LA SUMMA PER TUTTI (13)

LA SUMMA PER TUTTI (13)

R. P. TOMMASO PÈGUES O. P.

LA SOMMA TEOLOGICA DI S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI

PARTE SECONDA

SEZIONE SECONDA

Idea particolareggiata del ritorno dell’uomo verso Dio.

Capo XXVII.

Virtù annesse alla giustizia: la religione, la pietà, l’osservanza, la gratitudine, la punizione, la verità, l’amicizia, la liberalità e l’equità naturale.

1116. La virtù della giustizia ha essa pure alla sua dipendenza altre virtù che le si riferiscono, e sono per essa come altrettante parti annesse?

Sì; la virtù della giustizia ha queste specie di parti (LXXX, 1).

1117. Ma come ed in che cosa queste altre virtù si distinguono dalla giustizia propriamente detta?

Si distinguono in questo, che la giustizia propriamente detta ha per oggetto di rendere ad altri con perfetta uguaglianza ciò che è rigorosamente dovuto; mentre le altre virtù, benché si riferiscano agli altri come la giustizia, in ciò che hanno di comune con essa, hanno tuttavia il loro atto che tende a concedere una cosa non dovuta ad altri se non in senso largo, e non già a così stretto rigore che si possa richiedere in nome del diritto stabilito dalla legge davanti ai tribunali; oppure a non concedere se non in maniera necessariamente imperfetta ed al di sotto della uguaglianza assoluta, ciò che sarebbe rigorosamente dovuto (LXXX, 1).

1118. Quante sono le virtù che si riferiscono alla giustizia e quali sono?

Sono nove: la religione, la pietà, la osservanza, la gratitudine, la punizione, la verità, l’amicizia, la liberalità e la equità naturale (LXXX, 1).

1119. Potreste render ragione dell’ordine di queste virtù?

Sì; eccola in poche parole: Le prime otto si riferiscono alla giustizia particolare; la nona alla giustizia generale o legale. E delle prime otto ve ne sono tre — la religione, la pietà e la osservanza — che restano al di sotto della giustizia in senso stretto, non per mancanza di rigore in fatto di dovere, ma per impossibilità di raggiungere la ragione di uguaglianza nel compimento di questo dovere: la religione rispetto a Dio: la pietà rispetto ai parenti ed alla patria; la osservanza rispetto agli uomini virtuosi od agli elevati in dignità. Le altre cinque difettano da parte del dovere; perché esse non si basano affatto su qualche cosa di legalmente dovuto e che possa essere richiesto in giudizio davanti ai tribunali umani come determinato dalla legge, ma soltanto su ciò che è dovuto moralmente, e di cui la determinazione o il compimento è lasciato all’impulso virtuoso di ciascuno: cosa tuttavia richiesta per la onestà della vita umana è la buona armonia dei rapporti degli uomini tra loro, sia in maniera necessaria come l’oggetto della verità, della gratitudine e della vendetta; sia a titolo di perfezione e di miglioramento, come l’oggetto dell’amicizia e della liberalità (LXXX, 1).

Capo XXVIII.

La religione: sua natura.

1120, Che cosa è la virtù della religione?

La virtù della religione, così chiamata perché costituisce il legame per eccellenza che unisce l’uomo a Dio come a Colui che è per l’uomo la sorgente di ogni bene, è una perfezione della volontà che porta a riconoscere come si conviene la dipendenza dell’uomo da Dio, primo principio ed ultimo fine di tutto, sommamente perfetto in Se stesso e dal quale dipende ogni altra perfezione (LXXXI, 1-5).

1121. Quali saranno gli atti appartenenti a tale virtù?

Tutti quelli che di per sé tendono ad affermare la dipendenza dell’uomo da Dio rientrano nell’oggetto proprio della virtù della religione. Ma essa può anche ordinare a questo stesso fine gli atti di tutte le altre virtù; ed in questo caso essa fa di tutta la vita dell’uomo un atto di culto verso Dio (LXXXL, art. 7, 8).

1122. Come si chiamerà allora?

Si chiamerà santità, perché l’uomo Santo è precisamente colui, tutta la vita del quale è trasformata in un atto di religione (LXXXI. 8)

1123. La virtù della religione è particolarmente eccellente?

La virtù della religione è la più eccellente di tutte le virtù, fuorché delle virtù teologali (LXXXI, 6).

1124. Donde proviene questa eccellenza alla virtù della religione?

Le viene da questo, che tra tutte le virtù morali il cui proprio oggetto è di perfezionare l’uomo in tutti gli ordini della sua cosciente attività, in ordine al raggiungimento di Dio, quale la fede, la speranza e la carità ce lo fanno riguardare, nessun’altra virtù ha oggetto più prossimo a questo fine. Mentre, infatti, le altre virtù regolano l’uomo sia in se stesso che con le altre creature, la religione lo regola con Dio; essa fa sì che egli sia in relazione a Dio quello che deve essere, riconoscendo come deve la sua sovrana maestà, servendolo ed onorandolo con i suoi atti, come richiede di essere servito ed onorato Colui, la eccellenza del quale supera all’infinito ogni cosa ed in ogni ordine (LXXXI, 6).

Capo XXIX.

La religione: suoi atti interni: la divozione. – La preghiera: natura, necessità e formula. – Il PATER NOSTER, ossia l’Orazione Domenicale; efficacia.

1125. Qual è il primo atto della religione?

Il primo atto della religione è l’atto interno che si chiama devozione (LXXXII, 1, 2).

1126. Che cosa intendete per divozione?

Per divozione intendo un certo moto della volontà, per il quale questa si dona e dona tutto quello che nell’uomo da essa dipende, al servizio di Dio, riferendosi a Lui sempre ed in tutto con santa prontezza (LXXXII, 1, 2).

1127. Dopo la divozione qual è nell’uomo il primo atto applicato al servizio di Dio?

È l’atto della preghiera.

1128. Che cosa è l’atto della preghiera?

L’atto della preghiera, inteso nel senso più alto ed in quanto si rivolge a Dio, è un atto della ragione pratica per il quale, sotto forma di supplica, vogliamo indurre Dio a fare ciò che noi desideriamo (LXXXIII, E):

1129. Ma è cosa ragionevole e possibile questa?

Certamente; e niente sulla terra è più ragionevole o più in armonia con la nostra natura (LXXXIII, 2).

1130. Come dimostrate che è così?

Con queste considerazioni: Essendo noi esseri ragionevoli e coscienti, abbiamo altamente bisogno di acquistare coscienza di ciò che è Dio e di ciò che siamo noi. Ora, noi non siamo che miseria, ed Egli è la sorgente di ogni bene. Più noi dunque avremo coscienza della nostra miseria fino ai minimi particolari dei suoi bisogni, e che soltanto da Dio come dalla prima sorgente ci vengono i beni atti a rimediarvi, più saremo ciò che dobbiamo essere, vale. a dire ciò che la nostra. Natura richiede. E l’atto della preghiera è precisamente questo: tanto più è perfetto quanto più ci fa acquistare coscienza della nostra miseria e della bontà di Dio nel rimediarvi. Ancora, proprio per questo Dio nella sua misericordia ha voluto che pregassimo, determinando che certe cose non ci verrebbero concesse, se non per mezzo della domanda che gliene faremmo (LXXXII, 2).

1131. Dunque noi facciamo la volontà di Dio nella sua più alta perfezione, quando vogliamo indurlo con la preghiera a fare ciò che desideriamo?

Sì: noi facciamo nella sua più alta perfezione la volontà stessa di Dio, quando ci sforziamo di indurlo con la nostra preghiera a compiere quello che desideriamo, ogni volta che quello che desideriamo è per il nostro vero bene.

1132. Dio ci esaudisce sempre allora?

Sì: Dio ci esaudisce sempre, quando Gli domandiamo sotto l’impulso dello Spirito Santo ciò che è per il nostro vero bene (LXXXITI, 15).

1133. Vi è una formula di preghiera che ci assicura che noi domandiamo sempre il nostro vero bene?

Sì, è la formula della preghiera per eccellenza che si chiama il « Pater Noster », ossia Orazione Domenicale (LXXXIII, 9).

1134. Che cosa intendete con queste parole: «Orazione Domenicale? ».

Intendo la preghiera che ci ha insegnata Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo.

1135. Potete dirmi questa preghiera?

Si: eccola: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non ci indurre in tentazione; ma liberaci dal male. Così sia.

1136. Questa preghiera contiene da sé sola tutte le preghiere, ossia tutte le domande che possiamo e dobbiamo rivolgere a Dio?

Sì; questa preghiera contiene da sé  sola tutte le preghiere, ossia tutte le domande che possiamo e dobbiamo rivolgere a Dio; e tutto quello che domanderemo a Dio si riferirà sempre, se domandiamo ciò che bisogna, ad una di queste domande del « Pater Noster » (LXXXII, 9).

1137. Ha ancora un altro pregio questa preghiera totalmente proprio?

Sì; e questo pregio consiste in ciò, che essa mette sulle nostre labbra, nello stesso ordine che debbono essere nel nostro cuore, tutti i desideri che dobbiamo avere (LXXXIII, 9).

1138. Potreste mostrarmi l’ordine delle domande dell’Orazione Domenicale?

Eccolo in breve: Di tutti i nostri desideri il primo deve essere che Dio sia glorificato, poiché la gloria di Dio è il fine di tutte le cose; ma subito e per cooperare noi stessi il più perfettamente possibile a questa gloria, dobbiamo desiderare di essere ammessi a parteciparne un giorno eternamente nel cielo, E tale è il senso delle prime due domande

del «Pater Noster» quando diciamo: « Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno ». Questa glorificazione di Dio in Se stesso e nostra in Lui, sarà un giorno il termine finale della nostra vita. Su questa terra e durante la nostra vita presente noi dobbiamo lavorare per meritare di esservi ammessi. Perciò noi non abbiamo che una sola cosa da fare: compiere in tutto, il più perfettamente possibile, la volontà di Dio; ed è ciò che domandiamo dicendo: « Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra ». Ma per compiere questa volontà in modo perfetto abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio che sostenga la nostra debolezza, sia in ordine alle necessità temporali sia in ordine a quelle spirituali. Noi domandiamo questo aiuto quando diciamo: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano ». E ciò basterebbe se non avessimo da liberarci dal male che può essere un ostacolo, sia all’acquisto del Regno di Dio, sia al compimento della Sua volontà, sia alla sufficienza delle cose di cui abbiamo bisogno nella vita presente. Contro questo triplice male noi diciamo a Dio: Rimetti a noi i nostri debiti,  come noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non ci indurre in tentazione; ma liberaci dal male (LXXXII, 9).

1139. Perché al principio di questa preghiera, noi diciamo: « Padre nostro che sei nei cieli » ?

Per eccitarci ad una confidenza senza limiti, poiché quegli a cui ci rivolgiamo è un Padre che regna nei cieli, ed ha tutto in Suo potere (LXXXII, 9 ad 5).

1140. Si deve recitare spesso questa preghiera del «Pater noster» ?

Si deve vivere continuamente del suo spirito e recitare poi di tempo in tempo, ed anche più spesso, secondo che le condizioni della nostra vita ce lo permettono (LXXXIII,

1141. Il meno che convenientemente si possa fare, in qualsiasi condizione ci si trovi è di non passare un giorno solo senza a dire questa preghiera?

Si, in qualsiasi condizione ci si trovi, il meno che convenientemente si possa fare è di non lasciar passare un giorno solo senza dire questa preghiera.

1142. Dobbiamo rivolgere a Dio solo le nostre preghiere?

Sì; dobbiamo rivolgere le nostre preghiere a Dio solo, come a Colui dal quale attendiamo ogni nostro bene; ma possiano rivolgerci a certe creature, per pregarle ad intercedere in nostro favore dinanzi a Dio (LXXXIII. 4).

1143. Quali sono le creature alle quali possiamo rivolgerci, per pregarle ad intercedere in nostro favore dinanzi a Dio?

Sono gli Angeli ed i Santi del cielo, ed i giusti che vivono ancora sulla terra (LXXXIII, 11)

1144. È cosa buona raccomandarsi anche alle anime sante e sollecitare le loro preghiere?

Sì; è cosa eccellente raccomandarsi alla pia intercessione delle anime sante e sollecitare le loro preghiere presso Dio.

1145. Fra tutte le creature ve n’è qualcuna che deve essere da noi invocata nelle nostre preghiere, a titolo del tutto speciale?

Sì; è la gloriosa Vergine Maria, Madre del Figluolo di Dio incarnato, Nostro Signore Gesù Cristo.

1146. Con qual nome è stata chiamata la Ss.ma Vergine Maria, in ragione di questa speciale missione che ha di intercedere per noi?

È stata chiamata la Onnipotente per intercessione.

1147. E che cosa si è voluto significare con queste parole?

Si è voluto significare che tutti coloro che per i quali Ella intercede presso Dio sono da Lui esauditi nelle loro preghiere.

1148, Vi è una formula di preghiera più particolarmente eccellente per domandare intercessione della Ss.ma Vergine Maria presso Dio?

Sì: è la preghiera dell’ « Ave Marta ».

1149. Potreste dirmi questa preghiera?

Si: eccola: Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è teco: tu sei benedetta tra le donne, e benedetto è il frutto del ventre tuo Gesù. Santa Maia, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Così sia.

1150. Quando è bene recitare questa preghiera?

È bene recitarla il più spesso possibile, e specialmente dopo il «Pater noster » quando si recita in privato.

1151. Vi è un modo particolarmente bello di unire insieme queste due preghiere per assicurarne la efficacia?

Sì; è il santo Rosario.

1152. Che cosa intendete per il Rosario?

Intendo un modo di preghiera che consiste nel ricordare i quindici principali misteri della nostra Redenzione, e nel recitare, dinanzi al ricordo di ciascuno di essi, una volta il « Pater noster » seguito dall’« Ave Maria» ripetuta dieci volte, dopo di che si aggiunge: Gloria al Padre e al Figliuolo ed allo Spirito Santo, come era nel principio, e ora, e sempre, e mei secoli dei secoli. Così sia.

Capo XXX.

Atti esterni: l’adorazione, il sacrificio, i doni, le offerte per il culto, il voto, il giuramento, la invocazione del S, Nome di Dio.

1153. Dopo gli atti interni della divozione e della preghiera, quali sono gli altri atti della virtù della religione?

Sono tutti gli atti esterni ordinati di per sé ad onorare Dio (LXXXIV-XCI).

1154. Quali sono questi atti?

Vi sono anzitutto i gesti o movimenti del corpo, come le inclinazioni della testa, le genuflessioni, le prostrazioni e tutti gli altri atti che si comprendono sotto il nome generale di adorazione (LXXXIV).

1155. In che cosa consiste il pregio di tali atti?

Consiste in questo, che essi fanno contribuire il corpo stesso ad onorare Dio e possono, quando siano compiuti come si deve, costituire un grandissimo aiuto per meglio compiere gli atti interni (LXXXIV; 2).

1156. Soltanto il nostro corpo noi dobbiamo far servire ad onorare Dio nella virtù della religione?

Vi sono anche le cose esterne che possiamo offrire in omaggio a Dio sotto forma di sacrificio o di pio contributo (LXXXV – LXXXVII).

1157. Nella legge nuova vi è una sola forma di sacrificio nel senso stretto della parola, ed in quanto implica la immolazione della vittima?

Sì; è il santo sacrificio della Messa nel quale si immola, sotto le specie sacramentali del pane e del vino, Colui che dopo il sacrificio cruento della croce, è l’unica Vittima offerta ed accetta a Dio (LXXXV, 4).

1158. E un atto di religione accetto a Dio il contribuire secondo le proprie risorse ad assicurare ed accrescere il culto esterno, facendo offerte per il culto stesso e per il sostentamento dei suoi ministri?

Sì: tutto questo è un atto di religione e Dio lo riguarda con con gradimento speciale. (LXXXVI-LXXXVII). sad

1159 Si fa atto di religione soltanto donando a Dio per il suo culto od a vantaggio dei suoi ministri?

Si può fare anche atto di religione promettendo a Dio qualche cosa di natura accetta a Lui (LXXXVII).

1160. Come si chiama questa promessa?

Si chiama voto (LXXXVII, 1, 2).

1161. Quando si fa un voto si è obbligati a mantenerlo?

Sì; quando fa un voto si è obbligati a mantenerlo, salvo la impossibilità o la dispensa. (LXXXVIII, 3, 10).

1162. Vi è un’ultima specie di atti di religione?

Si; sono gli atti nei quali per onorare Dio si usa qualche cosa spettante a Dio stesso – (LXXXTX).

1163. Che cosa è che può riguardare Dio, e che noi possiamo utilizzare per onorarlo e rendergli omaggio?

Sono le cose sante ed il suo S. Nome.

1164. Che cosa intendete per cose sante?

Intendo tutto quello che ha ricevute da Dio, per mezzo della sua Chiesa, una consacrazione a o una benedizione particolare, come le persone consacrate a Dio, i sacramenti ed i sacramentali, quali sono l’acqua benedetta, gli oggetti di pietà ed anche i luoghi di culto (LXXXIX, Prologo).

1165. Come si può usare il S. Nome di Dio sotto forma di omaggio reso a Lui?

Si può usare il S. Nome di Dio sotto forma di omaggio reso a Dio stesso, chiamandolo in testimone di ciò che si afferma od invocandolo a modo di lode (LXXXIX-XCI).

1166. Con qual nome si indica l’atto di chiamare Dio in testimone di ciò che si afferma o si promette?

Si indica col nome di giuramento (LXXXIX, 1).

1167. Il giuramento è cosa buona e da raccomandarsi di per se stessa?

Il giuramento non è cosa buona se non in forza di una grande necessità, e non se ne deve usare che con la più estrema riserva (LXXXIX, 2).

1168. E l’adiurazione che cosa è?

L’adiurazione o scongiuro è un atto che consiste nell’appellare al s. Nome di Dio od a qualche cosa santa, per indurre qualcuno ad agire o non agire nel senso che vogliamo (XC, 1).

1169. È un atto permesso ?

Sì; quando è fatto con rispetto ed in quanto lo richiede la condizione degli esseri che scongiuriamo (Ibid.).

1170. È bene invocare spesso il S. Nome di Dio?

Sì; purché si faccia col più grande rispetto e sotto forma di lode (XCI, 1).

Capo XXXI.

Vizi opposti alla religione: la superstizione, la divinazione. – La irreligione: la tentazione di Dio, lo spergiuro, il sacrilegio.

1171. Quali sono i vizi opposti alla virtù della religione?

Vi sono due specie di vizi opposti alla virtù della religione: gli uni per eccesso, e vanno sotto il nome di superstizione; gli altri per difetto e si chiamano irreligione (XCII, Prologo).

1172. Che cosa intendete per superstizione?

Intendo quel complesso di vizi che consiste nel rendere a Dio un culto che non può essergli gradito, oppure nel rendere ad altri il culto che appartiene a Lui solo (XCII, XCIII, XCIV).

1173. Vi è un modo più specialmente frequente di questa ultima specie di vizi?

Sì; è il desiderio smoderato di conoscere il futuro o le cose occulte, per il quale ci si abbandona alle molteplici pratiche della divinazione e delle vane osservanze (XCV, XCVI).

1174. E la irreligione che cosa comprende?

La irreligione comprende due cose: il non trattare col conveniente rispetto le cose riguardanti il servizio ed il culto di Dio, e l’astenersi interamente da ogni atto di religione.

1175. Questo ultimo vizio è particolarmente grave?

Questo ultimo vizio è di una gravità estrema; perché implica il disprezzo e la dimenticanza sdegnosa di Colui al quale siamo più obbligati, e che ogni uomo ha il più stretto dovere di onorare e servire.

1176. Sotto quale forma speciale si presenta oggigiorno questo vizio?

Si presenta sotto la forma del laicismo.

1177. Che cosa intendete per laicismo?

Intendo quel sistema di vita consistente nel mettere Dio completamente da parte: sia in maniera positiva, cacciandolo dappertutto e perseguitando Lui o tuttociò che a Lui appartiene dovunque si trovi; sia in maniera negativa, non tenendo alcun conto di Lui nell’ordinamento della vita umana individuale, familiare e sociale.

1178. Donde proviene questo gran vizio del laicismo nella sua doppia forma positiva e negativa?

La forma positiva proviene dall’odio e dal fanatismo settario; la forma negativa da una specie di stupidità intellettuale e morale, nell’ordine metafisico e soprannaturale.

1179. Ci si deve opporre con tutte le forze al laicismo?

Non esiste dovere più grande che quello di opporsi con tutte le proprie forze al laicismo, e di combatterlo con ogni mezzo che sia in nostro potere.

1180. Quali sono gli altri vizi della irreligione?

Sono la tentazione di Dio e lo spergiuro, che vanno contro Dio stesso ed il Suo S. Nome; il sacrilegio e la simonia, che vanno contro le cose sante (XCVII-XCIX).

1181. Che cosa intendete per tentazione di Dio?

Intendo quel peccato contro la religione che consiste nel mancare di rispetto a Dio, facendo appello al suo intervento come per assicurarci della sua potenza, o in tali circostanze che non gli permettano di intervenire senza andare contro ciò che Egli deve a Se stesso (XCVII, 1).

1182. È un tentare Dio, quasi contando sopra un soccorso speciale da parte sua, quando non si fa da parte nostra ciò che è possibile fare?

Sì: è un tentare Dio il fare così, e si deve evitare con grande cura (XCVII, 1,2).

1183. Che cosa intendete per spergiuro?

Intendo quel peccato contro la virtù della religione, che consiste nell’appellarsi alla testimonianza di Dio per una cosa falsa, nel mancare di mantenerla dopo averla promessa (XCVII, 1).

1184. È un peccato che si collega con lo spergiuro l’appellare a Dio con la evocazione del suo S. Nome, per qualunque motivo ed in modo inconsiderato?

Sì; senza essere propriamente uno spergiuro, è una mancanza di rispetto verso il S. Nome di Dio, che si collega con lo spergiuro, e non sarà mai troppa la cura per evitarla.

1185. Che cosa intendete per sacrilegio?

Intendo la violazione delle persone, delle cose o dei luoghi rivestiti di una consacrazione o santificazione speciale, che li vota al culto ed al servizio di Dio (XCIX, 1).

1186. Il sacrilegio è un peccato grave?

Sì; il sacrilegio è un peccato grave, perché attentare alle cose di Dio è in qualche modo attentare a Dio stesso; e Dio riserva a questo peccato, anche su questa terra, i più grandi gastighi (XCIX, 2-4).

1187. Che cosa intendete per simonia?

Intendo quel peccato speciale di irreligione che consiste, imitando in ciò la empietà di Simon Mago, nel fare ingiuria alle cose sante trattandole come vili cose materiali, di cui gli uomini dispongono da padroni, vendendole e comprandole a prezzo di denaro (C, 1).

1188. La simonia è un grave peccato?

Sì; la simonia è un peccato grave che la Chiesa punisce con pene severissime (C, 6).

Capo XXXII.

La pietà verso i genitori e verso la patria.

1189. Dopo la virtù della religione, quale è la più grande delle virtù annesse alla giustizia?

È la virtù della pietà (CI).

1190. Che cosa intendete per virtù della pietà?

Intendo quella virtù che ha per oggetto di rendere ai genitori ed alla patria l’onore ed il culto loro dovuti per il grande benefizio dell’essere che ci hanno dato, con tutti i beni che lo seguono, lo conservano e lo completano (CI, 1-2).

1191. I doveri della pietà verso i genitori e verso la patria sono particolarmente santi?

Sì; dopo i doveri verso Dio non ve ne sono altri di più santi o più sacri (CI, 1).

1192. Quali sono i doveri della virtù della pietà verso i genitori?

Sono: il rispetto e la deferenza, sempre; la obbedienza quando si vive sotto la loro autorità; e l’assistenza in caso di bisogno (CI,2),

1193. Ed i doveri della pietà verso la patria quali sono?

Sono: il rispetto e la riverenza verso coloro che la personificano e la rappresentano; l’obbedienza alle leggi; ed il dono di sé fino al sacrifizio della propria vita, in caso di guerra giusta contro i suoi nemici.

Caro XXXIII.

L’osservanza verso i superiori.

1194. Vi è ancora una virtù oltre quella della religione e della pietà, che può richiedere la nostra obbedienza?

Sì; è la virtù della osservanza (CII).

1195. Che cosa intendete per la virtù della osservanza?

Intendo una virtù avente per oggetto di regolare i rapporti degli inferiori verso i superiori, fuori della superiorità e del dominio proprio di Dio, dei genitori e delle autorità che personificano e rappresentano la patria (CII, CIII).

1196. È la virtù della osservanza che regola i rapporti degli alunni verso i maestri, degli apprendisti verso i padroni e di tutti gli altri inferiori verso i loro superiori?

È la virtù della osservanza che regola i rapporti degli alunni verso: i maestri, degli apprendisti verso i padroni e di tutti gli altri inferiori verso i loro superiori (CIII, 3).

1197. La virtù della osservanza implica sempre la virtù di obbedienza?

No: la virtù di obbedienza non è richiesta dalla osservanza se non si tratta di superiori aventi autorità sui loro inferiori.

1198. Vi sono altri ordini di superiorità oltre a quelli che implicano autorità sugli inferiori?

Sì; per esempio la superiorità di talento, di genio, di ricchezze, di età, di virtù ed altre simili (CIII, 2).

1199. In tutti questi ordini ha luogo la pratica della virtù della osservanza?

Sì; la virtù della osservanza fa sì che l’uomo renda ad ogni dignità superiore, qualunque essa sia, gli onori dovuti; con questo però che essa rende tali onori prima ai superiori in autorità, a cui rende al tempo stesso il rispetto ed il servizio loro dovuto (Ibid.).

1200. È cosa importante questa per il bene della società?

Sì; è cosa importantissima per il bene della società; perché ogni società implica molteplicità ed in qualche maniera subordinazione; ed ogni subalterno deve praticare la virtù della osservanza, sotto pena di turbare la bellezza ed armonia che formano il pregio della vita degli uomini tra loro.

1201. Ogni uomo può avere da praticare la virtù della osservanza?

Sì; perché non vi è alcuno, sia pur superiore in un dato ordine, che non sia in ordine diverso inferiore ad altri (CIII, 2 ad 3).

Capo XXXIV.

La gratitudine o riconoscenza.

1202. Quale è la prima delle altre virtù annesse alla giustizia, avente per oggetto non uno stretto dovere impossibile a soddisfarsi pienamente, ma un certo dovere morale, ordinato tuttavia in modo necessario al bene della società?

È la virtù della gratitudine, ossia della riconoscenza (CVI).

1203. Qual è il compito di questa virtù?

Il compito di questa virtù è di farci riconoscere come conviene e contraccambiare tutti i benefizi di ordine particolare che possiamo aver ricevuto da qualcuno (CVI, 1).

1204. È una grande virtù questa?

Sì; perché il vizio contrario, la ingratitudine è cosa estremamente odiosa e riprovata da tutti gli uomini (CVII).

1205. Ci si deve impegnare nella virtù della gratitudine o riconoscenza, a rendere più di quello che si è ricevuto?

Sì: ci si deve impegnare a rendere più di quanto si è ricevuto, per imitare l’atto del proprio benefattore (CVI, 6).

Capo XXXV.

La vendetta o castigo.

1206. Vi è qualcosa da fare, dal punto Vista della virtù, contro i malfattori e tutti quelli che nuocciono, nella sfera della nostra vigilanza?

 Sì; una virtù speciale che è la premura della vendetta, deve guidarci a far sì che un dato male non rimanga affatto impunito, quando il bene di cui noi abbiamo la difesa richiede che il male stesso venga effettivamente punito (CVIII).

Capo XXXVI.

La verità. – Vizi opposti: la menzogna, la simulazione e l’ipocrisia.

1207. Qual è l’altra virtù del medesimo ordine richiesta non precisamente per riguardo agli altri, ma per riguardo a quegli stessi che agisce, per il bene della società tra gli uomini?

È la virtù della verità (CIX)

1208. Che cosa intendete per virtù della verità?

Intendo quella virtù che ci porta a mostrarci in tutte le cose per quelli che veramente siamo nelle parole e negli atti (CIX, 1-4).

1209. Quali sono i vizi opposti a questa virtù?

Sono la menzogna a e la simulazione, ossia l’ipocrisia (CX- CXII)

1210. Che cosa intendetete per menzogna?

Intendo il parlare od agire scientemente in modo tale da esprimere o significare ciò che non è (CX, 1).

1211. È cosa cattiva questa?

È cosa essenzialmente cattiva, che non può mai divenir buona per qualsivoglia fine

o pretesto (CX, 3).

1212. Ma si è sempre tenuti a dire o significare con le parole e con gli atti tutto ciò  che è?

No: non si è affatto tenuti a dir sempre o a significare tutto ciò che è; ma non si deve mai dire o significare quello che non è (CX, 3)

1213. Quante specie di menzogna vi sono?

Vi sono tre specie di menzogna: la menzogna giocosa; la menzogna officiosa; e la menzogna dannosa (CX, 2).

1214. In che cosa si distinguono queste tre specie di menzogna?

Queste tre specie di menzogna si distinguono in questo, che la menzogna giocosa, ha per iscopo di ricreare il prossimo; la menzogna officiosa quello di essergli utile, e la menzogna dannosa quello di nuocergli (CX, 2)

1215. Questa ultima menzogna è la più cattiva di tutte?

Sì: di tutte le specie della menzogna, la più cattiva è la menzogna dannosa: mentre infatti le altre due possono essere soltanto peccati veniali, questa è sempre di peccato mortale, non potendo essere veniale se non in ragione della leggerezza del danno che intende (CX, 4).

1216. Che cosa intendete per simulazione ed ipocrisia?

La simulazione consiste nel mostrarsi all’esterno della propria vita quello che non si è;

internamente; e la ipocrisia è una simulazione che tende a far passare per giusto e santo chi internamente non è tale (CXI, 1, 2)

1217. È obbligato uno, per non cadere in questi difetti, a manifestare esternamente ciò che in lui può esservi di cattivo o di meno buono?

Niente affatto; ed è anzi un dovere non lasciarlo apparire di fuori, sia per non nuocere a se stesso nella opinione degli altri, sia per non male edificarli o scandalizzarli. Ciò che la virtù della verità richiede è che non si tenda a dimostrare all’esterno della propria vita qualche cosa, sia in bene che in male, che non corrispondente alla realtà (CXI, 3,4).

1218. Si è tenuti per la virtù della verità ad astenersi da ogni segno di parole o di atti che si presterebbe ad una falsa interpretazione, oppure a prevenire questa falsa interpretazione?

No; non vi saremmo tenuti se non nel caso che la falsa interpretazione fosse di natura tale da cagionare un male che dovremmo evitare (CXI, 1).

1219. Si può peccare di menzogna, di simulazione o di ipocrisia in più maniere da costituire peccati significativamente distinti?

Sì; si può peccare andando oltre quello che è, ed abbiamo il peccato di iattanza; restando al di sotto di ciò che è, dando a pensare di non avere quello che si ha quando si tratta di bene, ed abbiamo il peccato di indebito occultamento (CXII, CXIII).