IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (3)
PER Monsig. GAUME prot. apost.
TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.
LETTERA SECONDA.
27 novembre.
Esame della questione.— Presunzioni in favore dei primiCristiani. —1a presunzione: i loro lumi. — 2a presunzione: loro santità — 3a presunzione: l’uso dei veri Cristiani in tutti i secoli. — I padri della Chiesa erano dei grandi geni?
Mio Caro Amico
Ne’ giudizi ordinari le circostanze esteriori producono grande effetto. Soventi volte desse contribuiscono alla formazione della opinione de’ giudici, come le testimonianze dirette. Tu il sai, sono così detti gli antecedenti, la posizione, il carattere morale degli interessati nella causa. Perché eliminarle noi dal processo che ci occupa? Innanzi però di apportare le ragioni de’ primi Cristiani dedotte dalla natura istessa del segno della croce, esaminiamo insieme le presunzioni, che militano in favore della loro condotta. –
Prima presunzione in favore de’ Cristiani è la loro vicinanza agli Apostoli. Gli Apostoli avevano conversato col Verbo incarnato, con la verità istessa, e vistala con ipropri occhi, toccata di loro mani. Eglino erano idepositari e gli organi infallibili della sua dottrina, con ordine d’insegnarla per intiero e senza mutamento alcuno. I Cristiani parimenti avevano visto gli Apostoli e gli uomini apostolici, li avevano intesi ed usato con loro frequentemente ricevendo la fede ed il battesimo dalla bocca e dalla mano di essi. Bevvero la verità alla fonte istessa! – Di questa verità, cui tutto dovevano, si nutrivano, ne facevano la norma del loro operare, conservandola con inviolabile fedeltà, perseverantes in doctrìna apostolorum. E chiaro che nessuno mai trovossi in condizioni migliori per conoscere il pensiero degli Apostoli, e di Nostro Signore istesso. È mestieri però affermare che, se i Cristiani primitivi avessero fatto il segno della croce a ciascun instante, avrebbero ubbidito ciò facendo ad una raccomandazione apostolica; altrimenti gli Apostoli ed i loro primi successori, custodi infallibili del triplice deposito della fede, della morale e della disciplina si sarebbero ben dato la pena d’interdire un uso inutile, superstizioso e tale da esporre i neofiti allo scherno del paganesimo ignorante. Sicché, lo ripelo, i Cristiani della Chiesa primitiva facendo soventemente il segno della croce agivano con piena conoscenza di causa. — Prima presunzione in favore di loro condotta.
Seconda presunzione in favore de’ primi Cristiani; la loro santità. I primi Cristiani erano, non solo peritissimi della dottrina degli Apostoli, ma altresì fedelissimi nella pratica di essa. N’è prova la loro santità, e, che questo fosse il carattere generale de’ primi Cristiani, è facilissima cosa il vedere come sia evidentemente dimostrato.
1° – Eglino amavano piuttosto perdere tutto e la vita istessa nel mezzo di crudeli supplizii, anziché offendere il loro Dio. L’eroismo dell’animo loro durò quanto la persecuzione, tre secoli.
2 ° – Ferventissima n’era la carità. Il cielo e la terra di unita hanno fatto del loro fraterno amore un elogio unico negli annali del mondo. Eglino avevano un sol cuore ed un’anima sola, cor unum et anima una, ha detto di loro Dio stesso. Vedete come si amino, ed in qual maniera sieno solleciti di morire gli uni per gli altri, vide ut invicem ne diligant et ut prò alterutro morì sint parati, esclamavano i pagani.
3° Il cuore nutriva tale un rispetto, e tanta tenerezza per gli Apostoli da esser loro ubbidienti con filiale sommissione. San Paolo, che non era largo di elogi, scrive a’ Cristiani di Roma, che la loro fede è in gran fama nel mondo intiero; e a quelli dell’Asia: che l’amavano siffattamente, che gli occhi istessi gli avrebbero donato. Alla preghiera dell’Apostolo tutte le Chiese gareggiano per correre al soccorso de’ fratelli di Gerusalemme, e Filemone riceve Onesimo.
4° I Padri della Chiesa testimoni oculari continuano siffatta testimonianza in favore della santità de’ primi Cristiani. Tertulliano diceva ai giudici, ai pretori, ai proconsoli dell’impero, sfidandoli: Ne appello alle vostre procedure, o magistrati, cui è commesso il ministero della giustizia. In tutta quella moltitudine di accusati che ciascun giorno è tradotta innanzi ai vostri tribunali, v’ha qualche avvelenatore, un sacrilego, un assassino, che sia Cristiano? De’ vostri rigurgitano le prigioni, i vostri popolano le mine, i vostri ingrassano le belve dell’anfiteatro; de’ vostri è composto l’armento de’ gladiatori. Fra essi non v’ha un solo Cristiano, e se v’ha, vi è pel solo delitto di essere Cristiano (1(1) Apolog. c. 44).
5° – Gl’istorici pagani riconoscono la loro innocenza ed i persecutori istessi rendono omaggio alla loro virtù. Tacito, questo scrittore pur troppo prevenuto ed ingiusto contro i nostri padri, narra gli orrendi massacri di Cristiani de’ tempi di Nerone. Una moltitudine enorme, multitudo ingens, moriva nel mezzo de’ più barbari supplizi. Dessa era innocente di quanto veniva accusata; ma dessa era colpevole dell’odio del genere umano odio generis umani. Così egli. — E chi era mai questo genere umano? Tacito istesso lo dice: Il fango del popolo, la crudeltà vivente. — Perché tant’odio? Perché il male è un nemico irreconciliabile del bene. La santità de’ nostri padri era la condanna severa de’ mostruosi delitti commessi dai pagani; epperò le carneficine di Nerone, e le sue fiaccole viventi. Quaranta anni dopo Nerone, Plinio il giovane governatore della Bitinia riceve ordine da Traiano di procedere contro de’ Cristiani. Cortigiano fedele esegue gli ordini del suo signore per filo ed a segno da dar la caccia dappertutto ai nostri padri e di persona interrogava i torturati. Ma da tutte le sanguinose inchieste qual fu il delitto scoperto? « Tutto il delitto de’ Cristiani, scrive egli a Traiano, è di assembrarsi in alcuni giorni innanzi l’aurora per cantare ad onore di Cristo degli inni, come ad un Dio; obbligarsi con sacramento di non commettere alcun delitto, di guardarsi dal commettere furti, adulterio, spergiuro. Ne ho torturato ben molti, ma non li trovo colpevoli, che di una falsa ed eccessiva superstizione » (Epist. lib. x, ep. 97). – Discorrendo della santità de’ nostri antenati mi son dilungato alquanto, perché dessa, a mio modo di credere, è la presunzione la più forte in favore del segno della croce. Quando uomini di questa tempra si mostrano al cospetto della morte tenerissimi di qualche uso, è mestieri affermarlo più importante di quello, che i tuoi nuovi compagni lo reputano.
Terza presunzione in favore dei Cristiani primitivi, è la pratica de veri Cristiani ne’ secoli successivi. — L’Oriente e l’Occidente hanno visto formarsi tosto delle comunità religiose di uomini e di femmine. In questi asili separati dal mondo lo spirito evangelico e le apostoliche tradizioni sono conservate, se non immobilmente, per lo meno con la maggior fedeltà e verità. Fra gli antichi usi conservati con particolare cura è il segno della croce. I nostri padri, scrive uno de’ loro istoriografi, praticavano il segno della croce con grandissima frequenza e religione. Eglino si segnavano levandosi da letto ed avanti di collocarvisi, avanti il lavoro, sortendo di monastero e dalle celle, e quando vi entravano. A mensa segnavano di croce il pane, il vino, ciascuna vivanda (Marlene De antiq. monach. ritib. lib. 1, c. I, n. 35 etc.). Nel mondo, fuori di questi asili, il segno redentore cammina su di una linea parallela. Tutti quei grandi nomi che nel corso di cinque secoli si sono succeduti in Oriente ed Occidente, quei geni impareggiabili, che sono detti Padri della Chiesa: Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Gregorio, Basilio. Agostino, Grisostomo, Girolamo, Ambrogio, e tutti gli altri, il cui catalogo spaventa l’orgoglio, e lo schiaccia col suo peso; tutte queste sublimi intelligenze facevano assiduamente il segno della croce, ed inculcavano a tutti i Cristiani di eseguirlo in ogni occasione. – Ho detto i Padri della Chiesa essere grandi geni, e grandi uomini. Se come tali li presenterai a’ tuoi compagni, attenditi un sorriso di compassione. Non voler loro portarne astio; i poveri giovani conoscono i Padri della Chiesa, come gli antipodi. Invece dimanda loro quello ch’eglino intendano per grande uomo, ed in mancanza di loro risposta ecco la mia, di che potrai al bisogno far uso.
Chiama grandi uomini coloro, che con genio elevato, profondo, esteso abbracciano l’orizzonte del mondo della verità; che conoscono le scienze, gli uomini e le cose, non superficialmente, ma ne’ loro principii, nel loro scopo ed intima natura; non la sola materia, ma e lo spirito; non l’uomo solo, ma pur l’Angelo; non la sola creatura, ma ancora il suo Creatore; non sol quanto è al di quadella tomba, ma eziandio quanto è oltr’essa. Di tutto non solo le singole parti, ma l’insieme, di che sanno far scaturire delle luminose ed inattese applicazioni al perfezionamento della umanità. Ecco il genio, ed ecco il padre della Chiesa! Tu puoi ben sfidare i tuoi compagni di trovare fra gli antichi ed i moderni qualcuno, che abbia meglio, o così bene in sé attuata la definizione del grand’uomo. Per quanto siano salite in fama le specialità attuali in chimica, in fisica, in meccanica, in industria, non sono, né geni, né grandi uomini. L’uomo, il cui sguardo abbraccia una sola legge dell’armonia universale, non merita il nome di genio; come non si chiama gran musico chi non sa far sortire dal suo strumento che un suono solo, ma quello che fa vibrare armonicamente tutte le corde. Il tempo non mi consente compiere la lettera questa sera, il seguito a domani.