I TRE PRINCIPII DELLA VITA SPIRITUALE (V)
LA VITA SPIRITUALE RIDOTTA A TRE PRINCIPII FONDAMENTALI
dal Padre MAURIZIO MESCHLER S. J.
TRADUZIONE ITALIANA PEL SACERDOTE GUGLIELMO DEL TURCO SALESIANO DEL VEN; DON GIOVANNI BOSCO
VICENZA – Società Anonima Tipografica, 1922
Nihil obstat quominus imprimatur.
Vicetiæ, 24 Martii 1922.
Franciscus Snichelotto
IMPRIMATUR
Vicetiæ, 25 Martii 1922.
M, Viviani, Vic. Gen
PRIMO PRINCIPIO FONDAMENTALE: LA PREGHIERA (4)
CAPITOLO IX.
L’ Orazione mentale.
L’orazione mentale, chiamata altresì interna, è un’altra maniera di pregare. –
I. Dicesi interna, perché in essa non si fa uso d’una determinata formula di preghiera, né si pronunciano le parole; mentale, poiché anzitutto è una seria riflessione sulle verità della fede, affine di regolare la nostra vita in conformità delle medesime. Senza questa applicazione alla vita pratica, la meditazione riuscirebbe semplicemente uno studio di teologia. Chiamasi finalmente orazione o preghiera, perché la considerazione non è altro, parlando con proprietà, se non un apparecchio a pregare e trattenersi con Dio con maggior fervore ed intimità. La preghiera è sempre una conversazione con Dio; per cui, se si togliesse Dio dalla preghiera, riuscirebbe questa al più una considerazione o conversazione con sé stessi, un soliloquio.
2. Bisogna guardarsi anzitutto di pensare che la meditazione sia cosa troppo sublime e difficile e quindi ineseguibile. Nessuno potrà negare che tutti meditiamo molte volte senza saperlo. Pensando per es. se dobbiamo prenderci l’incarico d’un affare e come si debba condurlo a buon termine, che altro è se non una ben seria meditazione? Orbene, facciamo conto che questo affare si riferisca alla vita spirituale, e che pensando al medesimo preghiamo, ed avremo una vera meditazione.
3. Varî sono i metodi che sogliono darsi per meditare. Alcuni maestri di vita spirituale si contentano di proporre una serie di pensieri, atti virtuosi, riflessioni per es. di adorazione e rispetto dinanzi alla divina Maestà, atti di fede, di speranza, di carità, ecc., mediante i quali uno può intrattenersi con Dio. Sant’Ignazio insegna il metodo che consiste nell’applicar le tre potenze dell’anima, memoria, intelletto e volontà od una verità della fede, o ad alcun mistero della vita di Gesù Cristo. La memoria propone brevemente la verità, o il fatto storico, con una leggiera occhiata alla composizione di luogo fatta dall’immaginazione; l’intendimento speculativo procura di penetrare il mistero per comprenderne bene la verità, l’eccellenza, la bellezza e soavità, e l’intendimento pratico lo applica alla vita. Il sentimento dal canto suo eccita i suo corrispondenti atti d’amore o di odio a quanto si è già compreso, e la volontà abbraccia gl’insegnamenti ricevuti anzitutto mediante fermi propositi e chiede tosto la grazia di metterli in pratica. A tutto questo si suol premettere una breve preghiera preparatoria per chiedere a Dio la grazia di ben meditare. L’essenziale, quindi, di questo metodo consiste nell’applicazione delle potenze dell’anima ad una verità della fede o a un fatto storico, che secondo il suo contenuto può dividersi in diversi punti, in ciascuno dei quali possono considerarsi le persone, le parole e le azioni. Questo metodo di meditazione è semplice, facile, come dato dalla natura, molto efficace poiché in esso si occupa tutto l’uomo con tutte le sue forze per raggiungere, coll’aiuto di Dio, la verità divina e metterla fermamente e definitivamente in pratica. Per i principianti servono le regole; ma a poco a poco si va uno abituando a meditare, ed allora gli si rendono anche più facili e durevoli le applicazioni. Sant’Ignazio c’insegna ancora altri tre metodi d’orazione mentale.
Il primo consiste nel percorrere i misteri della vita di nostro Signore applicando ai medesimi ed alle virtù che vi si distinguono i sensi interni ed esterni, la vista, l’udito, il tatto, ecc. E° un metodo semplice e pratico che purifica e santifica la nostra fantasia, muove la volontà ed introduce l’intelletto nel santuario dei sentimenti e virtù del Redentore. Anche i grandi santi praticarono questo metodo d’orazione.
Il secondo metodo consiste nel percorrere i Comandamenti, i doveri del proprio stato, i sensi interni ed esterni, e vedere come ci troviamo, pentendocene di cuore e proponendo l’emendazione, se per disgrazia fossimo caduti in qualche peccato. Questo propriamente è un diligente esame di coscienza che può convertirsi in meditazione, col solo considerare in ogni parte quali sono le cose che ordinano e proibiscono i Comandamenti; e rispetto ai sensi, perché ci furono dati e qual uso ne fecero Gesù Cristo ed i santi. Vale moltissimo questo metodo per la delicatezza di coscienza, ed è un eccellente apparecchio alla Confessione.
– Il terzo metodo versa sopra una preghiera conosciuta, considerandone ciascuna parola e intrattenendovisi colla mente finché ci si presentino idee ed affetti. Questo modo di pregare offre ottimi vantaggi nelle lunghe funzioni di chiesa e quando si è stanchi o si patiscono distrazioni, e ci porta a conoscere l’intima essenza della preghiera, la sua bellezza ed elevato valore. Tanto più che è un buon aiuto insperato per far bene la preghiera vocale.
4. A chi ha tempo e facilità di meditare non si potrà mai raccomandare abbastanza, che procuri di dedicarsi quanto gli è possibile a quest’esercizio dell’orazione mentale. Quante volte Iddio nella Sacra Scrittura ci ammonisce di considerare la sua legge e d’apprezzare i di Lui benefizi! Il divin Salvatore, giorno e notte, era sempre intento alla meditazione, e lodò la vita contemplativa di Maria sorella di Marta, assicurandola che avea scelto la miglior parte. Per sé stessa la meditazione fa che la preghiera si prolunghi, gli affetti che da essa nascono eccitano il nostro fervore e desiderio, e così la preghiera consegue una forza intima di cui è priva senza la meditazione: con che crescono ed acquistano valore gli effetti della preghiera, quali sono il merito, la soddisfazione e l’efficacia. Convengono i grandi maestri di spirito che per raggiungere la perfezione, la preghiera mentale è moralmente necessaria. Deve, perciò, fra gli esercizî di pietà, occupare il primo posto nelle Case religiose, specialmente in quelle dei Religiosi di vita mista ed apostolica, i quali sono obbligati a vivere in contatto e comunicazione continua col mondo. La meditazione, prescritta in ogni Ordine dalle sue Costituzioni, fatta con diligenza, può compensare una meno rigorosa clausura ed austerità esterna. Come si potrà divenire apostolo, uomo di fede, se non si hanno presenti di continuo le verità della fede, meditandole e ruminandole ponderatamente, regolando la vita conforme ad esse e tenendole come principî fondamentali; se mediante l’orazione fervorosa non si scolpiscono nel cuore, perché diventino il capitale da cui tragga alimento la nostra vita? Senza questo deposito, si vivrà sempre meschinamente senza mai uscire dalla miseria, né arrivare ad una vita più fervorosa ed edificante. In ben diverso modo si forma e rinvigorisce lo spirito coll’orazione mentale che non colla vocale. Egli è certo che in questa si esercita la memoria, l’intelletto e la volontà, ma nella meditazione quest’esercizio è incomparabilmente più efficace, più intenso e di maggior durata, L’efficacia della meditazione continuata per lunghi anni è quella che d’un uomo di poca virtù deve fare un vero servo di Dio. Per questo un grande maestro di spirito dice che leggere pregare vocalmente e udire sermoni, aiutano molto per cominciare, ma che la meditazione, dev’essere il nostro libro, la preghiera nostra ed il nostro sermone; altrimenti saremo sempre scolari senza mai raggiungere la vera scienza. Ed ecco il perché, conchiude, sono così pochi i contemplativi tra i Religiosi, Sacerdoti e Teologi. (Gersone, Lib. di mist. teolog. prat., consid. II). – Il nostro più fermo proposito, quindi, dev’essere di meditare, se è possibile, tutti i giorni. In ogni caso quando non si possa, qualunque lettura spirituale, accompagnata da riflessioni e domande potrà servire di meditazione. Del resto dovremmo sempre preferire l’orazione mentale alla vocale, ed anche in questa se più non ci è determinata la durata, possiamo meditarne le parole e con brevissime pause fare degli atti d’elevazione a Dio dall’intimo del cuore. Una magnifica scuola d’orazione mentale sono gli Esercizi di Sant’Ignazio, la cui principal base è la meditazione: ivi si apprende a meditare, o vi si ritorna se mai ne fosse stato perduto l’uso.
CAPITOLO X.
Le divozioni della Chiesa.
Importa moltissimo per la vita della preghiera, praticare le divozioni della Chiesa.
1. Sono tutte un esercizio del culto divino ed appartengono essenzialmente agli atti dell’orazione e del servizio di Dio. L’oggetto di queste divozioni è sempre qualche cosa che deriva dalla fede, o che è in rapporto con essa; da ciò si deduce che non sono una novità. Di nuovo c’è soltanto questo, che secondo la diversità dei tempi, un fiore dell’albero secolare della fede, come colpito repentinamente da un raggio di luce, attrae a sé l’attenzione dei fedeli e risveglia nelle loro anime speciali sentimenti d’ammirazione e d’affetto, i quali, approvati dalla Chiesa, si cambiano in pratiche di pietà, che entrano a formar parte del pubblico culto. La cosa è antica; di nuovo non c’è che la luce. Questa luce procede dallo Spirito Santo, la cui azione consiste nel guidare la Chiesa ad ogni verità, nell’aprirle, secondo il bisogno dei tempi, nuove fonti di consolazione e soccorso e indirizzare l’attività sua vitale a quei fini che la divina Provvidenza le traccia lungo il corso dei secoli.
2. La preghiera è la prima e più naturale manifestazione delle divozioni, in quanto che queste appartengono propriamente alla religione, il cui esercizio principale è l’orazione. Le divozioni invitano i fedeli a pregare, e di pari passo che quest’invito va guadagnando terreno, va introducendosi altresì nella vita pratica la divozione, che a sua volta diventa un mezzo per esercitarsi nella preghiera. Merita considerazione il ricco corredo di preghiere, di feste e di cerimonie che le divozioni hanno regalato alla Chiesa. Quale decadimento e qual danno non si noterebbe nella vita della preghiera, se lasciando solo la Messa e la Comunione, si volessero togliere tutte le altre pratiche! Levate via i numerosi e svariati atti d’ossequio con cui si onorano la Santissima Vergine ed i Santi; sopprimete il bel numero di feste, preghiere ed usi della Chiesa, e vedrete come deserto e povero uscirebbe il nostro anno ecclesiastico, di quanta varietà, di quanti ornamenti e di magnificenze resterebbero spoglie le nostre chiese! Sono le divozioni che arricchiscono i giardini della Chiesa con i fiori sempre freschi della preghiera e della pietà.
3. E colla preghiera vengono tutte le grazie che le fan corteggio. Di essa sì servono come di mezzo queste devozioni, affinché si producano in maggior abbondanza le grazie che si trovano chiuse nelle verità della fede ed affluiscano nella Chiesa come ricche correnti. I frutti di benedizione che trae seco una divozione Popolare, possono molto bene rinnovare un’epoca, e infonderle una vita vigorosa e feconda. Per mezzo dei Santi, degli Ordini, delle Congregazioni Religione e delle grandi divozioni, si dice che Iddio rinnovi di continuo la faccia della terra.
4. Queste divozioni possiedono una tale attrattiva per indurre alla Preghiera, ed eccitano in tal modo la vita d’orazione in un Popolo, da far rammentare, senza volerlo, il detto d’Osea: « Io li trarrò, dice Iddio, coi vincoli propri degli uomini »; In funiculi Adam traham eos (Os. XI, 4). Come dire che mediante le divozioni discende Dio a noi per elevarci a Sé. In queste Ei s’adatta al carattere, spirito e tendenza di tutti gli uomini e di tutti i tempi; perciò esse sono tante quanti sono i tempi e gli uomini; e lo Spirito Santo ne suscita sempre di nuove. Colle medesime Egli sostiene la sua Chiesa, e la guida nell’opera cara al suo cuore, qual è di scandagliare i tesori di verità e di Sapienza che le lasciò in dote lo Sposo suo divino, e di applicare le scoperte alla capacità e necessità dei propri figli facendo risaltare per tal modo le grazie di sua bellezza, varietà e forza di adattamento. Così, accanto alle forme antiche di culto ne sorgono altre ché rompono la severità e rigidezza delle prime, e si adattano all’indole e gusto di ciascuno. Le devozioni della Chiesa sono come il grande e splendido banchetto d’Assuero (Est. I, 3 sgg.), in cui ognuno trova ciò che gli conviene e lo soddisfa; per esse ci si offre la grazia della preghiera nella forma che più conviene al nostro carattere, e con esse sembra che Dio e la Chiesa trattino di accaparrarci, per così dire, accomodandosi al nostro gusto, alla nostra predilezione spirituale, onde affezionarci alla preghiera che è il gran mezzo per conoscere la grazia. Chi oserà resistere a Dio, se Egli si abbassa così a noi? Potrebbe dirsi che le divozioni sono l’esca di cui si vale per trarci alla preghiera. Oh potesse conseguirlo a nostro favore! Nessun vantaggio a Lui risulta: vuole invece guadagnar noi alla preghiera, e per essa ad ogni bene, alla perfezione ed al Cielo.
CAPITOLO XI.
Lo spirito di preghiera.
I. Per spirito d’una cosa s’intende l’essenza, il midollo, la parte più nobile, più elevata di essa, come sarebbe l’anima ed il complesso di condizioni senza le quali non potrebbe esistere. Lo spirito di preghiera, quindi, è ciò che le dà efficacia, ciò che ad essa ci attrae e ci trattiene, ciò che infonde vigore all’orazione nostra e ciò che aiuta a farci conseguire il fine suo glorioso.
2. Lo spirito d’orazione consiste in tre cose. La prima è la stima della preghiera, la viva convinzione della sua eccellenza e dignità. Dobbiamo esser convinti che non possiamo far cosa che per sé sia migliore e più elevata, poiché pregare è mettersi in comunicazione e conversare con Dio, il massimo bene che della preghiera sì possa dire. Certamente che per volontà di Dio abbiamo altre cose importanti da fare, per es. adempiere gli obblighi del nostro stato, il che in un certo senso è anche una specie di preghiera e di servizio di Dio; ma c’è una differenza, ed è che tutto il resto che per volontà di Dio dobbiamo fare, non si riferisce a Lui direttamente, ma a qualche cosa fuori di Dio, a qualche cosa che appartiene a Lui, e che in certo modo bisogno restituirgliela; la preghiera invece mira direttamente a Dio, ed è un servigio personale della sua divina Maestà ed un atto del culto divino, e sappiamo che la virtù che ha per oggetto il culto di Dio dopo le teologali, è la più grande ed eccellente; cosa che non presenta nulla di strano se si osserva che anche nel mondo, tra gl’impiegati di corte, i più rispettati sono coloro che servono da vicino la persona del principe. Bisogna avere anzitutto una retta idea di Dio, per stimare come si deve la preghiera; perché se non si conosce Dio essa è sì poco stimata, ed anche molte volte, per disgrazia, posposta a tutto il resto. Pregare, si sente dire da alcuni, è far nulla; la preghiera è buona per i fanciulli e per le donne, per i vecchi e gl’infelici. Noi non arriviamo a tanto; ma la leggerezza e mancanza di serietà soprannaturale e di fede viva, ci mettono in pericolo di non apprezzare come dobbiamo l’orazione e di subordinarla ad altre occupazioni nelle quali hanno la loro parte la leggerezza, la vanità o qualche altro fine mondano. Dovremmo stimare ed apprezzare la preghiera come Dio medesimo, e sotto quest’aspetto preferirla, giusta la misura de’ nostri doveri, ad ogn’altra occupazione, sacrificandole tutte ad essa, poiché è servigio e servigio personale ed eccellentissimo di Dio. A questo riguardo un profondo teologo diceva che avrebbe preferito di perdere tutto il suo sapere, anziché omettere di sua volontà un’Ave Maria sola di cui era in obbligo. – In secondo luogo, appartiene altresì allo spirito d’orazione l’intimo convincimento dell’assoluta necessità che di essa abbiamo per la vita spirituale, onde progredire nello spirito e di più salvarci. Stimiamo poco la preghiera perché conosciamo poco Dio, e non preghiamo perché non siamo convinti della nostra miseria e povertà e dell’assoluto bisogno che abbiamo di pregare: fa d’uopo aver presente che la preghiera è per noi un mezzo indispensabile e che non può surrogarsi per la perfezione e salvezza, e questo non solo perché così ha ordinato Iddio, ma per quello che essa è in sé. Se nostro Signore Gesù Cristo e gli Apostoli, la Chiesa ed i Santi Padri insistono così di frequente e con parole gravi a raccomandare la preghiera, è perché essa è basata sulla legge naturale di Dio e nella natura e disposizione dell’ordine della grazia. Il bisogno della grazia ed il precetto di Dio ci dichiarano l’imprescindibile necessità dell’orazione. Dobbiamo, dunque, pregare, se vogliamo progredire nel bene e non perderci; così che non vale il dire: « Pregare o non pregare, succederà lo stesso ciò che ha da succedere », perché è innegabile che molte cose avvengano perché si prega e molte non avvengono perché precisamente non si prega. « Ma io non so pregare ». Impara adunque; poiché quello che è necessario, è altresì possibile. Quante cose abbiamo imparato in vita nostra più difficili della preghiera! « Il male è che io non ho fede e per questo non posso pregare ». Però la grazia della preghiera non ti manca; domanda la fede, e l’avrai; ché pregando s’impara a Credere. Il giorno in cui lasceremo la preghiera e ne faremo poco caso, saremo nuovamente esposti ad ogni pericolo, al peccato ed all’ultima rovina. La vita è un sentiero pieno di pericoli e d’insidie. Gli uomini sono per disgrazia ordinariamente tali qual è l’ambiente in cui vivono. Una grazia grande, quindi, ed un particolar favore di Dio, è di trovarci sempre in un ambiente sano, fuori d’ogni seduzione o senza provar il male che ci sta d’attorno; gli uomini privi di quest’aiuto speciale passano di pericolo in pericolo fino a perdersi. Ora, come potremo conseguire ed assicurarci questa protezione e difesa? Colla preghiera: con essa noi ci stringiamo alla mano di Dio, e se il fanciullo sostenuto dalla mano di sua madre non corre pericolo, quanto meno chi si stringe alla mano divina! Chi non vuole tenervisi, pensi lui cosa gli accadrà. La preghiera, dunque, è un mezzo indispensabile; ma è anche onnipotente: senza di essa, nulla; con essa, conseguiremo tutto. – Ed eccoci alla terza cosa; che infonde vigore e vita, all’orazione: l’illimitata fiducia in essa. Con essa noi possiamo ed otteniamo tutto, perché Dio ha impegnato la sua parola: Domandate ed otterrete! Questa fiducia consiste nell’intimo convincimento non esservi cosa che non si possa conseguire con una buona e costante preghiera. Egli è chiaro che nemmeno si debbano omettere le altre condizioni richieste dalla ragione e dalla coscienza. Chi si contentasse di pregare e si esponesse poi alle pericolose occasioni, pretendendo con ciò di non cadere, si burlerebbe della preghiera esigendo un vero miracolo. All’infuori di questo, non v’è dubbio che per la preghiera tutto è possibile, anche ciò che è più difficile e d’altissimo valore, com’è la trasformazione del cuore ed il conseguimento della perfezione. – Nel catechismo c’è una parola d’oro sopra la preghiera. Vi sì dice che la preghiera ci fa pensare come Angeli e Santi. Chi frequenta i saggi diventa saggio; il trattare frequentemente con Dio ci rende simili a Lui nei pensieri, nei principî, nei sentimenti, nelle parole ed intenzioni. Quanto più l’uomo prega, tanto più, insensibilmente e senza accorgersi ma in modo profondo e radicale, va rassomigliandosi a Dio. Fossero pur mondani i nostri affetti, a poco a poco il nostro cuore ed i pensieri nostri si muteranno; ciò che prima ci ripugnava e riusciva duro ed aspro, ci si renderà facile e soave; il mondo che trascinavaci dietro di sé, perderà tutte le sue attrattive; Dio solo e l’eternità diverranno per noi grandi e degni delle nostre aspirazioni. È questa la maggiore e più fondamentale vittoria che, contro questo fango della nostra natura, consegue la preghiera costante colla grazia che l’accompagna, i cui insegnamenti sono così teneri ed efficaci, come quelli che ricevevamo sul grembo materno. E siccome in codesta scuola senza alcuna fatica e sforzo imparavamo molte cose e molto buone, poiché apprendemmo a pensare ed a parlare, diventammo uomini e Cristiani, perché ivi era un essere caro, la madre, che abbassandosi a noi, si faceva piccina come noi, tutto esponeva come noi, e ci rassomigliava a sé, di maniera che copiammo i suoi modi di pensare e di parlare; similmente nella preghiera è Dio nostro Creatore e Padre che c’istruisce ed educa, e ci trasforma per la seconda volta a sua immagine e somiglianza in qualche cosa di sublime e divino. – La preghiera c’infonde altresì la stessa fiducia nell’esercizio del nostro ministero od in qualsiasi opera di carità a favore del prossimo, la cui perfezione e salvezza è ufficio della grazia e non della natura. È Dio il Signore della grazia; per conseguenza, quanto più intimamente stiamo uniti a Lui, tanto maggior numero di grazie si comunicheranno agli altri per mezzo nostro. Tutto ciò che è esterno e naturale non è che una spada, la quale, per quanto buona, vale ben poco se un forte braccio non l’impugna. Ciò che a Dio ci unisce è molto più poderoso ed efficace di quanto ci unisce agli uomini, perché Iddio può operare cose grandi con spregevoli strumenti; orbene, ciò che ci unisce a Dio è il soprannaturale, la preghiera. Dio esige la preghiera per l’aiuto del nostro prossimo. Dobbiamo convertire il mondo non tanto col lavoro, quanto con la preghiera: la stessa legge che ha valore per noi vale anche pel prossimo; così disponeva Dio per riservarsi l’onore e la gloria, e che non avessimo noi ad insuperbirci attribuendoci ciò che è suo. La preghiera inoltre è un mezzo assai più efficace della predicazione e di qualsiasi altro. Sempre e dovunque si può pregare, e l’efficacia dell’orazione è la più estesa ed universale. Possono poco la parola e la penna; non così la preghiera che si eleva sino a Dio e discende ricolma di frutti di benedizione, spargendo grazie su popoli e nazioni, regioni e secoli. Anche qui la storia della propagazione della fede e della riforma della Chiesa non è altro che la storia della preghiera. Quegli è migliore missionario, migliore cittadino e migliore patriota, che sa meglio pregare. Figli del secolo XX, noi abbiamo occasione di constatarlo. Vediamo dovunque i segni del lavoro più grande, più intenso e direi eccessivo, ma, disgraziatamente, solo materiale; si apprezza e stima unicamente l’attività esterna e naturale, ciò che brilla e fa rumore nel mondo, L’epoca nostra si distingue per una brama insaziabile di beni materiali. E che cosa resta in fine? Tutto passa e noi insieme; soltanto la pietà ha la promessa della vita di adesso e della futura (1. Tim. IV, 8). Prega e lavora, ecco il detto giusto, cristiano e di durata.
3. Lo spirito di preghiera, dunque, è la stima profonda di essa, il convincimento pratico della sua necessità, e la fiducia nella sua forza soggiogatrice. È una delle grazie più preziose della vita spirituale, il principio di tutte, l’introduzione ad ogni bene perfetto, il mezzo per eccellenza. Finché questo spirito dura in noi, Iddio e la virtù avranno la loro sede nell’anima nostra; con esso tutto si può sorreggere e migliorare. Al contrario, senza il medesimo, siamo messaggeri mal sicuri e Dio può fidarsi poco di noi. La maggiore infelicità sarebbe la perdita di questo spirito, poiché l’uomo allora non avrebbe più alcun fondamento né appoggio in Dio, e perirebbe senz’altro. S. Alfonso de’ Liguori, tra i numerosi ed utilissimi libri d’ascetica che scrisse, ne pubblicò uno piccolissimo, ma ch’ei giudicò, giusta la prefazione appostavi, come il più importante ed utile; tanto che osò affermare che, se per ipotesi tutte le sue opere fossero dovuto perire e questa sola si fosse conservata, sarebbe rimasto soddisfatto. È il libriccino che tratta della preghiera. — Ed ecco qui, pertanto, raccolto tutto ciò che riguarda il primo fondamento della vita spirituale; cioè: l’intimo convincimento dell’eccellenza, necessità, efficacia e facilità della preghiera.