riguardiamo « nel Cuor di Gesù Cristo che le ha scelte per noi e ce la Presenta », Raccomandando l’amore ed il desiderio del dispregio di sé, egli diceva. Per aver questo amore e questo desiderio del disprezzo, sogna andare ad attingerlo nel Cuore di Gesù Cristo, entrandovi spesso per considerare il Verbo annientato e la santissima umanità annientata nel nascondimento ». Questi brani, dimostrano un uomo in comunione intima con il cuor di Gesù ed abituato a raccomandare questo commercio intimo, come mezzo potente di perfezione. Senza poter affermare nulla né dare precisi particolari, sembra però, secondo una serie d’indizi convergenti, che questo Maestro della vita ascetica, la di cui azione sopra i suoi discepoli è stata così considerevole, abbia avuto una grande influenza nella diffusione della divozione durante la prima metà del XVI secolo: Maestro dei novizi, istruttore del terz’anno di probandato, sembra che egli l’abbia trasfusa nei suoi novizi e nei suoi terziari, che poi la Sparsero intorno a loro. Il P. Huby, il P, Surin, il p. Rigoleuc furono di questo Numero; e si può anche credere che uomini come san Giovanni Eudes, Bernières-Louvigny, ed anche, per mezzo del P. Bagot, Boudon ed altri subirono la medesima influenza. Ma i particolari precisi su questa azione nascosta non sono stati ancora raccolti con abbastanza cura per permettere conclusioni stabili. – Si è disputato molto sulla parte precisa che spetta al cuor di Gesù in un libretto scritto in ungherese, pubblicato a Vienna nel 1629, e di cui fu fatta una nuova edizione a Presburgo nel 1642, da P. Mattia Hajnal, gesuita ungherese (1578-1644). Eccone il titolo esatto, tradotto sulla traduzione latina letterale, che gentilmente han voluto far per me due gesuiti della Provincia di Ungheria: Piccolo libro per la divozione dei cuori, che amano il Cuor di Gesù. Consiste in pie incisioni (cordialibus imaginibus) e nella spiegazione delle incisioni, sotto forma di meditazioni e di preghiere. Ogni anima fedele, può impararvi il proprio stato, vergognoso, e pericoloso, prima della sua giustificazione; bello e sublime dopo, e così pure il modo ed il progresso (fluxum) di ogni giustificazione. Come si vede, testo e incisioni si riferiscono al cuore del fedele; tuttavia il cuor di Gesù non è assente completamente dal libro. Primieramente apparisce al principio, nel titolo; eppoi, contiene una prima meditazione sul cuor di Gesù. È intitolato: « Del cuore più nobile che vi sia al mondo, o del cuor di Gesù infiammato d’amore ». Vi si legge: « Sali o anima mia, sali al cielo, presso il tuo Salvatore…; e ricordati dell’ardente amore ch’Egli ha per il Padre suo e per te. Rifletti, o anima mia, sulla natura del fuoco di cui brucia questo divin Cuore; egli tende al cielo e vi solleva i cuori che consuma. Così il cuore di Gesù, sempre infiammato di questo fuoco si tiene continuamente alla presenza del Padre celeste. Non dimenticare, anima mia, che il nostro cuore brucerebbe ancora dello stesso fuoco, se non si fosse estinto nel cuore dei nostri progenitori; non dimenticare che, riacceso dal nuovo Adamo, alle fiamme del suo proprio cuore, si consumerebbe ancora, se il tuo peccato non avesse spento i suoi ardori. Anima mia, non ti allontanar più da questo focolare d’amore; immergiti in questo divin Cuore, e con lui prendi il volo verso il cielo! ». La preghiera risponde a queste pie riflessioni: « O Signore Gesù, l’immagine del vostro Cuore infiammato d’amore, è atta a riscaldare i nostri cuori indifferenti e colpevoli… Ve ne supplico, o buon Gesù, degnatevi di riaccendere nel mio cuore meschino la fiamma del vostro primo amore; degnatevi di associarmi. a coloro che io vedo, in quest’incisione, abbracciare con tanto zelo, la causa del vostro divin Cuore ».
Il P. Pietro Marie (1589-1645) pubblicava nel 1642 un libretto intitolato: La scienza del Crocifisso, ove spesso si parla del sacro Cuore. Egli dice alla regina, madre del re, nella lettera di dedica, che nel suo lavoro va « aprendo le piaghe e scoprendo i movimenti del cuore di Gesù Crocifisso ». La nona « considerazione » della prima parte è intitolata: « Il Crocifisso c’insegna di quale amore il cuore di Gesù Cristo bruciava per noi, ed a qual ricambio d’amore noi siamo obbligati ». Nella riflessione contenente le « cause che hanno potuto obbligar Gesù Cristo ad amarci » vien detto, a pagina 104, che, « come vi erano due nature (in Lui), la divina e la umana, vi erano pure due volontà e due cuori, il cuore e la volontà di Dio e quella dell’uomo e dell’umanità », e che « il cuore del Verbo, il cuor di Dio, dichiarava, insinuava, imprimeva nel cuore e nella volontà dell’uomo, l’amore ammirabile ch’Egli aveva per gli uomini, affinché il cuore dell’uomo e dell’umanità ne conservassero le impressioni, come la cera prende la forma del sigillo ». A_pagg. 105-108, seguono degli svolgimenti bellissimi sull’amore « del cuor di Gesù » per noi, quell’amore « che il cuore di Dio accendeva nel cuore dell’uomo in Gesù Cristo ». Il simbolismo del cuor di Gesù è qui cancellato come lo è nel P. Giuseppe e nel P. Le Gaudier ed in varie altre parti dove la parola cuore più che un simbolo, è una metafora. Nondimeno esso è sempre vivo, presente, e basta un’occasione favorevole perché ricompaia. È una osservazione che dovrei rinnovare ad ogni momento, se non supponessi che il lettore la tiene sempre presente. Il P. Vincenzo Caraffa (1585-1649), che morì poi generale della Compagnia di Gesù, ha lasciato varie opere di pietà, ove mostra molta divozione al cuor di Gesù. Nel suo libro intitolato: Il cammino del cielo, seconda parte, egli insegna al devoto di Maria la pia pratica di unire il suo cuore a quello di Gesù, tutti i giorni della settimana, per rendere omaggio alla Madre di Dio e domandarle qualche virtù. Ma soprattutto nel Mazzetto di mirra, o considerazioni diverse sulle piaghe di Cristo, egli è naturalmente condotto a parlare del sacro Cuore e ne parla molto. Eccone dei brani. « Primo libro, XXXI Considerazione. Le piaghe di Gesù Cristo, il nido del divino amore… Domandate di cambiare il cuore. O mio Gesù, datemi il vostro cuore! Oh come nel mio petto starebbe meglio di quello che lo anima! Se vi fosse, come amerebbe Voi che siete tanto amabile, giacché, essendo nel vostro, ama me, benché io non meriti che il vostro odio ».
« 3. Vivete d’ora innanzi… privo del vostro cuore, di quel cuore che non sa che di umano e di terra, pieno del cuore di Gesù Cristo, di un cuor ardente e divino. Oh il felice cambiamento, la felicissima sorte! Ma ricordatevi che il cuore che ricevete è un cuore ferito, per disporvi ad una vita simile alla sua ».
« Secondo libro, XLI Considerazione. La piaga del costato di Gesù Cristo, il propiziatorio dell’arca… O cuore amoroso di Gesù Cristo, principio di ogni nostro merito, nel quale noi siamo stati santificati, io vi adoro, vi venero e confesso altamente che è da voi che ho la vita ».
« Terzo libro, XXIV Considerazione. Entriamo nel cuore di Gesù Cristo per la piaga del costato ». « I. Il costato di Gesù Cristo, aperto da un colpo di lancia, è la porta per la quale entriamo nel suo amabilissimo Cuore ».
« 2. Ma questo domicilio del cuor di Gesù Cristo non domanda che il vostro cuore per alloggiarlo. Figlio mio, dammi il tuo cuore, per metterlo nel mio. Felice unione, gradito possesso, felicissima dimora nel cuore di Gesù Cristo! Certamente il nostro cuore, sempre famelico ed oppresso dall’inquietudine, non può saziare la sua fame, né trova il suo riposo che nel cuor di Gesù Cristo, che è come il suo centro. È dunque necessario che vi sia proporzione fra questi due cuori come fra il luogo ed il corpo che l’occupa. Ora, secondo quel che dice S. Bernardo, il cuore di Gesù Cristo, fu ferito due volte: la prima volta dall’amore, e poi dal dolore; primieramente, dunque, fu ferito spiritualmente; la seconda volta corporalmente… Nella stessa maniera, affinché il vostro cuore sia degno del cuor di Gesù, bisogna che vi si aprano due piaghe, d’amore e di dolore ».
Il P. Paolo de Barry (1585-1661) è forse anche più esplicito. Nel suo libro il Paradiso aperto a Filagia egli propone, come divozione per il 25 novembre, l’offerta del cuore di Gesù a Maria Santissima, come il dono più prezioso che si possa offrirle e come il più gradito: e, a questo proposito, suggerisce alla sua Filagia una bella preghiera ed una lode commovente al sacro Cuore. Ascoltiamola: « Filagia, voi non avete ancora nulla offerto alla vostra cara Madre e Signora, che valga questo dono del sacro Cuore; offritele dunque oggi il cuore del suo caro Figliuolo Gesù Cristo, per soddisfare alle vostre ingratitudini e per supplire alle debolezze del vostro servizio… e siate sicura che è questa una ricchissima offerta. Ve ne ho tracciato l’argomento; ripensatelo voi stessa accuratamente, e, sopra tutto, fate pensare il vostro cuore. Non crediate che sia questa una divozione inventata da me; è una lezione che S. Gertrude ricevette dal cielo… In seguito ella offrì alla Santissima Vergine il cuore del Figliuol suo… Ma mi avveggo Filagia che aspettate, per vostra quiete, ch’io vi suggerisca una preghiera a questo scopo. Sono contento di offrirvela; ditela di cuore e ripetetela spesso ». Segue la preghiera: « Regina del Cielo e della terra…, eccomi umilmente prostrata innanzi alla vostra divina maestà, per offrirvi un dono di cui non si conobbe mai l’uguale. Io vi offro il cuore amoroso di Gesù, vostro amabilissimo Figlio e mio adorabile Redentore. Non è questo il dono più ricco che possa offrire sulla terra? Questo divin Cuore vale più di millecinquecento milioni di mondi, anche se i mondi fossero pieni di Serafini; questo sacro Cuore vale più di tutti i cori degli Angeli e dei Santi, che potrebbero essere, se Dio li facesse uscire dal seno della sua onnipotenza. Questo cuore è il Cuore dei cuori, il Cuore tutto tenerezza, il Cuore quasi simile a quello dell’augustissima Trinità; ed è anche il Cuore che è sorgente vivificante delle più elette benedizioni, il più bell’oggetto di tutte le vostre compiacenze; perciò è questo Cuore che voglio offrirvi in dono ». Egli prega poi Maria di gradire quest’offerta e conclude: « Dal cuore di Gesù attendo la felicità ». Nel Santo favore egli suggerisce, fra le divozioni che più ci attirano i divini favori, una speciale « affezione alla piaga sacratissima del costato di Gesù Cristo » e indica più esplicitamente ancora una « singolare affezione al cuore di Gesù Cristo » e, a questo proposito, ricorda le dottrine tradizionali sul cuore di Gesù « dimora dei suoi amici», « asilo e rifugio nostro », « libro dei predestinati », « piazza d’armi, torre di abbondanza ». – Fedele alle sue abitudini, egli insiste soprattutto nella pratica: « Essendo i nostri cuori ciò che sono, ed il suo il Cuore per eccellenza… che sapremmo far noi di più glorioso che dar cuore per cuore, offrire a lui i nostri cuori ed amare sinceramente questo Cuore amabilissimo e degno dei più grandi ed assidui servizî di tutte le creature? », « Io riduco, aggiunge, questo amore che dobbiamo dimostrargli a quattro capi ». E comincia, con il dolce ricordo « di questa fornace d’amore e di questo cuore benedetto »; raccomanda di pregare nostro Signore per la bontà del suo Cuore…, protestando che non avremo amore né cuore che per Lui »; di ossequiare spesso il Sacro Cuore, e soprattutto in riparazione delle negligenze passate, finalmente « di offrirgli le mancanze nelle quali cademmo, attraverso le nostre buone opere… per ottenere il perdono », seguendo così la pratica tanto raccomandata da Luigi di Blois. – Il P. Paolo Lejeune (1592-1664), tornato in Francia dopo essere stato superiore della missione del Canadà, parlava spesso del Cuore di Gesù nelle sue lettere di direzione, parecchie delle quali sono state raccolte e pubblicate. La lettera 98.a della raccolta è intitolata: « Della unione del cuore con Gesù Cristo ». Ad ogni passo si tratta del Cuore di Gesù. « Mia reverenda Madre, il vostro cuore e quello di tutte le vostre figlie traspariscono nelle vostre lettere… Li ho tutti presentati a nostro Signore e li ho come chiusi nel suo Cuore, sul quale desidero di farne un sacrificio all’Eterno Padre. Ma, figliuola mia, fate attenzione che tutti i cuori si modellino sul cuor di Gesù Cristo; questo cuore adorabile dev’essere la regola dei nostri. Per questo Egli ci separa dal mondo per darci appunto mezzi più appropriati per formare i nostri cuori sul Suo, che è un Cuore di sacrificio, che non ama né ritien giammai nulla per sé, ma riporta tutto al Padre suo; che non ebbe mai un movimento di stima per se stesso… Egli non gustò alcun piacere per sè… Giammai questo amabilissimo Cuore si determinò, né si portò da se stesso a qualsiasi cosa… Questo Cuore sì pieno di luce e di rettitudine… aspettava quaggiù gli ordini del Padre suo, di S. Giuseppe e della sua santa Madre… Ohimè! Dove sono i nostri cuori quando si agitano…? Come son poco conformi, allora, al cuor di Gesù! ». Il P. Lejeune trovava in questo tutta una spiritualità: « Ah! mie care figlie, intendete voi bene questa alta e profonda spiritualità? ». In un’altra lettera egli raccomanda ad un’anima restìa a santificarsi, di offrirsi a Dio nel cuore di Gesù. Si potrebbe ancora additare un buon numero di scrittori che han parlato del cuor di Gesù. Suarez e Lugo fra i teologi; Maldonato, Tirinus, Cornelio e Lapide, Lorin e Baeza fra gli esegeti; Scribani, Binet, Nieremberg, Giacomo Rho, Leopoldo Mancini, Surin, Lyric, Rigoleuc fra gli autori ascetici, e molti altri ancora. Ma quattro o cinque meritano un’attenzione speciale, per la singolare importanza che prende in essi la divozione al sacro Cuore e quello che fecero per propagarla. Sono questi il P, di Saint-Jure, Druzbicki, Paullinus, Nouet, Huby. Il P. Giovanni Battista di Saint-Jure (1588-1657) ne parla specialmente in due passi e molto lungamente nel Libro degli eletti e nell’Uomo spirituale. Nel Libro degli eletti, c. 14; egli tratta ex professo della dimora nelle piaghe di nostro Signore, e cita interamente i testi classici su questo argomento. Sono quelli che noi incontrammo già nel corso di questo studio; quelli di san Bernardo sulla Cantica, quelli della Vitis mystica e dello Stimulus amoris, quelli del Manuale, detto di sant’Agostino. Val quanto dire che si tratta molto dei segreti del cuore amante manifestati dalle ferite corporali. Egli passa in seguito alla piaga del costato, che è « senza controversia la principale, non per essere stata la più dolorosa…, ma perché fu la più amorosa, essendogli stata fatta nel cuore, ove risiede l’amore, e per i misteri grandi che contiene ». Il pio autore spiega completamente questi grandi misteri e raccomanda una « particolarissima divozione a questa adorabile ed amorosa piaga », insistendo particolarmente sulla dimora nella piaga del costato e nel cuore di Gesù. « Ma, quando saremo in quel Cuore divino, che vi faremo noi? In che cosa bisognerà occuparci?… Io loderò, benedirò, adorerò, ecc. In quel Cuore mi consacrerò interamente a Lui; mi affiderò pienamente alla sua condotta…; avrò un orrore estremo de’ miei peccati, e mi dedicherò con tutte le mie forze all’esercizio delle buone opere; mi sforzerò di andare di virtù in virtù per salire alla perfezione alla quale Dio mi chiama… Ma, siccome questa piaga è quella dell’amore, perciò è in essa che si attende particolarmente all’amore, che si rinunzia a tutte le creature, e tutte le sregolate affezioni, e si ama eccellentemente nostro Signore ed il prossimo ». – Finalmente bisogna che noi moriamo « nel suo Cuore per andare da questo a unirci a Lui per tutta l’eternità, nello stato di gloria. E per dir tutto, siccome noi siamo nel Cuore di Gesù Cristo, atteso che l’amore estremo che Egli ci porta, là ci mette e là ci tiene inseparabilmente, così noi dobbiamo in quel Cuore far tutte le operazioni, e ciò sarà un mezzo eccellente per farle bene ». Come si vede, è questa tutta la vita cristiana, connessa all’esercizio della divozione al sacro Cuore. – Il P. di Saint-Jure ha sviluppato e spiegato ex professo, nell’Uomo spirituale, quello che qui indica rapidamente. Parlando dell’unione a nostro Signore come principio della vita spirituale, egli si domanda « come e dove deve farsi ». « Per il luogo, egli scrive, io dico che dev’essere il Cuore di nostro Signore, nel quale dobbiamo unirci strettamente a Lui. Ci siamo tutti di già…, poiché Egli ci ama tutti e l’amore alberga sempre nel cuore, come nel proprio domicilio, le persone amate. E di più, noi possiamo entrarvi e rimanervi con i nostri pensieri, come possiamo con lo spirito avvicinarci a qualcuno ed entrare nel suo cuore. È dunque là la nostra dimora, e non possiamo certamente averne una più ricca, più magnifica, più gradevole, più santa e più divina… Andiamo dunque, con gioia, ad abitare in quel cuore, per non uscirne mai più. Oh! Come è dolce e piacevole vivere ed operare in quel cuore! Si; anche operare, perché noi dobbiamo far tutte le nostre operazioni nel Cuore di nostro Signore e farvi assolutamente tutto ciò che facciamo, esercitandovi anche tutte le funzioni della vita purgativa, della illuminativa e di quella unitiva ». In questo quadro vastissimo si disegnano, lo sappiamo, tutti gli atti e gli esercizî della vita spirituale, dal primo fino all’ultimo scalino. Il pio autore li ricollega tutti al Cuor di Gesù, e spiega, con precisione e chiarezza, come ciò deve farsi. « E in primo luogo per la vita purgativa, considerate, esaminate e piangete i vostri peccati, domandatene il perdono a Dio, in quel cuore che altre volte ne concepì tanto dispiacere e ne fu trafitto dal dolore. Odiate e fuggite le più piccole offese ed i più leggeri difetti; in quel Cuore infinitamente santo, sovranamente puro e che ha grande avversione ed estremo orrore anche del più piccolo peccato veniale ». E continua così per la lotta contro noi stessi e il dominio, per le penitenze e le mortificazioni, per le prove dolorose, spirituali e temporali. « Se ogni sorta di prova accettiamo dal Cuore di Gesù, in esso si addolciscono grandemente e vi perdono tutta la loro amarezza e le loro malvagie qualità, per prenderne delle salutari; né più né meno delle acque, che, passando per le miniere, ne ritraggono la loro forza e le loro virtù, e divengono medicinali ». – « Per la vita illuminativa esercitate le virtù e le buone opere nel cuore di nostro Signore. Praticate la fede, in questo Cuore infinitamente sapiente e sperate in questo Cuore che vi ama perfettamente e che è liberale e misericordioso al di là di quel che si può pensare ». È così delle sue virtù, « Fate nel cuore di Gesù le vostre orazioni mentali e vocali, il vostro ringraziamento dopo la santa Comunione. Non potete scegliere un oratorio più raccolto; poiché questo Cuore santissimo è stato sempre elevato ed unito a Dio; vi sarete più attento e meno distratto che in ogni altro luogo ». – « In questo Cuore, che è tutto ardente di amore per gli uomini, amate il vostro prossimo ». – Seguono alcuni particolari sopra il perdono, la compassione e tutti gli altri doveri verso il prossimo, sempre nel Cuore amoroso, misericordioso e tollerante di nostro Signore. « A più forte ragione noi dobbiamo fare tutte le nostre azioni interiori ed esteriori in questo divin Cuore, con la moderazione, la dolcezza, la soavità e con le sue stesse intenzioni, in perfetta conformità e intera sottomissione a tutte le sue ispirazioni e ad ogni suo movimento ». – « Per la vita unitiva, finalmente, questo Cuore divino… è il vero santuario ed il migliore domicilio, ove essa si pratica eccellentemente », e qui pure seguono particolari e pratiche. « Ecco, conclude l’autore, quel che noi dobbiam fare nel Cuore di nostro Signore e come bisogna unirci a Lui ». – Né la teoria né la pratica, sono del P. di Saint-Jure; le abbiamo già incontrate ad ogni momento nel nostro cammino. Ma però la cosa non era forse mai stata spiegata in maniera così chiara né così ridotta alla pratica.
Il P. Gaspero Druzbicki (1590-1662) non fa della teoria, dà solamente qualche spiegazione breve e chiara, per servir di direzione nella pratica. Ma, tal qual è, il suo opuscolo intitolato: Meta cordium cor Jesu, è tuttavia un vero manuale di divozione al sacro Cuore, ricco e pio; esso fu il primo nel suo genere. È giusto che lo si descriva. Nel recto del frontespizio vi son tre testi della santa Scrittura: Pone me ut signaculum super cor tuum. — Fili, præbe mihi cor tuum. — Paratum cor meum, Deus. Segue poi una corta prefazione dov’è chiaramente indicata l’idea della divozione: « Gli esercizi verso il Cuore di nostro Signore G. C. che voi avete per le mani e sotto gli occhi, son rivolti particolarmente al Cuore corporeo di Gesù, al suo Cuore di carne, ma unicamente in quanto esso è informato dall’anima sua santissima che è in unità d’essere e di vita (consentit atque unitur) con il cuore spirituale ed interiore; in quanto sussiste ipostaticamente nella persona del Verbo ». Da queste condizioni dipende o, meglio, da questa sorgente scaturisce tutto il valore, l’attività, la ricchezza del cuore materiale. Verso questo cuore inteso in questo senso, è cosa salutare far ossequio d’amore, di culto, d’invocazione, ed altre pratiche di pietà e di divozione, e tutto ciò è salutare, ed anche secondo il Cuor di Gesù. Il libro contiene un piccolo ufficio del Cuor di Gesù, delle preghiere e delle aspirazioni a quel Cuore divino, alcuni punti di meditazione « sulle occupazioni, affezioni e patimenti » di questo Cuore; di certe maniere di servirsi di Lui per gli esercizi della triplice vita unitiva, illuminativa e purgativa, una litania d’immagini o di simboli da utilizzarsi in considerazioni ed affetti; un colloquio con il Cuor di Gesù; domande da fargli per sé e per gli altri; lodi a questo Cuore; le sue funzioni, luce di sapienza, fuoco d’amore; preghiere e suppliche fervorose a questo Cuore amante, a questo Cuore che soffre, a questo Cuore beato; virtù del Cuore di Gesù da studiare, da domandare; quello che noi dobbiamo al Cuore di Gesù; il salmo doxologico al sacro Cuore; alcune contemplazioni (o, meglio, dei punti di contemplazione) sul sacro Cuore, immagine, della Trinità, sede della divinità, cielo, fornace, sole, paradiso, sorgente, alveare di miele, banchetto ecc. ecc.; infine vi si trova un piccolo rosario alle piaghe di Gesù, tutto secondo lo spirito della divozione al sacro Cuore. Nelle nuove edizioni hanno aggiunto nel libro una bella preghiera alla piaga del costato e del cuore, tolta da un altro scritto dello stesso autore. Prima di questo, nessun altro libro aveva tanto e così direttamente parlato del Cuore di Gesù; nessuno aveva aperto tali e tante prospettive alla divozione. Ed anche dopo, fra tanti manuali, non se ne trova uno più pratico, più ricco, più suggestivo.
Il P. Giovanni Paullinus (1604-1671) nella sua opera Pia cum Jesu vulnerato colloquia ha un colloquio, il 21, pieno di slanci ammirabili sul sacro Cuore. Anche il titolo è significativo: Del Cuore amabilissimo di Gesù, ferito dalla lancia. Nel principio, il motto della Scrittura: Il vostro servo ha trovato il suo Cuore; poi seguono questi quattro versi:
O dulce, forte, grande cor
O cordium corona!
Da, quæso, Christe, da mihi,
Cor hoc habere cordi
(O dolce cuore forte e grande. O corona dei cuori – Datemi io ve ne prego, o Cristo – Di aver questo Cuore nel mio!).
È questo il senso generale del colloquio. Eccone qualche brano: « Ecco, o Gesù ferito, che il vostro servo viene a parlarvi cuore a cuore. Il suo cuore parla al vostro, e vi parla del vostro cuore e del suo destino… Il vostro Cuore è il santuario. della Santissima Trinità, è sacrosanto, ed il mio è un ricettacolo d’iniquità… Il vostro Cuore è la sede della sapienza, il mio è un abisso di aberrazione. Il vostro Cuore è una sorgente di grazie e di virtù, il mio è un pantano di sozzure e di vizi. Nel vostro Cuore regna la carità, nel mio domina la corruzione; nel vostro brucia la fiamma della divozione, nel mio vi è il freddo glaciale del torpore. Nel vostro Cuore si ha la pace continua, nel mio si agita il turbine e l’angoscia. Il vostro è sempre aperto dal lato del cielo e chiuso a quello della terra, il mio si apre solo per la terra e si chiude per il cielo. Il vostro Cuore risuona sempre delle lodi divine, nel mio non odo che gli importuni mormorii degli affanni. Il vostro è sempre fissato in Dio, il mio mi abbandona di continuo, fugge e si smarrisce…. Signore, che farò io? Dovrò cercarlo? Ma spesso lo cerco invano: è nascosto nel fango terrestre… Mi hai dunque detto che debbo cercarmi un altro cuore, e, grazie a Te mio Gesù, l’ho trovato. Vedo il vostro petto sacratissimo, aperto dalla lancia, e vi scorgo il vostro Cuore, o per dir meglio il mio cuore. Poiché Voi mi siete stato dato; tutto ciò che Voi siete, è mio; è dono del vostro Padre, dono di Voi stesso. Dunque il vostro Cuore è mio, e questo mi basta, non ne cerco altri!… Salve, dunque, salve, trono della divinità, abisso di grazie, tempio di gloria! Salve, delizie del Padre supremo, tabernacolo dell’eterno Figlio, santuario dello Spirito Santo! Salve, o Cuore della Madre divina (Deiparæ corculum) (È Gesù stesso che l’autore indica così non il Cuor di Maria. Noi troviamo altrove, specialmente in S, Giovanni Eudes, termini uguali: Gesù… il Cuor di Maria, ecc.), gioia degli Angeli, centro delle anime sante. Salve, amante dei cuori, dimora dei giusti, asilo dei peccatori. Voi siete la scuola della cristiana sapienza, il luogo di esercizio della vita perfetta, l’artefice della beatitudine eterna… Cambiarmi in Voi, dimorare in Voi, vivere e morire in Voi, non desidero altro! In Voi è tutta la mia gioia, la mia gloria, la mia virtù, il mio tesoro, le mie ricchezze, il mio riposo e la mia pace, la mia vita, la mia salvezza, ogni mio bene! O Gesù, o Gesù mio, permettete che l’anima mia entri nel vostro Cuore. Accordatemi un piccolo angolo (angulum) nel vostro Cuore… Voi che non escludete alcun peccatore, e voleste che la lancia vi aprisse un asilo per tutti… Il vostro Cuore, sulla croce, fu afflitto ed angosciato!… Allora, sì, proprio allora, o mio Gesù, io mi trovavo nel vostro Cuore, Voi pensavate a me, offrivate tutto il vostro sangue per me… Ho dunque ragione di rifugiarmi nel vostro Cuore, ove trovo il mio nome scritto; vi voglio vivere e morire… Vi prego dunque, per il vostro sacratissimo Cuore, e ve ne supplico, perdonate il mio ardire… Quale altro rimedio per la mia salvezza, quale altro pegno posso aver io oltre il vostro Cuore? Se mi risponderete, non mi allontanerò, mi siederò alla porta e busserò, finché Voi non mi aprirete, sia in vita che in morte. Poiché ora il vostro servo ha trovato il suo cuore, il quale finora, sotto il mantello dell’amor proprio, era nascosto negli imbarazzi delle cose terrene. Ma ora io lo nascondo, lo rinchiudo nel vostro santo costato; ora lo distacco e lo separo interamente da tutto ciò che non è Dio e cosa di Dio, o che a Dio non conduce; lo confido al vostro dolcissimo Cuore ed a questo lo consacro e lo dono… Fatelo grande, perché tenga il mondo intiero per un nulla; fatelo alto, perché disdegni tutto ciò che passa… Allora potrò dire, nella gioia e nella pace, ovunque e sempre, il vostro servo ha trovato il suo cuore, e, con il suo cuore la rettitudine del consiglio, la forza dell’anima, la purezza dello spirito, la grazia perfetta, la gloria suprema, le delizie celesti, la beatitudine eterna; poiché, con il cuore, ho altresì trovato il vostro e Voi stesso, Gesù mio ferito dalla lancia; ed in Voi ho trovato il mio Signore e il mio Dio, ogni mio bene! Io sono il servo del vostro Cuore; voi siete il Dio del mio cuore.
Il P. Giacomo Nouet (1608-1680) è, con il P. di Saint-Jure, uno di quelli che parlavano meglio del sacro Cuore; meglio di tutti, almeno avanti Croiset e Galliffet, egli ha spiegata la divozione e ne ha fatto come la teoria. Si può rilevare in lui moltissime volte nominato il sacro Cuore; ogni pagina ne è piena. In esso vi è però di più e di meglio di queste menzioni passeggere e d’occasione. Nell’Uomo d’orazione, al principio della terza parte consacrata alla vita gloriosa di Gesù Cristo, vi è una lunga Prefazione, ove non si tratta del sacro Cuore. Ecco come giunge a parlarne l’autore: poiché la principale disposizione nella quale dobbiamo entrare, durante il tempo pasquale, per seguir lo spirito e la condotta della Chiesa, è l’amor divino, che deve prendere il posto dell’amor proprio e distruggere in noi l’uomo vecchio, per darci una vita nuova, simile a quella di Gesù Cristo risuscitato, è importante di formarsene prima un’eccellente idea sul modello del sacro Cuore di Gesù e dell’amore stesso che Dio ci porta ». – E si tratta certamente del cuore di carne, poiché l’autore aggiunge subito: « Per questo Egli ha voluto il suo costato rimanesse aperto, anche dopo la sua Resurrezione, affinché noi possiamo entrarvi, per attingere il puro amore alla sua stessa sorgente, voglio dire in questo Cuore sacratissimo, in questo Cuore nuovo, in questo Cuore che rinnova ogni cosa, in questo Cuore ove S. Paolo vuole che i fedeli scelgano la loro dimora: Dio è testimone, egli dice, quanto io desidero che voi siate tutti nelle viscere di Gesù Cristo. Non ci poteva insegnare un luogo più proprio per imparare ad amare Dio e per meditare i misteri della sua vita gloriosa, che rispondono alla vita che noi chiamiamo unitiva. Entriamovi dunque, per trovar quei pascoli divini che nostro Signore promette alle pecorelle del suo ovile; stabiliamo in quel Cuore la nostra dimora, per mezzo di una solida divozione, fondata su quattro motivi, dei quali il primo riguarda la sua nobiltà e la sua eccellenza; il secondo le sue ricchezze ed i suoi tesori inestimabili; il terzo, le sue piaghe e le sue sofferenze; il quarto i voti e gli omaggi di tutti i santi, che ne hanno fatto il luogo delle loro delizie, per condurvi una vita santa, una vita divina, una vita nuova ». Ciascuno di questi motivi è oggetto di un paragrafo distinto, il cui insieme riassume l’insegnamento tradizionale, e fornisce, nella teoria e nella pratica, una dottrina completa della divozione. – Vorrei qui riportar per intero queste belle pagine che Galliffet stesso non sorpasserà poi. Eccone, almeno, una breve analisi. Per mostrare « l’eccellenza e la nobiltà del sacro Cuore di Gesù », Nouet ne segnala dodici prerogative: la sua origine Verginale, la sua unione con « l’anima più bella che Dio abbia tratta dai suoi tesori », la sua sussistenza nella persona del Verbo, che ne ha fatto il cuore di un Dio, la sua santità divina, la sua vita teandrica, le compiacenze che vi prende il Padre celeste, la dimora del Verbo in Lui ed il riposo che vi prende lo Spirito Santo, come nel suo capolavoro: « Egli è il cuore della Chiesa, il primo organo dell’onnipotenza divina, il trono della gloria di Dio e l’altare del gran sacrificio, e finalmente, il re di tutti i cuori, e per la sua grandezza, per il suo potere e per il suo merito ». Ciascuna di queste prerogative, inspira all’autore qualche riflessione breve, ma penetrante, in favore della divozione e sulla maniera di praticarla. – Egli ci scopre le « ricchezze spirituali, immense, che noi troviamo nel cuore di Gesù per mezzo di cinque considerazioni. 1. Nel cuor di Gesù, sono stati formati tutti i disegni della nostra salute. 2. In quel Cuore la Chiesa fu concepita e per conseguenza tutti i fedeli debbono amarlo, come il luogo della loro nascita. 3. Noi troviamo, in quel Cuore, tutte le armi proprie alla nostra difesa, tutti i rimedi per la guarigione delle nostre malattie, tutti i soccorsi contro gli assalti dei nostri nemici…, ogni grazia, ogni giustizia, ogni santità, ogni gloria, il Paradiso stesso! 4: Vi posso dire di essere debitore a questo Cuore amabilissimo, di tutte le obbligazioni particolari che ho, per ogni parte del suo corpo che soffrì per la mia salute. Egli pianse con i suoi occhi divini etc…. Fu l’amore che animava questo Cuore sì grande, fu questo cuore che era infiammato d’amore che spinse Gesù a far tutto ciò che fece in nostro favore… 5. Questo Cuore adorabile, non respirava che per me, non sospirava che per la mia salvezza, non aspirava che a darsi a me ». « E questo Cuore divino, il cuore di Gesù, può esser mio, è anzi mio! » « Me ne voglio dunque servire; conclude il pio autore, per amare il mio Salvatore, per benedirlo, e per ringraziarlo. Ne voglio fare un tempio per adorarlo, una vittoria per potergliela sacrificare, un fondo per pagare tutti i miei debiti e soddisfare ad ogni mio dovere. Qua e là, nelle considerazioni che precedono, come in quelle che seguono, il dettaglio fisiologico può esser talora inesatto; l’idea fondamentale però è sempre bella e vera ». – A proposito delle « piaghe e sofferenze del sacro Cuore di Gesù », noi abbiamo qui la dottrina tradizionale, ma sempre con un accento tutto personale di unzione e di pietà. Ferito d’amore, ferito di compassione, ferito di dolore per i nostri peccati, Gesù volle esser ferito dalla lancia per aprirci l’ingresso nel suo Cuore. Segue un bello svolgimento su questa piaga, «la più bella, la più amabile e la più preziosa di tutte le piaghe che il Figlio di Dio abbia mai ricevute ». E come conclusione, vi è una bella preghiera. « O Cuore divino, cuore amoroso, cuore santissimo, cuore donato, abbandonato, sacrificato ed immolato all’amore degli uomini, io non voglio vivere più che per rendervi un amore reciproco e darmi irrevocabilmente a Voi. O ferita amorosa, dalla quale stillano l’acqua ed il sangue, per il rimedio di tutte le mie debolezze, voi ferite il mio cuore, con la vista di tante pene, di tanti prodigi e misteri. O divino costato, ove il ferro e l’amore hanno aperto una breccia sì favorevole, ricevete il mio cuore insieme a quello di Gesù… Salvator mio, voi non disprezzate un cuore contrito ed umiliato, spezzate dunque con il dolore il mio, per farlo entrare nel vostro, per far così di due cuori un cuor solo. Che se il mio non vi sembra puro abbastanza, toglietemelo, ve ne supplico, affinché io non viva più a me stesso; datemene uno nuovo, perché io viva una vita nuova; accordatemi il vostro, affinché io non viva più che per voi. Ah! io non voglio amar più nulla fuori del vostro cuore, che mi ha amato più della stessa vita! ». Questa bella preghiera finisce con una solenne consacrazione al Cuore di Gesù. « Io lo dico in presenza della divina Maestà, in presenza della beatissima Vergine Maria, il cui cuore non fece altro che amare il Cuore adorabile del suo divin Figlio; lo dico alla presenza di tutti i Santi, che non trovano né piaceri né delizie che nel cuore di Gesù. Io dedico e consacro il mio spirito, la mia memoria, la mia volontà, il mio corpo, l’anima mia e tutto ciò che sono, al suo onore, rinunziando a tutto ciò che può impedirmelo… Cuor di Gesù, Cuore adorabile, Cuore più grande e più santo di tutti i cuori, io lascio tutto per Voi, io dono tutto per Voi, io non fo più conto di nulla che di Voi; e, come Voi siete tutto mio, io voglio essere eternamente tutto Vostro. Così sia ». – Non si direbbe qui di ascoltare santa Margherita Maria e il beato de la Colombière? La Veggente di Paray leggeva Saint-Jure e Nouet; e si è creduto di riconoscere, qua e là nei suoi scritti, l’eco del loro pensiero, qualche volta anche le loro stesse espressioni. Non è dubbio che essi hanno esercitata grandissima influenza nella preparazione e nella elaborazione dei materiali che il lume divino rischiarava nella coscienza della santa, durante la sua lettura. – A proposito del quarto motivo, che è la « divozione di tutti i Santi verso il Cuore santissimo di Gesù », Nouet spiega, in primo luogo, in termini che sembrano ispirati da Saint-Jure, come: « un Cristiano non debba esser senza domicilio, errante e vagabondo nel mondo ». Ma « ove lo cerca, non ne trova uno più vantaggioso di quello del Cuor di Gesù ». E come fare per dimorarvi? « Lo impareremo dai Santi, l’esempio dei quali è un potente motivo per eccitarci alla divozione; ed è altresì un’istruzione salutare per insegnarcene la pratica ». Qui l’autore raccoglie molti esempi e testi tradizionali e conclude: « Venite, dunque a questo divin Cuore, con sicurezza, all’esempio dei Santi, e cercate di seguire le invenzioni meravigliose, che la divozione suggerisce loro per onorarlo ». Queste invenzioni le riduce « a quattro capi principali, che ne contengono la pratica ». « In primo luogo, avvicinatevi al cuor di Gesù in ispirito di penitenza… In secondo luogo, avvicinatevi a Lui in ispirito di raccoglimento e d’orazione. In terzo luogo venitevi come al Vostro rifugio in ispirito di confidenza per dimenticare le vostre tristezze, i vostri dispiaceri e disgusti, le vostre pene e le vostre noie in questo abisso di dolcezze e di bontà… In quarto luogo, venitevi in ispirito di fervore per impararvi la pratica di tutte le virtù e sopra tutto dell’amore divino, che è il centro della vita unitiva, alla quale tendono, principalmente, tutti i misteri della vita gloriosa di Gesù Cristo ». Nei paragrafi precedenti noi trovammo già indicati insieme con i motivi di onorare il sacro Cuore, anche i mezzi e gli esercizi pratici. Tuttavia l’autore consacra un paragrafo speciale al mezzo di unire il nostro cuore a quello di Gesù ed il nostro amore al suo, per mezzo di una perfetta somiglianza ». Gesù desidera questo più di tutto. Guardiamo dunque in Lui stesso « il modello sul quale noi dobbiamo formarci, se vogliamo essere secondo il Suo cuore ». 1. Egli è tutto amore. « Desideriamo dunque di amare Dio con tutti noi stessi…. ; se fosse possibile, che tutto il nostro essere si converta in una vera fiamma di amore ». 2. Egli è in tutto e dappertutto amore. « Dunque dobbiamo amar tutti. La carità non fa che una sola famiglia del Cielo e della terra ». 3. « Egli è eternamente amore ». Dunque non dobbiamo amare che Dio nella creatura, e non dobbiamo amar la creatura che per Dio. L’autore aggiunge poi che « bisogna misurare la carità, per le quattro dimensioni che S. Paolo c’insegna, e cioè per la sua altezza, per la sua lunghezza, per la sua larghezza e per la profondità, per discernere la vera carità dal falso amore, senza ingannarci ». – E conclude: « Osservate bene questo modello e, nelle meditazioni che farete durante questo tempo, cercate di ritrarne una buona copia… Quando andrete all’orazione persuadetevi che andate alla conquista del Cielo, che Gesù Cristo vi ha aperto: ma che, avanti d’unirsi a Voi, Egli vi domanda se il vostro cuore è retto, come il suo, poiché nulla Egli gradisce di più che la corrispondenza e simpatia delle vostre affezioni con le sue. Egli vi chiama, per farvi riposare sull’amoroso seno della sua provvidenza; non turbate dunque il suo riposo con le vostre inquietudini e le vostre disordinate passioni. Egli vi presenta il suo costato aperto per guarir le piaghe dell’anima vostra, per rianimare la vostra fede, per infiammare il vostro amore; non resistete dunque alle sue attrattive. Finalmente Egli è disposto a darvi il suo Cuore, che è il tesoro di tutti i beni del Cielo, a condizione che voi gli diate il vostro; non ricusate questo scambio, che è per Voi tanto vantaggioso; dategli il vostro cuore intero, senza riserva alcuna; pregatelo di purificarlo, di illuminarlo, di trasformarlo, per renderlo perfettamente simile al suo, in maniera che Egli lo possieda assolutamente e ne sia sempre il padrone ». – Si vede bene, senza bisogno d’insistervi, con quale pienezza, chiarezza, precisione e profondità ci è qui presentata la divozione al sacro Cuore. Due passi, però, mi sembra che meritino di essere notati particolarmente, In primo luogo è bastato al P. Nouet di procedere nel senso di S. Ignazio per trovare il sacro Cuore. Già avevamo notato qualche cosa di simile in Alvarez de Paz. Questi due esempi, meglio di molte discussioni, ci possono aiutare a precisare giustamente la relazione fra la spiritualità di sant’Ignazio e questa divozione. Secondariamente poi si deve notare che il P. Nouet ha posto questo trattato della divozione al sacro Cuore in principio della parte che riguarda la vita gloriosa di Gesù; non di quella dolorosa. È questo un indizio, fra molti altri, che la divozione al cuore di Gesù si costituisce sempre più in una divozione speciale, distinta dalla divozione alle cinque piaghe ed alla Passione; è questa propriamente la divozione all’amore per ottenere l’amore. Queste belle pagine non contengono tutto il contributo dato dal P. Nouet a questa divozione. Nella prefazione della quinta parte delle Meditazioni, consacrata alla « vita di Gesù che conversa con gli uomini », più volte si accenna al sacro Cuore. Al N. 8, è detto: « Qual piacere più grande può desiderare un’anima, che si occupa seriamente della sua salvezza e della sua perfezione, che di esser con Gesù Cristo, che è l’amico fra tutti più fedele e più dolce, di lavorare con Lui, di agire di concerto e di intelligenza con Lui; di vivere, se si può dire, nel suo sacro Cuore, o almeno di vivere secondo il suo Cuore? Oh! come le verità appariscono anche più belle ed attraenti in questo esemplare! » Al N. 13: « Al principio d’ogni vostra azione, elevate il vostro spirito a Gesù, e con sguardo semplice ed amoroso, osservate com’Egli faceva, durante la sua vita, quello che voi siete per fare, e in qual modo le farebbe, se fosse al vostro posto. Animate questo sguardo del desiderio ardente di piacergli, di accontentarlo e di onorarlo. Unite il vostro Cuore al suo, la vostra alla sua azione, per trarne forza e vigore e compierla nel suo spirito » Fra i Trattenimenti sulla Divozione verso nostro Signore Gesù Cristo, 3° parte, si possono notare i trattenimenti per la 22° settimana dopo la Pentecoste. Quello del martedì è intitolato: Che il cuore di Gesù Cristo è il trono dell’amore divino, ove l’Eterno Padre regna assolutamente; quello del mercoledì: Che il cuore di Gesù è il capolavoro dello Spirito Santo, che non è che amore; quello del giovedì: Che il cuore di Gesù Cristo è unito personalmente al Verbo, che è il principio dell’amore; quello del venerdì e del sabato: Della singolare eccellenza del sacro Cuore di Gesù Cristo e del suo ardentissimo amore verso Dio. Benché tali considerazioni siano tutte bellissime, non possiamo però fermarci su di esse. Notiamo solamente qualche tratto della divozione. Anzitutto, il ricorso alla mediazione del sacro Cuore: « Se il nostro cuore è troppo basso per amare ed onorare un Dio così grande, noi possiamo soddisfare ai nostri doveri onorandolo ed amandolo nel cuore di Gesù. Poiché infatti è nostro il suo divin Figliuolo che ce l’ha dato; e noi l’offriamo a Lui con umiltà, per supplire alla nostra impotenza, Egli ne sarà contento e soddisfatto ». Alla fine di una bella considerazione che tratta della stretta « corrispondenza fra lo Spirito Santo e Gesù Cristo » e « della simpatia di questi due cuori, che non si danno mai l’uno senza l’altro », si ha la seguente preghiera: « Mio Dio, create in me un cuor puro e rinnovate uno spirito retto nelle mie viscere (Ps., L, 12); lo so che colui che vi ama con cuor puro ha il dono, possiede il pegno della vita eterna, ha il carattere dei predestinati; datemi dunque il vostro Cuore che è la sorgente di ogni purezza… Datemi il vostro spirito per guidarmi; datemi il vostro Cuore per obbedire e seguirlo nella mia condotta; datemi l’uno e l’altro, per amarvi nell’eternità. Amen ». – Il P. Vincenzo Huby (1608-1693) ha scritto molto meno del P. Saint-Jure e del P. Nouet; egli fu più di tutto un missionario e un uomo d’azione. Non cercheremo dunque in lui lunghe spiegazioni scientifiche sul sacro Cuore, quali le abbiamo trovate in questi autori, ma i suoi scritti, come i suoi atti, non solamente dimostrano in lui un devoto del Cuor di Gesù, ma altresì un apostolo di questa divozione. Disgraziatamente vi sono ancora molte questioni da risolvere sulle quali i missionari bretoni, successori del P., Huby e che io ho interrogato, non hanno potuto fornirmi gli schiarimenti desiderati. Dobbiamo accontentarci dunque di testi sparsi qua e là, in due piccole raccolte molto incomplete degli scritti del grande missionario e direttore di anime, ed anche di preziose indicazioni, qualche volta però vaghe ed oscure, dateci dal suo discepolo e biografo, il P. Champion. Tutti gli scritti del P. Huby sono secondo lo spirito della divozione al sacro Cuore; tutto vi parla d’amore e conduce all’amore. Spesso vi è nominato espressamente il Cuore di Gesù. A proposito della contrizione si legge nel Ritiro: « Voi servirete di supplemento al mio amore ed alla mia contrizione, o cuore adorabile di Gesù. Voi siete l’unica bontà e la misericordia infinita del mio Dio, e per voi mi pento di tutte le mie iniquità. Versate sempre più nel mio cuore le fiamme del vostro amore per Iddio, le acque della contrizione amara che vi cagionarono i miei peccati (Si sa che Gesù non ebbe « contrizione » nel senso proprio della parola, poiché la contrizione suppone il peccato personale; ma ebbe il cuore pezzato per i nostri peccati; ed è questo che vuol dire l’autore). Se questi mi rendono indegno della grazia di morir di amore e di dolore, che il vostro amore per me mi accordi almeno di languire di un amore umiliato e contrito ». A proposito della morte, egli dice: « O Gesù, mio Salvatore, accordatemi, per l’intercessione di Maria madre vostra santissima, la grazia di morire con sentimenti simili ai vostri… Cuore adorabile del mio Gesù, che siete tutto amore e carità, voi potete accordarmi la grazia che imploro…; la gloria del Padre vostro ve la chiede… Siate sempre in me, o buon Gesù, tutto amore per noi. Che noi siamo per sempre in Voi e tutto amore per Voi. Amore, amore ». – A proposito del giudizio universale, meditando sulla infelicità di un’anima che non ha amato Dio, l’autore fa intervenire Gesù e lo fa parlar così: « Io non ti domando conto della mia vita, che ho immolato per te, volontariamente e con gioia: ma ti domando conto del tuo cuore. Era mio; l’avevo comprato a prezzo del mio sangue per manifestarti la carità immensa di cui il mio cuore bruciava per te; per condurti a questa sorgente inesauribile di tutte le grazie, l’amore ti aveva aperto il mio costato… Malgrado tutti gli sforzi dell’amor mio, malgrado le mie tenere ricerche, malgrado le mie minacce, tu non ti sei degnato di entrarvi… Tu non mi hai amato! ». Per eccitare ad amar Gesù, dopo. averlo mostrato tutto amoroso ce lo mostra amantissimo. « Le fiamme dell’amore acceso nel sacro cuore di Gesù erano così vive, così ardenti, che ad ogni momento gli avrebbero causato la morte, se la sua potenza non gli avesse conservato la vita… Cuore amoroso del mio Gesù, cuore tutto fuoco e tutto fiamma, com’è possibile che voi non sciogliate il ghiaccio dei nostri cuori? Un amore infinito ha una forza infinita sul cuore della persona amata. Siamo noi dunque capaci di una resistenza infinita? No, ma, ohimè! Come sono poche le persone che studiano seriamente Gesù, e che entrano nel suo interno, per conoscere quello che Egli è in se stesso ed in rapporto a noi! » Considerando l’amore di Gesù per gli uomini nell’Eucaristia e l’ingratitudine degli uomini per Gesù in questo Sacramento d’amore, egli vorrebbe, come santa Margherita Maria, vivere e morire ai piedi degli altari, « meditando gli abissi del sacro cuore di Gesù, e immolandosi come una vittima, per riparare gli oltraggi che Gesù riceve nel Sacramento del suo amore ». Nella meditazione delle sofferenze di Gesù Cristo, non trascura quelle del suo cuore. Egli ci fa entrare « nell’interno di Gesù », per studiare « quello che addolora il suo cuore tenerissimo e pieno d’amore per noi », per comprendere quanto soffre, o piuttosto per vedere « che le pene interne del cuor di Gesù sorpassano ogni idea », e che, per comprenderle, « bisognerebbe avere l’intelletto ed il cuor di Gesù; il suo intelletto, per conoscere perfettamente come lui il rispetto dovuto alla maestà infinita di Dio e l’enormità del peccato; il suo cuore, per amar così ardentemente Dio e gli uomini ». Ed è durante tutta la sua vita, che Gesù ha così sofferto nel suo Cuore! La meditazione « sull’eccesso d’amore, che Gesù Cristo manifesta agli uomini soffrendo per loro », finiva con una preghiera al Cuore di Gesù. « Cuore infinitamente amabile ed infinitamente amante, comunicate i vostri ardori al mio cuore; ispiratemi un amore puro e disinteressato, un amore appassionato, ardente, divorante, in una parola, un amore degno di Voi ». Nella meditazione sulla Croce, egli dice a nostro Signore: « O mio Gesù, voi solo potete formarmi a questa sublime scienza (della croce); per rendermi in essa istruito, voglio studiare continuamente i sentimenti del vostro cuore adorabile ». E nella preghiera finale aggiunge: « Voi, o Signore, che mi avete ispirato questi desideri (di soffrire e d’amare), Voi li appagherete quando vi piaccia; comunicatemi frattanto anticipatamente le disposizioni del vostro sacro Cuore ». La meditazione « sulla gloria nascosta nella Croce », si chiude anch’essa con una preghiera al sacro Cuore. « O cuore adorabile di Gesù, sorgente ineffabile di luce e di grazie, fate sentir vivamente al mio spirito, e più ancora al mio cuore, che nell’universo non vi è gloria maggiore di quella di esser simile a Voi; soffocate in me ogni (altra) ambizione ed ogni altro desiderio ». Nella meditazione « sul desiderio d’amare Gesù Cristo », dice: « Oltre a ciò che Gesù ha fatto e sofferto per noi, Egli ha altresì desiderato, con ardore, di fare e soffrire anche di più. Ecco il modello di un Cuore ferito dall’amore; perciò io debbo, voglio, o mio Gesù, imparare da Voi ad amarvi ». Un poco più innanzi dice: « Gesù è un amico infinitamente amabile: il suo Cuore adorabile, ci ama di un amore più grande di quello che tutti i santi e gli angeli hanno per Dio; e, se la sua potenza non avesse sostenuto la sua vita mortale contro gli ardori e gli sforzi del suo amore, ad ogni momento questo sviscerato amore gli avrebbe tolto la vita ». Si scorge chiaramente che questo ritiro non è solamente secondo il più puro spirito della divozione al sacro Cuore; il Cuor di Gesù è presentato continuamente all’esercitante come modello, come stimolo d’amore; come supplemento divino, come simbolo vivente di Gesù tutto amore e perfezione, amantissimo ed: amabilissimo. Spesso rappresenta la Persona stessa di Gesù invocandolo e rivolgendoglisi come a Gesù stesso. Nella Pratica dell’amore, gli esercizi di divozione al sacro Cuore sono più diretti e più liberi. In principio, l’editore del 1734 ha posto una « Preghiera divota al Crocifisso per eccitarci alla contrizione ». Il peccatore si rivolge alternativamente ai piedi, alle mani, al costato, al cuore di Gesù in croce. AI costato dice: « O Gesù, che il vostro Cuore entri nel mio per la piaga del vostro sacro costato aperto, o che il mio cuore entri nel vostro per mezzo di questa stessa sacra piaga; affinché io viva in Voi e Voi in me, e che non sia mai separato da Voi ». Al cuore dice: « O cuore di Gesù, immerso nella tristezza per le mie vane gioie! O cuor di Gesù carico d’affanni per i miei divertimenti peccaminosi! O cuor di Gesù, invaso dal timore, per la temerità dei miei desideri!… O cuor di Gesù fornace d’amore, tesoro di ogni grazia, sorgente amabilissima ed inesauribile della contrizione che entrò, che entra ed entrerà nel cuore degli uomini! Infondete Voi nel mio cuore questa santa contrizione, quei rimpianti preziosi… che Voi suscitaste nel cuore di tanti santi penitenti… Contrizione del cuor di Gesù, venite, deh! Venite nel mio cuore! ». Dopo una pausa di umile e rispettoso silenzio innanzi a Dio, egli si rivolge anzitutto al suo cuore, poi al Cuor di Gesù insieme al proprio. « Ah! qual differenza, esclama, fra cuore e cuore! Fra il vostro cuore ed il mio! O cuore purissimo di Gesù! O cuore guasto e macchiato della creatura! O cuore paziente di Gesù, o cuore impaziente della creatura!… O cuore di Gesù! O cuore della creatura. sì leggero nel bene, sì costante nel male! Ah! qual differenza fra cuore e cuore, fra il vostro cuore, o Gesù, ed il mio! Oh! qual differenza! Ma, Salvatore mio, permettetemi di dirvi dal fondo dell’abisso del mio niente che Voi non avete preso un cuore per natura simile al mio, se non perché il mio fosse simile al vostro per mezzo della vostra grazia. Fate dunque, o mio adorabile Redentore, fate che il mio cuore sia simile al vostro. Il vostro Cuore è puro; che anche il mio sia tale. Create, mio Dio, create in me un cuor puro. Il vostro cuore è umile, che lo sia anche il mio… Il vostro cuore è tutto amore, ed amore santissimo; che anche il mio arda di questo santo amore. Che il vostro cuore, o Gesù, possieda interamente il mio; e che il mio sia fuso ed inabissato nel vostro. Che il vostro Cuore ed il mio, o Gesù, non siano più due cuori, ma uno solo; un cuore fedele, un cuore contrito, un cuore devoto, un cuore generoso, un cuore caritatevole, un cuore veramente cristiano. A questo voglio applicarmi d’ora innanzi, con la vostra grazia, o mio Salvatore; a non aver più nulla nel mio cuore, fuorché ciò che è nel vostro: purezza; umiltà, docilità, coraggio, dolcezza, carità; a non aver più che Gesù e l’amor suo, a non aver più cuore che per Gesù. Non è più mio questo cuore, è vostro e tutto vostro. Apritelo, chiudetelo, purificatelo, infiammatelo; è cosa vostra. Ohimè! Pur troppo non lo fu sempre: ma, O cuore di Gesù, o amor di Gesù, ora, per grazia vostra, il mio cuore vi appartiene e per sempre, o Gesù, Gesù, Gesù! ». Segue poi questa nota: « Qui silenzio ed amore, tenendo la bocca sul cuore del Crocifisso ». – Nella seconda parte del lavoro, consacrata all’amore di nostro Signore Gesù Cristo, due sole volte è nominato espressamente il cuore di Gesù. L’una si trova nella seconda considerazione sull’amore di Gesù per noi: « Cerchiamo di penetrare ancor più avanti nel Cuore di Gesù ». L’altra è nella terza considerazione sul poco amore che si rende a Gesù. « Ma com’è mai che dopo tutti questi cattivi trattamenti, Voi mi tendete ancora le braccia e mi aprite il vostro cuore per ricevermi? » Citazioni rapide queste, ma che dominano tutto lo sviluppo, il quale, del resto, è tutto intiero nel senso della divozione al sacro Cuore. Nell’« Esercizio di divozione verso il Crocifisso », il peccatore contempla alternativamente la faccia, gli occhi, la bocca, le mani ed i piedi di Gesù morto in Croce, e gli rivolge commoventi preghiere. Al cuore egli parla così: « O Cuore sacratissimo del mio Gesù in cui si son rinchiusi tutti i tesori della divinità, e che avete avuto tanto amore per me, io vi vedo dunque così ferito e versar per me fino all’ultima goccia del vostro sangue. Io vi adoro con tutti i cuori a Voi devoti, che sono in cielo, sulla terra, e nel purgatorio, e che Voi avete infiammati del vostro amore. O mio Gesù, fate che per questa piaga del vostro costato… il vostro Cuore entri nel mio o il mio nel vostro, per esser tutto trasformato in Voi. O Cuore, o Cuore, sorgente adorabile dell’amore che ha santificato tanti cuori, purificate e santificate anche il mio, affinché io divenga tutto amore per Voi, come Voi foste e siete ancora tutto amore per me ». – Si vede bene da tutto ciò qual è il posto che occupa nella spiritualità del P. Huby la divozione al sacro Cuore. In nessun altro luogo, prima di Margherita Maria, mi sembra che si trovino altrettante applicazioni pratiche negli esercizî della vita spirituale. Non contento di propagare questa divozione, raccomandandola e parlandone in tutti i suoi scritti, il P. Huby ne fu l’infaticabile apostolo, sia con la predicazione che con l’azione diretta. Ecco quel che ne dice l’editore del 1757, seguendo il biografo del P, Huby. Dopo avere notato che egli precorse la Madre Matilde (Caterina de Bar, fondatrice delle Benedettine del SS. Sacramento) nello stabilire fin dal 1651 l’adorazione perpetua nella Cattedrale di Quimper, poi in quella di Vannes, aggiunge: « Egli ebbe altresì l’onore di precorrere, forse, il P. Eudes, la Ven. Margherita Alacoque; o, se non altro, di concorrere con loro, senza conoscere i loro disegni, al progetto di far onorare i sacri Cuori di Gesù e di Maria. Il medesimo spirito animava queste anime sante, dava loro le stesse vedute, ispirava loro gli stessi sentimenti, benché la maniera di produrli e di manifestarli fosse differente. – La pratica favorita del P. Huby era quella di diffondere e distribuire dappertutto gratuitamente delle medaglie che rappresentavano i sacri cuori di Gesù e di Maria. Egli voleva che molto spesso, nel corso del giorno, si baciasse questa medaglia o almeno che la si stringesse al cuore; e che nello stesso tempo ciascuno, secondo differenti bisogni, animasse quest’atto esteriore di religione, con un atto interiore o d’amore di alcune virtù o di detestazione di alcuni vizi. I nomi delle virtù principali che si doveva studiare di imitare nei Cuori santissimi di Gesù e di Maria, erano impressi su queste medaglie; ed i vizi principali che si dovevano evitare erano altresì impressi e raffigurati con emblemi. E tutto questo era spiegato in un libro che il Padre aveva per questo scopo composto ». Il P. Huby soleva chiamar questa pratica: il « rosario del sacro Cuore »; ed ecco, secondo il suo storico, che cosa egli intendeva. Questo esercizio « consiste nel guardare amorosamente o nel baciare e stringere al cuore la medaglia del cuor di Gesù e di Maria, oppure un crocifisso; e ciò per tante volte quanti sono i grani del rosario. Si fa questo posatamente, senza dire né Pater, né Ave, né altra preghiera vocale, se non qualche esclamazione affettuosa, qualche parola devota suggerita dal cuore. Nel tempo nel quale si scorrono i grani del rosario, si può ancora baciarli, come se si baciasse i piedi di nostro Signore o quelli della Madonna, o il loro sacro Cuore, e senza pronunciare parola; con quell’atto s’intende di protestare di cuore a Gesù che lo si ama, si adora, si ringrazia; gli si domanda perdono, ci sottomettiamo alla sua volontà, abbandonandoci amorosamente alla sua condotta ». – Apparisce chiaro che si può, senza timore, annoverare il P. Huby, fra i più gran devoti del sacro Cuore, prima di santa Margherita Maria. Sembra anzi che egli fosse con S. Giovanni Eudes, di cui ora parleremo, il principale propagatore popolare di questa divozione e di quella del Cuor di Maria. Ci vien fatto di ricercare ove egli l’abbia attinta; se non avesse avuto qualche rapporto con S. Giovanni Eudes; se non fosse in qualche modo dipendente da lui, oppure se non avesse conosciuto qualche cosa delle visioni di Paray. Nello stato attuale delle nostre conoscenze, non possiamo per prudenza, affermare nulla, mancandoci i documenti necessarî. Si può congetturare però che egli, nei suoi ultimi anni, abbia sentito parlare di santa Margherita Maria e delle sue rivelazioni; che abbia conosciuto il Ritiro del B. de la Colombière ed anche il libro del P. Croiset. Tutto ciò è possibile; ma nulla ci autorizza a pronunciarci sicuramente in proposito. In quanto poi ad un’influenza notevole delle visioni di Paray sugli scritti suoi e sul suo apostolato è poco probabile e niente lascia intravvedere, Riguardo però a S. Giovanni Eudes il caso è un po’ differente. È verosimile, per non dir certo, che il missionario bretone abbia inteso parlare del gran missionario normando, del suo apostolato e dei suoi scritti, della sua divozione al Cuore di Maria ed a quello di Gesù, delle feste celebrate in loro onore nelle diocesi della Normandia ed anche in quella di Rennes. Che siano stati fra loro in rapporti diretti, che l’uno abbia esercitato dell’influenza sull’altro è probabile; ma non sembra che i documenti portati fin qui in campo e discussi ci diano diritto di giudicare in un senso o nell’altro. – Il P. Huby potrebbe forse ricollegarsi al P. Lallemant, per mezzo del P, Rigoleuc, di cui fu allievo al collegio di Rennes e che poi ebbe per direttore nella sua Vita spirituale e per guida nelle sue missioni. Il P. Rigoulec, come si sa. fu un fervente discepolo del P. Lallemant, che era stato il suo « istruttore del terzo anno »; fu lui che raccolse la dottrina spirituale del maestro nelle note che servirono più tardi a formare il libro del P. Champion. Paragonando quel che è detto del sacro Cuore nella « Dottrina spirituale » e ciò che ha scritto il Padre Huby si può constatare che diverse pratiche del P. Huby rispondono benissimo a ciò che domandava al P. Lallemant. Ciò sia detto senza però trarre da queste constatazioni, alcuna conclusione decisiva