CONGETTURE SU LE ETÀ DELLA CHIESA E GLI ULTIMI TEMPI (2)
Tratte dall’Apocalisse, dal Vangelo, dalle Epistole degli Apostoli, e dalle Profezie dell’Antico Testamento Messe in relazioni con le rivelazioni della Suora della Natività
di Amedeo NICOLAS
J. B. Pèlagaud et Cie. Imprim. Libraires De N. S. P. le Pape – Lyon, grande rue Mercière, n. 50 – Paris, rue les Sainte-Pères, 57. 1858.
INTRODUZIONE
Il nostro intento principale, scrivendo questo libro, è quello di caratterizzare l’epoca in cui ci troviamo e gli anni che ne seguiranno, fino alla fine del mondo. Avremmo potuto conservare come titolo: « Dove siamo? Dove andiamo? » – Noi pensiamo di essere negli ultimi tempi e non negli ultimi giorni. Per questo motivo, avremmo potuto, forse, limitarci ad interpretare le Sacre Scritture nelle parti che concernono il grande avvenimento e gli anni che lo precederanno e che ad esso condurranno. Ma noi abbiamo considerato che le diverse età che compongono la durata del Cristianesimo sulla terra abbiano tra loro una interconnessione necessaria, come spiegazione dei testi che si riportano all’influsso dell’una sull’altra; e per questo, noi siamo stati condotti ad esporre i diversi tempi della Chiesa. È innanzitutto tutta l’Apocalisse che cercheremo di commentare in maniera generale e succinta. In una prima parte ci occuperemo delle prime quattro età. Nella seconda, che sarà più lunga e corposa, faremo la storia delle ultime tre, seguendo in questo la divisione adottata dall’Apostolo san Giovanni, il quale ha racchiuso le prime quattro Chiese nel capitolo secondo dell’Apocalisse, e le altre tre nel capitolo terzo. La prima parte sarà dunque come un’introduzione della seconda. – Prima di entrare nel dettaglio della materia, andiamo a fissare diversi punti che sono necessari per la comprensione di questo lavoro. – Il primo di questi punti è il tempo e la durata del mondo. Molte delle nostre considerazioni dovrebbero essere scartate se questa durata dovesse oltrepassare notevolmente i seimila anni. – Il secondo punto concerne ciò che si debba intendere con le sette Chiese. Noi diciamo che esse sono le sette età successive della Chiese di N.-S. J.-C. sulla terra, dopo la nascita del divin Maestro fino alla fine dei tempi. Se non fosse così, ogni nostro scritto crollerebbe per difetto di base. – Il terzo punto è relativo al carattere che presenta la transizione da un’età all’altra. Due età successive si intrecciano necessariamente; esse cioè coesistono. – Il quarto punto è la maniera in cui si debba dividere l’Apocalisse ed i diversi capitoli che la compongono. Senza questa divisione sarebbe impossibile congetturare alcunché di verosimile e di fondato su questo libro divino. Il quinto si riferisce ai diversi colori in questione nella presente rivelazione e che hanno, ciascuno, un significato che chiarisce i testi. – Il sesto, infine, è lo sviluppo del capitolo ventesimo della profezia di San Giovanni capitolo che getta una gran luce su tutti gli altri capitoli. – Questi sei punti ci forniranno sei paragrafi.
§. I. IL MONDO DEVE DURARE SEIMILA ANNI
.I Quale deve essere la durata del mondo, nelle condizioni in cui si trova dopo la creazione del primo uomo, e specialmente dopo la sua caduta? Quando deve finire il pellegrinaggio dell’umanità sulla terra? Ecco delle domande di una grande gravità, che meritano di occupare degli spiriti seri, e alla quali cercheremo di rispondere, nello stato in cui sono poste, lasciando forzatamente nel mistero sia i giorni della creazione sui quali non abbiamo alcun dato certo e che ci sembrano essere delle epoche piuttosto che dei giorni simili a quelli che conosciamo, sia il tempo durante il quale i nostri progenitori restarono fedeli a Dio, e le condizioni nuove nella quali potrà trovarsi la terra dopo la morte di tutti gli uomini e l’ultimo Giudizio. – Per determinare questa durata, noi potremmo, come ben altri, usare l’interpretazione di diverse parabole, di certi atti e miracoli di N.-S.; noi ne concluderemo come essi, con qualche probabilità, che il mondo debba durare circa 6000 anni, e che di conseguenza noi siamo alla fine della sesta ed ultima parte del tempo; ma noi preferiamo appoggiarci sui testi più chiari e più precisi, sul senso dei quali è difficile equivocare, perché, soprattutto in questa materia, la qualità vale, a nostro avviso, più che la quantità. – San Paolo e San Giovanni, nelle loro Epistole, ci forniscono dei dati generali che ci indicano una durata di circa sei mila anni. L’Apostolo delle nazioni circa nell’anno 4050 del mondo, secondo il computo ordinario, diceva ai Corinti (I Ep. Cor., X, 11): « Nos ad quæ fines temporum devenerunt » [noi che ci troviamo alla fine dei tempi]. L’Apostolo dell’amore, nella sua prima Epistola (II, 18) si esprimeva così: « Filioli, novissima hora est, et sicut audistis quia antechristus venit, et nunc antichristi multi facti sunt: unde discimus quia novissima hora est » [figliolini miei, eccoci all’ultima ora, e come avete udito che deve venire l’anticristo, e già vi sono molti anticristi; da questo conosciamo che questa è l’ultima ora]. E aggiungeva: al cap. IV, 3: « Et omnis spiritus qui solvit Jesum, ex Deo non est, et hic est antichristus de quo audistis quoniam venit, et nunc jam in mondo est » [… ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo]. – Le parole di San Paolo sono puramente affermative; quelle di S, Giovanni sono più motivate … è l’ultima – egli dice – perché l’anticristo che deve venire alla fine è già venuto. – Cosa dire? Non c’è una contraddizione flagrante tra le due parti di questa frase? Come può l’anticristo venire alla fine dei tempi, e trovarsi anche nel mondo fin dall’inizio del Cristianesimo? La cosa, tuttavia, è semplice da concepirsi; San Giovanni ce lo spiega quando dice che è anticristo chiunque neghi la divinità di Gesù-Cristo, che lo scinda, lo divida e non veda in Lui che la natura umana (qui solvit Jesum). Ora, siccome dopo i tempi apostolici si sono trovati uomini che hanno fatto questa divisione e questa negazione, essi sono stati certamente degli anticristi, degli avversari, dei nemici del Cristo e su questo punto sono simili al figlio della perdizione che verrà alla fine del mondo. – Questi anticristi, precursori di colui che farà l’abominio della desolazione (Matt. XXIV, 15), non sono venuti prima dello stabilirsi della Religione cristiana, poiché prima della nascita e la predicazione del Signore, il mondo intero, malgrado le sue devianze e la sua corruzione, sospirava la venuta del Messia. I pagani, gli idolatri, i settari di Zoroastro, di Confucio, lo aspettavano come i Giudei; un immenso desiderio saliva dalla terra verso il Cielo, affinché facesse piovere il Giusto (Isaia, XLV, 8); non si trovava nessun uomo che protestasse contro di Lui, perché ognuno se lo rappresentava secondo le proprie idee e le sue particolari convenienze; di modo tale che è certo che la razza degli anticristi non è cominciata se non all’apparizione del nostro divin Maestro, che ha potuto soddisfare nello stesso tempo le speranze che tra loro si contraddicevano e da allora è stato posto come un segno di contraddizione … et in signum cui contradicetur (S. Luca II, 34), secondo la profezia del santo vegliardo Simeone. – Se dunque l’esistenza di questi nemici del Messia non è iniziata che nell’ultima ora, novissima hora, è perché il Messia stesso non è venuto se non in questa stessa ultima ora. – Se il Cristianesimo è apparso nell’ultima ora, secondo S. Giovanni, se l’ultima parte della durata del mondo si trovava già iniziata dai tempi degli Apostoli, a dire di San Paolo, noi possiamo, alla luce di un semplice ragionamento, determinare pressappoco l’epoca della fine dei tempi. I secoli che restavano da trascorrere dopo la nascita del Salvatore fino alla fine, non potevano formare la metà della vita terrestre dell’umanità; perché se così fosse stato, Gesù-Cristo sarebbe nato nella metà dei tempi, ed i due Apostoli, contemporanei del divin Maestro, non avrebbero potuto scrivere che l’ultima parte dei secoli, e soprattutto l’ultima ora, fosse arrivata. – Se i secoli che dovevano susseguirsi dopo la stessa epoca non fossero contati che come il quarto della durata dei tempi, come i 4004 anni già trascorsi, il quarto rimanente per l’avvenire sarebbe stato di 1334 anni, ed il mondo sarebbe finito dopo l’anno 1334 dell’era cristiana, cosa che non si è realizzata. – Ma se è certo che la durata del Cristianesimo comprende meno della metà di tutti i tempi, è evidente che questa debba essere circa un terzo della totalità di questo tempo poiché tra la metà ed un quarto non c’è come intermedio che un terzo. Secondo questo calcolo, se i 4004 anni che hanno preceduto la venuta del Salvatore formano i due terzi della durata del mondo, due mila anni, tempo della Chiesa cristiana, sono il terzo ed ultimo terzo, e l’umanità quindi, deve abitare la terra per circa sei mila anni.
II. A questo calcolo approssimativo possiamo aggiungere l’affermazione profetica di S. Pietro, nella sua seconda Epistola (III, 3-10): « Hoc primum scientes, quod venient in novissimis diebus in deceptione illusores, juxta proprias concupiscentias ambulantes, dicentes: Ubi est promissio, aut adventus ejus? ex quo enim patres dormierunt, omnia sic perseverant ab initio creaturæ. Latet enim eos hoc volentes, quod cæli erant prius, et terra de aqua, et per aquam consistens Dei verbo: per quæ, ille tunc mundus aqua inundatus, periit. Cæli autem, qui nunc sunt, et terra eodem verbo repositi sunt, igni reservati in diem judicii, et perditionis impiorum hominum. Unum vero hoc non lateat vos, carissimi, quia unus dies apud Dominum sicut mille anni, et mille anni sicut dies unus. Non tardat Dominus promissionem suam, sicut quidam existimant: sed patienter agit propter vos, nolens aliquos perire, sed omnes ad poenitentiam reverti. Adveniet autem dies Domini ut fur: in quo cæli magno impetu transient, elementa vero calore solventur, terra autem et quae in ipsa sunt opera, exurentur. » [Questo anzitutto dovete sapere, che verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni e diranno: “Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione”. Ma costoro dimenticano volontariamente che i cieli esistevano già da lungo tempo e che la terra, uscita dall’acqua e in mezzo all’acqua, ricevette la sua forma grazie al Verbo di Dio; e che per queste stesse cause il mondo di allora, sommerso dall’acqua, perì. Ora, i cieli e la terra attuali sono conservati dal medesimo Verbo e riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi. Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà bruciata.]. – Come si può vedere, leggendo questo passaggio, il Vicario di N. S. G.-C. vuol premunire i fedeli che vivranno alla fine dei secoli, in novissimis diebus, contro i mendaci ed ingannatori che verranno allora, dei quali gli uni considereranno la fine del mondo come ancora molto lontana, e gli altri negheranno la possibilità di questa fine e dell’ultimo avvento di Gesù-Cristo. Circa questo soggetto, l’Apostolo ricorda che i cieli e la terra non esistono di per se stessi, ma sono stati creati dal Verbo di Dio, e di conseguenza questo stesso Verbo può distruggerli per cambiarli. Egli afferma loro che il divin Maestro che ha dichiarato che verrà alla fine, non tarderà a mantenere la sua promessa quando il tempo indicato dal suo Padre celeste giungerà. E aggiunge che a causa delle illusioni nelle quali si culleranno gli uomini ciechi che non lo attenderanno allora, Egli li sorprenderà e verrà, per essi, come un ladro; che nello stesso tempo i tempi passeranno, che gli elementi saranno dissolti dal calore, che la terra sarà consumata o purificata dal fuoco. Poi dopo aver parlato così della creazione del mondo e della certezza della sua fine, fa una raccomandazione che dice loro essere estremamente importante: « A tal proposito – egli dice – sia ben fissato questo solo punto nel vostro spirito: un solo giorno davanti a Dio è come mille anni, e mille anni sono come un giorno solo. » Questo testo significa, a vostro parere: « Un giorno della creazione rappresenta mille anni della durata del mondo; mille anni della durata del mondo corrispondono ad un giorno della creazione; per cui nasce questa corrispondenza forzata, che il mondo cioè durerà sei volte mille anni, poiché esso è stato creato in sei giorni: questa deve essere ammessa, o almeno rispettata se non vi si possa opporre niente di verosimile o di plausibile. Si obietterà che l’Apostolo con queste parole: et mille anni sicut dies unus, abbia voluto mostrare quanto il tempo fosse breve davanti a Dio e la sua eternità? Certamente, questo passaggio isolato, separato dal resto della frase, da ciò che la precede e da ciò che segue, può avere moralmente ed in realtà ha questo significato. Ma se la si collega, come fa l’Apostolo, con le altre parti del testo che abbiamo trascritto, e specialmente con la prima frase del v. 8: Unus dies apud Dominum sicut mille anni, ci si convincerà che il senso che si dà ai termini in questione non può essere ragionevolmente ammesso; perché è evidente che, se San Pietro avesse voluto dire solamente che il tempo fosse breve davanti a Dio, a tal punto che mille anni non sono che come un giorno, non avrebbe cominciato con l’enunciare il contrario, e sostenere cioè che il tempo era lungo davanti allo stesso Dio, a tal punto che un solo giorno era come mille anni. È certamente l’epoca della fine del mondo e dell’ultimo Avvento di Gesù-Cristo che l’Apostolo ha voluto marcare e fissare al versetto 8, perché saranno precisamente questa fine e questo avvento, che gli empi contraddiranno o ritarderanno oltre misura. Per il bene dei fedeli occorreva non solo affermare che queste cose annunciate dal Salvatore arriveranno, ma ancora determinarne approssimativamente l’epoca, al fine di rafforzarli da un lato, e premunirli dall’altro contro i timori esagerati che avrebbero potuto concepire prima dei tempi segnati e che, come si sa, sono stati così forti nell’anno 1000 della nostra era. Se la durata del mondo è di sei mila anni, il tempo si trova diviso in tre parte eguali con le tre Leggi. La prima parte comprende i due mila anni della legge naturale; la seconda comprende i due mila anni della legge della circoncisione o giudaica, e la terza racchiude i due mila anni della legge della Grazia, del Cristianesimo; queste tre Leggi ne formano tuttavia una sola che si riassume nel Messia promesso, il Messia annunziato, ed il Messia venuto, non facendo che svilupparsi attraverso i secoli, secondo le esigenze e le necessità di questi tre avvenimenti. L’opinione che abbiamo qui esposto è quella di Holzhauser; egli non l’ha enunciata e dimostrata in modo speciale; ma questa risulta da tutto l’insieme del suo Commentario, e particolarmente dal fatto che pone la nascita dell’anticristo nel nostro secolo e la sua persecuzione contro la Chiesa nel secolo che segue immediatamente.
III. Qualcuno troverà forse che il nostro modo di vedere debba essere rigettato come contrario a queste parole del Salvatore: De die autem illa nemo scit, neque Angeli coelorum, nisi solus Pater (Matth. XXIV, 36). Ideo estate parati, quia, qua nescitis hora. Filius hominis venturus est (ibid. v. 44) [… quanto a quel giorno nessuno lo conosce né gli uomini né gli Angeli, solo il Padre lo conosce …. Perciò voi state pronti, perché non sapete quando il Figlio dell’uomo verrà.]. Ma così si ragionerà in modo falso ed inesatto, perché se il giorno preciso, l’ora di questo giorno, non la conoscono né gli uomini né gli Angeli, e Nostro Signore stesso non la conosce se non in quanto Dio e facendo uno con il Padre suo, non per questo ne è nascosta all’umanità l’epoca approssimativa. La Chiesa di Gesù-Cristo, che ha con essa il suo divin Fondatore fino alla consumazione dei secoli, e che è sempre assistita dallo Spirito Santo, non si ingannerà certamente sui segni, sugli uomini e le cose che devono arrivare e comparire poco prima della fine dei tempi; essa riconoscerà molto bene Elia, Henoch, l’anticristo; essa li farà conoscere a tutti i fedeli, a tutta la terra, all’universo intero, e agendo così, per questi stessi fatti, dirà al mondo intero: « Il mondo è sul punto di finire; l’ultimo avvento del Figlio dell’uomo si avvicina; tocchiamo l’eternità. » – Una causa particolare potrà mettere gli uomini che vivranno negli ultimi anni in dubbio sull’epoca fissa della fine. Si dice generalmente che Nostro Signore sia nato nell’anno 4004 della creazione del primo uomo; ma su questo soggetto non c’è certezza; si trova una diversa supposizione nel Martirologio. Questa mancanza di fissità che Dio ha permesso, sarà sufficiente da sola perché quelli che vivranno alla fine dei secoli, anche i fedeli, ignorino se essi saranno o meno testimoni dell’ultimo cataclisma, o che pensino che non lo vedranno, perché l’uomo è portato per natura propria ad allontanare quanto più possibile tutto ciò che lo sconvolge.
[**Estratto della suor della Natività.
Tomo I, (Ediz. in 4 volumi, 1819). La Suor della Natività (nata nel 1734 e deceduta nel 1803; ella era Suora conversa nel convento degli Urbanisti della città di Fongères, diocesi di Rennes) si esprime così su questo soggetto della durata del mondo: « G.-C. mi ha detto con aria triste: le figura del mondo passa, e si avvicina il giorno del mio ultimo avvento. Quando il solo è al tramonto, si dice che il giorno se ne va e viene la notte …. Tutti i secoli sono un giorno davanti a me, giudica quindi della durata che deve avere il mondo dallo spazio che resta ancora al sole da percorrere. Io considerai attentamente e giudicai che restavano non più di due ore di altezza del sole. Osservai così che il cerchio che descriveva aveva un certo mezzo tra i giorni lunghi e i giorni corti dell’anno… non dimenticate, aggiunse, che non bisogna più parlare di mille anni per il mondo, non c’è più che qualche secolo e un piccolo spazio di durata … » –
t. IV, p. 125 « Guai all’ultimo secolo, io cominciai a guardare il secolo che doveva cominciare nel 1800, vidi che non c’era giudizio, considerai il secolo 1900 verso la fine; N. S. mi fece conoscere e nel tempo stesso mi mise in dubbio se questo avverrà alla fine del 1900 o in quello del 2000; ma ciò che ho visto è che, se il giudizio avverrà nel secolo 1900, non verrà che verso la fine e che se passa questo secolo quello del 2000 non passerà prima che arrivi.*]
§. II. LE SETTE CHIESE D’ASIA SONO LE SETTE ETÁ SUCCESSIVE DELLA CHIESA UNIVERSALE DOPO L’INIZIO DEL CRISTIAMESIMO FINO ALLA FINE DEI TEMPI.
Quando abbiamo cercato le radici delle parole e dei nomi propri contenuti nell’Apocalisse, abbiamo notato che la parola Asia, in greco Ασια [= Asia] (poiché questo libro è stato scritto in greco) era derivato dalla parola ασις [= asis] che significa limo, fango. Siamo rimasti sorpresi da questa piccola scoperta; noi abbiamo pensato che la Sapienza divina avesse voluto ricordarci che, se la nostra anima è stata fatta ad immagine e somiglianza di Dio, i nostri corpi sono stati formati con il fango che sarebbe, da questo rapporto, nostra madre; si potrebbe così dedurre che l’Asia di cui parla l’Apostolo è la Chiesa madre, la Chiesa universale; e siamo così stati condotti a considerare le sette Chiese d’Asia come le sette parti successive della durata del Cristianesimo sulla terra. – Allo stesso risultato si arriva leggendo la storia delle sette Chiese, così come tracciata da San Giovanni; infatti, esse presentano delle differenze così profonde, che non si possa dire che esse esistano contemporaneamente, prendendo il testo nel suo senso naturale, e fornendo dei punti di repere che servono a distinguere i tempi. È infatti ragionevolmente impossibile il confondere l’epoca del martire Antipa, avvenuta nel IV secolo nel tempo degli Ariani, sotto la Chiesa di Pergamo, con la Chiesa di questo nome, che esisteva trecento anni prima, durante la vita di San Giovanni. È irragionevole volere che la grande Chiesa di Tiatira, che domina il mondo, fosse quella stessa che esisteva nei primi anni della Religione e che, come tutte le sue sorelle, aveva tante pene e tribolazioni. Se si riflette solo un poco, non si potrà collocare la deplorevole Chiesa di Sardi, sì rilassata e deviata, in un’epoca in cui i Cristiani erano così ferventi e devoti al loro Maestro, al punto da correre senza indugi al martirio per la sua causa. Per di più, questo sentimento è condiviso da tutti gli interpreti delle profezie di San Giovanni, ed in particolare da Holzhauser, che ha improntato la sua opera su questa divisione. Per questo motivo, noi non ci dedicheremo a dimostrare una opinione che è diventata salda e generale, quasi come un assioma.
§. III. DUE ETÁ SUCCESSIVE SI INTRECCIANO E COESISTONO PER UNA PARTE DELLA LORO DURATA.
Dacché si è ammesso che le sette Chiese di cui si è parlato nei capitoli II e III dell’Apocalisse sono le sette età successive della Chiesa universale, si deve riconoscere la verità della proposizione che forma il titolo di questo paragrafo. Nell’ordine fisico, una cosa materiale può finire ad un dato punto, e quella che immediatamente la segue può cominciare subito ed nel momento preciso della fine della prima. Ma non è lo stesso nell’ordine morale: là, perché un cambiamento abbia luogo, bisogna che il germe depositato negli spiriti o in alcuni di essi, cresca, si sviluppi, lotti contro le disposizioni che fino ad allora avevano dominato, finisca per vincerle e farle completamente sparire; ma questo germe spinge, si ingrandisce e lotta durante l’esistenza dell’età precedente alla quale non appartiene; di modo tale che le due età procedono nel contempo durante una porzione delle loro durata, e che la fine dell’una coesista con l’inizio dell’altra. – È importante non perdere di vista questa osservazione alla quale il venerabile Holzhauser si è attenuto nel suo Commentario (T. I, pag. 82 della traduzione francese di M. de Wüilleret) e che è riportata in quasi tutte le opere scritte su questa materia; essa faciliterà la comprensione di molteplici passaggi della rivelazione di San Giovanni, ed in particolare di quelli che sono relativi alla fine della quinta età ed all’inizio della sesta.
§. IV. DIVISIONE DELL’APOCALISSE
I. Il libro di San Giovanni è una profezia che presenta la storia della Religione e del mondo dopo N. S. Gesù-Cristo fino alla fine. Il suo senso è profondo, ma non è incomprensibile e chiuso per tutti ad ogni intelligenza; più si avanzerà verso gli ultimi tempi, più gli avvenimenti predetti si svilupperanno, più si potrà sondarlo e conoscerlo. L’insegnamento dei fatti sarà infine così forte che non lo si potrà disconoscere, e questo libro, misterioso fino al presente, sarà universalmente compreso: plurimi pertransibunt, et multiplex erit scientia (Daniele c. XII, v. 4). – Il modo migliore per farsi un’idea esatta e completa di un libro oscuro è quello di sezionarlo. Seguiremo questa procedura per quanto riguarda l’Apocalisse, cercando di farlo in modo razionale, in relazione ai testi sacri. Abbiamo notato che i primi undici capitoli vanno dall’inizio del Cristianesimo fino alla fine del mondo e all’ultimo Giudizio, e abbiamo concluso, con qualche ragione, che questi capitoli costituiscano la storia completa della Religione da vari punti di vista. Lasciando da parte i capitoli XXI e XXII, che trattano del Cielo e della Gerusalemme celeste dopo il Giudizio universale, abbiamo notato che il capitolo XX trattava solo dell’incatenamento e dello scioglimento di satana, della sua azione sulla terra e della sua inazione, e abbiamo dedotto logicamente che presentasse la storia di tutta la Chiesa, sotto l’aspetto delle seduzioni di satana e dei tempi in cui non gli sarebbe più stato permesso di ingannare gli abitanti della terra. Fatto questo, ci restano i capitoli dal XII al XIX compreso. Abbiamo notato che il primo di questi, il capitolo XII, si è aperto con un’azione molto forte del grande Drago, il diavolo e satana, e abbiamo creduto di riconoscere lo scatenamento del diavolo alla fine dei mille anni che seguirono la sua prima seduzione e l’inizio della seconda seduzione, come sono succintamente spiegati nel capitolo XX. Sia il capitolo XII che i capitoli successivi ci sembravano contenere la storia più dettagliata dell’impero di Maometto, degli ultimi tempi e degli sconvolgimenti che precederanno la fine del mondo, storia riassunta brevemente nei primi undici capitoli; e la lettura attenta dei capitoli dal XIII al XIX non ha fatto che confermarci in questa sensazione. In questo siamo d’accordo con il venerabile Holzhauser, che, nel vol. I, p. 517 della traduzione francese di M. de Wüilleret, insegna che questi stessi capitoli (dal XII al XIX) descrivono più nei particolari i regni di Maometto, dell’anticristo e delle ultime piaghe, perché, secondo lui, San Giovanni ha parlato, nei primi undici capitoli, solo in modo indicativo e generale riguardo agli ultimi secoli.
II. Esaminando i primi undici capitoli: abbiamo visto che nei capitoli II e III c’erano le sette Chiese; nei capitoli VI, VII e VIII, i sette sigilli; nei capitoli VIII, IX e XI, i sette angeli che suonavano la tromba, e volevamo sapere cosa potesse significare tutto questo. Una lettura attenta dei testi ci ha portato a pensare che le sette Chiese fossero la storia spirituale dei fedeli in termini di fervore o di rilassamento; che le sette trombe fossero la storia del mondo in termini di condotta dei malvagi; e che i sette sigilli fossero quella stessa storia in termini di eventi pubblici che cambiano il volto esterno delle cose, a seconda che prevalga il bene o il male. Perché abbiamo caratterizzato le Chiese, le Trombe e i Sigilli in questo modo? Perché il testo stesso, nei capitoli II e III, parla delle Chiese, e la Chiesa è il raduno dei fedeli sotto la direzione dei loro legittimi capi; le trombe annunziano solo atti malvagi e disgrazie; infine i sette sigilli, che presentano sia il bene che il male, non possono designare né il bene né il male, e in questo stato possono essere considerati solo come gli effetti della lotta che esiste tra il bene ed il male e gli eventi pubblici che ne derivano.
III. Quanto alle sette piaghe che sono versate dai sette Angeli che hanno le sette coppe, ci sembrano le ultime piaghe che Dio manderà sulla terra negli ultimi giorni (novissimas plagas, cap. XV, v. 1), sebbene possano essere applicate, con qualche fondamento, alle sette età della Chiesa.
IV. Il venerabile Holzhauser non è dello stesso nostro avviso quanto agli ultimi sei sigilli e alle sette trombe; avendo visto, come noi, il trionfo di Gesù Cristo sul paganesimo nel primo sigillo, vede negli altri sei solo le persecuzioni, e nelle sette trombe solo gli eresiarchi e gli errori che essi hanno prodotto. Dimostreremo, nel seguito di questo libro, che questo modo di vedere, che ci sembra vero solo parzialmente, è sistematico e falso per tutto il resto, che spesso non è sostenuto da nessun testo o che a volte fa loro violenza.
V. Le sette chiese sono incluse in due capitoli di San Giovanni, le prime quattro sono nel capitolo II e le altre tre nel capitolo III. Lo stesso vale per le sette trombe: quattro di esse sono menzionate nel capitolo VIII, e le ultime tre sono separate da esse e risuonano nei capitoli IX e XI. Le ultime tre trombe non assomigliano a quelle che le hanno precedute; esse rappresentano tre tempi molto infelici (Et vidi et audivi vocem unius aquilo voLantem per medium cæli dicentis voce magna: Væ, væ, væ habitantibus in terrå, de cæteris vocibus trium angelorum qui erant tuba canturi – Allora guardai e sentii la voce di un’aquila che volava in mezzo al cielo e diceva a gran voce: Guai, guai, guai agli abitanti della terra a causa del suono delle trombe con cui i tre Angeli devono suonare – cap. VIII, v. 13). – Questa diversità nella divisione delle Chiese e delle trombe ci ha fatto congetturare che ognuna di queste trombe possa essere legata alla Chiesa del suo stesso rango; e dal fatto che le ultime tre trombe siano tre guai (væ), abbiamo dedotto che si riferissero alle ultime tre Chiese, e gli sviluppi che daremo nella seconda parte cambieranno probabilmente questa congettura in una quasi – certezza.
VI. I sette sigilli non sono stati divisi nello stesso modo. I primi sei si trovano nel capitolo VI, e il settimo apre il capitolo VIII. Se si considera che all’apertura di quest’ultimo sigillo, ci sia un brevissimo silenzio in Cielo di mezz’ora, che il Cielo taccia e sembri non parlare più (Et cùm aperuisset sigillum septimum factum, est silentium in Cœlum quasi media hora, – e all’apertura del settimo sigillo, fu silenzio in cielo per quasi mezz’ora – cap. VIII, v. 1) si potrà concludere ragionevolmente che questo sigillo sia stato così separato dagli altri sigilli. – Il silenzio dell’ultimo sigillo è molto speciale perché rappresenta la quasi scomparsa della Chiesa, che si nasconde dalla persecuzione dell’anticristo, mentre durante i primi sei sigilli era sempre stata esteriormente e pubblicamente presente, nonostante l’accanimento dei suoi persecutori e gli attacchi ai quali era sottoposta. – Se si esamina l’interno dei sigilli e le parole che li descrivono, si troverà la stessa divisione e separazione che esiste tra le prime quattro Chiese e le ultime tre, tra le prime quattro trombe e le tre che le seguono. – È generalmente accettato che le quattro bestie di cui si parla nei capitoli IV e V dell’Apocalisse siano i quattro Evangelisti. La prima bestia parla all’apertura del primo sigillo, e mostra il cavallo bianco (N.S. Gesù-Cristo) che va a conquistare il mondo. – Il secondo animale parla all’apertura del secondo sigillo, e indica il cavallo rosso delle persecuzioni romane. – Il terzo animale parla all’apertura del terzo sigillo, e mostra il cavallo nero delle eresie – Il quarto animale parla all’apertura del quarto sigillo, e mostra il cavallo pallido cavalcato dalla morte che è l’infedeltà e l’anticristianesimo di Maometto (1 – 2 – 3 – 4: cap. VI, 1-8). – Ma negli ultimi tre sigilli (Cap. VI, 9-17; VIII, 1), nessuno di essi parla più per indicare ciò che sta per accadere, cosa che mostra una differenza significativa tra i primi quattro sigilli da un lato e gli ultimi tre dall’altro. Quale sarebbe il significato di questa differenza? I quattro angeli, dicendo ai primi quattro sigilli: “Venite e vedete” (veni et vide), non implicano sufficientemente che tutto ciò che accade in questi tempi sia nuovo e non sia mai stato visto sulla terra? La loro inazione e il loro silenzio agli ultimi tre sigilli non sembrano implicare che non c’è e non ci sarà nulla di nuovo, ma che questi ultimi tre sigilli vedranno l’applicazione più esplicita e lo sviluppo più completo dei principi malvagi stabiliti nei primi quattro?
VII. Holzhauser non ha detto nulla sulla divisione delle Chiese, dei sigilli e delle trombe, ciò che può essere chiamata la geografia dell’Apocalisse; non è d’accordo con noi sul silenzio che segna l’apertura del settimo sigillo; ma pensa, come noi, che esso rappresenti il dominio dell’empietà, poiché lo identifica con il regno di Giuliano l’Apostata: differisce dunque con noi solo sotto l’aspetto cronologico. Spetta al pubblico giudicare tra la sua opinione e la nostra.
VIII. Secondo l’esposizione che abbiamo appena fatto, le Chiese, i sigilli e le trombe rappresentano le sette età successive della Chiesa universale. La prima Chiesa, il primo sigillo e la prima tromba compongono la storia della prima epoca, sotto tre aspetti distinti, come abbiamo detto. Quella della seconda età si trova nella seconda Chiesa, nel secondo sigillo e nella seconda tromba, e così via fino alla settima età che è esposta nella settima Chiesa, nel settimo sigillo e nella settima tromba, salvo una leggera modifica che poi indicheremo. – Quanto alle sette lodi che si trovano nel capitolo V, v. 12: Dicentium voce magna: Dignus est Agnus qui occisus est accipere virtutem, et divinitatem, et sapientiam, et fortitudinem, et honorem, et gloriam, et benedictionem – dicendo a voce alta: degno è l’Agnello che è stato ucciso, di ricevere la virtù, la divinità, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la benedizione), sono i sette tributi che gli abitanti del Cielo ed i giusti della terra rendono all’Agnello, in ogni epoca della sua Chiesa, o per onorarlo, o per compensarlo degli oltraggi ricevuti; in modo che ogni lode corrisponda all’età che ha lo stesso grado, ed è legata alla Chiesa, al sigillo e alla tromba, che hanno, con essa, lo stesso numero d’ordine.
§ V. DEI VARI COLORI USATI NELL’APOCALISSE.
Se guardiamo il libro di San Giovanni, notiamo come egli abbia usato diversi colori, ognuno dei quali deve avere un significato, perché in una profezia, tutto ha un significato e nulla deve essere trascurato. Questi colori sono quattro: Bianco, Rosso, Nero e il colore Pallido o Cadaverico. Il colore Rosso si divide in due tonalità: il Rossastro e il Rosso propriamente detto. – Il colore Bianco rappresenta la verità, la bontà, il cielo. Si trova anche sulla persona di Nostro Signore Gesù Cristo o del suo Angelo (Caput autem ejus et capilla erant candi di tanquàm lana alba, et tanquàm nix (La sua testa e i suoi capelli erano candidi come la lana bianca e come la neve – Apoc. cap. I, v. 14); sulla pietra che Gesù Cristo dona come premio al vincitore, nella terza Chiesa (Et dabo illi calculum candidum (e gli darò la pietra bianca, – ibid . cap. II, v . 17 ); sulle vesti dei pochi fedeli della quinta Chiesa (Et ambulabunt mecum in albis, quia digni sunt. Qui vicerit, sic vestietur vestimentis albis – cammineranno con me in bianco perché ne sono degni – ibid. cap. III, v. 4, 5); su quelli dei Cristiani della settima Chiesa (Suadeo tibi … ut … et vestimentis albis induaris – vi consiglio di indossare aviti bianchi – ibid. cap. III, v. 18); sugli abiti dei ventiquattro vegliardi nel Cielo (Circumamicti vestimentis albis – vestiti con vesti bianche – ibid. cap. IV, v. 4); su quelli dei santi nel cap. VI, v . 11 (Et datæ sunt illis singulæ stolæ albee – e saranno date loro vesti bianche), e su quelli degli eletti (Hi qui amicti sunt stolis albis qui sunt et undè venerunt? Hi sunt qui venerunt de tribulatione magna et laverunt stolas suas, et dealbaverunt stolas suas in sanguine Agni (Chi sono questi vestiti con una stola bianca e donde vengono? Essi sono coloro che vengono dalla grande tribolazione, e lavarono le loro stole nel sangue dell’Agnello – ibid. cap. VII, v. 13, 14). Il colore bianco si trova in tutto ciò che viene da Dio (Et vidi et ecce nubem candidam – guardai ed ecco una nube candida – ibid. XIV, v. 14. Et exierunt septem angeli vestiti lino mundo et candido – ed uscirono sette Angeli vestiti di lino puro e candido – ibid. cap. XV, v. 6. Et datum est illi ut cooperiat se byssino splendenti et candido – e fu loro dato del bisso splendido e candido – ibid. cap. XIX, v. 8. 19, v. 8. Et vidi cælum apertum, et ecce equus albus – … e vidi il cielo aperto ed ecco un cavallo bianco – ibid. cap. XIX , v . 11. Et exercitus qui sunt in cœlo sequebantur eum in equis albis, vistiti byssino albo et mundo – e l’esercito che è in cielo lo seguiva su cavalli bianchi, vestiti di bisso mondo e candido – cap. XIX, 14. Così possiamo concludere senza temerarietà e con ragione che il cavallo bianco che appare nel primo sigillo non è un persecutore, ma al contrario è il Bene, la Verità, Gesù Cristo stesso (Ibid. cap. VI, v. 1, 2). Holzhauser la pensa come noi sul colore bianco. (T. 1. p. 268. Wüilleret). –
Il colore Rosso comprende la sfumatura Rossastra, che è il colore del fuoco, e la sfumatura propriamente detta Rossa che rappresenta il sangue. Il Drago di cui parla San Giovanni nel capitolo XII, v. 3, 4: (Et ecce Draco magnus rufus … et Draco stetit ante mulierem quæ erat paritura, ul, cum peperisset, filium ejus devoraret – E apparve un grande drago rosso. Egli stava davanti alla donna che stava per partorire per divorare il suo figlio appena nato), è senza dubbio satana, il capo degli angeli ribelli. Appare con il colore del fuoco dell’inferno, il colore rossastro, perché questo luogo di punizioni eterne è stato creato per lui ed i compagni della sua rivolta. Quanto all’empietà, all’anticristianesimo, alla grande Babilonia e alla bestia su cui siede, che perseguitano i buoni e li fanno morire, hanno il colore rosso propriamente detto, quello del sangue (Et vidi mulierem sedentem super bestiam coccineam, et mu lier erat circumdata purpura et coccino – E vidi una donna seduta su una bestia di colore scarlatto… e la donna stessa era vestita di porpora e di scarlatto), Apoc. cap. XVII, v. 3, 4). – Quindi possiamo e dobbiamo pensare che il cavallo rosso che appare nel secondo sigillo è la persecuzione portata avanti dai malvagi e ispirata da satana. –
Il colore Nero non indica la morte, ma la devianza, lo stato di un uomo che non sappia dove si trova, dove stia andando, che non abbia luce per orientarsi, che è nella notte e nelle tenebre dell’errore (Et vidi, cùm aperuisset sigillum sextum. Et sol factus niger tanquàm saccus cilicinus – E vidi, quando fu aperto il sesto sigillo il sole divenne nero come un sacco di crine – Apoc . cap. VI, v . 12). Si deve dunque pensare che il cavallo nero che appare nel terzo sigillo indichi l’eresia (Apoc. cap. VI, v. 5, 6). –
Quanto al colore Pallido e cadaverico, non è la notte dell’errore che conserva un residuo di vita nelle poche verità conservate, ma è la figura della morte, della morte vera e completa; perciò, il cavallo pallido che appare nel quarto sigillo è l’infedeltà, l’anticristianesimo; ecco perché questo animale è cavalcato da uno scheletro, dalla morte stessa (Ap. VI, v. 7, 8). – Per mezzo di questi dati che sembrano plausibili, perché nascono dagli stessi testi sacri, si possono apprezzare le opinioni che Holzhauser ha espresso riguardo ai sette sigilli, e pensare che le congetture che presentiamo siano più razionali e meglio in armonia con l’Apocalisse.
§ VI. SPIEGAZIONE DEL VENTESIMO CAPITOLO DELL’APOCALISSE.
I. Abbiamo detto che il capitolo XX dell’Apocalisse riporta la storia della Chiesa e del mondo è stata fatta in relazione all’azione e all’inazione di satana. Dobbiamo provare questo, e così facendo saremo portati a dare la spiegazione del regno dei mille anni e della seconda morte. Dai termini del ventesimo capitolo risulta che il diavolo eserciti una prima seduzione, che sia poi incatenato per mille anni, e che, slegato di nuovo, eserciti una seconda e più forte seduzione che porta agli ultimi giorni. La prima seduzione non è così chiaramente stabilita come la seconda, ed infatti l’inizio del capitolo ci mostra l’incatenamento di satana; ma esiste nondimeno, è reale e attestata dal motivo che l’Angelo dà, quando getta Lucifero nell’abisso. Questo motivo è che satana non seduca le nazioni più estesamente, cioè non più a lungo, né in modo più forte di quanto abbia fatto finora (ut non seducat ampliùs gentes, Apoc. XX, v. 3). Con questo l’Angelo dimostra che li ha sedotti fino a questo momento; constata la realtà della prima seduzione, e lo sviluppo che dà alla seconda; e mentre non ha detto che poche parole su quella che ha preceduto il regno millenario, sembra significare che la seconda sarà di gran lunga la più grande. Non si dica che l’incatenamento di satana sia iniziato con la comparsa del Cristianesimo, e che la prima seduzione sarebbe stata il regno dell’idolatria e del paganesimo che ha preceduto la venuta di Nostro Signore Gesù Cristo! Nei primi tempi della Chiesa, Lucifero era veramente libero e sguinzagliato sulla terra per rendere più brillante il trionfo del Figlio dell’Uomo. Fu lui che spinse i principi dei sacerdoti a crocifiggere il Salvatore, che ispirò ai Giudei il massacro dei primi Cristiani, che, per 250 anni, armò questi Romani, che erano così poco ostili tanto che fecero di Gesù Cristo uno dei loro dei. L’Apocalisse dimostra questa libertà, nella seconda epoca, con queste parole così chiare del capitolo II, v. 10: Ecce missurus est diabolus aliquos ex vobis in carcerem (sappiate che il diavolo metterà in carcere alcuni di voi). Quando le persecuzioni finirono, satana ricorse ad altri mezzi; sollevò le eresie di Ario, Macedonio, Pelagio, Nestorio, Eutyche, i Donatisti, i Monoteliti, gli Iconoclasti. San Giovanni attesta la sua azione infernale libera e diretta nella terza età, dicendo nel capitolo II, v. 13: Scio ubi habitas, ubi sedes est Satanæ. In diebus illis Antipas testis meus fidelis qui occisus est apud vos ubi Satanas habitat (So dove abiti, là dove satana ha la sua sede. In quei giorni … Antipa fu mio fedele testimone, e che soffrì la morte in mezzo a voi dove abita satana). E tutte queste persecuzioni ed eresie furano cessate e scomparvero al tempo di Carlo Magno, quando questo grande re di Francia, imperatore d’Occidente, che diede alla Chiesa gli Stati che ancora possiede (ora non più, perché usurpati dai massoni sabaudi, – ndr. -). Quale fu dunque il momento di questa prima seduzione? Ci sembra che sia iniziata alla nascita di Nostro Signore Gesù Cristo nell’anno 4004, e che sia finita quando Carlo Magno, alla fine del VI secolo, costituì il regno e persino l’indipendenza anche temporale della Chiesa; poiché l’eresia degli Iconoclasti, l’ultima di tutte, scomparve nello stesso periodo.
II. Essendo satana allora incatenato, il regno della triplice corona per mille anni sarebbe iniziato un po’ prima dell’anno 800 della nostra era, per finire negli ultimi anni del XVIII secolo; e la seconda seduzione sarebbe iniziata nello stesso momento. Molto è stato scritto, discusso e argomentato su questo regno millenario, ma secondo noi è stato tutto ipotetico e vago, perché la storia ed il testo sacro non sono stati studiati a fondo. – Fino a Carlo Magno, la Chiesa fu esposta alle devastazioni e alla tirannia dei principi della terra; alcuni la proteggevano, la maggioranza la perseguitava o cercava di renderla schiava. Nello stesso tempo, apparve l’eresia degli Iconoclasti, che proibivano le immagini di Nostro Signore Gesù Cristo, la sua Croce, il suo Nome e la sua denominazione, la sua santa Madre, il culto delle reliquie e dei Santi. Due rimedi erano necessari per questi due grandi mali; due trionfi erano necessari per questi due abbassamenti, l’indipendenza della Chiesa ed il culto delle reliquie e dei Santi; e questo è ciò che il regno di mille anni ci mostrerà. L’indipendenza e la sovranità della Chiesa sono ben rappresentate da San Giovanni. Egli vede prima dei seggi e delle persone che vi siedono e ricevono il potere di giudicare (Et vidi sedes, et sederunt super eas, et judicium datum est illis, Apoc. cap. XX, v. 4). Con questo caratterizza molto bene il regno temporale della Religione, iniziato alla fine del secolo VIII, e l’alta supremazia esercitata nel Medioevo dai Sovrani Pontefici su tutti i re ed i popoli civilizzati. Il culto delle reliquie e dei Santi è ben espresso nel resto del v. 4. L’Apostolo vede allora le anime di coloro che sono stati messi a morte come testimoni di Cristo e della parola di Dio, che non hanno adorato la bestia o la sua immagine, che non hanno ricevuto il suo segno sulla loro fronte o nelle loro mani (essendo la Bestia l’anticristianesimo che, secondo San Giovanni, esiste dalla venuta di N.S. J.-C., non si può obiettare che il culto della Bestia o della sua immagine riguardi solo gli ultimi tempi), e che vivono e regnano con Gesù Cristo durante i mille anni. Egli aggiunge che coloro che sono morti per il Signore, in questo modo, hanno avuto una parte nella prima risurrezione (che è la parte dei Santi prima della risurrezione dei corpi); che non temono nulla della seconda morte; che gli altri morti non sono vissuti come loro, dopo la morte terrestre, e non sono stati compresi nella prima resurrezione (Et animas decollatorum propter testimonium Jesu, et propter verbum Dei, et qui non adoraverunt bestiam neque imaginem ejus, nec acceperunt characterem ejus in frontibus aut in manibus suis , et vixe runt et regnaverunt cum Christo mille annis, v. 4. Cæteri mortuorum non vixerunt donec consummentur mille anni. Hæc est resurrectio prima, v. 5). Questa seconda parola di San Giovanni si riferisce, come possiamo vedere, al regno dei Santi, e ci sembra rappresentare il culto indiscusso che fu dato loro sulla terra durante i mille anni che seguirono la scomparsa dell’eresia dei distruttori di immagini (Iconoclasti significa appunto rompitori di immagini), un culto che si applicava tanto ai martiri (animas decollatorum), quanto ai semplici confessori (et qui non adoraverunt bestiam neque imaginem ejus). La nostra interpretazione può essere contraddetta solo se si opina che questo regno di mille anni sia quello del Cielo; ma non sarebbe giusto porci una tale difficoltà, perché i Santi che sono in cielo vivono e regnano per tutta l’eternità, e non solo per mille anni, e così diventa evidente che questo regno è quello che ottengono sulla terra con l’onore ed il culto che sono resi loro.
III. Queste parole del v. 5: Cæteri mortuorum non vixerunt donec consummentur mille anni, presentano qualcosa di ambiguo che deve essere chiarito. Prendendo la parola donec nel senso ordinario (fino a), si dedurrebbe che gli altri morti che non vissero per i mille anni entrarono in vita dopo quello stesso tempo; ma si sbaglierebbe a pensarlo, perché la parola donec non ha questo senso nella parola biblica e apocalittica. Ecco alcuni esempi che ne saranno una prova. Si dice, nel capitolo VIII della Genesi, che il corvo che Noè fece uscire dall’arca non ritornò finché (donec) le acque non fossero evaporate o ritirate (dando a questa parola il suo significato ordinario); sappiamo però che non ritornò più: così la parola donec ha un significato definitivo, e non sospensivo o risolutivo. Nel secondo libro dei Re (capitolo VI, v. 23), è riportato che Michol, figlia di Saul e moglie di Davide, non ebbe figli fino alla sua morte (usque in diem mortis suæ); ora, poiché una donna non può vedere e partorire dopo la sua morte, è certo che Michol non ebbe mai un figlio, e che la parola usque, ancora più sospensiva nella lingua ordinaria di donec, ha un significato definitivo nei libri sacri. San Matteo, nel capitolo 1, v. 5, dice che Giuseppe non conobbe Maria, sua moglie, finché ella non diede alla luce il suo primogenito (donec peperit filium suum primogenitum); ora, Giuseppe rimase sempre vergine, così come Maria: quindi, ancora una volta, la parola donec ha un significato definitivo, e non sospensivo o risolutivo (Holzauzer – t. 1. p. 306. Wüilleret – interpreta in questo modo la parola quoadusque del capitolo VII. v. 3. dell’Apocalisse, che è equivalente alla parola donec). In questo stato, il v. 5 del capitolo XX di San Giovanni arriva a questa proposizione: “Gli altri morti non vissero e non regnarono con Cristo, né durante questi mille anni, né dopo, perché, raggiunti dalla prima morte, la morte dell’anima, non avrebbero potuto prendere parte alla prima risurrezione.
IV. Secondo questi dati, la morte ordinaria, quella che conosciamo, sarebbe la prima morte per i malvagi e la prima risurrezione per i buoni, soprattutto per quelli tra loro che, non avendo nulla da espiare, entrano subito in possesso della beata eternità. Il giudizio che segue la risurrezione generale dei corpi sarebbe la seconda morte per i reprobi e la seconda risurrezione per gli eletti. Questa spiegazione risulta dal v. 6 e da queste parole: “Beatus et sanctus qui habet partem in resurrectione prima; nella sua secunda mors non habet potestatem; sed erunt sacerdotes Dei et Christi, et regnabunt cum illo mille anni – Beati e santi coloro che parteciperanno alla prima risurrezione! La seconda morte non avrà potere su di loro, ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo, e regneranno con lui per mille anni). È fornita pure dal v. 14 che, dopo la risurrezione dei corpi e il giudizio, dichiara espressamente che la dannazione eterna che sarà poi pronunciata è la seconda morte (hæc est mors secunda). La segue anche dal capitolo II, v. 11, quando dice ai martiri della Chiesa di Smirne: Qui vicerit non lædetur à morte secunda (Chi vincerà non avrà nulla da temere dalla seconda morte. Holzhauser (t. 1. p . 117. Wuilleret) pensa come noi alla seconda morte), e dal capitolo XXI, v. 8, che afferma che l’inferno, la parte dei reprobi, è la seconda morte (Pars illorum erit in stagno ardenti igne et sulphure, quod est mors secunda (la loro parte sarò nello stagno di fuoco ardente e zolfo, che è la seconda morte). Questa seconda parola di San Giovanni si riferisce, come possiamo vedere, al regno dei Santi.
V. Essendo finito il regno dei mille anni, satana è di nuovo slegato; egli esercita la seconda e più ampia seduzione (amplius, v. 3), esce dall’abisso; seduce le nazioni, Gog e Magog, e le raduna per la lotta contro Dio, in un numero così grande come i granelli di sabbia del mare (Et cum consummati fuerint mille anni, solvetur satanas de carcere suo, et exibit et seducet gentes quce sunt su per qualuor angulos terræ, Gog e Magog, et congregabit eas in prælium, quorum numerus est sicut arena maris, Apoc . cap. XX , v. 7). – Cosa sono Gog e Magog di cui parla San Giovanni? Sappiamo dalla storia che Magog è uno dei figli di Japhet, il ceppo dei turchi e dei tartari. Quanto a Gog, ci sembra essere l’anticristo stesso, colui che verrà negli ultimi giorni del mondo, e per mezzo del quale il diavolo eserciterà la più grande seduzione di sempre, la più grande che gli sia possibile. Gog è l’anticristo, perché, non potendo, come Magog, rappresentare un popolo, un’aggregazione di persone, egli è e deve essere un individuo privato, attraverso il quale satana agisce, dopo averlo sedotto (Seducet gentes … Gog e Magog). Gog di San Giovanni è l’anticristo, il Gog di Ezechiele è lo stesso personaggio; perché l’identità dei nomi indica l’identità delle persone e personaggi, se nulla vi si oppone. Se leggiamo Ezechiele (cap. XXXVIII e XXXIX), è impossibile dubitare che Gog di cui si parla non sia l’anticristo; perché tutte le azioni che gli attribuisce sono ovviamente quelle del figlio della perdizione, e nel v. 17, cap. XXXVIII, il Profeta lo denuncia come tale in modo affermativo dicendo: Tu ergo ille es de quo locutus sum in diebus antiquis, in manu servorum prophetarum Israel, qui prophetaverunt in diebus illorum temporum ut adducerem to super eos (Tu sei dunque colui di cui parlai nei tempi antichi, per mezzo dei miei servi, i profeti d’Israele, i quali annunciarono per questi tempi che ti avrei portato su di loro.)
VI. Tutte le probabilità, tutte le verosimiglianze si riuniscono dunque per identificare l’uomo del peccato in Gog dell’Apocalisse, per fissare il significato generale del capitolo XX della profezia di San Giovanni, e per tracciare la sequenza degli eventi nel seguente ordine: 1° Seduzione ed azione di satana stesso dalla nascita di N.S. J.-C. fino agli ultimi anni del XX secolo; 2°. Regno temporale della Chiesa e del culto dei Santi per mille anni, da quest’ultimo periodo fino alla fine del XVII secolo; 3°. Scatenamento e inizio della seconda seduzione del diavolo stesso negli ultimi anni del secolo terminato nel 1800, e regno dell’anticristo, preceduto da quello dei suoi precursori. Questa seconda seduzione, più estesa della prima, anche se non altrettanto lunga, è legata, per il suo inizio, al capitolo XII dell’Apocalisse che ci mostra, al v. 3, un grande drago rosso, il vecchio serpente, il diavolo e satana (cap. XII , v. 9) che si pone davanti alla Chiesa per perseguitarla e divorarne il figlio: Et Draco stetit ante mulierem quæ erat paritura, ut cùm peperisset, filium ejus devoraret; e a queste parole di Nostro Signore in San Matteo, cap. XXIV, v. 4, 6: Videte ne quis vos seducat. Multi enim venient in nomine meo dicentes: Ego sum Christus: et multos seducent (Badate che nessuno vi inganni, perché molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e inganneranno molti). Queste parole si applicano, come tutti concordano, agli ultimi tempi del mondo, e sono così ben realizzate dagli ultimi anni del XVIII secolo fino ad oggi (L’Apocalisse capitolo XII, con le due persecuzioni del diavolo contro la Chiesa, e il tempo di calma tra di esse, può ben rappresentare le due seduzioni di satana, che sono una all’inizio della Chiesa, l’altra alla fine, e che sono divise dal regno di mille anni).
*La Suora della Natività dice, come noi, che satana è stato scatenato alla fine del secolo scorso (il XVIII), che da allora ha esercitato la sua seconda e più grande seduzione, e di conseguenza pone, come noi, questo regno millenario che precede questa seduzione. Ecco cosa dice su questo argomento:
T. II, p. 260: « Dio mi mostra la malizia dell’inferno e l’intenzione diabolica e perversa dei suoi sostenitori contro la santa Chiesa di Gesù Cristo. Su ordine del loro capo, questi uomini malvagi sono andati in giro per la terra come dei folli, con l’intenzione di preparare le strade e i sentieri per l’anticristo, il cui regno è vicino. Con il soffio corruttore di questo superbo spirito, hanno avvelenato gli uomini, come se molti appestati avessero comunicato il loro male gli uni agli altri, e il contagio diventato generale. Che sconvolgimento, che scandalo! »
« Questo è ciò che ho visto davanti ai miei occhi: è stato satana stesso a distribuire la malattia ai suoi satelliti. “Fu satana stesso che diede ai suoi satelliti una certa materia che toccò sulle loro fronti, o su qualche parte della loro pelle, per imprimere loro un carattere di devozione alla sua opera.” Questi satelliti così toccati mi sembravano immediatamente coperti da una lebbra con cui avrebbero infettato le persone che si lasciavano toccare da loro… Ecco alcune parole che ho sentito molto distintamente: Le sentinelle si addormentarono (Questo sembra riferirsi al v. 16, cap. XIII dell’Apocalisse); i nemici sfondarono le sbarre ed entrarono nella cittadella, dove la assediarono. (Questi termini si riferiscono alla parabola della zizzania e del buon grano, di cui parliamo nella seconda parte (Cùm enim dormirent bomines), e in generale alla quinta età. »
« Il potere delle tenebre ha esteso il suo impero, si è fatto una sinagoga. Ha eretto altari per se stessa, dove ha posto idoli per farli adorare. satana è appena entrato nella sua sinagoga (satana si è così scatenato alla fine del XVIII secolo.). » *
Se i mille anni del capitolo XX dell’Apocalisse sono anteriori alla venuta di Gog, l’anticristo, essi non possono essere posteriori a questo, e quindi le opinioni di certi millennaristi sono da rigettare.
VIII. Alcune menti potrebbero trovare che stiamo mettendo troppa distanza tra lo scatenamento di satana alla fine del regno dei mille anni e l’inizio della seconda seduzione. Cercheranno di ribaltare le nostre congetture e di dire che questi eventi hanno avuto luogo proprio all’inizio del protestantesimo nella prima parte del XVI secolo, e non negli ultimi anni del XVIII. A questa obiezione daremo due risposte: Poiché il numero di mille anni, ripetuto sei volte nel capitolo XX, deve essere preso in seria considerazione, sarebbe necessario che questo regno, comprendente mille anni effettivi, fosse iniziato nella prima parte del secolo, cioè nel tempo in cui la Chiesa era desolata da numerose e spaventose invasioni di barbari ariani, e lottava contro una fonte quasi inesauribile di eresie, una più perniciosa dell’altra. Ora, la ragione non può vedere il regno della Chiesa e il culto delle reliquie e dei Santi in questo secolo, così infelice e così pervertito; quindi, il regno dei mille anni non può iniziare in un momento precedente a quello che gli abbiamo assegnato (La comparsa degli Iconoclasti nei secoli VII e VIII ha impedito l’inizio del regno dei mille anni, durante il quale sussiste il culto delle reliquie dei Santi). D’altra parte, anche se la natura viziata ha approfittato del protestantesimo per arrivare, nel corso delle idee, al razionalismo, cioè alla deificazione della ragione umana, non è arrivata a questo punto fino al XVIII secolo attraverso il filosofismo, e c’è una differenza enorme tra i due tempi. – L’anno 1789 fu seguito, in Francia, dalla Costituzione Civile del Clero, dall’apostasia di una parte notevole dei sacerdoti e dei Vescovi, dalla distruzione degli ordini religiosi, dall’abolizione del culto pubblico e del sacrificio perpetuo (Daniele, cap. XII, v. 11), dalla proscrizione del Cattolicesimo, dall’abominio della desolazione nel luogo santo, con il culto di una prostituta che aveva sostituito Dio sui nostri altari profanati. Questi crimini non si limitarono al nostro Paese [la Francia – ndr.]; si estesero a tutte le regioni sottomesse dalle nostre armi o devastate da esse; essi hanno rovesciato il trono di San Pietro e condotto in cattività due Sovrani Pontefici. È dunque facile riconoscere in questa deplorevole storia contemporanea l’azione di una rabbia più grande e più potente di quella umana, della rabbia satanica portata all’apice, usando tutta la sua potenza, di quella cioè che animerà l’anticristo negli ultimi giorni. Il protestantesimo non è andato così lontano: razionalista per principio attraverso il libero esame, non si è lasciato trasportare nella prima metà della sua durata da tutte le conseguenze che stava generando; ha conservato le Sacre Scritture, pur alterandone il senso in più parti, e scartando certe porzioni un po’ troppo fastidiose; ha racchiuso tra le loro mura la libertà che dava ai suoi seguaci. Con l’eccezione di alcuni figli perduti, come i sociniani, non ha negato o attaccato la divinità di Gesù Cristo. Per fermare la china che avvertiva e che l’avrebbe condotto al razionalismo, continuò a predicare la fede; alzò le barricate delle confessioni, dei sinodi e dei poteri temporali ai quali diede il governo delle anime; e riuscì solo, come religione, a liberarsi delle dottrine che trovava troppo austere, dei doveri che giudicava troppo difficili da compiere, e ad emancipare la carne e tutte le concupiscenze. Fu dunque l’uomo vizioso, ispirato però e guidato dal diavolo, a produrre, propagare e conservare la Riforma, e non satana stesso ad agire direttamente. Le molte sette che ha fatto nascere, gli errori che ha introdotto nelle menti degli uomini, la corruzione che ha portato nei tribunali, sono la zizzania che l’uomo nemico ha seminato tra il buon grano e che, senza distruggerlo, lo ha soffocato e impedito di crescere quanto avrebbe potuto.
FINE DELL’INTRODUZIONE
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