L’APOCALISSE INTERPRETATA DAL BEATO B. HOLZHAUSER (X)
INTERPRETAZIONE DELL’APOCALISSE
Che comprende LA STORIA DELLE SETTE ETÁ DELLA CHIESA CATTOLICA.
DEL VENERABILE SERVO DI DIO BARTHÉLEMY HOLZHAUSER
RESTAURATORE DELLA DISCIPLINA ECCLESIASTICA IN GERMANIA,
OPERA TRADOTTA DAL LATINO E CONTINUATA DAL CANONICO DE WUILLERET,
PARIS – LIBRAIRIE DE LOUIS VIVÈS, ÉDITEUR RUE CASSETTE, 23 – 1856
LIBRO TERZO
SUI CAPITOLI SEI E SETTE
Apertura e spiegazione dei sette sigilli; della consolazione per la Chiesa trionfante e militante delle tribolazioni passate
SEZIONE I.
SUL CAPITOLO VI.
DELL’APERTURA E DELLA SPIEGAZIONE DEI PRIMI SEI SIGILLI.
I. San Giovanni, dopo aver descritto a sufficienza la natura della Chiesa di Gesù Cristo, la costituzione universale del suo regno e la maestà che ne deriva con la rivelazione divina che gli è stata fatta, passa a descrivere in dettaglio i particolari che segnaleranno il progresso della Chiesa fino alla consumazione dei tempi. Egli enumera, per esempio, le orribili persecuzioni, le eresie, i regni dei tiranni; così come le consolazioni che la Chiesa riceverà, ciascuna a suo tempo. Tutte queste cose sono rivelate all’apertura dei sette sigilli. Ma prima di cominciare, è opportuno osservare qui: 1° Che i cavalli e coloro che li cavalcano significano, in questa descrizione, una guerra spirituale tra il regno di Cristo ed il regno di questo mondo.
2. L’apostolo raffigura quattro tipi di cavalieri, per significare che questa guerra spirituale avrà luogo nelle quattro parti del mondo. 3. Egli divide questa guerra generale in due periodi principali: a. quello dei Giudei e dei Gentili; e b. quello degli eretici e dell’Anticristo, fino alla consumazione dei tempi. La prima era è contenuta e descritta nell’apertura dei primi sei sigilli; e la seconda nel settimo ed ultimo, come dimostrerà il seguito. 4 ° Le voci dei quattro Evangelisti sono aggiunte qui come testimonianza della verità che deve essere predicata nelle quattro parti del mondo, ed è questa testimonianza che sarà l’occasione di di tutte le guerre e le persecuzioni dei tiranni.
§ 1.
Dell’apertura dei primi quattro sigilli e dei quattro cavalieri che furono mostrati a San Giovanni all’apertura di questi sigilli.
CAPITOLO VI. – VERS. 1-8 .
Et vidi quod aperuisset Agnus unum de septem sigillis, et audivi unum de quatuor animalibus, dicens tamquam vocem tonitrui: Veni, et vide. Et vidi: et ecce equus albus, et qui sedebat super illum, habebat arcum, et data est ei corona, et exivit vincens ut vinceret. Et cum aperuisset sigillum secundum, audivi secundum animal, dicens: Veni, et vide. Et exivit alius equus rufus: et qui sedebat super illum, datum est ei ut sumeret pacem de terra, et ut invicem se interficiant, et datus est ei gladius magnus. Et cum aperuisset sigillum tertium, audivi tertium animal, dicens: Veni, et vide. Et ecce equus niger: et qui sedebat super illum, habebat stateram in manu sua. Et audivi tamquam vocem in medio quatuor animalium dicentium: Bilibris tritici denario et tres bilibres hordei denario, et vinum, et oleum ne læseris. Et cum aperuisset sigillum quartum, audivi vocem quarti animalis dicentis: Veni, et vide. Et ecce equus pallidus: et qui sedebat super eum, nomen illi Mors, et infernus sequebatur eum, et data est illi potestas super quatuor partes terræ, interficere gladio, fame, et morte, et bestiis terræ.
[E vidi come l’Agnello aveva aperto uno dei sette sigilli, e sentii uno dei quattro animali che diceva con voce quasi di tuono: Vieni, e vedi. E mirai: ed ecco un caval bianco, e colui che v’era sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, e uscì vincitore per vincere. E avendo aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva: Vieni, e vedi. E uscì un altro cavallo rosso: e a colui che v’era sopra fu dato di togliere dalla terra la pace, affinché si uccidano gli uni e gli altri, e gli fu data una grande spada. E avendo aperto il terzo sigillo, udii il terzo animale che diceva: Vieni, e vedi. Ed ecco un cavallo nero: e colui che v’era sopra aveva in mano una bilancia. E udii come una voce tra i quattro animali che diceva: Una misura di grano per un denaro, e tre misure d’orzo per un denaro, e non far male al vino, né all’olio. E avendo aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni, e vedi. Ed ecco un cavallo pallido: e colui che vi era sopra ha nome la Morte, e le andava dietro l’inferno, e le fu data potestà sopra la quarta parte della terra per uccidere colla spada, colla fame, colla mortalità e colle fiere terrestri.]
I. L’apertura del primo sigillo è la spedizione bellica di Gesù Cristo, il quale, venendo in questo mondo per fargli guerra, decretò con le più giuste ragioni di sottometterlo al suo potere e di piegare sotto il giogo della fede tutti i suoi nemici. L’esercito che inviò in tutto il mondo a questo scopo era composto dai dodici Apostoli e dall’assemblea di tutti i fedeli. Perciò San Giovanni dice:
Vers. 1. – E vidi, nell’immaginazione e nello spirito, che l’Agnello aveva aperto ed eseguito l’uno, il primo ed il principale dei sette sigilli, secondo la volontà del Padre suo, che ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, fatto uomo, e lo costituì Re dell’universo. Ma poiché né i Giudei né i Gentili lo avrebbero ammesso, Cristo fu obbligato a prendere l’offensiva e a fare la guerra contro di loro con il suo esercito, per poter entrare nel suo regno e nella sua gloria. Ed io intesi, ancora in immaginazione e in spirito, l’uno, il primo, dei quattro animali, cioè dei quattro Evangelisti; e cioè, San Matteo, che dice nello stesso capitolo in cui descrive la terribile guerra che Gesù Cristo conduceva contro il mondo: « Ecco, io vi invio come pecore in mezzo ai lupi. » E udii una dei quattro animali che diceva come con voce di tuono: in effetti San Matteo, il primo testimone della verità evangelica, annuncia a gran voce la terribile guerra che seguirà la predicazione del Vangelo, … dicendo: Vieni e vedi. Questo è un modo di parlare per attirare l’attenzione di qualcuno su qualcosa. Ho guardato, in spirito e nell’immaginazione.
Vers. 2. – E vidi un cavallo bianco. E colui che vi sedeva sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, ed egli uscì vittorioso per conquistare.
II. Questo testo descrive il generale in capo di questo esercito e il suo potere e la sua forza. E ho visto un cavallo bianco. Questo cavallo è l’assemblea degli Apostoli e dei discepoli di Cristo. Si dice che sia bianco per metafora, a causa del candore, della purezza, della verità, della semplicità e della santità del suo esercito. Perché come il cavallo bianco deriva il suo nome e colore dal candore dei suoi crini, così i Santi ottengono la loro santità, il candore della loro purezza, dalla grazia santificante. Sono paragonati ad un cavallo, a causa della forza e della velocità con cui hanno viaggiato in tutto il mondo in un tempo molto breve ed hanno predicato il Vangelo ed il nome di Nostro Signore Gesù Cristo. Queste parole si applicano a Cristo, che è il grande Condottiero di questa guerra, e che è rappresentato come seduto sopra i suoi, che dirige con il freno del timore del Signore, e sprona con gli stimoli dell’amore per Dio e per il prossimo, e con l’aiuto della sua santa Grazia, di cui gli Apostoli e gli altri discepoli della Chiesa primitiva erano abbondantemente forniti. L’arco designa la virtù e le armi con cui Cristo doveva combattere i suoi nemici. Queste armi sono la predicazione ed i miracoli. Infatti Cristo dirigeva la predicazione degli Apostoli come l’arco dirige la freccia verso la sua meta, Marco, XVI, 20: « Essi partirono e predicarono ovunque, il Signore operava con loro e confermava la sua parola con i miracoli che l’accompagnavano. » L’efficacia e la potenza invincibile della parola è espressa di nuovo nella Lettera agli Ebrei, IV, 12: « La parola di Dio è viva ed efficace, e più penetrante di una spada a doppio taglio. » E gli fu data una corona, che significa il potere regale, perché a Cristo è stato dato tutto il potere in cielo e in terra. Gesù Cristo è dunque il Re dei re, il Signore dei dominatori, ed ha ricevuto da suo Padre la corona del regno eterno, la corona della vittoria che ha ottenuto, nella sua risurrezione e ascensione, su tutti i re, sui tiranni di questo mondo e su tutte le potenze infernali. E uscì su quel cavallo bianco con i suoi Apostoli e discepoli, per andare attraverso il mondo come un conquistatore, e per sottomettere i suoi avversari. Si recò prima in Giudea, dove in un giorno il suo Apostolo San Pietro convertì tremila uomini, (Act. II), e in un altro giorno cinquemila, (Atti IV), … Egli partì … per conquistare il mondo intero, portando i governanti delle nazioni sotto il suo dominio e sotto il giogo della fede. Perché in breve tempo, attraverso la predicazione degli Apostoli e degli altri discepoli il Signore « che agiva con loro e confermava la sua parola con i miracoli che l’accompagnavano », il Vangelo fu predicato e la fede cattolica si diffuse fino alle estremità della terra, già durante la vita di San Pietro, come si vede nella storia e negli Atti degli Apostoli, e come è annunciato nel libro dei Salmi, (XVIII, 4): « Il suo splendore si diffuse in tutto l’universo; risuonò fino ai confini della terra. »
Vers. 3 e 4. – E quando ebbe aperto il secondo sigillo, sentii il secondo animale dire: “Vieni e vedi”. E subito uscì un altro cavallo rosso; e fu dato a colui che lo cavalcava di bandire la pace dalla terra e di consegnare gli uomini alla spada gli uni degli altri; e gli fu data una grande spada. Con queste parole, l’Apostolo descrive il primo ed e uno dei più terribili tiranni della Chiesa, Domiziano Nerone, che osò, su istigazione di satana, fare guerra agli Apostoli ed attaccare i Cristiani, che sono l’armata di Gesù Cristo. Questo crudele nemico diede alle fiamme, nel buio della notte, gran parte della città di Roma per il piacere di rappresentare l’incendio di Troia. Egli approfittò di questa occasione per accusare i cristiani di Roma, ed eccitare contro di loro la prima persecuzione, che infuriò soprattutto nella città. Il suo odio arrivava al punto di servirsi come giocattoli delle vittime che cadevano. Li si vestiva con pelli di animali, per eccitare la furia dei cani contro di essi; o li si crocifiggeva, venivano cosparsi di pece per servirsene come torce notturne. Il nutmero di Cristiani stati bruciati in questa persecuzione, fu così grande che era impossibile per loro essere salvati. Il numero di Cristiani bruciati in questa persecuzione fu così grande che il grasso umano ne lasciava traccia scorrendo nell’arena degli anfiteatri. Questo crudele tiranno fece morire San Pietro, San Paolo, Seneca, il suo precettore, e non risparmiò nemmeno sua madre, né sua moglie, né suo fratello e le sue sorelle. L’Apostolo, quindi, applica giustamente a lui la descrizione data sopra. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, io intesi il secondo animale che diceva: “vieni e vedi”. Questo secondo animale è San Luca, che qui testimonia la verità dei santi martiri che Nerone fece sgozzare; infatti, è stato detto sopra che questo animale era come un vitello, poiché il suo Vangelo inizia con il sacerdozio, per cui i vitelli venivano sacrificati come ostia gradita al Signore Dio. E così i giusti ed i Cristiani furono sacrificati dagli empi, e il loro sangue e la loro morte furono un sacrificio molto gradito a Dio Padre, attraverso il suo Figlio Gesù, che fu immolato per tutti noi.
III. Vers. 4. – E subito uscì un altro cavallo rosso. Questo cavallo è il popolo romano sotto Domiziano-Nerone. È chiamato propriamente rosso a causa dell’incendio della città di Roma e del rogo di tanti Cristiani; inoltre, a causa dello spargimento del loro sangue, come è stato detto sopra. E fu dato a colui che vi sedeva sopra, cioè Dio permise all’imperatore Nerone, che sedeva a Roma nell’anno 53, di essere così crudele con i Cristiani. È nello stesso senso che Gesù Cristo disse a Pilato, (Jo. XIX, 11): « Tu non avresti alcun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. » – E fu dato a colui che lo montava di bandire la pace dalla terra, 1° nei confronti dei Cristiani che egli aveva perseguitato e messo in fuga. soprattutto a Roma ed ancora altrove. 2°. Anche a quanto riguardo del suo impero, che era turbato da malefici, crudeltà, carneficine e cieca tirannia. Per questo si dice di lui che ha bandì la pace della terra che Ottaviano Augusto aveva dato a tutto l’universo. E per consegnare gli uomini alla spada, gli uni degli altri. Questo si verificò in occasione della sua perfidia. Nerone fu assassinato, Sergio Galba, il maggiore, usurpò l’impero ed adottò come figlio Pisone il Giovane, di costumi corrotti, che designò come suo successore. Quest’ultimo fu ucciso nel foro dai soldati del fazioso Ottone. Tre mesi dopo, lo stesso Ottone, sconfitto dall’esercito di Vitellio, si diede la morte da sé. E l’anno non è ancora finito che Vitellio, sconfitto in tre battaglie combattute a Roma dai partigiani di Vespasiano, fu trascinato nudo per le strade della città, sgozzato e infine gettato nel Tevere. E gli si diede una grande spada, cioè il potere di uccidere i Cristiani. infatti Nerone fu il primo degli imperatori romani a sollevare la persecuzione contro la Chiesa, e ad uccidere i principali Apostoli, Pietro e Paolo, e un gran numero di Cristiani sia nella città che in tutto l’impero.
IV . Vers. 5. – Quando ebbe levato il terzo sigillo, udii il terzo animale dire: “Vieni e vedi”; ed ecco un cavallo nero, e colui che vi sedeva sopra aveva in mano una bilancia.
Vers. 6. E udii una voce come di mezzo ai quattro animali, che diceva: Una misura di frumento è venduta per una dracma, e tre misure d’orzo per una dracma. Non rovinate il vino e l’olio. – Queste parole descrivono il sacco della città di Gerusalemme e lo sterminio della sinagoga dei Giudei, che doveva avvenire per adempiere la parola di Cristo. (Matth. XXIII e Lc. XIII). Quando ebbe sollevato il terzo sigillo, udii il terzo animale dire: “Vieni e vedi”. – Con questo terzo animale si intende l’evangelista San Marco, che è stato paragonato sopra ad un leone, perché il suo Vangelo inizia con la predicazione della penitenza di San Giovanni Battista ai Giudei, che rigettarono la sua parola come rifiutarono quella di Gesù Cristo stesso. È dunque per una giusta conseguenza della durezza dei loro cuori che Cristo rivela qui a San Giovanni questo castigo e lo sterminio della nazione e della sinagoga dei Giudei. Ed ecco un cavallo nero. Questo cavallo nero è la città di Gerusalemme con i suoi abitanti. È nero: 1° a causa della cecità dei Giudei e della sinagoga, che uccisero il nostro Signore Gesù Cristo, rifiutarono di credere nella sua divinità e resistettero allo Spirito Santo, anche dopo aver assistito alla risurrezione del Salvatore. 2°. Questo cavallo è nero a causa della carestia inaudita che, secondo il rapporto dello storico giudeo Giuseppe, uccise fino a 1.100.000 anime a Gerusalemme. Tito, figlio di Vespasiano, bloccò la città e la circondò con un muro di quaranta stadi (5.000 passi, circa due leghe), e costruì tredici forti fuori dalle mura, ognuno di 1.250 passi di circonferenza, per ridurre più facilmente gli abitanti. Quest’opera immensa fu terminata in tre giorni, cioè con una velocità ben al di là delle forze umane, in modo che la parola di Cristo potesse compiersi. (Luca, XIX, 43): « Poiché i giorni verranno su di te, ed i tuoi nemici ti circonderanno di mura, e ti chiuderanno dentro, e ti schiacceranno da ogni parte. E ti getteranno a terra, te ed i tuoi figli che sono in te, e non lasceranno in te pietra su pietra. » – Questo è ciò che si adempì alla lettera, quando Tito rivoltò la città di Gerusalemme da cima a fondo e la occupò. E colui che lo montava fu Flavio Vespasiano, che salì sul trono dell’impero nell’anno di Gesù Cristo 69. Fu suo figlio ad assediare la città ed a portare la città e tutta la nazione giudaica sotto il suo potere nell’anno 79. … e aveva in mano una bilancia. Era la bilancia della giustizia divina, di cui era l’esecutore. Perché fu per ordine di Dio che questo figlio di Vespasiano distrusse miseramente la nazione giudaica con la carestia, con la spada e con la cattività, per punirli della loro incredibile malizia e crudeltà, e per vendicare la morte di Gesù Cristo. (Luca, XIX, 44). – Questa vendetta non era, infatti, lo scopo di Tito e del suo esercito, perché essi rovinassero questa nazione perché si era ribellata all’impero romano, come vediamo nella storia di Giuseppe, (De bello Jud.). Perciò il testo dice: Aveva una bilancia in mano, non nella sua mente o nella sua intenzione e volontà. Perché lui era solo lo strumento della giustizia divina, che usava la mano di Tito per eseguire i suoi decreti. E udii una voce come dal mezzo dei quattro animali, che diceva, ecc. Queste parole contengono la sentenza di condanna pronunciata dalla giustizia divina contro il popolo giudaico, a causa del suo unico senza pari. – Ed ho sentito una voce, la voce della giustizia divina, come dal mezzo dei quattro animali, bestie, cioè dal trono di Dio, attorno al quale vi sono i quattro animali, sia nel regno militante che nel regno trionfante di Cristo. E udii una voce come dal mezzo dei quattro animali, cioè i quattro animali pronunciarono questa sentenza di giustizia divina, nella loro illustre veste di arcicancellieri del regno di Gesù Cristo. Queste parole mostrano anche che Tito, in ciò che fece contro i Giudei, era solo l’esecutore della vendetta divina: perché è da Dio solo che viene la punizione dei crimini. (Amos, III, 6): « Si farà forse del male nella città, che non l’abbia fatto il Signore? » – Una misura di grano è venduta per una dracma, e tre misure di orzo per una dracma. Per comprendere queste parole, dobbiamo notare ciò che Ugo di Firenze dice sulla fine della guerra romana contro i Giudei: « I romani, stanchi finalmente di tanta carneficina, cercarono di vendere i loro prigionieri come schiavi. Ma, poiché c’erano molti più venditori che compratori, si videro presentare spesso casi in cui si consegnavano fino a trenta schiavi Giudei per un pezzo d’argento. I Giudei avevano comprato il loro Padrone per trenta denari. Così, invece, ed al contrario, se ne vendettero fino a ben trenta per un solo denaro ». – 2°. Bisogna anche notare che la parola del testo latino bilibris è composta da bis, due, e libra, libbre, cioè due libbre che compongono un denaro. – 3 ° Infine, si deve sapere che cinque Giudei designano un libro, perché i cinque libri di Mosè furono accettati da tutti i Giudei e da ciascuno di loro in particolare. Gli altri libri, chiamati Sadducei, non sono accettati dai Giudei. – 4°. Il grano significa il più potente, il più abile e il più nobile dei Giudei; l’orzo, invece, che è un tipo di grano inferiore, indica la classe bassa di questo popolo. – 5 ° Con il vino e con l’olio, che il testo raccomanda di non alterare, intendiamo i Cristiani che furono effettivamente risparmiati dall’esercito di Tito. Infatti, prima dell’assedio di Gerusalemme, i Cristiani che erano in città e in Giudea furono avvertiti da un Angelo e attraversarono il Giordano per rifugiarsi nella città di Pella, che faceva parte del regno di Agrippa, alleato dei Romani. Inoltre, il vino significa metaforicamente la carità verso Dio, e l’olio, la carità verso il prossimo. Da tutto quello che si è appena detto, si può capire questo passaggio: La misura di grano, cioè dieci tra principali dei Giudei, è venduta per una dracma, e tre misure d’orzo, cioè trenta persone del basso popolo, una dracma. Non rovinare il vino e l’olio, cioè i Cristiani dovevano essere perseverati.
V. Vers. 7. – Quando ebbe sollevato il quarto sigillo, udii la voce della quarta bestia che diceva: “Vieni, e vedi”.
Vers. 8. – Ed ecco un cavallo pallido, e colui che lo cavalcava si chiamava Morte, e l’inferno lo seguiva, e gli fu dato il potere sulle quattro parti della terra di uccidere gli uomini con la spada, con la carestia, la mortalità e le bestie selvatiche. – Dopo che la nazione giudaica, acerrima nemica di Gesù Cristo e di tutti i Cristiani, fu sconfitta e distrutta, Domiziano sollevò la seconda persecuzione generale e scatenò una guerra crudele contro il Cristianesimo. Quando ebbe tolto il quarto sigillo, sentii la voce del quarto animale che diceva: “Vieni e vedi”. Questa è la persona stessa di San Giovanni Evangelista, considerata in particolare, come occupante il quarto posto di onore e dignità nel regno militante e trionfante di Cristo, e come confermante, con la sua testimonianza la verità del Vangelo. Ed ecco un cavallo pallido. È il popolo romano che è pallido per la paura del tiranno Domiziano, un principe crudele e avido. Questo imperatore spinse la sua furia fino a farsi chiamare Dio. Inoltre, mandò in esilio o fece massacrare un gran numero di senatori e nobili, imputando loro dei crimini per impadronirsi dei loro beni. Di conseguenza, tutto il resto del popolo, sia a Roma che nelle province, concepì il più grande timore di essere trattato nello stesso modo. Ora, siccome la paura produce il pallore, qui si dice veramente che il popolo romano di allora assomigliava a un cavallo pallido. E colui che la cavalcò, l’imperatore Domiziano, che fu elevato all’impero nell’anno di Gesù Cristo 81, fu chiamato Morte: 1°. Perché, come è stato detto, fece massacrare un gran numero di innocenti, soprattutto Cristiani, contro i quali sollevò la seconda persecuzione, che può essere considerata una continuazione e conseguenza di quella di Nerone. 2°. Perché gli fu teso un agguato e fu ucciso egli stesso dal liberto del console Clemente, che egli aveva condannato con il pretesto di empietà; e così scomparve e la sua stessa memoria fu cancellata. E l’inferno lo seguiva. Cioè, essendo morto nella sua empietà in modo improvviso e imprevisto, questo disgraziato fu gettato nelle voragini dell’inferno. E gli fu dato il potere sulle quattro parti della terra, in cui si estendeva allora l’Impero Romano, di uccidere gli uomini con la spada, con la carestia, con la moria e con le bestie selvatiche. Queste parole mostrano la crudeltà di questa persecuzione attraverso la varietà dei tormenti ed i vari tipi di morte che l’accompagnavano. Questo tiranno fece morire gli uomini. 1°. Con la spada. Fu per suo ordine, infatti, che un gran numero di Cristiani morirono di spada in tutte le parti del suo impero. 2° Con la fame, poiché molti morirono in prigione, divorati dalla fame. 3° con la mortalità. Queste parole designano in generale i diversi supplizi che si inflissero ai Cristiani per metterli a morte: li si impiccava, si affogavano, venivano bruciati e soffocati. 4°. E con le bestie selvatiche, cioè si dilettarono in quel particolare tipo di tormento che consisteva nell’esporre i Cristiani per scherno e per divertimento ad essere divorati dalle bestie feroci. Basta leggere, per esserne convinti, le storie ecclesiastiche, il martirologio e le vite dei Santi.
§ II.
Sull’apertura del quinto sigillo.
CAPITOLO VI. – VERSETTI 9-11.
Et cum aperuisset sigillum quintum, vidi subtus altare animas interfectorum propter verbum Dei, et propter testimonium, quod habebant: et clamabant voce magna, dicentes: Usquequo Domine (sanctus et verus), non judicas, et non vindicas sanguinem nostrum de iis qui habitant in terra? Et datæ sunt illis singulae stolae albæ: et dictum est illis ut requiescerent adhuc tempus modicum donec compleantur conservi eorum, et fratres eorum, qui interficiendi sunt sicut et illi.
[E avendo aperto il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che avevano, e gridavano ad alta voce, dicendo: Fino a quando. Signore santo e verace, non fai giudizio, e non vendichi il nostro sangue sopra coloro che abitano la terra? E fu data ad essi una stola bianca per uno: e fu detto loro che si dian pace ancor per un poco di tempo sino a tanto che sia compito il numero dei loro conservi e fratelli, i quali debbono essere com’essi trucidati.]
Vers. 9. – All’apertura del quinto sigillo ho visto sotto l’altare le anime di coloro che hanno dato la loro vita per la parola di Dio e per renderne testimonianza.
Vers. 10. E tutti gridarono a gran voce, dicendo: “O Signore, che sei santo e verace, fino a quando tarderai a giudicare e a vendicare il nostro sangue su coloro che abitano sulla terra?
Vers. 11. – E a ciascuno di loro fu data una veste bianca. E fu detto loro di riposare ancora un po’, finché il numero di coloro che servivano Dio come loro fosse completato, così come il numero dei loro fratelli che dovevano soffrire la morte come loro. – All’apertura del quinto sigillo, vediamo la continuazione delle persecuzioni contro i Cristiani, persecuzioni che continuarono dall’imperatore Traiano a Diocleziano, cioè per lo spazio di duecento anni. Infatti, nell’anno 98 d.C. Ulpio Traiano, di origine spagnola, sollevò la terza persecuzione contro la Chiesa di Cristo. Questo principe immaginava di aver ottenuto il suo trono da Giove stesso, che aveva sempre venerato con grande pietà; e siccome era pure molto superstizioso nel culto degli idoli, fu il primo a richiamare l’antica religione alla memoria del senato, facendosi un dovere di preservarla. il primo a ricordare al senato l’antica religione e a farne un dovere di conservazione, perché a quel tempo, secondo Giovenale e Plutarco, i Cristiani si stavano moltiplicando in tutto il mondo e gli idoli stavano cadendo nell’oblio e nel disprezzo, le vittime non trovavano più compratori e la maggior parte degli oracoli erano diventati muti. Questo è ciò che diede origine alla terza persecuzione dei Cristiani. La Chiesa, tuttavia, godette di un momento di riposo sotto Adriano ed Antonino Pio, che non emise alcun editto contro di essa. Ma nell’anno di Cristo 161, Marco Aurelio Antonio, salito al trono, scatenò una nuova tempesta contro il Cristianesimo, e questa quarta persecuzione portò via Policarpo, Giustino ed un numero considerevole di fedeli. Sotto i principi Commodo, Antonio, Elio, Pertinace e Tito Giuliano, la Chiesa fu di nuovo in pace per un periodo, fino al regno di Settimio Severo, nell’anno 193. Allora iniziò la quinta persecuzione, in cui morì, tra gli altri, Sant’Ireneo. Questo tiranno era così terribile che molti fedeli lo consideravano l’Anticristo. Antonio Bassanio Caracalla, Macrino, Heliogabalo e Marco Aurelio Severo non esercitarono alcuna nuova ostilità. L’autore della sesta persecuzione fu Giulio Massimiano. Questa venne attribuita alla grande gelosia di questo principe contro la famiglia alessandrina, diversi membri della quale professavano la fede di Gesù Cristo. Egli salì al trono nell’anno 235. Decio, un altro acerrimo nemico dei Cristiani, iniziò a regnare nell’anno 249, e fu l’autore della settima persecuzione. Dio la permise a causa del lassismo della disciplina ecclesiastica. Questo è chiaramente dimostrato da San Cipriano, un testimone oculare, nella sua opera Liber de lapsis, quando dice: « Sono venuti i tormenti, tormenti infiniti senza via d’uscita, che non procurano il sollievo della morte. Supplizi che non conducono facilmente alla corona di gloria, ma che fanno gemere le vittime fino a indebolirle, tranne alcune che Dio, nella sua misericordia, si degna di chiamare alla gloria eterna con una morte più rapida della tortura. » Gregorio di Nissa, il taumaturgo, dice anche: « Il potere civile non ha omesso alcun mezzo, né pubblico né privato, per catturare i fedeli e punire coloro che praticavano le massime della fede. – Si metteva tutto in opera, il terrore delle minacce, e l’infinita varietà dei supplizi: la spada, il fuoco, i pozzi, gli strumenti e i dispositivi per strappare le membra, le sedie di ferro arroventate dal fuoco, i cavalletti, gli artigli di ferro, ed altri innumerevoli tormenti venivano costantemente escogitati per terrorizzare gli uomini, ancor prima di essere messi alla prova. L’unica preoccupazione di coloro che esercitavano il loro potere in questo modo era che non si potesse superare la loro raffinatezza e scelleraggine. Gli uni si facevano denunciatori, altri giudici ed altri ancora inquisitori di coloro che fuggivano. Questi tiranni gettano occhi bramosi sui beni dei fedeli per impadronirsene; oppure perseguivano, con un pretesto di pietà e religione, quelli che abbracciavano la fede. » – Un gran numero di Cristiani furono costretti ad abbandonare la loro patria ed a ritirarsi nelle solitudini delle montagne e nelle regioni deserte. Tra questi, viene menzionato Paolo, il principe degli anacoreti. Inoltre, molti di questi sventurati rinunciarono alla fede in questa persecuzione, alcuni sacrificando pubblicamente agli idoli, ed altri, pur senza rinnegare direttamente la religione, accettarono i libelli per debolezza (Certificati per mezzo dei quali alcuni Cristiani si ripararono mettevano al riparo dalle persecuzioni) dai prefetti e dagli impiegati civili, per non essere costretti a sacrificare pubblicamente agli dei. Nell’anno 254, Licinio Valerio divenne imperatore e, seguendo il consiglio di un mago d’Egitto, ordinò l’ottava persecuzione, in cui morì San Cipriano, vescovo di Cartagine. Questa persecuzione fu così grave che Dionigi di Alessandria (Apud Eusebium, Hist. 1. 7, c. 9.) credeva che il più terribile dei tempi fosse arrivato, e che la profezia sull’anticristo, contenuta nell’Apocalisse di San Giovanni, si fosse avverata in Valerio. La nona persecuzione ebbe luogo sotto Galliano nell’anno 262. – Varie calamità, tuttavia, lo costrinsero a rallentare la sua furia. Ma questa persecuzione fu riaccesa nell’anno 272 da Valerio Aureliano, che la continuò. Ci furono molti altri imperatori intermedi che regnarono tra di questi tiranni, e sotto i quali molti Cristiani ottennero la corona del martirio; ma sono da distinguere da quelli che abbiamo menzionato, perché attaccarono e perseguitarono più che altro la Chiesa con gli editti che emanarono o rinnovarono, mentre quelli non lo facevano. Questo era il volto della Chiesa, che per un lasso di trecento anni nuotò continuamente nel sangue dei suoi martiri, e questo, per un sorprendente permesso di Dio contro i suoi amici ed il suo Sposo che gli è sì caro. Queste persecuzioni ci spiegano quel grande grido e stupore dei santi di Dio sotto l’altare, di cui si parla nel seguito.
Vers. 9 – All’apertura del quinto sigillo, cioè di queste persecuzioni quasi continue, ho visto, in immaginazione e in spirito, sotto l’altare, le anime di coloro che hanno dato la loro vita, cioè le anime dei martiri, i cui corpi giacevano sotto l’altare. È un modo di parlare che troviamo in Esodo (I, 5): « Tutte le anime (cioè tutti gli uomini) che sono nati da Giacobbe, ecc. » Sotto il regno di questi tiranni non c’erano chiese o altari fissi, ma altari di legno che venivano eretti in luoghi segreti, soprattutto nelle cripte dei martiri, dove venivano deposti i loro corpi. Ecco perché l’Apostolo dice di aver visto, sotto l’altare, le anime di coloro che avevano dato la loro vita per la parola di Dio. Queste parole si applicano ai dottori che hanno subito il martirio per la predicazione della parola di Dio e per averne dato testimonianza. Lo stesso si dice dei semplici fedeli che furono sacrificati, perché, lungi dal voler rinnegare Gesù Cristo, proclamavano a gran voce di credere in Lui.
Vers. 10. – E tutti gridarono con un grande urlo, dicendo, ecc. Queste parole devono essere interpretate moralmente, come è detto in Genesi, IV, 10: « La voce del sangue di tuo fratello grida dalla terra a me. » Ora, la voce del sangue innocente dei martiri grida al Signore ancora più forte, perché la persecuzione ed il potere degli empi era più generale, più crudele e più lungo. Tutti questi martiri gridavano forte, dicendo: “Signore, che sei santo e verace, fino a quando ritarderai?” Cioè, fino a quando tu, Signore, che sei santo e verace, che sei giusto, che vedi l’iniquità degli empi, permetterai che gli innocenti siano puniti? Queste parole esprimono grande stupore che Dio permetta che la sua amata e santa Chiesa nuoti nel sangue di così tanti martiri per tre secoli, mentre gli empi trionfano. Questo stato dei santi dovrebbe insegnarci a soffrire per il nome di Gesù; e questo passaggio ci mostra che Dio non mostra sempre il suo amore in questo mondo con consolazioni e prosperità, ma spesso, al contrario, con tribolazioni, persecuzioni e il disprezzo degli uomini. Signore, che sei santo e verace, fino a quando ritarderai a giudicare e a vendicare il nostro sangue su coloro che abitano sulla terra? cioè sui tiranni ed i loro ministri che governano il mondo.
Vers. 11. – E a ciascuno di loro fu data una veste bianca. Queste vesti bianche significano la gloria celeste che fu data ad ogni martire e santo, secondo la misura dei loro meriti. Ecco perché è detto nel testo che una veste bianca fu data a ciascuno, cioè la gloria eterna a ciascun martire in particolare. Fu detto loro di riposare ancora un po’, finché il numero di coloro che servivano Dio come loro non fosse stato completato, così come il numero dei loro fratelli che dovevano soffrire la morte come loro. – Con queste parole, Dio consola la sua Chiesa, di cui i santi martiri erano i rappresentanti, appellandosi e rivendicando la giustizia divina, e le promette il riposo, che la Chiesa ha effettivamente ottenuto poi sotto Costantino il Grande. È fu detto loro, cioè che questi martiri hanno ricevettero una risposta divina. 1° Riguardo alla Chiesa militante, fu detto loro di essere pazienti e di sottomettersi alla volontà divina, che si è compiaciuta da tutta l’eternità di permettere queste persecuzioni per la maggior gloria dei suoi servi. Inoltre, è stato detto loro, di aspettare ancora un po’, fino all’ultima persecuzione, che fu la più crudele di tutte, e che fu sollevata da Diocleziano e Massimiano, come vedremo più avanti. Fino a quando il numero di coloro che hanno servito Dio come loro, così come il numero dei loro fratelli, cioè, fino a quando il numero degli altri martiri che avevano servito Dio come loro nel ministero di Cristo, e dei loro fratelli nell’amore di Gesù Cristo, e che dovevano soffrire la morte al tempo di Diocleziano, nell’ultima delle dieci principali persecuzioni, così come pure quelli che furono sacrificati nelle persecuzioni precedenti, fosse stato completato. 2º Questi martiri hanno ricevuto una risposta divina sulla Chiesa trionfante. Fu detto loro che dovevano riposare, che i loro corpi dovevano rimanere nei loro sepolcri ancora per un po’, fino al giorno dell’ultimo giudizio. Un po’ più a lungo, vale a dire che questo tempo è breve rispetto all’eternità. (I Giov. 2,18): « Figlioli, questa è l’ultima ora. » È allora che questi martiri risorgeranno con corpi gloriosi e riceveranno la seconda veste, che è la gloria del corpo. Fu detto loro di riposare ancora un po’, fino a quando il numero di coloro che servivano Dio come loro fosse completato, così come il numero dei loro fratelli che dovevano soffrire la morte, cioè fino alla consumazione dei secoli, in modo che tutti fossero sacrificati come loro per il nome di Gesù Cristo.
§ III.
L’apertura del sesto sigillo.
CAPITOLO VI. – VERSETTI 12-17.
Et vidi cum aperuisset sigillum sextum: et ecce terraemotus magnus factus est, et sol factus est niger tamquam saccus cilicinus: et luna tota facta est sicut sanguis: … et stellæ de cælo ceciderunt super terram, sicut ficus emittit grossos suos cum a vento magno movetur: … et cælum recessit sicut liber involutus: et omnis mons, et insulæ de locis suis motæ sunt: … et reges terræ, et principes, et tribuni, et divites, et fortes, et omnis servus, et liber absconderunt se in speluncis, et in petris montium: … et dicunt montibus, et petris: Cadite super nos, et abscondite nos a facie sedentis super thronum, et ab ira Agni: … quoniam venit dies magnus irae ipsorum: et quis poterit stare?
[E vidi, aperto che ebbe il sesto sigillo: ed ecco si fece un gran terremoto, e il sole diventò nero, come un sacco di pelo: e la luna diventò tutta come sangue: “e le stelle del cielo caddero sulla terra, come il fico lascia cadere i suoi fichi acerbi quand’è scosso da gran vento. E il cielo si ritirò come un libro che si ravvolge, e tutti i monti e le isole furono smosse dalla sede: e i re della terra, e i principi, e i tribuni, e i ricchi, e i potenti, e tutti quanti servi e liberi si nascosero nelle spelonche e nei massi delle montagne: e dicono alle montagne ed ai massi: Cadete sopra di noi, e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello: perocchè è venuto il gran giorno della loro ira: e chi potrà reggervi?].
I. Vers. 12 . E vidi, quando il sesto sigillo fu aperto, che ci fu un grande terremoto, e il sole divenne nero come i capelli, e tutta la luna divenne come il sangue. All’apertura di questo sesto sigillo, l’Apostolo descrive la decima e ultima persecuzione, istigata da Diocleziano e dal suo collega Massimiano, nell’anno di Gesù Cristo 303. San Giovanni ne fa l’oggetto di un sigillo separato, perché fu la più crudele, la più lunga persecuzione, e fu l’ultima. Essa durò dodici anni, fino all’impero di Costantino il Grande, che sconfisse Massenzio. Lo storico Sulpicio la descrive in questi termini: « Quasi tutta la terra fu cosparsa del sangue dei martiri in questa orribile tempesta. I fedeli cercarono allora questa morte gloriosa con più foga di quanto non facciano ora per i vescovadi, con deplorevoli intrighi. Mai guerra ha stancato di più il mondo, mai abbiamo ottenuto un trionfo più brillante, ed è quello che non siamo stati sconfitti in dieci anni di massacri. Per quanto riguarda il numero di vittime cadute in questo terribile disastro, se il resto della sua durata può essere giudicato dal quadro di un solo mese, il numero di martiri salirebbe senza dubbio a una cifra esorbitante; infatti è riportato nel libro dei Pontefici romani che in soli trenta giorni perirono ben 17.000 Cristiani. Ed è tutt’altro che certo che questo furore sia diminuito in seguito, perché, al contrario, non faceva che aumentare di giorno in giorno con i nuovi editti che apparivano. Si sa che solo in Egitto, al tempo di Diocleziano, 144.000 persone furono messe a morte e 72.000 mandate in esilio. In tutte le altre province prevalse lo stesso furore, tranne forse in quelle governate da Costanzo Cloro, padre di Costantino il Grande, che, sebbene pagano, trattò le sue province con meno rigore. Nessuno poteva vendere o comprare prima di aver bruciato incenso davanti agli idoli posti nelle varie località. C’erano agenti nelle isole, nei porti e nei villaggi, per impedire la fornitura di farina o acqua a tutti coloro che non volevano sacrificare agli dei. » (Vide Baron). – Di tutte le persecuzioni, la più grande fu quella in cui si bruciarono tutti i libri che si potevano ottenere, costringendo i Cristiani a consegnarli. Quelli di loro che erano spaventati dall’atrocità delle torture e rinunciavano ai loro libri erano chiamati traditori. Il numero di essi era considerevole. Ma era infinitamente più grande, il numero di quelli che preferirono la morte più crudele a questo tradimento. La Chiesa Cattolica celebra una festa in onore di questi il 2 gennaio di ogni anno, sotto il titolo: Commemorazione a Roma di un gran numero di santi martiri che, disprezzando l’editto dell’imperatore Diocleziano, con il quale si ingiungeva loro di consegnare i sacri canoni, preferirono consegnare i loro corpi ai carnefici, piuttosto che gettare le cose sacre ai cani. – In mezzo a tante atrocità, molti Cristiani fuggirono verso i barbari, dove furono accolti con benevolenza, anche se ne divennero schiavi. I loro padroni tollerarono almeno il loro libero esercizio della religione. Si veda l’editto di Costantino a favore dei Cristiani, in Eusebio, 1. II, 15 (Vide Baron.). – Poiché gli imperatori erano determinati a far scomparire completamente la Religione cristiana, pensarono che fosse necessario iniziare dai loro stessi soldati, per evitare che, nel far rispettare i loro editti in tutto l’impero, ci fossero Cristiani armati a resistere. – Fu in questa occasione che l’intera Legione Tebana, comandata da San Maurizio, fu massacrata dai soldati dell’imperatore. Una notte di Natale, 20.000 Cristiani furono bruciati nei loro templi. Tra questi santi martiri si nomina San Marcellino, Papa, San Sebastiano, Serena, la moglie di Diocleziano, e i santi Luciano, Vincenzo, Cristoforo, Biagio, Gervasio, Protasio, Cosma e Damiano, Quirino, Gorgone, Agnese, Lucia, Pantaleone, Bonifacio, Metodio, Clemente, Augrano, Eufemia, Giorgio, Barbara, e un numero infinito di altri. Le chiese furono distrutte e devastate in tutto il mondo; i Cristiani di tutti i ranghi furono massacrati, così che in molte province non si poté trovare alcuna traccia della fede di Cristo. Fu ordinato che il giorno della Pasqua o della resurrezione di Nostro Signore, tutti i Cristiani fossero messi a morte e le loro chiese devastate. Arrivarono persino a far violentare le vergini e poi a costringerle a vivere in case pubbliche, dove venivano trascinate con la forza. È in questa occasione che San Basilio scrive, 1. De Virg.: « Nel pieno della persecuzione, delle vergini scelte a causa della loro fedeltà allo Sposo divino, furono consegnate ad aguzzini empi per servire loro da trastullo; ma esse riuscirono a conservare la loro verginità, anche quella fisica, aiutate dalla grazia di Colui per il quale erano così gelose di farlo, poiché Egli le difese, le protesse e le rese pure da ogni contaminazione, respingendo tutti gli sforzi dei loro infami aggressori. » Fu anche in questa persecuzione che ad Augusta, Affra, che era stata una pubblica peccatrice, e sua madre Ilaria, e tre giovani ragazze, Digna, Eupomia ed Eutropia, insieme a tutte le altre persone di entrambi i sessi in quella famiglia, si convertirono alla fede di Gesù-Cristo, e successivamente ottennero la corona del martirio. L’Apostolo continua quindi con ragione con queste parole:
II. Vers. 12 E vidi quando il sesto sigillo fu aperto, e ci fu un grande terremoto. Con questo terremoto si intende una profonda agitazione, un disturbo molto grande, uno stato di agitazione e di convulsione nel regno di Gesù Cristo sulla terra, perché in tutte le parti dell’Impero Romano, i giudici e i prefetti furono eccitati dagli editti e dai decreti di Diocleziano e Massimiano al massacro e all’annientamento dei fedeli. Il sole divenne nero come un cilicio. Il “sole” si riferisce a Cristo, che è il sole della giustizia e la luce della verità. Il sole è il Nome di Cristo, che è il Sole di Rettitudine e la Luce della Verità. Egli fu denigrato nella sua stessa reputazione e nei suoi membri, i Cristiani, che furono accusati di essere avvelenatori e maghi. E si diceva che i maestri che li avevano istruiti e addestrati in questi vizi erano Gesù Cristo e gli Apostoli, così come gli altri discepoli. In questo modo i gentili denigravano il nome di Gesù più che potevano. Tutta la luna divenne come sangue. Qui la “luna” significa la Chiesa; perché come la luna riceve la sua luce dal sole, così la Chiesa riceve la luce della verità da Gesù Cristo, che è il sole della giustizia. Inoltre, la Chiesa, come la luna, va e viene con i tempi, e sotto la tirannia di Diocleziano e Massimiano, la Chiesa divenne tutta rossa per il sangue dei martiri; perché, come abbiamo detto sopra, innumerevoli Cristiani venivano allora massacrati come animali in tutte le parti della terra.
Vers. 13. – E le stelle caddero dal cielo sulla terra, come quando il fico, scosso da un grande vento, lascia cadere i suoi fichi verdi. Queste stelle sono i personaggi eminenti nel regno di Cristo, che essendo stati scossi dalla paura della morte e dei supplizi, caddero nell’idolatria. Tra questi vi fu Papa Marcellino, anche se poi fece penitenza e subì coraggiosamente il martirio per la fede di Gesù Cristo. Anche molti altri caddero. La furia di questa persecuzione fu così grande che la sede di Roma rimase vacante per sette anni e mezzo. Come quando il fico lascia cadere i suoi fichi verdi. Qui i Cristiani sono paragonati a fichi verdi, a causa della loro debolezza, essendo esposti a tante crudeltà. Infatti, come i fichi verdi sono i primi frutti acerbi dell’albero di fico, e sono facilmente spazzati via da un grande vento; così i Cristiani che non avevano ancora sviluppato profonde radici nell’amore di Gesù Cristo, e quelli che non erano ancora maturi nella pazienza, si staccarono dall’albero della Chiesa, e furono gettati a terra dal vento di quella orribile e così tempestosa persecuzione.
Vers. 14. – Il cielo disparve come un libro arrotolato. Qui il “cielo” significa il regno e la Chiesa di Cristo, che furono dispersi dal vento di quella furiosa tempesta, e gettati ai quattro venti del cielo come i fogli di un libro strappato. Infatti la sede di San Pietro cessò di esistere a Roma, e i Cristiani furono dispersi; alcuni si nascosero nelle grotte, altri si rifugiarono sulle montagne; alcuni si ritirarono nei deserti, altri cercarono riparo tra le nazioni barbare. Allo stesso modo, come abbiamo detto sopra, i libri sacri da cui i Cristiani traevano la loro dottrina furono, per ordine dell’imperatore, strappati, bruciati e distrutti. – E tutte le montagne e le isole furono scosse dai loro posti. Qui dobbiamo prendere il contenitore per il contenuto. Infatti, come è stato ripetuto più di una volta, la furia di questa persecuzione fu così grande che i Cristiani fuggirono sui monti e sulle isole, che erano quasi inaccessibili, e fu fatta ogni possibile diligenza per scoprirli lì, cosa che non si era mai vista nelle altre persecuzioni. E quando finalmente venivano trovati, venivano trascinati alla tortura e alla morte. Infatti vediamo da quanto precede, che questi due imperatori avevano cospirato con tutto il mondo per sterminare completamente il Cristianesimo. Per questo l’Apostolo dice: “E tutti i monti e le isole furono scossi dai loro posti da questa guerra crudele di Diocleziano e Massimiano, che tentarono di sottomettere all’Impero Romano quasi tutti i regni, principati, isole e nazioni, e anche i luoghi più fortificati dell’Oriente e dell’Occidente. Essi e i loro colleghi estesero i limiti dell’impero, ad est fino alle Indie, a sud fino all’Etiopia, a nord fino alle nazioni selvagge e barbare dei Sarmati, e a ponente fino al regno di Genserico, e all’Oceano Britannico. È in conseguenza di tutto questo che l’Apostolo aggiunge:
III. Vers. 15. – I re della terra, i principi, i tribuni, i ricchi, i forti e tutti gli uomini liberi o schiavi si nascosero nelle grotte e nelle rocce dei monti.
Vers. 16.- E dissero ai monti e alle rocce: Cadeteci addosso e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello:
Vers. 17 Perché il gran giorno della loro ira è venuto; e chi potrà resistere? Queste parole esprimono l’angoscia prodotta dalla tirannia di quei tempi, quando tutti i Cristiani furono messi alle strette. Infatti, come è stato detto, non erano al sicuro nelle isole delle nazioni, né nei luoghi più fortificati, né nelle montagne deserte, né tra i barbari dove si erano rifugiati; poiché questi tiranni si erano resi padroni di tutte le nazioni, occupando tutte le terre, penetrando in tutto il mondo, e nessun paese era riuscito a sfuggire al loro dominio. Perciò questi miseri fedeli furono costretti a nascondersi nelle grotte e nelle rocce delle montagne. I re della terra, i principi, i tribuni e i ricchi, i forti e tutti gli uomini, liberi o schiavi, ecc. L’Apostolo menziona qui sette classi di uomini, forti e deboli, tutti oggetto della crudeltà del tiranno, per mostrare con ciò la differenza di questa persecuzione dalle altre, nelle quali, per la maggior parte, solo i prelati, i capi delle chiese ed i predicatori erano perseguitati, o quelli che si esponevano volontariamente; mentre in questa, tutti furono puniti. In seguito, per “re”, designa il Pastore sovrano della Chiesa ed i Patriarchi; per principi, indica i Vescovi; per tribuni, designa gli altri prelati, per ricchi, i nobili e la classe distinta del popolo; per forti, i soldati cristiani; per schiavi, i fedeli che erano fuggiti ai barbari ai quali si erano dati in schiavitù; infine, per liberi, indica tutto il resto del popolo cristiano, suddito dell’Impero romano. – E dissero ai monti e alle rocce: Cadeteci addosso e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono. Queste parole esprimono il desiderio dei Cristiani di morire in tale angoscia; poiché non erano al sicuro nelle grotte e nelle rocce delle montagne, dove molti si erano rifugiati come un ultimo rifugio; dovevano persino temere di essere cercati, scoperti, traditi o denunciati, ed infine trascinati a una morte orribile. Questi miserabili desideravano morire ed essere schiacciati sotto le rocce, piuttosto che essere esposti alle lunghe e crudeli torture per rinnegare la fede di Gesù Cristo, come era purtroppo successo a molti dei loro fratelli. – E dissero ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono; cioè liberateci dall’orribile persecuzione di Diocleziano e Massimiano, che sedevano sul trono dell’Impero Romano. E salvateci …. dall’ira dell’Agnello, cioè dall’ira di Gesù Cristo, che i Cristiani pensavano fosse irritato con la sua Chiesa, perché permetteva che fosse perseguitata così a lungo e così crudelmente. Si credeva anche che Diocleziano fosse l’anticristo; che fosse arrivato l’ultimo giorno del giudizio, e che la Chiesa e il regno di Gesù Cristo sulla terra fossero finiti, tanto era deplorevole la posizione di tutta la cristianità. Per questo il testo aggiunge: Perché è venuto il gran giorno della loro ira, cioè il tempo dell’ultima persecuzione che Gesù Cristo descrive in San Matteo, XXIV. Questo regno di Diocleziano è chiamato un grande giorno, a causa di tirannia che superava tutto ciò che si era visto fino ad allora. Questo permesso di Dio è espresso dall’ira dell’Agnello, perché Gesù Cristo castiga i suoi eletti come se fosse in collera, e lo fa per far ad essi espiare i loro peccati e per aumentare la loro gloria e la ricompensa nei cieli. Dio, nella sua bontà, permette queste punizioni temporali per impedire ai suoi fedeli di perire eternamente e di essere gettati con gli empi nei tormenti dell’inferno. E chi può sopravvivere! Questo è un grido di debolezza umana. Questo grido esprime anche la difficoltà di resistere al tiranno ed ottenere la vittoria del martirio, come ne abbiamo un esempio nella caduta del santo Papa Marcellino.