L’APOCALISSE INTERPRETATA DAL BEATO B. HOLZHAUSER (XIV)

L’APOCALISSE INTERPRETATA DAL BEATO B. HOLZHAUSER (XIV)

INTERPRETAZIONE DELL’APOCALISSE

Che comprende LA STORIA DELLE SETTE ETÁ DELLA CHIESA CATTOLICA.

DEL VENERABILE SERVO DI DIO BARTHÉLEMY HOLZHAUSER RESTAURATORE DELLA DISCIPLINA ECCLESIASTICA IN GERMANIA,

OPERA TRADOTTA DAL LATINO E CONTINUATA DAL CANONICO DE WUILLERET,

PARIS, LIBRAIRIE DE LOUIS VIVÈS, ÉDITEUR RUE CASSETTE, 23 – 1856

LIBRO QUARTO

SUI CAPITOLI OTTO E NOVE

§ II.

Del sesto angelo che suona la tromba.

CAPITOLO IX. – VERSETTI 13-19

Et sextus angelus tuba cecinit: et audivi vocem unam ex quatuor cornibus altaris aurei, quod est ante oculos Dei, dicentem sexto angelo, qui habebat tubam: Solve quatuor angelos, qui alligati sunt in flumine magno Euphrate. Et soluti sunt quatuor angeli, qui parati erant in horam, et diem, et mensem, et annum, ut occiderent tertiam partem hominum. Et numerus equestris exercitus vicies millies dena millia. Et audivi numerum eorum. Et ita vidi equos in visione: et qui sedebant super eos, habebant loricas igneas, et hyacinthinas, et sulphureas, et capita eorum erant tamquam capita leonum: et de ore eorum procedit ignis, et fumus, et sulphur. Et ab his tribus plagis occisa est tertia pars hominum de igne, et de fumo, et sulphure, quae procedebant de ore ipsorum. Potestas enim equorum in ore eorum est, et in caudis eorum, nam caudæ eorum similes serpentibus, habentes capita: et in his nocent.

[E il sesto Angelo diede fiato alla tromba: e udii una voce dai quattro angoli dell’altare d’oro, che è dinanzi agli occhi di Dio, la quale diceva al sesto Angelo, che aveva la tromba: Sciogli i quattro angeli che sono legati presso il gran fiume Eufrate. E furono sciolti i quattro angeli che erano preparati per l’ora, il giorno, il mese e l’anno a uccidere la terza parte degli uomini. E il numero dell’esercito a cavallo venti mila volte dieci mila. E udii il loro numero. E così vidi nella visione i cavalli: e quelli che vi stavano sopra avevano corazze di colore del fuoco, del giacinto e dello zolfo, e le teste dei cavalli erano come teste di leoni: e dalla loro bocca usciva fuoco, e fumo, e zolfo. E da queste tre piaghe; dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che uscivano dalle loro bocche fu uccisa la terza parte degli uomini. Poiché il potere dei cavalli sta nelle loro bocche e nelle loro code. Le loro code infatti sono simili a serpenti, hanno teste, e con esse recano nocumento.]

I. Vers. 13. – E il sesto angelo suonò la tromba. Quando dunque il regno dei Longobardi e dei Goti fu distrutto e l’eresia di Ario fu consegnata all’inferno, la Chiesa di Cristo godette di un perfetto riposo e non ebbe nessuna eresia da deplorare dall’anno 800 d.C. fino all’apparizione del diacono Berengario nelle Gallie nell’anno 1048, che osò negare la presenza reale di Gesù Cristo nella Santissima Eucaristia. Nell’anno 1117, Durando di Wandoch insegnò, con un altro settario in Aragona, che il matrimonio non è che un concubinato sotto mentite spoglie; ma entrambi furono bruciati, e così fu messa fine all’eresia nascente. Ugualmente tutte le eresie che apparvero furono soppresse dalla loro origine, così che la Chiesa latina e l’Impero d’Occidente non ebbero alcun evento avverso considerevole da deplorare fino al 1517, quando Martin Lutero, che può essere considerato il principe degli eresiarchi, apparve in Germania. Il santo profeta non descrive tutti i mali minori che colpiranno la Chiesa, ma si limita ai principali, lasciando da parte  quegli eresiarchi intermedi e poco importanti che furono solo, come abbiamo detto, il prodromo della grande sventura che stiamo per descrivere. E questo è il motivo per cui si applica a raffigurare in questa quinta epoca, e sotto la figura del sesto angelo che suona la tromba, il più grande e terribile degli eresiarchi, con tutti i suoi caratteri e con tutte le consequenze dei suoi errori. Basta esaminare il contesto, la natura e il carattere di questo eresiarca e dei suoi errori, per essere convinti che si tratti effettivamente di Martin Lutero che San Giovanni designa letteralmente con il sesto angelo che ha suonato la tromba.

1º Poiché lucifero, il re delle tenebre, trovò in Lutero uno strumento utile per l’esecuzione dei suoi piani, lo scelse come suo capo nella guerra di sterminio che stava per dichiarare contro la Chiesa latina. Lucifero diede a questo monaco, per guidarlo, un dottore di consumata malizia e astuzia, che San Giovanni chiama giustamente l’angelo dell’abisso e il dottore di tutti gli eresiarchi, come abbiamo visto sopra, e il cui nome in latino significa Sterminatore. Ora, si sa che Lutero stesso si è spesso gloriato di questo nome, che in effetti gli si addice.

2° Di conseguenza, Martin Lutero deve essere considerato il peggiore ed il più pericoloso di tutti gli eresiarchi, poiché vomita errori contro la Chiesa latina che sono così perversi e numerosi al punto che non c’è un solo punto di fede o di morale che questo eretico o i suoi seguaci abbiano lasciato intatto. Ne seguì una tale confusione di idee, e gli spiriti erano così divisi tra loro, che questo male può essere considerato come un andare all’infinito. Infatti non si troverà nemmeno una provincia, una città, una frazione, una famiglia, come dire, nemmeno due uomini della stessa casa, che siano d’accordo tra loro su tutti i punti della loro credenza. Il principio fondamentale di questo male ha la sua fonte nella libera interpretazione e nell’esame privato della Sacra Scrittura. Ed è da questo principio che sono sorte un’infinità di sette diverse, i cui principali e primi capi furono Thomas Münzer, Giovanni Ecolampadio, Andrea Carlostadio, Zwinglio, Giovanni Calvino, George David, Christopher Schapler, Philippo Melantone, Martin Bucer, Giovanni di Westfalia, Balthasar Parimontano, Giovanni di Leide, John Spangenberg, Michel Servet, John Brenz, Theodore Bezel, Luke Sterenberg, che erano deisti o trinitari; Louis Alemann che era ateo, ecc. Si veda il catalogo di Lindau, vescovo di Rüremonde, su Martin Lutero, e sull’origine e la patria di tutti gli eresiarchi di quel tempo.

3° Abbiamo imparato fin troppo bene a conoscere, per nostra disgrazia, il carattere peculiare di questa eresia, che è quello di eccitare alla guerra e alla sedizione, come Lutero stesso si compiaceva di pubblicare nei suoi discorsi e scritti, e secondo l’espressione preferita di Zwingle: Il Vangelo richiede sangue. Questa dottrina sediziosa e sanguinaria di Lutero, proclamata e predicata pubblicamente con libelli e predicazioni contro Dio ed i monarchi, causò davvero un terribile spargimento di sangue. Eccitati dalla voce di Lutero, e stimolati alla rivolta da Münzer, Carlostadio, Bucer e altri, una massa di uomini fuorviati, noti con il nome di “contadini”, invasero i monasteri e le chiese di Svevia, Alsazia, Turingia e Franconia, per saccheggiarli e distruggerli. Nella sola Franconia furono saccheggiati fino a 300 monasteri e 180 castelli. Questi ribelli non risparmiarono né persone né beni, e si abbandonarono a tali eccessi nei massacri che facevano dei nobili, che fu intrapresa una guerra aperta contro i contadini, in cui caddero più di 130.000 di questi insensati. Quante vittime dovettero pagare con il loro sangue il furore di Zwinglio nella guerra civile che afflisse così crudelmente la Svizzera! Seguirono le guerre di Francia e Belgio, iniziate nel 1595; poi la guerra di Smalkade, nel 1547; la guerra di Livonia; il massacro di San Bartolomeo, o la guerra civile scatenata da Calvino, che fu preso per un dittatore; e infine la guerra dei protestanti propriamente detta, o guerra dei trent’anni, che iniziò nell’anno 1618 e durò quasi ininterrottamente fino al deplorevole trattato di pace che fu così fatale alla Religione Cattolica, nell’anno 1650. Quante migliaia e persino milioni di vittime caddero in Europa per il ferro, per il fuoco e per la peste? Quante migliaia di Cattolici persero la vita in Inghilterra, specialmente al tempo di Elisabetta, con la pena capitale e per altri tormenti? Lo spirito di questa eresia era così sanguinario, che non risparmiava nemmeno i suoi stessi re e principi: ne troviamo un orribile esempio dato recentemente dagli scozzesi, che hanno tradito e consegnato il loro legittimo sovrano, Carlo Stuart, e dagli inglesi, che lo hanno fatto decapitare con pubblica sentenza, senza nemmeno averlo ascoltato.

4°. L’eresia di Lutero causò tre grandi e orribili mali alla Chiesa e all’Impero Romano, che potrebbero essere paragonati a tre piaghe. Il primo fu la confusione e l’oscuramento delle verità della fede, derivanti da errori opposti tra loro, la cui varietà è sorprendente come il loro numero. Il significato legittimo della Scrittura fu quasi interamente corrotto da Lutero e dai suoi empi seguaci; le versioni della Bibbia furono pubblicate in un numero così grande e così poco conforme l’una all’altra, che non si sapeva più cosa credere o rifiutare. – Il secondo male fu come un grande fuoco acceso nelle menti degli uomini, che raggiunse un tale livello di irritazione che li vide sollevarsi gli uni contro gli altri; stati contro stati, regni contro regni. Tanti orribili e crudeli massacri che si susseguivano quasi senza interruzione, e per così tanto tempo, costarono la vita di centinaia di migliaia di uomini. Tale fu la terribile conseguenza di questa libertà, o piuttosto di questa licenza, che fu predicata al popolo per persuaderlo che né gli uomini né gli Angeli avevano alcun diritto di imporre loro delle leggi, se non nella misura in cui erano disposti ad accettarle. Il celibato era stato definito una tirannia. Il potere e la giurisdizione del Sommo Pontefice, dei Vescovi e dei prelati della Chiesa, furono tenuti in disprezzo, e tutti i precetti ecclesiastici furono violati. Il diritto di impadronirsi dei beni, dei principati e delle dignità della Chiesa era attribuito ai principi temporali, mentre i sacerdoti avevano solo il diritto di essere mantenuti. Gli inferiori si ribellarono ai loro superiori e ci si scrollò dal giogo del Signore. Gli stessi ecclesiastici si spogliavano delle loro vesti per sposarsi. I principi e i nobili cominciarono a odiare il Sommo Pontefice, i Vescovi e i sacerdoti, spogliarono i vescovadi, le prebende, i benefici e i monasteri, etc. e quando l’imperatore volle impedirglielo, presero le armi e si rivoltarono contro di lui. Chi vuole saperne di più su questa tragedia infame, legga la storia degli eventi che si svolsero dal 1525 al 1650. Ma non abbiamo ancora visto la fine di questi mali in Inghilterra, Scozia e Irlanda, e la Germania non sarà in pace a lungo. Ora, chiunque esamini attentamente e spassionatamente la causa di queste disgrazie, sarà costretto ad attribuirla unicamente a questa terribile eresia. – 3) Il terzo male che produsse fu la corruzione di tutta la morale e la disciplina, sia ecclesiastica che civile; perché è noto che non c’è un solo punto della morale e di tutto ciò che riguarda i buoni costumi che Lutero non abbia avvelenato col suo respiro pestilenziale. Da ciò possiamo concludere che questo eresiarca non solo ha condotto una guerra spirituale o morale, ma che ha attaccato e addirittura sconvolto, politicamente parlando, quasi tutto l’Impero Romano.

5°. Il linguaggio di Lutero e dei suoi seguaci era presuntuoso, superbo ed audace, tanto da non risparmiare alcuna cosa, per quanto santa, né alcuna verità, anche la più antica e meglio stabilita. La sua bocca, come quella di un leone, strappava e divorava tutto; vomitava, per così dire, sarcasmo, disprezzo e calunnie contro l’autorità del Sommo Pontefice, e contro la scienza e la virtù dei santi Padri, non risparmiando nella sua furia né uomini né Angeli, nemmeno la santissima Trinità. Per convincercene, leggiamo i suoi scritti, e soprattutto i discorsi pubblici che fece nelle assemblee di Worms, e in particolare quello del De Destructione, che è il più importante lib. Contro il re d’Inghilterra.

6° Questa eresia invase in breve tempo non solo tutta la Germania, ad eccezione della Baviera e del Tirolo, ma anche quasi tutti i popoli del Nord. Si diffuse in Francia, Belgio, Ungheria e Polonia. Inghilterra, Scozia, Danimarca, Svezia e quasi tutte le città imperiali si separarono dalla Chiesa latina. Come un torrente devastante, trascinò dietro di sé i principi dell’impero, e prese un tale incremento di forza ed estensione, che si diffuse in breve tempo, e si estese e continua ad estendersi per terra e per mare, poiché la sua dottrina lusinga il potere e l’avarizia dei principi, e il gusto depravato di una generazione carnale. satana, non potendo fare nulla nel mondo da solo, si servì di Lutero per permesso divino, ed ebbe fin troppo successo nell’esecuzione dei  suoi piani infernali, perché ogni carne aveva corrotto le sue vie, e nessuno si accontentava di vivere secondo la sua condizione. Il popolo cercava la licenziosità, i principi e i nobili gli onori e le ricchezze, e il clero, disgustato dal celibato, si dava alle voluttà. C’è dunque da meravigliarsi che tutti questi stati abbiano accettato così facilmente la lusinghiera ma perversa dottrina di Lutero? È a questa generazione perversa che San Paolo rivolge queste parole così piene di verità (II Tim. IV, 3): « Verrà il giorno in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina e moltiplicheranno a loro piacimento i maestri che lusingheranno il loro orgoglio; e chiuderanno i loro orecchi alla verità e li apriranno alle favole. » Le affermazioni di Lutero erano così stravaganti che ogni uomo ragionevole deve essere colto da stupore nel vedere monarchi così grandi innamorarsi di esse; ma, ahimè, questi principi hanno moltiplicato i maestri a loro piacimento, che hanno lusingato il loro orgoglio e la loro lussuria, come fanno tuttora.

7° Infine, questa eresia di Lutero distillò un veleno ancora più fatale nella pseudopolitica e nell’ateismo, i cui principali propagatori furono Machiavelli, Bodin ed altri. Infatti, le loro opere sono venerate da principi, nobili e molti uomini illustri che tuttavia si vantano di essere Cattolici. E questo nuovo, mascherato sotto apparenze lusinghiere per i sensi, infetta ed avvelena negli spiriti degli uomini tutto ciò che i primi errori, che ne sono gli elementi, avevano lasciato intatto. La sua essenza pestilenziale si è insinuata nei consigli dei principi, degli Stati e delle repubbliche, che ispira, governa e dirige. – È attraverso di essa che tutto viene detto, sentito, tollerato, permesso e attuato contro la verità e la giustizia. E questa è la coda e le conseguenze finali di questo drago e della sua fatale dottrina. Perché Machiavelli e Bodin, e soprattutto i seguaci di Calvino, raccolsero questa essenza di veleno dalle piante del campo dell’errore, e la mescolarono con lo spirito infernale, per produrre sulle anime l’effetto che Lutero stesso non era stato in grado di ottenere. Fu infatti con l’infusione di questa essenza nelle menti e nei cuori che lucifero riuscì ad impedire la vera riforma e la conversione del mondo alla fede cattolica. Con questo mezzo rese impossibile la restituzione dei beni della Chiesa, insegnò agli uomini a nascondere la fede e impregnò gran parte della nobiltà di principi falsi e abominevoli. Con questo rese inutili tutti gli sforzi che sono stati tentati con la discussione ed anche con la forza delle armi, per guarire l’Europa e specialmente la Germania. È proprio vero che la saggezza o piuttosto l’astuzia di questo mondo prevale facilmente sugli uomini! (Luca, XVI, 8): « I figli di questo mondo sono più abili dei figli della luce nel condurre i loro affari. » Abbiamo visto le parole di Gesù Cristo adempiersi in Germania, (Matth. XII, 43): « Quando lo spirito immondo esce da un uomo, vaga in luoghi aridi, cercando riposo, e non lo trova. E dice: “Tornerò a casa mia da dove sono venuto”. E quando ritorna, la trova vuota, pulita e adornata. Poi va e prende con sé altri sette spiriti più malvagi di lui, ed entrando vi dimorano, e l’ultimo stato di quell’uomo diventa peggiore del primo; e così sarà questa generazione criminale. » Vediamo, infatti, tutte le eresie moderne risolversi in una sola, e finire nello pseudopoliticismo e nell’ateismo. Ognuno si forma una coscienza ed una religione a sua scelta, che basa sui suoi principi politici. Cos’altro è la religione degli pseudo-politici e degli atei se non pura ipocrisia? Poiché essi dicono in cuor loro: che mi importa della religione? Dio non esiste, è una parola; non c’è altra vita che questa. E così si prendono gioco delle più grandi verità. È di questa razza empia che parla il santo re Davide quando dice: (Sal. XIII, 1): « Lo stolto ha detto in cuor suo: “Non c’è Dio”. Sono perversi e corrotti, e sono abominevoli in tutti i loro affetti. Non ce n’è uno che faccia del bene, neppure uno….. La loro gola è un sepolcro aperto; hanno usato la loro lingua per ingannare con abilità; il veleno degli aspidi è sotto le loro labbra. La loro bocca è piena di maledizioni e di amarezza; i loro piedi si affrettano a spargere sangue. Tutte le loro vie tendono solo ad affliggere ed opprimere gli altri; essi non hanno conosciuto la via della pace; il timore del Signore non è davanti ai loro occhi; non capiranno questi operatori di iniquità, che divorano il mio popolo come un pezzo di pane? Etc. » Da questo compendio storico passiamo ora al testo.

II. Vers. 13E il sesto angelo suonò la tromba. Questo sesto angelo era Martin Lutero, il principe degli eresiarchi, e uno di quelli descritti sotto le sette trombe. Egli suonò la sua declamando contro le indulgenze e diffondendo i suoi orribili errori, con i suoi discorsi, con i suoi scritti e con i suoi seguaci. (De occasione et causa hujus apostasiæ vide Doctorem Gabriel. Prateolum, Marcassium, Lib. 10. Elench. Alfabet. Hæreticorum). Fu contro questo eresiarca che si riunì il Concilio Ecumenico di Trento, sotto gli imperatori Carlo V e Ferdinando, e con i Pontefici Paolo III, Marcello II, Paolo IV, Pio IV e Pio V. Lutero fu condannato all’unanimità come eretico, i suoi libri erano già stati condannati a Roma il 7 luglio 1520, ed egli stesso era stato scomunicato in precedenza da Leone X, lo stesso Papa che aveva concesso e pubblicato le indulgenze della Chiesa in Germania. La cura di questa pubblicazione era stata affidata all’Elettore di Magonza, il quale, secondo l’usanza, la affidò ai Domenicani; e fu questo che eccitò la gelosia, l’avarizia e l’orgoglio di Lutero e dei suoi seguaci, fino all’apostasia. E udii una voce dai quattro angoli dell’altare d’oro, che è davanti a Dio.

Vers. 14. – Una voce disse al sesto angelo che aveva la tromba: Slegate i quattro angeli che sono incatenati sul grande fiume Eufrate. Con l’altare, San Giovanni designa qui la Chiesa universale, ovvero i prelati, i Vescovi, i dottori ed i sacerdoti uniti al loro capo, il Sommo Pontefice. Essi sono veramente chiamati l’altare, perché è in essi e attraverso di essi che le preghiere e le buone opere del Cristianesimo sono offerte quotidianamente a Dio Padre attraverso Gesù Cristo; ed è da questo altare che l’incenso del pentimento e del dolore sale al cielo. Perciò questo altare è chiamato d’oro, perché solo la Chiesa è continuamente illuminata dalla saggezza eterna che l’oro rappresenta. Si dice anche che questo altare sia davanti a Dio, perché la Chiesa Cattolica è sempre presente agli occhi del Signore, che la custodisce e la protegge in modo molto speciale, e le impedisce di cadere in qualsiasi errore o di essere vinta da qualsiasi nemico. Se i suoi membri sono colpevoli di qualche colpa, Egli li castiga e li corregge come un buon Padre, secondo la Sua promessa in Paralipomeni, II, c. VII, 15, a proposito del tempio di Salomone, che era la figura della Chiesa Cattolica: « I miei occhi saranno aperti e i miei orecchi attenti alla preghiera di chi mi invoca in questo luogo, perché ho scelto questo luogo e l’ho santificato, affinché i miei occhi e il mio cuore siano sempre fissi su di esso. » Così una cosa che è davanti a Dio significa, secondo la Scrittura, la cura, la sollecitudine, la preoccupazione e l’amore paterno del Signore per essa. Ora, tale è la Chiesa di Gesù Cristo, che Egli ha acquistato con il Suo prezioso sangue. Abbiamo un esempio di questa sollecitudine e vigilanza nella storia naturale degli animali: chi non ha avuto occasione di ammirare nelle femmine degli uccelli la loro vigile sollecitudine e le loro ali di protezione per i loro piccoli? – Questo altare di cui parla San Giovanni nel suo testo, aveva quattro angoli, per significare ancora meglio la Chiesa che si estende nelle quattro parti del mondo, in Oriente e in Occidente, nel Nord e nel Sud; e come la Chiesa universale sia l’assemblea di tutti i fedeli del mondo riuniti sotto un solo capo, che è il nostro santo Padre il Papa, e poiché ogni volta che si riunisce in un Concilio generale, tutti i prelati e tutti i dottori del mondo sono convocati, ecco perché troviamo queste parole piene di significato e di verità nell’Apocalisse: E udii una voce che veniva dai quattro angoli dell’altare d’oro. Questa voce era la voce del Santo Concilio di Trento che usciva dai quattro angoli dell’altare. Era uno, perché questo Concilio era generale e condannò con voce unanime, e consegnò a satana, l’empio Lutero con tutti i suoi errori. Questa voce disse al sesto angelo, Martin Lutero, che aveva la tromba, e al quale Dio aveva permesso di predicare, di propagare, di diffondere da sé e dai suoi seguaci, gli errori più numerosi, più vari e più biechi, che le sue passioni sfrenate, il suo orgoglio indomabile e la sua  impareggiabile audacia, erano stati in grado di produrre. Scatenare i quattro angeli; è un modo di parlare per provocare qualcuno alla battaglia e dichiarargli guerra, quando tutti gli altri mezzi di pacificazione sono stati esauriti per risolvere una questione urgente e necessaria. Così procedette Gesù Cristo quando vide che il diavolo era entrato nel cuore di Giuda, che doveva tradirlo e consegnarlo ai Giudei,  e gli disse, (Jo. XIII, 27): « Fai presto quello che stai per fare ».  Ed è così che noi stessi agiamo quando vediamo che non c’è altro modo di sfuggire ad un nemico che una giusta difesa; ci prepariamo risolutamente alla battaglia e attacchiamo senza paura il nemico che ci insulta. Questa espressione imperativa: “Slegate“, non è dunque altro che una provocazione alla guerra spirituale contro la furia di satana e di tutto l’inferno, che si serviva di questo eresiarca per cercare di sterminare la Chiesa latina. Abbiamo detto che questa espressione di “Slegate” è imperativa, ordinando al Sovrano Pontefice e al Concilio di Trento, in effetti, di emettere una sentenza di scomunica e di condanna contro l’empio Lutero ed i suoi seguaci; e questa fu l’occasione che più accese la sua furia e lo eccitò alle più vergognose diatribe contro i Sovrani Pontefici, contro i santi Concili, le indulgenze, il celibato, le dignità, il potere, l’autorità ed i beni ecclesiastici. Di questo ci si può convincere per mezzo dei suoi scritti e dei suoi discorsi. Inoltre, questo nemico infernale sobillava i principi dell’impero, il popolo e persino gli ecclesiastici contro il Papa, i Vescovi ed i prelati, cercando sempre e con ogni mezzo di sterminare la Chiesa. Questo, almeno, si vede chiaramente negli sforzi che sono stati fatti e vengono fatti ancora al giorno d’oggi. Slega i quattro angeli che sono incatenati sul grande fiume Eufrate. Con il grande fiume Eufrate intendiamo l’Impero Romano che è chiamato un grande fiume. – 1°. Per la moltitudine di popoli che la compongono. Perché l’Europa, che appartiene interamente a questo impero, è molto popolosa, secondo queste parole dell’Apocalisse … (c. XVII, 15): « Le acque che hai visto, dove siede la prostituta, sono i popoli, le nazioni e le lingue. » 2° Perché l’Eufrate era uno dei quattro grandi fiumi del paradiso terrestre, secondo la Genesi, (II, 14): « Il quarto fiume è l’Eufrate »; così l’Impero Romano era uno dei quattro principali imperi del mondo e anche il più grande, il più potente ed il più durevole, come vediamo nella storia romana e nelle profezie di Daniele, II. – Quale non fu la potenza di questo impero, che era come il ferro, e che, come il ferro, rompeva e sottometteva tutti i re della terra e li rendeva ad esso tributari, anche se attualmente questo impero è molto piccolo, ed anche così diviso, in cui si vede solo confusione, come il Profeta aveva predetto. 3º Come l’Eufrate è molto grande verso la sua sorgente, ma poi si divide in vari fiumi, così l’impero romano fu dapprima immenso, poi diminuì col tempo e si divise in vari regni e repubbliche che si separarono da esso o per ribellioni, o per defezioni dalla fede cattolica, o infine per qualche altra circostanza; così che ora ne rimane solo una piccola parte, piena di problemi, come abbiamo detto. Il numero quattro è spesso usato per esprimere la totalità di una cosa; così vediamo in San Matteo, XXIV, 31: « Egli manderà i suoi angeli con una tromba e un grande rumore, ed essi raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti », cioè tutti gli eletti. Ora, allo stesso modo, i quattro angeli menzionati qui da San Giovanni devono essere intesi come l’universalità dei malvagi che Lutero ha convocato per fare guerra alla Chiesa di Dio. E questi malvagi si dividono in due categorie: 1. Quella degli ecclesiastici che questo eresiarca reclutò tra il suo stesso popolo e tra un numero infinito di altri ordini religiosi e secolari, come Carlostadio, Munzer, Ecolampadio, Zuinglio, Calvino e un gran numero di altri. 2. La seconda categoria è costituita dai principi dell’impero e dai cosiddetti dottori della Riforma, che Lutero scatenò come bestie feroci contro gli imperatori e i re, per distruggere le chiese e i monasteri e per impadronirsi dei beni ecclesiastici e dei vescovadi. Fece tutto questo soprattutto in odio al Sommo Pontefice, ai Vescovi e ai sacerdoti, e per avversione alla Chiesa e alla fede cattolica, che i santi Padri, i Dottori e tutti i santi hanno sempre adornata, mantenuto pura e incontaminata attraverso tutte le epoche e le difficoltà del tempo. I più perversi di questi principi empi e aggressori furono l’Elettore di Sassonia, che abolì i vescovadi e tutti i monasteri nei suoi stati, gli Elettori di Brandeburgo, di Heidelberg, di Brunswich, il Langravio d’Assia, i re di Svezia, di Danimarca e d’Inghilterra, ed un numero infinito di altri principi, duchi, marchesi, conti palatini, baroni e nobili. Tutto il Nord e anche quasi tutto l’Impero Romano d’Oriente, d’Occidente e del Nord si sono uniti contro la Chiesa Latina, al suono della tromba di questo sesto angelo, perché nessuno di loro poteva sopportare la sana dottrina del Santo Concilio di Trento. Slega i quattro angeli che sono incatenati dal potere dell’Impero; perché questi empi erano trattenuti dalla forza e dal giogo del potere di Dio che l’Impero Romano rappresentava, e cercavano di rompere le loro catene ululando come cani incatenati. Perché in quei giorni i principi dell’impero, i re e molti degli ecclesiastici erano come il cane furioso e lo stallone che nitrisce, a causa delle loro passioni sfrenate e della loro sete di ricchezze e di onori. Ma Dio nella sua potenza li tenne legati fino a quando la misura delle iniquità dell’Impero Romano fu piena, e la vendetta divina permise che questi uomini empi fossero sciolti da Lutero, per castigare quell’Impero e la sua Chiesa Latina. È quindi giusto che il testo dica: “Slegate i quattro angeli“, per indicare il permesso divino, senza il quale i nostri nemici rimangono incatenati ed incapaci di fare del male. La Germania e perfino l’Impero Romano avevano da molto tempo questo principio malvagio nel loro seno, e questi terribili disastri sarebbero avvenuti prima, se Dio non li avesse ritardati per aspettare che i peccatori facessero penitenza. Poiché tutti gli stati e le condizioni avevano corrotto i loro modi, i sudditi non volevano più obbedire, gli ecclesiastici violavano la disciplina, e considerando il celibato insopportabile, reclamavano a gran voce il matrimonio. Principi e nobili divennero insaziabili e bramarono altri onori, ricchezze e dignità. La vista di ricchezze in prebende, vescovadi e prelature suscitò la loro avarizia, e nella loro gelosia concepirono l’odio più profondo contro coloro che le possedevano. Per controllarli, aggiunsero la calunnia agli scandali di cui il clero ha purtroppo fornito tanti esempi. Tutti gli uomini hanno dimenticato Dio sulla terra e si sono immersi fino al collo nel fango della voluttà, degli onori, delle ricchezze. Così tutto fu preparato per una rovina generale, che Dio, nella sua misericordia, trattenne per un po’ di tempo, finché finalmente lasciò esplodere la sua ira. Tale fu il destino dell’Impero Romano e della Chiesa Latina, che iniziò nell’anno 800 dell’era cristiana, quando passò ai Germanici, e continua fino ad oggi. Vediamo, dunque, nella loro storia che dalla loro origine fino all’anno 1517, cioè nello spazio di sette secoli, furono liberi da ogni eresia e rovina, eccetto solo quella di Berengario e di pochi altri eretici di poca importanza che abbiamo menzionato; infatti la mano di Dio teneva legato satana e tutti questi eresiarchi, che possono essere considerati come i prodromi del male, come abbiamo già detto, e non riuscirono mai a portare la furia dell’inferno contro la Chiesa fino al giorno della vendetta celeste.

III. Vers. 15E subito furono sciolti i quattro angeli, che erano pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno in cui avrebbero dovuto uccidere la terza parte degli uomini. In queste parole seguono gli effetti del permesso divino con cui Lutero ottenne il grande potere delle tenebre per commettere con il massimo successo gli orribili mali con cui afflisse così crudelmente la Chiesa latina. Perché non è solo il male che ha fatto sugli uomini del suo tempo; ma dobbiamo considerarlo come il grande colpevole e la causa prima di tutti i disastri che i suoi errori hanno prodotto e produrranno ancora in futuro. Il primo di questi mali fu l’effervescenza che eccitava su un numero quasi infinito di ecclesiastici di ogni grado e condizione, insegnando loro, con la sua dottrina, a liberarsi del giogo della disciplina della Chiesa, e poi ad andare in giro per l’Europa come cavalli sfrenati, manifestando i loro desideri carnali con orribili nitriti, e pervertendo milioni di uomini con i loro scandali. Il secondo di questi mali fu quello di eccitare con discorsi e scritti i principi dell’impero alla più lunga e disastrosa guerra che sia mai stata o sarà.  E subito i quattro angeli furono sciolti, vale a dire, all’insieme degli empi e dei malvagi fu permesso di essere pronti e, per così dire, arruolati sotto le bandiere di lucifero, al quale furono venduti per fare il male, come fece Achab in passato, (III. Reg. XXI), che disse a Elia: « In cosa mi hai trovato tuo nemico? Ed Elia gli rispose: Perché tu ti sei venduto per fare il male agli occhi del Signore. » Noi  vediamo un tale principe nella persona di Federico V che, insieme ai suoi alleati, fece versare in sì grande abbondanza il sangue dei Cristiani. Tali furono anche Enrico VIII, re d’Inghilterra, Elisabetta sua figlia, e successivamente Gustavo Adolfo, re di Svezia, che, a capo dei protestanti, divorò quasi tutta la Germania fino al midollo delle ossa, dopo averla sottoposta ai più sanguinosi oltraggi che possano umiliare una nazione. È fin troppo noto, infatti, l’orribile spargimento di sangue che questo principe provocò, così come i suoi stupri, le sue vessazioni, i suoi omicidi, i sacrilegi, ed altre infamie. Ora la prima fonte di questi incalcolabili mali, passati e futuri, fu la dottrina di Lutero. – E subito i quattro angeli, che erano pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno, etc. Con questo l’Apostolo designa i vari periodi delle guerre del protestantesimo, i cui tempi sono fissati all’ora, al giorno, al mese e all’anno, secondo quanto piace alla volontà divina di permettere ai capi delle guerre di fermare e di determinare l’esecuzione dei loro piani. Dove dovevano uccidere la terza parte degli uomini. Qui l’Apostolo indica un numero definito per esprimersi in modo indeterminato; e con questa terza parte degli uomini si intende la maggior parte dei Cristiani che sono stati e saranno effettivamente uccisi da queste guerre. Per uomini, intendiamo indistintamente i buoni e i cattivi, i Cattolici e gli empi, che queste guerre dovevano e devono ancora coinvolgere. Per  l’ora, il giorno, il mese e l’anno sono appositamente designati i periodi principali delle guerre protestanti; così l’ora indica chiaramente la guerra dei contadini, che durò poco tempo, e nella quale, tuttavia, 130.000 uomini furono uccisi dalla Lega svedese e da Antonio di Lorena. L’ora indica anche le guerre civili in Svizzera in Francia e in Belgio che furono brevi ma crudeli. Il giorno indica la guerra smalcadica che fu più lunga di quella dei contadini, ma che fu comunque abbreviata dall’imperatore Carlo V, famoso per, le sue brillanti vittorie sui nemici più formidabili. Il mese annuncia la violenta guerra conosciuta come la Guerra dei Trent’anni, che durò dal 1619 al 1649. Questi trent’anni sono infatti designati dai trenta giorni del mese; perché sappiamo che nei profeti un giorno conta come un anno. Infine, per l’anno, l’Apostolo indica tutte le guerre e le sedizioni che avranno luogo in Europa, fino all’estinzione di questa crudele eresia.

Vers. 16. – E il numero di questo esercito di cavalleria era di duecento milioni. Con questo esercito, San Giovanni designa in generale tutte le milizie e le truppe che l’Europa, in una determinata circostanza, ha messo sul piede di guerra, e continuerà a mettere per i quattro angeli, a causa di questa eresia empia e sanguinaria; ed il numero di queste milizie supererà tutto ciò che si poteva credere e supporre riguardo alle risorse dell’Europa. Eppure sembrerebbe che questa terra dovesse essere già esaurita, se consideriamo tutte le battaglie sanguinose di cui è già stata teatro per 125 anni. Infatti, quasi tutti i regni, principati e repubbliche furono insanguinati a causa di questi errori, come si vede da quanto precede. Ora, se sommiamo i numeri di tutte queste truppe, otterremo un numero incredibile, che San Giovanni stesso indica con una cifra prodigiosa in questi termini: E il numero di questo esercito di cavalleria era di duecento milioni. Diciamo un numero prodigioso, e il lettore sarà d’accordo con noi, se considera il numero ancora più sorprendente di fanteria che questa cavalleria così numerosa presuppone secondo l’arte della guerra. Anche il profeta non si esprime in altro modo per non dire nulla di superfluo, ed infatti non annuncia un solo esercito, poiché ce ne sono stati e ce ne sarà un numero molto grande. Il suo scopo è quello di farci capire che tutti questi eserciti, per quanto numerosi e diversi possano essere, non formano che un unico esercito, moralmente parlando, poiché tutti devono tendere allo stesso fine e servire la stessa causa, che è quella di combattere per o contro i principi di Lutero. Tutte queste truppe sono uno strumento nelle mani di Dio per castigare questa epoca carnale con il massacro della terza parte degli uomini. Perché ho sentito il loro numero. Con queste parole il profeta vuol dire che non è a caso, né senza motivo, che cita questo numero definito indicando un altro numero indeterminato; ma egli stesso afferma che questo numero di duecento milioni gli è stato indicato e che l’ha sentito in spirito.

IV. Vers. 17. – E così i cavalli mi sono apparsi nella visione. Il profeta passa ora dalla descrizione dei mali fisici alla descrizione dei mali spirituali o morali di questa eresia. E, dapprima, descrive come ha visto la natura e le proprietà di questo esercito spirituale. Egli dice che i cavalli gli sono apparsi in questo modo nella visione. Ora questo modo di vedere è puramente intellettuale, ed è perfettamente adatto al suo oggetto, che è la guerra spirituale, così come l’altro modo di sentire, che presuppone una partecipazione fisica dell’orecchio, era adatto al primo dettaglio dei mali materiali. E così i cavalli mi sono apparsi nella visione. Per cavalli intendiamo i sacerdoti malvagi e gli empi che, avendo gettato via il giogo di ogni disciplina, e avendo abbandonato la briglia delle loro passioni, rinunciarono alla fede cattolica e corsero come cavalli selvaggi dietro a Lutero. Il numero di coloro che manifestavano le loro passioni sfrenate, con una sorta di nitrito dietro le voluttà della carne, era grande come quella di un grande esercito di cavalleria. 1°. Come lo stallone, quando viene messo in libertà, alza la criniera, scodinzola, spumeggia, corre, nitrisce dietro alla sua femmina, e diventa così indomabile da non essere preso da nessuno; così quegli uomini empi e sacrileghi che non hanno saputo mantenersi come eunuchi (Matth., XIX, 12: « Ci sono eunuchi che sono usciti dal grembo di loro madre come tali; ci sono alcuni che gli uomini hanno reso eunuchi da se stessi, per il regno dei cieli: Chi può intendere, intenda »), per il timore di Dio, credendosi liberati dalla dottrina di Lutero, dal vincolo della disciplina ecclesiastica, del celibato e della moralità, cominciarono ad alzare la criniera del loro orgoglio, a lanciare la loro schiuma contro la Chiesa di Dio, a pervertire gli uomini e a correre dietro a tutte le voluttà della carne. Non si lasciavano guidare da nessuno, per poter soddisfare più liberamente le loro passioni, non pensando che si esponevano così ad essere legati, dopo la loro morte, nella prigione eterna dell’inferno. Dobbiamo anche intendere letteralmente, con questi cavalli, i predicatori, cioè i ministri della riforma che hanno vissuto, che vivono ancora, … e che vivranno per preservare e propagare l’opera sovversiva di Lutero. Ora questi sono i maestri di cui parla San Paolo (II Tim., IV, 3), e il loro numero forma una grande armata. – 2 ° Gli stalloni in libertà calpestano tutto sotto i loro piedi, anche le cose più preziose che incontrano, perché sono privi di ragione; ed è così che Calvino, Zuinglio, Ecolampadio, Carlostadio, ed un’infinità di altri, guidati da Lutero, cioè dall’angelo che li ha liberati, hanno calpestato tutto. Come cavalli fuggitivi, correvano attraverso il giardino della Chiesa che era in Europa, senza risparmiare nemmeno i fiori di quel giardino, cioè le vergini che avevano dedicato la loro vita e il loro sangue a Gesù Cristo per preservare la loro verginità. Essi osarono attaccarle con le loro impure sollecitazioni, dicendo che dovevano abbandonare il loro stato e sposarsi. Essi non risparmiarono neppure i maestosi ed antichi alberi dei Santi Padri, alberi così fecondi per la loro dottrina sui sacramenti; né le piantagioni, né le opere, né gli abbellimenti dei Concili generali e provinciali, nemmeno gli orticoltori nella continua successione dei Sovrani Pontefici, da San Pietro all’attuale Papa, che rimasero, nonostante queste offese, fermi ed incrollabili come eterni monumenti di verità. Essi attaccarono e cercarono di devastare tutte le piante della Chiesa, che sono tanto numerose quanto sono i miracoli e le virtù cristiane prodotte dalla fede cattolica. I loro piedi sono l’orgoglio, il disprezzo, la presunzione, la pazzia e l’empietà, e con questi piedi essi infangarono o attaccarono il Santo Battesimo, il Cristo, la Beata Vergine, la Santissima Trinità, i Santi Padri, la successione continua degli Apostoli, l’invocazione dei Santi, il libero arbitrio, quel grande dono che Dio ha dato alla natura, e infine, tutti gli articoli della fede e della morale; poiché nulla era al riparo dai loro insulti. Dico la verità e non mento: vorrei che Gesù Cristo mi rendesse anatema per i miei fratelli, che sono gli allemanni, e per tutti gli europei che sono accecati da questi cavalli di emissari, se si potesse, con questo mezzo, aprire i loro occhi alla verità, che si trova solo nella Chiesa Romana Una, Santa, Cattolica e Apostolica. – 3°. Come i cavalli sono leggeri nella corsa, soprattutto se ben cavalcati, così i cavalli emissari di Lutero portarono il veleno del suo errore con una corsa veloce, e in un attimo lo diffusero in tutta Europa, essendo cavalcati dai demoni, che sono i loro cavalieri, come vedremo più avanti. 4° capestro. I cavalli sono animali molto forti e robusti che, una volta lasciati liberi dale briglie, possono causare grandi danni a un campo o a una piantagione, e non si lasciano più facilmente domare. Ora, i cavalli emissari di Lutero erano anche molto forti, e nella loro erronea predicazione facevano affidamento sul potere di principi, re, Repubbliche, di ricchi commercianti, di città opulente come lo erano soprattutto agli inizi. Fu con l’aiuto di un tale potente protezione che essi causarono impunemente tanta rovina spirituale alle anime e facendo versare lacrime di sangue in abbondanza. E non sarà facile domarli, a causa del potere dei principi sui quali contano, e ai quali servono da maestri che lusingano il loro orgoglio e la loro avidità, secondo il linguaggio della Scrittura. Questi principi proteggono tali dottori, perché insegnano loro una dottrina conforme ai loro desideri, come, per esempio, mantenere ingiustamente i beni della Chiesa, le prelature, le dignità, i principati ed i vescovadi. – La storia della riforma ci fornisce una chiara prova della difficoltà, soprattutto nei primi tempi, di domare questi cavalli: come quando il pio e potente imperatore Ferdinando II impiegò tutte le sue forze per ristabilire l’ordine pubblico nei suoi stati, rimuovendo questi facinorosi che esponevano anime ad ogni vento di dottrina. Ma è noto che tutti i suoi sforzi furono paralizzati, e che dovette fare la pace con il nemico e accettare un trattato di pace che fece cadere la fede cattolica in uno stato peggiore del primo. Perchè tutti I nemici della Chiesa, per quanto divisi possano essere, sono uniti e in perfetto accordo quando si tratta di attaccare gli interessi della fede, o di causarle qualche danno. Troviamo una figura vera, anche se poco lusinghiera di questo accordo degli empi, nella vita agricola: è quando un padrone di fattoria vuole mettere del ferro nel grugno di un maiale per impedirgli di fare di nuocere; tutti gli altri animali accorrono alle sue grida, e minacciano colui che sta eseguendo l’operazione. E i cavalli mi apparvero nella visione come segue: coloro che li cavalcavano avevano corazze di fuoco, giacinto e zolfo. Con queste parole, il Profeta indica e descrive i cavalieri di questi cavalli che non sono altro che demoni. Si sa, infatti, che Lutero stesso confessò, nei suoi scritti, di avere frequenti rapporti con un demone che lo spingeva e lo spronava, per così dire, al male. Lo stesso vale per tutti i suoi discepoli e seguaci, e specialmente per quelli che negano il Capo visibile della Chiesa nell’epoca presente; tutti hanno dei demoni che servono come loro capi e li dirigono. Infatti, 1°. Colui che cavalca un cavallo, lo governa. – 2°. Lo tiene ben stretto per la briglia e lo dirige dove vuole. – 3°. Lo punge con il suo sperone per farlo correre, e per imprimergli tutti i movimenti che desidera: a volte lo fa andare avanti, a volte indietro, a volte lo fa caracollare. Ora, questo è il modo in cui i demoni hanno agito su tutti i discepoli e seguaci di Lutero, in qualsiasi forma siano apparsi, e questo è il modo in cui agiranno su coloro che appariranno di nuovo in futuro. Poiché essi li dominano sempre e li dirigono verso il male, ed essi, come cavalli addomesticati e flessibili, obbediscono senza vergogna agli impulsi dei loro cavalieri, calpestando la morale, la disciplina e gli articoli di fede. Se questi cavalli sono molli e senza fuoco, i loro cavalieri si servono dello sperone, cioè  ispirano loro un falso zelo ed una specie di furore mescolato ad orgoglio, arroganza ed invidia, per meglio incitarli alla corsa e diffondere più rapidamente l’empietà, con il falso pretesto e sotto l’apparenza di bontà e verità. Fu in questa veste, almeno, che si presentarono alle città imperiali e si fecero strada presso i principi, presentando loro le ricchezze della Chiesa e dicendo loro, come fece il diavolo nella tentazione di Gesù Cristo: « Vi daremo tutte queste cose se vi inchinerete e ci adorerete. » È anche allo stesso modo che questi cavalli correvano a far risuonare i loro nitriti nelle orecchie degli ecclesiastici, di qualunque stato essi fossero, questa falsa e licenziosa interpretazione del passo di San Paolo, (I. Cor. VII, 9): « È meglio sposarsi che bruciare. » Con il loro rapido corso propagarono in tutta Europa, in un attimo, le loro falsità così lusinghiere per le passioni degli uomini. Ma questi cavalli non solo si sottomettevano ai loro cavalieri con la loro obbedienza e flessibilità per l’attacco, ma anche per la fuga. Gli eretici, infatti, rifuggivano con avversione tutto ciò che era contrario al diavolo; perciò respingevano con orrore il segno della croce, l’acqua santa, i sacramenti le cerimonie sacramentali, le reliquie dei santi, e soprattutto la presenza reale del corpo e del sangue di Gesù Cristo nella santissima Eucaristia. Essi rifiutarono specialmente il santo nome della Beata Vergine Maria, così terribile per i demoni, in conseguenza di quell’antica inimicizia con cui la profezia divina si compie quotidianamente. (Gen. III, 15): « Io porrò inimicizia tra te e la donna, e fra la tua progenie e la sua progenie; essa ti schiaccerà la testa, e tu la insidierai nel calcagno. » Ora, gli eretici moderni manifestano, con tutte le loro azioni, questo vecchio e antico odio verso la Donna per eccellenza, che gli angeli e gli arcangeli  venerano, e i re e i principi e tutte le generazioni l’hanno sempre lodata e sempre la loderanno, secondo San Luca 1,48: « D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. » Poi, come i demoni fin dall’inizio si mostrarono ribelli contro Dio loro creatore, e per gelosia spinsero i nostri primi genitori alla disobbedienza, così questi cavalli emissari scossero il giogo dell’obbedienza alla santa Chiesa romana, e incitarono gli Stati dell’impero a ribellarsi contro i loro legittimi padroni e contro il sovrano Pontefice, il vero successore di San Pietro, e capo della Chiesa universale. Allora, cosa potrebbe essere più odioso e terribile per i diavoli del santo Sacrificio della Messa? Ora, gli eretici moderni, veri precursori dell’Anticristo, hanno fatto ogni sforzo per distruggerlo, e infatti rifiutarono il Sacrificio continuo, come farà l’Anticristo, secondo la profezia di Daniele, XII, 11: « E dal momento in cui il sacrificio continuo sarà abolito, ecc. » I demoni non desiderano altro che il sangue dei Cristiani, e cercano che omicidi, le discordie, guerre, sedizioni, etc., e fomentano i malvagi, che tengono sotto il loro dominio. Ora, non è questo il vero ritratto di questi cavalli emissari che la tromba del sesto angelo anima incessantemente al massacro ed alla devastazione, come abbiamo visto sopra? È quindi chiaro da tutto ciò che precede, che i cavalieri di questi cavalli sono i demoni che li dominano e li spingono al male, e vediamo dai dettagli che seguono nel testo, circa le armi e l’uniforme di questi cavalieri, che il Profeta ha designato questi demoni alla lettera. Infatti aggiunge: Quelli che li cavalcavano avevano corazze di fuoco, giacinto e zolfo, cioè erano notevoli per le loro corazze di fuoco, fumo e zolfo. Ora, queste tre cose si trovano nell’inferno, ed i demoni che lo abitano e che ne escono per fare guerra a Gesù Cristo sulla terra, sembrano brillare, secondo il testo, per queste corazze, per farci capire meglio cosa sono questi cavalieri. Infatti, come un re indossa una corazza d’oro, un ufficiale una corazza d’argento e un soldato una corazza di ferro, ognuno secondo il suo grado e la sua posizione, così i demoni indossavano una corazza di fuoco, fumo e zolfo. Queste parole indicano anche, letteralmente, I vari tipi di corazze che questi demoni indossavano a cavallo, per essere più terribili nel loro attacco contro la Chiesa di Gesù Cristo; e diciamo tre tipi, che sono: – 1°. lo zelo dell’odio implacabile e l’invidia nera che satana ispirò, attraverso i suoi falsi maestri, ai principi e ai grandi contro la Chiesa Romana, contro il sovrano Pontefice, contro i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i prelati, contro gli ordini religiosi, e in generale contro tutto il clero. L’esperienza quotidiana ci mostra l’incredibile odio e gelosia con cui gli eretici sono infiammati contro la Chiesa di Cristo. E questa è l’armatura con cui satana sapeva perfettamente come proteggere i suoi soldati per la battaglia. Perché un cuore pieno di odio e di avversione non si lascia facilmente convincere e persuadere dalla sana dottrina, da un buon consiglio o da un’ammonizione. Perciò è detto nel testo: Quelli che vi sedevano sopra avevano corazze di fuoco. Perché come il fuoco brucia e consuma, così il falso zelo dell’odio e dell’invidia consuma i cuori degli eretici, e li brucerà per sempre. – 2. Il secondo tipo di armatura è la confusione e la novità attraente della dottrina di questa eresia sulla fede e la morale. Per questo motivo non è stato facile combatterla. Perché non appena un errore veniva confutato, ne sorgevano infiniti altri ancora più sorprendenti. Questo era uno stratagemma nuovo e molto intelligente che satana impiegava nella sua guerra contro la Chiesa latina, ed era con l’aiuto di questa forte armatura che egli respingeva ogni colpo e marciava senza paura contro il suo nemico. Questa seconda armatura era del colore del giacinto, o del fumo; perché il giacinto assomiglia all’aria oscurata, e questo colore rappresenta perfettamente la confusione degli errori di Lutero. In effetti, 1°. il fumo è prodotto dal fuoco. 2°. Esso oscura l’aria. 3. Offusca la vista. 4°. È confuso e simile al caos; non può essere compresso, e se lo si comprime da una parte, si diffonde da un’altra. 5°. Infine, fa sgorgare le lacrime dagli occhi. Ora, tale è l’eresia moderna: 1°. Essa offre un quadro di errori i più numerosi e variati, e la confusione che ne deriva è dovuta al fuoco della gelosia e dell’invidia degli eretici contro i Cristiani; infatti essi si dilettano ad insegnare e praticare in odio al Sommo Pontefice e alla Chiesa Romana tutto ciò che è contrario ad essi. 2° Questa eresia oscurò con i suoi errori l’Europa, la cui fede era pura e chiara come l’aria in un bel giorno d’estate. 3°. Talmente turbò e offuscò la vista, cioè l’intelligenza e la sana ragione degli uomini, che non è più possibile distinguere quale sia la vera dottrina e la via che conduce alla vita eterna. 4°. È come un caos di tutti gli errori precedenti, che non sono stati dissipati, e più si vuole rimuovere le nuvole ed i vapori, più essi salgono da tutte le parti. 5°. Essa fece versare abbondanti lacrime, ed anche lacrime di sangue, specialmente in Germania, e ne farà versare ancor più. Ora, perché il profeta ha paragonato questo male al giacinto e non al fumo? La ragione è che, sebbene gli errori di questa dottrina non fossero in realtà altro che fumo, tuttavia apparivano plausibili all’esterno e avevano un’apparenza di solidità; e questi emissari li presentavano con questi falsi colori per renderli piacevoli agli uomini carnali di cui lusingavano i desideri, almeno per la vita presente. È così che i demoni sono abituati a presentare il male sotto colori e con ragioni in apparenza buone, per meglio riuscire ad ingannare gli uomini. Così vediamo da questo che è con buona ragione che il Profeta si è servito di queste corazze di giacinto per raffigurare questi nemici di Cristo e della sua Chiesa. – 3°. Il terzo tipo di corazza fu l’allentamento della disciplina ecclesiastica e della morale cristiana, che furono sostituite da una vita carnale e da una libertà licenziosa. Così che satana, attraverso questa eresia, ha aperto la porta a tutti i vizi e voluttà, persuadendo gli uomini, attraverso i suoi ministri, che la via del cielo è molto facile e coperta di rose … Dio non punisce il peccato così rigorosamente come insegnano i Cattolici. Egli ebbe cura particolare nel predicare la massima libertà della carne contrariamente al celibato, agli ordini religiosi, alle vergini ed ai sacerdoti. satana fu come un pescatore che, per mezzo di questa eresia, stese una grande rete sulle grandi acque d’Europa, e fece un’immensa pesca che fece arrostire nelle fiamme eterne; e il fetore del fumo che veniva da questo fuoco di lussuria, infettò tutta l’Europa.  È con questa terza armatura che satana protesse i suoi cavalieri ai quali diede corazze di zolfo. Infatti  lo zolfo designa metaforicamente il fetore e l’infezione dei peccati disonesti. Questi erano dunque i tre tipi di armatura spirituale con cui i demoni erano coperti ed equipaggiati per intraprendere questa terribile guerra che satana aveva dichiarato alla Chiesa latina.

V. E le teste dei cavalli erano come teste di leoni. In queste e nelle seguenti parole il profeta procede a descrivere la natura e le proprietà di di questi cavalli. Si concepirà senza dubbio un’idea mostruosa e orribile, se ce li immaginiamo con il ventre, i piedi ed il corpo di un cavallo, la testa di un leone, una gola infernale e una coda di serpenti. Questo, tuttavia, è ciò che verificheremo nel dettaglio.

1°. Si dice nel testo che le teste dei cavalli erano come le teste dei leoni, e questo è giusto. Perché come la testa di un leone è molto forte, e divora e lacera con i suoi denti tutto ciò che gli si avvicina, così questi cavalli, animati dalla potenza del leone, sono come le teste di un leone. – Così questi cavalli, mossi dal suono della tromba del sesto angelo, osarono attaccare e divorare con i loro denti maledetti quasi tutti gli articoli di fede, per quanto santi, autentici e antichi fossero. Essi non risparmiarono nulla che appartenesse ai buoni costumi, né le cose sacre, le cerimonie sacramentali nè il culto della Beata Vergine e dei Santi. Come il leone in preda al furore lancia sguardi infuocati, fa cadere dalla sua bocca la schiuma della sua rabbia, fa risuonare le valli con il suo terribile ruggito, e diffonde il terrore della carneficina e il timore della morte ovunque vada, così questi cavalli dell’empietà, animati dal fuoco dell’odio, infiammati dal furore dell’invidia, e bruciando della sete di vendetta contro il Sovrano Pontefice e tutti i prelati della Chiesa, strapparono e divorarono con i loro denti di leone tutte le cose sante ed anche i Sacramenti.

2°. Il profeta aggiunge: E dalla loro bocca uscì fuoco, fumo e zolfo. Abbiamo detto che il fuoco denota l’ardore della gelosia, lo zelo dell’odio e l’invidia nera di cui questi cavalli erano infiammati dai demoni che li cavalcavano e che li lanciavano per tutta l’Europa per fare guerra al Sovrano Pontefice e alla Chiesa latina. Con questo fuoco bruciavano tutti i precetti morali e i dogmi della fede cattolica. Abbiamo anche detto che riempirono questa stessa Europa di fumo e di zolfo con la confusione della loro dottrina, della falsità della loro morale e dal fetore della loro vita licenziosa. Ora, secondo il testo, questi tre orrori sono usciti dalla loro bocca, cioè essi li predicarono e diffusero con i loro discorsi e scritti. Perché cosa potevano predicare se non ciò di cui i loro cuori erano pieni? E di cosa potevano essere pieni, se non del male che i demoni ispiravano loro? Così questi cavalli emissari diffondevano attraverso le loro bocche ciò che i demoni, che li cavalcano, indossavano come armatura. Perché è proprietà dei demoni volere il male che satana fa commettere nel mondo dai suoi ministri, che sono gli empi e i malvagi. E la bocca dell’empio è simile l’inferno, dal quale escono e usciranno per tutta l’eternità fuoco, fumo e zolfo, e divoreranno questi malfattori nei secoli dei secoli. È di questi stessi empi che Davide ha scritto così bene, (Sal. V, 10): « La verità non è nelle loro labbra; il loro cuore è pieno di vanità, la loro bocca è un sepolcro aperto e la loro lingua è piena di inganno. Giudicateli, o Signore, ecc. » – E (Sal. XII, 5): « La loro gola è un sepolcro aperto, hanno usato la loro lingua per ingannare con abilità, il veleno degli aspidi è sotto le loro labbra. La loro bocca è piena di maledizioni e di amarezza; i loro piedi si affrettano a spargere sangue. Angoscia e desolazione sono le loro vie; non hanno conosciuto il sentiero della pace. »

3° Il fuoco, il fumo e lo zolfo delle corazze che i cavalieri portavano sono chiamati piaghe: 1° per significare l’influenza fatale che essi esercitarono in Europa sulla Chiesa latina per permesso di Dio. Perché la misura dei peccati degli uomini era piena, tutta la carne aveva corrotto le sue vie, e tutta l’Europa si era prostituita, lontano da Dio suo Signore, all’orgoglio, all’avarizia, alla lussuria e a tutti i piaceri della carne, e alla felicità della vita presente. Fu come risultato di questa tracimazione che questa eresia partorì e produsse una generazione di uomini che le erano perfettamente affini, e che divennero figli del dolore per la disgrazia del mondo intero.  – 2°. Queste corazze sono chiamate piaghe, perché Dio non può infliggere un castigo maggiore ad un popolo od una nazione che permettendone l’abbandono della vera fede e la caduta nell’eresia. Così Dio, nella sua bontà e misericordia, ha cura di annunciare questi terribili castighi spesso con cento e anche duecento anni di anticipo, per eccitare il popolo alla penitenza, ma se essi perseverano nei loro vizi ed errori, Egli fa finalmente esplodere la sua ira con una completa rovina. Infatti. Secondo l’espressione dell’Apostolo, (Eb. X, 31): « È terribile cadere nelle mani del Dio vivente. » Ed è per questo che il santo Re-profeta ci avverte, (Sal. II, 10): « Ora, o re, aprite i vostri cuori alla comprensione; imparate, voi che giudicate la terra. Servite il Signore con timore e gioite in Lui con tremore. Abbracciate rettamente la disciplina, in modo che il Signore non si irriti, e voi non periate fuori dalla via della giustizia, quando improvvisa si accenderà la sua ira. » Vedere quanto detto, in Lib. I, cap. II.

4º Segue la grande devastazione causata da queste tre piaghe.

Vers. 18. – E con queste tre piaghe, il fuoco, il fumo e lo zolfo che usciva dalle loro bocche, la terza parte degli uomini venne uccisa. Per la terza parte degli uomini si intende qui una parte considerevole del Cristianesimo che abbandonò la vera fede e perì di una morte spirituale, o per il fuoco della gelosia o per il veleno dell’odio contro il sovrano Pontefice e la Chiesa e i suoi ministri, che questi emissari rendevano odiosi, sia per la confusione della loro dottrina e la diversità dei loro errori, sia infine per le attrazioni di una vita voluttuosa e di una libertà di coscienza senza limiti o restrizioni. Così il Profeta indica qui letteralmente che la terza parte degli uomini perse la vita spirituale a causa di questa eresia, nello stesso modo in cui aveva detto sopra, anche alla lettera, che la terza parte degli uomini fu uccisa fisicamente. Ora, questa morte spirituale di una terza parte della Cristianità può essere facilmente dimostrata dal numero di regni, province o città che erano e sono ancora infettati, totalmente o in parte, da abominevole eresia. – Infatti, se confrontiamo la moltitudine di eretici nel mondo con il numero di Cattolici che sono rimasti fedeli, possiamo facilmente comprendere la grandezza del male e la notevole rovina causata da questa eresia, che dobbiamo deplorare con lacrime di sangue.

Vers. 19. – 5º Perché il potere di questi cavalli è nella loro bocca e nella loro coda. Queste parole indicano la causa dei mali che questa eresia continuerà a produrre come conseguenza dei suoi principi, come è già indicato dalla congiunzione “perchè”, che è messa all’inizio. 1° Il potere di questi cavalli è nella loro bocca, che usavano per vomitare calunnie e menzogne contro il Sommo Pontefice, contro i prelati e in generale contro tutta la Chiesa, cercando di renderli odiosi, specialmente ai principi e alla nobiltà, e di persuadere tutti che non era opportuno che gli ecclesiastici possedessero ancora dignità, principati e ricchezze, a causa dell’abuso che essi ne facevano. Con i loro discorsi artificiosi e con l’apparenza di serietà e di ragione che pretendevano di darsi, ingannarono una moltitudine innumerevole di persone di ogni stato e condizione; e fu con tali mezzi che attirarono così tante persone alla loro setta, osando vantarsi di essere ispirati ed inviati da Dio per scuotere il giogo della schiavitù del diavolo. Tale era il loro linguaggio contro la Chiesa Cattolica. Essi aprirono anche la loro bocca per bestemmiare e per predicare che l’uso delle carni ai pasti è permesso ogni giorno, e che non si è più legati a nessun precetto della Chiesa. Inoltre, insegnarono e pubblicarono in tutta Europa che il Papa non doveva essere obbedito, e che il celibato doveva essere abolito, etc. E poiché la loro dottrina, così disastrosa per la Chiesa, era generalmente accettata da re, principi, nobili, città imperiali e da gran parte del popolo, il Profeta ha ragione nel dire che il potere di questi cavalli è nella loro bocca. 2º Dice anche che il loro potere è nelle loro code. Si deve notare che egli indica queste code al plurale, poerchè ce ne sarannno diverse di generi diversi. La prima di queste code è l’ipocrisia e l’adulazione, di cui si servirono, come gli animali usano le loro code per adulare gli uomini; e questi eretici le usarono per coprire la turpitudine e dissipare il fetore della loro dottrina e dei loro vizi. – La seconda coda furono i principi, le città imperiali, le repubbliche e i governi, che essi condussero nell’errore e nella perdizione, persuadendoli che potevano con una coscienza pulita prendere o conservare i beni della Chiesa, le dignità, i principati, le prebende e i vescovadi, ed essi correvano dietro a tali maestri che sapevano così bene come lusingare le loro passioni, come i bambini corrono dietro alle noci. C’è da meravigliarsi, allora, che, sostenuti da tali poteri, questi cavalli, nitrendo e agitando le loro criniere, abbiano osato e osino ancora lanciare la loro schiuma in modo così impudente contro la Chiesa latina? Questa seconda coda serviva loro anche per nascondere la loro turpitudine e dissipare il fetore della loro eresia, in quanto la gente semplice, vedendo i grandi e i dotti, i ricchi e i signori, i principi ed i governanti gradire e proteggere una tal dottrina, non potevano fare altro che perdere la testa. – La terza coda è lo pseudopoliticiamo e l’indifferentismo introdotti recentemente nel mondo da Machiavelli, Bodin ed altri filosofi; così come l’ateismo, che si possono considerare tutti come le ultime conseguenze di tanti principi falsi e contraddittori di questa dottrina, e di conseguenza anche come la coda di questi cavalli, poiché la coda è aderente al corpo come le conseguenze di un principio risultano dal corpo della dottrina: ne sono l’ultima ragione, come la coda è l’ultimo membro dell’animale. Siccome l’ultima soluzione del grande problema della fede cattolica è Dio, così, al contrario, l’ultima conseguenza della dottrina di Lutero è la negazione di Dio. Ed è per questo che tanti principi e governanti, persuasi dalle contraddizioni e dalle infinite variazioni delle sette moderne, e conservando il primo lievito di odio che il protestantesimo ha ispirato in troppi di loro, anche tra i  Cattolici, finirono per non credere in altra verità che la religione e la ragione di Stato; e si accontentarono di conservare le cerimonie esteriori e apparenti per riuscire a meglio contenere il loro popolo nella sottomissione; e dissero nell’empietà nei loro cuori: « Non c’è nessun Dio. »

6° Il Profeta descrive poi la natura e le proprietà di queste code, e usa volutamente la congiunzione perché, per rendere chiara alla Chiesa latina la causa di tanta rovina e desolazione. Perché le loro code assomigliano a serpenti e hanno teste che feriscono. 1°. Le code di questi cavalli sono paragonate a serpenti, a causa delle lusinghe che usano. Infatti, come il serpente sedusse i nostri progenitori con le lusinghe nel Paradiso terrestre, e fece mangiare loro il frutto proibito, così i seguaci di Lutero sedussero e continuano a sedurre il popolo, lusingandoli nei loro desideri, e convincendoli a mangiare le vivande proibite e ad indulgere senza paura nella voluttà e nella licenziosità. Essi a questo scopo si servono di menzogne, tanto lusinghiere quanto speciose, e anche quando è necessario, fanno uso dei testi della Scrittura, di cui distorcono il significato, dicendo, per esempio, (Matth. XV. 11): « Non è Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo »; e (I. Cor, VII, 9): « È meglio sposarsi che bruciare. » Inoltre, i serpenti non sono facili da prendere, perché se uno vuole afferrarne uno, corre un grande rischio di essere morso e di ricevere una ferita spesso mortale. Ecco come sono le code, ossia le conseguenze dell’attuale eresia. Perchè, chi è colui che possa vantarsi di aver aver compreso l’astuzia degli eretici? Chi sarà capace di sradicare la falsa filosofia, la falsa politica e l’ateismo che si sono insinuati come un veleno anche nelle membra dei Cattolici stessi? Gloria a lui che potrà far discendere dai loro pulpiti quei dottori delle tenebre che predicano l’errore e la menzogna come vipere che minacciano la morte con il loro orribile sibilo! Felice l’uomo che, con l’aiuto di Dio, potrà impadronirsi e dominare principi, re, repubbliche, città imperiali e tutti i poteri su cui si basa questo errore! La storia ci dice che Ferdinando II, un imperatore tanto pio quanto potente, tentò di farlo, così come Ferdinando III; ma ahimé, il risultato dei loro sforzi fu un’orribile ferita che ricevettero nel tentativo di catturare questi terribili serpenti. 3º La natura del serpente lo obbliga a strisciare sulla terra, e questo è precisamente ciò che fanno quegli eretici, la cui faccia, come quella del serpente, è costantemente inclinata verso le cose terrene, cercando solo onori, ricchezze e piaceri. – 4°. Secondo Genesi III, 1, « Il serpente era il più astuto di tutti gli animali che il Signore Dio aveva posto sulla terra. » Lo stesso vale per la generazione attuale, che è la più astuta di tutte quelle che sono esistite finora. È certo che i protestanti hanno usato la più raffinata astuzia contro la Chiesa. Basta leggere per convincersene, gli atti della cancelleria di Anhalt, così come i decreti dei loro concili, e vi si vedrà tutta l’astuzia che li ha ispirati contro i Cattolici e contro l’Impero Romano; e si capirà che non è sbagliato paragonarli ai serpenti più astuti. 5°. Se Dio, nella sua maledizione, ha stabilito l’inimicizia tra il serpente e la donna, tra la razza dell’uno e dell’altra, (Gen. III), possiamo allora capire quale inimicizia Dio ha permesso che esistesse tra questa nuova razza di serpenti e la Donna per eccellenza, la beata Vergine Maria, Madre del Dio fatto uomo, che sarà benedetta tra tutte le donne. 6°. Si dice che queste code hanno delle teste, per farci capire che i fautori e i seguaci di questa eresia sarebbero re, principi e un gran numero di persone distinte e potenti, che sono davvero come la testa, o i capi dei popoli. Inoltre, non è senza motivo che il profeta designa diverse teste, per significare che i dogmi del protestantesimo, avendo come base solo il principio del libero esame, avrebbero necessariamente seguito una moltitudine di sette diverse, poiché ogni autorità che avrebbe potuto interferire con la falsa libertà di coscienza doveva essere respinta. Non è proprio questo che l’esperienza ha purtroppo fin troppo bene dimostrato, a partire dalle scandalose controversie sulla presenza di Cristo in tutti i luoghi, sulla comunicazione degli idiomi divini, sul numero dei sacramenti, sulla fede dei bambini nell’amministrazione del battesimo, sull’uso e le cerimonie della messa in tedesco, etc. etc. Era sufficiente che un concistoro o un concilio provinciale ammettesse e proclamasse qualche regola su questo argomento, perché altri concili e concistori la rifiutassero e addirittura la deridessero. Non è una prova evidente chiara che nessuno di loro fosse sostenuto dell’assistenza infallibile e della promessa dello Spirito Santo che avrebbe impedito loro di errare e dividersi? Queste teste significano anche la saggezza, l’intelligenza e la prudenza umana con cui questa generazione sorpassa di molti i Cattolici; infatti, secondo San Luca, (XVI, 8): « I figli di questo secolo sono più scaltri dei figli della luce nel condurre i loro affair », non è questo che abbiamo sperimentato soprattutto all’inizio di questa quinta epoca, nel vedere i protestanti superare di gran lunga i Cattolici nell’arte di fingere, di combinare piani occulti e di tendere trappole? Nel talento di acquisire ricchezze ed estendere il commercio, nei negoziati di successo, nel perfezionamento dei sistemi di attacco e di difesa delle fortezze e dei luoghi di guerra, nelle leggi e nei regolamenti civili della polizia esterna, nel lusso di una brillante educazione per la gioventù, etc.? Quando il Profeta ci dice che avranno delle teste, vuole avvertirci dei notevoli danni che questa generazione perversa causerà alla Chiesa e all’Impero Romano; e completa la descrizione di questa eresia dicendo: Le loro code sono come serpenti.… Hanno delle teste con le quali feriscono. Cioè, essi danneggeranno la Chiesa e l’Impero Romano in particolare con questi tre tipi di code di cui abbiamo parlato sopra, e che tutta la potenza ed il vigore di questa eresia, quando starà per finire, consisterà in queste tre code. Così che chiunque riescirà a tagliare queste code metterà fine all’esistenza di questa eresia.  – Che Dio conceda che venga presto questo potente monarca, che rovesci le repubbliche, batta le città imperiali e marittime che non sono altro che nidi di vipere, e soffochi le grida e i sibili di questi predicatori e serpenti, e dopo aver umiliato gli eretici e gli scismatici, metta fine a tutti gli errori! Il Profeta non ha descritto nessuna eresia con tanta forza e chiarezza, e con paragoni così sensati come quella moderna, per far conoscere meglio alla Chiesa latina i mali che ne risulteranno. Portando questo mostro davanti ai nostri occhi, l’Apostolo avverte, anche a noi stessi, di mantenere fedelmente la fede cattolica romana, e di camminare sobriamente, castamente, divinamente e santamente in presenza di questa orribile bestia, affinché il nostro ministero non sia deriso e svilito. Inoltre, il Profeta ci avverte di evitare la lussuria, i piaceri della tavola, l’orgoglio, la fornicazione, l’avidità e l’ostentazione, per non offendere i deboli tra noi. Invece, dobbiamo sforzarci di brillare con la nostra vita e la nostra dottrina come una luce nelle tenebre. Osserviamo la disciplina del Signore, per evitare che la sua ira scoppi e permetta che tutto ciò che ancora possediamo in Europa sia divorato da questa bestia orribile. Leggete ciò che è scritto nel piccolo libro che tratta dei sette animali e di alcuni altri segreti particolari riguardanti la Germania.

§ III.

Riassunto dei mali causati dai Cattolici malvagi a se stessi.

CAPITOLO IX. VERSETTI 20-21.

Et ceteri homines, qui non sunt occisi in his plagis, neque pœnitentiam egerunt de operibus manuum suarum, ut non adorarent dæmonia, et simulacra aurea, et argentea, et ærea, et lapidea, et lignea, quæ neque videre possunt, neque audire, neque ambulare, et non egerunt pœnitentiam ab homicidiis suis, neque a veneficiis suis, neque a fornicatione sua, neque a furtis suis.

[E gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe, neppure fecero penitenza delle opere delle loro mani, in modo da non adorare i demoni e i simulacri d’oro, e d’argento, e di bronzo, e di pietra, e di legno, i quali non possono né vedere, né udire, né camminare, e non fecero penitenza dei loro omicidii, né dei loro veneficii, né della loro fornicazione, né dei loro furti.]

I. E gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe non si pentirono delle opere delle loro mani, affinché non adorassero più i demoni, etc. Questo testo contiene un ammirevole riassunto dei notevoli mali che noi Cattolici abbiamo causato alla Chiesa con le nostre opere perverse. Perché pur essendo rimasti nella vera fede, ci siamo quasi alleati con la bestia, per combattere contro la nostra santa Madre Chiesa. E gli altri uomini, cioè i resti dei Cattolici, che non furono uccisi da queste piaghe, che non abbandonarono la vera fede: E gli altri uomini. Questa costruzione non sembra completa a prima vista, perché non c’è nessun verbo e nessun attributo. Ma bisogna sapere che questo verbo e questo attributo esistono comunque, e si trovano in queste parole del testo che precede: E che hanno teste che feriscono. In latino la connessione è fatta meglio, a causa del pronome illis, che è dei tre generi, invece del pronome francese elle, che è femminile. Gli altri uomini sono dunque anche il soggetto del verbo ferire che si trova nel verso che precede, e l’attributo si trova nella parola: di cui o con queste teste; cioè con queste teste di cui gli altri uomini si feriscono. Con questo collegamento di frasi, il profeta ci mostra in modo  ammirevole il legame o almeno l’avvicinamento che univa quasi i resti dei Cattolici ai protestanti.  Di conseguenza, il profeta vuole farci capire che anche noi, cattivi Cattolici, avremmo portato la nostra parte di legna a questo orribile fuoco che doveva incendiare l’Europa. E questi mali di cui saremo colpevoli contro la Chiesa si dividono in due specie: la prima è la cosiddetta saggezza e l’astuzia del serpente che presiedono nei consigli delle potenze del secolo, e le ispirano di opprimere la Chiesa privandola delle sue immunità, e facendo uso di ogni tipo di titolo falso e specioso per invadere il potere spirituale, per gravare di imposizioni le rendite e persino le persone ecclesiastiche, le corporazioni, i seminari, etc.; e per togliere loro diritti, entrate, decime, etc. E se la Chiesa, dal canto suo, li minaccia di scomunica o simili, essi ridono e se ne fanno beffe e continuano nel loro peccato. Non è questo il peggior segno che tutta l’Europa è sull’orlo della rovina e della prevaricazione? Perché quale peggior segno può esserci in un bambino se non quello di deridere la verga con cui sua madre lo minaccia? Ora, è in questo che i cattivi Cattolici sono particolarmente vicini agli eretici, poiché fanno in modo occulto e celato ciò che gli eretici facevano alla luce del sole e con tanto splendore. Oggi stanno portando via ciò che i loro padri hanno fondato con una pia intenzione, ma non si arricchiscono perché continuano ad essere nel bisogno e nelle difficoltà finanziarie, perché la benedizione di Dio non è su di loro. Le parole del Saggio sono rivolte a tutti questi rapitori: (Prov, XI, 24): « Alcuni danno ciò che è loro e sono sempre ricchi; altri rubano i beni degli altri e sono sempre poveri. » Che questi ultimi si persuadano a cessare al più presto questa usurpazione del potere ecclesiastico, queste esazioni, queste imposizioni, questa oppressione del clero. Che comincino a temere la terribile spada della Chiesa, poiché essa attira la maledizione di Dio sulle loro famiglie e sui figli dei loro figli. Ne abbiamo un terribile esempio in Carlo Stuart, re d’Inghilterra, i cui predecessori pretesero essere i capi della Chiesa: egli venne decapitato e perse la sua corona a causa delle maledizioni che Enrico VIII ed Elisabetta avevano attirato su questa sfortunata dinastia. È così che Dio punisce i crimini degli uomini fino alla terza e alla quarta generazione. – Il secondo tipo di male che i Cattolici causarono alla loro Madre Chiesa furono i grandi peccati dei principi, del clero e del popolo, per i quali non fu fatta alcuna penitenza, secondo l’espressione del profeta stesso; infatti egli aggiunge, (verso 21): E non fecero penitenza per i loro omicidi, i loro venefici, le loro impudicizie ed i loro furti. È già per i nostri enormi peccati che Dio ha permesso questa fatale eresia in Germania e in gran parte dell’Europa; ed è perché continuiamo a peccare che Egli permette che duri ancor così a lungo. Perché a quale altra causa possiamo attribuire un così triste risultato degli sforzi dell’imperatore Ferdinando II, per la riforma della fede e la restituzione dei beni della Chiesa, se non ai nostri peccati? Questo principe aveva in mano tutti i mezzi per riuscire; il suo lavoro era iniziato bene, e l’aveva anche persino rafforzato con brillanti vittorie, e tuttavia, a causa dei peccati dei Cattolici, quale fu il risultato di tutto ciò se non un trattato di pace che comprometteva ulteriormente la loro situazione? È a causa dei vizi che continuiamo ad assecondare, e per i quali non siamo disposti a fare penitenza dopo averli riconosciuti e confessati, che Dio, nella sua ira, ha impedito questa riforma della fede e questa restituzione dei beni della Chiesa, che avevamo iniziato in modo insufficiente, poiché non vi abbiamo aggiunto la riforma dei nostri costumi. In questo, il Signore agisce come un padre gravemente offeso dalla condotta indegna di suo figlio, che disereda strappando il testamento che aveva fatto in suo favore, etc. Perché non adorino più i demoni, gli idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno che non vedono, non sentono e non camminano. Queste parole specificano sette enormi peccati che sono la causa per cui Dio non ha pietà dell’Europa e che non risuscita la Chiesa oppressa sotto il giogo degli eretici. Il primo peccato è l’idolatria occulta dei superstiziosi, di cui l’Europa, e specialmente la Germania, abbondava prima dell’ultima guerra, e che già cominciano a riapparire. Coloro che indulgono in queste superstizioni mantengono un commercio segreto con i demoni che adorano in questi abomini, come un tempo i gentili li adoravano  negli idoli; ed è così che dimenticano Dio, il loro Creatore. Ora questo è un grande peccato, che il testo esprime con queste parole: Perché non adorino più i demoni. Il secondo peccato è l’avarizia, che è abominevole davanti al Signore. Il Profeta lo descrive metaforicamente come idolatria, dicendo: Idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno. Come i pagani facevano la maggior parte dei loro idoli d’oro, d’argento, di bronzo, etc., così gli uomini di questo tempo non danno valore e amore ad altro se non a questi oggetti vani, e ne fanno gli idoli dei loro cuori avidi. Le ragioni per cui il profeta chiama l’avidità idolatria sono le seguenti: 1. Perché è caratteristico dei profeti designare questo tipo di cose con enigmi e metafore. 2. L’Apostolo San Paolo pure chiama l’avarizia idolatria, perché l’una è un crimine grande quanto l’altro. (Ephes. V, 5): « Sappiate che nessun fornicatore, nessun avaro, il cui vizio è l’idolatria, sarà erede del regno di Gesù Cristo. » 3. Proprio come l’idolatria fa apostatare, così coloro che vogliono diventare ricchi, secondo San Paolo, cadono nelle insidie del diavolo. (1 Tim. II, 9): « Coloro che vogliono diventare ricchi cadono nella tentazione e nella trappola di satana e in molti desideri inutili e perniciosi, che gettano gli uomini nell’abisso della perdizione e della dannazione. Perché il desiderio di ricchezza è la radice di ogni male. E alcuni di quelli che ne sono posseduti si sono allontanati dalla fede. »  – Ora, non è questo che abbiamo visto in Europa, e specialmente in Germania, a causa della loro cupidigia per i beni della Chiesa? Gli avari sono idolatri che adorano il denaro come degli idoli, mettendo tutta la loro fiducia nella ricchezza e commettendo fornicazione con essa dimenticando Dio ed ignorando le leggi divine ed umane.

5° Siccome niente è di più vano, più vile e più imperfetto degli idoli; il più piccolo moscerino dovrebbe essere molto più stimato, sembra, dell’oro, dell’argento, del legno, del bronzo, e della pietra, per i quali, tuttavia, gli uomini abbandonano Dio loro Creatore e l’Essere per eccellenza. Il profeta esprime così il suo stupore di fronte a questa follia con queste parole: Gli idoli d’oro, d’argento, ecc. che non possono vedere, sentire o camminare. – Il terzo peccato è l’invidia, l’odio, l’ira; sono la collera, le risse, i processi ingiusti, il desiderio di dominare e la cupidigia; così come anche le guerre ingiuste, da cui risultano innumerevoli omicidi. L’Europa in generale non abbonda forse di omicidi di questo tipo? Quante guerre ingiuste, tra le quali citeremo solo quella di Mantova, quella della Francia contro l’Impero Romano a sostegno dei protestanti, quando Ferdinando II voleva introdurre la riforma della fede e restaurare i beni della Chiesa; e infine, la guerra contro il re di Spagna non fu intrapresa per una profonda gelosia? Si vuole essere Cattolici, ma non si vuole vivere da Cattolici. – Si appoggeranno persino, se necessario, i nemici della fede con armi, i cattivi consigli e il denaro, senza alcun motivo se non l’interesse a legittimare tali alleanze. Quante altre guerre ingiuste sono state intraprese! Di quanti omicidi ci siamo resi colpevoli in tante rivoluzioni!!! O peccatori che siamo, quando finalmente riconosceremo i nostri crimini? Ecco perché il profeta aggiunge: E non fecero penitenza per i loro omicidi. – Il quarto peccato è l’omicidio particolare. Quanti omicidi non dobbiamo deplorare? Quante donne incinte distruggono i loro frutti? Quante madri, o orrore della natura! Che sono così crudeli da versare il proprio sangue, il sangue dell’innocente? Quanti venefici nascosti o conosciuti nella società e nelle famiglie! Questo è ciò che il testo indica espressamente: non hanno fatto penitenza …. per i loro venefici. – Il quinto peccato è quello della carne, espresso in queste parole: E non si pentirono….. delle loro impudicizie. Qui il profeta indica la specie per il genere; ma la sua parola contiene tutti i peccati di lussuria in generale di cui il mondo è così lordato, che possiamo ben applicare ad esso queste parole che la Scrittura rivolge agli uomini che vissero prima del diluvio: « Tutta la carne aveva corrotto le sue vie. » Ah, qui non servono parole ma lacrime! – Il sesto peccato è l’ingiustizia che regna ovunque, e che il profeta indica con queste parole: E non si pentirono… dei loro peccati. Anche qui si cita la specie per il tipo, come ne abbiamo molti esempi nei Profeti. Per piccoli latrocini intende quindi l’ingiustizia in generale, in cui sono inclusi tutti i tipi di furto, di qualsiasi natura. Ora, chi non si lamenta di un’ingiustizia fattagli in questo modo, o almeno chi non ne è stato mai minacciato? Ma sono molti coloro che rubano la proprietà di altri e che finalmente riconoscono i loro torti e che riparano alle loro ingiustizie? Non cercano, al contrario, di aumentare la loro fortuna con ogni mezzo, giusto o ingiusto – per essi non fa differenza – ispirati come sono dalla loro insaziabile avarizia? – Il settimo peccato di quest’epoca, che deve essere considerato come il complemento della nostra perdizione, è l’impenitenza finale espressa così chiaramente dal profeta: E il resto degli uomini ….. non si pentì delle opere delle proprie mani. E più in basso: Non fecero penitenza per i loro omicidi, etc. Tale è l’ultima sentenza riportata da San Giovanni, l’arcicancelliere dei temuti consigli di Dio!!! O sacerdoti e laici di tutta l’Europa e soprattutto della Germania, apriamo finalmente gli occhi per vedere il terribile pericolo che ci minaccia! Dio ha gettato uno sguardo di collera sulla Chiesa sua figlia; e dopo più di cento anni ci hanno afflitto e travolto la guerra, la carestia, i dissensi, le eresie, gli scismi, rivoluzioni e malattie di ogni tipo! E non facciamo penitenza per tutto questo, perseveriamo nella ricerca criminale dei piaceri della carne; noi siamo ancora ansimanti per la sete di beni deperibili e gonfi per l’orgoglio della vita. Gli occhi delle nostre anime sono oscurati dalle nostre passioni, e non possiamo vedere l’abisso in cui stiamo precipitando. Ah, svegliamoci finalmente dal nostro sonno di morte! Per amore di Gesù Cristo che ci ha amati fino al sacrificio sul Calvario; per amore delle nostre anime e per l’amore di coloro che verranno dopo di noi, facciamo tutti insieme uno sforzo di salvezza, affinché il Signore non ci lasci cadere alla fine nelle profondità dell’abisso sul quale siamo sospesi, affinché l’orribile bestia non divori questa bella Europa, e che non ci sia più nessuno che possa salvarci. Così sia.

L’APOCALISSE INTERPRETATA DAL BEATO B. HOLZHAUSER (XV)

LA SUMMA PER TUTTI (7)

LA SUMMA PER TUTTI (7)

R. P. TOMMASO PÈGUES

LA SOMMA TEOLOGICA DI S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI

PARTE SECONDA

L’UOMO VENUTO DA DIO E DESTINATO A RITORNARE A DIO

SEZIONE PRIMA

Idea generale del ritorno dell’uomo a Dio

Capo VIII.

Delle virtù che possono e debbono essere nell’uomo il principio dei suoi atti buoni.

493. Che cosa intendete per acquisto della virtù?

Intendo il conseguimento, ossia il perfezionamento di tutte le buone abitudini che portano l’uomo a bene agire (XLIX-LXVIII).

494. Che cosa sono queste buone abitudini che portano l’uomo a bene agire?

Sono disposizioni o inclinazioni che si trovano nelle sue diverse facoltà, e che delle sue facoltà rendono buoni gli atti (LV, 1-4).

495. Donde provengono nelle diverse facoltà dell’uomo queste disposizioni e inclinazioni che lo portano a bene agire?

Talvolta provengono parzialmente dalla natura stessa; qualche volta dal soggetto che agisce secondo il modo della virtù; qualche volta ancora direttamente da Dio, che le produce nell’anima con la sua azione soprannaturale (LXII, 1-4).

496. Nell’intelletto dell’uomo vi sono di queste disposizioni o buone abitudini, e di queste virtù?

Sì: nell’intelletto dell’uomo vi sono di queste disposizioni o buone abitudini, è di queste virtù (LVI, 3).

497. Quale effetto producono queste virtù nell’intelletto dell’uomo?

Esse lo inducono a non decidersi che per la verità (LVI, 3).

498. Quali sono queste virtù nell’intelletto dell’uomo?

Sono la « intelligenza », la « scienza », la sapienza », « l’arte » e la « prudenza » LVII, 1-6).

499. Qual è l’oggetto di ciascuna di questo virtù nell’intelletto, ossia nella ragione dell’uomo?

La prima dà la cognizione dei principi; la seconda la cognizione delle conclusioni; la terza la cognizione delle più alte cause; la quarta la direzione per la esecuzione delle opere esterne; la quinta la direzione di tutta la vita morale (LVII, 1-6).

500. Dunque la prudenza è la più importante nella pratica della vita morale?

Sì; la prudenza è la più importante nella pratica della vita morale (LVII, 5).

501. Non vi sono che queste specie di virtù nell’intelletto dell’uomo?

Vi è ancora un’altra virtù nell’intelletto dell’uomo, ed è di un ordine del tutto superiore (LXII, 1-4).

502. Qual è quest’altra virtù nell’intelletto dell’uomo, di un ordine del tutto superiore?

È la virtù della «fede» (Ibid.).

503. Vi sono anche virtù dello stesso ordine nella volontà?

Sì; vi sono anche virtù dello stesso ordine nella volontà (Ibid.).

504. Quali sono queste virtù dello stesso ordine nella volontà?

Sono la «speranza» e la « carità » (Ibid.).

505. Le virtù della fede, della speranza della carità hanno un nome speciale?

Sì: si chiamano « virtù teologali » (Ibid.).

506. Che cosa si intende con queste parole: « virtù teologali? ».

Con queste parole si intende significare che le virtù della fede, della speranza e della

carità si occupano di Dio stesso, e che in Dio hanno anche la loro unica origine (LX, 1).

507. Vi è ancora qualche altra virtù nella volontà?

Sì; nella volontà vi è ancora la virtù della «giustizia» e le altre virtù che ne dipendono (LVI, 6; LIX, 4; LX, 2, 3).

508. Vi sono altre facoltà nell’uomo in cui si trovino delle virtù?

Sì; vi sono le facoltà affettive sensibili (LVI, 4; LX, 4).

509. Quali sono le virtù che si trovano nelle facoltà affettive sensibili?

Sono le virtù della « fortezza » e della « temperanza», con le altre che ne dipendono.

510. Come si chiamano le virtù della giustizia, della fortezza e della temperanza, ed anche della prudenza?

Si chiamano « virtù morali » (LVIII, 1).

5I1. Non si chiamano anche virtù « cardinali »?

Sì; si chiamano anche « virtù cardinali » (LXI, 1-4),

512. Che cosa si intende significare con queste parole: « virtù cardinali »?

Con ciò si vuol dire che sono virtù particolarmente importanti, quasi i cardini — in latino «cardo-cardinis» — su cui si aggirano tutte le altre virtù, fuorché le virtù teologali (Ibid).

513. Le virtù di ordine naturale, ossia acquisite, intellettuali e morali, devono avere nell’uomo delle virtù corrispondenti di ordine soprannaturale, infuse da Dio allo scopo di perfezionare l’uomo in ogni atto della sua vita morale?

Sì; perché queste sole virtù infuse sono proporzionate agli atti che impone all’uomo, nella sua vita morale soprannaturale, il fine soprannaturale che gli danno a conseguire le virtù teologali (LXII, 3, 4).

514. Tutte queste virtù, teologali e cardinali, sono necessarie perché l’uomo viva bene?

Sì; tutte queste virtù sono necessarie perché l’uomo viva bene (LXV, 1-5).

515. E se l’uomo mancasse di una qualunque di tali virtù non potrebbe dirsi virtuoso?

No; perché se l’uomo manca di una qualunque di tali virtù, ciò che gli può restare delle altre virtù non ha mai in lui il carattere e la ragione di virtù perfetta (LXV, 4).

Capo IX.

Dei doni che coronano e completano le virtù.

516. Basta all’uomo, perché la sua vita sia ciò che deve essere in ordine all’acquisto del cielo, che possegga tutte le virtù di cui si è parlato?

No; bisogna che abbia ancora i doni dello Spirito Santo (LXVIII, 2).

517. Che cosa intendete per i doni dello Spirito Santo?

Intendo certe disposizioni abituali che sono nell’uomo per opera dello Spirito Santo, e che rendono l’uomo obbediente e docile a tutte le ispirazioni ed a tutti i moti interni dello Spirito Santo stesso, che lo stimola in vista del possedimento di Dio in cielo (LXVIII, 1,2,3).

518. Perché si richiedono i doni dello Spirito Santo, oltre le virtù precedentemente accennate?

Perché l’uomo, essendo chiamato a vivere da figlio di Dio, non può arrivare alla perfezione di questa vita, se Dio stesso con la sua propria azione, alla quale i doni dispongono, non viene a terminare ciò che l’azione dell’uomo, col mettere in opera le virtù, non può che abbozzare (LXVIII, 2).

519. Quanti sono i doni dello Spirito Santo?

I doni dello Spirito Santo sono sette (LXVII, 4).

520. Quali sono questi sette doni?

Sono la « sapienza », l’« intelletto », la « scienza ». il « consiglio », la « pietà », la « fortezza » ed il « timor di Dio » (LXVIII, 4).

Capo X.

Delle beatitudini e dei frutti dello Spirito Santo, come risultato delle virtù e dei doni.

521. Quando l’uomo è così rivestito delle virtù e dei doni, ha tutto quello che occorre,

in quanto è da lui, per vivere una vita perfetta, in ordine all’acquisto del cielo?

Sì; quando l’uomo è così rivestito dei doni e delle virtù ha tutto ciò che occorre, in quanto è da lui, per vivere una vita perfetta in ordine all’acquisto del cielo.

522. Si può dire anche che egli possegga già in qualche maniera questa vita del cielo cominciata sulla terra?

Sì; si può dire anche che egli in qualche maniera possegga già questa vita di cielo cominciata sulla terra; ed in questo senso appunto si parla su questa terra di beatitudini e di frutti dello Spirito Santo (LXIX, LXX).

523. Che cosa si intende per beatitudini?

Per beatitudini si intendono gli atti delle virtù e dei doni enumerati da Nostro Signore Gesù – Cristo nel Vangelo, i quali per la loro presenza nell’anima o per i meriti che vi hanno lasciato, formano per noi come il pegno della futura beatitudine promessa a ciascuno di essi (LXIX, 1).

524. E che cosa si intende per frutti dello Spirito Santo?

Per frutti dello Spirito Santo si intendono certi atti buoni, di natura tale da procurare piacere all’uomo virtuoso, quando agisce nell’ordine soprannaturale sotto la influenza dello Spirito Santo (LXX, 1).

525. Si distinguono i frutti dalle beatitudini?

Se essi sono tutto quello che per l’uomo esiste di più perfetto in senso assoluto, si confondono col frutto per eccellenza che è la beatitudine del cielo. Possono anche identificarsi con le beatitudini della terra; ma sene distinguono nel senso che la sola ragione dibontà basta loro, senza richiedere la ragionedi perfezione e di eccellenza, essenziale allebeatitudini (LXX, 2).

526. Quali sono le beatitudini e le loro ricompense?

Sono queste: Beati è poveri di spirito, perché di loro è il Regno dei Cieli. Beati i miti, perché essi possederanno la terra. Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati, Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figliuoli di Dio (LXIX, 2-4).

527. Quali sono i frutti dello Spirito Santo?

I frutti dello Spirito Santo sono: la «carità », la « gioia», la « pace », la « pazienza», la « benignità », la « bontà », la « generosità », la « mansuetudine », la « fedeltà », la « modestia », la «continenza » e la «castità» (LXX, 3).

528. Dove si trovano enumerati questi frutti dello Spirito Santo?

Si trovano enumerati nella Epistola di S. Paolo ai Galati, al cap. V, vers. 22 e 23.

529. E le beatitudini dove si trovano enumerate?

Le beatitudini si trovano enumerate in S. Matteo al cap. V, vers. 3-10; ed in modo meno completo in S. Luca al cap. VI, vers. 20-22.

530. Non vi è una ottava beatitudine in S. Matteo, riportata anche in S. Luca?

Sì; è la beatitudine di coloro che soffrono persecuzione per la giustizia; ma essa si riporta alle prime sette e ne è come il riassunto e la conseguenza (LXIX, 3 ad 5).

531. Non vi può essere dunque niente di meglio per l’uomo su questa terra, che di vivere la vita delle virtù e dei doni che si manifesta nelle beatitudini e nei frutti dello Spirito Santo?

No; non vi può essere niente di meglio per l’uomo su questa terra, che di vivere la vita della virtù e dei doni, che si manifesta nelle beatitudini e nei frutti dello Spirito Santo.

Capo XI

Dei vizi che possono essere nell’uomo principio dei suoi atti cattivi.

532. Vi è un’altra vita che l’uomo possa vivere sulla terra, opposta alla vita delle virtù e dei doni che si manifesta nelle beatitudini e nei frutti dello Spirito Santo?

Sì; è la vita del peccato o del vizio (LXXI-LXXXIX).

533. Che cosa intendete per vizio?

Per vizio intendo lo stato dell’uomo che vive nel peccato (LXXI, 1-6).

534. Che cosa è il peccato?

Il peccato è un atto o una omissione volontaria che è cosa cattiva (LXXI, 5-6).

535. Un atto o un’omissione volontaria, quando è cosa cattiva?

Quando tale atto o tale omissione è contraria al bene di Dio, al bene del prossimo o al bene dell’uomo stesso (LXXII, 4).

536. Come avviene che l’uomo possa volere qualche cosa di contrario al bene di Dio, al bene del prossimo o al suo proprio bene?

Perché può volere qualche altro bene che si oppone al bene di Dio, al bene del prossimo o al suo proprio bene (LXXI, 2; LXXVII, 4).

537. Qual è quest’altro bene che l’uomo può volere, e che si oppone al bene di Dio, al bene del prossimo o al suo proprio bene?

È il bene che lusinga i suoi sensi, la sua ambizione ed il suo orgoglio (LXXII, 2,8; LXXVII, 5).

538. E donde deriva che l’uomo possa volere il bene che lusinga i suoi sensi, o la sua ambizione o il suo orgoglio, in opposizione al bene di Dio, del prossimo ed al suo proprio bene?

Ciò deriva da questo, che i suoi sensi possono rivolgersi verso quello che loro piace, prevenendo o trascinando la ragione e la volontà, che non vi si oppongono quando potrebbero e dovrebbero opporvisi (LXXI,2 ad 3).

539. Dunque il principio, ed in qualche maniera la ragione, di tutti i peccati si trova per l’uomo nella ricerca illecita dei beni sensibili e temporali?

Sì; nella ricerca illecita dei beni sensibili e temporali si trova per l’uomo il principio, ed in qualche maniera la ragione, di tutti i suoi peccati.

540. Come si chiama questa tendenza a cercare in modo illecito i beni sensibili e temporali, che si trova nell’uomo?

Si chiama concupiscenza o cupidigia (LXXVII, 1-5).

Capo XII.

Del peccato originale e delle sue conseguenze, ossia delle ferite della natura umana.

541. Esisteva nell’uomo questa concupiscenza nel primo stato in cui fu creato da Dio?

No; nel primo stato in cui fu creato da Dio non esisteva nell’uomo questa concupiscenza.

542. Perché, dunque, ora si trova nell’uomo?

Si trova ora, nell’uomo perché l’uomo si trova in istato di peccato (LXXXI-LXXXIII).

543. Che cosa intendete per istato di peccato nell’uomo?

Intendo lo stato susseguente al primo peccato del primo uomo, effetto di questo primo peccato (LXXXI, 1; LXXXII, 1).

544. Perché questo stato susseguente al primo peccato del primo uomo, effetto di questo primo peccato, si trova ora in ciascuno di noi?

Tale stato si trova ora in ciascuno di noi perché abbiamo ricevuto la nostra natura dal primo uomo (LXXXI, 1).

545. Se il primo uomo non avesse peccato, avremmo da lui ricevuto la natura in un altro stato?

Sì; se il primo uomo non avesse peccato noi avremmo ricevuto da lui la natura in istato di integrità e di giustizia originale (LXXXI, 2).

546. Lo stato in cui riceviamo attualmente dal primo uomo la nostra natura è uno stato di colpa?

Sì; lo stato in cui attualmente riceviamo dal primo uomo la nostra natura è uno stato di colpa (LXXXI, 1; LXXXII, 1).

547. Perché la natura che attualmente riceviamo dal primo uomo è in istato di colpa?

Perché noi la riceviamo da lui tale quale è in ragione e come conseguenza del suo peccato (LXXXI, 1).

548. E come si chiama questo stato di colpa della natura che riceviamo dal primo uomo, come conseguenza del suo peccato?

Si chiama peccato originale (Ibid.).

549. Dunque il peccato originale si trasmette a ciascuno di noi per il fatto stesso che riceviamo da Adamo peccatore la nostra natura in tale stato?

Sì; per il fatto stesso che noi riceviamo da Adamo peccatore la nostra natura in tale stato, si trasmette a ciascuno di noi il peccato originale (Ibid.).

550. Che cosa porta seco questo stato di peccato che infetta la natura umana in ciascuno di noi, e che si chiama peccato originale?

Porta seco la privazione di tutti i doni soprannaturali o gratuiti che Dio aveva posto nella nostra natura, nella persona del primo uomo nostro padre comune (LXXXII, 1).

551. Quali erano questi doni soprannaturali o gratuiti, la privazione dei quali costituisce in noi lo stato di peccato che è il peccato originale?

Questi doni soprannaturali o gratuiti erano anzitutto la grazia santificante con le virtù soprannaturali infuse, ed i doni dello Spirito Santo; e quindi il privilegio della integrità annesso a tali doni soprannaturali.

552. Che cosa portava seco il privilegio della integrità accordato alla nostra natura?

Portava la perfetta subordinazione dei sensi alla ragione, e del corpo all’anima.

553. Che cosa risultava da questa perfetta subordinazione dei sensi alla ragione e del corpo all’anima?

Ne risultava che l’uomo non poteva avere nella parte affettiva sensibile alcun movimento disordinato; ed oltre a questo, il suo corpo era impassibile ed immortale.

554. La morte e le altre miserie corporali sono dunque l’effetto proprio del peccato?

Sì; la morte e le altre miserie corporali sono l’effetto proprio del peccato (LXXXV, 5

550. Come si chiamano le conseguenze del peccato, da parte dell’anima?

Si chiamano ferite dell’anima.

556. Potreste dirmi quali sono queste ferite dell’anima?

Sono la ignoranza, la malizia, la infermità e la concupiscenza (LXXXV, 3).

557. Che cosa intendete per ignoranza?

Intendo quello stato della intelligenza o della ragione, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale che aveva verso il vero nello stato di integrità (LXXXV, art. 3).

558. Che cosa intendete per malizia?

Intendo quello stato della volontà, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale che aveva verso il bene nello stato di integrità (LXXXV, 3).

559. Che cosa intendete per infermità?

Intendo quello stato della parte affettiva sensibile, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale verso tutto ciò che è arduo e difficile che aveva nello stato di integrità (LXXXV, 3).

360. Che cosa intendete per concupiscenza?

Intendo quello stato della parte affettiva sensibile, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale verso il piacere sensibile moderato dalla ragione, che aveva nello stato di integrità (LXXXV, 8).

561. Queste quattro ferite della natura sono propriamente l’effetto del primo peccato del primo uomo?

Sì; queste quattro ferite della natura sono propriamente l’effetto del primo peccato del primo uomo (LXXXV, 8).

562. Vengono esse aggravate dai peccati personali dei genitori e degli individui?

Sì; esse vengono aggravate dai peccati personali dei genitori e degli individui (LXXXV, art. 1,2).

563. Vi sono dei peccati personali aventi una influenza particolarmente malvagia, per indurre l’uomo a commettere altri peccati?

Sì; vi sono i peccati « capitali ».

564. Quali sono i peccati capitali?

Sono la «superbia», l’« avarizia » la « gola », la « lussuria », l’« accidia », l’« invidia », l’« ira ».

565. Malgrado tutte queste cause di peccato che sono nell’uomo, provenienti sia dal primo peccato del primo nomo sia dagli altri peccati commessi dai diversi uomini, dobbiamo dire che l’uomo resta libero nei suoi atti morali e non è mai necessitato a peccare?

Sì; malgrado tutte le cause di peccato che sono nell’uomo, provenienti sia dal primo peccato del primo uomo sia dagli altri peccati commessi dai diversi uomini, dobbiamo dire che l’uomo resta libero nei suoi atti morali e non è mai necessitato a peccare.

566. Che cosa ci vorrebbe perché l’uomo cessasse di essere libero nei suoi atti, per causa di tutte queste conseguenze del peccato?

Bisognerebbe che esse avessero per effetto di fargli perdere la ragione (LXXVII, 7).

567. A meno, dunque, che l’uomo non perda la ragione, resta esso sempre libero nei suoi atti, in modo che dipenda da lui di non peccare?

Sì; a meno che l’uomo non perda la ragione esso resta sempre libero nei suoi atti, dimodoché dipende da lui di non peccare.

568. Questa libertà può essere però meno piena e meno perfetta, a causa delle conseguenze del peccato, dimodoché l’uomo, anche quando pecca, sia meno colpevole?

Sì; la libertà dell’uomo è meno piena e meno perfetta per causa delle conseguenze del peccato; dimodoché l’uomo, anche quando pecca, è meno colpevole; purché le sue colpe personali non abbiano parte esse stesse in questa diminuzione della sua perfetta libertà (LXXVII, 6).

Capo XIII.

Della diversa gravità dei peccati e della pena loro dovuta.

569. Non sono dunque tutti ugualmente gravi i peccati quando l’uomo li commette?

No; non sono tutti ugualmente gravi i peccati quando l’uomo li commette.

570. Donde si rileva la maggiore o minore gravità dei peccati dell’uomo, quando questi li commette?

La maggiore o minore gravità dei peccati dell’uomo si rileva dal grado che occupa, nella scala dei beni voluti dalla ragione, quello cui il peccato attenta; e dalla più o meno larga partecipazione di atto volontario libero che si trova in tale peccato (LXXIII, 1-8).

571. Ogni peccato di per sé merita di essere punito?

Sì; ogni peccato di per sé merita di essere punito (LXXXVII, 1).

572. Perché ogni peccato di per sé merita di essere punito?

Perché ogni peccato di per sé è come una usurpazione della libera volontà sopra un dominio che non è di suo diritto; e la pena è come la restituzione fatta dalla volontà, di ciò che contro il proprio diritto aveva usurpato (LXXXVII, 1).

573. La pena del peccato è dunque questione di rigorosa giustizia?

Sì; la pena del peccato è questione di rigorosa giustizia.

574. E chi è che infligge la pena dovuta al peccato?

Una delle tre ragioni che possono intervenire nell’ordine leso dal peccato (LXXXVII, 1).

575. Quali sono queste tre ragioni che possono intervenire nell’ordine leso dal peccato?

La ragione divina sempre; la ragione della autorità umana per le cose che da essa dipendono, e la ragione del peccatore stesso, secondo il grado di responsabilità avuto nel peccato (LXXXVII, 1).

576. Come può intervenire questa ragione del peccatore stesso nella pena inflitta per il peccato?

La ragione del peccatore nella pena inflitta per il peccato può intervenire in due maniere: con i rimorsi e con la penitenza volontaria (LXXXVII, 1).

577. Come interviene la ragione della autorità umana nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?

La ragione della autorità umana nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato, interviene a modo di castigo (LXXXVII, 1).

578. E come interviene la ragione divina nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?

La ragione divina interviene in due maniere nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato; mediatamente ed immediatamente (LXXXVII, 1).

579. Che cosa intendete col dire che la ragione divina interviene mediatamente ‘nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?

Intendo che essa interviene per la mediazione stessa della ragione del peccatore, e della ragione della autorità umana (LXXXVII, 1).

580. Perché dite che la ragione divina interviene nella pena che può o deve: essere inflitta per il peccato, per la mediazione della ragione del peccatore stesso e della ragione della autorità umana?

Perché la ragione del peccatore e la ragione della autorità umana agiscono in dipendenza dalla ragione divina, e sono in qualche maniera i suoi strumenti (LXXXVII, 1).

581. Non vi è ancora un altro modo con cui la ragione divina può intervenire quasi mediatamente nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?

Sì; ed è per la mediazione delle stesse creature, ossia dell’ordine delle cose che il peccatore guasta col suo peccato (LXXXVII, 1).

582. Si può parlare in questo senso di una certa giustizia immanente?

Sì; in questo senso si può parlare di una certa giustizia immanente, per la quale le cose stesse che sono strumenti della giustizia divina, vendicano con le contrarietà che il peccatore vi incontra e che sono la conseguenza del suo peccato, il peccato da lui commesso (LXXXVII, 1),

583. Che cosa intendete col dire che la ragione divina interviene immediatamente nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?

Intendo l’intervento speciale e di ordine soprannaturale, con cui Dio stesso vendica le infrazioni fatte dal peccatore all’ordine soprannaturale da Lui stabilito (LXXXVII, 3-5).

584. Che cosa porta seco di particolarmente speciale l’intervento di ordine soprannaturale con cui Dio vendica da Se stesso le infrazioni fatte dal peccatore all’ordine soprannaturale da Lui stabilito?

Esso porta seco, riguardo a certi peccati, delle pene che saranno eterne (LXXXVII, art. 3, 5).

Capo XIV.

Dei peccati mortali e dei peccati veniali.

585. Quali sono i peccati ai quali Dio infligge pene eterne?

Sono i peccati mortali (LXXXVII, 3).

586. Che cosa intendete per peccati mortali?

Intendo i peccati che cagionano la morte dell’anima, facendole perdere la carità, principio della sua vita soprannaturale (LXXXVIII, 1).

587. Perché a questi peccati Dio infligge pene eterne?

Perché questi peccati, facendo perdere la vita dell’anima che Dio solo può dare, non permettono più al peccatore di riparare il suo peccato; e rimanendo sempre il peccato bisogna che anche la pena ne rimanga (ibid.).

588. Tutti i peccati che l’uomo commette sono peccati mortali?

No; non tutti i peccati che l’uomo commette sono peecati mortali (LXXXVIII, 1, 2).

589. Come si chiamano i peccati che non sono mortali?

Si chiamano peccati veniali (Ibid.).

590. Che cosa significa questa espressione: peccati «veniali »?

Significa certi peccati meno gravi che non tolgono il principio della vita soprannaturale

che è la carità ossia la grazia, e che per conseguenza possono essere riparati da un atto contrario del peccatore stesso, sotto l’azione ordinaria della grazia; ed a questo titolo la loro pena è sempre temporale: per questo si chiamano «veniali », ossia facilmente «perdonabili », dalla parola latina «venia» che significa «perdono» (LXXXVII, 1).

591. Se però i peccati veniali fossero commessi da un uomo in peccato mortale e questi morisse in tale stato, i suoi peccati veniali sarebbero puniti con una pena eterna?

Sì; per causa del suo stato, e perché non avendo la carità non avrebbe potuto riparare i suoi peccati, che dopo la morte rimangono eternamente irreparabili.

592. Donde viene che vi sono peccati mortali e veniali?

Ciò deriva dalla natura del disordine costituito da questi diversi peccati; oppure anche dalla maggiore o minore libertà da parte del soggetto che pecca (LXXXVIII, 2).

593. Che cosa intendete quando dite che ciò deriva dalla natura del disordine costituito da questi diversi peccati?

Intendo dire che vi sono dei peccati che di per se stessi si oppongono all’amore soprannaturale di Dio, principio della vita dell’anima, o sono incompatibili con questo amore; mentre altri non costituiscono che un leggero disordine accidentale, compatibile con l’amore soprannaturale di Dio esistente abitualmente nell’anima (Ibid.).

594. Quali sono i peccati che di per se stessi si oppongono direttamente all’amore soprannaturale di Dio, principio della vita dell’anima, o incompatibili con questo amore?

Sono i peccati che portano al rifiuto dell’amore soprannaturale di Dio, oppure implicano un male ed un disordine che turba essenzialmente l’ordine dell’uomo rispetto a Dio, o l’ordine degli uomini tra loro, o l’ordine dell’uomo in se stesso,

595. Potreste accennarmi qualcuno di questi peccati?

Sì; tali sono il disprezzo dell’amore soprannaturale divino; il peccato contro l’onore di Dio; i peccati di furto, di omicidio, di adulterio ed i peccati contro natura.

596. Per conoscere questi diversi peccati e la loro gravità, qual è il mezzo più sicuro e completo?

È quello di considerarli nel loro rapporto con ciascuna virtù, presa nei particolari della sua specie.

597. Avrete occasione di mostrare questo rapporto dei vizi e dei peccati con ciascuna virtù, considerata nei particolari della sua specie?

Sì; lo faremo quando avremo terminato di vedere in generale ciò che si richiede perché l’uomo possa vivere la vita delle virtù, e schivare la vita opposta dei peccati e dei vizi,

598. Che cosa resta ancora da considerare, prima di aver terminato di vedere in generale ciò che si richiede perché l’uomo possa vivere la vita delle virtù e schivare quella opposta dei vizi e dei peccati?

Restano da considerarsi gli aiuti esteriori necessari all’uomo per questo fine,

599. Quali sono gli aiuti esteriori necessari all’uomo per questo fine?

Sono la legge che lo diriga, e la grazia che lo assista nel suo cammino (XC-CXIV).

UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO – S. S. PIO IX “OMNEM SOLLICITUDINEM”

«… a nessuno è lecito, senza aver consultato questa Sede Apostolica, introdurre nella liturgia innovazioni sia pure di poco peso… » È questo il punto centrale della questione qui affrontata riguardante i riti che uomini di animo empio volevano introdurre tra i ruteni di Polonia. Le variazioni liturgiche pur minime devono essere approvate dalla Sede Apostolica e non lasciate all’arbitrio di chi potrebbe introdurre pratiche eretiche o scismatiche. Certo c’è da impallidire davanti alle “barzellette” pseudoliturgiche oggi introdotte nei falsi riti della antichiesa cattolica, la “sinagoga di satana” che ha invaso il Vaticano e gran parte dell’orbe cattolico, trascinando nell’eterna perdizione un’infinità di anime colpevolmente ignare, ed addirittura contente delle novità “moderniste” che costituiscono ipso facto sacrilegio ed anatema gravissimo. Ma gli ignoranti nella fede cattolica non si salvano in alcun modo, perché non hanno possibilità di immergersi nella corrente della grazia divina, nella linfa salvifica che da Cristo fluisce ai fedeli che aderiscono al suo Corpo mistico. Poverini, preghiamo per essi e godiamoci questa breve ma significativa Lettera Enciclica di S. S. Pio IX.

Pio IX
Omnem sollicitudinem

Fin dai primi anni del Nostro lungo Pontificato abbiamo impegnato tutta la Nostra attenzione e abbiamo operato per procurare e favorire il bene spirituale delle Chiese Orientali, dichiarando solennemente, fra le altre cose, che le peculiari liturgie di rito cattolico dovevano essere mantenute e conservate con ogni cura e diligenza, in sintonia con i Nostri Predecessori che le circondarono della massima attenzione e considerazione. – Esiste al riguardo una ricca documentazione a noi trasmessa da Clemente VIII nella sua Costituzione Magnus Dominus del 1595, da Paolo V nel suo Breve del 10 dicembre 1615, e soprattutto, per tralasciare altri documenti, da Benedetto XIV nelle sue Encicliche Demandata del 1743 e Allatæ sunt del 1755. – Esistendo uno stretto rapporto che lega le norme liturgiche alle dottrine dogmatiche, questa Sede Apostolica, maestra infallibile della Fede e accorta custode della Verità, non appena rilevava che “si era insinuato nella Chiesa Orientale qualche rito pericoloso e disdicevole, lo condannava, lo riprovava e ne interdiceva l’uso“. – La summenzionata sollecitudine a mantenere integri gli antichi riti liturgici non impedì di accogliere tra i riti orientali alcuni altri praticati presso altre Chiese e che, come scriveva Gregorio XVI di felice memoria ai Cattolici Armeni, “i vostri antenati preferirono, o perché sembravano più semplici, o perché li avevano accolti già da qualche tempo come segno di distinzione dagli eretici e dagli scismatici” . “Resta dunque ferma“, come tramanda lo stesso Sommo Pontefice, “la norma che ribadisce l’obbligo di non procedere a modifiche dei sacri riti liturgici senza aver preventivamente consultato la Sede Apostolica, sia pure con il pretesto di introdurre cerimonie ritenute più conformi alle liturgie approvate dalla stessa Sede, se non in presenza di serie motivazioni e dopo l’assenso della stessa Sede Apostolica“. – A queste norme, saggiamente disposte per tutte le Chiese di rito orientale, deve pure soggiacere, come fu più volte dichiarato, ma soprattutto nel menzionato Breve di Paolo V, la disciplina liturgica dei Ruteni, che i Romani Pontefici non cessarono mai di circondare con particolare benevolo affetto e con peculiari favori. Non appena si prospettò qualche pericolo a minacciare la loro fede, la Sede Apostolica non tralasciò di far udire immediatamente la propria voce per ovviare a un così grave male. È tuttora viva l’eco delle solenni parole pronunciate dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di felice memoria, quando la Nazione dei Ruteni, come è noto a tutti, fu coinvolta in una situazione di così estrema gravità che tre milioni di loro furono strappati dal seno della Chiesa Cattolica, e ancora oggi ne piangiamo. – Neppure mancò l’aiuto della Sede Apostolica alla Nazione dei Ruteni, quando sorsero gravi e interminabili controversie nella Provincia di Leopoli per la difformità dei riti e per i rapporti che intercorrevano fra gli ecclesiastici di rito latino e quelli di rito greco, con negativi riflessi sulla carità cristiana. Intervenne allora un accordo, o convenzione, proposto dai Vescovi di entrambi i riti che, sancito da un decreto della S. Congregazione di Propaganda Fide per gli affari delle Chiese di rito orientale in data 6 ottobre 1863, risolse e pose felicemente fine alla controversia. – Per la verità, la deplorevole situazione in cui si viene a trovare la stessa Provincia ecclesiastica [di Leopoli], e in modo particolare la confinante Diocesi di Chelm, chiama nuovamente in causa, e a buon diritto, il Nostro dovere di sollecita vigilanza. È assai recente la notizia a Noi riportata di un’accesa controversia fra codesti Cattolici di rito Greco-Ruteno temerariamente imbastita su questioni di liturgia. Alcuni individui, e tra questi anche membri del clero, attratti dalle novità e sulla scorta di un loro capriccio, vanno proponendo innovazioni dei riti liturgici, alcuni già in uso da tempo immemorabile e altri solennemente recepiti dal Sinodo di Zamos’c”, approvato dalla Sede Apostolica – Ma ciò che maggiormente Ci affligge e riempie di profonda amarezza il Nostro cuore è la gravissima situazione, a Noi recentemente riferita, in cui versa la Diocesi di Chelm. Non appena si allontanò il Vescovo, scelto da Noi stessi pochi anni orsono e ancora spiritualmente legato a quella Diocesi, uno pseudo-amministratore già da Noi ritenuto indegno della dignità episcopale, non esitò ad usurpare la giurisdizione ecclesiastica, a sovvertire ogni cosa nella suddetta Chiesa, a sconvolgere e ad alterare a proprio arbitrio le disposizioni liturgiche sancite dai canoni. – Con animo affranto scorriamo le righe della lettera circolare emanata il 20 ottobre 1873, con cui quel funesto pseudo-amministratore osa innovare l’esercizio del culto divino e la sacra liturgia, con l’evidente proposito di introdurre nella cattolica Diocesi di Chelm la liturgia degli scismatici: al fine di ingannare gli incolti e gl’ingenui per indurli più facilmente allo scisma, non si vergogna di produrre varie Costituzioni della Sede Apostolica storcendone fraudolentemente le disposizioni al proprio scopo. D’altra parte, non può esserci alcuno che non ritenga nullo e irrito quanto disposto sulla liturgia nella succitata lettera, e Noi, forti del Nostro Potere Apostolico, dichiariamo ciò nullo e irrito. Questo pseudo-amministratore risulta assolutamente privo di qualsiasi giurisdizione ecclesiastica: né il Vescovo legittimo al momento della partenza, né in seguito la Sede Apostolica giammai gliela conferirono. È dunque chiaro ed evidente che “non è entrato nell’ovile delle pecore per la porta, ma che vi è penetrato per altra via” (Gv X,1), e deve essere considerato un intruso. – I Sacri Canoni della Chiesa dispongono che gli antichi riti orientali legittimamente introdotti debbano essere scrupolosamente osservati: “I Romani Pontefici Nostri Predecessori, dopo averli esaminati con ogni cura e non avendoli trovati in contrasto con la Fede cattolica, né occasione di pericolo per le anime, né capaci di sminuire il decoro ecclesiastico, ritennero opportuno approvarli e permetterli“; sono sempre gli stessi Romani Pontefici a proclamare solennemente che a nessuno è lecito, senza aver consultato questa Sede Apostolica, introdurre nella liturgia innovazioni sia pure di poco peso. È quanto dispongono chiaramente le Costituzioni Apostoliche ricordate all’inizio della presente. – Non ha alcuna importanza il fatto che, per gettare fumo negli occhi, si presentino le innovazioni come strumento per purificare i riti orientali e restituirli all’antica forma. Non può infatti esistere alcuna altra liturgia dei Ruteni diversa da quella istituita dai Santi Padri della Chiesa, definita dai canoni dei Sinodi, invalsa per legittima consuetudine, ma sempre espressamente o tacitamente approvata dalla Sede Apostolica. Se con il trascorrere del tempo subentrarono variazioni nella Liturgia, queste non avvennero senza il consenso dei Romani Pontefici e furono introdotte con il preciso intento di preservare i riti da ogni contaminazione eretica e scismatica, perché potessero ergersi a difesa dei dogmi cattolici e della fede, e diventassero più idonei alla promozione del bene delle anime. – Con lo specioso pretesto dunque di purificare i riti e di ricondurli all’antica purezza, queste persone senza scrupoli si propongono di tendere insidie alla fede dei Ruteni di Chelm e di allontanarli dal grembo della Chiesa Cattolica con il chiaro proposito di indirizzarli all’eresia e allo scisma. – Ma in mezzo a queste amarissime avversità, che Ci assediano da ogni parte, Ci ristora e Ci solleva la visione straordinaria di un comportamento eroico e indefettibile offerto recentemente a Dio, agli Angeli e agli uomini dai Ruteni della Diocesi di Chelm. Essi, respingendo le inique disposizioni dello pseudo-amministratore, preferirono affrontare ogni male e mettere addirittura a repentaglio la propria vita piuttosto che sacrificare la fede degli avi e abbandonare i riti cattolici ricevuti dagli antenati, affermando di volerli conservare integri e senza macchia per sempre. – Per parte nostra non tralasciamo di innalzare a Dio, ricco di misericordia, suppliche incessanti perché effonda benigno la luce della sua grazia nel cuore di coloro che, contro ogni norma divina, violentano la Diocesi di Chelm e, nello stesso tempo, sovvenga con la sua onnipotenza quei miseri fedeli privi di ogni aiuto e di assistenza spirituale, e acceleri la consolazione dell’auspicata tranquillità. – A questo punto rivolgiamo a Voi, Venerabili Fratelli, che vi siete fatti carico con tanta dedizione e con zelo ammirevole della cura spirituale dei Ruteni, una pressante esortazione nel Signore perché difendiate le disposizioni liturgiche approvate dalla Sede Apostolica o introdotte con la sua consapevolezza e senza il suo divieto. E poiché non è assolutamente permesso introdurre innovazioni, vogliate affidare una meticolosa salvaguardia dei Sacri Canoni, in particolare delle decisioni del Sinodo di Zamos’c”, ai Parroci e ai Sacerdoti, persino ricorrendo a pene severissime se fosse necessario. – Si tratta infatti di un problema di primaria importanza, cioè della salvezza delle anime, dal momento che le illegittime innovazioni mettono in estremo pericolo la Fede cattolica e la santa unità dei Ruteni. Proprio per questo occorre applicarsi con tutto l’impegno, affrontare ogni fatica e non lasciare nulla di intentato per reprimere sul nascere tutto lo stravolgimento messo in opera da uomini malvagi in codesta regione in campo liturgico. Siamo certi, Venerabili Fratelli, che non verrete meno in alcun modo al preciso dovere di accollarvi, con l’aiuto della grazia di Dio, gli impegni menzionati con decisione e accortezza.

Perché ciò possa felicemente avverarsi, impartiamo con affetto a Voi, Venerabili Fratelli, e al popolo affidato a ciascuno di Voi, l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 13 maggio 1874, anno ventottesimo del Nostro Pontificato.