DOMENICA DI PASSIONE (2022)
Stazione a S. Pietro;
Semidoppio, Dom. privit. di I cl. • Paramenti violacei.
(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani,
comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)
« Noi non ignoriamo, dice S. Leone, che il mistero pasquale occupa il primo posto fra tutte le solennità religiose. Durante tutto l’anno, col cercare di migliorarci sempre più, noi ci disponiamo a celebrare questa solennità in maniera degna e conveniente, ma questi ultimi e grandissimi giorni esigono ancor più la nostra devozione, poiché sappiamo che essi sono vicinissimi al giorno in cui celebriamo « il mistero cosi sublime della misericordia divina » (II Notturno). Questo mistero è quello della Passione del Salvatore di cui è ormai prossimo l’anniversario. Pontefice e mediatore del Nuovo Testamento, Gesù salirà ben presto sulla Croce e presenterà al Padre il sangue che Egli verserà entrando nel vero Sancta Sanctorum che è il Cielo (Ep.). « Ecco, canta la Chiesa, brilla il mistero della Croce, dove la Vita ha subito la morte e con la Sua morte ci ha reso la vita » (Inno dei Vespri). E l’Eucaristia è frutto dell’amore immenso di un Dio per gli uomini, poiché istituendola, Gesù ha detto: « Questo è il mio corpo, che sarà immolato per voi. Questo è il calice della nuova alleanza nel sangue mio. Fate questo in memoria di me » (Com.). Cosa fecero gli uomini in risposta a tutte queste bontà divine? « I suoi non lo ricevettero » dice S. Giovanni, parlando dell’accoglienza fatta a Gesù dai Giudei: » Gli fu reso il male per il bene » (4 Ant. della Laudi) e gli furono riservati solamente gli oltraggi: « Voi mi disonorate » dirà loro Gesù ». Il Vangelo ci mostra in fatti l’odio sempre crescente del Sinedrio. [Dopo la festa dei Tabernacoli che ebbe luogo il terzo anno del suo ministero pubblico, Gesù pronunciò nel Tempio le parole del Vangelo d’oggi. Una parte dell’atrio era stata trasformata in deposito perché il Tempio non era ancora interamente ricostruito. I Giudei vi raccolsero delle pietre per lapidare Gesù che si nascose ai loro sguardi, la sua ora non essendo ancora, venuta.] il padre del popolo di Dio, aveva fermamente creduto alle promesse divine che gli annunciavano Cristo futuro e nel Limbo la sua anima che, avendo avuto fede in Gesù, non è stata colpita da morte eterna, si è rallegrata nel vedere il realizzarsi di queste promesse, con la venuta del Salvatore. I Giudei che avrebbero dovuto riconoscere in Gesù il Figlio di Dio, più grande di Abramo e dei profeti perché eterno, misconobbero il senso delle sue parole e, dopo averlo insultato trattandolo da invaso dal demonio e bestemmiatore, lo vollero lapidare (Vang.). « Non temere davanti ad essi, gli dice Dio in persona di Geremia, poiché io farò che tu non tema il loro volti. Poiché oggi Io ti ho reso come una città fortificata, come una colonna di ferro, come un muro di bronzo contro i re di Giuda, i suoi principi, i suoi sacerdoti ed il suo popolo. Essi combatteranno contro te, ma non prevarranno: perché Io sono con te, dice il Signore, per liberarti (I Notturno). « Io non cerco la mia gloria, dice Gesù; vi è qualcuno che la cerca e giudica» (Vang.). E per bocca del salmista, Egli continua: « Giudicami, Signore, e discerni la mia causa da quella della gente empia: liberami dall’uomo iniquo ed ingannatore». Questo popolo «bugiardo» (Vang.) afferma Gesù, è il popolo Giudeo. « Liberami dai miei nemici, continua il Salmista; mi strapperai dalle mani dell’uomo iniquo » (Grad.). « Il Signore è giusto. Egli decapiterà i peccatori » (Tratto). Dio infatti, non permise agli uomini di mettere la mano su Gesù prima che la sua ora fosse giunta (Vang.) e quando l’ora dell’immolazione fu suonata, Egli strappò il Suo Figlio dalle mani dei malvagi, risuscitandolo. Questa morte e questa resurrezione erano state annunciate dai Profeti ed Isacco ne era stato il simbolo, allorché, mentre per ordine di Dio, stava per essere immolato da Abramo, suo padre, fu salvato da Dio stesso e sostituito da un ariete, che rappresentava l’Agnello di Dio sacrificato per il genere umano. Gesù doveva dunque nel Suo primo avvento essere umiliato e soffrire; soltanto dopo Egli apparirà in tutta la Sua potenza: ma i Giudei, accecati dalle passioni, non ammisero che una sola venuta: quella che deve prodursi nella gloria e, scandalizzati dalla Croce di Gesù, lo respinsero. Per questo motivo, Dio li respinse a sua volta, mentre accolse con benevolenza coloro che hanno poste le loro speranze nella redenzione di Gesù, ed uniscono le loro sofferenze alle Sue. « Giustamente e per ispirazione dello Spirito Santo, dice S. Leone, i SS. Apostoli hanno ordinato digiuni più austeri durante questi giorni; affinché, con una comune partecipazione alla Croce di Cristo, noi pure facciamo qualche cosa che ci unisca a quello che Egli ha fatto per noi. Come dice l’Apostolo S. Paolo: « Se soffriamo con Lui, saremo anche glorificati con Lui ». Certa e sicura è l’attesa della promessa beatitudine là dove vi è partecipazione alla passione del Signore (IV Lezione). — La Stazione si tiene nella Basilica di S. Pietro, innalzata sull’area dove prima sorgeva il Circo di Nerone, dove il Principe degli Apostoli morì, come il suo Maestro, sopra una Croce. – In ricordo della Passione di Gesù, di cui si avvicina l’anniversario, pensiamo che, per risentirne gli effetti benefici, bisogna, come il Divin Maestro, saper soffrire persecuzioni per la giustizia. E quando, membri della «famiglia di Dio », siamo perseguitati con e come Gesù Cristo, chiediamo a Dio che « custodisca i nostri corpi e le nostre anime » (Or.).
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Ps XLII: 1-2.
Júdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta: ab homine iníquo et dolóso éripe me: quia tu es Deus meus et fortitudo mea.
[Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa da gente malvagia: líberami dall’uomo iniquo e fraudolento: poiché tu sei il mio Dio e la mia forza].
Ps XLII:3
Emítte lucem tuam et veritátem tuam: ipsa me de duxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum et in tabernácula tua.
[Manda la tua luce e la tua verità: esse mi guídino al tuo santo monte e ai tuoi tabernàcoli.]
Júdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta: ab homine iníquo et dolóso éripe me: quia tu es Deus meus et fortitudo mea.
[Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa da gente malvagia: líberami dall’uomo iniquo e fraudolento: poiché tu sei il mio Dio e la mia forza].
Oratio
Orémus.
Quæsumus, omnípotens Deus, familiam tuam propítius réspice: ut, te largiénte, regátur in córpore; et, te servánte, custodiátur in mente.
[Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, guarda propízio alla tua famiglia, affinché per bontà tua sia ben guidata quanto al corpo, e per grazia tua sia ben custodita quanto all’anima.]
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Hebræos.
Hebr IX: 11-15
Fatres: Christus assístens Pontifex futurórum bonórum, per ámplius et perféctius tabernáculum non manufáctum, id est, non hujus creatiónis: neque per sánguinem hircórum aut vitulórum, sed per próprium sánguinem introívit semel in Sancta, ætérna redemptióne invénta. Si enim sanguis hircórum et taurórum, et cinis vítulæ aspérsus, inquinátos sanctíficat ad emundatiónem carnis: quanto magis sanguis Christi, qui per Spíritum Sanctum semetípsum óbtulit immaculátum Deo, emundábit consciéntiam nostram ab opéribus mórtuis, ad serviéndum Deo vivénti? Et ideo novi Testaménti mediátor est: ut, morte intercedénte, in redemptiónem eárum prævaricatiónum, quæ erant sub prióri Testaménto, repromissiónem accípiant, qui vocáti sunt ætérnæ hereditátis, in Christo Jesu, Dómino nostro.
[“Fratelli: Cristo, essendo venuto come pontefice dei beni futuri, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d’uomo, cioè non appartenente a questo mondo creato, e mediante non il sangue di capri e di vitelli, ma mediante il proprio sangue, entrò una volta per sempre nel santuario, avendo procurato una redenzione eterna. Poiché se il sangue dei capri e dei tori e l’aspersione con cenere di giovenca santifica gli immondi rispetto alla mondezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, il quale, mediante lo Spirito Santo, ha offerto se stesso immacolato a Dio, monderà la nostra coscienza dalle opere morte, perché serviamo al Dio vivente? E per questo Egli è il mediatore del nuovo testamento, affinché, essendo intervenuta la sua morte a redimere dalle trasgressioni commesse sotto il primo testamento, quelli che sono stati chiamati conseguono l’eterna eredità loro promessa, in Gesù Cristo Signor nostro”].
Ci avviciniamo ai grandi misteri della Settimana Santa. La Passione di N. S. Gesù Cristo e la nostra Redenzione — la Redenzione nostra per mezzo della Passione sua — mistero centrale della nostra fede. Il valore del sacrificio di N. S. per noi ce lo illumina S. Paolo nel passo dell’Epistola agli Ebrei che oggi la Chiesa ci fa leggere. Sono poche parole, misurate, contate, direbbe Dante, ciascuna delle quali ha il suo peso e merita la sua attenzione. Eccovele nel loro contesto. Se il sangue degli animali (nella vecchia Legge, nell’economia religiosa ch’essa rappresentava) santifica quelli che sono macchiati d’una purificazione carnale, quanto più non monderà la nostra coscienza il Sangue di Gesù Cristo, che per lo Spirito Santo offrì se stesso immacolato a Dio. Offrì Gesù se stesso. Il Suo fu un sacrificio volontario. Gesù ha voluto soffrire, ha voluto fare la volontà del Padre, fino alla morte; a costo della morte. Nessuno lo costrinse. Volle. Il profumo d’ogni nostro sacrificio, qualunque esso sia, per qualunque causa (buona, s’intende) sia fatto, è nella sua spontaneità. La bellezza di questo fiore che si chiama il sacrificio è in questa sua freschezza di volontà. « Oblatus est quia ipse votuit: » le parole profetiche di Gesù meravigliosamente si adempiono. Il Vangelo sottolinea questa bella libertà in Gesù, nei momenti in cui le apparenze di una violenza usatagli sono più accentuate: quando gli sgherri credono di essere venuti nel Getzemani a prenderlo di viva forza, quando Pilato crede di avere lui nella sua mano onnipotente di funzionario dell’Impero, la vita di Gesù. Libertà intiera, completa, profonda. E offrì se stesso. Ah fratelli miei! che differenza dai redentori o salvatori umani! e che rilievo ne ridonda per questo Salvatore Divino! Quanto è facile e frequente immolare gli altri: pagare con moneta altrui, versare l’altrui sangue! – Gesù ha versato il suo ed ha ardentemente desiderato si spargesse questo solo. Lo ha versato tutto. Il Suo sacrificio è stato un olocausto, senza riserva. La generosità della spontaneità si compie colla generosità, starei per dire, quantitativa del dono. Dà sempre molto chi dà tutto. E offrì se stesso immacolato. Senza macchia. Le vittime, simboliche, del V. T. vittime materiali dovevano essere materialmente così: pure senza macchia, senza macchia l’agnello senza difetto il bove. Gesù non ebbe peccati suoi da espiare; ed ecco perché ha potuto così largamente espiare i peccati altrui. Le sofferenze, anche del peccatore sono sante, sono, a lor modo, belle. Ma quel sacrifizio sa di espiazione personale. È una giustizia, non una generosità. Il martire delle cause più alte doveva essere purissimo, lo fu. Gesù è l’agnello immacolato. Ci ha tenuto in modo particolare. « Chi di voi potrà convincermi di colpa? » ha detto, ha gridato ai suoi avversari. E offrì, liberamente se stesso (generoso olocausto) immacolato a Dio per « Spiritum sanctum ». A Dio. La causa che Gesù è venuto a difendere, che ha difeso da buon soldato col valore e la morte, colla predicazione, la passione, col Vangelo, con la Croce, è la causa di Dio, la causa religiosa. Perché sulle rovine degli dei falsi e bugiardi regnasse il Dio vero e vivo, perché sulle rovine della Sinagoga sorgesse la grande, universale Chiesa, per questo che significava la maggior gloria di Dio, la maggiore, la vera felicità del genere umano. Egli è caduto martire, Egli si è offerto vittima del più grande sacrificio del mondo.
[G. Semeria: Le Epistole delle Domeniche O. N. M.- d’I. Roma-Milano, 1939 – nihil obs. P. De Ambrogi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Cur. Arch.]
Graduale
Ps CXLII: 9, 10
Eripe me, Dómine, de inimícis meis: doce me fácere voluntátem tuam
[Líberami dai nemici, o Signore: insegnami a fare la tua volontà].
Ps XVII: 48-49
Liberátor meus, Dómine, de géntibus iracúndis: ab insurgéntibus in me exaltábis me: a viro iníquo erípies me.
[Mi libererai dai nemici accaniti, o Signore: e mi eleverai sopra di quelli che si volgono contro di me: mi libererai dall’uomo iniquo].
Tractus
Ps CXXVIII: 1-4
Sæpe expugnavérunt me a juventúte mea.
[Mi hanno più volte osteggiato fin dalla mia giovinezza.]
Dicat nunc Israël: sæpe expugnavérunt me a juventúte mea.
[Lo dica Israele: mi hanno più volte osteggiato fin dalla mia giovinezza.]
Etenim non potuérunt mihi: supra dorsum meum fabricavérunt peccatóres.
[Ma non mi hanno vinto: i peccatori hanno fabbricato sopra le mie spalle.]
V. Prolongavérunt iniquitátes suas: Dóminus justus cóncidit cervíces peccatórum.
[Per lungo tempo mi hanno angariato: ma il Signore giusto schiaccerà i peccatori.]
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joann VIII: 46-59
“In illo témpore: Dicébat Jesus turbis Judæórum: Quis ex vobis árguet me de peccáto? Si veritátem dico vobis, quare non créditis mihi? Qui ex Deo est, verba Dei audit. Proptérea vos non audítis, quia ex Deo non estis. Respondérunt ergo Judæi et dixérunt ei: Nonne bene dícimus nos, quia Samaritánus es tu, et dæmónium habes? Respóndit Jesus: Ego dæmónium non hábeo, sed honorífico Patrem meum, et vos inhonorástis me. Ego autem non quæro glóriam meam: est, qui quærat et jdicet. Amen, amen, dico vobis: si quis sermónem meum serváverit, mortem non vidébit in ætérnum. Dixérunt ergo Judaei: Nunc cognóvimus, quia dæmónium habes. Abraham mórtuus est et Prophétæ; et tu dicis: Si quis sermónem meum serváverit, non gustábit mortem in ætérnum. Numquid tu major es patre nostro Abraham, qui mórtuus est? et Prophétæ mórtui sunt. Quem teípsum facis? Respóndit Jesus: Si ego glorífico meípsum, glória mea nihil est: est Pater meus, qui gloríficat me, quem vos dícitis, quia Deus vester est, et non cognovístis eum: ego autem novi eum: et si díxero, quia non scio eum, ero símilis vobis, mendax. Sed scio eum et sermónem ejus servo. Abraham pater vester exsultávit, ut vidéret diem meum: vidit, et gavísus est. Dixérunt ergo Judaei ad eum: Quinquagínta annos nondum habes, et Abraham vidísti? Dixit eis Jesus: Amen, amen, dico vobis, antequam Abraham fíeret, ego sum. Tulérunt ergo lápides, ut jácerent in eum: Jesus autem abscóndit se, et exívit de templo.” Laus tibi, Christe!
“In quel tempo disse Gesù alla turbe dei Giudei ed ai principi dei Sacerdoti: Chi di voi mi convincerà di peccato. Se vi dico la verità, per qual cagione non mi credete? Chi è da Dio, le parole di Dio ascolta. Voi per questo non le ascoltate, perché non siete da Dio. Gli risposero però i Giudei, e dissero: Non diciamo noi con ragione, che sei un Samaritano e un indemoniato? Rispose Gesù: Io non sono un indemoniato, ma onoro il Padre mio, e voi mi avete vituperato. Ma io non mi prendo pensiero della mia gloria; vi ha chi cura ne prende, e faranno vendetta. In verità, in verità vi dico: Chi custodirà i miei insegnamenti, non vedrà morte in eterno. Gli dissero pertanto i Giudei: Adesso riconosciamo che tu sei un indemoniato. Abramo morì, e i profeti; e tu dici: Chi custodirà i miei insegnamenti, non gusterà morte in eterno. Sei tu forse da più del padre nostro Abramo, il quale morì? e i profeti morirono. Chi pretendi tu di essere? Rispose Gesù: Se io glorifico me stesso, la mia gloria è un niente; è il Padre mio quello che mi glorifica, il quale voi dite che è vostro Dio. Ma non l’avete conosciuto: io sì, che lo conosco; e se dicessi che non lo conosco, sarei bugiardo come voi! Ma io conosco, o osservo le sue parole. Abramo, il padre vostro, sospirò di vedere questo mio giorno: lo vide, e ne tripudiò. Gli dissero però i Giudei: Tu non hai ancora cinquant’anni, e hai veduto Abramo? Disse loro Gesù: In verità, in verità vi dico: prima che fosse fatto Abramo, io sono. Diedero perciò di piglio a de’ sassi per tirarglieli: ma Gesù si nascose, e uscì dal tempio” (Jo. VIII, 46 59).
Omelia
(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956)
LE CREATURE SCACCIANO IL CREATORE
Il capitolo VIII di S. Giovanni, uno dei più difficili e nel medesimo tempo dei più sublimi di tutto il Vangelo, narra che Gesù per togliere qualsiasi pretesto alla malafede di certa gente, a viso aperto si proclamò per quello che era: il Supremo Bene degli uomini, cioè Dio. Ma appena il Creatore si fece conoscere, le sue creature lo aggredirono con una sassaiola. Il manifestarsi di Gesù si svolge in tre momenti, seguiti da un epilogo tragico: dapprima si manifesta come Luce del mondo, poi come Libertà, infine come Vita. A ciascun momento s’accompagna una suprema promessa e una suprema minaccia: sono gli ultimi tentativi dell’Amore infinito per sollecitare le anime ad amarlo. Ma l’uomo ha un terribile dono: la libertà. L’uomo è libero di rovinarsi, è libero fino al punto di costringere Dio a ritirarsi. – Gesù si proclama Luce. — La festa dei Tabernacoli era finita ed i forestieri erano ritornati ai loro paesi. Gesù nel cortile del tempio parlava dunque a quei di Gerusalemme, tra cui c’erano i suoi nemici già decisi ad ucciderlo. Mentre le sfavillanti luminarie ormai agonizzavano, Egli esclamò: «Io sono la luce del mondo! chi mi segue avrà luce; chi non mi segue camminerà nel buio». A tali parole i Giudei risposero con urli d’ingiuria. – Gesù si proclama Libertà. — Se sentivano che Gesù aveva ragione e nonostante questo l’ingiuriavano, era segno evidente che erano liberi di vedere e di seguire la Verità che brillava davanti a loro. Disse allora Gesù: «Solo il Figlio di Dio può dare la vera libertà. Chi osserva la mia parola sarà libero, chi invece s’abbandona al peccato diventa schiavo del peccato ». – Il Figlio di Dio vedeva la miseranda schiavitù di quegli infelici: costretti a mentire per la paura d’ammettere la Verità che odiavano; costretti ad uccidere il Liberatore per la paura d’essere liberati da quelle maligne passioni che amavano. Bugiardi ed omicidi come il loro padre e padrone, cioè il demonio. – Gesù si proclama Vita— « In verità, in verità vi dico che io sono la Vita. Chi custodirà la mia parola non vedrà la morte in eterno; chi non la custodirà non gusterà mai la vita in eterno ». Davanti alla promessa di vita eterna con cui l’Amore divino cercava di conquistarsi quelle ribelli volontà, scoppiò un maligno scandalo come se tentasse di adescarli con promesse impossibili: « Chi credi di essere? Morirono perfino i profeti. Morì il padre nostro Abramo. E tu dici: «… vivrò in eterno ». Rispose Gesù: « Chi sono, domandatelo pure al padre vostro Abramo che sospirò la mia venuta. E vide che sarei venuto, e trasalì di gioia ». A queste parole inattese, i Giudei si sdegnarono, e cercarono di buttarle in ridicolo: « Non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo che è morto da secoli e secoli? ». – L’epilogo tragico. — Di fronte a tanta insolente perfidia, Gesù giudicò inutile proseguire oltre e tagliò il discorso con la più esplicita attestazione: « Prima che Abramo fosse Io sono ». Pesate le parole: se costui che ora come uomo ha poco più di trent’anni, già era prima di Abramo, vuol dire che è sempre stato, che è eterno, che è Dio. – Invece di gettarsi in terra adorando e invocando luce, libertà e vita, i Giudei gridarono alla bestemmia e diedero di piglio ai sassi. S’udì il crepitio violento e rabbioso delle pietre senza bersaglio sul cortile: Gesù era sparito. Avrebbe potuto pietrificare il loro braccio, avrebbe potuto inghiottirli sull’istante nell’inferno: s’accontentò di ritirarsi, perché Dio è paziente. Ma una parola terribile lasciava dietro di sé: « Io me ne vado, ma voi un giorno mi cercherete e morrete nel vostro peccato ». Mai come oggi gli uomini, individui e nazioni, ebbero bisogno di meditare queste pagine del Vangelo. Gli anni torbidi che abbiamo sortito di vivere sono quelli di una grande lotta: la lotta delle creature per scacciare il Creatore. Quando il Papa parla del pericolo del Comunismo non intende parlare di una forma di governo, o un regime economico, ma della minaccia di costringere Cristo ad andarsene via da noi. Se questo pericolo è grande e reale, è perché Cristo già è stato scacciato da troppe coscienze. La cacciata di Cristo dalle nazioni, la cacciata di Cristo dalle coscienze, sono i due dolorosi pensieri per questa domenica di passione. – 1. CRISTO SCACCIATO DALLE NAZIONI. Possiamo fare dei nomi perché più volte sono venuti sulle labbra del Papa che accenti d’un amore sofferente. Nella Russia, nella Spagna, nel Messico, ed in altri paesi si sono fatti e si fanno inauditi sforzi per discacciare Cristo. – a) Io sono la Luce! » proclama Cristo; ma la sua luce celeste è maledetta, è soffocata. Soffocata nelle scuole dove è proibito insegnare la verità cristiana, ma si deve inculcare alla gioventù l’ateismo e il paganesimo. Soffocata nella stampa, perché i giornali cattolici sono soppressi, e si bruciano i libri di preghiera, le Bibbie, i Messali. Soffocata sulle labbra dei sacerdoti massacrati e dispersi, o, dove ancora sono tollerati, come in qualche paese, costretti a tacere molta parte della verità. Perfino dalle tombe dei morti, in Russia è scacciato Cristo perché non possa più diffondere la consolazione della luce perpetua: e i marmi e le lapidi dei sepolcri profanati servono a rinnovare il lastricato delle babeliche città dei Sovieti. – b) « Io sono la Vita! » proclama Cristo. Ma la sua vita è disprezzata come una debolezza, come una malinconia; il suo paradiso è schernito come una favola della nonna. Vogliono il pane e il piacere quotidiano, la potenza e la prepotenza, il dominio e il predominio. Non le sorgenti della grazia ma i pozzi di petrolio, non le buone ispirazioni ma i gas e gli aeroplani. – c) «Io sono la Libertà! » proclama Cristo. Ma la libertà, difesa dai suoi dieci Comandamenti, fu respinta come la peggiore delle schiavitù. La scuola, la stampa, la radio, i cinema, i dischi, le officine, le borse, i mercati, i trattati internazionali gridano la ribellione a Cristo. Ma quale nuova libertà fu dunque instaurata? Quella che non lascia liberi nemmeno di professare la fede della propria coscienza, e di credere al Dio che ci ha creati e redenti. – Ed anche nelle nazioni dove a Cristo non fu dichiarata apertamente la guerra, gli è riserbata la parte del sopportato. La legislazione moderna prescinde dalla esistenza del suo divino amore. Ed è per questo che il mondo moderno è scardinato, e che la vecchia Europa è inquieta e cupa. L’asse intorno a cui deve girare il mondo se vuole ritrovare la pace, è il Vangelo: ad un estremo sta Gesù e il Paradiso, all’altro il Papa e la Chiesa che quaggiù ancora soffre, combatte e prega. – Giorgio Clemenceau, che i francesi chiamarono « Padre della Vittoria », e molti « il tigre », qualche tempo prima di morire considerando la decrescenza della popolazione, la frivolezza, la ricerca dei piaceri, che minacciavano la Francia moderna, disse: «Io non credo a Cristo, e non sono neppure battezzato. Ma son persuaso che l’unica forza che potrebbe salvare la Francia è l’ideale evangelico. Se tutti i Cristiani avessero nelle vene una goccia del sangue di Francesco d’Assisi, io crederei alla resurrezione della patria… ». Preziosa confessione che vale non appena per la Francia ma per tutti gli Stati… Ma i Cristiani hanno davvero nella loro coscienza, vivo e ardente, l’ideale di Cristo come l’aveva S. Francesco? – CRISTO SCACCIATO DALLE COSCIENZE. Purtroppo, Cristo è perseguitato anche in moltissime coscienze. Per brevità mi limito a cogliere qualche punto del dibattito tremendo e silenzioso che in questi giorni, forse in questo momento avviene fra Cristo e l’anima. — Voce senza strepito di Cristo: «Oggi incomincia il tempo del precetto pasquale. Farai quest’anno la buona Pasqua? ». Dice l’uomo: «Non ho bisogno di far Pasqua, come tanti impostori. Anche senza la Pasqua, io sono sempre stato un uomo onesto che del male ne riceve, ma non ne fa a nessuno, tanto meno a Dio ». — Riprende la Voce interiore: « Non mentire a te stesso: la tua onestà è apparenza per gli altri, non realtà per te che sai tutto. Non è vero che inorridiresti se gli altri, se i tuoi di casa sapessero quello che hai fatto in questo mese, in questo anno, in questi anni? E non inorridisci al pensiero che Dio lo sa? E poi se anche fossi onesto, trascurando il precetto pasquale, cesseresti di esserlo, perché negheresti a Dio un suo diritto ». « Con Dio me la intendo da solo: non c’è bisogno di prete, né di confessione ». — La Voce non si spaventa per questa sdegnosa risposta e sussurra: «Se non te la intendi con la Chiesa non puoi intendertela con Cristo che ha istituito la Chiesa e che ha detto agli Apostoli e ai loro successori, compresi i preti, « chi non ascolta voi non ascolta me ». E se rinneghi la testimonianza del suo divin Figlio come vuoi pretendere d’aver Dio per Padre? ». « Ascoltare la Chiesa, ascoltare i preti… e poi se non è vero niente, né il Paradiso, né l’Inferno, né Dio, né la Madonna… ». — La Voce allora con dolce solennità: « Tu dubiti, sei cieco: accostati con purezza e buona volontà a Cristo che ti illuminerà, ti darà la certezza. Egli è la Luce ». «Se mi accosto a Lui nella confessione, mi imporrà di lasciare certe abitudini, esigerà la rinuncia a quel guadagno; a quella relazione, a quel divertimento; mi imporrà la Messa, la Dottrina cristiana, la Comunione frequente… ». — « Ah tu sei schiavo!» esclama la Voce interiore; « ed ami le tue catene, ed hai paura che Cristo ti liberi: Egli è la Libertà. Se non ti accosti a Lui, sarai l’eterno schiavo dei tuoi peccati e del demonio ». Ma l’uomo rabbioso grida: « Taci: non sono schiavo di nessuno, e faccio quello che voglio io. E voglio scacciare Cristo perché mi rende noiosa e triste la vita». — « Ma è Lui la Vita, la vera Vita » grida la voce. «È una vita impossibile per me, se Egli m’impone quella sua inflessibile legge o se mi strappa dal cuore quella creatura che mi è indispensabile. Se ne vada, se ne vada una benedetta volta, e mi lasci godere in pace ». Così Cristo è costretto a ritirarsi dalla coscienza che non vuol fare Pasqua, e dice forse la terribile minaccia: « Me ne vado: ma un giorno mi cercherete e morrete nel vostro peccato ». – Meglio conchiudere con un pensiero consolante. L’11 ottobre 368 dell’era volgare, una spaventosa catastrofe colpì la città di Nicea. Nell’oscurità e nel sonno, terribili sussulti di terremoto scossero la splendida città e la rovesciarono. Quasi tutti perirono sotto la rovina. Ma Cesario, il governatore che era ancora pagano, rimase a mezzo sepolto fra le travi del suo palazzo; mentre il suo corpo soffriva spasimi indicibili, nel suo spirito brillò la verità della vita. « Addio mondo crollante e ingannatore! — disse — ora voglio cercarmi un’abitazione che non crolli più ». Estratto dalle macerie chiese il Battesimo, distribuì i suoi beni ai poveri, decise di rinnovare nel Signore la vita. Dio s’accontentò. della sua buona volontà: alcuni giorni dopo il Battesimo, cadde ammalato, e morì che portava ancora la veste bianca dei neo-battezzati. (MIGNE, P. G., XXV, 774). Cristiani, oggi ancora par proprio che tutto il mondo sia sorpreso da un pauroso terremoto morale, par proprio che tutto crolli… gli ordini sociali e le coscienze. Questo doloroso spettacolo d’un mondo senza Cristo spinga ciascuno di voi ad una santa risoluzione: « Farò una buona Pasqua, rinnovellerò in Cristo la mia vita; mi cercherò una dimora che non crolli su me e mi soffochi nell’ora della morte ».
DUE NATURE IN UNA PERSONA. Antequam Abraham fieret ego sum. Gesù poteva dire queste parole, e con tutta merito perché se in Lui v’era natura misurata dal tempo, — la umana, — ve n’era un’altra non misurata se non dalla eternità, — la divina. Come uomo aveva una trentina d’anni appena, cresceva, invecchiava; come Dio era stato e prima d’Abramo e prima d’Adamo, sempre, perché non ha principio né fine: è eterno. Osservate un uomo e vedrete che a formarlo vi concorrono due cose, cioè l’anima e il corpo. E benché nell’uomo altra cosa sia il corpo e altra cosa sia l’anima, pure il corpo e l’anima uniti insieme formano un unico uomo: così benché in Gesù altra cosa sia la natura umana e altra cosa la natura divina, pure in Lui formano una stessissima persona: Gesù Cristo, l’uomo-Dio. I Giudei non l’hanno voluto riconoscere come Dio, l’Eterno che esisteva con Abramo e prima, ed hanno preso le pietre, che stavano ammucchiate per la fabbrica non finita del tempio; e lo volevano lapidare quasi avesse detto una bestemmia. Noi invece crediamo che in quel momento Egli disvelava il mistero della sua incarnazione. Il mondo; come gli antichi Giudei, non vuol conoscere Gesù Cristo perché non vuole amarlo; ma noi invece domandiamo allo Spirito Santo perché aguzzi la nostra mente a penetrare nella persona del Figlio di Dio. Conoscere Dio, conoscere il suo Figlio che ci ha mandato, ecco la vita eterna: tutto il resto è vanità. Hæc est vita æterna ut cognoscant te et quem misisti, Jesum Christum. – GESÙ è vero Dio. « In verità ve lo dico: chi osserva la mia parola non morirà in eterno» dice Gesù nel Vangelo di questa domenica. Strana promessa! Gli imperatori ai sudditi obbedienti concedono contee e marchesati; gli scienziati agli scolari più attenti danno la scienza e i diplomi; i ricchi ai servi fedeli concedono danaro abbondante: beni questi che durano fin quando dura l’uomo quaggiù. Ma chi può donare una vita beata, dopo che il corpo è caduto nel sepolcro, una vita beata che non conosca la morte? Solo Dio. Ebbene, allora Gesù è Dio. – Una volta, in una strada solitaria nelle vicinanze di Cesarea di Filippo, Gesù aveva chiesto cosa dicesse la gente di Lui, E i discepoli gli risposero: « Alcuni dicono che sei Giovanni Battista ricomparso sulla terra, altri dicono che sei Elia o Geremia o uno degli antichi profeti resuscitati ». Ma queste ingenue e grossolane supposizioni non accontentarono Gesù; Egli vuol saper proprio da loro una risposta definitiva. « Ma voi, che dite ch’io sia? » Allora Simon Pietro sentì nel suo cuore una grande illuminazione che lo fece esclamare: « Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente ». La verità era detta finalmente, Gesù era contento. « Beato te, Simone, figlio di Giona! questo non ti è stato rivelato dalla carne o dal sangue ma dal Padre mio ch’è nei cieli ». Gesù Cristo, dunque, è Dio: Egli l’ha detto, gli uomini l’hanno confessato. È la seconda Persona della Santissima Trinità, che col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna fin prima d’Abramo, prima che fosse l’uomo, prima che fosse la terra e le stelle. Gesù come Dio è uguale al Padre. A Filippo, che gli chiedeva di vedere il Padre, così rispose: « Chi vede me, Filippo, vede il Padre. Non credi forse che Io sono nel Padre e il Padre in me? Io, il Padre e lo Spirito Santo siamo un Dio solo. Ego et Pater unum sumus. Se non vuoi credere alle mie parole credi alle mie opere » (Giov., X, 30). E le opere lo proclamano Dio. Chi infatti può perdonare i peccati se non Dio? Chi può risuscitare i morti e risuscitare se stesso dopo tre giorni di sepoltura? Chi può sull’attimo mondare dalla lebbra, guarire un moribondo, raddrizzare uno storpio? Chi può far tacere la violenza del vento e quietare un mare in burrasca, se non Dio? E Cristo tutto questo ha fatto: dunque è vero Dio. Vero Dio, Cristiani! E noi, quante volte come i Giudei, invece di adorarlo, abbiamo lanciato sassi contro di Lui! Le bestemmie, le irriverenze alla chiesa dov’Egli abita, i sacrilegi, i peccati non sono forse le pietre che ogni giorno si lanciano contro il Dio incarnato, quasi a lapidarlo? – GESÙ È VERO UOMO. Dio per il peccato d’Adamo era stato offeso, e voleva essere soddisfatto. Ma tra gli uomini nessuno poteva rendere questa soddisfazione al suo Creatore, perché ciascuno, già vilissimo in sé, era caduto anche nella maledizione. Ci voleva dunque Uno che fosse Dio: ma fosse anche Uomo, perché Dio non potendo patire non poteva soddisfare per noi. Ecco il Verbo, perché seconda Persona della Trinità, l’uguale al Padre, l’Eterno, che nel seno di una Vergine prende umana carne e nasce uomo. Et Verbum caro factum est. Uomo come noi: patì il freddo, la sete, la fame, la stanchezza, la melanconia, tutte le nostre debolezze. Tutte, tranne una: il peccato. Oh, com’è sublime la figura di Gesù, quando dall’alto della marmorea gradinata del tempio, nel bagliore tremante dei candelabri giganteschi, riguarda i suoi nemici e grida: « Chi di voi può accusarmi anche di un peccato solo? » Tutti digrignarono i denti, ma nessuno poté raccogliere la sfida terribile. Ricordate voi che domenica è questa che noi celebriamo? La domenica di Passione. Ecco la prova più stringente dell’umanità di N. S. Gesù Cristo: occorreva essere Uomo per soffrire e morire, occorreva essere Dio per dare a questi patimenti un valore infinito. La santa Chiesa, da quest’oggi fino a Pasqua, vuole che i fedeli vadano ricordando ad uno ad uno i dolori della Passione del Salvatore. – Pensate: scendere dal Cielo, camminare per strade polverose e fangose, sotto sole o la pioggia, in cerca di uomini da istruire, da sanare ed eccolo costretto a nascondersi perché gli uomini gli fanno la sassaiola. Istituisce la santa Eucaristia per rimanere sempre quaggiù, per vederci, per sentirci, per confortarci, ed ecco che la sera stessa della istituzione v’è Giuda che sacrilegamente lo riceve e lo tradisce. In queste notti che precedono la Pasqua, pensate alla notte d’agonia: tutti dormivano, ma non poteva dormire Lui che sapeva della sua morte vicina, che sapeva che i suoi patimenti erano sprecati per tante anime disgraziate, e allora da ogni poro stillò sangue, e mandò un gemito: « L’anima mia è triste fino alla morte! » Vedetelo in queste due settimane tutto flagellato, coronato di spine, lordato nel volto maestoso; immaginate d’ascoltare il grido bestiale della folla: « Morte a costui! Sia crocifisso coi ladroni! Noi non lo vogliamo! Il suo sangue ricada su noi e sui nostri figliuoli! ». Ogni pomeriggio, alle tre, mandate il vostro pensiero e un palpito di compassione a quel lontano venerdì quando una fitta tenda di tenebre velò il sole, e nel buio il pallido corpo del Redentore pareva un rogo di dolore dove ardevano, tutti insieme, i dolori del mondo. La crocefissione è il più crudele e orribile dei supplizi: Gesù l’ha voluto per sé. Il tradimento degli amici intimi e beneficati è l’umiliazione più atroce: Gesù l’ha voluta per sé. Ha voluto tutta l’amarezza e lo spasimo fino a consumarlo tutto. «Tutto è consumato! ». E fu soltanto per amore di noi. – Ad Antignana, in Italia, Federico Ozanam s’aggravava per un malore mortale. Una notte, il fratello che vigilava al suo letto s’accorse ch’egli piangeva silenziosamente. « Perché sei così triste? — gli chiese abbracciandolo. — Non vedi il tuo fratello vicino a te? Presto ritorneremo alla dolce Francia ». Ma egli, con voce velata di pianto e di amarezza sconfinata, rispose: « Caro fratello! quand’io penso alla passione di nostro Signore e penso che gli uomini ancora fan tanti peccati contro di Lui non posso non piangere ». E dimentico dei propri dolori e del proprio stato mortale, sentendo soltanto il dolore e l’amore di Gesù, piangeva. – O Cristiani, almeno oggi, ch’è la domenica di Passione, ricordiamo anche noi il dolore e l’amore di Gesù. Per la nostra salute discese dal Cielo: e si incarnò per virtù dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria: e si fece uomo: e patì sotto Ponzio Pilato: e fu sepolto. « Passus et sepultus est ». Ricordiamolo oggi, e sempre, ma specialmente nel momento della tentazione. Aveva ragione S. Paolo di gridare: « Se qualcuno non ama nostro Signore Gesù Cristo, — il Dio-Uomo, — sia scomunicato ».
LA PAROLA DI DIO
Poche sono le pagine della storia che possono suscitare in noi tanta pietà, come quella che narra la fine di Luigi XVI. L’infelice re, sorpreso dalla rivoluzione mentre fuggiva, fu costretto a salire la ghigliottina. Dall’alto del palco ferale, pallido come se già lo coprisse l’ala della morte, guardò tutto il suo popolo e desiderò di porger il saluto estremo. « Popolo mio… ». Ma i tamburi rullarono disperatamente a seppellire la voce. Non lo volevano sentire. Una scena simile avvenne attorno a Gesù, nei giorni in cui viveva in Palestina. I giudei non potendo resistere alla parola di Cristo, che smascherava la loro ipocrisia e sbatteva a terra la loro superbia, cercavano di soffocare con le urla la voce divina. «Samaritano! Indemoniato! ». Ma Gesù, calmo e solenne, così fustigava: «Chi è da Dio, ascolta la parola di Dio. Ma voi non la volete ascoltare, perché non siete da Dio; in verità, in verità io vi dico: chi « ascolterà la mia parola non morrà morte, mai». E quelli di nuovo: «Samaritano! Indemoniato! che cosa credi di essere? Da più dei profeti? da più di Abramo? ». E Gesù: « Non ho bisogno di difendermi dai vostri insulti: Dio mi difende e mi glorifica. Ma voi non lo conoscete Dio: io lo conosco perché osservo la sua parola ». I Giudei presero i sassi per lapidarlo: Gesù sparve e uscì dal tempio. Non fremiamo di sdegno contro i Giudei, perché di gente che non vuol ascoltare la parola di Dio ce n’è anche oggi, e non poca, e tra gli stessi Cristiani. E se non è col rullo dei tamburi, se non coi sassi, si sono trovati però più facili ripieghi per non essere disturbati dalla voce salutare del sacerdote che annuncia la parola di Dio. ,Consideriamo noi invece l’importanza della parola di Dio e i motivi per cui la parola divina è resa infruttuosa. Lo spirito Santo diffonda il lume nella nostra mente e l’amore nel nostro cuore, poiché si tratta di valorizzare la sua parola. – LA PAROLA DI DIO È ONNIPOTENTE. Il grande Salomone chiamò la parola di Dio « omnipotens sermo ». E disse egregiamente: a) La parola: di Dio è onnipotente nell’ordine naturale. In principio, quando ancora e cielo e terra non erano che un ammasso informe e tenebroso come la bocca d’un abisso, echeggiò la parola di Dio. «Sia fatta la luce! » E fuori dal buio balzò magnifica la luce a rischiarare il giovane mondo. E così, dietro al grido di Dio che le chiamava fuori dal nulla, uscirono tutte le creature, e il velo azzurro del firmamento e le acque e la terra: e nel firmamento gli astri; e nelle acque i pesci; e sulla terra le piante con la virtù di produrre il seme, e gli uccelli, e l’uomo. È questa parola che un giorno placò la furia del mar di Genezaret e la raffica di vento che minacciava di travolgere una barca con dodici pescatori. È questa parola che snodò la lingua e riaprì l’udito ad un giovane sordo e muto., È per la virtù di questa parola che il paralitico, da trentotto anni languente sotto il portico della piscina, poté rizzarsi ancora, prendersi il pagliericcio e camminare verso casa sua. A questa parola, i poveri lebbrosi sentivano rifarsi i tessuti corrosi e piagati, sentivano una nuova onda di vita risalir per le vene. E quando questa parola echeggiò imperante sulla tomba d’un amico, perfin la morte inesorabile dovette ascoltarla: e il morto quatriduano balzò fuori alla vita. – b) Onnipotente è questa parola nell’ordine soprannaturale. Gesù trova un uomo immerso negli affari e nelle esosità, che — forse — non aveva mai saputo sollevare d’un palmo il suo cuore sopra l’interesse materiale e gli disse: « Veni, sequere me! ». Quell’uomo è sconvolto: si sente un altro uomo e comincia ad amare ciò che prima aveva odiato, ad odiare ciò che prima aveva amato. C’era una donna, scandalo della città. Il suo cuore era in tumulto: la passione impura l’aveva bruciacchiato, l’aveva lordato come nelle brutture d’un trogolo, ed ora lo sbatteva come un vento di furiosa tempesta. Le dice Gesù: « Donna, va in pace e non peccare ancora ». E quel cuore si spense di ogni fuoco terreno e brutale e solo arse d’un amore purificante verso il Signore. E divenne santa e meritò di veder Gesù appena risorto. «Vox Domini confrigentis cedros » (Ps., XXVIII): è la voce di Dio come una scure che atterra ogni superbia degli uomini. « Vox Domini intercidentis flammam ignis »: è la voce di Dio come un’onda che sgorga da recondite scaturigini a spegnere nei cuori la fiamma delle passioni. «Vox Domini concutientis solitudinem » : è la voce di Dio che sa scuotere l’uomo intorpidito da lunghi anni nella colpa. «Vox Domini, in virtute! Vox Domini in magnificentia! ». c) Non crediate però che la parola di Dio diminuisca di virtù se a noi giunge attraverso la voce di un uomo; – Appena uscì dalla bocca di Giosuè, il sole si arrestò nella sua corsa di fuoco. Appena uscì dal labbro di Mosè, le acque si divisero, ergendosi come una muraglia; e tutto il popolo traversò il Mar Rosso. Adoperata da Elia, il cielo si aperse o chiuse. Annunciata da pochi pescatori, si fece udire in tutto il mondo, fortificò i martiri nell’ora suprema, dissipò i falsi sillogismi dei filosofi, rovesciò la lussuria di Roma, e innalzò sul mondo rigenerato la purezza della croce. La parola di Dio non perde la sua efficacia anche se annunciata da indegni, indegnamente: ella è parola di Dio e prescinde dall’ingegno e dalla santità dei predicatori: opera per virtù propria come i Sacramenti, anzi — sotto questo aspetto meglio dei Sacramenti, perché in questi si richiede alla validità l’intenzione del ministro, mentre la predicazione ne prescinde. Ecco la virtù della parola di Dio! ma perché allora ai giorni nostri, in cui ella è annunciata così largamente, non produce quei mirabili effetti? Perché si ascolta male, o peggio, perché non si ascolta più. – RESISTENZA UMANA ALLA PAROLA DIVINE. a) Gli uomini ascoltano male la parola di Dio. Al tempo delle eresie Dio suscitò un magnifico annunciatore del Vangelo: S. Antonio da Padova. La gente accorreva da ogni parte al suo passaggio, così che le chiese erano troppo anguste, ed il Santo doveva predicare nelle piazze. Il demonio non poté darsi pace. E talvolta, per distrarre gli uditori, incendiava una casa vicina, tal’altra faceva comparire un’invasione di lucertole che strisciavano sui piedi degli ascoltanti. Un giorno, mentre, tutti tacevano e ascoltavano con molto frutto, ecco sopraggiungere numerosi cavalieri a tutta corsa: e distribuivano lettere e plichi alle donne. E tutte incuriosite aprono e leggono e intanto perdono il frutto della divina parola. – Non crediate che il nemico delle anime oggi stia tranquillo: solo che non ha più bisogno di ricorrere a mezzi straordinari, perché i Cristiani troppo facilmente sono disposti ad abusare delle parole di Dio. Alcuni ascoltano la parola di Dio, come fosse parola dell’uomo. Ricercano i pensieri peregrini, e l’armoniosità dello stile che blandisca l’orecchio. Altri l’ascoltano come parola di Dio, ma quello che ricevono, tutto distribuiscono: « Questo accenno è proprio per la tal persona… questo difetto è caratteristico per quell’altra… oh, se ci fosse il tale a sentir queste parole! quadrano per lui… E per sé non tengono nulla: mentre tutta la predica era per loro. Altri ascoltano con spirito di malignità: e vanno a cercare in ogni frase delle maligne o personali allusioni. Altri l’ascoltano con spirito di mondanità: e mentre il ministro di Dio parla, essi volgono gli occhi in giro per vedere ed essere veduti. Altri ancora sembrano ascoltarla: ma il loro pensiero va e va… dietro, forse, dietro ad invisibili dispacci portati dagli invisibili cavalieri del demonio. Altri infine l’ascoltano, ma con mala voglia, con sbadigli e pisolini. – b) Molti non ascoltano più la parola di Dio. « Non di solo pane vive l’uomo: ma di ogni parola che viene da Dio ». Dunque la parola di Dio è il nostro cibo sostanziale, e chi lo rifiuta si condanna a morire. Qualche pomeriggio di primavera, nella dolce stagione in cui pare che un palpito muovo di vita trascorra, fluttuando, nel mondo, vi accadde senza dubbio di vedere, seduto sulla soglia di casa, o per qualche viottolo solitario, qualche giovane malato di tisi. Vi cammina dolorosamente davanti: ha negli occhi dilatati l’ombra misteriosa della morte, ha le guance scarne, ha un tossire secco come colpetti all’uscio di uno che chiede d’entrare. Il medico scrolla la testa e dice: « Non vedrà le spighe mature. E il padre con un singhiozzo lacerante: «Ma perché, dottore?… ». « Non vedete? il cibo gli fa nausea: non mangia più ». E fa spavento pensare come ai nostri tempi, quest’etisia dell’anima fa stragi in mezzo agli uomini. Entrate in una chiesa, nei pomeriggi delle domeniche durante la spiegazione della dottrina: che solitudine! Pochi vecchi tremolanti e panche vuote. Ma perché? Se proprio volessimo indagare fino a fondo lo troveremmo il motivo: in alcuni un attacco vergognoso ai piaceri del senso, in altri l’insaziabile ingordigia dei beni terreni. Come possono costoro gustare una parola che è tutta austerità ed evangelica povertà? – Il re Artaserse si nutriva con cibi squisitissimi. Ma venuta la guerra, sconfitto, fuggiva ramingo ed affamato per le montagne. Vide una capanna: bussò ma per la sua fame trovò solo un ruvido pan d’orzo. Divorando però lo trovò gustosissimo e cominciò a lamentarsi con gli dei che fino a quel giorno gli avevano tenuto nascosto quel delizioso piacere. Così sarà di noi: quando avremo ascoltato con fede, con umiltà, con docilità la parola di Dio vi sentiremo tanta dolcezza e tanto sapore spirituale, da esclamare con meraviglia: « Come mai non mi ero accorto prima? ».
Offertorium
Orémus Ps CXVIII: 17, 107
Confitébor tibi, Dómine, in toto corde meo: retríbue servo tuo: vivam, et custódiam sermónes tuos: vivífica me secúndum verbum tuum, Dómine.
[Ti glorífico, o Signore, con tutto il mio cuore: concedi al tuo servo: che io viva e metta in pràtica la tua parola: dònami la vita secondo la tua parola.]
Secreta
Hæc múnera, quaesumus Dómine, ei víncula nostræ pravitátis absólvant, et tuæ nobis misericórdiæ dona concílient.
[Ti preghiamo, o Signore, perché questi doni ci líberino dalle catene della nostra perversità e ci otténgano i frutti della tua misericórdia.]
Communio
1 Cor XI: 24, 25
Hoc corpus, quod pro vobis tradétur: hic calix novi Testaménti est in meo sánguine, dicit Dóminus: hoc fácite, quotiescúmque súmitis, in meam commemoratiónem.
[Questo è il mio corpo, che sarà immolato per voi: questo càlice è il nuovo patto nel mio sangue, dice il Signore: tutte le volte che ne berrete, fàtelo in mia memoria.]
Postcommunio
Orémus.
Adésto nobis, Dómine, Deus noster: et, quos tuis mystériis recreásti, perpétuis defénde subsidiis.
[Assístici, o Signore Dio nostro: e difendi incessantemente col tuo aiuto coloro che hai ravvivato per mezzo dei tuoi misteri.]
PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)