FESTA DI SAN GIUSEPPE LAVORATORE (2022)
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Ad te, beate Ioseph, in tribulatione nostra
confugimus, atque, implorato Sponsæ tuæ
sanctissimae auxilio, patrocinium quoque tuum fidenter
exposcimus. Per eam, quæsumus, quæ
te cum immaculata Virgine Dei Genitrice coniunxit,
caritatem, perque paternum, quo Puerum
Iesum amplexus es, amorem, supplices deprecamur,
ut ad hereditatem, quam Iesus Christus
acquisivit Sanguine suo, benignius respicias,
ac necessitatibus nostris tua virtute et ope
succurras. Tuere, o Custos providentissime divinæ
Familiæ, Iesu Christi sobolem electam;
prohibe a nobis, amantissime Pater, omnem errorum
ac corruptelarum luem; propitius nobis,
sospitator noster fortissime, in hoc cum potestate
tenebrarum certamine e cœlo adesto; et
sicut olim Puerum Iesum e summo eripuisti vitae
discrimine, ita nunc Ecclesiam sanctam Dei
ab hostilibus insidiis atque ab omni adversitate
defende: nosque singulos perpetuo tege patrocinio,
ut ad tui exemplar et ope tua suffulti, sancte
vivere, pie emori, sempìternamque in cœlis
beatitudinem assequi possimus. Amen.
(Indulgentia trium (3) annorum. Indulgentia septem (7) annorum per mensem octobrem, post recitationem sacratissimi Rosarii, necnon qualibet anni feria quarta. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotidiana orationis recitatio in integrum mensem producta fueri: (Leo XIII Epist. Encycl. 15 aug. 1889; S. C. Indulg., 21 sept. 1889; S. Paen. Ap., 17 maii 1927, 13 dee. 1935 et 10 mart. 1941).
Dagli Atti del papa Pio XII
La Chiesa, madre provvidentissima di tutti, consacra massima cura nel difendere e promuovere la classe operaia, istituendo associazioni di lavoratori e sostenendole con il suo favore. Negli anni passati, inoltre, il sommo pontefice Pio XII volle che esse venissero poste sotto il validissimo patrocinio di san Giuseppe. San Giuseppe infatti, essendo padre putativo di Cristo – il quale fu pure lavoratore, anzi si tenne onorato di venir chiamato «figlio del falegname» – per i molteplici vincoli d’affetto mediante i quali era unito a Gesù, poté attingere abbondantemente quello spirito, in forza del quale il lavoro viene nobilitato ed elevato. Tutte le associazioni di lavoratori, ad imitazione di lui, devono sforzarsi perché Cristo sia sempre presente in esse, in ogni loro membro, in ogni loro famiglia, in ogni raggruppamento di operai. Precipuo fine, infatti, di queste associazioni è quello di conservare e alimentare la vita cristiana nei loro membri e di propagare più largamente il regno di Dio, soprattutto fra i componenti dello stesso ambiente di lavoro.
Lo stesso Pontefice ebbe una nuova occasione di mostrare la sollecitudine della Chiesa verso gli operai: gli fu offerta dal raduno degli operai il 1° maggio 1955, organizzato a Roma. Parlando alla folla radunata in piazza san Pietro, incoraggiò quell’associazione operaia che in questo tempo si assume il compito di difendere i lavoratori, attraverso un’adeguata formazione cristiana, dal contagio di alcune dottrine errate, che trattano argomenti sociali ed economici. Essa si impegna pure di far conoscere agli operai l’ordine prescritto da Dio, esposto ed interpretato dalla Chiesa, che riguarda i diritti e i doveri del lavoratore, affinché collaborino attivamente al bene dell’impresa, della quale devono avere la partecipazione. Prima Cristo e poi la Chiesa diffusero nel mondo quei principi operativi che servono per sempre a risolvere la questione operaia.
Pio XII, per rendere più incisivi la dignità del lavoro umano e i princìpi che la sostengono, istituì la festa di san Giuseppe artigiano, affinché fosse di esempio e di protezione a tutto il mondo del lavoro. Dal suo esempio i lavoratori devono apprendere in che modo e con quale spirito devono esercitare il loro mestiere. E così obbediranno al più antico comando di Dio, quello che ordina di sottomettere la terra, riuscendo così a ricavarne il benessere economico e i meriti per la vita eterna. Inoltre, l’oculato capofamiglia di Nazareth non mancherà nemmeno di proteggere i suoi compagni di lavoro e di rendere felici le loro famiglie. Il Papa volutamente istituì questa solennità il 1° maggio, perché questo è un giorno dedicato ai lavoratori. E si spera che un tale giorno, dedicato a san Giuseppe artigiano, da ora in poi non fomenti odio e lotte, ma, ripresentandosi ogni anno, sproni tutti ad attuare quei provvedimenti che ancora mancano alla prosperità dei cittadini; anzi, stimoli anche i governi ad amministrare ciò che è richiesto dalle giuste esigenze della vita civile.
[Ex Brev. Rom.]
Sancta MISSA
Incipit
In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Sap. X:17
Sapiéntia réddidit justis mercédem labórum suórum, et dedúxit illos in via mirábili, et fuit illis in velaménto diéi et in luce stellárum per noctem, allelúja, allelúja.
[La sapienza ai santi ha pagato la ricompensa delle loro fatiche: li ha guidati per una via stupenda; diviene per essi riparo di giorno e luce di stelle durante la notte, alleluia, alleluia]
Ps CXXVI:11
Nisi Dóminus ædificáverit domum, in vanum labórant qui ædíficant eam.
[Se non fabbrica la casa il Signore, vi faticano invano i costruttori]
Sapiéntia réddidit justis mercédem labórum suórum, et dedúxit illos in via mirábili, et fuit illis in velaménto diéi et in luce stellárum per noctem, allelúja, allelúja.
[La sapienza ai santi ha pagato la ricompensa delle loro fatiche: li ha guidati per una via stupenda; diviene per essi riparo di giorno e luce di stelle durante la notte, alleluia, alleluia]
Oratio
Orémus.
Rerum cónditor Deus, qui legem labóris humáno géneri statuísti: concéde propítius; ut, sancti Joseph exémplo et patrocínio, ópera perficiámus quæ præcipis, et præmia consequámur quæ promíttis.
[O Dio, creatore del mondo, che hai dato al genere umano la legge del lavoro; concedi benigno, per l’esempio e il patrocinio di san Giuseppe, di compiere le opere che comandi e di ottenere la ricompensa che prometti].
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Colossénses.
Col. III:14-15, 17, 23-24
Fratres: Caritátem habéte, quod est vínculum perfectiónis, et pax Christi exsúltet in córdibus vestris, in qua et vocáti estis in uno córpore, et grati estóte. Omne quodcúmque fácitis in verbo aut in ópere, ómnia in nómine Dómini Jesu Christi, grátias agéntes Deo et Patri per ipsum. Quodcúmque fácitis, ex ánimo operámini sicut Dómino, et non homínibus, sciéntes quod a Dómino accipiétis retributiónem hereditátis. Dómino Christo servíte.
[Fratelli, abbiate la carità, che è il vincolo della perfezione. Trionfi nei vostri cuori la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati nell’unità di un sol corpo: e vivete in azione di grazie! Qualunque cosa facciate, in parole od in opere, tutto fate in nome del Signore Gesù Cristo, rendendo grazie a Dio Padre, per mezzo di lui. Qualunque lavoro facciate, lavorate di buon animo, come chi opera per il Signore e non per gli uomini: sapendo che dal Signore riceverete in ricompensa l’eredità. Servite a Cristo Signore.]
Alleluja
Allelúja, allelúja.
De quacúmque tribulatióne clamáverint ad me, exáudiam eos, et ero protéctor eórum semper. Allelúja.
V. Fac nos innócuam, Joseph, decúrrere vitam: sitque tuo semper tuta patrocínio.
[In qualsiasi tribolazione mi invocheranno, io li esaudirò, e sarò sempre il loro protettore. Alleluia.
V. O Giuseppe, concedici di vivere senza colpe. e di godere sempre la tua protezione. Alleluia].
Evangelium
Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Matthǽum.
Matt XIII: 54-58
In illo témpore: Véniens Jesus in pátriam suam, docébat eos in synagógis eórum, ita ut miraréntur et dícerent: Unde huic sapiéntia hæc et virtútes? Nonne hic est fabri fílius? Nonne mater ejus dícitur María, et fratres ejus Jacóbus et Joseph et Simon et Judas? Et soróres ejus nonne omnes apud nos sunt? Unde ergo huic ómnia ista? Et scandalizabántur in eo. Jesus autem dixit eis: Non est prophéta sine honóre nisi in pátria sua et in domo sua. Et non fecit ibi virtútes multas propter incredulitátem illórum.
[In quel tempo, Gesù giunto nel suo paese, insegnava loro nella sinagoga, così che meravigliati si chiedevano: «Di dove gli vengono questa sapienza e i miracoli? Non è costui il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria, e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove, dunque, gli viene tutto questo?». Ed erano scandalizzati riguardo a lui. Ma Gesù disse loro: «Non c’è profeta senza onore, se non nella sua patria e nella sua casa». E non fece là molti miracoli, a causa della loro incredulità].
OMELIA
(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956.
GRANDEZZA E BONTÀ DI SAN GIUSEPPE
Il piccolo figliuolo di Giacobbe, una mattina svegliandosi, diceva ai suoi fratelli e a suo padre: « Io ho sognato una bellissima cosa. Mi trovavo sospeso non so per quale virtù, in mezzo all’azzurro del cielo: ed ecco il sole, la luna e undici stelle fermarsi in giro a me; e adorarmi ». Dopo averlo ascoltato, tutti sgranarono gli occhi e non compresero il significato: quel bambino sarebbe un giorno diventato il Viceré d’Egitto, e suo padre e sua madre e i suoi undici fratelli si sarebbero prostrati a’ suoi piedi implorando un po’ di pane e di misericordia. Il fanciullo sognatore narrò ancora un’altra visione: « Si era nel campo in una giornata ardente di mietitura. Io mieteva ed anche voi mietevate: quand’ecco il mio covone levarsi da solo e starsene ritto mentre i vostri, curvi attorno ad esso, l’adoravano ». I fratelli, tra invidiosi e irosi, scoppiarono a ridere. « Forse che tu sarai il nostro Re? Forse che noi saremo i sudditi della tua minuscola potestà? ». Essi non sapevano come l’avvenire avrebbe dato ragione a quei sogni. Noi invece lo sappiamo dalla storia sacra. Ma noi sappiamo anche come Giuseppe figlio di Giacobbe non è che un’immagine profetica di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, lo sposo della Vergine Maria. È per lui che in modo più grande e più vero si realizzarono i sogni dell’antico Giuseppe. Vidi quasi solem et lunam et stellas undecim adorare me. Il sole di giustizia e di verità che illumina ogni uomo che viene al mondo è Gesù Cristo. La luna di grazia e di candore è Maria che nella Scrittura è detta splendida più che la luna. Ebbene, nella quieta dimora di Nazareth, Gesù e Maria si curvavano ubbidienti al cenno di Giuseppe, capo della santa famiglia, e lo veneravano affettuosamente.
Vidi consurgere manipulum meum et stare; vestrosque manipulos circumstantes adorare. La Chiesa è simile ad un’ampia campagna pronta per la mietitura: S. Giuseppe, patrono della Chiesa universale, vi sta ritto in mezzo a custodirla e a benedirla; mentre intorno a lui accorrono i fedeli da ogni parte. Oh come è grande, come è buono San Giuseppe! Della sua grandezza e della sua bontà dobbiamo parlare quest’oggi, ch’è la sua festa.
GRANDEZZA DI GIUSEPPE
Un retore famoso tesseva un giorno nell’aeropago l’elogio di Filippo il Macedone. Decantate le nobili origini del suo eroe, le ricchezze, la potenza, il coraggio, le vittorie, tacque un istante come se non avesse più nulla d’aggiungere. Ma poi subitamente gridò: « Tutto questo è nulla. Egli fu il padre d’Alessandro, il conquistatore del mondo; ecco la sua gloria immensa». Anch’io, se vi facessi passare ad una ad una le virtù di S. Giuseppe, potrei infine concludere: « Tutto questo è nulla, la sua gloria eterna è di essere stato il padre custode di Gesù, Salvatore del mondo, e d’essere stato il casto sposo della vergine Maria, Madre di Dio. Per ciò egli è al disopra dei santi. Questi sono i suoi titoli di nobiltà: consideriamoli singolarmente.
a) Sposo di Maria. — Benché Giuseppe e Maria rimanessero per tutta la vita vergini, vivendo insieme come vivrebbero gli Angeli, tuttavia contrassero un legittimo matrimonio; e così S. Giuseppe fu suo sposo vero. Ora, la sposa — come dice anche S. Paolo — è soggetta allo sposo: Maria quindi fu soggetta a S. Giuseppe. Pensate, quanto onore! Sposo di Maria significa essere sposo della creatura più grande che vi fu mai in cielo e in terra, della creatura che fu Madre di Dio. – Sposo di Maria significa essere sposo della Regina degli Angeli, degli Arcangeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei martiri; della Regina senza macchia; della Regina di pace.
b) Padre di Gesù. — Giuseppe non fu, è vero, il padre naturale di Gesù, perché il Figlio di Dio si fece uomo incarnandosi nel seno purissimo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo. Eppure nel Vangelo più volte è chiamato col nome di padre. Dopo d’aver descritto il mistero della presentazione al tempio, dopo d’aver ricordato le profezie di Simeone, l’Evangelista aggiunge: « Erano suo padre e sua madre meravigliati » (Lc, II, 33). E la Madonna stessa nella gioia di ritrovare il Bambino tra i dottori ricorda S. Giuseppe col nome di padre: « Tuo padre ed io, piangendo, t’abbiamo molto cercato ».
Perché, se non cooperò alla sua generazione, S. Giuseppe fu chiamato Padre di Gesù? Per due motivi: perché fu sposo di Maria, e perché di padre ebbe tutta l’autorità e la responsabilità. – Il primo motivo è spiegato da S. Francesco di Sales. « Supponete che una colomba, volando dal suo becco lasci cadere un dattero in un giardino. Il frutto caduto dall’alto s’interra, e sotto l’azione dell’acqua e del sole germoglia, cresce, e diventa una bella palma. Questa palma di chi sarà? Evidentemente del padrone del giardino, come ogni altra cosa è sua che in esso vi nasca. Ora: quella colomba raffigura lo Spirito Santo che lasciò cadere il dattero divino, — il Figlio di Dio, — nel giardino conchiuso dove ogni virtù è fiorita, — il seno di Maria. — E Gesù nacque da Maria; ma appartenendo essa di pieno diritto al castissimo suo sposo, anche Gesù, — palma celeste, — almeno in qualche modo appartiene a Giuseppe ». – Il secondo motivo è spiegato da S. Giovanni Damasceno: « Non è appena la fecondità nel generare che ad alcuno dà il diritto di chiamarsi padre, ma anche l’autorità nel governare, e la responsabilità della vita ». E fu S. Giuseppe che lo sottrasse ad ogni pericolo, che lo allevò in casa sua, che lo fece crescere. Fu S. Giuseppe che insegnò un mestiere al Figlio di Dio, che comandò a lui come a un garzone. E chissà come tutto tremava in cuore, e come gli si inumidivano gli occhi, quando Gesù gli diceva: « Padre! ».
c) Più grande dei Santi. — Se Iddio destina una persona a qualche sublime ufficio, lo riveste di tutte le virtù necessarie per bene adempirlo. Così avendo eletto Maria ad essere sua Madre, la riempì di grazia sopra ogni creatura. Allo stesso modo, in proporzione, avendo eletto S. Giuseppe alla dignità di suo padre putativo e di sposo della Vergine, lo colmò di grazie immense, come nessun altro santo. – Il Vangelo chiama Giuseppe « uomo giusto ». E S. Girolamo spiega che quella parola « giusto » significa che egli possedeva tutte le virtù. Mentre gli altri santi si segnalarono particolarmente chi nell’una chi nell’altra virtù, egli fu perfetto egualmente in tutte le virtù. Per questo il 31 dicembre 1926, nella Basilica di S. Pietro, Pio XI cantando solennemente le litanie dei Santi, immediatamente dopo l’invocazione alla Madonna soggiunse quella a S. Giuseppe : — Sante Joseph intercede prò nobis.
2. BONTÀ DI GIUSEPPE
Re Assuero, una notte che non poteva prendere sonno, si fece leggere gli annali del suo regno. Il lettore nella quietudine notturna rievocava le gesta del re insonne: le battaglie sanguinose, le vittorie sonanti di grida, i movimenti più trepidi di gioia, e quelli spasimanti di pericolo, ed arrivò ad una congiura. Una congiura ordita da due ufficiali nella stessa reggia: fatalmente il re sarebbe caduto sotto le lame dei cospiratori, se la sagacia vigilante del primo ministro non fosse giunta a svelare la trama iniqua a tempo opportuno. «Fermati!» esclamò Assuero balzando sul letto d’oro… «Chi dunque mi ha salvato? ». « Il primo ministro, sire ». « E quale ricompensa si ebbe? ». « Finora nessuna ». Allora ordinò che al levar del sole il primo ministro fosse rivestito con abiti regali, e cavalcasse il suo cavallo più bello e girasse per le strade di tutta la città, mentre un araldo gridasse davanti a lui: — Così è onorato colui che il re vuol esaltare. — Questi ordini furono eseguiti: e chiunque aveva bisogno di grazia si rivolgeva al primo ministro, sicuro d’essere esaudito dal re. – Ma anche S. Giuseppe, o Cristiani, ha salvato la vita del Re del Cielo, — di Gesù Bambino, — quando la congiura d’Erode ha cercato di soffocarlo nel sangue. E pensate voi che verso il suo salvatore il Re del Cielo sia meno generoso di Re Assuero? Come potrà Iddio negare una grazia quando colui che gliela chiede è San Giuseppe? Si capisce allora come S. Teresa poteva dire: « Non si è mai sentito che alcuno abbia ricorso alla bontà di S. Giuseppe e non sia stato esaudito. Se non mi credete, per amor di Dio vi supplico a farne la prova, e mi crederete ». Gesù predicando alle turbe insegnava: « Chi avrà dato anche solo un bicchier d’acqua chiara all’ultimo povero di questo mondo in nome mio, avrà gran mercede ». Quale mercede non avrà dunque in Paradiso S. Giuseppe che, non appena un bicchier d’acqua all’ultimo poverello, ma per trent’anni ha nutrito e protetto in casa sua il Figlio di Dio? Rallegriamoci: presso il trono dell’Altissimo abbiamo un protettore onnipotente e buono, che può e desidera soccorrerci in tutti i travagli della vita. La vita è un peso, ha detto S. Paolo, e noi lo esperimentiamo ogni giorno: peso per i dolori, peso per i lavori, peso per la morte.
a) Ricorriamo a S. Giuseppe nel dolore. — Tutta la vita non la passò forse in patimento? Ricordate la notte di Natale: nell’albore del verno bussò invano di porta in porta, e fu costretto a porre nella greppia delle bestie il Figlio di Dio. Ricordate la sua fuga, lontano dai parenti, dal paese, dalla bottega, da’ suoi affari. Ricordate i tre giorni di affannosa ricerca, quando lo smarrì in Gerusalemme. Oh! insegni anche a noi a far la volontà di Dio quando siamo tribolati; ci dia la pazienza di vivere in questa valle di lacrime; ci conforti.
b) Ricorriamo a S. Giuseppe nel lavoro. — Ci sono alcune volte in cui gli affari vanno male, ed il guadagno manca; in cui ci sembra d’andare in rovina, noi e la nostra famiglia. Alziamo lo sguardo a lui: queste angustie egli le ha provate. Chi sa quante volte nella bottega nazarena si sarà sentito accasciato sotto la fatica,e quante volte anch’egli avrà visto i suoi modesti affari prendere una cattiva piega,e forse avrà pianto nel timore di far duramente soffrire la Vergine e il Figlio, di cui aveva la custodia e la responsabilità. Questo santo che prima di noi ha provato quello che soffriamo noi, non ci negherà nulla.Ma avanti d’esigere che ci ascolti, bisogna sforzarci sull’orma delle sue virtù. Siamo onesti nel lavoro come onesto era lui?
c) Ricorriamo a S. Giuseppe per una buona morte. — Morir bene è la cosa più importante di questo mondo. Eppure non è cosa facile: i progressi della civiltà, automobili, treni, velivoli, navi, hanno segnato un crescendo di morti improvvise; la corruzione dei costumi ha segnato un crescendo di morti impenitenti. Occorre il protettore per una morte buona: è S. Giuseppe.
Ed invero nessuno ha fatto una morte buona come la sua. Quando Gesù non ebbe più bisogno di chi lo nutrisse e lo allevasse, egli si sentì male ed entrò in agonia. Da una parte aveva la Madonna che piangeva e pregava; dall’altra aveva Gesù che gli sosteneva la testa languida e gli sussurrava: « Grazie di tutto quello che mi hai fatto; ora muori in pace. Muori nel mio bacio, e discendi al Limbo ove annunzierai che l’ora della redenzione è ormai giunta. Pochi anni, e passerò di là a prenderti per sollevarti nel Paradiso che dischiuderò con le mie mani che saranno trafitte ». S. Giuseppe non risponde che non ha più la forza: solo accenna a sorridere e muore. – «Oh che anch’io possa morire così! » sospira ognuno di noi, pensando a quelle beata fine. Questa sarebbe la grazia più bella e più grande che S. Giuseppe ci possa fare. Ma la morte del Giusto, o Cristiani, l’otterrà soltanto chi nella vita l’avrà imitato ed invocato.
Offertorium
Orémus
Ps LXXXIX: 17
Bónitas Dómini Dei nostri sit super nos, et opus mánuum nostrárum secúnda nobis, et opus mánuum nostrárum secúnda, allelúja.
[E’ con noi la grazia del Signore Dio nostro: essa conferma su di noi l’opera delle nostre mani, conferma l’opera delle nostre mani, alleluia].
Secreta
Quas tibi, Dómine, de opéribus mánuum nostrárum offérimus hóstias, sancti Joseph interpósito suffrágio, pignus fácias nobis unitátis et pacis.
[O Signore, questa offerta che è frutto del lavoro delle nostre mani, per l’intercessione di san Giuseppe ci sia pegno di unità e di pace].
Praefatio
de S. Joseph
… Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Festivitáte beáti Joseph débitis magnificáre præcóniis, benedícere et prædicáre. Qui et vir justus, a te Deíparæ Vírgini Sponsus est datus: et fidélis servus ac prudens, super Famíliam tuam est constitútus: ut Unigénitum tuum, Sancti Spíritus obumbratióne concéptum, paterna vice custodíret, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admítti júbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes:
[È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno: noi ti glorifichiamo, ti benediciamo e solennemente ti lodiamo di S. Giuseppe. Egli, uomo giusto, da te fu prescelto come Sposo della Vergine Madre di Dio, e servo saggio e fedele fu posto a capo della tua famiglia, per custodire, come padre, il tuo unico Figlio, concepito per opera dello Spirito Santo, Gesù Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni ti adorano, le Potenze ti venerano con tremore. A te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell’inno di lode:]
Communio
Matt 13:54-55
Unde huic sapiéntia hæc et virtútes? Nonne hic est fabri fílius? Nonne mater ejus dícitur María? Allelúja.
[Da dove vengono a lui tanta sapienza e sì grandi portenti? Non è forse lui il figlio dell’operaio? Non è forse sua madre Maria? Alleluia].
Postcommunio
Orémus.
Hæc sancta quæ súmpsimus, Dómine, per intercessiónem beáti Joseph; et operatiónem nostram cómpleant, et prǽmia confírment.
[O Signore, per l’intercessione di san Giuseppe, questo sacramento che abbiamo ricevuto renda perfetto il nostro lavoro e ci assicuri la ricompensa].
PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)