I TRE PRINCIPII DELLA VITA SPIRITUALE (II)
LA VITA SPIRITUALE RIDOTTA A TRE PRINCIPII FONDAMENTALI
dal Padre MAURIZIO MESCHLER S., J.
TRADUZIONE ITALIANA PEL SACERDOTE GUGLIELMO DEL TURCO SALESIANO DEL VEN; DON GIOVANNI BOSCO
VICENZA – Società Anonima Tipografica – 1922
Nihil obstat quominus imprimatur.
Vicetiæ, 24 Martii 1922.
Franciscus Snichelotto
IMPRIMATUR
Vicetiæ, 25 Martii 1922.
M, Viviani, Vic. Gen
PRIMO PRINCIPIO FONDAMENTALE: LA PREGHIERA
La preghiera è il principio d’ogni bene nell’uomo. Cosicchè imparar a pregare, stimare, amare e praticare fervorosamente e come si deve la preghiera, è un tesoro inapprezzabile pel tempo e per l’eternità.
CAPITOLO I.
Che cosa è pregare.
1. Pregare è la cosa più semplice che si dia sulla terra e nella vita umana. Basterebbe a provarlo la necessità così grande che abbiamo della preghiera.
2. Per pregare non è necessario essere scienziato, eloquente, stimato, né ricco; e non è nemmeno necessaria una divozione sensibile. Questa ordinariamente non è che una compagna ed accessoria della preghiera. Dipende forse da noi la dolcezza? No, è Dio che la concede, e dobbiamo riceverla con riconoscenza, Essa rende soave il pregare; ma non è indispensabile, e ad ogni modo, vi sia o non vi sia dolcezza, si può e si deve sempre pregare.
3. Per pregare basta unicamente conoscere Dio e conoscere sé medesimi: sapere chi è Dio e chi siamo noi, quanto infinita è la bontà di Dio e quanto profonda la nostra miseria. Per pregare ci vuole la fede ed il catechismo; la necessità nostra dev’essere quella che incammina le nostre parole. L’unica cosa che si richiede è d’aver alcuni pensieri, il minor numero possibile, alcuni desiderî e finalmente alcune parole, che partano dal cuore, altrimenti non si ha preghiera. Potrà trovarsi un uomo che non sia capace di pensare e desiderare qualche cosa? Orbene, qui abbiamo quanto si richiede per questo nobile esercizio della preghiera: riguardo alla grazia, Iddio la concede profusamente a tutti ed a ciascuno in particolare.
4. Pregare non è altro che parlare con Dio, adorarlo, lodarlo, ringraziarlo. e chiedergli mercè e perdono delle proprie colpe. Vorrebbero alcuni maestri di perfezione che la preghiera fosse un discorso rivolto a Dio o una udienza che si ottiene da Lui. Ciò sembra una cosa troppo elevata. Non sanno molti preparare un discorso ordinato, e l’idea d’udienza apparisce come una specie d’etichetta. Nella preghiera dobbiamo comportarci come in una conversazione famigliare con un buon amico che amiamo sinceramente. ed a cui confidiamo con semplicità e candore quanto ci passa nell’interno: le nostre tribolazioni e dolcezze, i nostri timori e le nostre speranze, e dal medesimo riceviamo, per quanto gli è possibile, consigli ed incoraggiamenti, conforti ed aiuti. E quando non potremo far questo? Fra noi anche gli affari di maggiore importanza li trattiamo con semplicità, fossimo pur aridi e senza una scintilla di sentimento e d’emozione. e sempre riescono se lo facciamo con serietà e riflessione. Così dobbiamo comportarci con Dio nella preghiera: quanto più saremo semplici tanto meglio, a condizione che tutto esca dall’intimo dell’anima.
5. Spesso noi guastiamo la preghiera e la rendiamo difficile e scipita, perché non sappiamo farla come conviene, né formarci un retto concetto di essa. Diciamo a Dio quello che passa nel nostro cuore e tal com’è, e la preghiera sarà buona. Tutte le vie conducono a Roma, dice il proverbio; ora, allo stesso modo, mediante qualunque pensiero, si può arrivare a Dio. È buona quella preghiera che si fa con semplicità. Possiamo noi forse presentarci a Dio con concetti elevati e pieni di squisitezza? Se dunque non possiamo fare altrimenti, diciamogli che non sappiamo nulla e che nulla ci si presenta alla mente; poiché anche questa è una maniera di pregare e di onorar Dio: e conseguire le sue grazie.
CAPITOLO II.
Quanto grande ed eccellente è la preghiera.
1. I nostri pensieri sono il ritratto dell’anima nostra; quanto quelli sono più elevati e nobili, altrettanto e più nobile ed elevata è questa. Fintantoché lo spirito nostro s’occupa soltanto di ciò che è terreno, di ciò che entra per gli occhi, di ciò che è creato, l’anima nostra trovasi come relegata dentro i limiti del finito e perituro; avviene il contrario se pensa a Dio, in quanto che partecipa della grandezza della divinità. Solo l’Angelo e l’uomo possono pensare a Dio, e certamente che il pensar bene a Lui è ciò che di più eccellente possa fare lo spirito creato. Un essere superiore a Dio non può concepirsi. Orbene; è appunto nella preghiera che l’uomo co’ suoi pensieri si eleva sino a Dio e si occupa di Lui. A nessuna cosa l’uomo è tanto intimamente unito quanto all’immagine de’ suoi pensieri, e questa allora è precisamente Dio, massima grandezza, massima bellezza e massima nobiltà che siavi in cielo e sulla terra. Non v’è nulla. Eccettuata la S. Comunione, che sì strettamente ci unisca a Dio come la preghiera. Poter pensare a Dio è per l’uomo un onore singolarissimo: imperocché trattare con uomini che possono vedersi e udire, non è nessuna meraviglia; ma mettersi in rapporto con l’Essere purissimo e invisibile è qualche cosa di più; e mantenere questo rapporto convenientemente ed in modo opportuno, è, senza dubbio, una nobile ed elevata perfezione dell’anima, e quasi una specie di vita divina. L’umile servo di Dio che mediante la preghiera sa tenersi in comunicazione con la divina Maestà, ha diritto di presentarsi alla porte di tutti i regnanti ed imperatori del mondo. Il motivo per cui agli uomini generalmente suol riuscire pesante e dura la preghiera, è la noia; questa non deriva dalla preghiera, ma dall’uomo, che è terreno e non ha idee veramente elevate. L’annoiarsi, quindi, nella preghiera, non è per noi un buon segno; al contrario piuttosto, nella facilità e nel fervore trovasi la vera vittoria dello spirito sopra ciò che v’è di sensibile e terreno nel nostro essere. Per questo dobbiamo tenere fermamente fisso nella mente, ed essere pienamente convinti, che non possiamo fare qui sulla terra nulla di più elevato e sublime della preghiera.
2. È un onore per l’uomo poter elevare la sua mente a Dio mediante la preghiera; ma è ancor più onorifico per lui che Dio si abbassi graziosamente all’uomo. Noi siamo molto giù qui sulla terra; Iddio è molto più su in cielo; il ponte d’oro pel quale Ei discende sino a noi è la preghiera. Non si può dubitar che non sia un’ammirabile e commovente manifestazione della liberalità e dell’amore di Dio all’uomo, della sua bontà e degnazione il dirgli: « Domanda quanto desideri, vieni a me quando vuoi; appressati, annunziato o no, ché sarai sempre il ben venuto; tutto quello che ho ed Io stesso sono a tua disposizione ». – Questa confidenza senza limiti che ci offre Dio nella; preghiera, non è forse una vera prova che noi stiamo vicini a Lui, che siamo stati creati per metterci in comunicazione con Lui, che siamo famigliari e figli suoi? Quale degnazione! Che gran Signore è Dio, e tuttavia nessuna avarizia in Lui del suo tempo! E per rendersi vieppiù ammirabile, lo lascia tutto a nostra disposizione; nessuno ci offre un’accoglienza più pronta e più affettuosa e cordiale che Dio; Egli è veramente la prima e perpetua nostra patria; in nessun luogo ci troviamo nel nostro centro come in Lui.
3. Che prerogative eccelse quelle dell’uomo, e con tutto questo tenute in sì poco pregio! Se Iddio distribuisse pane e ricchezze, tutti correrebbero a Lui come gli Ebrei, dopo la moltiplicazione dei pani fatta loro dal Salvatore; ma poiché Egli ci facilita l’onore di avvicinarlo e parlare con Lui, molti non ne fan caso. E, peggio ancora, non pochi si vergognano di pregare. E non è questo per l’uomo un vergognarsi di Dio e rinunciare alle più alte sue prerogative? Oh! se sapesse colui che disprezza e trascura la preghiera, il danno e l’ignominia che si trae dietro!
CAPITOLO III.
Il precetto della preghiera.
1. Iddio ci ha concesso la preghiera, e il farne uso è in nostro diritto; ma ce la prescrisse inoltre, ed abbiamo l’obbligo di farla.
2. Questo precetto della preghiera trovasi inserito tra le leggi delle due tavole, che, per verità, sono così antiche quant’è antico l’uomo, nel cui cuore fu scolpito dalla legge naturale. La prima tavola contiene le leggi che riguardano la religione ed il culto di Dio. È un dovere questo che l’uomo porta con sé entrando nel mondo, dovere fondato nella subordinazione da lui dovuta a Dio qual suo Creatore, a Cui, come tale, deve riconoscenza e adorazione, e per questo il mondo non fu mai senza religione, fatto questo che ne dimostra realmente la soggezione e dipendenza.
3. Neppure ci fu mai religione senza preghiera. La preghiera è stata sempre essenzialmente un atto religioso, ed il suo fine è di tributare a Dio il culto dovutogli. Ma è più ancora: è l’esercizio principale della religione, è, quasi diremmo, l’anima sua; su di essa si basa tutta la religione. e per essa, sia pubblica, sia privata, vigoreggia e si conserva.
4. Regolare, quindi, la preghiera, vale quanto regolare la religione. Vi pensò anche il Redentore, e non contento di confermare l’antico precetto della preghiera, la insegnò, coll’esempio e colle parole, e ci lasciò un modello di essa. Dobbiamo essere riconoscenti alla sua Chiesa se ci è dato di sapere con esattezza come compiere questo grande precetto naturale, che c’impone un così stretto obbligo. Il nostro Dio è un Dio vivente, il quale, sostenendoci e conservandoci, rinnova continuamente in noi la sua potenza creatrice, ed esige che mediante la preghiera Gliene siamo riconoscenti. Per questo l’umanità ha sempre pregato, e ciò vale a scorgere quanto in essa vi sia di divino. Ed a misura che Iddio va estendendo la sua potenza creatrice, va dilatandosi altresì il circolo della preghiera.
5. Le ragioni che costituiscono la base di questo precetto divino della preghiera le troveremo sia da parte di Dio sia da parte nostra. Non è necessità da parte di Dio che Lo faccia esigere da noi il tributo della preghiera, poiché Egli non ha bisogno di nulla, ma lo richiedono la sua giustizia e santità. Egli è nostro Padrone, nostro Padre e Sorgente del nostro bene, e non può assolutamente rinunziare a questi titoli cedendo ad altri l’onor suo. – Ma nella creatura la trascuranza della preghiera corrisponde a una diserzione da Dio. Di modo che per quanto Lo riguarda, dovette Dio imporci la preghiera. – Per quello che Spetta a noi, la prescrisse, non tanto per ricevere da noi qualche cosa, quanto per darcene e potercene dare. Siccome non sempre siamo degni dei doni di Dio, né ci troviamo convenientemente preparati a riceverli dobbiamo disporci e metterci in istato di conseguirli, e questo appunto è quello che fa la preghiera, che, come s’è già detto, costituisce essenzialmente un atto proprio della virtù della religione. Consapevolmente o inconsapevolmente nella preghiera, noi ci proponiamo di riconoscere ed onorare Dio, come un dovere fondato nell’intima natura della preghiera che non possiamo cambiare. Orbene: questo riconoscimento che mediante la preghiera tributiamo a Dio è grande e nobile: pregando riconosciamo nello stesso tempo la nostra miseria, necessità e impotenza, il potere di Dio, la sua bontà e fedeltà alle sue promesse e ci mettiamo senza restrizioni nelle sue mani. Colla preghiera noi serviamo Dio in cuor nostro, ci santifichiamo, attiriamo su di noi il compiacimento del Signore e ci disponiamo a ricevere le sue grazie. Ciò che con esso propriamente conseguiamo non è il muovere Iddio a darci i suoi doni, quanto di disporre noi medesimi a riceverli. La differenza che esiste tra le suppliche che indirizziamo agli uomini e quelle che eleviamo a Dio è questa: che con quelle disponiamo gli uomini dai quali desideriamo qualche cosa; con le seconde disponiamo noi medesimi. È anche sommamente giusto ed a noi utilissimo esporre e manifestare con umiltà dinanzi a Dio le nostre miserie e necessità ed avere un’altissima stima de’ suoi doni. Ora, tutto questo ha luogo nella preghiera.
6. La preghiera come esercizio del culto e della religione è per noi non solo un mezzo onde ottenere da Dio ciò che domandiamo, ma anche un fine, ed il fine prossimo della nostra vita. Siamo stati creati da Dio per lodarlo, adorarlo e servirlo. Sotto questo aspetto, quindi, noi non potremo mai pregare abbastanza. Il fine nostro ed oggetto principale, per quanto è possibile raggiungere quaggiù, è riposto nella preghiera. Questa idea è quella che ha dato vita agli Ordini contemplativi, ed anche il Paradiso sarà una perpetua preghiera. Ciò che tien vivo il dominio di Dio nel mondo è la preghiera, e dove questa sparisce sparisce parimente il regno di Dio dal cuore degli uomini. Che danno enorme ha cagionato il distacco dalla Chiesa di certe Nazioni! Vi sono intere regioni nelle quali sparirono il divin Sacrificio e la Salmodia, che si offrivano e si elevavano a Dio nei chiostri. Un modo di più per noi cattolici di mantener viva la preghiera, alfine di compensare tale perdita nel regno di Dio.
7. Stando così le cose, chi si meraviglierà che tutti gli uomini di coscienza e quanti fra i Cattolici sanno apprezzare come si deve la Religione preghino, preghino con costante perseveranza? Per essi nessuna cosa è al di sopra della Religione, e per conseguenza nulla di più importante della preghiera. Noi Cattolici, come il popolo eletto, siamo un popolo di preghiera. L’antico patto possedette la vera preghiera, e con essa la vera cognizione e culto di Dio. La religione nostra Cattolica ha avuto il suo principio colla preghiera nel cenacolo di Gerusalemme. I pagani facevano le meraviglie sul frequente pregare del popolo cristiano, le cui chiese, come lo sono ancora, erano i veri centri di preghiera, mentre essi non giunsero nemmeno a comprendere che cosa fosse pregare. – Questo è il primo e più elevato senso della preghiera. Si tratta della religione, bene il più nobile e degno di stima che vi sia nel mondo, Così fù riconosciuto sempre dal fiore dell’umanità; e contro questa testimonianza nulla vale quella dei panteisti, i quali non pregano perché divinizzano se stessi, credendosi porzione della divinità: né quella dei materialisti, le cui idee non vanno più su del fango della terra; né quella dei Kantiani, che si credono dispensati dalla preghiera perché non comprendono o non vogliono comprendere le prove dell’esistenza di Dio; né, finalmente, quella dei seguaci di Schleiermacher, i quali aspettano sempre per pregare non so quale sentimento solenne dell’anima. Ma che vale tutto questo, di fronte all’unanime testimonianza di tutti i tempi, della ragione e della fede che proclamano il dovere della preghiera?
CAPITOLO IV.
Il gran mezzo per conseguire la grazia.
Luce, calore, alimento. ecco le tre cose senza le quali è impossibile vivere. Lo stesso si deve dire della preghiera in relazione alla vita spirituale; poiché questa senza quella non esiste. La preghiera è l’indispensabile e gran mezzo per conseguire la grazia: se vogliamo salvarci bisogna che preghiamo.
1. È d’uopo ricordare qui alcuni principî indiscutibili e riconosciuti veri. Senza la grazia non c’è salvezza, e senza la preghiera, trattandosi dell’adulto, non c’è grazia. Dio ha istituito i Sacramenti quali mezzi per conseguire la grazia; ma sotto molti aspetti la preghiera è assai più importante dei Sacramenti. Questi comunicano certe e determinate grazie; la preghiera può, in date circostanze, ottenerle tutte; i Sacramenti non sempre sono alla mano, la preghiera sì. Per questo suol dirsi con molta verità: « sa ben vivere, chi sa ben pregare ». Mediante la preghiera l’uomo ottiene tutto quello che gli è necessario a ben vivere. Posto ciò, si possono stabilire le seguenti verità, che ne inchiudono molte altre: Nessuna cosa si deve sperare, se non è per la preghiera; tutta la fiducia che non è basata sulla preghiera è vana: Dio nulla ci deve, se non è mediante la preghiera, poiché è a questa; ch’Egli ha promesso tutto; ordinariamente, Dio non concede nessuna grazia se non Gli si domanda, e quando la concede è grazia della preghiera.
2. Queste sono verità generali; nella vita cristiana ci sono inoltre parecchie cose particolari, per le quali è indispensabile la preghiera. La prima di tutte, sono i Comandamenti, che fa d’uopo osservare, se vogliamo salvarci. Orbene, noi soli non li possiamo osservare tutti senza la grazia: più ancora, possiamo affermare che non Sempre abbiamo grazia sufficiente per poterli osservare con. sicurezza. « Dunque, mi dirai, non posso osservarli, né lasciare di osservarli ». No, perché può avvenire in realtà che tu non abbia ancora la grazia per osservare i Comandamenti, ma ben l’hai per chiederla; Per cui vedrai che Dio non comanda nulla d’impossibile poiché o ti concede direttamente la grazia, o per lo meno la preghiera con cui tu possa conseguirla. – Vengono in secondo luogo le tentazioni. che nemmeno possiamo sempre vincere naturalmente. Ma la tentazione non è mai così forte, che c’impedisca di pregare. Se siamo deboli, è perché non preghiamo; i santi riuscivano vittoriosi perché pregavano, altrimenti anch’essi avrebbero dovuto soccombere al pari di noi. Ciò che si è detto. Vale soprattutto contro le tentazioni impure, poiché sono quelle che più accecano tanto da non lasciar vedere le fatali conseguenze del peccato; ci fanno dimenticare i buoni propositi, e ci tolgono perfino il timore del castigo. Senza la preghiera non c’è altra via che soccombere. – Per ultimo, non possiamo salvarci senza la grazia della perseveranza finale: ed è un benefizio particolarissimo che Iddio ci mandi la morte quando ci troviamo in istato di grazia. E che la morte per tal modo ci sia un Messaggio dell’eterna beatitudine. In questo consiste la perseveranza finale, dono così grande e straordinario, che – al dire di S. Agostino – non possiamo noi meritare, ma ricevere mediante l’umile preghiera. Ma il non chiederla mai. manifesta che ne siamo indegni. Con ciò resta dimostrata l’assoluta necessità della preghiera. Risulta che dobbiamo pregare anche per le cose d’ordine temporale; quanto più dobbiamo farle per le eterne! Scegliamo: o pregare, o perire inesorabilmente.
3. Questa è la legge della vita. Ma, perchè volle Dio estendere a tutto la necessità della preghiera? Non potrebbe Egli versare su di noi i suoi doni senza obbligarci a pregare? Questa domanda è superflua. Non si tratta di sapere ciò che Dio avrebbe potuto fare, ma ciò che ha fatto; e ciò che ha fatto è di porre la preghiera come mezzo per conseguire la grazia. E con tutto diritto, poiché Egli è libero e padrone di essa e come tale può a sua volontà determinare la via ed i mezzi per conseguirla. Stabilì come mezzo la preghiera: dunque a noi non resta che di conformarvici. Tuttavia anche l’uomo è libero e deve provare la sua libertà con fatti, e cooperare alla propria salvezza. E la preghiera dimostra tutt’e due le cose: la libera cooperazione dell’uomo, e la libertà di Dio nel determinare i mezzi e le vie da tenersi per ciò. La libertà di Dio e quella dell’uomo entrano nel gran disegno della provvidenza; così Dio e l’uomo, ciascuno per par sua, al modo d’una potente causa, contribuiscono allo sviluppo e al buon esito di questo disegno generale: la felicità dell’uomo e la glorificazione di Dio. Solo per questa cooperazione l’uomo è degno e meritevole dell’eterna sua felicità, E la preghiera è il minimo che Dio poteva da lui esigere: colui che si rifiuta di farlo si chiude volontariamente le porte della grazia e del cielo.
4. Le sentenze della Sacra Scrittura e dei Santi Padri sulla necessità della preghiera sono così chiare e perentorie, che da esse si potrebbe dedurre esse questa l’unico mezzo per conseguire la grazia, non solo perché Dio ha voluto così, ma perché deriva necessariamente da una legge naturale. È certo che Gesù-Cristo non diede alcun precetto positivo all’infuori di quelli che hanno relazione colla fede, speranza, carità ed uso dei Sacramenti. Se prescrive, quindi, la preghiera apertamente e con tanta insistenza, non v’ha dubbio che bisogna dare a questo precetto un posto tra quelli che per legge naturale si richiedono all’eterna salute. Infatti, supposto che Dio voglia operare per quanto sia possibile col concorso delle cause seconde, e che l’uomo debba, giusta le sue forze, cooperare alla propria salvezza, certamente Dio non poté trovare un mezzo più naturale della preghiera per salvare gli uomini. È il caso, infatti, e non senza ragione, di domandare se vi sia qualche altro mezzo all’infuori della preghiera, ora che da un’estremo all’altro della terra non regna che lo spirito mondano, il dissipamento esteriore, la dimenticanza di Dio, un infievolimento e indifferentismo religioso senza precedenti, L’epoca nostra patisce un’infermità grave e mortale, ed è il raffreddamento del Cuore per ciò che riguarda Dio ed il Soprannaturale. Che inganno crudele quello dell’uomo mondano che va qua e là errando, finché colto dalla morte cade vittima del sonno eterno, come l’infelice viandante delle Alpi coperte di neve e di gelo! Chi scuoterà questo infelice dal suo mortale letargo? La preghiera; questa è il buon Angelo che lo fa ritornare in sé, gli restituisce la conoscenza, lo induce a riflettere ed esaminare le sue azioni, risveglia nel suo cuore la primitiva aspirazione ora assopita, la nostalgia di altra patria molto più felice di questa terra, la nostalgia di Dio, del Padre che abbandonava e dimenticava. La preghiera! Questa è l’Angelo che indica al figliuol prodigo la via alla Casa paterna. Così la preghiera cancella e distrugge il peccato e la dimenticanza che v’è di Dio nel suo regno. Vi sono inoltre in questo mondo tante avversità, inganni e disgrazie, che per non cadere in disperazione, l’uomo deve manifestare candidamente proprie pene ed i propri turbamenti. E qual miglior confidente per l’anima nostra che Dio? E dove lo troveremo se non nella preghiera, che è un intrattenimento e conversare con Lui? La preghiera è come un espirare le nostre necessità, le miserie nostre, e i nostri travagli, ed aspirare la grazia, la consolazione, e la luce. Benedetto sia Iddio, che non ha rigettato la mia preghiera, né allontanato da me la sua misericordia. (Sal. LXV, 20).