LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (18)
Sac. Dott. GIOVANNI BATTISTA CALVI con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.
Ristampa della 4° edizione Riveduta.
LUCE DIFFUSA
LA DEVOZIONE A MARIA
LE ALTEZZE DI MARIA.
Ad Jesum per Mariam.
Tota ratio spei meæ, Maria!
« Non vi è certamente che un Dio solo e un solo Mediatore necessario, Gesù Cristo. » Ma piacque alla sapienza e alla Bontà divina di darci dei protettori, degli intercessori e dei modelli che siano o almeno sembrino più vicini a noi; e sono i Santi, i quali, avendo ricopiato in se stessi le perfezioni divine e le virtù di Nostro Signore, fanno parte del suo corpo mistico e si dànno pensiero di noi che siamo loro fratelli. Onorandoli, onoriamo Dio stesso e un riflesso delle sue perfezioni. » Tra di essi, soprattutto, c’è Maria, la Madre di Dio e Madre degli uomini » (TANQUEREY, Compendio di vita Ascetica, 103). Ed è più che giusto. Maria non è solo la piena di grazia; ma il tempio, il tabernacolo vivente dell’autore della grazia! È la Regina celeste che ha tutte le virtù! Nessun’anima, nessuna, anche se attinse alle più alte vette della santità, può esserle paragonata. Per la sua altezza, per la ricchezza immensurabile delle sue perfezioni, per la sua intimità con Dio, noi dobbiamo invocarla, pregarla, imitarla, certi che, per mezzo di Lei raggiungeremo l’unione con Dio, l’unificazione con Gesù, il termine delle nostre elevate aspirazioni. « Signore Gesù, ascolta quanto il cuore, sotto l’azione soave della tua di amore ci suggerisce! Il cuore della Madonna, quale verginale campo di fecondità divina! Tu scendesti, verso di Dio, in questo campo: celeste ed una fecondazione infinita riempi la terra di Paradiso! Ma dimmi, Signore: anche dopo che la Vergine ti generò al mondo, non rimanesti Tu, con la invisibile presenza della Tua Parola, a fecondare quella valle celeste e silenziosa? Il Cuore di Maria non resta ancora campo seminato di infiniti germi di vita divina, vero Paradiso di tripudio ove si appuntano le compiacenze celesti del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo? Al quale mirano con dolce emozione i serafini del cielo e della terra? Quale splendore di immacolatezza in questo Tabernacolo ove sono diffuse a profusione — prodigalità amorosa! — le perle che ornano la celeste Gerusalemme!» (Giov. Italica, ott. 1934 – S. La Pira).
MOTIVI DI CONFIDENZA.
Il santo don Giovanni Bosco, nel suo aureo libretto in onore di Maria (Il mese di maggio pel popolo.), dopo avere affermato che i motivi di confidenza in Lei sono innumerevoli, passa a indicarne i principali, che riduce a tre, e sono i seguenti:
1. Maria è più santa di tutte le creature;
2. Maria è Madre di Dio;
3. Maria è Madre nostra.
Questi motivi sono veramente chiarissimi, anzi, evidenti per se stessi. Se Maria SS. può tutto, certamente può e vuole il nostro più completo miglioramento, la nostra vicinanza, la nostra unione con Gesù. Così Ella ci viene ammaestrando coi suoi esempi, con la luce della sua vita mortale, con la forza del suo sacrificio; con la nobilissima rassegnazione nelle sofferenze fisiche e morali, con la sua più profonda umiltà. Ma « noi siamo in questo mondo come in un mare burrascoso, come in un esilio, in una valle di lacrime. Maria è la stella del mare, il conforto del nostro esilio, la luce che ci addita la via del cielo asciugandoci le lagrime…» (S. Giov. Bosco, o. c., pag. 177.). Ci terge le lagrime, ci viene in aiuto, ci favorisce la sua luce, ascoltando i nostri gemiti, esaudendo la nostra preghiera, difendendoci dal nemico dell’anima nostra.
UN SOGNO… DI DON BOSCO.
Il santo don Bosco, sempre tanto illuminato nel condurre le anime ai piedi della Vergine Santissima, narrò ai suoi alunni il seguente sogno: «Sognai di trovarmi con tutti i giovani a Castelnuovo d’Asti a casa di mio fratello. Mentre tutti facevano ricreazione, viene a me uno ch’io non sapeva chi fosse, e m’invita in un prato attiguo al cortile e là mi indicò fra l’erba un serpentaccio lungo sette od otto metri e di una grossezza straordinaria. Inorridii a tal vista e voleva fuggirmene: — No, no, mi disse quel tale, non fugga; venga qui e veda. — E come, risposi, vuoi che io osi avvicinarmi a quella bestiaccia? — Non abbia paura; non le recherà alcun male; venga con me. — Prenda questa corda, la sospenderemo sopra il serpente. — E poi? — E poi gliela lasceremo cadere attraverso la schiena. — Ah! no per carità! Perché, guai se noi faremo questo. Il serpe salterà su indispettito e ci farà a pezzi. — No no; lasci fare da me. — Là, là! io non voglio prendermi questa soddisfazione che può costarmi la vita. — E già me ne voleva fuggire. Ma quel tale insistette di nuovo, mi assicuro che non avevo di che temere, che il serpe non mi avrebbe fatto alcun male, e tanto disse che io rimasi e acconsentii a far il suo volere. Egli intanto passò dall’altra parte del mostro, alzò la corda e poi con questa die una sferzata sulla schiena del serpe. Il serpente fece un salto volgendo la testa indietro per mordere ciò che l’aveva percosso, ma invece di mordere la corda, restò ad essa allacciato come in cappio scorsoio. Allora mi gridò quell’uomo: — Tenga stretto, tenga stretto e non lasci sfuggire la corda. Frattanto il serpente si dimenava, si dibatteva furiosamente e dava giù colpi in terra con la testa e colle immani sue spire, che laceravansi le sue carni e ne faceva saltare i pezzi a grande distanza. Così continuò finché ebbe vita; e, morto che fu, più non rimase di lui che il solo scheletro spolpato. Morto il serpente, quel medesimo uomo slegò la corda che aveva legato dall’albero alla finestra, la trasse a sé, la raccolse, ne formò come un gomitolo e poi mi disse: — Stia attento neh! — Così mise la corda in una cassetta che chiuse e poi dopo qualche istante aprì. I giovani erano accorsi attorno a me. Gettammo l’occhio dentro alla cassetta e fummo tutti stupiti. Quella corda si era disposta in modo che formava le parole « Ave Maria!» — Ma come va! Ho detto. Tu hai messa quella corda nella cassetta così alla rinfusa e ora è così ordinata. — Ecco, disse colui; il serpente figura il demonio, e la corda l’« Ave Maria » o piuttosto il Rosario che è una continuazione di «Ave Maria», colla quale e colle quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell’inferno» (Vedi LEMOYNE, Memorie biografiche di don Bosco, vol. VII).
MARIA ESEMPIO E MAESTRA D’UNIONE CON GESÙ.
Ma tra tutti gli aiuti che Maria può e vuole dare alle nostre anime, il primo e principale per noi, il più caro per Lei, è quello di insegnarci ad acquistare la vita d’unione con Gesù. Il suo ammaestramento, anche in questo, ci è dato dalla sua vita. Infatti « Nessuna creatura umana fu più di Lei unita a Dio mediante la grazia di Gesù Cristo. Non miracoli o manifestazioni rumorose noi troviamo nella Madonna, ma tutta la sua grandezza ed i suoi privilegi, fonte della sua gloria, si riducono a quell’unione. Ella è l’Immacolata, e come tutti sanno, l’immacolato concepimento non è altro se non la esclusione della colpa originale, ossia il fatto che mai l’anima di Maria fu priva della grazia e dell’unione con Dio. » Ella è la Vergine e della verginità ci offre il vero e profondo significato, la dedizione completa della creatura al Creatore e sua unione con Lui; Ella è la Madre, che mediante l’unione con Dio nell’incarnazione, unisce gli uomini tutti, — tutti i suoi figli — al Padre. E se anche dovessimo dare uno sguardo alla Corredentrice, altro non coglieremmo se non l’unione con Gesù nei suoi misteri; l’Assunzione non è altro che l’unione perfetta con Dio in cielo; il culto per la Vergine nei secoli, ha per oggetto e per finalità l’unione con Dio e la grazia. Insomma, in questa musica una sola nota, divinamente bella, squilla ed echeggia; e senza le nozioni del soprannaturale, sarebbe vano voler, sia pure pallidamente comprendere colei che santa Geltrude invocava così: O giglio bianco della Trinità splendente » (Olgiati, Il sillabario del Cristianesimo, pagina 245-6.). Ma ancora e sempre: Ad Jesum per Mariam! O Gesù dolce, Gesù Amore, ascoltaci: nel cuore di Maria, tutte le tue bellezze, tutti i raggi della tua gloria, tutti i sorrisi della tua inebriante bontà, tutta la dolce e ricca e piena e amorosa cura del tuo Amore per il nostro dolore, della tua luce per le nostre tenebre, della tua ricchezza per la nostra miseria, del tuo tutto pel nostro nulla.
(Ora l’amore che aveva per il Figlio, Maria lo riversa su noi che siamo i membri viventi di questo Figlio divino, la sua estensione e il suo complemento.)
A. TANQUEREY.