LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (7)
Sac. Dott. GIOVANNI NATTISTA CALVI
con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna, Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.
Ristampa della 4° edizione, Riveduta.
GLI ESERCIZI DI PIETÀ
LA PRESENZA DI DIO
PRELIMINARI.
Ecco una grande, dolce, confortevole verità: noi viviamo, ci moviamo ed esistiamo in Dio (Att., 17, 28). S. Tommaso d’Aquino, mentre per Ordine del papa Gregorio X, recavasi al IV Concilio di Lione, che si doveva aprire il 19 aprile 1247, fu colpito improvvisamente dalle febbri palustri, e dovette fermarsi ospite dei monaci cisterciensi nel loro convento di Fossanova ove morì il 7 marzo 1274- Come una lampada prima di spegnersi suole dare guizzi e fulgori più vividi e più intensi, così Tommaso dal letto ove mori ricambiò la carità di quei monaci esponendo loro brevemente il Cantico dei Cantici, e dando privatamente consigli a quelli, fra di loro, che ne lo pregavano. – Un giorno penetrò timidamente nella cella di Tommaso un monaco, il quale così disse: « Datemi, o padre santo, una regola sicura di condotta: ditemi una parola che sia la salvezza, la santificazione dell’anima mia ». San Tommaso, senz’esitare, così rispose: « Pensate, o fratello, spesso, alla presenza di Dio; quest’è il mezzo più efficace per vivere e morire bene ». – Però, prima di Tommaso, Dio stesso aveva dato questa stessa lezione, nelle pianure della Caldea, al suo fedele servo Abramo: Ambula coram me et esto perfectus: cammina; cioè, alla mia presenza e tu sarai perfetto.
Come DIO È PRESENTE A NOI?
Ma: come Dio è presente a noi? Come noi siamo presenti a Dio? È rima di dare una nostra risposta, crediamo ottima cosa riferire una bella pagina del P. Plus: « Fra le differenti maniere in cui Dio è presente nel mondo, ve n’è una, in modo particolare, che fornisce la sorgente per eccellenza dell’intimità (cioè: dell’unione con Dio). Noi vorremmo… spiegarla e metterla in piena luce, se fosse possibile: la presenza di Dio in noi per mezzo della grazia. » Dio, ci dice il Catechismo, è presente dappertutto. Questa presenza universale, questa onnipresenza, impressiona molto certe anime, ma in piccolo numero. Per la maggior parte, essere dappertutto, equivale a non essere in nessun punto, ed eccettuati alcuni santi, la massa non arriva a comprendere come mai possa generare l’intimità (la vita interiore) una presenza impersonale, difficile a concepirsi, la stessa per il peccatore e per il giusto, che risulta unicamente dal fatto della creazione. » Dio, inoltre, è presente d’una presenza tutta speciale, in cielo. Ma è così lontano il cielo! Occorre una grande potenza d’astrazione per crearsi una intimità che non distrugga questa distanza enorme e perpetuamente esistente. Ciò valga per S. Tommaso, di cui dicono i contemporanei che camminava cogli occhi sempre rivolti al cielo, assorto nella contemplazione divina. Valga per S. Ignazio di Loyola che Lainez paragona a Mosè, perché pareva che parlasse faccia a faccia con Dio, e amava pregare, come dice il Padre Noceet, sui punti più elevati della casa, in cui abitava, in modo così di trovarsi più vicino al cielo. – » Dio è presente nell’Eucarestia, e questa presenza, benché anch’essa molto misteriosa, è assai più palpabile. Vediamo e sentiamo qualcosa che la garantisce alla nostra povera natura sensibile. Ciò che vediamo e gustiamo, è semplice apparenza; la realtà sfugge alla nostra percezione, ma questo poco basta a sostenere la nostra fede che sotto queste apparenze adora la realtà divina. E poi, la presenza eucaristica, nella Comunione, dura poco; ed io non posso fare della mia vita una visita perpetua al Santissimo Sacramento.
» Oltre queste tre maniere di presenza di Dio, ne esiste un’altra, molto più feconda, dal punto di vista che trattiamo. « Dov’è Dio? — fu chiesto a un fanciullo. — Nel mio cuore. — Chi ve l’ha messo? — La grazia. — Chi potrebbe cacciarnelo? — Il peccato. Queste risposte di un fanciullo, mentre mostrano una grande conoscenza della vera vita cristiana, riassumono la dottrina che ci sembra produrre l’intimità al suo ultimo grado.
» Di tutte le nostre attitudini, la più singolare è quella di saper passare accanto al meraviglioso, senza punto curarcene. La bellezza morale della vita di una sacrificio di una suora, lo splendore della Chiesa, la grandezza del Sacerdote chi la vede? Ma anche noi, noi Cristiani, siamo maestri nell’arte di non curarci affatto delle splendide realtà che portiamo con noi.
» Domandate a un battezzato che definisca lo stato di grazia. Vi risponderà: — Lo stato di grazia consiste nel non avere peccati mortali sulla coscienza. — Insistete: — Unicamente in ciò, secondo voi? — Si; non è forse sufficiente…? — Nella vostra spiegazione vedo bene che possedere lo stato di grazia significa non avere qualche cosa. Ma non vorrebbe anche dire: Avere… — Avere che cosa?… — Ecco, state bene attento: Dio presente e vivente in noi.
» È il dogma della Chiesa, la definizione del Catechismo, né più né meno ».
Fin qui il P. Plus.
DOTTRINA POCO NOTA.
Come si vede facilmente, questa dottrina è per noi consolantissima. Tuttavia, benché sia condizione fondamentale della nostra santa Religione, benché fonte della vera vita d’unione con Dio e germe di sicuro sviluppo e delle più grandi consolazioni è praticamente, quasi sconosciuta o, almeno, non produce tutti quei frutti che se ne potrebbero attendere. — Perché? Per molte cause. Una di esse è… la paura di parlarne per una specie di rispetto umano, quasi si trattasse di una dottrina e d’una pratica molto difficile e riserbata a poche anime. Il non parlarne produce l’inevitabile ignoranza. — Il Card. Mercier, nel 1914, pochi mesi prima della grande guerra, predicando gli esercizi spirituali ai sacerdoti della sua diocesi, così diceva: «È una verità che Dio vive in noi… Molti battezzati ignorano quel mistero profondo e, per tutta la loro vita ne rimangono come estranei… I Sacerdoti, cioè a dire quelli stessi ch’ebbero la missione divina di predicarlo al mondo, se ne lasciano distrarre, non vi pensano punto, e quando lo si richiama alla loro memoria, se ne meravigliano… Convenite, dunque, nel credere che Dio non vi abbandona finché, per il peccato mortale, voi non lo costringiate a fuggire. Fate atti di fede volontari, espliciti, frequenti a questa presenza reale e stabile di Dio dentro di noi stessi. Non ricercate Dio al di fuori, ma dentro voi stessi ov’Egli abita per voi, dove vi chiama, vi aspetta e soffre delle vostre dissipazioni e dimenticanze ». Tutti dobbiamo saperlo, ricordarlo a noi stessi, vivificarne il ricordo agli altri: noi siamo il Tempio di Dio vivente e portiamo Dio nel nostro cuore: per questo dobbiamo camminare alla sua presenza, vivere una vita degna dell’ospite che ci accompagna ovunque e, dovunque, ci vede.
MEZZI PER VIVERE ALLA PRESENZA DI DIO. – IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE.
Sono diversi:
1) Molte anime ricche d’immaginazione e facilmente impressionabili, giungono presto a isolarsi nell’intimità con Dio, pensando e contemplando il mistero della divina incarnazione. La santa umanità di Gesù Cristo le attrae, le eleva, le assorbe. Ora esse si trovano co’ pastori a Betlemme ed ora coi Re Magi, ora seguono Gesù sul Calvario ed ora sul Tabor; ripassano, cioè, la vita di Gesù nel loro spirito e cercano di fare tutto con Lui, per Lui, in Lui, e, per quanto è dato loro, come Lui. Di questo bellissimo metodo ci è maestro San Francesco d’Assisi. « L’Incarnazione, narra il suo biografo, pareva a lui, come a S. Paolo, il gran mistero di pietà in cui debbono incontrarsi Dio e l’uomo. Non l’aveva, forse, iniziato alla vita il Crocifisso colla sua parola e col suo esempio? Egli conosceva a fondo il Vangelo. La sua immaginazione delicata scopriva negli atti del Salvatore una folla di particolari che sfuggono a quelli che hanno una tenerezza meno sveglia. Tutta la vita di Gesù s’era disegnata e animata a poco a poco sotto il suo sguardo. Egli aveva compreso che Nostro Signore, prendendo la nostra natura e vivendo della nostra vita, ci eccitò con ciò stesso a camminare sui suoi passi e a imitare i suoi esempi. L’imitazione del Salvatore spinta il più lontano che sia possibile, gli era apparsa la legge della vita ».
LA SANTA GRAZIA.
2) Le anime austere, forti, molto portate alla riflessione pensano alla presenza di Dio in noi per mezzo della sua santa grazia. Di questo abbiamo già detto precedentemente. Ci limiteremo riferire qui quanto riguarda questa presenza; dice l’Imitazione di Cristo:
« Chi mi darà, o Signore, di trovarvi solo e di aprirvi tutto il mio cuore e di godere di Voi come desidera la mia anima? Ciò che io chiedo, ciò che bramo, è di essere unito a Voi interamente; e che io sia in Voi e Voi in me, e che questa unione inalterabile, Voi siete il mio diletto scelto fra mille, nel quale la mia anima trova le sue compiacenze e nel quale vuole dimorare per sempre… Allora Dio mi dirà: se tu vuoi essere con me, Io voglio essere con te. E io gli risponderò: degnatevi o Signore, di abitare con me: io bramo ardentemente di stare con voi, tutto il mio desiderio è che il mio cuore sia unito a voi” (De Imit. Chr., IV, XIII).
DIO CREATORE E CONSERVATORE.
3) Accanto a questi due primi mezzi, o metodi, che non sono facilmente raggiungibili da tutte le anime, ve n’è un terzo, ed è quello che ci fa pensare a Dio nostro Creatore e conservatore. Quale e quanta fu la bontà del Cuore divino nel pensare a me quando mi creò dal nulla! Quale e quanto grande è la bontà misericordiosa di Gesù nel conservarmi in vita, cioè nel ripetere in ogni istante come una nuova creazione del mio povero e miserabile essere!
« OMNIS MUNDI CREATURA… ».
4) Un quarto mezzo ci è dato dallo splendore delle cose create che ci parlano del Creatore. Come dice elegantemente San Paolo, le cose visibili sono fatte per trasportare al loro Autore invisibile. Non possiamo qui non ricordare quanto, anche in questo, fosse saggia maestra la buona mamma di don Bosco. È don Bosco stesso che narra: «In una bella notte stellata, uscendo all’aperto, mostrava il cielo e diceva: “È Dio che ha creato il mondo e ha messo lassù tante stelle. Se è così bello il firmamento, che cosa sarà del Paradiso?” – » Al sopravvenire della bella stagione innanzi ad una vaga campagna, ad un prato tempestato di fiori, al sorgere di un’aurora serena o allo spettacolo di un roseo tramonto, esclamava: Quante belle cose ha fatto il Signore per noi!”. – » Se si addensava un temporale e al rimbombo del tuono i fanciulli si aggruppavano intorno a lei: Quanto è potente il Signore, ripeteva, e chi potrà resistere a Lui? Adunque, non facciamo peccati!”. – » Quando una grandine rovinosa portava via i raccolti, recandosi coi figli a osservare il guasto: “Il Signore ce li aveva dati, osservava, il Signore ce li ha tolti. Egli ne è il Padrone. Tutto pel meglio, ma sappiate che pei cattivi sono castighi e con Dio non si burla!” – » Quando i raccolti riuscivano bene ed erano abbondanti: “Ringraziamo il Signore, ripeteva. Quanto è stato buono con noi, dandoci il nostro pane quotidiano”. Nell’inverno, quando erano tutti assisi innanzi ad un bel fuoco, e fuori era ghiaccio, vento e neve, non mancava di far riflettere alla famiglia: “Quanta gratitudine non dobbiamo al Signore, che ci provvede di tutto il necessario; Dio è veramente padre: Padre nostro che sei nei cieli!” ». – Questo modo speciale di sentire la natura e di vedere, in essa, Dio, non può essere disgiunto, è appena necessario il dirlo, dalla pratica della vita cristiana. – Mamma Margherita così parlava perché aveva il vero senso cristiano della vita. Questo stesso modo di sentire debbono avere i genitori nell’educazione santa dei loro figli. I frutti non potranno tardare. Non c’è colore di mare o di cielo, non profumo di fiore o di terra, non saporosità di frutto che possa sfuggire all’occhio e al cuore del fanciullo. Alla sua fantasia il giglio dei campi raggia come un calice, la spiga appare, nello steccato dell’arista, come una fortezza, e l’uva esulta nella molteplice corona delle sue foglie tripartite come una regina splendente di oro e di porpora. E l’acqua, a volta a volta, si tramuta: giallo oro tra le arene, spumeggiante tra gli scogli, verdastra tra i boschi, colorita tra i fiori, luminosa tra i gigli, rutilante tra le rose, scorrevole tra le erbe, torbida nella palude, nitida nella fonte, oscura nel mare. Ma orecchio e spirito ancora più intento il fanciullo ha per il canto: canto di usignolo nella notte, canto di gallo si primi albori, canto di eremita in isola deserta a gara con le onde, canto di popolo in chiesa… Oh! aveva ragione S. Ambrogio di esclamare: Omnis mundi creatura quasi liber et pictura! Libro e pittura di… Dio!
MEZZI CONVENZIONALI.
5) Giova pure moltissimo ad attivare la presenza di Dio in noi, il far uso dei mezzi convenzionali; ricordando, cioè, per esempio, la presenza di Dio al suono delle ore, od ogni volta che squillano i sacri bronzi, quando si fissa lo sguardo sul Crocifisso e… in mille altri modi che l’amore sa suggerire. In questi casi è buona cosa il recitare una pia giaculatoria, l’esprimere un atto di amore o di dolore, di detestazione del peccato, uno slancio dell’anima verso il Cuore divino di Gesù oltraggiato. « Questi slanci interni, dice San Francesco di Sales, non impacciano affatto, ma facilitano l’esecuzione di ciò che facciamo. Il viandante che prende un sorso di vino generoso per confortare il cuore e rinfrescare la bocca, benché si fermi un istante, non interrompe per questo il suo cammino, ma prende forza per compierlo più speditamente e più comodamente, non fermandosi se non per meglio camminare ».
LA LITURGIA E LA PREGHIERA.
6) Altro mezzo efficacissimo, è la conoscenza della liturgia e del suo spirito. Per essa tutto è indirizzato a Dio, tutto ci parla di Dio, delle sue perfezioni, de’ suoi benefici, del suo amore infinito, della sua tenerezza paterna, e in tutto troviamo la porta che ci conduce a Dio. « La liturgia, dice lo Chautard nel suo magnifico libro “L’anima dell’Apostolato”, è una scuola della presenza di Dio ». – Ancora. Dio è vicinissimo a quelli che lo pregano; anzi, se due o tre si raccolgono per pregare Egli ha promesso che si troverà subito in mezzo a loro. La Sacra Scrittura c’insegna che gli occhi di Dio sono rivolti a quei che lo temono e le sue orecchie sono sempre tese ad ascoltare le loro preghiere.
VANTAGGI PER L’ANIMA CHE VIVE ALLA PRESENZA DI DIO. – STIMA DELL’AMORE DIVINO.
1) Il primo, inestimabile, immensurabile vantaggio è la stima dell’amore divino, è l’aumento dell’amore, è la conoscenza e l’acquisto dell’amicizia con Dio. « Conforto di questa vita, dice S. Ambrogio (De off., I, 3), è che tu abbia l’amico a cui aprire il tuo cuore, a cui comunicare i tuoi segreti, che nelle prospere cose si rallegri teco e nelle tristi ti consoli ». Ma quale migliore Amico di Gesù. nel Santo Tabernacolo e ospite nella nostra anima? Il suo Cuore dolcissimo e nel tabernacolo e in noi « partecipa in grado eminente e senza alcuna imperfezione, nella sensibilità dell’umana natura. Anch’Egli prova un bisogno intenso d’amicizia: Iste Sponsus non modo amans, sed amor est » (Manete in dilectione mea – pag. 42).
2) Altro vantaggio della presenza di Dio è il distacco dal nostro «io» e dalle cose create. Questo vantaggio scaturisce limpidamente dal primo, dall’amicizia con Dio; cioè, più praticamente: il pensiero della presenza di Dio allontana dal male e rafforza nel bene.
Proprio per questo il santo don Bosco, ha disseminato sulle pareti delle sale di studio e di scuola cartelli con le parole: Ricorda che Dio ti vede, o: Dio mi vede, o: Dio ti vede. E non solo sulle pareti delle sale, ma su le stesse pareti della Casa e sugli archi dei corridoi perché il pensiero della presenza di Dio divenisse famigliare, e, quindi, santamente educativo e preservativo. Com’è umano che la presenza d’una persona costituita in dignità e in autorità imponga, ed ottenga, il rispetto, così, e tanto più, impone ed ottiene l’osservanza della legge di Dio, l’astensione dal peccato, l’aumento dell’amore di Dio, il pensiero della sua presenza. È nota l’esortazione di Seneca ai suoi discepoli; procurassero cioè: «di vivere sempre come se fossero sotto gli occhi di un personaggio potente e virtuoso ». E così diciamo delle parole di Virgilio a Dante: … se tu avessi cento larve / sopra la faccia, non mi sarien chiuse / le tue cogitazion quantunque parve (Purg., XV, 127-9).
DIO VEDE TUTTO.
Ma lo sguardo di Dio è assai più fine, più perspicace, più penetrante: Dio vede tutto. Egli vede gli affetti del cuore, co’ suoi movimenti e mutamenti; le pieghe del nostro spirito, la varietà e l’agilità del nostro pensiero; le inclinazioni della volontà e quelle della natura… Nulla gli sfugge e, perciò, tutto gli è sottomesso. – Se è così, come oseremo noi operare, parlare, pensare, giudicare, condannare, assolvere, quasi che Dio non ci vedesse? Dobbiamo, adunque, vivere con sentimenti conformi alla santità della sua presenza. – L’eremita Pafnuzio a chi lo tentava di peccato: « Volete che faccia il male? — disse — conducetemi in un luogo dove Dio non mi veda ». Dichiarazione precisa e ricca del più alto significato. Noi siamo più immersi nella presenza di Dio di quanto sia inzuppata d’acqua una spugna che giace nelle profondità marine. Occorre, quindi, vigilare su di noi stessi, giorno e notte, per non offendere Dio, mai, in nessuna maniera, poiché Egli è un padre affettuoso dal quale tutto abbiamo ricevuto e riceviamo: « Si dà quasi la definizione del vero Cristiano, disse il Card. Newman, quando lo si dice un uomo assorbito dal sentimento della presenza di Dio in lui…, un uomo che vive in questo pensiero: Dio è qui, nel centro del mio cuore: un uomo la cui coscienza è illuminata da Dio così che egli vive nell’impressione abituale che tutte le sue pene, tutte le fibre della sua vita morale, tutti i suoi motivi, tutti i suoi desideri, tutti i suoi sentimenti sono noti a Dio, più che non a se stesso ». – E se Dio è con noi, chi può essere contro di Dio? Fede, fiducia, confidenza, amore, abbandono nella santa presenza di Dio. Ecco la strada regia.