IL SACRO CUORE (43)
J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;
LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ
[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]
PARTE SECONDA.
CAPITOLO IV
RIASSUNTO E CONCLUSIONE
I
CONFRONTO DI QUESTA DIVOZIONE CON ALTRE
I misteri particolari e il fondo dei misteri; gli atti e il principio dell’azione.
Tutte le divozioni, che hanno per oggetto i misteri di Gesù si rivolgono alla Persona adorabile di Gesù, ma la riguardano o in uno stato, o in un fatto della sua vita. A. Natale onoriamo Gesù Nascente; nella Passione: Gesù penante; a Pasqua Gesù resuscitato etc. La divozione del sacro Cuore non si fissa a nessun mistero di Gesù, né a uno stato speciale della sua santa vita. Ma tutti, però, sono dominio di questa divozione in ciò che hanno di più intimo, perché essa vi studia il suo amore; i suoi sentimenti e le sue virtù. Essa va dunque in fondo ad ogni mistero per cercarne l’anima, per approfondirne lo Spirito ed averne, così, l’ultima spiegazione. Così, diceva il postulatore del 1765, con la festa del sacro Cuore (e si può dire altrettanto della divozione), « non ci si rappresentano solamente delle grazie Speciali, ma ci si dischiude internamente tutta la grande Sorgente di tutte le grazie. Non vi si ricorda un mistero particolare, ma vi si propone la meditazione e l’adorazione di tutti i misteri. Tutto quel che vi ha di misteri e di grazie nell’intimo di Gesù è nei segreti del suo cuore; tutti i beni che son venuti agli uomini da questo amore dell’amantissimo Redentore; tutto quello che la interna passione di Cristo… offre ai nostri sguardi e al nostro amore, tutto questo è rappresentato dalla festa del sacro Cuore, tutto vi è ricordato, tutto onorato » (Replicatio, n. 20: in Nilles, L. I, parte I, c. III, § 3, t. I, P. 146). – Da ciò si può comprendere quello che ci dicono i predicatori della convenienza liturgica della festa e il posto che tiene nel ciclo annuale. Questa festa sprigiona come l’essenza, il succo di tutti i misteri speciali di cui la liturgia ci ha ravvivata la memoria, e si capisce quello che essi ci dicono dell’eccellenza di questa devozione, sia che se ne riguardi o l’oggetto, o la fine, o l’atto proprio. – Senza seguirli in questi sviluppi del loro pensiero ci accontenteremo d’indicare come la divozione al sacro Cuore, sia un riassunto chiaro e profondo, una espressione viva e parlante, la formula la meglio indovinata dell’essenza stessa del Cristianesimo,
II.
IL SACRO CUORE E L’ ESSENZA DEL CRISTIANESIMO
Il Cristianesimo, Religione di Gesù; il Cristianesimo religione d’amore. Formula eccellente della divozione al sacro Cuore.
Che cosa è, infatti, il Cristianesimo nella sua intima sostanza? È insieme la Religione di Gesù, la Religione dell’amore, poiché Gesù e l’amore non formano che uno in una fusione ammirabile.
La Religione di Gesù. Riguardiamo le cose in Dio. Egli non ci conosce, per così dire, e non ci ama che in Gesù, nel solo mediatore fra Lui e noi; Egli non gradisce i nostri Omaggi, che presentati da Gesù; non vi è altro commercio fra Lui e noi, che per mezzo di Gesù, e, può dirsi, che non esistiamo per Lui, nell’ordine soprannaturale, che in Gesù, e per Gesù. Riguardando, ora, da parte nostra, noi non siamo salvi che per Gesù; non conosciamo il nostro Padre celeste che per mezzo di Gesù; non possiamo amarlo che per Gesù; non viviamo della vita soprannaturale che in quella misura che diveniamo uno con Gesù. Egli è veramente il tutto della nostra Religione, il tutto della vita cristiana. Ebbene! Nulla ci dà Gesù, ce lo fa conoscere ed amare intimamente in se stesso, ci mette in rapporto stretto e personale con Lui, ci fa vivere di Lui e in Lui, come la divozione al sacro Cuore. Non è essa forse, fra Lui e noi, quella fusione dei cuori che ne fa uno solo di due? Con il sacro Cuore abbiamo tutto Gesù. – Come è dunque possibile poter trovare qualcosa di più espressivo, di più efficace? San Giovanni Crisostomo riassumeva san Paolo, dicendo: « Il cuore di Paolo è il cuore di Cristo ». La divozione al sacro Cuore fa del cuore cristiano il cuore di Gesù.
La religione dell’amore. Si è definita la Religione come l’incontro di due amori. Come religione, non è precisamente questo. È affare di dovere, di riconoscimento dei rapporti essenziali tra Dio e noi. Ma questi rapporti, per non riguardare che la natura delle cose, non sono rapporti di amicizia; sono piuttosto apporti di padrone e di Servo, di Creatore e di creatura. Perché siano possibili rapporti di amicizia, fra Lui e noi, occorre una volontà speciale di Dio, che c’innalzi all’ordine soprannaturale, una effusione dello spirito di adozione, che ci permetta di dire « Padre mio » a quegli che, adottandoci, vuol ben chiamarci suoi figli. Ma, se la Religione, come tale, non può chiamarsi « l’incontro di due amori », il Cristianesimo lo può, ed è questa una delle idee più belle, più vere che se ne possa dare. Da parte di Dio, è un grande sforzo d’amore per vincere il nostro amore. Lo si è definito una grande misericordia, perché viene in soccorso di una grande miseria. Ma questa. Misericordia stessa, da dove viene? Dall’amore. La prima come l’ultima parola delle vie di Dio su di noi, è l’amore. A che cosa dobbiamo Gesù? All’amore: Sic Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret. A che cosa dobbiamo la passione e la redenzione? All’amore, Dilexit me, et tradidit semetipsum pro me. Tutto il mistero di Gesù si presenta come un supremo sforzo d’amore: Cum dilexisset suos qui erant in mundo, in finem dilexit eos. E la Chiesa tutta, coi Suoi sacramenti, e la sua magnifica organizzazione, per propagare nel mondo la grazia è la verità, non è altra cosa che una invenzione d’amore. Dio ha voluto che la prima condizione del governo ecclesiastico sia l’amore, l’amore per Iddio traboccante in amore sugli uomini. Amas me? Pasce agnos meos. Egli ha voluto che la prima legge imposta ai fedeli fosse la legge dell’amore. È il gran comandamento; se si osserva questo tutto andrà bene. Dilige, et quod vis fac (Si dice generalmente: ama et fac quod vis. La formula del testo è la formula stessa di Sant’Agostino. In epist. Joannis ad Parthos, tr. VII, c. IV, n. 8, Migne, t., XXXV, col. 2033. Indicazione dovuta alla erudita cortesia dell’abate Urbain). – E pure dalla parte dei fedeli tutto converge all’amore. La legge, lo abbiamo veduto, si riassume nell’amore; la fede cristiana, al dire di San Giovanni, si caratterizza; come la fede, nell’amore: Et nos credidimus caritati. Tutta la vita cristiana consiste nel vivere in Gesù per l’amore; e la perfezione cristiana si definisce come l’unione dell’amore e la trasformazione amorosa in Gesù. La Religione cristiana, dunque, si riassume tutta nell’amore. Ma ciò significa che si riassume tutta nel sacro Cuore poiché la divozione al sacro Cuore è interamente divozione all’amore, divozione d’amore. – Infine il Cristianesimo non è già Gesù, o l’amore, come fossero due cose distinte. È l’amore di Gesù per noi, è il nostro amore per Gesù; è l’amore di Dio per noi in Gesù, e il nostro amore per Iddio in Gesù. Non è forse un ridire con ciò in altri termini che il Cristianesimo è tutto intiero nel sacro Cuore? – Senza dubbio, non è questa una formula necessaria, ma chi può negarle di essere una formula ammirabile, concisa, luminosa e singolarmente espressiva, siccome quella che parla e allo spirito, all’anima e agli occhi? Mons. Pie lo diceva sino dal 1857: « il Cristianesimo non saprebbe identificarsi così assolutamente con nessun altra devozione, come con quella del Sacro Cuore ». E Mons. Dubois lo diceva non è molto, nella sua bella pastorale (Lettera Sinodale, Dicembre 1857, Oevres, t. III, pag. 42) sul culto del sacro Cuore. « Tutta la Religione è qui, perché è la Religione dell’amore divino. La nostra fede crede a questo amore, principio di tutti i nostri misteri; la nostra morale vi risponde, ciò che è il compimento della legge » Questo culto è dunque con certezza, secondo la parola di Mons. Dubois, « il riassunto e come l’essenza medesima del Cristianesimo » (Lettera Pastorale, riprodotta nella Revue du Clergè français, 1903, t. XXXIV, pag. 646 e segg.). Non vi ha luogo di meravigliarci, se è così, delle magnifiche promesse di Nostro Signore alla beata Margherita Maria in favore dei devoti del Sacro Cuore. Che cosa non possiamo aspettarci da un tale amore? – Ciò può aiutarci a comprendere la parola singolarmente ardita della beata Margherita Maria. Che il Sacro Cuore, cioè, è come un nuovo mediatore, nuovo mediatore si intende come manifestazione nuova dell’eterno ed unico Mediatore, che fa come un nuovo dono di se stesso, dandoci il suo cuore che ci discopre: mediatore per mezzo del quale andiamo a Gesù, e troviamo Gesù, come per Gesù andiamo al Padre suo, e in Gesù troviamo Dio. Ciò può aiutarci anche a comprendere come Leone XIII abbia designato il sacro Cuore come il labarum dei nuovi tempi. Non che la croce debba sparire ed eclissarsi davanti al cuore, ma il cuore ci fa comprendere e conoscere meglio la croce; ci fa penetrare fino in fondo del mistero della redenzione, ne fa discendere, fino a noi le grazie della salute. Il regno del sacro Cuore nelle anime assicura il regno d’Iddio sulla terra (Vedi prima parte, c: II, §7. p. 43-46).