IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (24)
Per Monsig. GAUME prot. apost.
TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.
LETTERA VENTESIMATERZA.
20 dicembre.
Ragioni del potere e dell’alta missione della croce. — Dogma fondamentale. — Quanto ha luogo nel mondo politico, è immagine di quell che avvade nel mondo morale. — La Riforma, prima figlia del risorgimento del paganesimo, abbatte tutte le croci. — La rivoluzione francese, seconda figlia del paganesimo, imita la sua sorella. — Secondo dovere: fare sovente il segno della croce. — Ragioni dedotte dallo stato attuale. — Terzo dovere: fare bene il segno della croce: condizioni. — Il segno della croce legno di eterna vittoria. — Costantino. — Lodi del segno della croce.
Tu non dimentichi, mio caro Federico, che di presente noi deduciamo le conseguenze pratiche, che emanano dal giudizio pronunziato fra noi ed i nostri avi. La prima è che noi dobbiamo fare risolutamente il segno della croce. Tuttavolta l’inappellabile sentenza del tribunale, fosse tale da essere norma di nostra condotta, pure, a mettere in rilievo tutta la dignità sua, ho voluto mostrarti, quanta vergogna, e quali pericoli e sventure ci verrebbero addosso da una teoretica e pratica rivolta contro di essa. I fatti t’hanno certiorato di tutto ciò. Tu hai visto il segno della bestia impresso su tutte le fronti, le labbra, i cuori e gli alimenti non santificati dal segno divino. D’onde trae ciò la origine sua? Ho promesso dirtelo, eccomi a compiere la mia promessa. – In nessun modo può mancare che il segno della bestia sia impresso in ogni uomo, ed in ogni cosa, che non trovasi dall’egida del segno liberatore dell’uomo e del mondo, difeso; avvegnaché non v’ha che un solo preservativo per l’uomo, contro satana, ed un solo parafulmine pel mondo: il segno della croce. Dove questo manca, satana agisce da padrone. Le quali cose, come ben altre volte abbiamo detto, dipendono e traggono tutta la loro evidenza dal dogma della umanità il più profondo, ed il più incontestabile, la servitù dell’uomo, e del mondo allo spirito del male, di poi l’originale peccato. Per mettere in piena evidenza quel che ho chiamato alta missione della croce, concedimi che io ti venga ricordando qualche tratto istorico, che è troppo poco considerato. – Quello che si osserva nell’ordine della cosa pubblica è un riflesso di quanto ha luogo nel mondo morale. Ora quando una dinastia è assisa sul trono, dessa si studia d’innalzare il proprio stendardo, e scolpire il suo stemma da per tutto, poiché ciò è segno di sua dominazione. Come per opposto, se dal trono è rovesciata, primo atto del conquistatore è tor via gli emblemi della caduta dinastia per rimpiazzarli con i propri, cosi annunziandosi ai popoli l’inaugurazione dei nuovi regni. Da poi settanta anni in Francia ed altrove, quanti di questi mutamenti di colori e di stemmi non abbiamo veduto! Quindi il Verbo incarnato venendo sulla terra per Io possesso del suo regno trovò satana che con esso la faceva da re e da Dio, e le statue ed i trofei, gli stemmi di lui da per tutto erano innalzati; ma vintolo, i segni della sua dominazione disparvero, ed a loro vece brillò lo stemma del vincitore, la croce. Per la qual cosa, se un’anima od un paese, in pena delle sue colpe, è dannato di nuovo in servaggio di satana, il primo atto dell’infernale usurpatore è il far disparire la croce. Questa disparsa, comincia a far tirannico strazio del suo conquiso, non avendo più da temere il formidabile segno. – Rileggi una pagina della storia della patria tua. Dal 1520 al 1530 quale miserevole spettacolo non ti presenta l’Allemagna? Dal Reno al Danubio, tutte le croci, che, dipoi la vittoria del Cristianesimo riportata sulla idolatria scendinava, sormontavano i monti e le colline, fiancheggiavano le vie, smaltavano le campagne, ornavano le case, coronavano le chiese, onoravano gli appartamenti e consolavano l’animo dolente dell’abitante del tugurio, furono abbattute, messe in pezzi, gettate al vento, ravvoltolate nel fango al grido di un popolo delirante. Qual cosa annunziava questo turbine distruttore? L’arrivo del vincitore, il ristabilimento del suo regno. Da quel momento lo spirito delle tenebre domina l’Allemagna, e vi regna, come nel vecchio mondo, con la voluttà e crudeltà d’ogni maniera, col brigantaggio, colla confusione del giusto e dell’ingiusto, coll’anarchia intellettuale d’ogni nome, e d’ogni forma. Né altro da questo è lo spettacolo che ti presenta la Prussia, la Svezia, la Norvegia, l’Inghilterra, la Svizzera, e tutte le contrade dove l’usurpatore ha preso il posto del legittimo re. Il che è tanto più significativo, chenon trovasi isolato nella storia, ma lo si vede riprodotto tutte le volte che satana prende nuovo possesso di un paese. Particolare, o generale che sta, lento o rapido, desso èil carattere della vittoria infernale, e ne misura l’esteriore. Nel 1830 noi numerammo a centinaia le croci abbattute: il 1830 fu un aborto del 93. In questa ultima epoca, epoca di trionfo completo pel paganesimo, fu ben altrimenti, poiché a migliaia le croci furono abbattute sul suolo francese, ed in tal tempo di lugubre memoria, ma istruttivo, vi fu un giorno più nefasto fra tutti. Sotto i colpi di orde fanatiche, il 1793 vide cadere nel sangue l’altare ed il trono. I massacri del convento del Carmine, e di S. Firmino, la proclamazione della repubblica, l’assassinio di Luigi XVI, le ecatombe del Terrore, le nefandezze del Direttorio, le apostasie, i sacrilegi, le dee della Ragione, furono le conseguenze di quel disgraziato giorno, che ricorderà eternamente l’ora precisa in cui satana entrò trionfalmente nel regno cristianissimo. Ora in quel momento, dice uno scrittore, un uragano straordinario scoppiò sopra Parigi. Un calore soffocante avea, lungo tutto il giorno, impedita la respirazione, e le nuvole addensate e di un sinistro colore aveano ricoperto e nascosto il sole come in un oceano sospeso nell’aria. Verso le dieci l’elettricità cominciò a sprigionarsi con spesso lampeggiare, simile a luminose palpitazioni del cielo. 1 venti squarciando le nubi, come onde di mare tempestoso, abbattevano le messi, spezzavano gli alberi, trasportavano altrove i tetti. In men che io il dica, le case fur chiuse e le strade deserte. Il fulmine per otto lunghe ore non cessò dal colpire uomini e femmine, che si conducevano a’ mercati di Parigi, e molte sentinelle furono ritrovate morte fra le ceneri delle loro garitte, e la forza del fulmine strappava da’ gangheri le inferriate balzandole a smisurata distanza. Le due alture che sormontano l’orizzonte di Parigi, Montmartre ed il monte Valeriane attrassero in gran parte l’elettrico delle nubi, che l’inviluppavano, ma scaricandosi questo su lutti i monumenti isolati surmontati da punte di ferro, abbattè tutte le croci, che trovavansi nelle campagne, sulle piazze, e lungo le strade, dal piano d’Issy per tutto il bosco di san Germano e di Versailles sino alla croce del ponte di Charenton. L’indomani, le braccia di queste coprivano da per tutto il suolo, come se un’armata invisibile avesse rovesciato nel suo passaggio tutti i segni del ripudiato culto cristiano. – Nell’ordine morale nulla avviene per azzardo, come nell’ordine naturale niente ha luogo per saldo; epperò i fatti che narro hanno un significato. Questo è rivelato dalle circostanze, che lo accompagnarono e seguirono, le quali mostrano evidentemente perché è la croce sia in un paese, e perché vi manchi: insegnano altresì alle nazioni, alle città, alle provincie, agli uomini d’ogni maniera, quanto debba esser loro a cuore il conservare il segno della croce, moltiplicarlo, ed onorare il segno protettore di tutta la creazione. – Fare il segno della croce soventemente è la seconda conseguenza pratica della emanata sentenza. E perché nol faremo noi? perché ciascuno a sua posta non tornerà ai pii usi dei padri nostri? Eglino non si reputavano sicuri un’istante, ed in tutte le azioni, tuttavolta queste facilissime si fossero, se non protetti dal segno salutare. Siam noi forse da più di loro nel coraggio? Le tentazioni nostre son forse minori nel numero e nella forza delle loro, i pericoli che ne circondano, meno gravi, e i doveri nostri, da meno dei loro? Tutte le volte che i padri nostri sortivano dalle abitazioni, s’incontravano con statue, pitture, oggetti osceni, erano nel mezzo di usi e di feste, in cui lo spirito del male si rivelava in ogni maniera? E quali sono i discorsi, le conversazioni, i canti che i casti orecchi è forza che sentano? Il sensualismo ed il naturalismo delle idee e dei costumi pubblici e privati, con tutta l’apparenza delle belle forme, sono in continua cospirazione contro al soprannaturale della vita, contro lo spirito di mortificazione, di semplicità, della povertà e del distacco dalle cose periture e passeggere della terra. Eglino erano in continua tenzone per difendere la fede contro i sarcasmi, il disprezzo ed i sofismi della plebe, e della filosofia pagana; doveano rispondere ai giudici ne’ tribunali, e comprovare la loro credenza negli anfiteatri; ed in tutta questa pugna, il mezzo di che usavano a confortarsi, era il segno della croce, il solo segno della croce. E per noi Cattolici del secolo XIX, non è forse la condizione simile? Quanto ci circonda, non è forse, o cerca divenire pagano? Mi si mostri una parola di evangelo nella maggior parte degli uomini? Le città di Europa non sono di presente inondate di statue, di quadri, di fotografie esposte, forse a disegno, per accendere negli animi disonesti amori? Qual cosa mai manca per essere per filo ed a segno pagano la mensa, la mobiglia, gli abiti del mondo moderno? la schiavitù, e la ricchezza. Ma gli istinti sono gli stessi che aveano gli uomini del tempo dei Cesari! Simile spettacolo è continuata insidia! Guai a colui che di esso non si avvede, ma più ancora per chi non custodisce da esso notte e di i suoi sensi ed il suo cuore! Se torna difficile la difesa dei nostri costumi, quanto non è altresì malagevole sostenere le guerre per la difesa della fede! È un’epoca la nostra in cui le false idee, le menzogne, i sofismi circolano nella società come gli atomi nell’aria. Da per tutto è l’anfiteatro, in cui è da combattere per la Chiesa, per le nostre credenze, usi, tradizioni, pel soprannaturale cristiano: l’arena non è mai chiusa, e come un combattimento è per finire, tosto un altro ne comincia. I primi Cristiani posti in simili condizioni, un’arma sola conobbero vittoriosa, universale e famigliare, di che facevano continuo uso, il segno della croce. Potremmo noi trovarla migliore? E se fu tempo in che era necessario usare di questo segno per noi e le creature, l’è questo nostro; chi può però impedirci d’imitare i nostri avi? E che cosa può avere d’incompatibile il segno della croce eseguito sul cuore, o secondo l’antico uso, col pollice sulla bocca, con le nostre occupazioni?’ Se siamo vinti, chi n’è causa? Perditio tua ex te, Israel! – Far bene il segno della croce è la terza applicazione della sentenza pronunziata. La regolarità, il rispetto, l’attenzione, la confidenza, la devozione, devono accompagnare la nostra mano, quando essa forma l’adorabile segno. La regolarità: questa vuole che il segno della croce nella sua forma perfetta, secondo la tradizionale usanza, sia fatto con la mano destra, e non con la sinistra, portandola lentamente dalla fronte al petto, da questo alla spalla sinistra, e quindi alla destra. In ciò nulla di arbitrario (Nominato Spiritu Sancto, dum ab uno ad alteram latus sit transversio. — Navarr. Comment, de oral. et oris canon c. XIX, n. 200); che se i primi Cristiani venissero fuori dalle loro tombe, non altrimenti eseguirebbero il segno della croce. Ascoltiamo un testimone oculare, «Noi facciamo il segno della croce su i catecumeni con la destra, comechè questa più nobile è reputata, tuttavolta non differisca dall’altra, che per sola postura e non per natura: parimente noi preghiamo rivolti all’oriente, essendo questa la parte più nobile della creazione. Le quali cose la Chiesa le ha apprese da coloro, che le insegnarono a pregare, gli Apostoli – S. Iustin. Q. XVIII). » – Sul conto della dignità della mano destra abbiamo un bel passo di santo Agostino. « Non rimproverate voi, dice egli, colui che vuol mangiare con la sinistra mano? Se voi stimate insulto fatto alla vostra mensa il mangiar dell’invitato con la mano sinistra, come non lo stimereste ingiurioso per la mensa divina far con la sinistra quello, che andrebbe fatto con la destra, e far con questa l’opera di quella (S. August, in psalm. 136). » E S. Gregorio aggiunge: « È questa una maniera di parlare degli uomini. Noi stimiamo più nobile ciò che trovasi a destra, di quello che trovasi a sinistra » (S. Gregor. Moral, lib. XX, c. 18). – Le parole che accompagnano il segno della mano, sono parimente di apostolica tradizione, poiché le si trovano descritte da tutta l’antichità. Santo Efrem scrive: « Su tutto che incontrate fate il segno delia croce nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » (S. Ephrem De Panoplia). E santo Alessandro martire, condannato nel capo da Massimiano, sotto le cui bandiere militava, rivoltosi all’oriente, e segnatosi tre volte, disse: « Gloria ne venga a voi, o Dio dei padri nostri; Padre, Figlio e Spirito Santo » (Apud Surium, 13 Maii). Questa maniera di segnarsi, che descriviamo, è più in uso fra i Cristiani de’ tempi nostri che presso gli antichi; poiché la forma di croce con che costumavano segnarsi , era quella del pollice sulla fronte : Frontem crudi signaculo terimus; comechè facile fosse ripeterla ed opporle ai nemico. Di presente un siffatto modo è in uso nella Spagna, ed in altri paesi ancora. Ma perché più tosto sulla fronte che non sul cuore? In questo, mio caro Federico, come in mille altre cose dell’antichità v’hanno dei misteri, ed io ne conto cinque: – Il primo, per onore del divino Crocifisso. Non senza ragione il Verbo incarnato ha voluto che il suo segno fosse impresso sulla fronte, dice santo Agostino; in essa ha sua sede il pudore, ed egli ha voluto che il Cristiano non abbia ad onta gli obbrobri del suo Maestro. Se voi lo eseguite, seguitandosi egli dice, alla presenza degli uomini, e se non la stimate vostra vergogna, mettete pure ogni vostra confidenza nella divina misericordia di lui » (S. August, in Psal. 30. Enar. IV, n. 8 ). Il secondo, è per onorare la nostra fronte. Il segno della croce è il segno della fronte, signaculum frontium (Tertull. contra Marcion., lib. V.). E santo Agostino: « Una fronte senza questo segno è come una testa senza capelli. Come il capo calvo è fatto segno alle burle, ed è cosa da averne rossore, così l’è parimente per una fronte senza questo segno; dessa è impudente. Non sapete voi che l’uomo per insultar l’altro uomo gli dice: Tu non hai fronte? Il che suona: Sei impudente: Dio mi preservi dall’avere la fronte nuda, il segno del mio Maestro la copra e la onori » (In psal. 131). – II terzo, è il miracolo della redenzione. Il segno della croce è un trofeo. Questo si eleva non fra le tenebre e negli infimi luoghi della città, ma lungo le pubbliche piazze, dove da tutti possa andar veduto, e con la sua presenza ricordare le gesta ed i trionfi del vincitore. « Ecco ragione, dice santo Agostino, da aver stabilito il Verbo divino, che la fronte dell’uomo, membro il più visibile ed il più nobile, venisse segnato dal trofeo della vittoria riportata sulle potenze infernali (In Joan. Trad. XXXVI.). » Passando la croce dal luogo del supplizio sulla fronte degl’imperatori, dovea proclamare eternamente il gran miracolo della conversione dell’universo. Il quarto, il diritto di Dio sopra dell’uomo. Il divino Crocifisso, preso possesso dell’uomo, lo ha segnato col suo stemma, come il proprietario contrassegna col suo tutto che gli appartiene. « Tosto che il Redentore ebbe reso libero l’uomo, scrive S. Cesario di Arles, impresse su di lui il proprio segno. Questo segno è la croce. Noi lo abbiamo sulla fronte impressovi dal vincitore per insegnare a tutti, che noi siamo sua possessione e suoi tempii viventi, e satana furioso, invidia a tanta nostra ventura, ed agogna ad involarci il segno del nostro riscatto, la carta di nostra libertà (Cæsar. Arelat. Humil. V, de Pascha.). » – II quinto è la dignità dell’uomo. La fronte e la parte più nobile dell’umano corpo, ed è come la sede dell’anima; però il demonio con ogni studio cerca di sformare la umana fronte più di ogni altro membro, perché chi è padrone del capo, l’è di tutto l’uomo. Il rendere deforme quest’organo con artificiali compressioni, è stato in voga in molti tempi, ed al presente esiste ancora in alcuni paesi. Sfigurare la divina immagine nell’uomo, indebolire le intellettuali facoltà, sviluppare gl’istinti i più volgari, furono i risultati di questo sformare del capo umanamente inesplicabile. Il perché, il riparatore di tutte le cose, Nostro Signore, ha voluto che il segno della croce fosse a preferenza marcato sulla fronte, per liberar l’uomo, o, rendendogli la libertà, elevarlo nella pienezza delle sue facoltà alla dignità del suo essere (Circa la disposizione delle dita nella formazione della croce, se ne citano tre. La prima con le dita tutte distese, come comunemente è in uso. La seconda distendendo solamente le prime tre, e chiudendo le altre, come costumasi dai Vescovi nel dare la pastorale benedizione, maniera usata nel tredicesimo secolo, e pare che di siffatto modo i sacerdoti facessero il segno della croce sulle oblate; poiché leggesi in Leone IV (de cura Pastorali): Calicem et oblatam recto cruce signate, idest, non in circulo et rotatione digitorum, ut plurimi faciunt; sed districtis duobus digitis et pollice intus recluso per quos Trinitas innuitur. Il terzo, avendo tutte le dita distese, usando solo del dito pollice per segnarsi. Questa maniera è in uso per amministrare alcuni sacramenti, ed i fedeli si segnano di siffatto modo alla lettura del Vangelo sulla fronte, sulle labbra e sul cuore, ad accennare gli affetti del Vangelo).- Il rispetto è un’altra condizione per ben fare il segno della croce: avvegnaché è un atto di religione degno di ogni venerazione. Questo dev’essere inspirato dalla sua origine, dalla sua antichità, dall’uso che ne ha fatto quanto il mondo ha visto di meglio, gli Apostoli, i martiri, i veri Cattolici della primitiva Chiesa e di tutti i secoli; per la gloria con che si presenterà l’ultimo giorno, quando, annunziato l’arrivo del supremo Giudice, dessa maestosa poserà dallato al tribunale supremo, per consolazione de’ giusti, ed eterna confusione de’ cattivi. – L’attenzione; senza di questa sarebbe un movimento da macchina, spesso inutile a noi, ed ingiurioso a Colui, di cui ricorda la maestà, l’amore ed i benefizi. La fiducia; ma una fiducia da figlio, viva, forte, fondata sul testimone de’ secoli, la pratica della Chiesa, e su gli effetti meravigliosi prodotti da tal segno, liberatore dell’uomo e del mondo, che mette paura a satana. – La devozione; che faccia corrispondere il cuore alle labbra. Eseguendo il segno della croce che fo io? Io mi proclamo il discepolo, il fratello, l’amico, il figlio di un Dio crocifisso; epperò sotto pena di mentire a Dio, io devo essere quello, che dico. Ascolta i nostri padri. « Quando tu ti segni, pensa a tutti i misteri raccolti nella croce. Non basta il farlo con le dita, è mestieri innanzi tutto farlo con la fede e buona volontà. Quando imprimi questo segno sul tuo petto, sopra i tuoi occhi, su tutte le tue membra, offriti a Dio come accettevole ostia. Segnandoti siffattamente, tu ti proclami soldato cristiano, ma se nelle stesso tempo, tu non pratichi, il più che da te si possa, la carità, la giustizia, la castità, questo segno non li varrà a nulla. » « Nobilissima cosa è il segno della croce! Con esso sono da segnare i nobili e preziosi oggetti. Non sarebbe strano suggellare in oro la paglia ed il fango? Qual senso potrà avere questo segno sulle labbra e sulla fronte, se interiormente l’anima è immonda, ed in preda ai vizi (S.Ioan. Chrys. Homil. 51, in Matth.— S.Epfrem, Ds adorai, vivif. Cruc. D. A’. — S. Augustin. Serm. 215, de Temp. — Signum maximum atque sublime. Lactant. Divin. institut, lib. IV. c. 26)? » – « Qual cosa mai, si dimanda santo Agostino, è il fure il segno della croce e peccare? E un porre il suggello della vita sulle labbra, e darsi un pugnale nel cuore da morirne (S. Cæsar. Serm. 278, inter Angustin). » Quindi il proverbio de’ primi Cristiani ripetutoci da Beda: «Fratelli, abbiate Gesù Cristo nel cuore, ed il suo segno sulla fronte. Habete Chrìstum in cordibus, et signum eius in frontibus » (Beda, tom. III, in collact. flor, et parab.). Quindi santo Agostino aggiunge una bella parola: «Dio non vuole de’ pittori, ma degli operatori de’ suoi misteri. Se voi portate sulla fronte il segno della umiliazione di Gesù Cristo, portate altresì nel vostro cuore l’imitazione della umiltà di Lui » ( S. August. Serm 32). Ogni ragione ci assiste, ed è per siffatto nostro operare, né alcuno ardisca dire: il far bene o male il segno della croce, non è poi gran cosa. Altrimenti da ciò hanno pensato i secoli cristiani; altrimenti ha pensato la verità istessa. Ammettendo ancora che sia poca cosa un segno eli croce, il Verbo incarnato non ha forse detto: “Quello che è fedele nelle piccole cose, lo sarà altresì nelle grandi, e chi è infedele nelle piccole, l’è nelle grandi?” Non è forse questa fedeltà giornaliera e continua, che prepara, e forma la gloria eterna? Nel grande affare della propria salvezza, come negli altri è sempre vero che, ciò che basta non basta sempre; e che chi si contenta del solo necessario, lo farà difficilmente. – Fo io dieci volte al giorno il segno della croce? Se è ben fatto, dico dieci opere buone, dieci gradi di meriti e di felicità, dieci monete per pagare i miei debiti, e quelli de’ miei fratelli che sono sulla terra o nel purgatorio; dieci istanze per ottenere la conversione dei peccatori e la perseveranza finale, per allontanare dal mondo e dalle creature le infermità, i pericoli ed i mali di che sono afflitti. Misura i meriti raccolti a capo di una settimana, di un anno, di una vita di cinquanta anni. E potrà ciò stimarsi cosa da poco! – Tu conosci ora, mio caro Federico, il segno della croce, e come questo debbasi eseguire: lascia all’amor mio confidarti un pensiero solo, un pensiero, che accenna un po’ a santa ambizione. Suppongo che uno straniero arrivi a Parigi, e che dimandi chi sia il giovane che nella gran capitale esegua meglio il segno della croce: desidero che tu sii nominato. A questo prezzo io ti prometto una vita degna de’ nostri avi della primitiva Chiesa, ed una morte preziosa agli occhi di Dio, e forse ancora gli onori della canonizzazione: In hòc signo vinces, per questo segno vincerai! Questa parola divina sempre antica e sempre nuova, poiché è la formula di una legge, che il gran Costantino primamente meritò d’intendere, qual tipo dell’uomo, e della cristiana famiglia. L’immortale Imperatore procedeva a marce sforzate contro Massenzio, per battere in battaglia questo spaventoso tiranno fattosi padrone della capitale del mondo. Ad un tratto, nel mezzo di un cielo sereno, una croce luminosa tanto, da superare il chiarore del sole, si manifesta a tutta l’armata, che stupefatta legge intorno ad essa scritto: in hoc signo vinces: per questo segno avrai vittoria. La notte seguente il Figlio di Dio compare all’Imperatore con lo stesso segno in mano, e gli ordina farne un simile da usarne in battaglia, con promessa di sicura vittoria. Costantino ubbidisce. Il segno celeste risplendente di oro e di gemme brilla allo sguardo delle legioni e diviene il celebre Labarum. Ovunque siffatto segno apparisce, rincora lo stanco soldato, accende coraggio nel cuore delle legioni di Costantino, e spavento produce in quelle di Massenzio; le aquile romane fuggono al cospetto della croce; il paganesimo innanzi al Cristianesimo; satana, il vecchio tiranno del mondo innanzi Gesù Cristo, il Salvatore di Roma e del mondo. Così esser dovea! Massenzio disfatto ed annegato, Costantino trionfatore entrò in Roma. Una statua lo rappresenta con in mano una croce, e la seguente iscrizione ricorda ai posteri la prodigiosa conquista.
È QIESTO IL SEGNO SALUTARE
VERO SIMBOLO DI FORZA
PER ESSO DAL GIOGO DELLA TIRANNIDE
HO LIBERATO LA CITTÀ VOSTRA
AL SENATO AL POPOLO ROMANO HO RESO LA LIBERTÀ
L’AVITO SPLENDORE E L’ANTICA MAESTÀ
AD ESSI HO RIDONATO
(Euseb. Vit. Costant. C. 33)
Costantino, sei tu, sono io, ed ogni anima battezzata, è il mondo cristiano. Gettati noi nel mezzo della grande arena della vita, noi alla testa dell’armata de’ nostri sensi e delle nostre facoltà, camminiamo all’incontro di un tiranno peggiore di Massenzio. La nostra Roma è il cielo; esso vuole sbarrarcene la via, e viene contro di noi capitanando intiere legioni infernali; la battaglia è inevitabile. Dio ha provveduto alla nostra vittoria come a quella di Costantino, ci ha fornito di mezzo per trionfare, il segno della croce: In hoc signo vinces. Al presente, come in altri tempi, questo segno mette spavento a satana, formido dæmonum. Facciamolo con fede, ed il cammino della eterna città ci sarà aperto! E noi vincitori, e vincitori per sempre, per dovere di gratitudine eleveremo al cospetto degli Angeli e degli eletti una statua che avrà la costantiniana iscrizione.
É QUESTO Il SEGNO SALUTARE
VERO SIMBOLO DI FORZA
PER ESSO HO VINTO sATANA
LIBERATA QUESTA ANIMA E QUESTO MIO CORPO
DALLA TIRANNIDE DI LUI
I MIEI SENSI LE MIE FACOLTÀ TUTTO L’ESSERE MIO
PER ESSO ETERNALMENTE GIOISCONO
IN HOC VINCES!
Salve, dunque dirò con i padri e dottori dell’Oriente e dell’Occidente, salve, o segno della croce! Stendardo del gran Re, immortale trofeo del Signore, segno di vita e di salute, segno di benedizione, terrore di satana e delle sue legioni, baluardo inespugnabile ed arena invincibile, scudo impenetrabile, spada da re, onore della fronte, speranza de’ Cristiani, farmaco salutare, risurrezione dei morti, guida de’ ciechi, consolazione degli afflitti, gioia dei buoni e terrore dei cattivi, freno dei ricchi, umiliazione dei superbi, giudice degl’ingiusti, libertà degli schiavi, gloria dei martiri, purità dei vergini, virtù dei santi, fondamento della Chiesa, salve (Gretzer, lib. IV, e. 54).- E tu, mio caro Federico, tu hai ormai la mia risposta alle tue questioni. L’autorità di tutti i secoli le ha sciolte a tuo favore. Quest’apologia vittoriosa della tua nobile condotta, ti convincerà, io lo spero, contro le burle ed i sofismi. Da un canto, tu sai quanto sia importante e solidalmente fondata la pratica continua del segno della croce; dall’altro, tu sei in grado da apprezzare il giusto valore della intelligenza di coloro che non lo fanno, e di giudicare com’eglino meritano il carattere di chi arrossisce di farlo:
In hoc vinces.