LA SITUAZIONE (7):
DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI
OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO
Custos, quid nocte?
Sentinella: che è della notte?
ROMA – Tipografia Tiberina – 1861
Lettera Settima
Caro Amico.
I sofismi, de’ quali abbiamo fatta ragione, mirano a stabilire come per principio, che l’indipendenza materiale non è necessaria alla Chiesa; e che la povertà le conviene meglio che le ricchezze. Dal particolare si passa al generale, e si pretende che il Papa presente deve abbandonare le Provincie invase dalla rivoluzione; e per questo si cita l’esempio di Pio VI. La scelta per vero non è felice. Or appunto perché ha sotto gli occhi l’esperienza del suo venerabile predecessore, Pio IX non deve ceder nulla. Pio VI dopo aver sottoscritto, forzatovi, e costretto, il trattato di Tolentino, conservò forse per questo il resto dei suoi Stati? La cessione che egli credette poter fare alla forza brutale, impedì forse d’esser cacciato da Roma e dall’Italia qualche mese più tardi, d’esser privato della libertà, e di morire in prigione? Or pensate, se un simile risultato sia di bastante incoramento a Pio IX! – Per altra parte, le circostanze non sono più quelle. Al tempo di Pio VI, la rivoluzione non ancora aveva detto chiaramente la sua ultima parola. Si poteva veramente prendere abbaglio intorno a’ suoi intendimenti, e credere che essa si contentasse di un’usurpazione parziale. Oggidì simile illusione non è più possibile. La rivoluzione non vuole solamente parte del dominio di S. Pietro, anzi lo vuole tutto; né vi fa più mistero. Inoltre, l’eminentissimo Cardinale Antonelli fa notare con ragione, che Pio VI fu spogliato con violenza, ed a Pio IX si propone di abdicare. Or niun Papa ha mai abdicato; egli non può, né deve. » Se dunque, egli aggiunge, si consideri la differenza dei casi, si vedrà facilmente che lo stesso motivo che indusse Pio VI a cedere, obbliga Pio IX ad una negativa assoluta. « Pio VI in circostanze completamente diverse dalle circostanze attuali, si trovava in faccia di una violenza insormontabile, e di una forza materiale. Pio IX al contrario è alle prese con un principio che si vorrebbe far prevalere. Or la forza materiale non è che un fatto. Di sua natura essa è limitata, enon si fa sentire che nel cerchio della sua azione, che essa non può oltrepassare. La cosa è tutt’ altra quando trattasi di principii. Di loro natura essi sono universali e di una inesauribile fecondità: essi non si arrestano al punto, a cui si vuol restringere la loro azione, ma tendono ad un’applicazione generale. « In conseguenza Pio VI cedendo alla forza materiale poteva sperare ragionevolmente di salvare il resto dei suoi Stati; mentrechè Pio IX cedendo ad un preteso principio, abdicherebbe virtualmente la sovranità di tutti i suoi Stati, ed autorizzerebbe uno spogliamento contro ogni principio di giustizia e di ragione. D’onde può vedersi che l’esempio di Pio VI conduce piuttosto ad una conclusione totalmente opposta a quella che si ha in veduta ». (Dispaccio del 29 Febbraro 1860 in risposta alla Circolare del Sig. Thouvenel Ministro degli Affari Esteri in Francia). – Voi potete intanto apprezzare questo nuovo sofisma, di cui si è menato tanto rumore; ma di questo, e di tutti gli altri del medesimo genere bisogna fare una più compita giustizia in favore dei Cattolici. Or pur tolte di mezzo tutte le allegate ragioni, l’interesse medesimo della società minacciata dal comunismo pagano fa a Pio IX un dovere particolare di non sanzionare nulla di quel che si osa contro il suo dominio temporale.
IL PAPA DIFENDENDO IL SUO DIRITTO, DIFENDE TUTTI I DIRITTI.
Ecco il punto, sul quale bisogna mantenere la questione. Per dirlo di passata, a vergogna di certi Cattolici più o meno elevati negli ordini sociali, ecco ciò che hanno benissimo compreso, e nobilmente espresso i Protestanti di Meklemburgo nel loro indirizzo a Pio IX. Già noi abbiamo veduto come il Papa difendendo la sua indipendenza, difende la libertà! Resta a dimostrare che egli ad un tempo difende l’autorità, la proprietà, tutti i beni, tutti i diritti, la società medesima; tutto questo contro la barbarie. Per qualificare quanto ci minaccia, io non ho altre espressioni. Onde se quelle che io adopero sono troppo forti, voi le addolcirete; ma prima di mettervi in cerca di sinonimi, vi piaccia ascoltarmi. Confessate primieramente, caro amico, che noi assistiamo ad uno strano spettacolo. Che cosa avviene sotto gli occhi nostri? Due forze nemiche sono alle prese; la rivoluzione ed il Cattolicismo. Che vuole la rivoluzione? – Inaugurare il suo diritto-Qual è questo diritto?-È il diritto dell’uomo regnante senza dipendenza e senza sindacato dell’autorità di Dio; ciò vuol dire il diritto delia forza – Che cosa è l’inaugurazione del diritto della forza? È il trionfo della barbarie; essendo in verità lo stesso diritto, che regola i selvaggi ed i lupi. Quindi vedete ove noi siamo arrivati: sotto il cielo, un sol uomo oggidì difende il vero diritto, il diritto della giustizia contro il diritto rivoluzionario. Per salvarlo, egli si sacrifica agli oltraggi, alle persecuzioni, alla povertà, forse anche al martirio. Ma la sua causa è la causa di tutti, la causa della civilizzazione. Or non sembrerebbe egli naturale, che l’Europa intera dovesse serrarsi intorno a Lui, e sì secondarlo eroicamente mercè della triplice potenza delle sue preghiere, del suo denaro, e del suo sangue? Ciò non ostante, gran che! non solo ei viene abbandonato; ma ancora, anziché reputargli la sua invincibile energia, voi piuttosto avete ad udire milioni di uomini di ogni paese, di ogni stato, e di ogni grado biasimare la condotta di lui, dargli dell’ostinato, e condannarlo d’acciecamento e di ambizione mondana. – È in tal guisa che la più alta questione sociale si abbassa e riduce alle meschine proporzioni di un vile interesse. Che Dio li perdoni; e’ non sanno quello che si dicono! E non sanno, che l’eroico Pio IX, in difendendo il diritto cristiano contro il diritto rivoluzionario, tutela l’ordine contro il disordine, l’autorità contro l’anarchia, la proprietà contro il socialismo, la civilizzazione contro la barbarie; il castello del nobile, lo scrigno del banchiere, il magazzino del negoziante, la cassa di risparmio dell’operaio, il campo del lavoratore, non meno che il trono dei Re, pur quello di Vittorio Emmanuele. Chétutti i diritti sono collegati fra loro. Il palazzo e la capanna poggiano sullo stesso fondamento! L’incendio non ha scelte a fare; con una stessa vampache balza impetuosa, consuma i quartieri dei ricchi, ed i sobborghi de’ poveri. Se avverrà che si riconosca come principio che per veduta di convenienza o di utilità nazionale, si possa, in dispregio di tutti i diritti e di tutti i trattati esistenti, spropriare un principe qualunque, foss’egli anche Papa; quindi a poco un sol trono non resterà in piedi; e con più forte ragione verun proprietario non sarà più in sicuro. Per fermo quel medesimo principio a cui voi oggi vi richiamate contro il Sommo Pontefice, con pretensione anche di farglielo sanzionare, quel desso domani per la logica inesorabile della democrazia sarà rivolto contro di voi stesso: che avrete a rispondervi? Ecco quello che non si vuol comprendere: or dovrei dire, ecco ciò che non si può più comprendere. È a tale infatti l’impotenza di logica, anzi l’indebolimento del senso comune, anche presso un gran numero di persone oneste, che queste idee elementari stanno all’altezza di venti cubiti dalla loro testa. Veramente fra tutti i sintomi del male a cui l’Europa è in preda, io non ne conosco altro più spaventevole di questa debolezza, o di questa perversità d’intelligenze. Allorché v’imbattete in un uomo che va a tentoni in pieno meriggio, e prende le carrozze per portoni di rimesse, e chiama bianco ciò che è nero; voi senza più dite che quest’uomo è colpito di vertigine o di demenza. Or vedendo che un mondo mi porge lo stesso spettacolo, come non avrò io adire che esso è già da presso alla barbarie? Imperocché quel che è follia all’individuo, suona barbarie pei popoli. . Ma checché sia di ciò, a chi conserva la facoltà di unire due idee, la caduta del trono temporale di San Pietro significa nell’ordine sociale l’incertezza di tutti i diritti, lo scotimento di tutti i troni, ed il segnale di uno sconquasso generale, Nell’ordine religioso poi è in rispetto alla Chiesa l’entrata nella fase la più difficile di sua esistenza; forse il ritorno alle catacombe. Per le nazioni da ultimo, che condannano la loro madre a questa dura prova, è il cominciamento di un avvenire sconosciuto, che lo sguardo più sicuro non osa ravvisare. – Non dispiaccia ciò udire agli autori ed approvatoli dello spogliamento; ma tal fatto che essi si sforzano di ridurre a meschine proporzioni, è gravido di immensi avvenimenti, i quali scuoteranno l’Europa sino da suoi fondamenti. Noi vi ritorneremo sopra più in là: e frattanto, vi parlerò di pericoli più prossimi; ciò richiedendo lo scopo pratico delle mie lettere: questi nuovi pericoli sono lo scisma, e la persecuzione.
Tutto vostro etc.