I SERMONI DEL CURATO D’ARS:
DISCORSI DI SAN G. B. M. VIANNEY CURATO D’ARS
Vol. III, Marietti Ed. Torino-Roma, 1933~
Visto nulla osta alla stampa. Torino, 25 Novembre 1931.
Teol. TOMMASO CASTAGNO, Rev. Deleg.
Imprimatur.
C . FRANCISCUS PALEARI, Prov. Gen.
Proprietà è della traduzione (23-XI-07-10- 29-XII-32-15).
Sull’amore del prossimo.
“Vade, et tu fac similiter”.
(Luc. X, 37).
Un dottore della legge, narra S. Luca, si presentò a Gesù Cristo dicendogli per tentarlo: “Maestro, che cosa bisogna fare per ottenere la vita eterna?„ Gesù Cristo gli rispose:” Che cosa sta scritto nella legge, che cosa vi leggi?„ E l’altro rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutte le tue forze: ed il prossimo tuo come te stesso.„ — “Hai risposto bene, gli replicò Gesù Cristo: va, fa questo, ed avrai la vita eterna.„ Il dottore gli domandò poi chi fosse il suo prossimo, e chi dovesse amare come se stesso. Gesù Cristo gli propose questa parabola: “Un uomo andava da Gerusalemme a Gerico: cadde fra le mani dei ladri che non contenti di averlo spogliato, lo copersero di ferite e lo lasciarono mezzo morto sulla strada. Per caso passò di là un sacerdote che scendeva per la medesima via. Avendolo visto in così misero stato, non lo guardò nemmeno. Poi un levita, avendolo scorto, passò via parimente: ma un Samaritano che faceva la stessa strada, avendolo visto gli si avvicinò, e ne fu vivamente mosso a compassione: discese dal cavallo, e si mise ad aiutarlo con ogni suo mezzo. Lavò le sue ferite con olio e vino, le fasciò, e messolo sul suo cavallo lo condusse ad un albergo, dove ordinò al padrone di prenderne cura, dicendogli che se il danaro datogli non bastava, al ritorno gli darebbe ciò che avesse speso di più. „ Gesù Cristo disse al dottore “Quale dei tre credi tu sia stato prossimo a quest’uomo che cadde nelle mani dei ladri?„ Il dottore gli rispose: “Credo sia colui che gli ha usato misericordia.„ — “Ebbene va, gli disse Gesù Cristo, fa altrettanto ed avrai la vita eterna.„ Ecco F. M., il modello perfetto della carità che dobbiamo avere pel nostro prossimo. Vediamo quindi, F. M., se abbiamo questa carità che ci assicura la vita Eterna. – Ma, per meglio farvene sentire la necessità, vi mostrerò che tutta la nostra religione non è che falsità, e tutte le nostre virtù non sono che larve, e noi non siamo che ipocriti davanti a Dio, se non abbiamo questa carità universale per tutti senza distinzione: cioè per i buoni come per i cattivi, per i poveri come per i ricchi, per tutti coloro che ci fanno del male come per coloro che ci fanno del bene. No, F . M., non vi è virtù che meglio della carità ci faccia conoscere se siamo figli di Dio! e l’obbligo che abbiamo di amare il nostro prossimo è così grande, che Gesù Cristo ce ne fa un comandamento, che mette subito dopo quello col quale ci ordina di amar Lui con tutto il nostro cuore. Ci dice che tutta la legge ed i profeti son compresi nel comando di amare Dio e il prossimo.(Matt. XXII, 40). Sì, F. M., dobbiamo considerare questo dovere come il più universale, il più necessario ed essenziale alla religione e alla nostra salvezza; perché adempiendo questo comandamento adempiamo tutti gli altri. S. Paolo ci dice che gli altri comandamenti ci proibiscono l’adulterio, il furto, le ingiurie e il dire il falso in testimonio: se amiamo il nostro prossimo non faremo niente di tutto questo, perché l’amore che portiamo al nostro prossimo non può soffrire che gli facciamo alcun male (Rom. XIII, 9, 10). Dico anzitutto, che: – 1° questo comandamento che ci ordina di amare il nostro prossimo, è il più necessario alla nostra salvezza, poiché S. Giovanni ci dice che se non amiamo i nostri fratelli, cioè gli uomini, siamo in istato di riprovazione. Vediamo altresì che Gesù Cristo ha tanto a cuore l’adempimento di questo comandamento, che ci dice che solo dall’amore che avremo gli uni per gli altri Egli ci riconoscerà per suoi figli (Giv. XIII, 35). – 2° Affermo inoltre, F. M., che questo obbligo così grande di amarci gli uni gli altri, ci è imposto perché abbiamo tutti il medesimo Creatore, tutti la stessa origine; siamo tutti d’una stessa famiglia, della quale Gesù Cristo è il padre, e tutti portiamo la sua immagine e somiglianza; siamo tutti creati per uno stesso fine, che è la gloria eterna; e tutti fummo redenti dalla passione e morte di Gesù Cristo. Dopo di ciò, F. M., non possiamo rifiutarci di amare il nostro prossimo, senza offendere Gesù Cristo in persona che ce lo comanda sotto minaccia di dannazione eterna. S. Paolo ci dice che avendo tutti una stessa speranza, la vita eterna, uno stesso Signore, una stessa fede, uno stesso battesimo ed uno stesso Dio che è Padre di tutti gli uomini, dobbiamo amare tutti gli uomini come noi stessi se vogliamo piacere a Gesù Cristo e salvare le anime nostre (Ephes. IV, 2-6). Ma, forse chiederete, in che consiste adunque l’amore che dobbiamo al nostro prossimo?
— F. M., esso consiste in tre cose:
1 ° nel voler il bene di tutti; 2° nel farne loro ogni qual volta il possiamo; 3° nel sopportare, scusare e nascondere i loro difetti. Ecco, F. M., la vera carità dovuta al prossimo, ed il vero segno d’una vera carità, senza la quale non possiamo né piacere a Dio né salvare le anime nostre.
1° Dobbiamo desiderare bene a tutti, e sentirci afflitti davvero quando sappiamo che accade al nostro prossimo qualche sventura, perché dobbiamo considerare tutti gli uomini, anche i nemici, come nostri fratelli: dobbiamo usare maniere belle ed affabili verso tutti: non invidiare coloro che stanno meglio di noi; amare i buoni per le loro virtù, ed i cattivi perché diventino buoni: augurare la perseveranza ai primi e la conversione ai secondi. Se un uomo è gran peccatore, possiamo odiare il peccato che è opera dell’uomo e del demonio; ma bisogna amare l’uomo che è immagine di Dio.
2° Dobbiamo far del bene a tutti, almeno quanto possiamo: e lo si fa in tre maniere, che si riferiscono ai beni del corpo, dell’onore e dell’anima. Riguardo ai beni del corpo non dobbiamo mai recar danno al prossimo, né impedirgli di fare un guadagno anche se questo potesse esser nostro. Non vi sono Cristiani così accetti a Dio come quelli che hanno compassione pei disgraziati. Vedete S. Paolo: ci dice che piangeva coi piangenti, e gioiva con chi era contento Quanto all’onore del prossimo, dobbiamo guardarci bene dal nuocere alla sua riputazione con maldicenze e molto meno con calunnie. Se possiamo impedire quelli che parlano male, dobbiamo farlo; se non possiamo, dobbiamo lasciarli od almeno dire tutto il bene possibile di quelle persone. Ma quanto ai beni dell’anima, che sono cento volte più preziosi di quelli del corpo, possiamo loro procurarli pregando per loro, allontanandoli dal male coi nostri consigli, e soprattutto coi buoni esempi: vi siamo specialmente obbligati verso coloro coi quali viviamo. I padri e le madri, i padroni e le padrone vi sono obbligati in modo particolare per il conto che dovranno rendere a Dio dei loro figli e dei loro servi. Ahimè! F. M., si può dire che i padri e le madri amano i loro figli, quando li vedono vivere così indifferenti per ciò che riguarda la salvezza delle anime loro, e non muovono un dito? Ahimè! F. M., un padre ed una madre, che avessero la carità che debbono avere pei loro figli, potrebbero vivere senza piangere dì e notte sullo stato miserando dei loro figliuoli che sono in peccato, che vivono, purtroppo, da reprobi, che non sono più pel cielo, ma sono invece per l’inferno? … Ahimè! F. M., come desidereranno di procurare la loro salvezza se non pensano neppure alla propria? Davvero, F. M., quanti padri e madri che dovrebbero gemere e pregare continuamente per la condizione dei loro miseri figli, li distraggono invece dal bene e li avviano al male parlando ad essi dei torti, delle offese, delle ingiurie, che hanno loro detto o fatto i vicini, della lor mala fede, dei mezzi impiegati per vendicarsi: il che spinge spesso i figli a volersi essi pure vendicare, od almeno a conservare l’odio nel cuore. Oh! F. M., quanto i primi Cristiani erano ben lontani da ciò, perché comprendevano il valore di un’anima! F. M., se un padre ed una madre conoscessero il valore d’un’anima, potrebbero con tanta indifferenza lasciar perdere quelle dei loro figli o domestici? Potrebbero far loro trascurare la preghiera, per farli lavorare? Avrebbero il coraggio di farli mancare alle sacre funzioni? Mio Dio! che risponderanno a Gesù Cristo quand’Egli mostrerà loro che hanno preferito una bestia all’anima dei loro figli? Ah! che dico? un pugno di fieno! O povera anima, quanto poco sei stimata! No, no, F. M., questi padri e queste madri ciechi ed ignoranti, giammai hanno compreso che la perdita dell’anima è un male più grande che la distruzione di tutte le creature che esistono sulla terra. Giudichiamo, F. M., della dignità d’un’anima da quella degli Angeli: un Angelo è così perfetto che quanto vediamo sulla terra od in cielo è meno d’un grano di polvere in confronto al sole: eppure per quanto perfetti siano gli Angeli, non hanno costato a Dio che una parola: mentre un’anima ha costato il prezzo del suo Sangue adorabile. Il demonio per tentare il Salvatore gli offerse tutti i regni del mondo, dicendogli: “Se vuoi prostrarti davanti a me, ti darò tutti questi beni (Matt. IV, 9): „ il che ci mostra che un’anima è infinitamente più preziosa agli occhi di Dio, ed anche del demonio, che non tutto l’universo con quanto contiene (Matt. XVI, 26). Ah! quale vergogna per questi padri e queste madri che stimano l’anima dei loro figli meno di quanto le stima il demonio stesso! Sì, F. M., la nostra anima ha un valore così grande che, dice S. Giovanni Crisostomo, se vi fosse stato anche un sol uomo sulla terra, la sua anima è così preziosa agli occhi di Gesù Cristo, che non avrebbe stimato indegno di sé il morire per salvarla. ” Sì, dice egli, un’anima è sì cara al suo Creatore, che, se essa l’amasse, Egli annienterebbe i cieli piuttosto che lasciarla perire.„ —” 0 mio corpo, esclamava S. Bernardo, quanto sei onorato di albergare un’anima così bella! „ Ditemi, F. M., se foste stati ai piedi della croce, ed aveste raccolto in un vaso il Sangue adorabile di Gesù Cristo, con qual rispetto l’avreste conservato? Ora, F. M., dobbiamo avere altrettanto rispetto e cura per conservare l’anima nostra, perché essa è costata tutto il sangue di Gesù Cristo. “Dacché ho riconosciuto, ci dice S. Agostino, che la mia anima è stata redenta col sangue d’un Dio, ho deciso di conservarla a costo pure della mia vita, e di non ridonarla mai al demonio col peccato. „ Ah! padri e madri, se foste ben convinti che siete i custodi delle anime dei figli vostri, potreste lasciarle perire con tanta indifferenza? Mio Dio, quante persone dannate per aver lasciato perdere qualche povera anima, ciò che, volendo, avrebbero potuto impedire! No, F. M., non abbiamo la carità che dovremmo avere gli uni per gli altri, e soprattutto pei nostri figli e domestici. – Leggiamo nella storia che al tempo dei primi Cristiani, quando gli imperatori pagani li interrogavano per sapere chi fossero, rispondevano: “Ci domandate che cosa siamo, eccolo: non formiamo che un solo popolo ed una sola famiglia, unita insieme dai vincoli della carità: Quanto ai nostri beni, sono tutti in comune: chi ha dà a chi non possiede; nessuno si lamenta, nessuno si vendica, nessuno dice male dell’altro o fa male ad alcuno. Noi preghiamo gli uni per gli altri, ed anche per i nemici; invece di vendicarci facciamo del bene a chi ci fa del male, benediciamo quelli che ci maledicono. „ Ah! F. M., dove sono quei tempi felici? Ahimè! quanti Cristiani al presente non hanno che amore per se stessi, niente pel prossimo! – Volete sapere, F. M., che cosa sono i Cristiani dei nostri giorni? Ecco, ascoltatemi. Se due persone maritate sono del medesimo umore, dello stesso carattere, ovvero hanno le medesime inclinazioni, voi le vedete che amandosi vivono insieme: questo non è cosa rara. Ma se l’umore od il carattere non si accordano, non v’è più pace, amicizia, carità, prossimo. Ahimè! F. M., sono Cristiani che non hanno che una falsa religione: amano il loro prossimo solo quando esso possiede le loro inclinazioni, o favorisce i loro sentimenti ed interessi, altrimenti non possono più vedersi, né tollerarsi in compagnia: bisogna separarsi, si dice, per avere la pace e salvare l’anima propria. Andate, poveri ipocriti, andate, separatevi da quelli che non sono, come dite, del vostro carattere, e coi quali non potete vivere: non potete allontanarvi tanto da essi quanto già lo siete da Dio. Andate, la vostra religione non è che apparenza, e voi stessi non siete che dei riprovati. Non avete mai conosciuto né la vostra religione, né ciò che vi comanda, nè la carità che dovete avere pel vostro fratello per piacere a Dio e salvarvi. Non è difficile amare quelli che ci amano, e che sono del nostro parere in quanto diciamo o facciamo, perché in ciò non facciamo nulla di più dei pagani, che facevano altrettanto. S. Giacomo ci dice (Giac. II, 2, 3): “Se fate bella accoglienza ad un ricco, e disprezzate il povero; se salutate con garbo chi vi ha fatto del bene, mentre appena salutate chi vi ha insultato, voi né adempite la legge, né avete la carità che dovete avere: non fate niente di più di coloro che non conoscono il buon Dio. „ — Ma, mi direte, come dobbiamo adunque amare il nostro prossimo? — Eccolo. S. Agostino ci dice che dobbiamo amarlo come Gesù Cristo ci ama: Egli non ha ascoltato né la carne né il sangue, ma ci ha amati per santificarci e meritarci la vita eterna. Noi dobbiamo augurare e desiderare al nostro prossimo tutto il bene che possiamo desiderare per noi stessi. Sì, F. M., non conosceremo di essere sulla strada del cielo e di amare veramente il buon Dio, se non quando trovandoci con persone interamente opposte al nostro carattere e che sembrano contraddirci in tutto, tuttavia le amiamo come noi stessi, le vediamo di buon grado, ne parliamo bene e mai male, cerchiamo la loro compagnia, le preveniamo, e rendiamo loro servizi, a preferenza di tutti quelli che ci interessano e non ci contraddicono in nulla. Se facciamo questo, possiamo sperare che l’anima nostra sia nell’amicizia di Dio, e che amiamo il nostro prossimo cristianamente. Ecco la regola ed il modello che Gesù Cristo ci ha lasciato e che tutti i santi hanno riprodotto: non inganniamoci, non v’ha altra via che ci conduca al cielo. Se non fate questo, non dubitate un solo istante che voi camminate per la via della perdizione. Andate, poveri ciechi: pregate, fate penitenza, assistete alle funzioni sacre, frequentate i Sacramenti tutti i giorni, se vi piace: date tutta la vostra sostanza a quelli che vi amano, non per questo sfuggirete d’andar a bruciare nell’inferno dopo la vostra vita! Ahimè! F. M., quanto è scarsa la vera divozione, quante divozioni invece di capriccio, d’inclinazione! Vi sono di quelli che danno tutto, e sono pronti a tutto sacrificare, quando si tratta di persone che loro convenga di trattar così o che essi amano. Ahimè! pochi hanno quella carità che piace a Dio e conduce al cielo! F. M., volete un bell’esempio di carità cristiana? eccovene uno che potrà servirvi di modello per tutta la vostra vita. Si racconta nella storia dei Padri del deserto (Vita dei Padri del deserto, t. IV, pag. 23. Storia di Eulogio d’Alessandria e del suo lebbroso), che un solitario incontrò un giorno per via un povero storpio, coperto di ulceri e di putredine: era in istato così miserabile da non poter né guadagnarsi la vita, e neppur trascinarsi. Il solitario, mosso a compassione, lo portò nella sua colletta, e gli diede tutti i conforti possibili. Avendo il povero riprese le forze, il solitario gli disse: “Volete, fratello mio, restare con me? farò quanto potrò per nutrirvi, e pregheremo e serviremo il buon Dio insieme. „ — “Oh! qual gioia mi date, dissegli il povero; quanto son felice di trovare nella vostra carità un sollievo alla mia miseria!„ Il solitario che stentava già tanto a guadagnarsi da vivere, raddoppiò il lavoro per poter nutrire il povero il meglio che potesse, ed assai meglio di se stesso. Ma, dopo qualche tempo, il povero cominciò a mormorare contro il suo benefattore, lamentandosi che lo nutriva troppo male. ” Ahimè! caro amico, gli disse il solitario, vi nutro meglio di me, non posso fare di più per voi. „ Alcuni giorni dopo, l’ingrato ricominciò i suoi lamenti, e lanciò contro il benefattore un torrente d’ingiurie. Il solitario soffrì tutto con pazienza, senza rispondere. Il povero si vergognò d’aver parlato in tal modo ad un uomo così santo, che non gli faceva che del bene, e gli domandò scusa. Ma ricadde bentosto nelle stesse impazienze, e concepì un tal odio contro il buon solitario, che nol poteva più sopportare. “Sono stanco di vivere con te, voglio che tu mi riporti dove m’hai trovato; non son uso ad esser nutrito così male… Il solitario gli domandò perdono, promettendogli che cercherebbe di trattarlo meglio. Il buon Dio gli ispirò d’andare da un caritatevole benestante vicino per domandargli del cibo migliore pel suo storpio. Il benestante, mosso a compassione, gli disse di venire ogni giorno a prendere il vitto. Il povero sembrò contento: ma dopo alcune settimane, ricominciò a fare nuovi e pungenti rimproveri al solitario. ~ Va, gli diceva, tu sei un ipocrita, fai mostra di cercar l’elemosina per me, ed invece lo fai per te: tu mangi la parte migliore di nascosto, e non mi dai che i tuoi avanzi. „ — “Ah! amico mio, dissegli il solitario, mi fate torto. vi assicuro che non domando mai niente per me , che non tocco neppur un briciolo di quanto mi si dà per voi: se non siete contento dei servizi che vi rendo, abbiate almeno pazienza per amore di Gesù Cristo, aspettando ch’io faccia meglio. „ — ” Va, rispose il povero, non ho bisogno delle tue esortazioni, „ e, preso un sasso, lo scagliò alla testa del solitario, che appena poté evitarlo. Di poi il tristo, preso un grosso bastone, di cui servivasi per trascinarsi, gli diede un colpo così forte da gettarlo a terra. “Il buon Dio vi perdoni, dissegli il solitario; da parte mia, per amor di Gesù Cristo vi perdono i cattivi trattamenti che mi usate. „ — “Dici che mi perdoni, ma non è che a fior di labbra; perché so che tu vorresti vedermi morto. „ — “Vi assicuro, amico mio, dissegli dolcemente il solitario, che è con tutto il mio cuore che vi perdono. „ E volle abbracciarlo per dimostrargli che l’amava. Ma il miserabile lo prese alla gola, gli graffiò il viso colle unghie, e tentava strangolarlo. Essendosi il solitario svincolato dalle sue mani, il povero gli disse: “Va pure, ma non morrai che per mano mia. „ Il solitario, sempre preso da compassione e ripieno di carità veramente cristiana, portò pazienza con lui per tre o quattro anni. Durante questo tempo, Dio solo seppe quanto ebbe a soffrire da parte del povero. Questi gli diceva ad ogni momento di riportarlo al luogo dove l’aveva trovato, che preferiva morir di fame o di freddo, od esser divorato dalle belve piuttosto che vivere con lui. Il solitario non sapeva a qual partito appigliarsi: da una parte, la carità gli dimostrava che, riportandolo al posto dove l’aveva trovato, sarebbe morto di miseria: dall’altra, temeva di perder la pazienza nella prova. Pensò d’andar a consultare S. Antonio sul partito da prendere per essere più accetto a Dio: non temeva né le pene, né gli oltraggi che riceveva in cambio dei suoi benefizi; ma voleva soltanto conoscere la volontà di Dio. Arrivato da sant’Antonio, prima ancora di parlare, questi inspirato dallo Spirito Santo, gli disse : “Ah! figlio mio, so che cosa ti conduce qui, e perché vieni a trovarmi. Guardati bene dal seguire il pensiero che hai di mandar via quel povero: è una cattiva tentazione del demonio che vuol rapirti la corona: se avessi la sventura di abbandonarlo, figlio mio, non l’abbandonerebbe il buon Dio. „ Sembrava, a quanto dissegli S. Antonio, che la sua salvezza dipendesse dalle cure che aveva pel poveri. “Ma, padre mio, dissegli il solitario, temo di perdere la pazienza. „ — ” E perché la perderesti, figliuol mio? gli replicò S. Antonio: non sai che è appunto verso quelli che ci trattano peggio, che dobbiamo esercitare la nostra carità più generosamente? Figlio mio dimmi, qual merito avresti esercitando la pazienza con chi non ti facesse mai alcun male? Non sai tu che la carità è una virtù coraggiosa, che non guarda i difetti di chi ci fa soffrire, ma invece guarda Iddio solo? Quindi, figlio mio, ti impegno assai a custodire questo povero: più è cattivo, più devi averne pietà: quanto gli farai per carità, Gesù Cristo lo riterrà fatto a se stesso. Mostra colla tua pazienza che sei discepolo d’un Dio che ha patito. Ricordati che dalla pazienza e dalla carità si conosce il Cristiano. Considera questo povero come quegli di cui vuol servirsi Iddio per farti guadagnare la tua corona. „ Il solitario fu soddisfattissimo di udire da quel gran santo ch’era volontà di Dio ch’ei custodisse il suo povero, e che quanto faceva per luì era assai accetto al Signore. Ritornò presso il suo povero, e dimenticando tutte le ingiurie ed i maltrattamenti ricevuti sino allora, mostrò verso di lui una carità senza limiti, servendolo con una umiltà ammirabile, e non cessando di pregare per lui. Il buon Dio vide nel giovane solitario tanta pazienza e carità che gli convertì il povero: e con questo mostrò al suo servo, quanto gli fosse gradito tutto quello che aveva fatto, perché concesse all’infelice la conversione e la salvezza. Che ne pensate, F. M.? È questa una carità cristiana, sì o no? Oh! quanto quest’esempio nel gran giorno del giudizio confonderà i Cristiani che non vogliono neppur soffrire una parola, sopportare per otto giorni il cattivo carattere d’una persona senza mormorare, e forse volerle male. Bisogna lasciarsi, si dice bisogna separarsi per aver la pace. O mio Dio, quanti Cristiani si dannano per mancanza di carità! No, no, F. M., faceste anche miracoli, non andrete mai salvi, se non avete la carità. F. M., non aver carità è non conoscere la propria religione: è avere una religione di capriccio, stravagante, e volubile. Andate, andate, non siete che ipocriti e riprovati! Senza la carità giammai vedrete Dio, giammai vedrete il cielo… Date i vostri beni, fate grandi elemosine a quelli che v’amano o vi piacciono, ascoltate tutti i giorni la santa Messa, comunicatevi anche, se vi piace ogni dì: non siete che ipocriti e riprovati: continuate la vostra strada e ben presto vi troverete all’inferno! … Non potete sopportare i difetti del vostro prossimo, perché è troppo noioso, non vi piace starvene con lui. Andate, andate pure, disgraziati, non siete che ipocriti, non avete che una falsa religione, la quale, con tutto il bene che fate, vi condurrà all’inferno. Mio Dio! Come è rara questa virtù! Ahimè! è così rara come sono rari quelli che andranno in cielo. Non amo vederli, mi direte: in chiesa, mi causano distrazioni con ogni loro atto. — Ah! disgraziato; di’ piuttosto che non hai carità, che sei un miserabile, che ami solamente quelli che s’accordano coi tuoi sentimenti od interessi, che non ti contraddicono in nulla, e ti adulano per le tue buone opere, che usano ringraziarti dei tuoi benefici, e ti ricambiano con la riconoscenza. – Voi farete di tutto per costoro, non vi rincresce neppur di privarvi del necessario per soccorrerli: ma se vi disprezzano, se vi contraccambiano con ingratitudini, non li amate più, non volete più vederli, fuggite la loro compagnia: nei colloquii che avete con loro, tagliate corto. Mio Dio! quante false divozioni che devono condurci tra i riprovati! Se ne dubitate, F. M., ascoltate S. Paolo, che non può ingannarvi: “Se donassi, egli dice, ogni mio avere ai poveri, se facessi miracoli risuscitando i morti, ma non avessi la carità, non sono altro che un ipocrita (1 Cor. XIII, 3). „ Ma per meglio convincervene, percorrete tutta la passione di N. Signore Gesù Cristo, vedete tutte le vite dei Santi, non ne troverete alcuno che non abbia questa virtù, cioè che non abbia amato quelli che lo ingiuriavano, che gli volevan male, che lo ricambiavano d’ingratitudine nei suoi benefizi. No, no, non ne vedrete uno, che non abbia preferito far del bene a chi gli abbia fatto qualche torto. Vedete S. Francesco di Sales, che ci dice che se avesse un’opera buona soltanto da fare, sceglierebbe chi gli ha fatto qualche oltraggio, piuttosto che uno da cui avesse ricevuto qualche servigio. Ahimè! F. M., una persona che non ha la carità quanto va innanzi nel male! Se alcuno le ha fatto qualche torto, vedetela esaminare ogni sua azione: le giudica, le condanna, le volge in male, credendo sempre d’aver ragione. — Ma, mi direte, tante volte, si vede che agiscono male, non si può pensar diversamente. — Amico mio, non avendo carità, credi che facciano male: ma se avessi la carità, penseresti ben diversamente, perché crederesti sempre che puoi ingannarti, come spesso avviene: e per convincervene, eccovi un esempio, che vi prego di non iscancellar dalla vostra mente, specialmente quando vi verrà il pensiero che il vostro prossimo faccia male. – Si racconta nella storia dei Padri del deserto (Vita dei Padri del deserto, t. VIII, pag. 244, S. Simeone, soprannominato Sal, o Salus. cioè lo Stravagante), che un solitario chiamato Simeone, dopo essere stato più anni nella solitudine, ebbe il pensiero di andare nel mondo: ma domandò a Dio che giammai gli uomini potessero conoscere le sue intenzioni. Avendogli Dio accordata questa grazia, andò nel mondo. Faceva il pazzo, liberava gli ossessi dal demonio, guariva gli ammalati: entrava nelle case delle donne di mala vita, faceva loro giurare che non avrebbero amato altri che lui, dando loro tutto il denaro che aveva. Ognuno lo teneva per un solitario impazzito. Si vedeva ogni giorno quest’uomo, che aveva più di settant’anni, giuocare coi fanciulli per le vie: altre volte si gettava in mezzo ai balli pubblici per danzare cogli altri, dicendo loro qualche parola che mostrasse il male che facevano. Ma tutto ciò si considerava come cosa che veniva da un pazzo, non raccoglieva che disprezzi. Altre volte saliva sui teatri, e gettava pietre su quelli ch’erano sotto. Quando vedeva qualche ossesso dal demonio, si metteva in sua compagnia e imitava l’ossesso come se lo fosse egli pure. Lo si vedeva correre per le osterie, accompagnarsi cogli ubbriachi: nei mercati si rotolava per terra, e faceva mille altre cose assai stravaganti. Tutti lo condannavano, lo disprezzavano; gli uni lo stimavano pazzo, gli altri un libertino ed un cattivo soggetto, meritevole solo della prigione. Eppure, F. M., malgrado ciò, era un santo, che cercava solo il disprezzo, e di guadagnare anime a Dio, sebbene il mondo lo giudicasse male. Il che ci mostra che sebbene le azioni del nostro prossimo ci appariscano cattive, non dobbiamo giudicarle male. Spesso le giudichiamo cattive, mentre agli occhi di Dio non sono tali. Ah! chi avesse la fortuna di possedere la carità, questa bella ed incomparabile virtù, si guarderebbe dal giudicare il suo prossimo e dal volergli male! — Ma, direte, il suo carattere: è troppo cattivo, non si può sopportarlo. — Voi non potete sopportarlo, amico mio; credete dunque d’essere un santo e senza difetti? povero cieco! vedrete un giorno che ne avete fatto soffrire più voi a coloro che vi stanno intorno, che non essi a voi. È cosa solita che i cattivi credono di non far soffrire nulla agli altri, e che debbono tutto soffrire dagli altri. Mio Dio, quanto l’uomo è cieco, quando la carità non trovasi nel suo cuore! D’altra parte, se non aveste nulla da soffrire da coloro che vivono con voi, che cosa avreste da presentare al buon Dio? — Quando, dunque, si potrà conoscere di essere sulla strada che conduce al cielo? — No, no, F. M., finché non amerete coloro che sono d’umore, di carattere differente dal vostro, ed anche coloro che vi contraddicono in quanto fate, sarete solo un ipocrita, mai un buon Cristiano. Fate, finché volete tutte le altre opere buone; esse non vi impediranno d’andar dannati. Del resto vedete la condotta che tennero i Santi, e come si diportarono col prossimo: ed eccovi un esempio che ci mostra come questa virtù sola, sembra assicurarci il cielo. Narrasi nella storia che un solitario, il quale aveva condotto una vita assai imperfetta, almeno in apparenza ed agli occhi del mondo. si trovò all’ora della morte così contento e consolato, che il superiore ne fu sorpreso. Pensando fosse un inganno del demonio, gli domandò donde potesse venirgli tale contentezza, sapendo benissimo che la sua vita non poteva troppo rassicurarlo, considerato che i giudizi di Dio sono così terribili, anche pei più perfetti. “È vero, Padre mio, dissegli il morente; io non ho fatto opere straordinarie, anzi quasi nulla di bene: ma ho cercato in tutta la mia vita di praticare quel gran precetto del Signore, che è quello d’amar tutti, di pensar bene di tutti, di sopportare i difetti, di scusarli, di render loro servizi; io l’ho fatto tutte le volte che n’ebbi occasione: ho procurato di non far mai male ed alcuno, di non parlar male, e di pensar bene di tutti: ecco, Padre mio, ecco quanto forma tutta la mia consolazione e speranza in questo momento, e che, malgrado le mie imperfezioni, mi dà fiducia che il buon Dio avrà pietà di me. „ Il superiore ne fu così meravigliato, che esclamò con trasporto di ammirazione: “Mio Dio! quanto questa virtù è bella e preziosa agli occhi vostri. „ — “Andate, figlio mio, disse al solitario, avete tutto fatto ed adempiuto osservando questo comandamento: andate, il cielo per voi è sicuro. „ Ah! F. M., se conoscessimo bene questa virtù, e quale ne sia il valore davanti a Dio, con quanta premura coglieremmo tutte le occasioni per praticarla, poiché essa racchiude tutte le altre, e ci assicura così facilmente il cielo! No, no, F. M., non saremo che ipocriti, finché questa virtù non accompagnerà tutte le nostre azioni. Ma, penserete tra voi, donde nasce che non abbiamo questa carità, mentr’essa ci rende felici anche in questo mondo per la pace e l’unione che regnano tra coloro che hanno la gran fortuna di possederla ? — F. M., tre cose ce la fanno perdere, cioè: l’avarizia, l’orgoglio e l’invidia. — Ditemi: perché non amate quella persona? — Ahimè! perché non ne avete alcun interesse: avrà detto qualche parola o fatto qualche cosa che non vi piacque: ovvero le avete domandato qualche favore che vi ha rifiutato: ovvero avrà fatto qualche guadagno che speravate voi: ecco ciò che vi impedisce d’amarla come dovreste. E non pensate che, finché non amerete il vostro prossimo, cioè tutti gli uomini, come vorreste essere amati voi, siete un, che se aveste a morire sareste dannato. Eppure vi piace ancora nutrire nel vostro cuore sentimenti che non son davvero caritatevoli; fuggite quelle persone; ma badate bene, amico mio, che anche il buon Dio non vi fugga. Non dimenticate che finché non amate il vostro prossimo, Dio è in collera con voi: se veniste a morire, vi precipiterebbe subito nell’inferno. Mio Dio! si può vivere coll’odio nel cuore? Ahimè! amico mio, voi siete davvero abbominevole agli occhi di Dio, se siete senza carità. È perché vedete dei grandi difetti nel vostro vicino? Ebbene, amico mio, siate ben persuaso che ne avete anche voi; e forse più grandi agli occhi di Dio, e che non conoscete. E vero che non dobbiamo amare i difetti ed i vizi del peccatore; ma dobbiamo amare la persona; perché sebbene peccatore, non cessa d’essere una creatura di Dio, fatta a sua immagine. Se non volete amare che coloro che non hanno difetti, non amereste nessuno, perché nessuno è senza difetti. Ragioniamo, F. M., un po’ più da Cristiani: più un Cristiano è peccatore, più è degno di compassione e d’aver un posto nel nostro cuore. No, P. M., per quanto cattivi siano coloro coi quali viviamo, non dobbiamo odiarli: ma, ad esempio di Gesù Cristo, amarli più di noi stessi. Vedete come Gesù Cristo, nostro modello, si è comportato coi suoi nemici: ha pregato per loro, e per loro è morto. Chi ha indotto gli apostoli attraversare i mari, ed a finire la vita col martirio? Non fu l’amore per gli uomini? Vedete la carità di S. Francesco Zaverio, che abbandona la patria ed i beni, per andar ad abitare tra i barbari, che gli fanno soffrire quanto è possibile far soffrire ad un Cristiano, salvo la morte. Vedete S. Abramo, un solitario, che abbandona la solitudine per andare a predicare la fede in un paese, dove nessuno aveva potuto farla ricevere. Non fu la sua carità causa ch’ei fosse battuto, e trascinato per terra fino ad esservi abbandonato mezzo morto? Non poteva lasciarli nella loro cecità? Sì, senza dubbio; ma la carità, il gran desiderio di salvare quelle povere anime gli fece soffrire tutte queste ingiurie (Vita dei Padri del deserto, t. VIII, pag. 165, s. Abramo, prete e solitario). Sì, F. M., chi ha la carità non vede i difetti del fratello, ma soltanto la necessità di aiutarlo a salvar l’anima a qualunque costo. Aggiungo inoltre, che se amiamo davvero il nostro prossimo ci guarderemo dallo scandalizzarlo, o far cosa che possa distoglierlo dal bene e portarlo al male. Sì, F. M., dobbiamo amar tutti, e a tutti far del bene quanto possiamo e per l’anima e pel corpo: perché Gesù Cristo ci dice, che quando facciamo qualche bene al prossimo nel suo corpo, lo facciamo a Lui stesso: quindi, a più forte ragione, quando l’aiutiamo a salvar l’anima. Non dimentichiamo mai queste parole che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo: “Venite, benedetti del Padre mio, ebbi fame, e mi deste da mangiare, ecc. (Matt. XXV, 34). „ Vedete la carità di san Serapione, che lasciò il suo abito per donarlo ad un povero: ne incontrò un altro, gli diede la sottoveste: non restandogli che il libro del Vangelo, va a venderlo per poter ancora dare. Un discepolo gli domandò chi l’avesse cosi spogliato. Rispose, che avendo letto nel suo libro: “Vendete, date quanto avete ai poveri, ed avrete un tesoro in cielo: perciò ho venduto anche il libro. „ Andò ancora più innanzi, diede se stesso ad una povera vedova perché lo vendesse, e ne ricavasse di che nutrire i suoi figli: e, condotto fra i barbari, ebbe la lieta sorte di convertirne buon numero. Oh! bella virtù! se avessimo la felicità di possederti, quante anime condurremmo al buon Dio!… Quando S. Giovanni l’Elemosiniere pensava a questa bella azione di S. Serapione: “Credetti, diceva a’ suoi amici, d’aver fatto qualche cosa, dando tutto il mio denaro ai poveri: ma ho riconosciuto che non ho ancora fatto nulla, perché non ho dato me stesso come il beato Serapione, che si vendé per nutrire i figli della vedova „ (Vita dei Padri del deserto, t. IV, pag. 49. S. Serapione il Sindonita). – Concludiamo, F. M., che la carità è una delle più belle virtù, e che più d’ogni altra ci assicura l’amicizia del buon Dio: colle altre virtù, possiamo essere ancora sulla strada dell’inferno: ma con la carità, che è universale, che non fugge, che ama i nemici come gli amici, che fa del bene a chi ci fa del male, come a chi ci fa del bene! Chi la possiede è sicuro che il cielo è suo!… È la felicità ch’io vi auguro.