GIOVANNI G. OLIER
Mediolani 27-11 – 1935, Nihil obstat quominus imprimetur. Can. F. LONGONI
IMPRIMATUR In Curia Arch.Mediolani die 27 – II – 1935 F. MOZZANICA V. G.
CAPITOLO VIII.
Della mortificazione
È verità certissima che, dopo il peccato, Adamo è stato maledetto tutto intero, vale a dire non solo nella sua persona ma anche in tutta la sua discendenza: dimodoché Dio riprova tutto quanto di Adamo v’è in noi; la sua santità non lo potrebbe sopportare. La condanna divina, non porta soltanto su la carne, ma ancora su le opere della carne; perciò, queste opere sono da S. Giovanni chiamate carne. Ciò che è nato dalla carne è carne: la carne non serve a nulla; e S. Paolo la chiama morte e carne di peccato, perché ci porta al peccato; è ripiena « di desiderii del peccato, non ha in sé che inclinazione propensione al peccato (Joann., III, 6; VI, 64- Rom. VIII. 6). Se persino in Nostro Signore la carne viene da S. Paolo chiamata peccato e maledizione, benché in Lui non vi fosse che la somiglianza col peccato, non avendone Egli preso che la figura e l’immagine (Rom. VII, 8): quanto più deve essere chiamata con tale nome in noi che, pur troppo, ne abbiamo la malizia, la dissolutezza ed i disordini?
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Donde chiaramente appare che tutto quanto si opera per principio della carne, per la sua mozione, le sue inclinazioni, i suoi desideri, la sua impressione e la sua impetuosità, non serve di nulla per la vita eterna, ma, al contrario, viene senza posa riprovato da Dio; secondo questo fondo corrotto e questa parte maligna, con tutto ciò che da tale principio viene operato in noi, siamo per il Signore oggetto di avversione. Dovremmo vivere in una immensa confusione, con la faccia contro terra, per la vergogna di vederci così riprovati da Dio in una parte di noi stessi e per la malignità di quel fondo maledetto che abbiamo in noi. – Le opere, infatti, che provengono dalla mozione e dall’istinto della carne oppure dalla pradenza della carne, non sono che opere di morte (Rom. VII, 6), da Dio condannate come frutto della malignità del demonio, il quale ha corrotta la nostra carne e vi ha impresso quelle maligne inclinazioni che la portano ad allontanarsi da Dio e usurparne il posto, col cercare sé stessa in ogni cosa come suo ultimo fine (La scuola berulliana adotta, riguardo agli effetti del peccato originale in noi, l’opinione teologica più stretta. Perciò le espressioni di Giov. Olier contro la carne sono assai forti, ma sempre nei limiti della fede. Per altro, il linguaggio del Servo di Dio, in sostanza, è quello di S. Paolo nel capo VIII dell’Epistola ai Romani e dell’Imitazione di Cristo nei capitoli XIV e XV del libro III. Anche Nostro Signore disse che dobbiamo odiare l’anima nostra – Joan. XII, 25, ossia « quella parte di noi, come spiega G. Olier in altro luogo, che è unita alla carne ed è contraria a Dio con la carne »). Ecco il fondo e l’origine della nostra malignità intima e segreta, quella prepotente inclinazione a cercare incessantemente, in ogni nostra azione, null’altro che il nostro interesse, la nostra soddisfazione e il nostro onore, non mai Dio, non mai la sua volontà né il suo compiacimento. La carne non può mai cercare Dio perché, come dice S. Paolo, essa non è, né mai può essere soggetta alla legge di Dio (Rom. VIII, 7). – Perciò, Nostro Signore, venuto al mondo per farci intendere la nostra miseria e la necessità del soccorso di un principio interiore che ci faccia vivere divinamente, volendo renderci persasi dell’urgente bisogno che abbiamo di un altro spirito che quello della carne, vale a dire, dello Spirito Santo che ci attacchi a Dio, elevandoci al disopra della terra, diceva: Lo Spirito è quello che dà la vita (Joan. VI, 64). Lo Spirito Santo dà la vera vita, lo Spirito Santo santifica tutte le nostre opere, lo Spirito Santo ci fa operare in tutto come veri figli di Dio (Rom. VIII, 14). – I veri figli di Dio sono ben differenti la quelli di Adamo, perché sono diretti dallo Spirito Santo e condotti dalla luce della fede; ricevono la virtù di operare con l’intenzione di piacere a Dio e in un modo superiore alla propria natura. Ciò presupposto, possiamo notare vari motivi che ci obbligano alla mortificazione di noi stessi.
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Primo motivo della mortificazione.
Siamo Cristiani, dobbiamo vivere secondo lo Spirito ricevuto nel Battesimo. In questa vita c’è sempre da combattere. – Grande vantaggio nella lotta contro la carne.
Il Cristiano non deve vivere secondo la carne, (Debitores sumus non carne, ut secundum carnem vivamus. – Rom., VIII, 12), ma secondo lo spirito, avendo nel battesimo ricevuto in sé lo Spirito Santo perché sia il principio delle sue opere e tolga alla carne la facoltà di trascinarlo. Questo ci obbliga a reprimere la carne e a mortificarla in ogni occasione, affinché lo Spirito Santo possa fare in noi ciò che Egli vuole e portarci a ciò che Egli desidera. Benché lo Spirito ci porti talora a certe cose che sono pure conformi ai desideri della carne, come sono il cibo, il riposo ed altre simili, non le dobbiamo tuttavia compiere per i motivi impuri ed i fini perversi della carne, né per un maledetto principio di amor proprio, ma per un principio divino, per un principio di santità che ci elevi a Dio nel distacco da noi stessi e dalle creature. Orbene, ecco il segno per conoscere la differenza che passa tra le opere alle quali ci portiamo per il principio della carne e quelle alle quali ci portiamo per il principio dello Spirito. Chi opera secondo il principio della carne, opera con precipitazione, con veemenza. per il proprio piacere, e senza essere mosso da nessuna intenzione rivolta a Dio. Quando invece siamo mossi dallo Spirito, questo ci ispira interiormente qualche motivo divino, quindi il nostro operare viene riferito a Dio, con l’intenzione di piacere a Lui e di renderci capaci di servirlo; noi allora, più dell’opera che facciamo e più della creatura di cui abbiamo bisogno, consideriamo Dio medesimo. – Inoltre, lo Spirito si fa sentire per la forza con cui ci eleva a Dio, per la dolcezza, la pace, la soavità della sua mozione; ci tiene distaccati da noi medesimi, e rimane in possesso della nostra volontà onde portarla, nelle sue mani, a tutto quanto Egli desidera da noi. È questo propriamente ciò che si chiama essere spirituali e in ogni cosa vivere secondo lo spirito; quando, cioè, lo Spirito Santo è in noi il principio di tutto, ci possiede interamente, ci tiene nelle sue braccia e ci porta dovunque gli piace. Benché in alcuni ciò avvenga in modo più sensibile che in altri, ciò si verifica in tutti quelli che vogliono mortificarsi, rinunciando in tutto alla propria carne e a sé medesimi. – Quando lasciamo il posto allo Spirito con piena libertà di disporre di noi, Egli non manca mai di esercitare in noi la sua azione e di dirigerci; non manca mai di prendere possesso delle nostre facoltà per elevarle alle opere che Dio desidera da noi, perché viene e abita in noi unicamente per promuovere, per mezzo nostro, la gloria di Dio. Egli sta in noi, per essere il principio della nostra vita nuova, di quella vita divina di cui dobbiamo vivere. Dopo il battesimo, infatti, nel quale abbiamo ricevuto lo Spirito di figlioli di Dio, noi dobbiamo vivere secondo la volontà di Dio, anzi vivere della vita medesima di Dio, perché il figlio deve vivere della vita del padre suo; il figlio proviene dal padre come un secondo vivente, deve quindi continuare, dilatare e propagare la vita medesima del padre, in una parola, aver col padre un medesimo principio di vita. Orbene, la vita di Dio in se stesso è Dio medesimo, ed Egli è il principio della propria vita. Così la vita in noi è Dio: Dio è il principio della nostra vita, principio che ci anima, ci muove ed è la nostra forza. Qui sta la differenza tra i battezzati e gli infedeli; i battezzati han ricevuto lo Spirito di Dio, che è Dio medesimo il quale abita in essi come nuovo principio di vita e di azione. Ma gli infedeli e tutti i figli di Adamo sono mossi dalla carne e dallo spirito maligno; vivono secondo i sentimenti, i movimenti e la vita della carne e dello spirito maligno. E così avviene pure dei Cristiani che cadono in peccato mortale; perché, rinunciando allo Spirito divino col quale erano una sola cosa, per unirsi ed aderire allo spirito maligno, diventano per ciò stesso una cosa sola con quest’ultimo. Il demonio ha gran potere sopra la carne, perciò dobbiamo stare in guardia per essere costanti nel rinunciare coraggiosamente ad essa; egli la spinge, la muove, l’anima a suo piacimento, perché non è ancora rigenerata né santificata come il nostro spirito è rigenerato e santificato dal battesimo. Nella presente vita, la nostra rinascita non è perfetta; essa è parziale, né sarà completa che nel giorno del giudizio e della universale rigenerazione; allora i nostri corpi saranno rinnovati e trasformati, le loro inclinazioni maligne e carnali saranno cambiate in quelle dello spirito; trasformazione che non viene operata dal battesimo in questa vita, Nel battesimo, lo spirito dell’uomo viene rigenerato, dimodoché riceve inclinazioni nuove, riceve cioè le inclinazioni di Gesù Cristo invece di quelle di Adamo delle quali era ripieno a motivo della relazione con la carne maledetta che proviene da Adamo e ne conserva le inclinazioni. L’anima non ha la sua origine da Adamo, ma da Dio che l’ha tratta dal proprio seno per metterla in quel corpo umano che proviene da Adamo. Perciò, Dio la considera come sua figlia, e si prende cura di purificarla, lavarla, separarla, santificarla mediante la grazia del Figlio suo e per l’aspersione del sangue di esso, per la presenza del suo proprio Spirito che la libera e la purifica dalle macchie contratte nella alleanza con la carne. Orbene, benché l’anima sia così purificata e rigenerata, il corpo, vero figlio di Adamo, conserva sempre le sue inclinazioni e le sue tendenze, rimane sempre per intero nei suoi primitivi e maledetti sentimenti, e tale rimarrà sino al giorno della rigenerazione universale per la quale nel dì del giudizio, i corpi saranno riformati da Gesù Cristo nostro Padre, che infonderà in essi i suoi propri sentimenti e li renderà partecipi della sua redenzione. Noi sospiriamo, dice S. Paolo, e gemiamo entro noi stessi, perché sentiamo ad ogni ora gli istinti della carne e la vita del nostro misero padre Adamo (Rom. VIII, 23). Sospiriamo perché, essendo già figli di Dio nello spirito, non lo siamo ancora nel corpo; perché la nostra carne non ha ancora ricevuto le inclinazioni del Padre nostro e non è ancora partecipe di quelle del nostro spirito. Gemiamo perché non siamo ancora figli che a metà (Initium aliquod creaturæ ejus. Jac., I, 18), mentre i nostri corpi non partecipano ancora alla nostra adozione, non hanno ancora ricevuto gli effetti della grazia di adozione e rimangono privi, a differenza della nostra anima, dei privilegi della redenzione operata da Gesù Cristo. – Ahimè, qual peso per il nostro spirito! Quale pericolo per noi, il nostro corpo! Esso è così lontano da Dio, così pesante e pende così fortemente verso la rovina, che facilmente trascina l’anima e lo spirito, se non resistono continuamente alle sue maledette inclinazioni. L’anima è costretta ad animare la carne e a servirsene, ma ne resta aggravata. La carne deprime lo spirito, ossia quella parte superiore ed eminente che lo Spirito Santo eleva alla partecipazione della sua divina luce. È dunque essenziale che il nostro spirito si mantenga continuamente fermo nella sua adesione allo Spirito Santo e si elevi continuamente a Lui; che ad ogni ora si dia e si abbandoni alla sua potenza, separandosi e allontanandosi dall’anima infetta dalla carne e dalle mozioni della carne e perciò attratta verso la terra e le creature. Se il nostro spirito non rimane fedele in tal modo allo Spirito Santo, diventa carne, perché da questa si lascia assorbire e ne riceve i sentimenti, a quel modo che prima era spirito, quando cioè aderiva allo Spirito Santo e gli era unito per l’amore e l’affezione. Tale è lo stato dell’uomo in questa vita, stato che lo pone nella necessità di rinunciare incessantemente a se stesso, di resistere alla propria carne, di mettersi risolutamente dalla parte dello spirito, di vivere continuamente nel timore a motivo della smania del corpo nel ricercare la propria soddisfazione. Perciò la via che dobbiamo seguire, via unica, sicura e certa, è di rinunciare alla carne, togliendo tutto quanto essa desidera e così aderire allo spirito e non essere che una sola cosa con lui. Allora si compirà quanto dice l’Apostolo: Chi aderisce a Dio, ossia sta unito a Dio, diventa con Lui un solo Spirito (1 Cor. VI, 17). Procuriamo dunque di darci per intero a quel divino Spirito, rinunciando a tutto quanto non è Lui. – O Spirito divino, rapiteci! Elevateci a tutto ciò che è di vostro gradimento! Fate che nulla ci trattenga più in questo mondo né ci attacchi alla terra! Fate che non ci occupiamo più di cose terrene: A Voi, a Voi solo il nostro cuore, le nostre affezioni e tutto ciò che siamo!
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Ecco, dunque, il primo motivo che abbiamo di praticare la mortificazione; siamo Cristiani e quindi obbligati a vivere secondo lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo e che ci fa aderire a Dio onde non vivere più secondo la carne. Benché una tal pratica sia la rinuncia ad ogni cosa creata, tuttavia non vi perdiamo nulla. Perché, in virtù di questa unione ammirabile di Dio con noi e di noi con Dio, noi, in quel Dio che possiede in se stesso ogni verace bene, troviamo attrattive così potenti, che l’anima nostra senza rincrescimento si priva di tutto quanto le viene proposto dalla carne. In Dio essa trova i beni veraci di cui gli altri beni non sono che apparenze: Dio ha voluto che questi beni apparenti fossero come immagini, figure, somiglianze di Lui; se l’anima prende queste figure per la realtà, sta nella menzogna, ma se ne giudica con rettitudine e ne ha una vera conoscenza, vi rinuncerà mille volte al giorno. Essa riconoscerà che il grande ed unico bene è Dio, il quale ora vuol essere posseduto in se stesso e non più nelle sue creature, come quando si dava all’anima sotto la figura delle creature, facendosi conoscere ed amare sotto i titoli e le qualità con cui in esse rappresentava sé medesimo; a questo fine si presentava, come luce nel sole, come calore nel fuoco, come fermezza sotto la figura della terra, come bellezza nei fiori; ma erano rappresentazioni sempre imperfettissime, perché si trattava di creature materiali, corruttibili e passeggere. Ora, invece, Egli non vuole più darsi al possesso dell’anima che in se stesso e in spirito; vuole che l’anima lo possegga immediatamente e si dà ad essa direttamente. Dio vuole che l’anima e lo spirito gli stiano interiormente uniti, dimodocé Egli li possegga, li animi, li diriga e li elevi in tal modo al di sopra della carne e della terra, che non abbiano più nessun altro desiderio che di essere totalmente da Dio, posseduti e in Lui consumati. In forza di che noi viviamo nell’avversione della carne e da essa separati, e la mortifichiamo in tutto nella nostra persona.
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Ma è da notarsi che questa mortificazione deve essere non solo universale, ma anche continua, perché la minima mancanza di mortificazione abbassa l’anima ad aderire alla carne; e così a poco a poco il nostro spirito diventa carne, si distacca da Dio per abbandonarsi alla creatura. Il nostro spirito quanto più si ferma alla creatura tanto meno aderisce a Dio, perché ne riceve meno il soccorso. Quanto più è privo del grande aiuto di Dio cui prima aderiva e dal quale era sorretto, tanto più diventa pesante, inclinato alle cose terrene; così per non aver mortificato continuamente la propria carne, a poco a poco cadrà nella rovina. Se vivrete secondo la carne, dice S. Paolo, morrete; se invece, con lo spirito, darete morte alle azioni della carne, vivrete (Rom. VII, 131).Questa pratica della mortificazione èfacile per chi vive nello Spirito della graziaed è ben posseduto da Dio; perché loSpirito Santo che sta in noi, attira l’animanostra, trattiene il nostro spirito perchénon aderisca alle creature. Quando sigode in tal modo della unione perfetta epura con Dio, bisogna guardarsi bene daiprimi assalti delle creature; appena si sentequalche attrattiva verso di esse, bisognaresistervi, allontanarsene e separarsene totalmente. Se avviene, a cagione di esempio, esi presenti ai nostri occhi qualche oggettoattraente e che l’anima sia spinta a compiacersene, bisogna rinunciarvi e astenersi dal guardarlo. Questo si chiama mortificare i propri occhi; così bisogna dire degli altri sensi esterni ed interni, ed anche delle altre facoltà dell’anima nostra