DOMENICA XIII DOPO PENTECOSTE (2021)

DOMENICA XIII dopo PENTECOSTE (2021)

La Chiesa ci fa leggere in questo tempo nel Breviario il principio del libro dell’Ecclesiaste: « Vanità delle vanità, dice l’autore sacro, tutto è vanità. Si dimentica ciò che è passato, e le cose che debbono ancora venire non lasceranno ricordi presso quelli che verranno più tardi. Io ho vedute tutte le cose che avvengono sotto il sole, ed ecco che sono tutte vanità e afflizione dell’anima. I perversi difficilmente si correggono e infinito è il numero degli insensati » (7° Nott.). « Dopo che Salomone poté contemplare la luce della vera sapienza, dice S. Giovanni Crisostomo, uscì in questa esclamazione sublime e degna del cielo: « Vanità delle vanità, tutto è vanità! ». A vostra volta, se volete, potete rendere simile testimonianza. È vero che nei secoli passati, Salomone non era tenuto a una diligente ricerca della sapienza, poiché l’antica legge non considerava vanità il godimento dei beni superflui; tuttavia, malgrado questo stato di cose, si può vedere quanto siano vili e dispregevoli. Ma noi, chiamati a virtù più perfette, saliamo a cime più alte, ci esercitiamo in opere più difficili. Che dire di più se non che ci è stato comandato di regolare la nostra vita su virtù celesti, che non hanno nulla di materiale e che sono tutta intelligenza? » (2° Nott.). Queste virtù celesti sono per eccellenza, le tre virtù teologali: « fede, speranza, carità » che l’orazione ci fa chiedere a Dio affinché noi « non amiamo se non quello che Egli ci comanda ». Ed è per questo motivo che la Chiesa fa leggere in questo giorno [‘Epistola di S. Paolo ai Corinti, che ha per oggetto la fede in Gesù Cristo, fede che agisce mediante la carità e che ci fa mettere, come già Abramo, la nostra speranza nel divino Salvatore. Infatti solo per questa fede operante e confidente, le anime coperte dalla lebbra del peccato vengono guarite come ci mostra il Vangelo. I dieci lebbrosi che rappresentano in qualche modo le trasgressioni fatte dagli uomini ai dieci comandamenti, scorgono il loro divino Medico e, ponendo subito in Lui ogni speranza:« Maestro, abbi pietà di noi! » gridano. La fede loro è operante,perché quando Cristo li mette alla prova dicendo: « Andate, mostratevi ai sacerdoti », essi vanno senza esitare e, andando, sono guariti. Ma questa guarigione è confermata da uno solo di quelli che tornò indietro per mostrare la sua riconoscenza a Gesù « Quando uno di essi si vide guarito, tornò sui suoi passi, glorificando Dio ad alta voce e cadendo con la faccia a terra ai piedi di Gesù, lo ringraziò ». Gesù allora gli disse: « Va, la tua fede ti ha salvato ». Questo mostra che è la fede in Gesù che salva le anime. Ora se è la fede in Gesù che salva le anime, la Chiesa ha precisamente da Gesù la missione di far penetrare nelle anime questa fede mediante la predicazione e la lettura. Questo passo del Vangelo ci indica anche l’espulsione dei Giudei che sono stati ingrati verso Colui che era venuto per guarirli, mentre i Gentili gli sono stati fedeli. Dei dieci lebbrosi infatti nove erano Giudei e uno solo non lo era, ed è a questo solo — che era Samaritano, e tornò indietro a ringraziare il Salvatore —che Gesù dice: La tua fede t’ha salvato. Da ciò si vede non essere soltanto ai figli d’Abramo secondo il sangue che è stata fatta questa promessa, ma ancora a tutti coloro i quali sono suoi figli perché partecipi della sua fede in Gesù Cristo. Infatti, è per questa fede che la promessa di vita eterna fatta ad Abramo si estende a tutti i popoli. Così l’Orazione della III Profezia del Sabato Santo dice che « col Battesimo, Dio, moltiplicando i figli della promessa stabilisce Abramo, suo servo, padre di tutte le genti secondo la profezia ». « Fate, soggiunge la quarta Orazione, che tutti i popoli della terra diventino figli d’Abramo e partecipino della grandezza toccata in sorte al popolo d’Israele». I Gentili occupano dunque il posto dei Giudei. « I nove, commenta S. Agostino, gonfi d’orgoglio, credevano di umiliarsi col ringraziare; e non ringraziando sono stati riprovati e rigettati dall’unità che si trova nel numero dieci (vi erano dieci lebbrosi), mentre l’unico che ringrazia è approvato dall’unica Chiesa. — Così per il loro orgoglio, i Giudei perdettero il regno dei cieli dove regna la più grande unità; mentre il Samaritano, sottomettendosi al re col suo ringraziamento, ha conservata l’unità del regno per la sua devozione. piena di umiltà» (Mattutino). I Giudei entreranno in massa nel regno dei cieli alla fine del mondo, allorché crederanno in Gesù, ed è a ciò cui fa allusione l’Introito quando essi chiedono che la loro esclusione dalla Chiesa non sia irrevocabile: « Ricordati, o Signore, della tua alleanza, non abbandonare le anime dei poveri alla fine.  Perché, o Dio, ci hai rigettati? Perché la tua collera si è accesa contro le pecore del tuo ovile? ». E la Chiesa chiede a Dio « d’essere propizio al suo popolo, e, placato dal sacrificio che gli viene offerto, di perdonare la sua ingratitudine » (Secr.). Quanto ai Gentili, essi dicono a Gesù che ripongono in Lui tutta la loro speranza (Off.) perché si è fatto loro rifugio di generazione in generazione (All.) e li nutre del suo pane celeste, come fece per gli Ebrei nel deserto, allorché dette la manna che conteneva ogni sapore ed ogni dolcezza (Com.).

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps LXXIII: 20; 19; 23
Réspice, Dómine, in testaméntum tuum, et ánimas páuperum tuórum ne derelínquas in finem: exsúrge, Dómine, et júdica causam tuam, et ne obliviscáris voces quæréntium te.

[Signore, abbi riguardo al tuo patto e non abbandonare per sempre le anime dei tuoi poveri: sorgi, o Signore, difendi la tua causa e non dimenticare le voci di coloro che Ti cercano.]

Ps LXXIII: 1

Ut quid, Deus, reppulísti in finem: irátus est furor tuus super oves páscuæ tuæ?
[Perché, o Signore, ci respingi ancora? Perché arde la tua ira contro il tuo gregge?]

Réspice, Dómine, in testaméntum tuum, et ánimas páuperum tuórum ne derelínquas in finem: exsúrge, Dómine, et júdica causam tuam, et ne obliviscáris voces quæréntium te.

[Signore, abbi riguardo al tuo patto e non abbandonare per sempre le ànime dei tuoi poveri: sorgi, o Signore, difendi la tua causa e non dimenticare le voci di coloro che Ti cercano.]

Oratio

Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, da nobis fídei, spei et caritátis augméntum: et, ut mereámur asséqui quod promíttis, fac nos amáre quod præcipis.

[Onnipotente e sempiterno Iddio, aumenta in noi la fede, la speranza e la carità: e, affinché meritiamo di raggiungere ciò che prometti, fa che amiamo ciò che comandi.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti S. Pauli Apóstoli ad Gálatas.

[Gal. III: 16-22]

“Fratres: Abrahæ dictæ sunt promissiónes, et sémini ejus. Non dicit: Et semínibus, quasi in multis; sed quasi in uno: Et sémini tuo, qui est Christus. Hoc autem dico: testaméntum confirmátum a Deo, quæ post quadringéntos et trigínta annos facta est lex, non írritum facit ad evacuándam promissiónem. Nam si ex lege heréditas, jam non ex promissióne. Abrahæ autem per repromissiónem donávit Deus. Quid igitur lex? Propter transgressiónes pósita est, donec veníret semen, cui promíserat, ordináta per Angelos in manu mediatóris. Mediátor autem uníus non est: Deus autem unus est. Lex ergo advérsus promíssa Dei? Absit. Si enim data esset lex, quæ posset vivificáre, vere ex lege esset justítia. Sed conclúsit Scriptúra ómnia sub peccáto, ut promíssio ex fide Jesu Christi darétur credéntibus”.

[“Fratelli: Le promesse furono fatte ad Abramo ed alla sua discendenza. Non dice la scrittura: E ai suoi discendenti, come si trattasse di molti; ma come parlando di uno solo: E alla tua discendenza; e questa è Cristo. Ora, io ragiono così; un’alleanza convalidata da Dio non può, da una legge venuta quattrocento anni dopo, essere annullata, così da rendere vana la promessa. Poiché, se l’eredità viene dalla legge, non vien più dalla promessa. Ma Dio l’ha donata ad Abramo in virtù d’una promessa. Perché dunque la legge? È stata aggiunta in vista delle trasgressioni, finché non venisse la discendenza a cui era stata fatta la promessa, e fu promulgata per mezzo degli Angeli per mano di un mediatore. Ora non si dà mediatore di uno solo, e Dio è uno solo. Dunque la legge è contraria alle promesse di Dio? Niente affatto. Se fosse stata data una legge capace di procurarci la vita, allora, sì, la giustizia verrebbe dalla legge. Ma la Scrittura ha racchiuso tutto sotto il peccato, affinché la promessa, mediante la fede in Gesù Cristo, fosse data ai credenti»”.

UNO SGUARDO AL CROCIFISSO

S. Paolo aveva insegnato ai Galati che la giustificazione non dipende dalla legge di Mosè, ma dalla fede in Gesù Cristo, morto per noi in croce. Ma Gesù Crocifisso. dipinto tanto vivamente dall’Apostolo ai Galati, era stato ben presto dimenticato da essi, lasciatisi affascinare da coloro che insegnavano dover noi attendere la nostra salvezza dalla legge. S. Paolo, rimproverata la loro stoltezza, nota come Gesù, morendo sulla croce, maledetta dalla legge, libera i Giudei dalla maledizione, e conferisce a tutti, Giudei e Gentili, che si uniscono nella fede in Gesù Cristo, lo Spirito promesso. Passa poi a far osservare come vediamo nell’epistola di quest’oggi, che la promessa dei beni celesti, fatta ad Abramo e alla sua discendenza. cioè al Cristo, nel quale si sarebbero unite tutte le nazioni a formare un solo popolo, essendo incondizionata, fatta ad Abramo direttamente da Dio, e da Dio confermata, aveva tutto il carattere d’un patto irremissibile. Non poteva, quindi, venir indebolita o modificata dalla legge di Mosè venuta 430 anni dopo, con un contratto temporaneo. La legge, del resto, non escludeva la promessa, dal momento che essa non poteva giustificare e dare la vita, come fa la promessa. E neppure fu inutile; perché, facendo conoscere i numerosi doveri da compiere, senza porgere l’aiuto necessario, metteva l’uomo nella condizione di dover sperimentare tutta la propria debolezza e di sentir la necessità d’un Redentore; e di riconoscere, per conseguenza, che le celesti benedizioni non possono essere effetto della legge, ma della promessa, e che non si ottengono che con la fede in Gesù Cristo. Gesù Cristo, che morendo in croce, adempie le promesse fatte da Dio, sarà l’argomento di questa mattina. – Gesù Cristo Crocifisso, così presto dimenticato dai Galati, fermi la nostra attenzione.

 [A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli – Sc. Tip. Vescov. Artigianelli, Pavia, 1920]

Graduale

Ps LXXIII:20; 19; 22.

Réspice, Dómine, in testaméntum tuum: et ánimas páuperum tuórum ne obliviscáris in finem.
[Signore, abbi riguardo al tuo patto: e non dimenticare per sempre le ànime dei tuoi poveri.]

Exsúrge, Dómine, et júdica causam tuam: memor esto oppróbrii servórum tuórum. Allelúja, allelúja
[V. Sorgi, o Signore, e difendi la tua causa e ricordati dell’oltraggio a Te fatto. Allelúia, allelúia].

Alleluja

Ps LXXXIX: 1
Dómine, refúgium factus es nobis a generatióne et progénie. Allelúja.

[O Signore, Tu fosti il nostro rifugio in ogni età. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc XVII: 11-19


In illo témpore: Dum iret Jesus in Jerúsalem, transíbat per médiam Samaríam et Galilaeam. Et cum ingrederétur quoddam castéllum, occurrérunt ei decem viri leprósi, qui stetérunt a longe; et levavérunt vocem dicéntes: Jesu præcéptor, miserére nostri. Quos ut vidit, dixit: Ite, osténdite vos sacerdótibus. Et factum est, dum irent, mundáti sunt. Unus autem ex illis, ut vidit quia mundátus est, regréssus est, cum magna voce magníficans Deum, et cecidit in fáciem ante pedes ejus, grátias agens: et hic erat Samaritánus. Respóndens autem Jesus, dixit: Nonne decem mundáti sunt? et novem ubi sunt? Non est invéntus, qui redíret et daret glóriam Deo, nisi hic alienígena. Et ait illi: Surge, vade; quia fides tua te salvum fecit.” 
 

[“In quel tempo andando Gesù in Gerusalemme, passava per mezzo alla Samaria e alla Galilea. E stando por entrare in un certo villaggio, gli andarono incontro dieci uomini lebbrosi, i quali si fermarono in lontananza, e alzarono la voce dicendo: Maestro Gesù, abbi pietà di noi. E miratili, disse: Andate, fatevi vedere da’ sacerdoti. E nel mentre che andavano, restarono sani. E uno di essi accortosi di essere restato mondo, tornò indietro, glorificando Dio, ad alta voce: e si prostrò per terra ai suoi piedi, rendendogli grazie: ed era costui un Samaritano. E Gesù disse: Non sono eglino dieci que’ che son mondati? E i nove dove Sono? Non si è trovato chi tornasse, e gloria rendesse a Dio, salvo questo straniero. E a lui disse: Alzati, vattene, la tua fede ti ha salvato”]

OMELIA

DISCORSI DI SAN G. B. M. VIANNEY CURATO D’ARS

[Vol. IV, Marietti Ed. Torino-Roma, 1933

Visto nulla osta alla stampa, Torino, 25 Novembre 1931.

Teol. TOMMASO CASTAGNO, Rev. Deleg.

Imprimatur. C . FRANCISCUS PALEARI, Prov. Gen.

Proprietà della traduzione (23-XI-07-10- 29-XII-32-15).]

Sull’Assoluzione.

Quorum remiseritis peccata, remittuntur eis; et quorum retinueritis retenta sunt.

(JOAN. XX, 23).

Quanto è costato, F. M., al divin Salvatore il dar efficacia a queste parole: “Saranno rimessi i peccati a chi li rimetterete, e ritenuti a chi li riterrete! „ Ahimè! quanti tormenti, quanti obbrobri, qual morte dolorosa!… Ma noi siamo così ciechi, così grossolani, così poco spirituali, che la maggior parte di noi, crede che spetti solo al sacerdote concedere o rifiutare l’assoluzione, a suo piacimento. No, F. M., ci inganniamo assai: il ministro del sacramento della Penitenza non è che il dispensatoredelle grazie e dei meriti di Gesù Cristo (1 Cor. IV, 1) e non può dispensarli che secondo regole prescritte. Ahimè! da qual terrore deve esser preso un povero sacerdote, che esercita un ministero così formidabile, in cui corre grave pericolo di perder se stesso volendo salvare gli altri. Qual terribile rendiconto dovrà dare il sacerdote, quando verrà il dì del giudizio, e da Dio stesso gli verran messe davanti agli occhi tutte le assoluzioni impartite, per esaminare se fu troppo prodigo delle grazie del cielo o troppo avaro. Davvero, F. M., che è assai difficile adempiere sempre bene il proprio dovere!… Quanti sacerdoti, nel dì del giudizio, desidereranno non essere stati sacerdoti, ma semplici laici! Quanti fedeli pure si riconosceranno colpevoli, perché, forse, non pregarono mai Dio pei loro pastori, che si sono esposti al pericolo di perdersi per salvarli!… Ma se un sacerdote ha il potere di rimettere i peccati, ha pure quello di ritenerli; e S. Gregorio il Grande ci dice che un sacerdote deve esaminar bene le disposizioni del peccatore, prima di dargli l’assoluzione. Deve vedere se il suo cuore è cambiato, se ha davvero tutte le disposizioni, che deve avere un peccatore convertito. È quindi evidente che il ministro della Penitenza deve differire o rifiutare l’assoluzione a certi peccatori, sotto pena di dannare se stesso insieme col penitente. Vi mostrerò dunque, o vi insegnerò: 1° che cos’è l’assoluzione; 2° quali sono coloro ai quali si deve concederla o rifiutarla: argomento ben interessante, poiché trattasi della vostra salvezza o perdizione. Quanto l’uomo è fortunato, F. M., ma quanto altresì è colpevole! Dissi che è fortunato, poiché dopo aver perduto il suo Dio, il cielo e l’anima, può ancora sperare di trovar mezzi facili per riparare una perdita grande, quale è quella d’una felicità eterna. Il ricco che ha perduto le sue sostanze, spesso non può ricuperarle, malgrado ogni suo buon volere; ma se il Cristiano ha perduto la propria felicità eterna, può riacquistarla senza, per così dire, far fatica. Mio Dio! quanto amate i peccatori, poiché date ad essi tanti mezzi di ricuperare il cielo! Vi assicuro che siamo ben colpevoli disprezzando tutti questi mezzi, mentre possiamo con essi conseguire tanti beni. Avete perduto il cielo, amico mio, e perché volete vivere in tanta povertà? Mio Dio! l’uomo peccatore può davvero riparare la sua sventura!… e ha mezzi assai facili a sua portata!

I. — Se mi domandate che cos’è l’assoluzione, vi dirò che è una sentenza che il sacerdote pronuncia, in nome e coll’autorità di Gesù Cristo, e per la quale i nostri peccati vengono così rimessi, così cancellati, come se non li avessimo mai commessi, purché chi si confessa, abbia le disposizioni richieste dal Sacramento. Ah! F. M., chi di noi non vorrà ammirare l’efficacia di questa sentenza di misericordia? O momento felice per un peccatore convertito!… Appena il ministro ha pronunciato le parole: “Io ti assolvo, „ l’anima è lavata, purificata da tutte le sue lordure pel Sangue prezioso che scorre su di essa. Mio Dio! quanto siete buono col peccatore!… Inoltre, F. M., la povera anima nostra è strappata dalla tirannia del demonio e ristabilita nell’amicizia e nella grazia del suo Dio; riacquista la pace, quella pace sì preziosa, che forma tutta la felicità dell’uomo in questo mondo e nell’altro; le vien restituita l’innocenza, con tutti i diritti al regno di Dio, che i peccati le avevano rapito. Ditemi. F. M., non dobbiamo essere inteneriti e commossi sino alle lagrime alla vista di tante meraviglie? Avreste potuto pensare che ogni qual volta il peccatore riceve l’assoluzione gli siano accordati tutti questi beni? Ma tutto ciò non è dato e non dev’esser dato che a quelli che se lo meritano, cioè, che sono peccatori è vero, ma peccatori convertiti, che sentono dispiacere della loro vita passata, non solo perché hanno perduto il cielo, ma perché oltraggiarono Colui che merita d’essere infinitamente amato.

II. — Se desiderate sapere quando vi si debba differire o rifiutare l’assoluzione, eccolo: ascoltate bene, ed imprimetevelo nel cuore, affinché ogni volta che andrete a confessarvi possiate conoscere se meritate d’essere assolti o rimandati. Io trovo otto ragioni, che debbono indurre il Sacerdote a differirvi l’assoluzione; è la Chiesa stessa che ha dato queste regole, sulle quali il sacerdote non deve transigere; se le trascura, sventura a lui ed a quelli che dirige: è un cieco che fa da guida ad un altro cieco, tutti e due precipiteranno nell’inferno (Matt. XV, 14). E dovere del ministro di Dio di ben applicare queste regole, ed il vostro è di non mormorare quando vi si nega l’assoluzione. Se un sacerdote ve la rifiuta, è perché vi ama, e desidera davvero di salvar l’anima vostra; e voi non lo conoscerete che al dì del giudizio: allora vedrete che era solo il desiderio di condurvi al cielo che l’ha indotto a differirvi l’assoluzione. Se ve l’avesse accordata, come desideravate, sareste dannato. Non dovete adunque, F. M., mormorare quando un sacerdote non vi dà l’assoluzione; al contrario, dovete ringraziarne il buon Dio, ed adoperarvi con tutte le vostre forze per meritarvi questa fortuna. Vi dico, 1°, che non meritano l’assoluzione quelli che non sono abbastanza istruiti: il sacerdote non deve e non può darla a costoro senza rendersi colpevole, perché ogni Cristiano è obbligato di conoscere Gesù Cristo, i suoi misteri, la sua dottrina, le sue leggi ed i Sacramenti. S. Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, ci dice espressamente che non si deve dar l’assoluzione a chi non conosce i misteri principali della nostra santa fede e gli obblighi particolari del proprio stato: “Specialmente, ci dice, quando si capisce che la loro ignoranza deriva dalla indifferenza per la propria salvezza.„ Le leggi della Chiesa proibiscono di dare l’assoluzione ai padri ed alle madri, ai padroni e padrone che non istruiscono i loro figli o domestici, o non li fanno istruire da altri intorno a ciò che è necessario per salvarsi; che non sorvegliano la loro condotta; che trascurano di correggerli dei loro disordini e difetti. Dirvi che non merita l’assoluzione chi non sa quanto è necessario per salvarsi, è come dicessi a qualcuno, che egli è nel precipizio, e non gli offrissi i mezzi di uscirne. Vi mostrerò dunque ciò che dovete sapere per uscire da questo abisso d’ignoranza: imprimetevelo bene nel cuore, affinché non si cancelli mai più, per insegnarlo ai vostri figli, e questi ad altri. Ripeto, F. M., quanto già vi dissi più volte: un Cristiano deve sapere il Pater noster, l’Ave Maria, il Credo, il Confiteor, gli atti di Fede, Speranza e Carità, i Comandamenti della legge di Dio, i precetti della Chiesa, e l’atto di Contrizione. E non intendo dire soltanto le parole; poiché bisognerebbe esser estremamente ignoranti per non saperle, ma occorre anche, se foste interrogati, che possiate dare la spiegazione di ogni articolo in particolare, chiarendone il significato. Questo vi si domanda, e non che sappiate soltanto le parole. Dovete sapere che il Pater noster è stato composto da Dio stesso; che l‘Ave Maria fu composta, parte dall’Angelo quando si presentò alla Ss. Vergine ad annunciarle il mistero dell’Incarnazione (Luc. I, 28), e l’altra parte dalla Chiesa; che il Credo fu composto dagli Apostoli dopo la discesa dello Spirito Santo, prima di disperdersi pel mondo; perciò avviene che in tutte le regioni del mondo è insegnata la medesima Religione cogli stessi misteri. Esso contiene il compendio di tutta la nostra santa Religione, il mistero della Ss. Trinità, cioè un Dio solo in tre Persone: il Padre che ci ha creati, il Figliuolo che ci ha redenti coi suoi patimenti e morte, e lo Spirito Santo che ci ha santificati nel Battesimo. Quando dite : “Credo in Dio Padre onnipotente, creatore, ecc.„ è come se diceste: Credo che l’eterno Padre ha creato tutte le cose, i nostri corpi e le nostre anime, che il mondo non è sempre stato, non durerà sempre, che un giorno tutto sarà distrutto… “Credo in Gesù Cristo ,, è come se diceste: Credo che Gesù Cristo, la seconda Persona della Ss. Trinità, si è fatto uomo, ha patito, è morto per redimerci, per meritarci il cielo, che il peccato di Adamo, ci aveva rapito. “Credo nello Spirito Santo, nella S. Chiesa cattolica, ecc. „ è come se diceste: Credo che v’è una sola Religione, che è quella della Chiesa, che Gesù Cristo stesso l’ha fondata, e le ha affidato tutte le sue grazie, che tutti coloro che non sono in questa Chiesa non si salveranno, e che essa durerà fino alla fine del mondo. Quando dite: “Credo nella comunione dei santi, „ è come se diceste: Credo che tutti i Cristiani si mettono vicendevolmente a parte del merito delle loro preghiere, di tutte le loro opere buone; credo che i santi che sono in cielo preghino Dio per noi, e che noi possiamo pregare per quelli che trovansi nelle fiamme del Purgatorio. Quando dite: “Credo nella remissione dei peccati, „ è come se diceste: Credo che vi è nella Chiesa di Gesù Cristo un Sacramento, il quale rimette ogni sorta di peccati, e che non vi sono peccati che la Chiesa di Gesù Cristo non possa rimettere. Dicendo; “Credo la risurrezione della carne, „ vogliamo dire che gli stessi corpi che abbiamo ora, un giorno risusciteranno, che le anime nostre si congiungeranno ad essi per andare insieme in cielo, se avremo la fortuna di aver servito bene il buon Dio, o per andare insieme all’inferno ad abbruciarvi per tutta l’eternità, se… dicendo: “Credo la vita eterna, „ è come se diceste: Credo che l’altra vita non finirà mai, che l’anima nostra durerà quanto Dio stesso, cioè senza fine. Quando dite: “D’onde verrà a giudicare i vivi ed i morti,„ è come se diceste: Credo che Gesù Cristo è nel cielo in corpo ed anima, e che Lui stesso verrà a giudicarci, a ricompensare chi avrà fatto bene, e punire chi l’avrà disprezzato. – Bisogna anche sapere che i Comandamenti della legge di Dio furon dati ad Adamo quando fu creato, cioè che Dio li scolpì nel suo cuore; e, dopo che Adamo peccò, Dio li diede a Mosè (Esod. XXXI, 18) scritti su tavole di pietra, sul monte Sinai. E questi stessi, Dio medesimo confermò quando venne sulla terra per salvarci. Inoltre dovete sapere i tre atti di Fede, Speranza e Carità. E intendo ancora che non dovete sapere semplicemente le parole: chi non le sa? Ma il senso di questi atti. La fede ci fa credere tutto ciò che la Chiesa ci insegna, quantunque non possiamo comprenderlo; ci fa credere che Dio ci vede, che veglia alla nostra conservazione, che ci premierà o ci punirà, secondo che avremo fatto bene o male; che v’è un cielo per i buoni, ed un inferno per i cattivi; che Dio ha sofferto ed è morto per noi. La speranza ci induce a fare tutte le nostre azioni coll’intenzione di piacere a Dio, perché verranno ricompensate durante un’eternità. Dobbiamo credere che né la fede né la speranza saranno più necessarie in cielo, o meglio, non vi sarà più né fede né speranza: non avremo più nulla da credere, perché non vi saranno più misteri; nulla da sperare perché vedremo quanto abbiamo creduto, e possederemo quanto abbiamo sperato; non vi sarà più che l’amore che ci consumerà per tutta l’eternità: e ciò formerà tutta la nostra felicità. – In questo mondo, l’amor di Dio consiste nell’amare il buon Dio al disopra di ogni cosa creata, nel preferirlo a tutto, anche alla nostra vita. Ecco, F. M., che cosa significa sapere il Pater noster, l’Ave Maria, il Credo, il Confiteor, i Comandamenti, i tre atti di Fede, di Speranza e di Carità. Se non sapete ciò, non conoscete quanto è necessario per salvarvi; bisogna almeno che. interrogati su quanto vi dissi, sappiate rispondere. E qui non è ancora tutto: bisogna che conosciate il mistero dell’incarnazione, e che cosa vuol dire la parola incarnazione. È necessario sapere che questo mistero ci propone da credere che la seconda Persona della Ss. Trinità ha preso un corpo come il nostro nel seno della Ss. Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo. Noi onoriamo questo mistero il 25 di Marzo, giorno dell’Annunciazione, perché in tal giorno il Figliuol di Dio ha unito, ha congiunto la sua divinità alla nostra umanità; si è fatto uomo come noi, ad eccezione del peccato, e si è caricato di tutti i nostri peccati per soddisfare alla giustizia del Padre suo. Occorre sapere che Gesù Cristo è nato il 25 Dicembre, a mezzanotte, il giorno di Natale. Sapere che in tal giorno si dicono tre Messe per onorare le tre nascite di Gesù Cristo: la prima nel seno dell’Eterno Padre, sin dall’eternità; la seconda, quella corporale nel presepio, e la terza, quella nelle anime nostre colla santa comunione. Bisogna altresì sapere che nel Giovedì Santo Gesù Cristo istituì l’adorabile Sacramento dell’Eucaristia (Luc. XXII). La sera avanti la sua morte, circondato da’ suoi apostoli, prese del pane, lo benedisse, lo mutò nel suo Corpo. Prese del vino con un po’ d’acqua, lo mutò nel suo Sangue, e diede a tutti i sacerdoti, nella persona degli Apostoli, il potere di fare lo stesso miracolo ogni volta che pronunciassero le medesime parole: il che avviene nella santa Messa quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione. Bisogna sapere che Gesù Cristo morì nel Venerdì Santo, e morì come uomo e non come Dio , perché come Dio non poteva morire; che risuscitò nel giorno santo di Pasqua, cioè che la sua Anima si riunì al Corpo; e che dopo essersi fermato quaranta giorni sulla terra salì al cielo nel giorno dell’Ascensione (Act. I, 3-9); che lo Spirito Santo discese sugli Apostoli il giorno di Pentecoste. Se venite interrogati e domandati quando furono istituiti i Sacramenti da Gesù Cristo o quando ebbero il loro effetto, cioè poterono comunicarci le grazie, dovete saper rispondere che fu solo dopo la Pentecoste. — Se vi si domandasse chi li ha istituiti, dovete sapere spiegare che Gesù Cristo solo poté farlo: non la Ss. Vergine né gli Apostoli. Dovete sapere quanti sono, quali gli effetti di ognuno, e quali disposizioni occorrono per riceverli; dovete sapere che il Battesimo cancella il peccato originale, cioè il peccato di Adamo, che noi tutti portiamo venendo al mondo; che quello della Confermazione ci vien conferito dal Vescovo, e ci dà lo Spirito Santo colla abbondanza delle sue grazie e de’ suoi doni; che quello della Penitenza lo riceviamo ogni qual volta ci confessiamo, e che mentre il sacerdote ci dà l’assoluzione, se siamo ben disposti, tutti i nostri peccati vengono rimessi. Nella santa Eucaristia riceviamo, non la Vergine Ss., né gli Apostoli od i santi, ma il Corpo adorabile ed il Sangue prezioso di Gesù Cristo. Col Figliuolo, in quanto Dio, riceviamo le altre Persone della Ss. Trinità, il Padre e lo Spirito Santo; e in quanto uomo, riceviamo appena il Figliuolo, cioè il suo Corpo e l’Anima uniti alla Divinità. — Il sacramento dell’Estrema Unzione è quello che ci aiuta a ben morire, ed è istituito per purificarci dai peccati commessi con tutti i nostri sensi. Quello dell’Ordine comunica agli uomini il medesimo potere che il Figlio di Dio diede a’ suoi Apostoli. Questo sacramento fu istituito quando Gesù Cristo disse agli Apostoli: “Fate questo in memoria di me (Luc. XXII, 19), ed ogni volta che pronuncerete queste parole opererete il medesimo miracolo.„ Il sacramento del Matrimonio santifica i Cristiani che si uniscono insieme, secondo le leggi della Chiesa e dello Stato. Vi è però una differenza tra il sacramento dell’Eucaristia e gli altri. Nell’Eucaristia riceviamo il Corpo adorabile ed il Sangue prezioso di Gesù Cristo, mentre negli altri non riceviamo che l’applicazione dei meriti del suo Sangue prezioso. Inoltre alcuni si chiamano Sacramenti dei morti, altri Sacramenti dei vivi. Ecco perché si dice che il Battesimo, la Penitenza ed alcune volte l’Estrema Unzione sono sacramenti dei morti: perché quando li riceviamo l’anima nostra è morta agli occhi di Dio per i peccati; questi sacramenti risuscitano l’anima nostra alla grazia; gli altri invece sono sacramenti dei vivi…, perché per riceverli bisogna essere in istato di grazia di Dio, cioè non aver peccati sull’anima. Si deve ancora sapere che quando Gesù Cristo ha sofferto sulla croce, né il Padre né lo Spirito Santo hanno sofferto o sono morti, ma solo il Figliuolo patì e morì, come uomo e non come Dio. Ebbene! F. M., se vi avessi interrogati, avreste voi risposto a tutto ciò? Ebbene, se non sapete quanto vi dissi, non siete istruiti sufficientemente per salvarvi. Ho detto che i padri e le madri, i padroni e le padrone debbono per salvarsi essere istruiti di quanto riguarda la loro condizione. Il padre, la madre, il padrone, la padrona devono conoscere tutti gli obblighi da adempiere verso i figli e domestici: devono cioè conoscere perfettamente la religione per insegnarla agli altri; diversamente sono poveri disgraziati e finiscono tutti all’inferno. Ahimè! quanti padri e quante madri, quanti padroni e padrone vi sono che non conoscono neppure la religione e che insieme ai lor figli e domestici marciscono in un’ignoranza crassa, e non aspettano che la morte per gettarsi nell’inferno! S. Paolo ci dice che chi ignora i propri obblighi merita d’essere ignorato da Dio (1Cor. XIV, 38) . Converrete con me, dunque, che tutte queste persone sono indegne di ricevere l’assoluzione, e che se hanno la disgrazia di riceverla, essa è un sacrilegio che viene a pesare sulla povera anima loro. Mio Dio! quanti vanno perduti per la loro ignoranza! Possiamo essere sicuri che questo solo peccato ne dannerà più che tutti gli altri insieme, perché una persona ignorante non conosce né il male che fa peccando, né il bene che perde: cosicché un ignorante è una persona perduta!

2° Dico inoltre che bisogna differire l’assoluzione a chi non dà segno di pentimento, cioè di dolore dei peccati commessi. Anzitutto, l’esperienza ci insegna che non dobbiamo affatto fidarci di tutte le promesse e proteste che si fanno. Tutti dicono che sono dolenti d’aver offeso il buon Dio, che vogliono correggersi davvero, e che si confessano appunto per questo. Il sacerdote, credendoli sinceri, li assolve: che avviene di queste risoluzioni? Eccolo: otto giorni dopo dimenticano tutte le promesse, e ” ritornano al vomito, „ (II Piet. III, 22), cioè alle loro cattive abitudini. Così tutte le proteste non sono certamente prove sufficienti di conversione. Gesù Cristo ci dice che “solo dal frutto si conosce l’albero;„ (Matt. XII, 33), così, solo dal cambiamento di vita si conosce se v’era la contrizione necessaria per essere degni dell’assoluzione. Quando si ha davvero rinunciato ai propri peccati, non basta piangerli, bisogna anche rinunciare, abbandonare e fuggire quanto può indurvici: cioè esser disposti a tutto soffrire piuttosto che ricadere nei peccati che abbiamo confessati. Si deve adunque vedere in noi un cambiamento completo, senza del quale non abbiamo meritata l’assoluzione, e v’è ragione di credere che abbiamo commesso un sacrilegio. Ahimè! come sono poco numerosi coloro in cui si vede questo cambiamento dopo ricevuta l’assoluzione!… Mio Dio! quanti sacrilegi adunque! … Ah! se almeno ogni trenta assoluzioni ve ne fosse una buona, il mondo sarebbe presto convertito! Non merita dunque l’assoluzione chi non dà sufficienti segni di conversione. Ma costoro, purtroppo, d’ordinario non ritornano più quando furon rimandati. Essi fanno ciò appunto perché non hanno intenzione di convertirsi, giacché diversamente invece di aspettare un’altra Pasqua, avrebbero fatto di tutto per cambiar vita, e riconciliarsi con Dio.

3° In terzo luogo dico che si deve rifiutare l’assoluzione a chi conserva odio, risentimento nel cuore, a chi rifiuta di perdonare o di fare i primi passi per riconciliarsi; cosicché, F. M., bisogna guardarsi dal ricevere l’assoluzione quando si ha qualche rancore contro il prossimo. Dopo aver avuto con esso qualche contrarietà, bisogna sentirsi così ben disposti a rendergli servizio, come se per il passato non aveste ricevuto da lui altro che bene. Se vi accontentate di dire che non gli volete male, ma che lo trascurate, che non lo salutate con garbo, che evitate la sua compagnia, preferendone altre, voi non lo amate quanto dovete, perché il buon Dio vi perdoni i vostri peccati. Dio vi perdonerà nella misura che voi perdonerete al prossimo, e sinché avrete risentimento nel cuore contro di esso, ciò che di meglio possiate fare è procurare di sradicarlo; poi riceverete l’assoluzione. So benissimo che si può, anzi si deve evitare ogni compagnia che possa esporci al pericolo di litigare con l’uno o con l’altro, e la famigliarità di coloro che continuamente mormorano dei vicini. Ecco come bisogna regolarsi con queste persone: frequentarle solo quand’è necessario; non volere loro male e neppure sparlarne; accontentarsi di pregare il buon Dio per loro. Ascoltate quanto ci dice Gesù Cristo nel Vangelo: “Se, mentre sei per presentare la tua offerta all’altare, ti ricordi che il fratello tuo abbia qualche cosa contro di te, o che tu l’hai offeso, lascia la tua offerta, e va prima a riconciliarti col fratello. „ (Matt. V, 23) — “Un giudizio severo, scrive S. Giacomo, è riservato a chi non avrà avuto misericordia col fratello. „ (Giac. II, 13). Voi comprendete ora, al par di me, o F. M., che ogni qual volta abbiamo animosità contro alcuno, non dobbiamo ricevere l’assoluzione, perché sarebbe come esporci a commettere sacrilegio, ciò che è la più grande di tutte le disgrazie.

4° Aggiungo in quarto luogo, che vanno trattati alla stessa maniera coloro che hanno recato qualche torto al prossimo e rifiutano di riparare il male fatto o nella persona o nella roba; non si può neanche dare l’assoluzione in punto di morte a chi ha dello restituzioni da fare, e ne lascia la cura agli eredi. Tutti i Padri della Chiesa dicono che non v’è perdono, né speranza di salvezza per chi tiene roba d’altri, e potrebbe, e non vuol restituirla.

5° In quinto luogo si deve ricusare l’assoluzione a coloro che sono nell’occasione prossima di peccato, e rifiutano di uscirne. Si chiama occasione prossima di peccato tutto quanto può indurci ordinariamente a commetterlo, come spettacoli, balli, danze, libri cattivi, conversazioni disoneste, canzoni oscene, pitture indecenti, abbigliamento immodesto, cattive compagnie, il frequentar persone di sesso diverso, le relazioni con persone colle quali già altra volta si è peccato, ecc. Così pure i mercanti che non sanno vendere senza mentire o bestemmiare, gli osti che danno da bere agli ubbriaconi, ovvero durante le sacre funzioni, o di notte: come anche i domestici sollecitati al male da qualcuno della casa. A tutti costoro il sacerdote non deve e non può, senza suo danno, dare l’assoluzione, a meno che promettano di lasciar tali abitudini e di rinunciare a tutto ciò che li può indurre al peccato, o ne offre loro occasione. Altrimenti, ricevendo l’assoluzione. fanno senza dubbio un sacrilegio.

6° In sesto luogo deve negarsi l’assoluzione agli scandalosi, che colle loro parole, con consigli ed esempi perniciosi inducono gli altri al peccato; tali sono i cattivi Cristiani che mettono in derisione la parola di Dio e chi l’annunzia, sia il loro pastore oppure altro sacerdote; che motteggiano la religione, la pietà e le cose sante; che fanno discorsi contrari alla fede od ai buoni costumi; che nelle loro case tengono veglie, danze profane, giuochi proibiti; che conservano pitture disoneste, indecenti, o libri cattivi; così pure le persone che s’abbigliano coll’intenzione di piacere, che coi loro sguardi e modi procaci fanno rimettere col cuore tante fornicazioni ed adulteri. Un confessore, dice S. Carlo, deve rifiutare l’assoluzione a tutti costoro, poiché sta scritto : “Guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo „. (Matt. XVIII, 7).

7° In settimo luogo si deve rifiutare l’assoluzione, ovvero differirla, ai peccatori abitudinari, che ricadono da lungo tempo nelle medesime colpe, e fanno nulla o ben poco per correggersi. Di questo numero sono coloro che hanno l’abitudine di mentire ad ogni momento, non se ne fanno scrupolo, si divertono anzi a dir menzogne per far ridere gli altri; quelli che mormorano facilmente del prossimo ed hanno sempre alcunché da dire sul suo conto; quelli che hanno spesso sulle labbra parole di giuramento con leggera offesa del nome di Dio; quelli che hanno l’abitudine di mangiare ad ogni ora, anche senza bisogno; che s’impazientano ad ogni momento, per un nonnulla; che mangiano e bevono eccessivamente; coloro che non fanno sforzo abbastanza per correggersi dei pensieri d’orgoglio, di vanità, o dei pensieri contrari alla purezza; infine si dovrà rifiutare l’assoluzione a tutti coloro che non accusano da sé i loro peccati, che aspettano, per così dire, che il confessore li interroghi. Non tocca al sacerdote, ma tocca a voi di confessare i vostri peccati; se il sacerdote vi fa qualche domanda è per supplire a quanto non avreste potuto conoscere. — Ahimè! a tanti si deve, per così dire, strappare i peccati dal fondo del cuore; e ve ne sono di quelli che disputeranno perfino col confessore, volendo provare che non hanno fatto un gran male. È evidente che costoro non son degni di ricevere l’assoluzione, e non hanno le disposizioni che necessariamente richiede questo Sacramento, perché non sia profanato. Tutti i Padri della Chiesa sono d’accordo su questo punto, che quando non vi è cambiamento, né emendazione in chi si confessa, la sua penitenza è falsa ed ingannevole. Il santo Concilio di Trento ci ordina di non dare l’assoluzione che a quelli nei quali si vede la cessazione dal peccato, l’odio e la detestazione del passato, il proposito e l’inizio d’una vita nuova. Ecco, F. M., le regole dalle quali un confessore non può allontanarsi senza perdere se stesso ed i penitenti. Ma vediamo ora le ragioni che si mettono innanzi, per indurre il confessore a dare l’assoluzione. – Gli uni dicono che il non dare l’assoluzione a chi si confessa frequentemente è distruggere la religione, far apparire troppo difficile il compiere quanto essa comanda; è scoraggiare i peccatori ed esser causa che abbandonino la via del bene; è lo stesso che mandarli all’inferno; che molti altri confessori sono più accondiscendenti; che si avrebbe almeno la consolazione di vedere in parrocchia far la Pasqua un gran numero di persone, le quali ogni anno tornerebbero volentieri a confessarsi; che pretendendo troppo, non si ottiene nulla. F. M., quelli che ragionano così sono: 1° coloro che non meritano l’assoluzione. Ma, amici miei, fin dal principio della Chiesa tutti i Padri hanno seguito questa regola: che bisogna assolutamente aver lasciato il peccato per ricevere degnamente l’assoluzione. Questo rifiuto non sembra duro che ai peccatori impenitenti; questa regola non può dispiacere che a coloro i quali non pensano a convertirsi. Che cosa si ricava, F. M., da queste assoluzioni precipitate? Lo sapete benissimo anche voi. Ahimè! una catena di sacrilegi. Appena assolti, ricadete negli antichi peccati; la facilità con la quale avevate ottenuto il perdono, vi ha fatto sperare che l’otterrete ancora, del pari, facilmente, ed avete continuata la medesima vita; mentre se vi si fosse rifiutata l’assoluzione subito, sareste rientrati in voi stessi, avreste aperto gli occhi sulla vostra disgrazia, dalla quale forse non vi libererete mai più. La vostra povera vita non è che una serie di assoluzioni e di ricadute. Mio Dio, quale sventura! Ecco dove vi conduce la dolorosa facilità di assolvervi. Non è piuttosto crudeltà darvi l’assoluzione, che rifiutarvela, quando non siete disposti a riceverla? S. Cipriano ci dice che un prete deve stare alle regole della Chiesa, ed aspettare che il penitente dia segni certi che il suo cuore è cambiato e che comincia a condurre una vita diversa da quella che menava prima di confessarsi, perché Gesù Cristo stesso, che è Dio e padrone della grazia, non ha accordato il perdono che ai veri penitenti: accolse il buona ladrone, la cui conversione era sincera, ma respinse il cattivo, per la sua impenitenza. Perdonò a S. Pietro, di cui conosceva il dolore, ma abbandonò Giuda, il cui pentimento era falso. Quale disgrazia pel sacerdote e pel penitente, se il confessore gli dà l’assoluzione quando egli non la merita! Se mentre il ministro dice al penitente: Io ti assolvo; Gesù Cristo invece gli dice: Io ti condanno… Ahimè! quanto il numero di costoro è grande, poiché sono pochi quelli che abbandonano il peccato dopo ricevuta l’assoluzione, e cambiano vita. Tutto questo è vero, soggiungerete voi: ma che si dirà di me, dopo avermi più volte visto a confessarmi, non vedendomi far la comunione? Si crederà ch’io conduca una vita scorretta; d’altra parte, conosco altri, più peccatori di me, che pure furono assolti: voi avete assolto il tale, che ha mangiato di grasso con me, che, al pari di me, andò in giorno di domenica … — La coscienza di colui non è la vostra: se egli ha fatto male, non si deve seguirlo. Forse, per salvar le apparenze, vorreste dannarvi commettendo un sacrilegio? Non sarebbe quella la maggiore sventura? Credete che vi si faccia osservazione, perché foste visto a confessarvi più volte senza comunicarvi. Ah! amico mio, temete piuttosto lo sguardo irato di Dio, alla cui presenza avete fatto il male, e non badate a tutto il resto. Dite che ne conoscete di più colpevoli di voi, che pure furono assolti. Che ne sapete voi? Forse è venuto un angelo a dirvi che Dio non li ha cambiati e convertiti? E quand’anche non fossero convertiti, volete far il male, anche voi, perché essi lo hanno fatto? Vorreste dannarvi perché gli altri si dannano? Mio Dio! quale spaventevole linguaggio! — Ma, soggiungono costoro, che non solo non sono convertiti, ma che non desiderano nemmeno di convertirsi, e soltanto bramano di salvare le apparenze, quando dovremo venire per comunicarci? non vorremmo attender troppo. — Quando dovrete venire a comunicarvi? Ascoltate S. Giovanni Crisostomo: egli stesso ci insegnerà quando dovrete venire. Forse a Pasqua, a Pentecoste, a Natale? No, vi dice. Forse in punto di morte? No, vi dice ancora. Quando adunque? Quando, vi dice, avrete rinunciato seriamente al peccato, e sarete risoluti di non più cadervi, coll’aiuto della grazia di Dio; quando avrete restituito ciò che non è vostro; quando vi sarete riconciliati col vostro nemico; insomma quando vi sarete convertito davvero. — Altri peccatori ci diranno: Se siete così severo, andremo da altri, che ci assolveranno. Sono già venuto tante volte; ho ben altro da fare che andar avanti ed indietro; torno da tanto tempo, vedo bene che non volete saperne di me. Del resto, che male ho dunque fatto? — Andrete a trovarne un altro, amico mio, siete padrone d’andar ove meglio vi piace; ma credete voi che un altro avrà volontà di dannarsi più che non l’abbia io? no, senza dubbio. Se egli vi assolve è perché non vi conosce abbastanza. Volete sapere chi è colui il quale parla in tal modo, e cerca altrove una assoluzione? Ascoltate e tremate. E colui che abbandona la guida che può condurlo a salvamento, per cercare un passaporto per andar diritto all’inferno. — Ma, mi direte, son già tante volte che vengo. — Ebbene, amico mio, correggetevi, e vi assolverò la prima volta che ritornerete. — E già gran tempo, direte, ch’io non ritorno. — Tanto peggio per voi solo, amico mio. Non ritornando più, camminate a passi da gigante sulla via dell’inferno. Vi sono alcuni così ciechi da credere che il confessore non li assolve perché porta loro astio. Senza dubbio, amico mio, egli è irritato con voi, ma solo perché vuole la salvezza dell’anima vostra. Per questo non vuol darvi una assoluzione, che lungi dal salvarvi vi dannerebbe per tutta l’eternità. — Ma, dite voi, che gran male ho dunque fatto? non ho né ammazzato né rubato… — Non avete ammazzato né rubato, dite? Ma, amico mio, l’inferno racchiude altri che non hanno né rubato, né ammazzato; non sono questi i due soli peccati che trascinano le anime all’inferno. Se io fossi così debole da darvi l’assoluzione quando non la meritate, sarei il carnefice della povera anima vostra, che ha costato tanti patimenti a Gesù Cristo. – Ascoltate, F. M., questo tratto di storia, che ci insegna quali sono gli effetti di queste assoluzioni precipitose, impartite quando il penitente non è disposto. S. Carlo Borromeo ci racconta che un ricco napoletano conduceva una vita niente affatto cristiana. Si indirizzò ad un confessore che passava per facile ed accondiscendente. Questo sacerdote, infatti, appena udito il penitente, gli diede l’assoluzione senza aver alcuna prova del di lui pentimento. Il gentiluomo, quantunque senza religione, meravigliato d’una facilità, che tanti confessori saggi ed illuminati non avevano avuto per lui, si alza bruscamente, e togliendo alcune monete di tasca: “Prendete, Padre, gli disse, ricevete questo denaro, e conservatelo sino a quando ci troveremo insieme nel medesimo posto. — Quando, ed in qual luogo ci ritroveremo? risposegli il sacerdote tutto meravigliato. — Padre mio, in fondo all’inferno, dove ci troveremo presto ambedue: voi per avermi data l’assoluzione, di cui ero indegno, ed io per essere stato così sciagurato di riceverla, senz’essere convertito. „ Che ne pensate di questo fatto, F. M.? Meditiamole insieme queste parole; abbiamo in esse motivo di tremare tutti. — Ma, direte dunque, quando si può ricevere l’assoluzione? — Appena sarete convertiti, appena avrete cambiato metodo di vita: quando pregherete il buon Dio che faccia conoscere al vostro confessore le disposizioni del cuor vostro; quando avrete adempiuto esattamente ciò il confessore vi avrà prescritto, e non mancherete di ritornare nel tempo che egli vi ha fissato. Raccontasi d’un peccatore, che si convertì in una missione, che dopo la sua confessione il sacerdote lo vide così ben disposto, che fece per dargli l’assoluzione. Il povero uomo gli disse: “Ecchè, Padre mio! a me l’assoluzione! ah! lasciatemi piangere un po’ i peccati, che ebbi la disgrazia di commettere: mettetemi alla prova, affinché possiate essere sicuro che il mio pentimento è sincero.„ Quel penitente nell’atto di ricevere l’assoluzione, credeva morir di dolore. Mio Dio! quanto sono rare disposizioni simili! Ma quanto lo sono anche le confessioni buone! – Concludiamo: non dobbiamo mai sollecitare il confessore a darci l’assoluzione, perché dobbiamo sempre temere di non essere preparati, di non essere, cioè, abbastanza convertiti. Domandiamo al buon Dio che ci converta mentre ci confessiamo, affinché i nostri peccati ci siano davvero perdonati. È la fortuna che vi auguro.

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps XXXIII:15-16
In te sperávi, Dómine; dixi: Tu es Deus meus, in mánibus tuis témpora mea.

[O Signore, in Te confido; dico: Tu sei il mio Dio, nelle tue mani sono le mie sorti.]

Secreta

Popitiáre, Dómine, pópulo tuo, propitiáre munéribus: ut, hac oblatióne placátus, et indulgéntiam nobis tríbuas et postuláta concedas.

[Sii propizio, o Signore, al tuo popolo, sii propizio alle sue offerte, affinché, placato mediante queste oblazioni, ci conceda il tuo perdono e quanto Ti domandiamo.]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Sap XVI: 20
Panem de cælo dedísti nobis, Dómine, habéntem omne delectaméntum et omnem sapórem suavitátis.

[Ci hai elargito il pane dal cielo, o Signore, che ha ogni delizia e ogni sapore di dolcezza.]

Postcommunio

Orémus.
Sumptis, Dómine, coeléstibus sacraméntis: ad redemptiónis ætérnæ, quǽsumus, proficiámus augméntum.

[Fa, o Signore, Te ne preghiamo, che, ricevuti i celesti sacramenti, progrediamo nell’opera della nostra salvezza eterna.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.