LA SUMMA PER TUTTI (7)
R. P. TOMMASO PÈGUES
LA SOMMA TEOLOGICA DI S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI
PARTE SECONDA
L’UOMO VENUTO DA DIO E DESTINATO A RITORNARE A DIO
SEZIONE PRIMA
Idea generale del ritorno dell’uomo a Dio
Capo VIII.
Delle virtù che possono e debbono essere nell’uomo il principio dei suoi atti buoni.
493. Che cosa intendete per acquisto della virtù?
Intendo il conseguimento, ossia il perfezionamento di tutte le buone abitudini che portano l’uomo a bene agire (XLIX-LXVIII).
494. Che cosa sono queste buone abitudini che portano l’uomo a bene agire?
Sono disposizioni o inclinazioni che si trovano nelle sue diverse facoltà, e che delle sue facoltà rendono buoni gli atti (LV, 1-4).
495. Donde provengono nelle diverse facoltà dell’uomo queste disposizioni e inclinazioni che lo portano a bene agire?
Talvolta provengono parzialmente dalla natura stessa; qualche volta dal soggetto che agisce secondo il modo della virtù; qualche volta ancora direttamente da Dio, che le produce nell’anima con la sua azione soprannaturale (LXII, 1-4).
496. Nell’intelletto dell’uomo vi sono di queste disposizioni o buone abitudini, e di queste virtù?
Sì: nell’intelletto dell’uomo vi sono di queste disposizioni o buone abitudini, è di queste virtù (LVI, 3).
497. Quale effetto producono queste virtù nell’intelletto dell’uomo?
Esse lo inducono a non decidersi che per la verità (LVI, 3).
498. Quali sono queste virtù nell’intelletto dell’uomo?
Sono la « intelligenza », la « scienza », la sapienza », « l’arte » e la « prudenza » LVII, 1-6).
499. Qual è l’oggetto di ciascuna di questo virtù nell’intelletto, ossia nella ragione dell’uomo?
La prima dà la cognizione dei principi; la seconda la cognizione delle conclusioni; la terza la cognizione delle più alte cause; la quarta la direzione per la esecuzione delle opere esterne; la quinta la direzione di tutta la vita morale (LVII, 1-6).
500. Dunque la prudenza è la più importante nella pratica della vita morale?
Sì; la prudenza è la più importante nella pratica della vita morale (LVII, 5).
501. Non vi sono che queste specie di virtù nell’intelletto dell’uomo?
Vi è ancora un’altra virtù nell’intelletto dell’uomo, ed è di un ordine del tutto superiore (LXII, 1-4).
502. Qual è quest’altra virtù nell’intelletto dell’uomo, di un ordine del tutto superiore?
È la virtù della «fede» (Ibid.).
503. Vi sono anche virtù dello stesso ordine nella volontà?
Sì; vi sono anche virtù dello stesso ordine nella volontà (Ibid.).
504. Quali sono queste virtù dello stesso ordine nella volontà?
Sono la «speranza» e la « carità » (Ibid.).
505. Le virtù della fede, della speranza della carità hanno un nome speciale?
Sì: si chiamano « virtù teologali » (Ibid.).
506. Che cosa si intende con queste parole: « virtù teologali? ».
Con queste parole si intende significare che le virtù della fede, della speranza e della
carità si occupano di Dio stesso, e che in Dio hanno anche la loro unica origine (LX, 1).
507. Vi è ancora qualche altra virtù nella volontà?
Sì; nella volontà vi è ancora la virtù della «giustizia» e le altre virtù che ne dipendono (LVI, 6; LIX, 4; LX, 2, 3).
508. Vi sono altre facoltà nell’uomo in cui si trovino delle virtù?
Sì; vi sono le facoltà affettive sensibili (LVI, 4; LX, 4).
509. Quali sono le virtù che si trovano nelle facoltà affettive sensibili?
Sono le virtù della « fortezza » e della « temperanza», con le altre che ne dipendono.
510. Come si chiamano le virtù della giustizia, della fortezza e della temperanza, ed anche della prudenza?
Si chiamano « virtù morali » (LVIII, 1).
5I1. Non si chiamano anche virtù « cardinali »?
Sì; si chiamano anche « virtù cardinali » (LXI, 1-4),
512. Che cosa si intende significare con queste parole: « virtù cardinali »?
Con ciò si vuol dire che sono virtù particolarmente importanti, quasi i cardini — in latino «cardo-cardinis» — su cui si aggirano tutte le altre virtù, fuorché le virtù teologali (Ibid).
513. Le virtù di ordine naturale, ossia acquisite, intellettuali e morali, devono avere nell’uomo delle virtù corrispondenti di ordine soprannaturale, infuse da Dio allo scopo di perfezionare l’uomo in ogni atto della sua vita morale?
Sì; perché queste sole virtù infuse sono proporzionate agli atti che impone all’uomo, nella sua vita morale soprannaturale, il fine soprannaturale che gli danno a conseguire le virtù teologali (LXII, 3, 4).
514. Tutte queste virtù, teologali e cardinali, sono necessarie perché l’uomo viva bene?
Sì; tutte queste virtù sono necessarie perché l’uomo viva bene (LXV, 1-5).
515. E se l’uomo mancasse di una qualunque di tali virtù non potrebbe dirsi virtuoso?
No; perché se l’uomo manca di una qualunque di tali virtù, ciò che gli può restare delle altre virtù non ha mai in lui il carattere e la ragione di virtù perfetta (LXV, 4).
Capo IX.
Dei doni che coronano e completano le virtù.
516. Basta all’uomo, perché la sua vita sia ciò che deve essere in ordine all’acquisto del cielo, che possegga tutte le virtù di cui si è parlato?
No; bisogna che abbia ancora i doni dello Spirito Santo (LXVIII, 2).
517. Che cosa intendete per i doni dello Spirito Santo?
Intendo certe disposizioni abituali che sono nell’uomo per opera dello Spirito Santo, e che rendono l’uomo obbediente e docile a tutte le ispirazioni ed a tutti i moti interni dello Spirito Santo stesso, che lo stimola in vista del possedimento di Dio in cielo (LXVIII, 1,2,3).
518. Perché si richiedono i doni dello Spirito Santo, oltre le virtù precedentemente accennate?
Perché l’uomo, essendo chiamato a vivere da figlio di Dio, non può arrivare alla perfezione di questa vita, se Dio stesso con la sua propria azione, alla quale i doni dispongono, non viene a terminare ciò che l’azione dell’uomo, col mettere in opera le virtù, non può che abbozzare (LXVIII, 2).
519. Quanti sono i doni dello Spirito Santo?
I doni dello Spirito Santo sono sette (LXVII, 4).
520. Quali sono questi sette doni?
Sono la « sapienza », l’« intelletto », la « scienza ». il « consiglio », la « pietà », la « fortezza » ed il « timor di Dio » (LXVIII, 4).
Capo X.
Delle beatitudini e dei frutti dello Spirito Santo, come risultato delle virtù e dei doni.
521. Quando l’uomo è così rivestito delle virtù e dei doni, ha tutto quello che occorre,
in quanto è da lui, per vivere una vita perfetta, in ordine all’acquisto del cielo?
Sì; quando l’uomo è così rivestito dei doni e delle virtù ha tutto ciò che occorre, in quanto è da lui, per vivere una vita perfetta in ordine all’acquisto del cielo.
522. Si può dire anche che egli possegga già in qualche maniera questa vita del cielo cominciata sulla terra?
Sì; si può dire anche che egli in qualche maniera possegga già questa vita di cielo cominciata sulla terra; ed in questo senso appunto si parla su questa terra di beatitudini e di frutti dello Spirito Santo (LXIX, LXX).
523. Che cosa si intende per beatitudini?
Per beatitudini si intendono gli atti delle virtù e dei doni enumerati da Nostro Signore Gesù – Cristo nel Vangelo, i quali per la loro presenza nell’anima o per i meriti che vi hanno lasciato, formano per noi come il pegno della futura beatitudine promessa a ciascuno di essi (LXIX, 1).
524. E che cosa si intende per frutti dello Spirito Santo?
Per frutti dello Spirito Santo si intendono certi atti buoni, di natura tale da procurare piacere all’uomo virtuoso, quando agisce nell’ordine soprannaturale sotto la influenza dello Spirito Santo (LXX, 1).
525. Si distinguono i frutti dalle beatitudini?
Se essi sono tutto quello che per l’uomo esiste di più perfetto in senso assoluto, si confondono col frutto per eccellenza che è la beatitudine del cielo. Possono anche identificarsi con le beatitudini della terra; ma sene distinguono nel senso che la sola ragione dibontà basta loro, senza richiedere la ragionedi perfezione e di eccellenza, essenziale allebeatitudini (LXX, 2).
526. Quali sono le beatitudini e le loro ricompense?
Sono queste: Beati è poveri di spirito, perché di loro è il Regno dei Cieli. Beati i miti, perché essi possederanno la terra. Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati, Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figliuoli di Dio (LXIX, 2-4).
527. Quali sono i frutti dello Spirito Santo?
I frutti dello Spirito Santo sono: la «carità », la « gioia», la « pace », la « pazienza», la « benignità », la « bontà », la « generosità », la « mansuetudine », la « fedeltà », la « modestia », la «continenza » e la «castità» (LXX, 3).
528. Dove si trovano enumerati questi frutti dello Spirito Santo?
Si trovano enumerati nella Epistola di S. Paolo ai Galati, al cap. V, vers. 22 e 23.
529. E le beatitudini dove si trovano enumerate?
Le beatitudini si trovano enumerate in S. Matteo al cap. V, vers. 3-10; ed in modo meno completo in S. Luca al cap. VI, vers. 20-22.
530. Non vi è una ottava beatitudine in S. Matteo, riportata anche in S. Luca?
Sì; è la beatitudine di coloro che soffrono persecuzione per la giustizia; ma essa si riporta alle prime sette e ne è come il riassunto e la conseguenza (LXIX, 3 ad 5).
531. Non vi può essere dunque niente di meglio per l’uomo su questa terra, che di vivere la vita delle virtù e dei doni che si manifesta nelle beatitudini e nei frutti dello Spirito Santo?
No; non vi può essere niente di meglio per l’uomo su questa terra, che di vivere la vita della virtù e dei doni, che si manifesta nelle beatitudini e nei frutti dello Spirito Santo.
Capo XI
Dei vizi che possono essere nell’uomo principio dei suoi atti cattivi.
532. Vi è un’altra vita che l’uomo possa vivere sulla terra, opposta alla vita delle virtù e dei doni che si manifesta nelle beatitudini e nei frutti dello Spirito Santo?
Sì; è la vita del peccato o del vizio (LXXI-LXXXIX).
533. Che cosa intendete per vizio?
Per vizio intendo lo stato dell’uomo che vive nel peccato (LXXI, 1-6).
534. Che cosa è il peccato?
Il peccato è un atto o una omissione volontaria che è cosa cattiva (LXXI, 5-6).
535. Un atto o un’omissione volontaria, quando è cosa cattiva?
Quando tale atto o tale omissione è contraria al bene di Dio, al bene del prossimo o al bene dell’uomo stesso (LXXII, 4).
536. Come avviene che l’uomo possa volere qualche cosa di contrario al bene di Dio, al bene del prossimo o al suo proprio bene?
Perché può volere qualche altro bene che si oppone al bene di Dio, al bene del prossimo o al suo proprio bene (LXXI, 2; LXXVII, 4).
537. Qual è quest’altro bene che l’uomo può volere, e che si oppone al bene di Dio, al bene del prossimo o al suo proprio bene?
È il bene che lusinga i suoi sensi, la sua ambizione ed il suo orgoglio (LXXII, 2,8; LXXVII, 5).
538. E donde deriva che l’uomo possa volere il bene che lusinga i suoi sensi, o la sua ambizione o il suo orgoglio, in opposizione al bene di Dio, del prossimo ed al suo proprio bene?
Ciò deriva da questo, che i suoi sensi possono rivolgersi verso quello che loro piace, prevenendo o trascinando la ragione e la volontà, che non vi si oppongono quando potrebbero e dovrebbero opporvisi (LXXI,2 ad 3).
539. Dunque il principio, ed in qualche maniera la ragione, di tutti i peccati si trova per l’uomo nella ricerca illecita dei beni sensibili e temporali?
Sì; nella ricerca illecita dei beni sensibili e temporali si trova per l’uomo il principio, ed in qualche maniera la ragione, di tutti i suoi peccati.
540. Come si chiama questa tendenza a cercare in modo illecito i beni sensibili e temporali, che si trova nell’uomo?
Si chiama concupiscenza o cupidigia (LXXVII, 1-5).
Capo XII.
Del peccato originale e delle sue conseguenze, ossia delle ferite della natura umana.
541. Esisteva nell’uomo questa concupiscenza nel primo stato in cui fu creato da Dio?
No; nel primo stato in cui fu creato da Dio non esisteva nell’uomo questa concupiscenza.
542. Perché, dunque, ora si trova nell’uomo?
Si trova ora, nell’uomo perché l’uomo si trova in istato di peccato (LXXXI-LXXXIII).
543. Che cosa intendete per istato di peccato nell’uomo?
Intendo lo stato susseguente al primo peccato del primo uomo, effetto di questo primo peccato (LXXXI, 1; LXXXII, 1).
544. Perché questo stato susseguente al primo peccato del primo uomo, effetto di questo primo peccato, si trova ora in ciascuno di noi?
Tale stato si trova ora in ciascuno di noi perché abbiamo ricevuto la nostra natura dal primo uomo (LXXXI, 1).
545. Se il primo uomo non avesse peccato, avremmo da lui ricevuto la natura in un altro stato?
Sì; se il primo uomo non avesse peccato noi avremmo ricevuto da lui la natura in istato di integrità e di giustizia originale (LXXXI, 2).
546. Lo stato in cui riceviamo attualmente dal primo uomo la nostra natura è uno stato di colpa?
Sì; lo stato in cui attualmente riceviamo dal primo uomo la nostra natura è uno stato di colpa (LXXXI, 1; LXXXII, 1).
547. Perché la natura che attualmente riceviamo dal primo uomo è in istato di colpa?
Perché noi la riceviamo da lui tale quale è in ragione e come conseguenza del suo peccato (LXXXI, 1).
548. E come si chiama questo stato di colpa della natura che riceviamo dal primo uomo, come conseguenza del suo peccato?
Si chiama peccato originale (Ibid.).
549. Dunque il peccato originale si trasmette a ciascuno di noi per il fatto stesso che riceviamo da Adamo peccatore la nostra natura in tale stato?
Sì; per il fatto stesso che noi riceviamo da Adamo peccatore la nostra natura in tale stato, si trasmette a ciascuno di noi il peccato originale (Ibid.).
550. Che cosa porta seco questo stato di peccato che infetta la natura umana in ciascuno di noi, e che si chiama peccato originale?
Porta seco la privazione di tutti i doni soprannaturali o gratuiti che Dio aveva posto nella nostra natura, nella persona del primo uomo nostro padre comune (LXXXII, 1).
551. Quali erano questi doni soprannaturali o gratuiti, la privazione dei quali costituisce in noi lo stato di peccato che è il peccato originale?
Questi doni soprannaturali o gratuiti erano anzitutto la grazia santificante con le virtù soprannaturali infuse, ed i doni dello Spirito Santo; e quindi il privilegio della integrità annesso a tali doni soprannaturali.
552. Che cosa portava seco il privilegio della integrità accordato alla nostra natura?
Portava la perfetta subordinazione dei sensi alla ragione, e del corpo all’anima.
553. Che cosa risultava da questa perfetta subordinazione dei sensi alla ragione e del corpo all’anima?
Ne risultava che l’uomo non poteva avere nella parte affettiva sensibile alcun movimento disordinato; ed oltre a questo, il suo corpo era impassibile ed immortale.
554. La morte e le altre miserie corporali sono dunque l’effetto proprio del peccato?
Sì; la morte e le altre miserie corporali sono l’effetto proprio del peccato (LXXXV, 5
550. Come si chiamano le conseguenze del peccato, da parte dell’anima?
Si chiamano ferite dell’anima.
556. Potreste dirmi quali sono queste ferite dell’anima?
Sono la ignoranza, la malizia, la infermità e la concupiscenza (LXXXV, 3).
557. Che cosa intendete per ignoranza?
Intendo quello stato della intelligenza o della ragione, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale che aveva verso il vero nello stato di integrità (LXXXV, art. 3).
558. Che cosa intendete per malizia?
Intendo quello stato della volontà, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale che aveva verso il bene nello stato di integrità (LXXXV, 3).
559. Che cosa intendete per infermità?
Intendo quello stato della parte affettiva sensibile, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale verso tutto ciò che è arduo e difficile che aveva nello stato di integrità (LXXXV, 3).
360. Che cosa intendete per concupiscenza?
Intendo quello stato della parte affettiva sensibile, per il quale questa si trova privata della disposizione connaturale verso il piacere sensibile moderato dalla ragione, che aveva nello stato di integrità (LXXXV, 8).
561. Queste quattro ferite della natura sono propriamente l’effetto del primo peccato del primo uomo?
Sì; queste quattro ferite della natura sono propriamente l’effetto del primo peccato del primo uomo (LXXXV, 8).
562. Vengono esse aggravate dai peccati personali dei genitori e degli individui?
Sì; esse vengono aggravate dai peccati personali dei genitori e degli individui (LXXXV, art. 1,2).
563. Vi sono dei peccati personali aventi una influenza particolarmente malvagia, per indurre l’uomo a commettere altri peccati?
Sì; vi sono i peccati « capitali ».
564. Quali sono i peccati capitali?
Sono la «superbia», l’« avarizia » la « gola », la « lussuria », l’« accidia », l’« invidia », l’« ira ».
565. Malgrado tutte queste cause di peccato che sono nell’uomo, provenienti sia dal primo peccato del primo nomo sia dagli altri peccati commessi dai diversi uomini, dobbiamo dire che l’uomo resta libero nei suoi atti morali e non è mai necessitato a peccare?
Sì; malgrado tutte le cause di peccato che sono nell’uomo, provenienti sia dal primo peccato del primo uomo sia dagli altri peccati commessi dai diversi uomini, dobbiamo dire che l’uomo resta libero nei suoi atti morali e non è mai necessitato a peccare.
566. Che cosa ci vorrebbe perché l’uomo cessasse di essere libero nei suoi atti, per causa di tutte queste conseguenze del peccato?
Bisognerebbe che esse avessero per effetto di fargli perdere la ragione (LXXVII, 7).
567. A meno, dunque, che l’uomo non perda la ragione, resta esso sempre libero nei suoi atti, in modo che dipenda da lui di non peccare?
Sì; a meno che l’uomo non perda la ragione esso resta sempre libero nei suoi atti, dimodoché dipende da lui di non peccare.
568. Questa libertà può essere però meno piena e meno perfetta, a causa delle conseguenze del peccato, dimodoché l’uomo, anche quando pecca, sia meno colpevole?
Sì; la libertà dell’uomo è meno piena e meno perfetta per causa delle conseguenze del peccato; dimodoché l’uomo, anche quando pecca, è meno colpevole; purché le sue colpe personali non abbiano parte esse stesse in questa diminuzione della sua perfetta libertà (LXXVII, 6).
Capo XIII.
Della diversa gravità dei peccati e della pena loro dovuta.
569. Non sono dunque tutti ugualmente gravi i peccati quando l’uomo li commette?
No; non sono tutti ugualmente gravi i peccati quando l’uomo li commette.
570. Donde si rileva la maggiore o minore gravità dei peccati dell’uomo, quando questi li commette?
La maggiore o minore gravità dei peccati dell’uomo si rileva dal grado che occupa, nella scala dei beni voluti dalla ragione, quello cui il peccato attenta; e dalla più o meno larga partecipazione di atto volontario libero che si trova in tale peccato (LXXIII, 1-8).
571. Ogni peccato di per sé merita di essere punito?
Sì; ogni peccato di per sé merita di essere punito (LXXXVII, 1).
572. Perché ogni peccato di per sé merita di essere punito?
Perché ogni peccato di per sé è come una usurpazione della libera volontà sopra un dominio che non è di suo diritto; e la pena è come la restituzione fatta dalla volontà, di ciò che contro il proprio diritto aveva usurpato (LXXXVII, 1).
573. La pena del peccato è dunque questione di rigorosa giustizia?
Sì; la pena del peccato è questione di rigorosa giustizia.
574. E chi è che infligge la pena dovuta al peccato?
Una delle tre ragioni che possono intervenire nell’ordine leso dal peccato (LXXXVII, 1).
575. Quali sono queste tre ragioni che possono intervenire nell’ordine leso dal peccato?
La ragione divina sempre; la ragione della autorità umana per le cose che da essa dipendono, e la ragione del peccatore stesso, secondo il grado di responsabilità avuto nel peccato (LXXXVII, 1).
576. Come può intervenire questa ragione del peccatore stesso nella pena inflitta per il peccato?
La ragione del peccatore nella pena inflitta per il peccato può intervenire in due maniere: con i rimorsi e con la penitenza volontaria (LXXXVII, 1).
577. Come interviene la ragione della autorità umana nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?
La ragione della autorità umana nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato, interviene a modo di castigo (LXXXVII, 1).
578. E come interviene la ragione divina nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?
La ragione divina interviene in due maniere nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato; mediatamente ed immediatamente (LXXXVII, 1).
579. Che cosa intendete col dire che la ragione divina interviene mediatamente ‘nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?
Intendo che essa interviene per la mediazione stessa della ragione del peccatore, e della ragione della autorità umana (LXXXVII, 1).
580. Perché dite che la ragione divina interviene nella pena che può o deve: essere inflitta per il peccato, per la mediazione della ragione del peccatore stesso e della ragione della autorità umana?
Perché la ragione del peccatore e la ragione della autorità umana agiscono in dipendenza dalla ragione divina, e sono in qualche maniera i suoi strumenti (LXXXVII, 1).
581. Non vi è ancora un altro modo con cui la ragione divina può intervenire quasi mediatamente nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?
Sì; ed è per la mediazione delle stesse creature, ossia dell’ordine delle cose che il peccatore guasta col suo peccato (LXXXVII, 1).
582. Si può parlare in questo senso di una certa giustizia immanente?
Sì; in questo senso si può parlare di una certa giustizia immanente, per la quale le cose stesse che sono strumenti della giustizia divina, vendicano con le contrarietà che il peccatore vi incontra e che sono la conseguenza del suo peccato, il peccato da lui commesso (LXXXVII, 1),
583. Che cosa intendete col dire che la ragione divina interviene immediatamente nella pena che può o deve essere inflitta per il peccato?
Intendo l’intervento speciale e di ordine soprannaturale, con cui Dio stesso vendica le infrazioni fatte dal peccatore all’ordine soprannaturale da Lui stabilito (LXXXVII, 3-5).
584. Che cosa porta seco di particolarmente speciale l’intervento di ordine soprannaturale con cui Dio vendica da Se stesso le infrazioni fatte dal peccatore all’ordine soprannaturale da Lui stabilito?
Esso porta seco, riguardo a certi peccati, delle pene che saranno eterne (LXXXVII, art. 3, 5).
Capo XIV.
Dei peccati mortali e dei peccati veniali.
585. Quali sono i peccati ai quali Dio infligge pene eterne?
Sono i peccati mortali (LXXXVII, 3).
586. Che cosa intendete per peccati mortali?
Intendo i peccati che cagionano la morte dell’anima, facendole perdere la carità, principio della sua vita soprannaturale (LXXXVIII, 1).
587. Perché a questi peccati Dio infligge pene eterne?
Perché questi peccati, facendo perdere la vita dell’anima che Dio solo può dare, non permettono più al peccatore di riparare il suo peccato; e rimanendo sempre il peccato bisogna che anche la pena ne rimanga (ibid.).
588. Tutti i peccati che l’uomo commette sono peccati mortali?
No; non tutti i peccati che l’uomo commette sono peecati mortali (LXXXVIII, 1, 2).
589. Come si chiamano i peccati che non sono mortali?
Si chiamano peccati veniali (Ibid.).
590. Che cosa significa questa espressione: peccati «veniali »?
Significa certi peccati meno gravi che non tolgono il principio della vita soprannaturale
che è la carità ossia la grazia, e che per conseguenza possono essere riparati da un atto contrario del peccatore stesso, sotto l’azione ordinaria della grazia; ed a questo titolo la loro pena è sempre temporale: per questo si chiamano «veniali », ossia facilmente «perdonabili », dalla parola latina «venia» che significa «perdono» (LXXXVII, 1).
591. Se però i peccati veniali fossero commessi da un uomo in peccato mortale e questi morisse in tale stato, i suoi peccati veniali sarebbero puniti con una pena eterna?
Sì; per causa del suo stato, e perché non avendo la carità non avrebbe potuto riparare i suoi peccati, che dopo la morte rimangono eternamente irreparabili.
592. Donde viene che vi sono peccati mortali e veniali?
Ciò deriva dalla natura del disordine costituito da questi diversi peccati; oppure anche dalla maggiore o minore libertà da parte del soggetto che pecca (LXXXVIII, 2).
593. Che cosa intendete quando dite che ciò deriva dalla natura del disordine costituito da questi diversi peccati?
Intendo dire che vi sono dei peccati che di per se stessi si oppongono all’amore soprannaturale di Dio, principio della vita dell’anima, o sono incompatibili con questo amore; mentre altri non costituiscono che un leggero disordine accidentale, compatibile con l’amore soprannaturale di Dio esistente abitualmente nell’anima (Ibid.).
594. Quali sono i peccati che di per se stessi si oppongono direttamente all’amore soprannaturale di Dio, principio della vita dell’anima, o incompatibili con questo amore?
Sono i peccati che portano al rifiuto dell’amore soprannaturale di Dio, oppure implicano un male ed un disordine che turba essenzialmente l’ordine dell’uomo rispetto a Dio, o l’ordine degli uomini tra loro, o l’ordine dell’uomo in se stesso,
595. Potreste accennarmi qualcuno di questi peccati?
Sì; tali sono il disprezzo dell’amore soprannaturale divino; il peccato contro l’onore di Dio; i peccati di furto, di omicidio, di adulterio ed i peccati contro natura.
596. Per conoscere questi diversi peccati e la loro gravità, qual è il mezzo più sicuro e completo?
È quello di considerarli nel loro rapporto con ciascuna virtù, presa nei particolari della sua specie.
597. Avrete occasione di mostrare questo rapporto dei vizi e dei peccati con ciascuna virtù, considerata nei particolari della sua specie?
Sì; lo faremo quando avremo terminato di vedere in generale ciò che si richiede perché l’uomo possa vivere la vita delle virtù, e schivare la vita opposta dei peccati e dei vizi,
598. Che cosa resta ancora da considerare, prima di aver terminato di vedere in generale ciò che si richiede perché l’uomo possa vivere la vita delle virtù e schivare quella opposta dei vizi e dei peccati?
Restano da considerarsi gli aiuti esteriori necessari all’uomo per questo fine,
599. Quali sono gli aiuti esteriori necessari all’uomo per questo fine?
Sono la legge che lo diriga, e la grazia che lo assista nel suo cammino (XC-CXIV).