LE VIRTÙ CRISTIANE (12)

LE VIRTÙ CRISTIANE (12)

S. E. ALFONSO CAPECELATRO, Card. Arcivescovo di Capua

Tipografia liturgica di S. Giovanni – Desclée e Lefebre e. C. Roma – Tournay

MDCCCXCVIII

PARTE IIIa

CAPO I.

UN’OCCHIATA COMPRENSIVA ALLE OTTO BEATITUDINI.

Poiché il mio discorso, partendo dalla virtù della fede, di grado in grado è arrivato sino all’ ultima delle virtù cardinali,io mi trovo nelle condizioni d’un viandante che ha già percorso gran parte del cammino prefisso, e, per un verso se ne rallegra, ma per un altro teme ancora di non arrivare, o d’incontrare intoppi gravi per via. Intanto ci sarebbe tuttora da scriver molto: se il mio intendimento fosse d’intrattenermi minuziosamente in ciascuna delle virtù, che fioriscono nel bel giardino della Chiesa, per effetto della fede e della carità del Signore. Le virtù cristiane sono, di certo, assai numerose; ma parecchie di esse, nascendo da altre principali, rassomigliano, come figliuole, siffattamente alle madri loro, che appena un occhio acuto e riflessivo può discernere i tratti, onde si distinguono dalle prime. Se dunque io avessi in animo di tener parola di ciascuna delle virtù cattoliche, m’accadrebbe, io temo, di dover confondermi in sottili distinzioni o di ripetermi. Or l’una e l’altra cosa mi allontanerebbe da quella via, nella quale sin dal principio mi misi, con tanta speranza di fare un po’ di bene, E dunque, volendo solo trattare delle virtù principali che restano, e mostrare, come ho usato sin qui, la soave bellezza loro, m’è venuto nella mente il pensiero che io le potrei trovar tutte, e splendenti della lor luce più bella, nel mirabile e dolcissimo sermone di Gesù, detto il Sermone della montagna. Sono anzi tutte mirabilmente effigiate nella parte principale di quell’aureo sermone, la quale tratta delle beatitudini. – A voler parlare delle otto beatitudini evangeliche, il nostro pensiero si trasferisce nella Palestina, e si ferma particolarmente e con grande amore in uno dei momenti più solenni della vita di Gesù Cristo. Come è bello incontrare il divino Maestro insegnante nella Galilea, e propriamente il dì che, accompagnato dai suoi discepoli, salì sopra un monte sin oggi detto ancora il monte delle beatitudini! Questo monte si eleva presso Safet, tra Szaffard e il Tabor; e chi ne ascende la cima, scorge di lassù Safet, il grande Hermon e la valle spaziosa di Genesaret. Fermiamoci, un tratto solamente, su questa altura, ed eleviamo i pensieri e gli affetti in alto. Questa altura è il monte della nuova legge, il quale ha quindi attinenza col Sinai, dove fu promulgata la legge antica, simbolo e figura della nuova. Ma il monte delle beatitudini ha relazioni anche più intime con due altri monti celebri del nuovo Testamento; e sono il Calvario e il Thabor. La sapienza cristiana, il divino sacrifizio che ci ha redenti, e la gloria eterna: ciascuno di questi tre beni ha il suo monte proprio, perché ciascuno di questi tre beni viene dall’alto, e ci eleva con la mente e col cuore in alto i due primi beni rappresentano quanto vi ha di più nobile e grande nella nostra vita presente; l’altro rappresenta il premio, che un dì troveremo nel sommo, eterno e incommensurabile Bene. Sieno dunque mille volte benedetti il Monte delle Beatitudini, il Calvario e il Thabor! Quanti pensieri, quanti affetti santi, quante speranze aleggiano su quelle cime! – Il discorso, nel quale il Signore annunzia le otto beatitudini, che io prendo da san Matteo, riluce per gran chiarezza e semplicità; non ha ombre né sottigliezze, è sentenzioso, come s’addice a un supremo ammaestramento di Dio, ed è questo: “Beati i poveri di spirito, perciocché il regno dei cieli è loro. Beati i mansueti, perciocché essi erediteranno la terra. Beati coloro che piangono, perciocché saranno consolati. Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perciocché saranno saziati. Beati i misericordiosi; perciocché sarà lor fatta misericordia. Beati i puri di cuore, perciocché vedranno Iddio. Beati i pacifici, perciocché saranno chiamati figliuoli di Dio. Beati coloro che sono perseguitati per la giustizia, perciocché il regno dei cieli è loro.” – Coteste parole, mentre che letteralmente ed esternamente accennano ad otto beatitudini dell’animo, senza dubbio esprimono otto virtù, come si può chiaramente vedere dal compararle con altri testi evangelici, e anche dal leggere ciò che ne dicono universalmente tutt’i Padri della Chiesa. Le otto virtù indicate sono la povertà in ispirito e l’umiltà insieme, la mansuetudine, la pazienza nel dolore, il fervente amore della giustizia, la misericordia, la purezza di cuore, la pace, l’amore del bene sino a godere delle persecuzioni, che esso ci attira. – Certo, a prima giunta, la mente umana prova qualche difficoltà a comprendere che tutte otto queste beatitudini, annunziate da Gesù Cristo, siano virtù vere, e molto più che ad esse s’abbia a dare il nome di beatitudini. Nondimeno, dopo che la luce del Cristianesimo ha penetrato addentro i nostri animi; i buoni Cattolici lo credono, e con un poco di riflessione lo comprendono altresì. Ma ai figliuoli della Città del mondo cotesto insegnamento, almeno in talune delle sue parti, ha, come direbbe Dante, savor di forte agrume. Spesso queste, che il Vangelo dice beatitudini, appariscono alla mente loro come paradossi. Anzi, io credo pure che i figliuoli del mondo debbano esser presi da grande stupore, vedendo che molti milioni di uomini si siano ostinati per secoli e si ostinino tuttora a crederle virtù e beatitudini. – In vero, se quasi tutti gli uomini han sete di ricchezze, e le ricchezze aprono la via a molti godimenti; in qual guisa dunque la povertà ci fa godere, e anche più ci fa beati? E la beatitudine, e la virtù di chi piange e di chi soffre persecuzione per la giustizia, come mai la dovrebbero intendere e accettare coloro che vivono soltanto di piaceri, e sono usi a preferire il piacere sensuale, sia pur breve, avvilitivo e turpe, ai nobili e santi piaceri del cuore e della mente? – Ma intorno a ciò accadrà di parlare meglio, e con maggiore ampiezza, allorché tratteremo partitamente di ciascuna delle otto beatitudini. Qui, per istruzione dei Cattolici, giova considerare, che le otto virtù, di cui si discorre, furono dette beatitudini per varie ragioni. Dapprima Gesù, nel dare questo nome alle virtù di cui parlava, tenne l’occhio alla beatitudine eterna, che esse ci meritano, e volle ancora che il Cristiano fosse virtuoso, non tanto per ragioni umane o meno alte, quanto per acquistare l’eterna sua beatitudine, che è un medesimo con la glorificazione di Dio. Inoltre poiché l’uomo è naturato così, che il maggior suo desiderio è il godere sempre; il divino Maestro volle anche toccare qui di quell’aura soave di godimento spirituale e santo, che nella vita presente tempera all’uomo buono gli ardori delle miserie e degli affanni, e talvolta gli allieta l’animo con misteriose dolcezze. Il dire che la virtù riesce in questo mondo compenso e premio bastevole a sé stessa, è una di quelle sentenze gonfie e vuote di vero contenuto, onde i figliuoli del mondo in alcune ore propizie della loro vita, si sforzano di cullar sé medesimi e gli altri. Ma la verità è che la virtù, nel cammino difficile della vita presente, è spesso circondata da tante spine di dolori: fisici e morali, che il suo premio essa l’ha da cercare altrove. Talora, anzi, i buoni e i giusti soffrono più dei malvagi. Quante: e quante volte non ci si stringe il cuore al vederli più poveri, più disprezzati, più vessati, più diffamati dei primi! E, benché sia certo che anche tra il gineprajo dei dolori fisici e morali l’uomo virtuoso trovi un cotal godimento nella serenità dell’animo e nella quiete della coscienza; pure, che questo così debole e scarso compenso, abbeverato da dolori e amarezze infinite, sia il solo che la giustizia e la bontà del Signore dànno all’uomo veramente buono; i Cattolici nol credono. Né lo credettero mai i migliori filosofi pagani, e nol credono neanche i barbari e i salvaggi di nessun luogo. Però ci è dolce riposare col cuore nell’insegnamento cristiano, il quale è questo: La beatitudine dell’uomo virtuoso su questa terra rassomiglia a un crepuscolo mattutino che ha luce scarsa e molto opaca, ma annunzia il vicino levare del sole. Il levare del sole sarà per noi quando, consumata la via del dolore con l’estremo e gravissimo dolore della morte, e usciti per sempre dalle miserie della vita presente, vedremo, faccia a faccia, l’eterno Sole di verità, di bellezza e di bontà che è Dio. – Le otto beatitudini meritano, pare a me, di esser dette in un modo particolare, virtù evangeliche, non perché nell’Evangelo, o piuttosto nel Cristianesimo, faccia difetto alcuna delle virtù, veramente degne del nome, ma per la ragione che ora dico. Tra le virtù, talune si riferiscono più specialmente all’uomo, considerato, secondo la natura primitiva, indipendentemente dalla sua caduta originale; e sono, per esempio, le virtù cardinali: altre poi hanno particolari attinenze con la natura peccatrice, e col dolore derivato dal peccato nel genere umano. Queste virtù richiedono una maggior luce d’intelletto, per la quale l’uomo conosca meglio, e più addentro sé medesimo; una luce, che o mancò interamente ai filosofi pagani, o almeno in qualche filosofo che l’ebbe, fu assai opaca. Di queste così nobili e pur così difficili virtù ci è particolarissimo maestro il Vangelo di Gesù Cristo; perciocché Gesù Cristo vestì la nostra carne, e visse trentatré anni con noi, soprattutto per redimerci dal peccato, e per rendere a noi strumento di salute il dolore e tutte le altre conseguenze del peccato. Che bisogno in vero ci sarebbe mai stato di pazienza, di rassegnazione, di penitenza, di misericordia, se l’uomo non avesse peccato, e non fosse soggetto a molto soffrire? Questa ultima considerazione, che ho fatta, può aprirci la mente per comprendere facilmente come accada che i figliuoli della Città del mondo, e anche i Cattolici tiepidamente credenti accettino in cuor loro più facilmente, poniamo, le virtù cardinali, che non le otto beatitudini. In vero essi prendono diletto (e in ciò l’orgoglio naturale ha pure la sua parte) e si adusano a considerare l’uomo piuttosto in astratto, o come sarebbe stato senza la corruzione, che proprio qual è con tutte quelle tenebre, e ignoranze e miserie e propensioni al male che lo circondano. Però il loro occhio intellettuale non arriva a vedere quanta luce di bellezza e di santità si celi nell’intimo e nel profondo di certe virtù, che hanno al di fuori una scorza ruvida, e talvolta pungono il nostro amor proprio, ma sono nondimeno le più utili ai miseri figliuoli di Adamo. Per esse soprattutto si vince in noi l’uomo vecchio e carnale, e si forma l’uomo nuovo, tutto giovaneggiante e bello per gioventù e bellezza di virtù cristiane. – Ma volgiamoci a un’ultima considerazione. Quel non so che di paradossale che, a prima giunta, si vede nelle otto beatitudini del Signore, ha forse potuto contribuire a farle giudicare da alcuni piuttosto consigli di evangelica perfezione, che non precetti, dati da Gesù Cristo a tutt’i suoi fedeli. Come mai tenere, dicono essi, quali precetti divini cose tanto dure e difficili e ripugnanti all’umana natura, quanto sono alcune delle otto beatitudini? Consigliare le otto beatitudini ai religiosi, che vivono nell’orto chiuso dei loro monasteri, e passano le lunghe ore del giorno o salmeggiando o pregando o adoperandosi nei ministeri ecclesiastici, sia pure! Ma per coloro che vivono nel gineprajo del mondo, tra le brighe e tempeste della vita così febbrilmente agitata dei nostri tempi, circondati da moglie e figliuoli, da bisogni sempre crescenti; a che mai potrebbero giovare i precetti delle beatitudini evangeliche? E potrebbero costoro metterli ad effetto? Io credo di sì, e che anzi tutti, e anch’essi, nel praticarli ne avrebbero conforto. Ma ciò si vedrà meglio più avanti. – Qui è necessario prima di tutto affermare che le beatitudini evangeliche sono a un tempo precetti e consigli: precetti, quando si considerano nella loro parte sustanziale: consigli, allorché il Cristiano, chiamato da Dio alla perfezione, ajutato da grazie particolari, e infiammato da grande amore di Dio, va più avanti di quel che a ciascun fedele è comandato. In qual modo ciò si compia o in tutte o almeno in alcune delle beatitudini evangeliche, accadrà di dirlo quando ci fermeremo con la mente su ciascuna di esse in particolare. Ora in conclusione m’ è dolce il pensare quanto siano piene di perfezioni e di armonie le opere del Signore, vuoi nell’ordine della natura, vuoi anche nell’ordine soprannaturale. A quel modo che nel mondo corporeo splendono, oltre innumerevoli stelle di comune grandezza, alcune di prima grandezza, e, tra i monti, ve ne ha alcuni altissimi, come quelli delle Cordigliere: e, pure a quel modo che tra gl’intelletti comuni, se ne incontra di quelli che, come aquile, si levano sopra gli altri; così nell’ordine soprannaturale, non basta che vi siano innumerevoli uomini buoni. Iddio vuole che vi sia anche un bel numero di Cristiani perfetti o tendenti alla perfezione, i quali riescono il vivajo dei Santi nostri. Or io spero che le cose, le quali qui appresso scriverò delle beatitudini evangeliche, giovino agli uni e agli altri, e principalmente giovino a me stesso.