LE VIRTÙ CRISTIANE (17)

LE VIRTÙ CRISTIANE (17)

S. E. ALFONSO CAPECELATRO – Card. Arcivescovo di Capua

Tipografia liturgica di S. Giovanni – Desclée e Lefebre e. C., Roma – Tournay MDCCCXCVIII

PARTE IIIa

CAPO VI.

LA QUINTA BEATITUDINE.

La virtù della misericordia

La misericordia che è uno dei più soavi attributi di Dio, procede in Lui, a nostro modo d’intendere, da infinita bontà e da infinito amore, o piuttosto è la stessa bontà, e lo stesso amore infinito, in quanto si volgono ai miseri. Da ciò segue che la bontà e l’amore di Dio rifulgano particolarmente nella creazione; intanto che la misericordia, frutto dell’una e dell’altro, riluce soprattutto nella redenzione, che illumina i ciechi, rialza i caduti, libera gli schiavi, consola tutt’i miserabili, e restituisce un regno di eterno godimento ai figliuoli del pianto e del dolore. Così si comprende perché la misericordia di Dio sia celebrata ad ogni tratto nella Bibbia, e Iddio stesso prenda diletto di essere chiamato Padre delle misericordie; così è chiaro perché San Tommaso insegni, che il Signore provi una cotal gioja nell’usare misericordia alla famiglia dei suoi figliuoli. (Deus voluptuose familia suæ miserebitur. – Sum. I, 21, 43; III, 112, 34).. – Che dire poi della misericordia infinita e dolcissima, usataci da Gesù, durante la sua vita terrena? Misericordiosissimo fu il nostro Gesù verso di Matteo gabelliere, della Maddalena famosa peccatrice, di Zaccheo pubblicano, dell’adultera, del buon ladro, di Pietro che lo negò, di Paolo persecutore e di tutti i peccatori. Miracolo di misericordia Gesù nel redimere il genere umano con la morte di Croce, Egli effigiò dolcissimamente questa virtù della misericordia nelle parabole del re, che rilascia diecimila talenti al debitore, del Samaritano, del buon pastore e del figliuol prodigo. Infine in uno dei suoi più commoventi miracoli, avvenuto allorché risuscitò il figliuolo unico d’una vedova, il quale era portato al sepolcro; l’Evangelista nota che lo fece per misericordia inverso la madre, alla quale, accostatosi, amorevolmente disse : “Non piangere,” (Luc. V, 13)  tosto le restituì vivo il figliuolo. Quanta pietà, quanta compassione, quanta misericordia in questo fatto! Ora il medesimo Gesù, dopo che sul monte delle beatitudini, ci ebbe parlato della giustizia, uscì a discorrere della misericordia, che tempera e raddolcisce la virtù particolare della giustizia, e prende un nobilissimo posto in quell’insieme di virtù, che pur chiamiamo giustizia. Gesù dunque disse così: Beati i misericordiosi, perciocché essi conseguiranno misericordia. – La misericordia cristiana è un affetto santo, che si desta nel cuor dell’uomo alla vista delle altrui miserie, e lo muove a sentirne pietà e a soccorrerle. Da questa definizione si vede che la misericordia nostra non solo rassomiglia alla divina misericordia e la specchia, ma mette capo in essa, come il tralcio nella vite. Noi siamo misericordiosi verso i nostri fratelli, perché Iddio è stato ed è infinitamente misericordioso verso di noi, e anche perché nei nostri fratelli la miseria, il dolore, l’infortunio, non che cancellino o adombrino la divina immagine, piuttosto la perfezionano, e ce la rendono più cara. Infatti, i miserabili e i pazienti non somigliano forse a Cristo, molto più che i ricchi e i gaudenti? E poiché qui avanti mi accadde di dire che, a nostro modo d’intendere, la misericordia in Dio è frutto di bontà e di amore: è giusto considerare, che, anche in noi, la misericordia deriva da bontà e da amore. Perché Iddio ci ha fatto naturalmente buoni e propensi ad amare; noi ci sentiamo spontaneamente inchinati alla misericordia verso i miserabili. Però accade che anche il miscredente o il paganeggiante, seguendo la naturale propensione, usi talvolta misericordia al suo prossimo. Quando poi la naturale bontà e la naturale capacità d’amore sono eccitate e nobilitate dalla grazia, allora queste due naturali capacità non solo fruttificano largamente, ma si centuplicano, si nobilitano e si perfezionano. La storia del Cristianesimo, messa a confronto della storia pagana, ci mostra evidentemente come la misericordia dei tempi antichi non fosse neanche il millesimo di questa dei tempi cristiani. Quella era come un piccolo ruscelletto, che trovava intoppi continui nelle umane passioni vigoreggianti: questa è come un ricco e limpido fiume, che vince gli ostacoli, e corre a rallegrare tutte le genti. Non per ciò dico che di misericordia ce ne sia oggidì tanto che basti. Mai no. Quella che c’è, non basta; riesce anzi assai scarsa al bisogno; perché il Cristianesimo non è diffuso quanto è desiderabile, né è compreso e praticato come e quanto si dovrebbe. Grande è il bisogno che il genere umano ha di questa virtù della misericordia; tanto grande, quanto è grande il numero delle umane miserie. Che mesta parola è mai questa, umana miseria, la quale talvolta ci oscura l’animo anche nei momenti più belli e soavi della vita! E intanto di coteste umane miserie, chi potrebbe mai dirmi quante ve ne siano nel mondo, in un sol giorno o anche in una sola ora della vita? Chi ha mai ingegno o capacità bastante a numerarle? Quante mai ve ne ha tra i barbari e i semibarbari! Quante anche nel mondo civile! Mi piange il cuore al pensarvi; e se il pensiero vi si ferma un po’ a lungo, un’ombra di tristezza vela il mio animo, e o mi raccolgo taciturno in me stesso o, adorando i divini misteri, prego. I maestri in divinità indicano sei differenti gradi di misericordia, i quali sono, come sei diversi scalini, per i quali l’uomo ascende verso il monte della perfezione. E beato veramente chi li ascende tutti, e ha tanto di forza da arrivare all’ultimo, che è proprio solo dei perfetti, e che solo dai perfetti è compreso e desiderato. Il primo grado della cristiana misericordia è compatire ai miserabili, i quali talvolta anche dal solo compatimento purché sia sincero e cordiale, traggono un qualche bene; e chi anche solo compatisce, in ciò imita Cristo, del quale insegna S. Paolo che, sebbene grandissimo e vero Dio, pure, in quanto uomo, compatisce alle nostre infermità. (HEBR. IV, 14). – Poi si sale un po’ più in alto: ed ecco che il Cristiano misericordioso viene largamente in ajuto, per quanto è in suo potere, a tutte le miserie corporali, che pur son molte e, talvolta, egualmente gravi o più gravi delle spirituali. Da qui facilmente sorge un vivo desiderio di portare rimedio anche alle miserie dello spirito, di lor natura peggiori di quelle del corpo, e assai più degne di compassione; perciocché lo spirito è molto più nobile del corpo, e le miserie tanto più sono gravi, quanto è più alta la natura del paziente. Però il Cristiano misericordioso soccorre, secondo il poter suo, alle anime ignoranti con l’istruzione dei veri religiosi e morali, alle anime afflitte con le consolazioni della pietà e della carità, alle anime peccatrici, sforzandosi di ritrarle dal loto delle colpe loro. Il misericordioso secondo Gesù Cristo non si appaga ancora. Ascende più in alto, e sale un altro scalino nella scala della misericordia. Imitando Gesù Cristo, va Egli stesso in cerca della miseria corporale e spirituale per compatirle e soccorrerle; e fa bene, perciocché molte e gravissime miserie del corpo e dello spirito sono occulte, e non si conoscerebbero mai, se la cristiana misericordia non s’ingegnasse di scovarle dove sono celate, e di sanarle col suo balsamo. Né basta. Evvi ancora una perfezione maggiore di misericordia, e si ha, quando taluno sottrae a sé ciò che gli è comodo, utile o necessario, per soccorrere gli altri. Infine l’ultimo scalino in questa via fiorita della misericordia è il dare tutte le cose proprie e anche tutto se stesso per venire in ajuto del prossimo. Così fece, tra gli altri, il grande san Paolino da Nola; il quale, da ricchissimo che era, volle, per amore dei poveri, diventar povero lui. Onde egli e la sua diletta moglie Terasia ebbero grazia da Dio di desiderare di vivere l’uno accanto dell’altro castissimamente; monaco Paolino, monaca Terasia. Così vissero molti anni come fratello e sorella, uniti soltanto nella pietà, nella virtù e in una carità, che celestialmente si confondeva in essi con l’amore di sposi. – Di queste varie parti della misericordia cristiana non tutte appartengono all’essenza della virtù stessa. Alcune, e massimamente l’ultima, sono proprie soltanto dei Santi e dei perfetti. Nondimeno tutt’i Cristiani è bene che le conoscano, le stimino, secondo il dovere, e si sforzino almeno di desiderarle. Certo, sono tutte lucenti e bellissime, e tutte si trovano in piena armonia con i sentimenti più nobili, più gentili e più delicati del cuore umano, Se il cuore umano, tra i figliuoli della Città del mondo, a poco a poco questi sentimenti li ha smarriti o quasi, gli è perché le stesse cupidità, che, come spine, lo pungono, e lo eccitano ai piaceri, attutiscono nell’uomo quanto vi ha di più nobile e generoso. In qualche caso anzi le passioni non solo spengono nell’animo ogni luce di misericordia, ma lo rendono ferino; sicché le storie ci narrano di uomini, che, diventati più crudeli delle belve, han preso diletto delle miserie altrui. Chi il crederebbe? Gli uomini, che pur son tutti figliuoli d’un Padre infinitamente misericordiosissimo, son giunti sino a banchettare, a gavazzare a danzare oscenamente tra gli orrori delle stragi e delle morti barbaramente inflitte a creature innocenti! Ma questi cotali uomini pajon mostri piuttosto che uomini; mostri, i quali ci possono insegnare quanto sia terribilmente infocata la fiamma delle passioni, allorché non s’abbia cura di spegnerla a tempo. – L’Apostolo san Paolo, in tutta la sua vita e nelle sue lettere, ci dà esempj stupendi della cristiana misericordia. Ma nella seconda sua lettera ai Corinti si trova una misericordia così nobile, affettuosa, tenera e gentile, che mi par bene di ricordarla a chi legge. San Paolo dunque, non pago di usar misericordia a tutti, afferma che, se qualcuno soffre, ed egli per compassione e misericordia del dolore altrui, soffre egualmente: se alcuno è infermo, la malattia dell’altro quasi par che gli si infiltri e penetri nel sangue suo: se alcuno inciampa o è in pericolo di cadere in peccato, egli si sente ardere di zelo; o per sollevarlo caduto, o per sorreggerlo pericolante o per togliere di mezzo lo scandalo. (Quis infirmatur, et ego non infirmor, quis scandalizatur, et ego non uror?) (2 ad Corinz. XI, 29). – Ma, ritorniamo alle parole, con cui il divino Maestro ci annunzia la beatitudine dei misericordiosi, per chiarirne l’ultima parte. Egli disse: Beati i misericordiosi, perciocché conseguiranno misericordia. Qual è mai la misericordia che essi conseguiranno? È la vita eterna. Quel medesimo premio, che Gesù aveva promesso prima ai poveri di spirito, ai mansueti, agli afflitti, agli affamati di giustizia, ora lo promette ai misericordiosi, e lo chiama non più regno o terra o consolazione o satollamento; ma misericordia, e con ottima ragione. – Il premio eterno della visione beatifica di Dio è detto nelle Scritture, a volte giustizia, a volte misericordia. In verità esso è l’uno e l’altra cosa, secondo che si consideri in uno o in un altro aspetto. San Paolo, per darci animo ad operare il bene, insegna che il premio di esso ci è dovuto, ed è giustizia. “A me è riserbata una corona di giustizia, che mi darà il Signore giusto giudice”. Ed è giustizia; perché, avendo Iddio promesso il premio a chi crede in Lui e lo ama; il tenere la promessa è in Dio vera e propria giustizia. Nonpertanto, quasi sempre, questo medesimo premio è detto nella Bibbia e presso i Padri misericordia. Anzi il regno eterno del Paradiso non è solo una misericordia di Dio verso degli uomini, ma è come un tesoro di molte misericordie. sue verso di noi. Fu misericordia il redimerci, misericordia il farci nascere nel seno della Chiesa, misericordia il farci bere le prime aure della grazia celeste, misericordia il darci tutte le altre grazie abituali e attuali, misericordia il perdonarci tante e tante volte dopo le nostre colpe, misericordia il farci perseverare nel bene sino alla morte. Qual cosa abbiamo noi che non ci sia stata data da Dio o per bontà o piuttosto per misericordia sua? – Il frutto dunque dolcissimo ed eterno di tutte queste misericordie non può essere che un’infinita ed inenarrabile e dolcissima misericordia, che ci rallegrerà in eterno. Perciò giustamente nei Salmi è detto che il beato in cielo canterà in eterno le misericordie del Signore. – Da ultimo in questa beatitudine, meglio forse che in tutte le altre, possiamo affermare che un saggio del premio eterno lo sentiamo pure durante la vita terrena. Invero anche nella vita presente le misericordie divine e le umane si diffondono assai largamente sui misericordiosi. Vive forse un solo uomo al mondo che non abbia bisogno della misericordia divina, di quella misericordia, dico, che perdona, soccorre la povertà, lenisce i dolori e consola l’anima? E della misericordia umana non sentiamo noi parimente bisogno? O dobbiamo assolutamente negare la terribile e angosciosa realtà del dolore, o ci è forza di ammettere che sentiamo tutti un grandissimo bisogno della misericordia altrui. Forse che vanno esenti da questo bisogno o i ricchi o i potenti o gli scienziati o i giovani o i forti o gli ingegnosi? Certo no; perciocché non uno di questi è scevro sempre dalle miserie dell’ anima e del corpo: e dovunque è miseria, ivi è bisogno di misericordia, a quel modo che dovunque evvi terreno arido e bruciato, ivi è necessità di pioggia benefica. Or l’una e l’altra misericordia, cioè la divina e l’umana, il Signore ce le promette, a condizione che siamo misericordiosi anche noi verso del prossimo. Ed è giusto; perché Iddio e gli uomini non hanno alcuna ragione di aver misericordia di coloro che chiusero il cuore ai sentimenti di misericordia verso i proprj fratelli. D’altra parte è altresì giusto che il Signore versi particolarmente i tesori delle sue misericordie sopra coloro che sono misericordiosi, e che gli uomini facciano il medesimo. – Se alcuno di quei che leggono in questo libro, ora non sente bisogno della misericordia (non dico di Dio, perché ciò è impossibile) ma di quella del prossimo, non lasci di usare misericordia agli infelici suoi fratelli. Anzi se volesse ascoltare un mio consiglio, questo è proprio il tempo di raddoppiarla. Verrà anche per lui l’ora in cui avrà bisogno della misericordia altrui; verrà anche per lui l’ora oscura del dolore. Se non fosse altro, è mai possibile che non venga per lui l’ora terribilmente paurosa e difficile della morte? E allora, se egli sarà stato largo in misericordia verso i suoi fratelli, facilmente gli occorreranno alla memoria le parole onde Gesù, come è detto nei Vangeli, giudicherà le anime uscenti dai proprj corpi: “Ebbi fame, e mi deste mangiare, ebbi sete e mi deste bere, fui pellegrino e mi ricettaste, ignudo e mi rivestiste, infermo e mi visitaste, carcerato e veniste a me… Ogni volta che avete fatto (ciò) o qualche cosa di bene per uno dei più piccoli miei fratelli, l’avete fatto a me.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.