L’APOCALISSE INTERPRETATA DAL BEATO B. HOLZHAUSER (XXI)
INTERPRETAZIONE DELL’APOCALISSE Che comprende LA STORIA DELLE SETTE ETÁ DELLA CHIESA CATTOLICA.
DEL VENERABILE SERVO DI DIO BARTHÉLEMY HOLZHAUSER RESTAURATORE DELLA DISCIPLINA ECCLESIASTICA IN GERMANIA,
OPERA TRADOTTA DAL LATINO E CONTINUATA DAL CANONICO DE WUILLERET,
PARIS, LIBRAIRIE DE LOUIS VIVÈS, ÉDITEUR RUE CASSETTE, 23 – 1856
LIBRO SETTIMO.
SUI CAPITOLI XV E XVI.
Continuazione delle rivelazioni speciali e particolari fatte a San Giovanni sui regni di Maometto e dell’anticristo; e anche sulle ultime piaghe e l’ultimo trionfo della Chiesa, così come su altre particolarità che la riguardano.
§ I.
Rassomiglianza e rapporti di date e di caratteri trovati tra Maometto e l’anticristo, cioè tra il fondatore dell’impero turco e il suo consumatore.
Prima di continuare con questa interpretazione dell’Apocalisse, è opportuno dare qui le somiglianze e le sorprendenti relazioni di date e caratteri che si trovano tra Maometto, fondatore dell’impero turco, e l’anticristo, che doveva essere il suo consumatore ed ultimo sovrano. Vedendo queste ammirevoli connessioni e somiglianze, si avrebbe ragione di credere che Dio, nei decreti della sua infinita saggezza, abbia voluto avvertire la sua Chiesa con dei segni caratteristici con i quali potesse riconoscere e scoprire in anticipo il suo più grande nemico, in modo da poter stare in guardia e prepararsi alla terribile lotta della fine dei tempi. È per stabilire meglio questo parallelo che è importante dare, all’inizio, un riassunto storico e biografico della vita di Maometto; allo stesso tempo, citeremo alcune delle grandi caratteristiche che i Profeti hanno predetto sull’anticristo, per confrontare questi due tiranni tra loro. Diciamo dapprima una parola sui due predecessori di Maometto, Chosroe e suo figlio Siroes, che gli prepararono la strada per raggiungere un così alto grado di potere. Si sa da quanto sopra che l’Impero Ottomano è il nemico giurato del Cristianesimo e dell’Impero Romano. Ora, La guerra di Cosroe II contro l’Impero Romano fu intrapresa per vendicare la morte di Maurizio, il benefattore di questo principe. Questa guerra divenne un’immensa devastazione per il Cristianesimo. Nel 615, Shaharbarz, genero del monarca persiano, marciò alla testa di un considerevole esercito, prese Gerusalemme, mise a morte migliaia di monaci, vergini e sacerdoti, bruciò le chiese e persino la basilica eretta da Costantino, e portò via i vasi sacri e gli ornamenti, molti dei quali erano appartenuti al tempio di Salomone, e che Belisario, vittorioso in Africa, aveva riportato nella città santa. Egli mise in prigione i solitari. – I Giudei della Palestina furono abbastanza ricchi da comprare 90.000 prigionieri Cristiani destinati alla morte. Zaccaria, patriarca di Gerusalemme, condivise l’esilio del suo gregge. Il legno della vera croce faceva parte del bottino di Schaharbarz e fu depositato nella città di Kandsac o Tauritz. I proscritti di Gerusalemme rimasero tredici anni in potere dei Persiani. Durante questo periodo, Modesto governò la Chiesa in assenza di Zaccaria, e le pie libertà di San Giovanni Elemosiniere, Patriarca di Alessandria, aiutarono a riparare i mali che la guerra aveva provocato. L’imperatore Eraclio, dopo diversi anni di combattimenti vittoriosi, concluse una pace gloriosa con Siroe, figlio e successore di Cosroe. Il popolo prigioniero, il Patriarca e il legno sacro della redenzione furono restituiti. Nel 629, Eraclio completò le celebrazioni del suo trionfo con una cerimonia religiosa a Gerusalemme. In mezzo alla moltitudine accorsa per la solennità, l’imperatore si caricò la croce sulle spalle e la portò al Calvario. L’Esaltazione della Croce, il 14 settembre, è un ricordo di questo grande giorno. Gli autori antichi ci dicono che il legno sacro rimase nella sua cassa con i sigilli intatti. I Persiani non l’avevano toccato. Il Patriarca Zaccaria aprì la cassa con la sua chiave per la cerimonia. Eraclio cacciò i Giudei da Gerusalemme e consegnò ai Cattolici il santuario che i Persiani avevano dato ai nestoriani. Modesto aveva innalzato la basilica del Santo Sepolcro, grazie all’aiuto di Eraclio. Fermiamoci qui un momento. Non vediamo, in questi bei trionfi che la Chiesa ottenne sui nestoriani sostenuti dagli empi principi che li stabilirono a Gerusalemme, un tipo di sesta età della Chiesa, l’età della consolazione che deve precedere l’arrivo dell’Anticristo; infatti il trionfo che la Chiesa otterrà nella sesta età sui turchi e gli eretici, precederà il regno dell’Anticristo, proprio come il trionfo di Eraclio sui nestoriani precedette l’instaurazione del Maomettanismo. E questo imperatore Eraclio, per mezzo del quale furono ottenute tutte queste vittorie, non è anche un tipo del grande imperatore che deve liberare la Chiesa dal giogo degli eretici e delle nazioni dell’Impero d’Oriente? Ma continuiamo la nostra storia. Si avvicina il tempo in cui la Gerusalemme cristiana incontrerà i suoi nemici più formidabili e costanti. Colpendo Gerusalemme, alta immagine della fede di Gesù, l’islamismo ha attaccato il suo fondatore, e rovinerà col suo consumatore, le idee più belle, le più salutari e le più feconde che Dio ha messo nel cuore dell’uomo. Nel 609, un uomo della Mecca, un mercante di cammelli, Muhammad, figlio di Abdullah e Amina, della nobile tribù dei Koreischiti, di quarant’anni, annunzia ai suoi parenti e amici che l’Angelo Gabriele, visitandolo in un’apparizione notturna, lo aveva salutato con il nome di apostolo di Dio. Tali erano le modeste pretese del fondatore dell’islamismo; ecco ora quelli del suo consumatore; è San Paolo che parla, II Tess. II, 1: « Vi preghiamo, fratelli miei, per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e per la nostra riunione con lui, di non essere così facilmente scossi nei vostri sentimenti, e di non allarmarvi per rivelazioni, o discorsi, o lettere, che si suppone vengano da lettere che si presume vengano da noi, come se il giorno del Signore stesse per arrivare. Che nessuno vi inganni in alcun modo, perché quel giorno non verrà finché non sia venuta l’apostasia e non si sia visto l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, che si innalzerà contro Dio al di sopra di tutto ciò che è chiamato Dio o che è adorato, fino a porre il suo trono nel tempio di Dio, mostrandosi come Dio. » Era stata a lungo l’abitudine di Maometto di meditare e pregare in una grotta sul monte Hara vicino alla Mecca durante il mese di Ramadan ogni anno. Sognava la speranza di fondare una nazionalità in mezzo alle tribù d’Arabia, separate l’una dall’altra da odi profondi, e di riportare all’unità religiosa quelle tribù divise tra le dottrine di Zoroastro e quelle del sabeismo, suddivise in numerose sette. Quando Maometto si presentò come profeta, non fu creduto; gli furono chiesti miracoli come li avevano fatti Mosè e Gesù Cristo; i suoi compatrioti erano pronti a proclamare la sua missione soprannaturale, se, alla sua parola, le sabbie del deserto fossero cambiate in giardini fioriti, se il suo potere trasportasse loro e le loro mercanzie in un batter d’occhio nelle fiere della Siria. L’impostore disdegnava i miracoli come mezzi troppo inefficaci per sostenere l’autorità di un messaggero di Dio; si limitò a trarre dalla sua immaginazione un racconto meraviglioso: il suo rapido viaggio notturno dalla Mecca a Gerusalemme, in groppa ad una bestia bianca, più piccola di un mulo, più grande di un asino, e la sua ascesa al settimo cielo. Passando per le alte dimore, salutò i patriarchi, i profeti e gli Angeli; e da lì agli ultimi limiti, avendo Dio toccato la sua spalla, un brivido freddo gli entrò nel cuore. Poi tornò a Gerusalemme sul suo cavallo bianco per ripartire per la Mecca. In meno di un’ora, il profeta aveva attraversato tutti questi spazi infiniti. Cacciato dalla Mecca dalla sua stessa tribù (622), fece un’entrata trionfale a Medina, seduto su un cammello con una specie di parasole di palma spiegato a guisa di tabernacolo, e un turbante spiegazzato che sventolava come una bandiera (Oh, quanto è burlesca e rozza questa imitazione dell’entrata trionfale di Gesù Cristo a Gerusalemme!). Nonostante ciò, l’energia ed il fascino delle sue parole, i prodigi che raccontava in nome del cielo, i quadri della sua immaginazione, le ricchezze che prometteva in questo mondo e il paradiso voluttuoso che annunciava nell’altro, moltiplicarono il numero dei suoi discepoli in pochi anni. Salito al potere, Maometto mantenne la semplicità del mercante di cammelli. Padrone dell’Hedjad, dello Hiemen e di tutta la penisola araba, è stato visto rammendare la sua scarpa, il suo mantello di lana, mungere le sue pecore e accendere il suo fuoco. Burlesco imitatore di Gesù Cristo e dei suoi profeti, faceva dei datteri e dell’acqua pura il suo cibo quotidiano. Il lusso dei suoi pasti non andava oltre il latte e il miele; ma confessava che gli piacevano molto le donne ed i profumi. In questo era un vero tipo dell’Anticristo di cui Daniele dice, XI, 37: « Egli si darà alla concupiscenza delle donne. » Abbiamo visto che l’Anticristo pretenderà di essere adorato come Dio. Vediamo cosa pensava Mohammed di se stesso: « Dio ha creato tutti gli uomini e ha fatto di me il migliore degli uomini; ha diviso gli uomini in nazioni e mi ha messo nella migliore delle nazioni; ha diviso ogni nazione in tribù e mi ha messo nella migliore delle tribù; ha diviso le tribù in famiglie e mi ha fatto nascere nella migliore delle famiglie. Sì, la mia famiglia è migliore delle vostre, e i miei antenati sono migliori dei tuoi. Io sono il capo ed il modello degli uomini, e non me ne vanto. Sono il più eloquente degli arabi, e sarò io il primo a bussare alla porta del Paradiso, perché sono il primo la cui tomba sarà aperta nel grande giorno. Abramo mi ha chiesto a Dio, Gesù mi ha annunciato al mondo e mia madre, quando mi ha dato alla luce, ha visto una grande luce dall’Oriente all’Occidente. » – Tale è l’uomo che con il suo entusiasmo fanatico si propose di cambiare l’universo. Eccitando tutti i sentimenti violenti, mise fuoco alle passioni per realizzare i suoi vasti disegni. La guerra tra le tribù d’Arabia, un gioco, un istinto, un bisogno ardente. Le brillanti energie del deserto avevano bisogno di lottare: Maometto diede loro il mondo da conquistare. Non sarebbe stato compreso se avesse parlato di carità e misericordia; il segno della sua dottrina era la spada, che chiamava la chiave del cielo e dell’inferno. Missionario barbaro, così come feroce sarà il suo ultimo successore, non ha si impadroniva anime, ma di corpi. Carnefice delle coscienze, ci si doveva inchinare alle sue favolose rivelazioni così come ci si dovrà inchinare davanti all’immagine del suo successore per adorarlo, o scegliere tra la morte e la servitù. I suoi discepoli non hanno mai pensato al pericolo; aveva detto loro che una goccia di sangue per la sua causa, che lui chiamava quella di Dio, una notte trascorsa sotto le armi, era meglio di due mesi di digiuno e di preghiera. – Aveva detto loro che nel giorno del giudizio, le ferite che avevano ricevuto avrebbero brillato di uno splendore celeste, esalando profumi, e che le ali degli angeli avrebbero sostituito le membra perse in battaglia. Nonostante tutto questo prestigio di gloria e questa presunta elevazione di Maometto al settimo cielo, la sua morte non fu più felice di quanto lo sarà quella del suo ultimo successore, il quale, dopo aver voluto salire in cielo come Enoch ed Elia, sarà precipitato nell’abisso. Sappiamo infatti che Maometto fu avvelenato a Medina nel 632, dopo aver fatto un pellegrinaggio alla Mecca alla testa di centoquattordicimila proseliti. Abbiamo appena visto alcune delle relazioni morali e caratteristiche che si possono stabilire tra i due uomini che il demonio ha scelto per perdere il genere umano dando luogo alle sciocche pretese del suo orgoglio, che è più antico del mondo, e imitando Dio nell’opera divina di redenzione. L’antico serpente ispirò così Maometto a spacciarsi per un profeta, promettendo di condurre gli uomini alle porte del paradiso: una grossolana impostura con la quale cercò di imitare Gesù Cristo negli atti della sua vita pubblica, ed è questa infernale opera che l’Anticristo continuerà e svilupperà in modo prodigioso, fino al punto di sedurre gli stessi eletti, se fosse possibile. Perché questi non si accontenterà del titolo di profeta, ma pretenderà addirittura di essere adorato e riconosciuto come Dio. Ci resta ora da stabilire le relazioni di date che uniscono questi due tiranni, e che Dio, sovrano Creatore e organizzatore di tutte le cose, sembra non aver stabilito invano nei suoi eterni decreti. Le conseguenze che si possono trarre moralmente da queste relazioni sono un prezioso avvertimento per la Chiesa; perché i fedeli, avvertiti in anticipo, non devono scandalizzarsi dei terribili eventi che il Signore si compiacerà di permettere per la maggior gloria del suo nome e per la prova dei suoi eletti. 1° Prendendo come base per questi calcoli l’anno della nascita dell’Anticristo (1855 1/2) indicato dal venerabile Holzhauser, e basandosi solidamente sui quarantadue mesi, cioè sui milleduecentosettantasette giorni e mezzo (Alcuni interpreti contano milleduecentosessanta giorni in quarantadue mesi, moltiplicando il mese per trenta giorni; quanto a noi, abbiamo fatto di questi quarantadue mesi, tre anni e mezzo, che corrispondono a milleduecentosettantasette giorni e mezzo, poiché un anno ne conta trecentosessantacinque.), di tutta la durata del regno dei musulmani in Palestina; Apoc, XI, 2, e basato sul numero della bestia 666. Apoc. XIII, 18, che rappresenta un numero di mesi che formano cinquantacinque anni e mezzo; all’anno di nascita dell’Anticristo (1855 1/2) va aggiunta la durata della sua vita (cinquantacinque anni e mezzo) e otteniamo la data della sua morte nell’anno 1911.
2 ° Da questa data 1911, bisogna sottrarre i milleduecentosettantasette anni e mezzo della durata dell’Impero Ottomano, e si ottiene l’anno 633 1/2, che può, storicamente parlando, essere considerato come l’inizio di questo potere, anche se Maometto morì nel 632. Allora, poiché i giorni dell’Anticristo saranno abbreviati di dodici giorni e mezzo, assumendo la stessa abbreviazione nella vita di Maometto, e facendo questa ulteriore sottrazione si arriva a al tempo dell’Egira che fu l’inizio del maomettanismo propriamente detto; così otteniamo il 621 e il l’Egira ebbe luogo nel 622. 3º Prendendo l’anno della vittoria dei Cristiani sui turchi da parte di Eraclio, 629 1/2, si aggiungono i milleduecentosettanta anni e mezzo del regno ottomano, e si ottiene, per contrasto, il tempo della sconfitta dei Cristiani da parte dell’Anticristo, sei mesi prima che egli entri nella pienezza del suo regno. Infatti, 1277 e 1/2 aggiunto a 629 e 1/2 è 1907.. Per capire queste relazioni di date, non dobbiamo dimenticare che il regno dell’Anticristo durerà tanti giorni quanti anni durò l’impero ottomano.
4. Sommando la differenza tra il giorno della nascita di Maometto, il 10 aprile, e il giorno della sua morte, il 17 giugno, otteniamo sessantotto giorni, ai quali dobbiamo sottrarre i dodici giorni e mezzo dell’abbreviazione. E contando questi giorni come anni, otteniamo che Maometto avrebbe vissuto lo stesso numero di anni dell’Anticristo, se anche i giorni di Maometto fossero stati accorciati di tanti anni quanti saranno i giorni del regno dell’Anticristo, e cioè otteniamo cinquantacinque anni e mezzo. Ora, se fosse possibile trarre una conclusione da tutte le connessioni di date trovate nelle vite di questi due tiranni, la più ragionevole e utile, secondo noi, sarebbe la seguente: Poiché Maometto ha iniziato la sua vita pubblica all’età di quarant’anni, saremmo giustificati nel credere che l’Anticristo comincerà a far sentire la sua presenza alla stessa età, cioè verso l’anno 1896.
(Ricordiamo le tre profezie sopra citate, in cui Dio prolunga di un altro secolo il tempo assegnato al demonio per combattere la Chiesa ed il Cristianesimo – ndr. -).
§ II.
Dell’apertura del tempio, del tabernacolo, della testimonianza prima dell’ultima desolazione.
CAPITOLO XV- VERSETTO 5-8.
Et post hæc vidi: et ecce apertum est templum tabernaculi testimonii in cælo, et exierunt septem angeli habentes septem plagas de templo, vestiti lino mundo et candido, et præcincti circa pectora zonis aureis. Et unum de quatuor animalibus dedit septem angelis septem phialas aureas, plenas iracundiæ Dei viventis in sæcula saeculorum. Et impletum est templum fumo a majestate Dei, et de virtute ejus: et nemo poterat introire in templum, donec consummarentur septem plagæ septem angelorum.
[Dopo di ciò mirai, ed ecco si aprì il tempio del tabernacolo del testimonio nel cielo: e i sette Angeli che portavano le sette piaghe, uscirono dal tempio, vestiti di lino puro e candido, e cinti intorno al petto con fasce d’oro. E uno dei quattro animali diede ai sette Angeli sette coppe d’oro, piene del- l’ira di Dio vivente nei secoli dei secoli. E il tempio si empì di fumo per la maestà di Dio e per la sua virtù: e nessuno poteva entrare nel tempio, finché non fossero compiute le sette piaghe dei sette Angeli].
I. Vers. 5. – E dopo questo vidi, ed ecco, il tempio del tabernacolo della testimonianza era aperto nel cielo. Qui inizia la testimonianza sigillata con il sangue dei martiri della fine dei tempi. Questi martiri predicheranno su tutta la terra la fede in Gesù di Nazareth crocifisso, contrariamente alla falsa dottrina che apparirà in quel tempo, e il cui scopo sarà quello di far credere al mondo che Cristo non è Gesù di Nazareth crocifisso, venuto sulla terra molti secoli prima; ma che il Cristo sia apparso di recente, e che è nel deserto, cioè in Giudea. Perché la Giudea è la corte fuori dal tempio; è un deserto che le acque salvifiche del Battesimo e il sole vivificante della fede hanno lasciato sterile; è anche il luogo più appartato della casa, cioè Gerusalemme, che era, e sarà soprattutto allora, il luogo più appartato della casa d’Israele. (Matth., XXIV, 23): « Allora se qualcuno vi dice: ‘Ecco, il Cristo è qui o là’, non credeteci. Perché sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, e mostreranno grandi segni e prodigi, in modo da ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti. Lo prevedo in anticipo. Se dunque vi dicono: Ecco, è nel deserto, non uscite. Ecco, è nella parte più remota della casa; non crederci. ». E dopo questo ho visto. Qui San Giovanni annuncia una visione, diversa da quella descritta nel penultimo capitolo. Ed ecco, il tempio del tabernacolo della testimonianza era aperto nel cielo. Questo tempio rappresenta: 1° Le verità della fede preziosamente conservate nella Chiesa di Gesù Cristo designata dal cielo. Ora il tempio del tabernacolo che contiene queste verità sarà aperto: a) in cielo, mediante i doni di Dio e l’invio dei sette Angeli; specialmente Enoch ed Elia; b) e sulla terra, cioè nella Chiesa militante rappresentata anche dal cielo. Queste verità di fede saranno allora pubblicate in tutto l’universo, e coloro che le predicheranno ne daranno testimonianza con il martirio e i miracoli. 2° Questo tempio del tabernacolo della testimonianza rappresenta anche il cuore e la mente della Chiesa, e il sacerdozio, specialmente i predicatori e i dottori. E questo tempio sarà aperto nel cielo propriamente detto, attraverso la comunicazione delle grazie e dei doni che lo Spirito Santo fornirà alla Chiesa militante per la grande opera di quest’ultima testimonianza. – 3º Questo tempio ricorda il tabernacolo della testimonianza in cui erano conservate la legge e le tavole della Legge. Questo tempio, e specialmente il suo santuario, nel quale erano conservate le tavole della Legge, è una perfetta rappresentazione del luogo sacro abitato dai Santi, e dal quale i sette Angeli verranno a vendicare la legge del Signore, ingiustamente violata dagli uomini.
II. Vers. 6. – E i sette Angeli uscirono dal tempio, portando sette piaghe; erano vestiti di puro lino bianco e si cingevano il petto con cinture d’oro. 1º Questi sette Angeli che portavano le piaghe sono tra gli spiriti che, come abbiamo visto nel capitolo I, 4, stanno in piedi davanti al trono di Dio. Essi usciranno dal tempio, cioè dal santuario celeste, e porteranno le sette piaghe di cui si parla in seguito, e presiederanno all’apostolato della fine dei tempi. 2° Questi sette Angeli rappresentano l’universalità dei predicatori e dei dottori che percorreranno la terra verso la fine dei secoli, con Enoch ed Elia alla loro testa, per rafforzare gli uomini nella fede in Gesù crocifisso, per testimoniare la verità del Cristianesimo, per mettere in guardia i fedeli contro l’ultima e più abominevole delle eresie, e infine per castigare il mondo incredulo, o per incutere timore dei giudizi di Dio con le piaghe che sarà dato loro di diffondere sulla terra. Erano vestiti di puro lino bianco. Queste parole si riferiscono chiaramente al sacerdozio il cui abito principale è l’alba. Si dice che questa veste sia fatta di puro lino bianco, a causa della purezza e della semplicità che deve sempre essere l’ornamento principale del sacerdote. Questa alba è chiamata abito, perché veste effettivamente il sacerdote nelle sue funzioni sacre, e copre il suo corpo dalla testa ai piedi. E cinti il petto con cinture d’oro. Queste cinture d’oro designano anche, e in modo ancora più speciale, il sacerdozio, e specialmente gli ultimi apostoli della fede, che saranno rivestiti della giustizia, della forza e della carità di Dio per dare più efficacia alla loro parola sacra. 1° Gli ultimi apostoli saranno effettivamente rivestiti di giustizia, perché saranno santi e praticheranno e predicheranno la giustizia e la verità; e la giustizia è rappresentata nella Scrittura da una cintura. Isaia XI: « La rettitudine sarà la cintura dei suoi lombi ». 2 ° Forza, la cintura di cui questi Santi saranno rivestiti per esercitare la potenza di Dio sulla terra, e per riportare gli uomini alla verità, o per mantenerveli. (Isaia, XXII, 21): « Lo rivestirò con la tua veste, lo onorerò con la tua cintura, il tuo potere passerà nelle sue mani. « 3° La carità, designata dalle parole, cintura d’oro; perché l’oro figura la carità provata, ed anche la purezza di cui questi santi saranno adornati. « 4° La cintura rappresenta nella Scrittura la castità sacerdotale di cui saranno rivestiti questi apostoli destinati al martirio, Apoc. XIV, 4: « Questi non si sono contaminati con donne, perché sono vergini. » 5° Infine, la cintura rappresenta la penitenza che questi santi praticheranno e predicheranno. Questa cintura è anche chiamata cilicio. Questi santi porteranno i loro cinti d’oro sul petto, perché testimonieranno la verità, la giustizia e la santità di Dio sulla faccia della terra, e perché le virtù cristiane di cui saranno i difensori serviranno loro come armatura. Si sa in effetti che le antiche corazze erano un tempo formate da fasce o cinture di cuoio forte e flessibile allo stesso tempo.
III. Vers. 7. – E uno dei quattro animali diede ai sette angeli sette coppe d’oro piene dell’ira di Dio che vive nei secoli dei secoli… Uno dei quattro animali, cioè uno dei quattro evangelisti a nome di tutti, diede ai sette Angeli sette coppe d’oro piene dell’ira di Dio. Con queste parole, San Giovanni indica il motivo e l’occasione per cui i sette Angeli che rappresentano il sacerdozio e l’apostolato riceveranno delle coppe d’oro piene dell’ira di Dio. Questo motivo e questa occasione sono le verità di fede contenute nel Vangelo, che la nuova eresia attaccherà e che questi apostoli dovranno difendere. San Giovanni cita solo uno dei quattro evangelisti che distribuiscono queste sette coppe dell’ira di Dio; è per rappresentare meglio l’unità e la perpetuità della fede che questi ultimi predicatori predicheranno. Infatti, essi attingeranno la loro dottrina dalla stessa fonte dei primi Apostoli, cioè da Gesù Cristo; ed è da questa unica fonte che essi otterranno anche i mezzi per accreditare e corroborare la loro parola divina. Questi mezzi saranno le piaghe miracolose che sarà dato loro di riversare sugli uomini per mantenerli, con il timore dei castighi, sulla via della verità che era loro nota, come i primi Apostoli vi attiravano coloro che non la conoscevano, con miracoli d’amore e con la speranza delle ricompense. E uno dei quattro animali diede ai sette angeli sette coppe d’oro piene dell’ira di Dio. Con queste fiale d’oro, San Giovanni designa il contenitore per il contenuto, cioè le piaghe in questione in questo capitolo. Queste coppe d’oro indicano la causa dell’ira di Dio e questa causa sarà l’orribile eresia di questo tempo, chiamata l’abominio della desolazione. Perché la coppa d’oro rappresenta la Passione di Gesù Cristo ed il Santo Sacrificio della Messa, la cui memoria l’Anticristo cercherà di cancellare, anzi la cancellerà del tutto secondo Daniele, XII, 11: « Dal momento in cui il sacrificio perpetuo sarà abolito e l’abominio sarà messo nella desolazione, ecc. » – Queste coppe d’oro richiamano anche l’idea della carità, perché è a scopo di carità e per preservare le anime dalla morte eterna che gli ultimi apostoli affliggeranno gli uomini nelle cose transitorie e periture di questo mondo. Questo, almeno, è il pensiero che emerge dalle ultime parole del testo: Che vive nei secoli dei secoli. Questo passaggio indica l’eternità di Dio e le punizioni eterne di coloro che rifiutano di sottomettersi alla penitenza temporale predicata o inflitta loro nelle ultime piaghe. Infine, queste coppe d’oro alludono alla coppa che veniva usata nei tempi antichi nelle grandi feste, e dalla quale dovevano bere tutti coloro ai quali veniva presentata; e la Scrittura usa spesso questa coppa per rappresentare l’ira e la vendetta divina. Vedi Isaia, II, 17 , 22 e Geremia, XXV, 15 , ecc.
IV. Vers. 8 – E il tempio si riempì di fumo, a causa della maestà e della potenza di Dio; e nessuno poteva entrare nel tempio fino a quando le sette piaghe dei sette Angeli fossero consumate. Il tempio qui rappresenta la Chiesa militante, e questo tempio sarà riempito di fumo, a causa della maestà e della potenza che Dio manifesterà con le piaghe di cui parla. Queste ferite saliranno come un grande fumo dal grande fuoco della carità di questi apostoli animati e illuminati dallo Spirito Santo. Queste ferite sorgeranno anche dal grande fuoco dell’ira di Dio per purificare i buoni e per castigare i malvagi nel tempo e nell’eternità. Questo confronto del fumo è davvero ammirevole! 1° Il fumo che esce dal fuoco si diffonde e si espande nell’aria. 2°. È visibile e tocca i sensi; attira l’attenzione degli uomini, soprattutto se è grande, e oscura e acceca coloro che ne sono avviluppati. 3°. Mette a disagio gli uomini e può anche farli morire asfissiandoli. 4. È transitorio e si dissipa con il tempo, specialmente se si alza un forte vento. 5°. Eccita le lacrime. 6° Infine preserva le carni dalla corruzione. Ora, tali saranno perfettamente gli effetti di queste ultime piaghe, che saranno come un grande fumo che il grande vento della tribolazione dell’anticristo spargerà sulla terra per permesso di Dio. È sufficiente considerare ogni punto in particolare per convincersi dell’esattezza di questo confronto. Questo fumo si diffonderà ed espanderà in modo tale che uscirà anche dall’immenso tempio della cristianità e raggiungerà il cortile del tempio, cioè il regno stesso dell’Anticristo: Apoc. XVI, 10: « E il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia, etc. » 2° Esso sarà visibile e disturberà talmente gli uomini su tutta la terra al punto da farli morire in gran numero. Apoc. XI, 10: « Questi due profeti tormenteranno coloro che abitano la terra, etc. » 3º Queste piaghe, in quanto sono temporali, saranno passeggere, e dureranno solo fino alla fine del regno dell’anticristo, la cui rovina sarà consumata dall’ultima di queste piaghe. 4° Esse strapperanno lacrime di dolore o di rabbia ai malvagi e lacrime di penitenza ai buoni. 5° Preserveranno molti dalla corruzione; perché attireranno l’attenzione dei buoni, che ne comprenderanno e sapranno apprezzarne la causa, e oscureranno la comprensione dei malvagi, che non capiranno i disegni di Dio infinitamente giusto e misericordioso, Dan. XII, 10: « Molti saranno eletti e purificati, e provati come dal fuoco; e gli empi agiranno con empietà, e tutti gli empi non capiranno; ma i saggi intenderanno. » E il tempio si riempì di fumo, a causa della maestà e della potenza di Dio; cioè, quelle piaghe con cui Dio manifesterà la sua potenza e maestà si estenderanno a tutta la cristianità rappresentata dal tempio. Troviamo una figura di questo fumo nella Scrittura, III. Reg. VIII, 10: « E quando i sacerdoti uscirono dal santuario, una nuvola riempì la casa del Signore. ». – E nessuno poteva entrare nel tempio finché le sette piaghe dei sette angeli non fossero consumate. San Giovanni vuole insegnarci con queste parole che i seguaci della bestia non potranno entrare nel tempio della fede cristiana per vedere i giudizi segreti di Dio, la cui maestà e potenza sarà manifestata ai buoni con queste sette piaghe, che quando queste piaghe saranno cessate e sarà giunto il momento in cui le nazioni si convertiranno e i Giudei diranno: Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Perché allora tutti gli uomini si convertiranno. Apoc. XVI, 11: « Hanno bestemmiato il Dio del cielo a causa del loro dolore e delle loro piaghe, e non fecero penitenza per le loro opere. » E cap. XI, 13: « Il resto fu preso da timore e rese gloria a Dio. »