IL SEGNO DELLA CROCE (17)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (17)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA DECIMASESTA.

11 dicembre.

Il segno della croce mette in pezzi gli idoli e ne scaccia i demoni: prove. — Libera da essi gli energumeni: esempi. Recente aneddoto. – Nuove prove. — Rende inutili gli attacchi diretti del demonio: prove. Gli attacchi indiretti: prove: — Tutte le creature soggette al demonio sono strumenti da lui usati a nostra rovina.  — Il segno della croce le sottrae a tale dominio, ed impedisce che siano nocevoli all’anima ed al corpo nostro. — Profonda filosofa dei primitivi Cristiani. — Loro uso del segno della croce. — Quadro di San Giovanni Crisostomo.

La potenza del segno della croce deve estendersi al pari di quella di satana, mio caro Federico. L’usurpatore infernale si è impossessato di tutte le parti della creazione, ed il proprietario legittimo ha dovuto cacciarnelo, e dare a chi avea il diritto di possederle un mezzo onde mettere in fuga un tale usurpatore. Epperò il segno della croce ha, non solamente il potere d’impedire a satana il parlare, ma l’obbliga ad abbandonare le cose ed i corpi che padroneggia. — In conferma di tale verità apportiamo qualche fatto scelto fra mille. Regnava l’imperatore Antonino, e questo Cesare filosofo rompeva a crudelissima persecuzione contro i fedeli. Roma era gremita d’idoli, ed ai piedi di essi erano trascinati i nostri avi per forzarli ad offrire l’incenso. Una delle eroiche nostre sorelle Gligeria, è condotta alla presenza del governatore della imperiale città. « Vediamo, questi le dice, prendi questa fiaccola e sacrifica a Giove. No, risponde la vergine cristiana, io sacrifico all’eterno Dio, e non m’è però mestieri avere il fumo delle fiaccole: fa che sieno estinte, perchè il mio sacrifizio torni a Lui più gradito. Il governatore il comanda, e le fiaccole sono spente. Allora la nobile e casta vergine eleva gli occhi al cielo, stende la mano verso il popolo, e cosi ella gli parla: Vedete la fiaccola, che orna, e splende sulla mia fronte. Così detto fa il segno della croce ed esclama: Dio onnipossente, che siete onorato da’ vostri servi colla croce di G. – C. mandate deh! in pezzi questo demonio fatto dalla mano dell’uomo. Tosto ch’ella ebbe cosi pregato Dio, un fulmine cade, e la statua di Giove è abbattuta » (Baron. T. II.). Simile cosa leggiamo nella persona di san Procopio. Condotto innanzi agli idoli, il glorioso atleta vi resta in piedi, e rivolgesi verso l’Oriente, e forma il segno venerando su tutto il suo corpo; quindi alzando gli occhi e le mani verso il cielo dice « Signor Gesù Cristo! » Nello stesso tempo fa contro la statua un segno di croce, che accompagna con queste parole « Simulacri immondi, io vi dico, temete il nome del mio Dio, fondetevi in acqua e spargetevi sul suolo di questo tempio ». Detto, fatto (Surius, in die 8 oct.). Costretto satana, a vista del segno della croce, ad abbandonare i luoghi da lui abitati, per la virtù dello slesso segno è obbligato di lasciare i corpi degl’infelici di che erasi impossessato. Qui ancora i fatti abbondano, confermati da testimoni degnissimi di fede. – Ed eccoti innanzi ogni altro S. Gregorio, uno de’ più gloriosi Pontefici che abbiano governata la Chiesa Cattolica, che ci racconta un fatto ch’ebbe luogo nella patria sua. A tempo de’ Goti, scriv’egli, il re Totila venne in Narni, piccola città a poche miglia da Roma, essendone vescovo Cassio. Il santo Vescovo credette condursi all’incontro del principe. Il continuo piangere avea arrossito gli occhi ed il volto del santo di modo, che Totila, nulla sapendone, lo attribui ad intemperante uso di vino, epperò mostrò profondo disprezzo per l’uomo di Dio. Ma l’Onnipossente volle mostrare quanto grande fosse colui, che veniva fatto segno al disprezzo del sovrano; epperò nella pianura di Marni alla presenza di tutta l’armata un demonio s’impossessa dello scudiere del re, e ne fa acerbissimo strazio. Lo conducono a Cassio alla presenza del re, ed il santo fatto il segno della croce, il demonio è scacciato. Da quel momento il disprezzo di Totila si rimutò in stima, conoscendo a fondo colui che uvea vilipeso giudicando dalle sole apparenze » (Vir Domini, oratione facta, signo Crucis expulit. Dialog. lib. III, cap. 6). Ascolta questo altro fatto ammirato dalla patria tua. Nella Prussia in un certo luogo chiamato Velsenberg, viveva un uomo ricco e potente a nome Ethelbert, che era posseduto da un demonio; il perchè era uopo assicurarsene con ferri e catene. Molti lo visitavano nei suoi dolori, ed un giorno in presenza di alquanti pagani, e de’ sacerdoti degl’idoli, il demonio gridò: Se il servo di Dio vivo, Swirbert, Vescovo de’ Cristiani non viene, io non partirò da questo corpo. E perchè il demonio non cessava dal ripetere la stessa cosa, gl’idolatri confusi si ritirarono, non sapendo che fare: ma dopo molte esitazioni, si decisero di andar pel santo, e trovatolo lo pregarono con ogni instanza perchè si rendesse presso l’ossesso. Swirbert apostolo della Frisia, e di una parte dell’Alemagna, come devi sapere, consentì, e tosto che il santo mosse verso l’ossesso, questi digrignava i denti, e metteva grida orribili; ma come il santo si avvicinava all’abitazione lo sventurato ammansiva, e restò in fine tranquillo nel suo letto, quasi fosse dolcemente addormentato. Il santo guardatolo, dice a’ suoi compagni di mettersi a pregare, ed egli medesimo prega il Signore perchè si degni scacciare il demonio dal corpo di quello infelice per la gloria del suo Nome, e per la conversione degl’increduli. Finita la preghiera, si alza e fa il segno della croce sull’ossesso, dicendo: « In nome di nostro Signore Gesù Cristo, ti comando, spirito immondo, di uscire da questa creatura di Dio, affinchè essa conosca Colui ch’è vero suo Creatore. Lo spirito maligno al momento istesso sorte lasciando un fetore terribile » (Signavit dæmoniacum signo salutiferae crucis, dicens: In nomine Domini nostri Jesu Christi praecipio Ubi, immunde spiritus, ut exeas ab hao Dei creatura, ut agnoscat suum verum Creatorem. Statimque cum fœtore spiritus malignus exiit.- Marcellin. in vit. S. Sirirbert., c. XX). L’infermo gongolando di gioia, cadeai piedi del santo e dimanda il battesimo, che gli fu accordato. – Ecco, caro Federico, quanto accadeva nella Prussia quando usciva dalla barbarie. Là come dappertutto, a colpi di miracoli il Vangelo s’è fatto accettare, ed il segno della croce n’è stato lo strumento ordinario. Qual è oggi la religione de’ Prussiani? È quella de’ loro primi apostoli? Quella che insegna a fare il segno della croce? – I protestanti dicono che un uomo onesto non deve mutare religione, ed eglino affermano di amare quanti, che conservano la religione de’ padri loro; ma, per me, amo più ancora quelli che conservano la Religione degli avi. – A questo proposito, tu conosci quanto raccontasi del celebre conte di Stolberg, di questo amabile e dotto uomo, una delle glorie della vostra Alemagna, che avea abiurato il protestantesimo: Il re di Prussia ne rimase sì dolente da ritirargli la sua grazia, ma dopo alcuni anni, avendo bisogno di consiglio, mandò per lui. Come il conte fu alla presenza del re, questi gli disse: « Non posso dissimularvi, signor conte, che ho poca stima per un uomo, che muta religione. Ed il conte di rimando: Ecco perchè, Sire, disprezzo profondamente Lutero ». – Che il segno della croce sia arma universale e potente a cacciar dal corpo degli ossessi satana, è chiaro per gli esorcismi della Chiesa. Se tu dai uno sguardo al Rituale romano, tu avrai la prova di quanto dico. Ora gli esorcismi con le loro insufflazioni ed il segno della croce rimontano alla culla del Cristianesimo. Tutti i Padri dell’Oriente e dell’Occidente, che hanno parlato del Battesimo ne fanno menzione. In luogo di tutti ascolta S. Gregorio il Grande. « Quando il catecumeno si presenta per essere esorcizzato, il prete gli soffia in volto affinchè, il demonio scacciato, sia libera l’entrata a Gesù Cristo nostro Dio. Dopo gli fa il segno della croce sulla fronte dicendo: Ti segno colla croce di Nostro Signore Gesù Cristo. E sul petto dicendo: Pongo nel tuo petto il segno della croce di Nostro Signore Gesù Cristo » (Cum ad exoreizandum ducitur, prinio a Sacerdote exsuffletur in faciem ejus, ut, fugato diabolo, Christo Deo nostro pateat introitus. Et tunc in fronte crux Christi agatur, dicendo, etc. – S. Greg. Sacramentar.). – Come qui li vedi descritti, gli esorcismi hanno traversato i secoli, e di presente, essi sono ancora in uso su tutti i punti del pianeta, ove trovasi un prete cattolico, ed una creatura umana da sottrarre all’impero di satana. – Ma i demoni dimorano non solo ne’ tempi e nelle statue dove riscuotono onori divini, nè solamente ne’ corpi degl’infelici, ch’eglino tormentano, ma sono dapertutto, e l’aria n’è piena. Nemici infaticabili ci attaccano di continuo direttamente, o indirettamente per lo mezzo delle creature. Diretti o indiretti, aperti o nascosti, i loro attacchi diventano inutili innanzi al segno della croce. Il Signore, dice Arnobio, ha formato le nostre dita alla pugna, affinchè quando siamo attaccati da’ nostri nemici visibili ed invisibili, noi ne usassimo a formare sulla nostra fronte il segno trionfale della croce (Arnob. in Psalm. CXVIII). – Fra le mille eroine del Cristianesimo, che, fior di beltà e di purezza, maneggiavano quest’arma, quando l’iniquità de’ persecutori le condannava a perdere il candore del giglio di che erano tenerissime, è da annoverare Giustina da Nicomedia. Questa, nata di nobilissima schiatta, quanto bellissima altrettanto ricca, sprezzatrice era del mondo e tipo di cristiana modestia. Queste virtù non la salvarono dall’inspirare ad un giovane pagano cocentissimo amore. L’idolatro giovane a nome Aglaida, per ottenere il cuore di Giustina usò offerte, promesse, preghiere, ma queste inutili tornavano; poiché lo sposo della vergine cristiana era il crocifisso Signore, e da esso non valevano argomenti umani a separarla. Aglaida disperato fa ricorso a Cipriano, venuto in gran fama di mago nella città; ma, questi acceso di eguale amore per Giustina, usò a proprio conto delle sue malie. Tutto l’inferno mosse al soccorso di lui. I demoni i più violenti furono sbrigliati contro la casta e pura vergine di Nicomedia; ma Giustina moltiplicava le preghiere, le mortificazioni, e tutta in Dio raccolta, vigilante, nel forte della battaglia si segnava col segno salutare, ed i demoni vinti e scornati prendevano la fuga. Con tale arma Giustina, non solo salvò la sua virtù, ma ebbe ancora la gloria di guadagnare Cipriano, che fu martire, e divenne una delle più gloriose conquiste del segno trionfatore (Vita 26 sett.). – Antonio, il grande atleta del deserto, maneggiò parimenti quest’arma vittoriosa in tutta la sua vita, che fu continua pugna contro satana, e con essa vinceva il nemico, che, nel forte della pugna, prendeva tutte le forme. Lasciamo parlare il degno storico di un tal uomo. – « Alcune volte, dice santo Atanasio, tale un fracasso orrendo faceasi sentire, che la caverna di Antonio tutta ne tremava, e dalle squarciate pareti si precipitavano in folla i demoni, che prendendo le forme di bestie la riempivano di serpenti, di leoni, di tori, di lupi, d’aspidi, di dragoni, scorpioni, orsi e leopardi, e ciascuno dava grida alla maniera della bestia di che avea presa la figura. Il leone ruggiva, e mostravasi di volerlo addentare, il toro muggendo lo minacciava con le corna, il serpe facea sentire il suo sibilo, il lupo mostrava le zanne, il leopardo colla variopinta pelle mostrava tutta l’astuzia dello spirito infernale; tutti presentavano figure spaventose a vedere, e mettevano voci orribili a sentire. « Antonio, or battuto or ferito, sentiva vivissimi dolori nel corpo, ma l’animo contemplativo restava imperturbabile. Tuttavolta le ferite gli strappassero delle grida di dolore, pure sempre ad un modo parlava a’ suoi nemici burlandosi di loro : « Se voi aveste della forza, diceva Antonio, un solo di voi basterebbe ad uccidermi; ma, poiché la potenza del mio Dio vi snerva, voi venite in folla per farmi paura ». Ed aggiungeva: « Se voi avete qualche potere, se Dio m’ha abbandonato a voi, eccomi, divoratemi; ma se nulla potete, perchè tanti sforzi inutili? Il segno della croce e la confidenza in Dio sono per noi fortezza inespugnabile » (Signum enim crucis et fides ad Dominum inexpugnabilis nobis murus est. – De vit. S. Ant.). Allora i demoni digrignavano i denti, facevano mille minacce ad Antonio, ma vedendo che i loro attacchi a null’altro riuscivano che a farsi beffare, lo lasciavano per tornare a nuovi assalti. Il coraggioso parlare che Antonio, per la fede, faceva a’ demoni, lo ripeteva a’ filosofi pagani: « Quale utilità dal disputare? diceva il patriarca del deserto a questi eterni indagatori di verità. Noi pronunziamo il Nome del Crocifisso, e tutti i demoni che voi adorate come dei arrossiscono. Al primo segno della croce, eglino abbandonano gli ossessi. Vedete: dove sono gli oracoli bugiardi? ove gl’incanti degli Egiziani? Tutto è stato distrutto da che il Nome di Gesù Crocifisso ha rimbombato nel mondo ». Quindi avendo fatto venire degli ossessi, continuando cosi diceva a’ suoi interlocutori: « Coi vostri sillogismi, o con qualsiasi incanto liberate queste povere vittime da quelli, che voi chiamate dei; ma se non lo potete, confessatevi vinti. Ricorrete al segno della croce, e l’umiltà di vostra fede sarà seguita da un miracolo di potenza ». A queste parole, egli invoca il nome di Gesù, fa il segno della croce sulla fronte degli ossessi, ed i demoni fuggono alla presenza de’ filosofi confusi ( Ibid.). ». – I fatti dello stesso genere sono numerosi quasi come le pagine dell’istoria. Tu li conosci, io passo oltre. Agli attacchi diretti e palesi, i demoni aggiungono gl’indiretti e nascosti, non meno pericolosi de’ primi, e più frequenti. Ve n’hanno di due sorta: gli uni interiori, e gli altri esteriori. I primi sono le tentazioni propriamente dette. Ti ho già detto che la croce è l’arma vittoriosa, che le dissipa, e dicendolo mi rendo eco della tradizione universale, e della esperienza giornaliera. « Quando voi fate il segno della croce, ricordate quello che esso significate voi ammansirete la collera, e tutti i movimenti disordinati dell’animo », diceva il Grisostomo (Cum signaris, tibi in mentem veniat totum crucis argumentum, ac tum iram omnesque a ratione adversos animi impetus extinseris. – S. Joan Chrys. Ve adorat. pret. Crucis, n. 3), ed Origene aggiunge: «È tale la potenza del segno della croce, che se la si tiene innanzi agli occhi, e nel cuore, non v’ha concupiscenza, nè voluttà, nè furore che le possa resistere: alla sua presenza tutto l’esercito della carne e del peccato è sconfitto » (Origen. Comment, in Epint. ad Roman., lib. VI, n. 1). I secondi attacchi vengono dal di fuori. Nessuna creatura sfugge alle maligne influenze di satana, e di tutte egli fa strumento della sua collera implacabile contro l’uomo. Te l’ho già mostrato, è un articolo della credenza del genere umano. Quale arma Dio ci ha dato, poiché egli dovea darcene una, per liberarci da tali influenze, e liberandocene preservare la nostra anima ed il nostro corpo dalle funeste insidie di colui, ch’è chiamato, con ragione, il grande omicida, Homicida ab initio? Tutte le generazioni si levano dal fondo de’ sepolcri, per dirmi: È il segno della croce! Tutti i Cattolici viventi nelle cinque parti del mondo, uniscono la loro voce a quella de’ loro antenati e ripetono: È il segno della croce! Scudo impenetrabile, torre fortissima, arma speciale contro il demonio, arma universale del pari potente contro i nemici visibili ed invisibili, arma facile per i deboli, gratuita per i poveri: è questa la definizione, che i morti ed i vivi ci danno del segno adorabile. Quindi due grandi verità: la soggezione di tutte le creature al demonio, e la potenza del segno liberatore a liberarle da essa, ed impedir loro di non nuocerci. Da queste due verità profondamente sentite, sempre antiche e sempre nuove, sortono due fatti logici. Il primo, l’uso degli esorcismi nella Chiesa cattolica; il secondo, l’uso incessante del segno della croce presso i primitivi Cristiani. Che cosa infatti significa l’esorcismo? La credenza, che ha la Chiesa intorno al dominio, che satana esercita sulla creatura. Qual è l’effetto degli esorcismi? Il liberare le creature da questa servitù. Ora, siccome non v’ha creatura che non sia esorcizzata dalla Chiesa, ne segue, che a’ suoi occhi l’universo in tutte le sue parti è un gran schiavo, un grande ossesso, (Questa espressione dell’autore potrà sembrare esagerata; però crediamo aggiungere qualche parola di S. Agostino, che le dà tutta la verosimiglianza. Il santo dottore per ispiegare come i maghi possano, per lo mezzo di satana, operare delle cose straordinarie, afferma che a ciascuna cosa visibile presiede uno spirito, il quale agisce in esse come in parte disgiunta dall’universo; cioè con azione particolare che non può alterare le leggi generali: e come in parte che entra nell’ordine cosmico, e sottosta all’azione universale, e forma parte delle leggi, che reggono l’universo fisico. Per quest’azione che ha satana negli esseri particolari produce delle cose straordinarie,sottostando sempre all’azione della provvidenza divina, che regge tutto il cosmo.  – De diversis quæst. 83, quæst. LXXIX, n. 1.). – – Una grande macchina da guerra continuamente contro noi elevata. Ed a sua volta che cosa era il continuo uso del segno della croce presso i Cristiani? Un esorcismo continuato. Se, con la Chiesa cattolica e col genere umano, si ammette che il demonio agogna asservare tutte le creature, ed usare di tutte esse a veicolo delle sue maligne influenze; che a ciascun’ora, in ogni momento, e per ogni azione l’uomo può entrare in contatto con esse, qual cosa mai è più ragionevole dell’uso costante di un’arma cotanto necessaria? Per le quali cose, il frequente uso di questa segno presso i nostri avi, mostrala loro profonda filosofia. Eglino conoscevano a fondo, ed in tutta la sua distesa la legge del mondo morale, il dualismo; comprendevano che, l’attacco essendo universale e continuo, era mestieri, per conservare l’equilibrio, che la difesa fosse universale e del pari continuata (Per intendere come satana usi di tutti gli elementi della natura per apportar del male alla umana famiglia, e sfogare contro essa l’invidia di che è pieno, è da leggere l’eccellente opera, approvata dall’accademia di Francia, e scritta da una delle sue principali glorie, Monsieur de Mirville. In essa si troverà svolta con scienza ed erudizione questa parte dell’arte satanica: l’opera ha per titolo: Des Esprits ctc. Esortiamo, ancora per lo stesso fine, alla lettura dell’altra eccellente opera di M.r de Mouseaux: La Magie au XIX siecle). Di nuovo, che di più logico? Eglino facevano il segno della croce sopra ciascuno de’ loro sensi. Vuoi intenderne il perchè? I sensi sono le porte dell’anima, e servono da intermedi tra essa e le creature. Quando essi sono segnati della croce, le creature non possono entrare in comunicazione con l’animo, che per lo mezzo de’ mediatori santificati, dove perdono le loro funeste influenze. Ma questo non bastava per i nostri padri. Eglino facevano l’adorabile segno su tutti gli oggetti di loro uso, e per quanto loro fosse possibile, su tutte le parti della creazione. Le case, i mobili, le porte, le fontane, i limiti de’campi, le colonne degli edifizi, le navi, i ponti, le medaglie, le bandiere, i cimieri, gli scudi, gli anelli: in tutto era impresso 1’adorando segno. Impediti dalle occupazioni e dalle distanze de’ luoghi di ripeterlo continuamente ed in ogni dove, lo immobilizzavano scolpendolo e dipingendolo sul prospetto di tutte le creature, fra le quali passavano la loro vita. Parafulmine e monumento di vittoria, tale era allora il segno augusto. Parafulmine divino, atto ad allontanare i principi dell’aria con la loro incalcolabile malizia, ben altrimenti dalle barre di ferro, che sormontano i nostri edifizi per scaricare le nubi pregne di elettricismo. Monumento di vittoria che accenna alla vittoria del Verbo incarnato riportata sul re di questo mondo, come le colonne dal vincitore elevate sul campo di battaglia servono da monumento commemorativo della sconfitta dal nemico sofferta.- Dalle alture di Costantinopoli contempliamo con san Giovanni Grisostomo il mondo smaltato di questi parafulmini, e da questi monumenti di vittorie, « Più preziosa dell’universo, dice l’eloquente patriarca, la croce brilla sul diadema degl’imperatori. Dappertutto dessa si presenta al mio sguardo, e la trovo presso i re, e presso i sudditi, presso le donne e gli uomini; con essa si ornano le vergini e quelle che menarono marito, gli schiavi ed i liberi. Tutti la segnano sulla miglior parte del loro corpo, la fronte, dov’essa risplende come una colonna di gloria. Dessa è alla sacra mensa; nelle ordinazioni de’ preti non manca, ed alla cena mistica del Salvatore io la rimiro: dessa è scolpita in tutti i punti dell’orizzonte, sormonta le case, si eleva nelle pubbliche piazze, ne’ luoghi abitati e nei diserti, lungo le strade, sulle montagne, ne’ boschi, sulle colline, sul mare al sommo delle navi, nelle isole; dessa è sulle finestre e su le porte, al collo de’ Cristiani, sui letti e gli abiti, sui libri e sulle armi ; ne’ festini, sui vasi di oro e di argento , sulle pietre preziose, nelle pitture degli appartamenti. « La si forma sugli animali infermi, su gli ossessi, nella guerra e nella pace, il giorno e la notte, nelle riunioni da sollazzo e di penitenza. Appartiene a chiunque cerca essere protetto da questo segno adorabile. Che v’ha da recar meraviglia? Il segno della croce è il simbolo della nostra emancipazione dalla schiavitù, il monumento della libertà del mondo, ricordo della mansuetudine del Signore. Quando tu lo esegui ricorda il prezzo sborsato pel tuo riscatto, e tu non sarai schiavo di nessuno. Eseguilo, non solo col tuo dito, ma più ancora con la tua fede. Se tu in tal modo lo farai sulla tua fronte, nessuno spirito potrà resistere alla tua presenza; egli vede il coltello da che è stato piagato, e la spada che l’ha ferito a morte. Se alla vista de’ luoghi del patibolo noi siamo presi da orrore; immagina quel che debba soffrire satana ed i suoi angeli, a vista dell’arme con che il Verbo eterno ha abattuta la potenza, ed ha troncato il capo al dragone » (Quod Christy sit Deus opp. t. 1, p. 698, edit. Paris; et in Math., homil. 54, t. VII, p. 610, et in c. Ill ad Philip.).