J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;
LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ–
[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]
PARTE TERZA.
Sviluppo storico della divozione.
CAPITOLO QUINTO
SFORZI SPECIALI PER ORGANIZZARE E PER DIFFONDERE LA DEVOZIONE
II. – LA COMPAGNIA DI GESÙ. IL CARATTERE DELLA SUA OPEROSITÀ (1)
Alle origini della Compagnia di Gesù, non troviamo né la stessa divozione né le stesse intuizioni che abbiamo trovato in S. Francesco di Sales e alla Visitazione. Non abbiamo testimonianze storiche di qualche divozione speciale di sant’Ignazio, nel senso preciso della parola. La preghiera Anima Christi, che egli pose in principio degli Esercizi spirituali (Si sa che questa preghiera esisteva molto prima di sant’Ignazio. Sembra che fosse stata arricchita di un’indulgenza da Giovanni XXII, ed alcuni autori ne attribuiscono l’origine allo stesso Papa), non contiene l’invocazione: Cor Christi, inflamma me, come vi si trova qualche volta fin dal principio del XVII secolo, se non anche prima. Nel Nacional Homenaje, a pagina 100, si attribuisce a lui un’invocazione, nella quale si nominerebbero i sacri Cuori di Gesù e di Maria. Eccola: « Santa Maria, Madre dei nostri cuori, fate che il cuor nostro divenga simile al Vostro ed a quello del Vostro dolce Figlio, Gesù ». Ma il testo sul quale ci si appoggia non dice quello che gli si fa dire. – Le testimonianze che noi abbiamo, non sono d’ordine propriamente detto storico. Un gesuita, il P. Claudio Bernier (+ 1655), diceva d’aver saputo da nostro Signore che il divin Maestro aveva dato il suo cuore ad Ignazio, come altra volta a santa Caterina da Siena. Questo accadeva molto prima delle grandi manifestazioni del sacro Cuore a santa Margherita Maria. Molto dopo (ci sembra nel 1733) un gesuita spagnolo, il Padre Bernardo di Hoyos, ebbe una rivelazione molto più espressiva, ed ecco come la racconta: sentii il santo Fondatore alla mia destra, e San Francesco Saverio alla mia sinistra… e quando ebbi il caro Cuore mio cuore, mi parve che i due Santi gli tributassero i loro omaggi. Allora Gesù fece cenno al nostro santo Patriarca di parlarmi ed a me di ascoltar la dottrina che mi avrebbe insegnata. Il santo allora, con parole formate e con delle idee che trasmetteva a me senza parlare, dichiarò che la divina Provvidenza voleva concedere alla Compagnia la gloria di vedere i suoi figli propagare il culto del sacro Cuore di Gesù, di ottenere dalla Chiesa la festa desiderata, incaricandosi di farla accettare. Il santo stesso e… san Francesco di Sales, hanno ricevuto la missione di promuovere questa impresa, per mezzo delle loro due famiglie religiose, la Visitazione e la Compagnia ». Come vede, è questa una ripetizione della celebre visione di santa Margherita Maria. Storicamente ecco ciò che si constata. Lo spirito di sant’Ignazio è, secondo l’espressione di S. Maria Maddalena dei Pazzi, lo spirito di san Giovanni Evangelista, uno spirito d’amore. Questo spirito sì manifesta nella sua vita e nelle sue Costituzioni. egli Esercizi spirituali non vi è menzione esplicita del sacro Cuore, ma si può dire però che essi dirigono le anime a tale divozione; sia per il modo umano col quale vien loro presentato Gesù, che vuole dalle anime stesse amore e sacrificio; sia per lo studio attento ed amoroso di Gesù, nella sua vita e nella sua morte; per la forza che fa agire e stimola tutto l’amore appassionato dell’uomo per Gesù, in ricambio dell’amore di Gesù per lui. Le meditazioni più terribili, come quella del peccato e quella dell’inferno, finiscono con un colloquio d’amore e di riconoscenza, che potrebbe dirsi un grido del cuore al Cuor di Gesù. Ad ogni momento noi siamo vicini al Cuor di Gesù e come sotto la sua calda influenza; la preghiera Anima Christi non contiene, precisamente, è vero la parola Cuore, ma è piena della sua essenza; la domanda così spesso, così insistentemente ripetuta « di conoscere Gesù intimamente, per amarlo di più e per seguirlo meglio », è tutta nello spirito della divozione; la conformità amorosa di vita e l’unione del Cuore con Gesù, che sono l’anima degli Esercizi, preparano l’esercitante ad entrare in commercio intimo col sacro Cuore, appena che il sacro Cuore gli sarà svelato. – Abbiamo un’ammirabile invocazione di san Francesco Borgia alla piaga del costato; il Cuor di Gesù non vi è nominato, ma non vi manca proprio che la parola cuore. San Luigi Gonzaga è spesso citato come gran devoto del sacro Cuore; ma le due testimonianze che se ne danno, non hanno direttamente alcun valore storico. La pagina è quella di santa Maddalena dei Pazzi, la quale fu udita in una delle sue estasi, dire che Luigi, figlio d’Ignazio, scoccava continuamente dardi d’amore al Cuor del Verbo ». La santa però non diceva « del Verbo incarnato », come alcuni hanno qualche volta tradotto. L’altra testimonianza, ancora meno diretta, riguarda la guarigione miracolosa di Fr. Nicola Celestini, novizio della Compagnia di Gesù a Roma, avvenuta il 9 febbraio 1765, per mezzo di un’apparizione di S. Luigi Gonzaga: « Il Signore, gli disse il santo, da me pregato, ti manda la salute per lavorare ancora alla tua perfezione ed a propagare con tutte le tue forze, la divozione al sacro Cuore, divozione molto cara a tutti i felici abitatori del Paradiso ». E questo avvenne tre giorni dopo il breve di Clemente XIII che accordava, finalmente, l’ufficio e la festa del sacro Cuore. Per avere testimonianze esplicite della devozione al Cuore di Gesù fra i Gesuiti, bisogna adire primieramente a S. Pietro Canisio. Abbiamo visto più sopra (cap. III, par. 3) come il Canisio attinse divozione dal suo maestro Nicola Van Esch e nei suoi rapporti con la Certosa di Colonia; come Dio la sviluppò in lui, con grazie insigni; con quali esercizî la praticava e com’egli impegnava i suoi fratelli in religione a praticarla. Possiamo anche supporre di più; per esempio (e la supposizione è verosimile) possiamo supporre che Pietro Canisio abbia detto a sant’Ignazio, e forse anche ai suoi compagni che erano con lui, la grazia straordinaria ricevuta al momento della sua professione. Ma le supposizioni, per quanto fondate, non si possono dare per fatti storici. – Un altro compagno ed amico di sant’Ignazio, il P. Girolamo Nadal (Egli è riguardato fra i Gesuiti come Uno degli uomini che fecero di più per la Compagnia e specialmente per infonderle lo spirito di S. Ignazio in materia d’orazione e di spiritualità.) (1507-1580), che fu per qualche anno il braccio destro del fondatore, ci ha lasciato tracce della sua divozione al sacro Cuore. Nelle sue note spirituali, ov’egli parla di se stesso in terza persona, designandosi con la parola «qualcuno» (quidam), si legge: « Avendo avuto il presentimento che il Cristo avrebbe trasfuso il suo cuore in quello del suo servo (missurum Christum cor suum ad ejus cor), egli sì domandava con timore, Se questo pensiero non fosse un’illusione presuntuosa (arroganter per illustonem). Egli sentì allora che il Cristo gli concedeva di più ancora (o più di una cosa, plura); cioè che non solamente Egli gli aveva trasfuso il suo Cuore di carne, cioè il suo amore creato, ma altresì il suo Cuore increato ed infinito; e non poteva abbandonarsi interamente a questo pensiero (nec hæc poterat plene cogitare) senza sentire nel suo cuore una grande commozione (motionem) e non so qual forza, che lo faceva cadere come in deliquio (et vim quamdam, in cordis quasi defectionem cogentem) ». Un poco più innanzi si legge: « Elévati verso Dio con lo spirito e il pensiero (spiritu et mente); che il tuo cuore trovi la forza nel Cuore di Cristo, nel celeste soggiorno (consistat vis cordis tui in Corde Christi in cœlestibus); di là tu vedrai Dio nel cuore ed avrai una dolcissima conoscenza di Lui ». – Da ogni pagina di queste note spirituali spira la più grande unione del cuore con Gesù, un’intimità affettuosa con Lui, la dimenticanza di sé, per Lui e per i suoi interessi, un certo gusto dell’umiliazione e del sacrificio per Lui e con Lui, la vita in Lui e come dolce partecipazione al suo spirito; tutti caratteri e tratti che formano i veri devoti del sacro Cuore. – Se noi aggiungiamo a questi fatti quelli che rilevammo sopra, di sant’Alfonso Rodriguez, del P. Baldassare Alvarez, di san Luigi Gonzaga, del P. Nigri moribondo, con i testi di Fr. Decoster, di Salmeron, di Toleto, del Suarez, di Ribadeneira e, senza dubbio, altri ancora (aggiungendovi quello che stiamo per dire dell’immagine), noi avremo i principali esempî di divozione al sacro Cuore, segnalati fin qui, durante il secolo XVI, nella Compagnia di Gesù. Nel XVII secolo fatti e testi si moltiplicano con estrema abbondanza. I fatti mistici non hanno nulla di spiccato ma, i testi ascetici sulla divozione hanno un’estensione ed un’importanza tale da meritare la più seria attenzione dello storico. Per i fatti, il P. de Franciosi, con i tratti della divozione al sacro Cuore, ch’egli ha trovato nei Menologi, o storici della Compagnia di Gesù, ha raccolto anche gli esempi di favori straordinari accordati a Gesuiti devoti del divin Cuore. Ed io mi accontento di segnalarne alcuni. – Il P. Girolamo Dias (1575-1624) si compiaceva di chiudersi alternativamente in ciascuna delle piaghe di Gesù ed al cuore domandava « d’essere sempre leale con lui ». Il P. Giovanni Suffren (1565-1646) aveva fatto sua la pratica santa raccomandata da Luigi di Blois, e tutti i giorni dopo la Messa diceva: « Buon Gesù siate misericordioso per me, povero peccatore. Io rimetto nel vostro dolcissimo Cuore il santo sacrifizio che vi ho ora offerto con tanta tiepidezza e distrazione; degnatevi di correggerlo e di perfezionarlo!». Il P. Giovanni Rigoleuc (1595-1658) domandava continuamente a nostro Signore di cambiargli il cuore e di concedergliene uno nuovo, un cuore largo, libero e magnanimo. Non dice espressamente ch’egli domandasse il Cuore a Gesù, o un cuore simile a quello di Gesù; ma si capisce che doveva essere così; e lo prova anche la divozione speciale ch’egli aveva per i Santi ai quali il Signore aveva cambiato il cuore, trasformandolo nel suo. Il P. Antonio Padilla (1534-1612) diceva morendo a nostro Signore: « Che posso io temere, avendomi Voi detto che mi custodite nel vostro sacro Cuore? E, poichè è così, andiamo dove voi volete; non vi è nulla da temere! ». Il P. Girolamo Ansaldi (1598-1652) mentre celebrava la Messa, fu visto circondato da una nube luminosa nella quale sì vedeva nostro Signore mettere il suo Cuore in quello del suo servo. Come si vede, i fatti particolari non hanno nulla di molto notevole, né di saliente. Perciò soprattutto nella predicazione e negli scritti apparisce la parte notevole che la Compagnia di Gesù ha avuto nella storia della divozione al sacro Cuore, prima di santa Margherita Maria. È una parte tutta di apostolato e di propaganda e tale sarà anche il carattere della missione che nostro Signore affiderà più tardi a santa Margherita Maria. – Ma, avanti di parlare degli scritti, diciamo una parola delle immagini. E veramente non basterebbe per questo una parola; un lungo studio non sarebbe superfluo. Ne abbiamo un primo abbozzo in Desjardins, in Grimoiiard di Saint Laurent e soprattutto in Letierce. In attesa di un lavoro completo di cui sono già stati raccolti gli elementi, debbo qui accontentarmi d’una indicazione generale. Nulla dimostra meglio quanto la profusione delle immagini del Cuor di Gesù, la generalità del movimento che, fin dal XVI secolo, trasportava i Gesuiti verso la devozione al sacro Cuore. – Una tendenza molto diffusa, e che sembra proveniente da S. Pietro Canisio, volle riguardare il Cuor di Gesù, come facente parte col monogramma dello stemma dei Gesuiti. Così lo si trova con il monogramma dappertutto, sui loro libri, sui loro edifici, nelle loro Chiese e nei loro oratori. (Per scegliere solo un esempio, fra centinaia, ho sotto gli occhi la riproduzione di una bella incisione posta in testa di un libro del P. Girolamo Nadal, stampato ad Anversa nel 1593, e del quale un esemplare, fra gli altri, si trova alla biblioteca reale di Bruxelles. Il libro è intitolato: Evangelicæ historiæ imagines. L’incisione rappresenta nostro Signore che stende le mani e dice: Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis; et ego reficiam vos. Al di sopra nel pannello che serve di frontone al magnifico dossale, di cui le colonne inquadrano l’immagine di nostro Signore, due Angeli in ginocchio sorreggono un quadro ovale con raggiera; in mezzo al quadro il monogramma IHS, sormontato, cpme sempre dalla croce posta sulla stanghetta dell’H; al di sotto del monogramma un cuore con tre chiodi confitti nell’aorta e convergenti nel centro). Quasi sempre è ferito da una lancia e combinato in diversi modi con i tre chiodi, secondo l’usanza, divenuta comune nel XVI e nel XVII secolo, di rappresentare le cinque piaghe aggruppandole intorno alla piaga del cuore; qualche altra volta è solo, altra volta unito al cuor di Maria. In tale o tal altro caso particolare, non è sempre facile il decidere se è direttamente il Cuor di Gesù che vien rappresentato o se è il cuor del fedele. Spesso però è il Cuor di Gesù; e, anche quando è combinato con i chiodi, è certo il cuore che si vuol rappresentare, ben più delle piaghe. Ed a più forte ragione quando è isolato; si trova anche perfettamente libero, come Cuore amatissimo ed amabilissimo, senza nulla che richiami la piaga del costato. Per limitarci ad un caso, facciamo una visita alla chiesa dell’antico collegio dei Gesuiti, a Poitiers (oggì Liceo), che è del 1610 circa. Noi vi troviamo almeno quattro volte il Cuor di Gesù, Primieramente, nella prima cappella laterale, dalla parte del Vangelo: ai due lati dell’altare, due fregi architettonici simili; questi contengono in un quadro ovale con raggiera, jl monogramma IHS e, al di sotto, un cuore di forma convenzionale; le fiamme si sprigionano all’aorta; fiamme escono pure da ogni parte. Il cuore tien qui il posto dei chiodi nella riproduzione della sigla della Compagnia, ed è certamente il cuor di Gesù. Nel timpano interiore della porta grande d’entrata, su di un fregio architettonico adornato di palme e di foglie d’olivo, si vede la stessa immagine, monogramma e cuore; ma il cuore è senza le fiamme laterali. Sulla porticina del tabernacolo, in rame cesellato su tartaruga, un fregio rotondo il medesimo monogramma, sormontante un cuore senza fiamme, ma con tre chiodi confitti nell’aorta. Immagine analoghe si vedono negl’intarsi della sagrestia. – Fermiamoci alquanto di più sugli scritti. Gli asceti ed i mistici della Compagnia di Gesù, nel XVII secolo camminando nelle vie tracciate loro da S. Ignazio negli Esercizi spirituali, giungono naturalmente a scoprire il Cuor di Gesù, lo fanno conoscere ai fedeli con ogni mezzo, nella predicazione e nella devozione delle anime, con il libro e con le immagini. – Il P. Giacomo Alvarez de Paz (1560-1620) nel suo monumentale trattato De inquisitione pacis sive studio orationis, nella seconda parte del quarto libro, giunge alle « affezioni che servono al progresso nel bene ». Naturalmente egli incontra nostro Signore sulla sua strada e riporta tutto a doverci rivestire di Gesù, cioè a riformarci sul divino modello. – Il primo esercizio si occupa delle potenze dell’anima per riformarle sull’anima di Gesù; il secondo ha per oggetto le affezioni del nostro cuore, per ricomporlo a somiglianza di Gesù: « Voi vi eserciterete a riformare il vostro cuore, a togliere e mortificare tutto ciò che potrebbe impedire d’immedesimarvi in Lui e di attaccarvi vostro Creatore con lo spirito e col sentimento ». Il mezzo per giungere a questo sarà lo studio e l’imitazione del divin Cuore. Tutto il passo è bellissimo, ma troppo lungo per essere riportato qui per intero; perciò per darne un’idea ne riporto qualche brano. « Voi vi sforzerete di entrare nel Cuor di Gesù e di studiarlo, per formare il vostro cuore su questo divino modello. Questo Cuore santissimo è la via che ci conduce all’eterna dimora, che è la divinità del Cristo…; essendo Egli la porta per la quale entriamo nella contemplazione della divinità… Per poter dunque elevarvi fino alla contemplazione dell’amore della divinità, voi procurerete di penetrare, per mezzo di attenta considerazione, nel Cuore del divino Maestro, il più santo ed il più puro di tutti i cuori, cercando con le vostre aspirazioni nella preghiera e mediante i vostri sforzi nell’azione, di renderei il vostro cuore simile a quello di Gesù. Fissando gli occhi dell’anima vostra sul Cuore stesso di Lui, voi lo vedete tutto puro e in dodici diverse specie di purezze. 1. Puro di ogni amore ai beni temporali; 2. di ogni mancanza di retta intenzione; 3. di ogni mondana attrattiva; 4. di ogni desiderio di piacere agli uomini; 5. di ogni pensiero inutile; 6. di ogni cura superflua; 7. di ogni amarezza dannosa; 8. di ogni vana compiacenza; 9: di ogni vana consolazione; 10. di ogni scrupolo o timore ingiusto; 11. di ogni agitazione di impazienza; 12. di ogni macchia di propria volontà. Voi loderete il Signore per tanta purità del suo Cuore e la desidererete, la domanderete con aspirazioni infiammate, lavorando poi, con slancio ed energia, per raggiungerla, riformando così il vostro cuore ». E qui segue una bella preghiera, per ottenere di conoscere e d’imitare la perfezione del divin Cuore: « O Salvatore degli uomini, Cristo Gesù, la cui opera è la nostra redenzione la di cui conoscenza è il principio della nostra salvezza, la cui imitazione è tutta perfezione, apritemi, io ve ne prego, il vostro santissimo Cuore, porta di vita e sorgente d’acqua viva, affinché là io impari a conoscervi e là io beva le acque della vera virtù, che estinguono ogni sete di beni temporali. Voi avete detto: il cuor dell’uomo è tortuoso ed impenetrabile, chi potrà conoscerlo? Io, io solo, il Signore. Ed io dico: santo e puro è il vostro cuore, ma impenetrabile, e chi lo conoscerà? Voi, o Signore, ed in parte colui al quale vi degnerete rivelarlo. Aprite dunque i miei occhi, illuminateli, perché io veda la perfezione del vostro Cuore, perché io cerchi, imitando le vostre perfezioni, di rigettare le immortificazioni del mio, perché io respinga continuamente ciò che non è Voi, ciò che Voi non volete, quello che Voi non amate, e perché io ricerchi con cura Voi, Voi solo e quello che Voi volete ed amate, nella misura con la quale mi comandate o consigliate di amarlo! ». Vengono dopo dodici elevazioni sulle dodici specie di purezze del Cuor di Gesù. Abbastanza varie nei particolari e per le espressioni, nelle grandi linee hanno però molta simmetria fra loro, basandosi tutte sul piano segnato nell’avviso preliminare; lode cioè per la qualità che si considera e si ammira nel Cuor di Gesù; sospiri, rimpianti, aspirazioni, desideri, domande, risoluzioni di mettersi all’opera, attaccandosi a Gesù e cercando d’imitarlo in tal genere di purezza. Ecco la prima elevazione e con questa ci faremo un’idea delle altre. « Io Vi rendo gloria, autore di ogni santità, per la prima qualità di purezza del vostro cuore, che lo rese puro di ogni amore ai beni temporali. Voi non aveste attacco alcuno per quel che è temporale: ma, rigettando ogni superfluo, con grande semplicità di cuore, Voi avete preso solo quel che era necessario alla vostra umanità poveramente (parce), parcamente (anguste), appena l’indispensabile per sostenervi. Oh! s’io imparassi una volta a lasciare i beni temporali, a disprezzare le cose visibili, a non attaccare il cuore a ciò che passa! Oh! se, con cuore calmo, io mi rimettessi per questi beni al vostro beneplacito, e se, sia che me li concediate o me li neghiate, con essi o senza di essi, sapessi restarmene in pace e tranquillo! Concedetemi, ve ne prego, per il vostro santo distacco (nuditatem)… di esser distaccato (nuditatem… amem), e di spogliarmi da ogni cosa superflua e visibile, di rigettare tutto ciò che è lusso (curiosa) e che non è secondo il mio stato; e, quanto alle cose necessarie, indispensabili alla vita o conformi al mio stato, per evitare la singolarità, fate ch’io me ne serva senza attacco eccessivo di cuore, senza troppo assoggettarmi ad esse, sforzandomi anche di non sentirne disgusto, per rendermi più conforme al vostro distacco, per poter volare più velocemente verso il mio divino esemplare ». Le altre undici elevazioni proseguono senza interruzione. Infine vi è una preghiera quasi simile a quella del principio. « Ho raccolto questi dodici ruscelli di purezza da quella infinita purezza del vostro Cuore benedetto, e vi prego di accordarmi di domandarveli sempre, d’averne sempre sete e di operare costantemente, secondo la mia domanda ed i miei desideri. Fate che in questo senso io regoli la mia vita, sforzandomi di purificare il mio cuore da ogni attacco sregolato. Imprimete il vostro Cuore sul mio e rendetelo simile al vostro (istud tibi assimila); non permettete che, dovendo io, per il mio stato, esser vostro imitatore, abbia un cuore che non si curi d’imitarvi ». È superfluo notare, mi sembra, l’importanza ascetica di un tale esercizio, né la parte grande che occupa il Cuor di Gesù nel faticoso cammino della perfezione cristiana. Margherita Maria non procederà diversamente, e, d’altra parte, coloro che hanno famigliarità con gli Esercizi di S. Ignazio e con la sua spiritualità, vedranno facilmente l’affinità delle belle pagine di Alvarez de Paz con i principi ed i modi del fondatore della Compagnia di Gesù. Il libro, ove si trovava questo esercizio, fu stampato a Lione nel 1608 e, a brevi intervalli, se ne fecero nuove edizioni. Benché scritto in latino, si può argomentare che esso non fu senza influenza sullo sviluppo ascetico della divozione al Cuor di Gesù, o, se si vuole, sulla parte fatta a questa divozione nell’ascetica di quel tempo. Forse ne riscontreremo qualche traccia nel corso di questo studio. E non solamente in questo punto del suo lavoro il P. Alvarez de Paz rammenta il sacro Cuore: vi si trova altrove anche questa bella preghiera: « Io ve ne prego, per l’amore ardentissimo del vostro divin Cuore e per il vostro Cuore umano trapassato dalla lancia, per il suoi innumerevoli spasimi, imprimete il mio cuore sul vostro trafitto… ». Ed in fine alla preghiera troviamo: « Fortificate il mio cuore con queste sante virtù e riaffermatelo per il vostro santissimo Cuore squarciato ». – Il quinto esercizio di questa seconda parte ha per oggetto il desiderio e la domanda della virtù. Seguendo l’esempio di Van Esch, l’autore le riporta alle cinque piaghe di Gesù. La preghiera al divin Cuore è testualmente quella da noi riportata sopra. – Nel lavoro, celebre ormai, del P. Le Gaudier (1562-35) troviamo ancora varie volte nominato il sacro Cuore; questo lavoro si intitola: La perfezione della vita spirituale. In uno dei capitoli sulla Comunione, egli dice: « Il suo Cuore (e la sua volontà) riempiti del tesoro di meriti, formato di tanti atti… per la gloria di Dio… ardente come una fornace del più infiammato amore, perDio e per noi, sì applichi al nostro (ed alla nostra volontà), sia per consumare i nostri peccati, sia per dargli la misura della sua pienezza per amare Iddio ed il prossimo, respingendo l’amor proprio in guisa che il nostro cuore viva del suo, partecipando alle sue divine qualità, alle sue gioie e delizie, immedesimando la nostra volontà nella sua, per divenir così con lui ed in lui, un sol cuore ed un’anima sola, da poter dire: « Io vivo, ma non io, è Cristo che vive in me ». [1. Continua]