VITA
dell’Angelico Dottore
SAN TOMMASO D’AQUINO (6)
dell’ordine dei predicatori
SCRITTA
dal F. LODOVICO FERRETTI
DEL MEDESIMO ORDINE
Il più dotto tra i santi e il
più santo tra i dotti
Card. Bessarione, Ad. calumn,
Platonis, Lib. Il cap. VII.
ROMA
APPROVAZIONE DELL’ORDINE
Fr. Lodovico Theissling
Maestro Generale dei PP. Predicator
IMPRIMATUR
Fr. Alberto Lepidi O. P.
Maestro del Sacro Palazzo.
f Giuseppe Palica, Arciv. di Filippi
Vìcegerente.
LIBRERIA EDITRICE RELIGIOSA – FRANCESCO FERRARI, 1923
ROMA – TIPOGRAFIA ARTIGIANELLI S. GIUSEPPE
38. — La Canonizzazione.
Mentre S. Tommaso spirava a Fossanova, il Beato Alberto Magno che in Colonia si accingeva a partire pel Capitolo di Lione, ove sperava rivederlo, fu veduto a un tratto dare in un dirotto pianto e fu udito esclamare: È morto Fra Tommaso, il mio figliolo in Cristo! La desolante notizia si sparse rapidamente per tutto. L’Università di Parigi, scrivendo al Capitolo di Bologna che doveva tenersi in quell’anno, si fece eco dei lamenti di tutta la Chiesa e ne pianse la rapida scomparsa come di un sole che in pieno mezzogiorno avesse sottratto al mondo i suoi raggi. – A Fossanova i monaci, pel gran concorso del popolo, doveron collocare per vari giorni la bara ove giaceva il sacro cadavere alla porta del monastero. Nei funerali solenni che si fecero, Fra Re- ginaldo fu invitato a parlare, e non potè sottrarsi a quelle preghiere. Le parole che egli disse, spesso interrotte dal pianto, furono il più bel panegirico che forse alcuno abbia mai fatto del Santo Dottore. Gli fu data sepoltura nella Chiesa davanti all’altar maggiore, prova luminosa del concetto che si aveva della sua santità. Ma prima che il corpo fosse collocato nella tomba, Fra Reginaldo ebbe cura di togliere dai suoi fianchi il cingolo prodigioso di cui gli angeli lo avevano cinto nel giorno del suo trionfo più bello, come in pegno dell’immacolata verginità che avrebbe conservato fino alla morte, e lo recò con sé al Concilio di Lione, ove, per incarico dei Padri, egli doveva portare il manoscritto del Santo Dottore domandato da Gregorio X. Il Beato Giovanni da Vercelli, che già si trovava, dal febbraio, a Lione presso il Pontefice, lo ricevé come il più prezioso tesoro; e terminato il Concilio, lo portò al suo convento di Vercelli dove fu venerato sino alla fine del secolo XVIII. Di là nel 1802, alla soppressione di quel Convento, fu recato a San Domenico di Chieri, ove tuttora si trova. Come fu chiusa la tomba, Fra Reginaldo si allontanò da Fossanova collo strazio nel cuore: ma prima di partire, dichiarò formalmente a nome dell’Ordine, che quella sepoltura non era che provvisoria, avendo ogni diritto d’avere quel venerato corpo la famiglia domenicana. – Non così pensarono i Cistercensi, che allegavano in difesa del loro diritto a ritenerlo una certa consuetudine; e per timore che un giorno o l’altro esso venisse sottratto, il loro Abate Giacomo da Firenze lo fece toglier via segretamente e lo fece deporre in un angolo della cappella di Santo Stefano. Ma sette mesi dopo fu riportato al suo luogo per comando dell’Abate stesso, che era stato atterrito da una visione. Dal corpo, trovato mirabilmente intatto, si diffuse per tutta la chiesa e il monastero un soavissimo odore. Fu celebrata allora una messa come di un santo confessore, e nessuno ebbe ardire di recitare le preci dei defunti e di usare i paramenti da morto. Intanto a quel sepolcro avvennero le grazie più strepitose, e di molte restò memoria nei processi: tutti acclamavano la santità del Dottore Angelico e ne predicavano le virtù. – Né minor lode veniva tributata alla sua dottrina, giudicata dai più non solo sicura, ma santa e prodigiosa. Un tal giudizio non era però ancora stato confermato ufficialmente dalla Chiesa, che suol prendere lentamente le sue decisioni; e non mancavan perciò i dissidenti, anche negli stessi centri di studio. Non era possibile, del resto, che la dottrina d’un uomo che, per stabilirla su solide basi, erasi dovuto opporre a tante correnti intellettuali, e che sebbene avesse derivato il suo sapere dalle maestose sorgenti della verità, poteva sembrare un novatore, fosse subito accettata senza contrasti. E questi sorsero; e, duole il dirlo, fu la stessa Università di Parigi, col Vescovo Stefano Tempier a capo, che appena tre anni dopo la morte del Santo Dottore, condannò, tra le altre, varie proposizioni che contenevano la dottrina di lui e della nuova scuola domenicana. Si vide allora partirsi da Colonia e venire a Parigi, sebbene vecchio di oltre ottant’anni, il Beato Alberto Magno, stato già a Tommaso maestro e padre, e che già eletto Vescovo di Ratisbona, era poi tornato alla quiete del chiostro. Nella celebre Università fece udire le sue parole in difesa del suo grandissimo alunno, che egli affermò vivente, dicendo che non avrebbe avuto bisogno d’esser difeso da un vecchio, che aveva ormai i piedi nella fossa! – La verità si fece strada a poco a poco, le opposizioni lentamente cessarono e la dottrina di San Tommaso andò prendendo piede via via in tutte le scuole. Una sentenza solenne della Chiesa aveva perciò nel caso nostro un doppio valore: dalla santità di Tommaso non avrebbe potuto disgiungersi la dottrina, ma l’una e l’altra dovevano in certo modo essere canonizzate. – E così, tra le altre cause che ritardavano la sentenza definitiva della Chiesa, fra le quali son da porsi le vicende travagliose della Santa Sede che poi la condussero all’esilio di Avignone, questa riesce tutta in lode del Santo Dottore, ed è il significato che tale sentenza avrebbe avuto in faccia al mondo cattolico. Non solo era da provarsi nel modo consueto la sua santità, ma glorificarsi in modo tutto speciale la sua dottrina, che per il suo carattere e la sua comprensione doveva esser manifestata come la dottrina comune della Chiesa e meritare a lui il titolo di dottore universale. – Introdotta infatti la causa nel 1318, fu compilato un processo, raccogliendo a Napoli ed a Fossanova le testimonianze, dal 23 luglio 1319 al 26 novembre del 1321. La Curia Romana, che risiedeva in Avignone, ne fece un rigoroso esame; e il 18 luglio del 1323, Giovanni XXII succeduto a Clemente V che là aveva trasferito la Sede, scriveva Tommaso nel catalogo dei Santi con gran solennità, alla quale intervennero Roberto d’Angiò Re delle Due Sicilie colla Regina e molti nobili del Regno, diciassette Cardinali, il Patriarca d’Antiochia, gli Arcivescovi di Capua e di Arles, il Vescovo di Londra ed altri altissimi Personaggi. Quel giorno, per volere del Pontefice fu festeggiato come la solennità del Natale. – Che tale esaltazione avesse altresì il valore di una consacrazione delle dottrine di San Tommaso, fu palesato dallo stesso Pontefice, che nella bolla di canonizzazione chiamò Opere di Dio gli scritti del Santo, e proferì quella sentenza rimasta famosa: Quanti articoli egli ha scritto, tanti miracoli ha fatto, aggiungendo che dopo gli Apostoli e i primi Dottori, egli aveva più di tutti illuminato la Chiesa di Dio. – Le solenni funzioni furon celebrate nella Chiesa di Nostra Signora des Doms, e i Domenicani le continuarono nella loro Chiesa. La canonizzazione di San Tommaso fu più efficace di qualunque apologia contro quelli che tuttora impugnavano alcune parti della sua dottrina. Essa fu il punto di partenza, veramente ufficiale, che lo condusse alla supremazia dottrinale che oggi ormai più nessuno gli contrasta.
39. — Le Sante Reliquie e il Sepolcro.
I Domenicani che avevano con somma gioia veduto alfine il loro grande Dottore decorato dell’aureola dei Santi, non ne possedevano ancora il corpo. Da esso i Monaci avevano nel 1288 tolta la mano destra, per farne regalo alla Contessa Teodora, sorella del Santo; e quando, nel 1304, salì al trono Pontificale Benedetto XI, Domenicano, temendo di perdere quelle sacre reliquie, avevano tolto il capo dal corpo ancora in carne e l’avevano dato in consegna al Conte di Piperno, pensando che se i Domenicani fossero riusciti ad avere il corpo, almeno la testa sarebbe rimasta nelle loro mani. – Così rimasero le cose fino al momento della canonizzazione, per la quale, strano a dirsi, non venne fatta alcuna ricognizione delle sante reliquie. Mentre Giovanni XXII in Avignone decretava a Tommaso gli onori dei Santi, il suo corpo restava, senza altro onore, a Fossanova. – Il timore di perdere le sacre reliquie si ridestò nei Monaci nel 1349, quando il Conte di Piperno, che già possedeva il capo, tentò d’impadronirsi del corpo. Il suo pensiero, possedute le reliquie, era di darle a Ludovico Re di Sicilia amico dei Domenicani, e aver denaro in compenso. La cosa fu scoperta dal Conte di Fondi Niccolò Caetani suo nemico, che si accordò col Vescovo della sua città e coll’Abate di Fossanova, perché il sacro corpo fosse trasportato nel suo castello, ove restò celato per dieci anni. Ma caduto egli un giorno da cavallo ed essendo in pericolo di vita, fe’ voto, che se ottenesse la guarigione, avrebbe restituito ai Monaci il sacro corpo. Il Conte guarì, e riportò il corpo a Fossanova, ma per breve tempo, perché poi, dimentico del voto, trovò modo di rapirlo di nuovo e lo riportò a Fondi, ove lo tenne nella propria camera, dalla quale fu poi recato nella cappella del castello. – Nella Città di Fondi i Domenicani avevano un Convento, già monastero benedettino, detto di Santa Maria, il più antico del Regno, dopo quello di Napoli. D’accordo col loro Generale Fra Elia da Tolosa, essi tanto fecero, che riuscirono ad avere dal Conte le desiderate reliquie, e le collocarono in un Oratorio dentro quel loro Convento. Era l’anno 1368. Sedeva sulla cattedra di San Pietro Urbano V, già abate di San Vittore a Marsiglia, favorevole ai Cistercensi. Maestro Elia fu da lui giudicato come un rapitore; ed avutolo a sé in Roma il sabato in alòis di quell’anno, il Papa gli disse: Tu hai rubato il corpo di San Tommaso! Ma il Padre Generale si gettò ai suoi piedi, ed esclamò: Padre Santissimo, e fratello nostro e carne nostra! Il Pontefice restò colpito da quelle parole, ed abbracciò il Padre Generale; e udito come alle ossa mancasse il capo e fosse tuttora a Piperno, ordinò che anche questo venisse restituito. E così fu fatto; ma rimane assai dubbio se fosse ceduto il vero capo; certo in Piperno è venerata una testa, ed è creduta del Santo Dottore. Si conservò memoria, in questo frattempo, di un altro colloquio avvenuto tra il Pontefice e il Padre Elia. Era il 16 giugno del detto anno, vigilia del Corpus Domini; e il Padre Generale disse al Pontefice: Un vostro grande predecessore, che portava appunto il vostro nome, Urbano IV, comandò a San Tommaso di scrivere l’Ufficio del Santissimo Sacramento. — È vero, disse il Pontefice, esso è cosa mirabile! Iddio concesse a San Tommaso una grazia singolarissima per potere scriver così della Santa Eucaristia! — Ebbene, disse il Padre Generale, per tanto merito abbia San Tommaso da Vostra Santità la grazia di poter alfine riposare presso i suoi confratelli! E così fu firmata la Bolla di concessione, e fu stabilito che il sacro corpo fosse trasportato a Tolosa, patria del Generale, anche perché, come fu detto, essa non aveva potuto avere, come avrebbe desiderato, il corpo di San Domenico, rimasto a Bologna. San Domenico, che raccolse i suoi primi religiosi a San Romano di Tolosa, poteva considerarsi come figlio di quel Convento. Durante il loro passaggio per le varie contrade d’Italia, le sante reliquie restarono celate; ed arrivate in Provenza, furon depositate nel monastero di Prouille all’insaputa delle suore. Intanto si preparò il solenne trasporto, che prese l’aspetto di un vero trionfo. Il venerdì 26 gennaio partì come un solenne corteo da Prouille, sostò ad Avignonet, ed arrivò all’aurora del 28 ad una cappella detta la Faretra fuori delle mura di Tolosa. La processione che di qui si svolse fu addirittura uno spettacolo: vi intervenne Luigi di Angiò fratello del Re Carlo, con molti Principi e Prelati; e l’intera turba si calcolò che giungesse a 150 mila persone. Mille faci accompagnarono le sante reliquie fino alla chiesa dei Frati Predicatori. Fu ad esse eretto un monumento in marmo, che dové certo abbellirsi di tutte le grazie dell’architettura e scultura trecentesca. Ma nel 1562 esso fu distrutto dal furore degli Ugonotti, i quali, fortunatamente, non dispersero le sacre ossa, che vennero trovate per terra avvolte in un drappo. Fu allora ideato un superbo mausoleo, di cui diè il disegno Fra Gaudio Borrey architetto e scultore domenicano. Era come un grandioso arco trionfale, aperto da quattro lati, che faceva riparo all’altare; lo adornavano dodici statue in dimensioni naturali; e tutto era scolpito con gusto e leggiadria. – Ma anche questo insigne monumento andò completamente distrutto nel 1790 dalla furia dei rivoluzionarii francesi: e la cassa fu posta in salvo nella Cattedrale di San Saturnino, dove nel 1878, per cura dell’Arcivescovo Desprez, poi Cardinale si coprì d’oro e di gemme.
40. — Il Dottore della Chiesa e il Patrono delle Scuole cattoliche.
Il titolo di Dottore con altri aggiunti di altissima lode fu dato a San Tommaso ancora vivente e subito dopo la sua morte: ma presto egli ebbe anche il nome di Dottore comune, ossia generale e universale: essendo la dottrina di lui fino dal suo secolo riconosciuta come dottrina comune nella Chiesa, quasi dottrina ufficiale, appartenente a lei come cattolica, vale a dire come universale. Così il titolo di Dottore Angelico vennegli dato fino dai primi tempi, essendo egli, come scrisse Leone XIII, da paragonarsi cogli angelici spiriti, non meno per l’innocenza che per l’intelligenza ». Toccava però al Santo Pontefice Pio V ad enumerare solennemente San Tommaso fra i Dottori della Chiesa, aggiungendolo come quinto ai quattro già salutati con quel titolo fra i Latini: San Gregorio Magno, Sant’Ambrogio, San Girolamo e Sant’Agostino. E questo egli fece con un celebre documento, di cui si conserva l’originale in San Domenico Maggiore di Napoli nella Cappella dedicata al Santo Dottore. Nell’emanare quella Bolla, firmata da trentacinque Cardinali, il grande Pontefice, mentre conferma a San Tommaso il titolo di Dottore Angelico, lo saluta fra i grandi Dottori, per aver egli non solo confutato gli errori del tempo suo, ma somministrato il modo di debellare anche le eresie che in seguito sarebbero sorte, del che aveva dato prova luminosa il Concilio di Trento. Ordina altresì che il giorno della sua santissima morte, 7 Marzo, sia celebrato in Napoli e in tutto il Regno come festa solenne. Così devesi a San Pio la celebre edizione, detta Pianeta di tutte le opere del Santo Dottore. – La decisione di San Pio V intorno alla nuova festa, accettata dai Napoletani col più vivo entusiasmo, li indusse a chiedere, dopo pochi anni, alla Santa Sede la nomina di San Tommaso a Patrono della Città e del Regno, da aggiungersi agli altri Santi Patroni. La domanda fu fatta a Clemente Vili dal Re, da cittadini d’ogni ordine e dal popolo intero. E il 22 Novembre del 1603, il Pontefice con viva compiacenza soddisfece al comune desiderio. Un’altra gloria era preparata a San Tommaso sullo scorcio del secolo XIX, quando al trono di San Pietro salì il gran Pontefice Leone XIII. Contro gli errori che traviano le intelligenze e corrompono i cuori egli non vide miglior rimediò che il ritorno alle sane dottrine e ai santissimi esempi del Dottore d’Aquino. A Leone XIII si deve la celebre enciclica Æterni Patris, che tutto il mondo accolse con plauso; a lui l’iniziativa della nuova e splendida edizione delle Opere di San Tommaso, detta Leòniana, ed a lui la nomina, domandata da quasi tutti i Vescovi della Cristianità, di San Tommaso a Patrono di tutte le scuole cattoliche, fatta col memorabile documento del 4 Agosto 1880. Alla gioventù che va educandosi nelle Università, nei Collegi, nei Seminarii e in tutti gli istituti cattolici, il gran Pontefice assegna Tommaso d’Aquino come celeste protettore, sia per la vita purissima, sia per lo studio di quella scienza che viene soltanto da Dio; e a tutti lo indica come guida sicura del pensiero cristiano. – A Duce degli studi additò San Tommaso il regnante Pontefice Pio XI fino dai primi giorni del suo sapiente governo, e confermò insieme quanto sotto i suoi predecessori Pio X e Benedetto XV era stato stabilito e confermato dal Codice di Diritto Canonico intorno al dovere di tenere come unica guida nelle discipline filosofiche e teologiche la dottrina di tanto maestro. E cólta l’occasione del sesto centenario della canonizzazione del Santo Dottore, Egli lo ha solennemente celebrato come eroe di santità e ad un tempo come maestro di vera sapienza; lo ha esaltato col nome di Dottore Eucaristico per aver egli divinamente scritto e poetato in lode del Divin Sacramento e ne ha presentato in modo speciale la purissima immagine alla cara gioventù come modello di quella purezza angelica, che è così necessaria per salire alle altezze della divina contemplazione. £ tutti i giovani egli ha chiamato, con amoroso invito, ad arrolarsi nella Milizia Angelica., perché mettano la loro purità sotto la tutela dell’Angelo delle scuole.
41. — L’arte e il “Trionfo di San Tommaso „.
Le belle arti, a cui San Tommaso indicò la più nobile via, spronandole, nel più decisivo momento della loro storia, alla riproduzione nella natura del vero e del buono, e che ebbero dalle sue dottrine un impulso potente a risorgere, dovevano compensare nel più bel modo un tanto benefizio. La pittura specialmente, che è la più spirituale delle arti, glorificò il Santo Dottore ideando per lui quello che per nessun altro Santo ella aveva concepito: una forma nuova di glorificazione tanto della sua santità che della sua dottrina. Rappresentò fin dal secolo XIV, e continuò nei successivi. San Tommaso come un pacifico trionfatore, che seduto nella sua cattedra accoglie in sé un tesoro di sapienza divina ed umana, e fattolo suo, lo converte in dottrina salutare a beneficio di tutto il popolo cristiano, mentre i contradittori sono costretti ad umiliarsi ai suoi piedi. Tale è il concetto del Trionfo di San Tommaso, quale ci rimane in meravigliosi dipinti dovuti ai nostri principali maestri e conservati i più nelle chiese domenicane. Primo fra tutti fu quello che colorì per la chiesa di Santa Caterina di Pisa Francesco Traini, di poco posteriore a Giotto, in una tavola, già terminata in cuspide, il cui centro è occupato dalla grande figura di San Tommaso seduto entro un sole luminoso. Manda su di lui un triplice raggio di luce il Verbo di Dio fatto carne, e Mosè, San Paolo e i quattro Evangelisti illuminano ad un tempo la sua intelligenza, mentre altri due raggi a lui giungono da Aristotile e Platone che gli mostrano aperti i loro libri. Tutta questa dottrina divina ed umana si aduna nel volume di San Tommaso, da cui poi si diffonde largamente nel clero e nel popolo, mentre si vede prostrato ai suoi piedi il filosofo arabo Averroè, ed il suo « gran commento » è fulminato da un raggio che esce dai volumi del Santo Dottore. Dietro l’esempio del Traini, Andrea di Bonaiuto, sotto la guida’ del celebre Fra Iacopo Passavanti, colorì un più splendido Trionfo di San Tommaso nel Capitolo di Santa Maria Novella in Firenze, e vi aggiunse l’omaggio delle virtù teologiche e cardinali e il corteggio di tutte le scienze e delle arti, mentre i contradittori umiliati son tre: Sabellio, Ario e Averroè. Non mancò di colorire il suo Trionfo di San Tommaso il Beato, suo confratello, Fra Giovanni da Fiesole, che ebbe con lui comune il titolo di Angelico, e immaginò con semplicità, ma con vera genialità, San Tommaso che trionfa nella sua scuola, ove vediamo, tra gli altri uditori, San Luigi Re di Francia, mentre i contradittori sono Sabellio, Averroè e il celebre Guglielmo di Sant’Amore che, come vedemmo, fu da San Tommaso vittoriosamente confutato. – Splendido è il trionfo che il discepolo del Beato Angelico Benozzo Gozzoli colorì per la Primaziale Pisana e che sta ora nel Museo del Louvre in Parigi. Con arte più perfetta egli ripete il concetto del Traini, ed aggiunge nella base in piccole figure la scena della canonizzazione del Santo fatta da Giovanni XXII. – Due dipinti di questo soggetto ci lasciò, fra gli altri, la celebre scuola siciliana di Antonello da Messina. Uno, dovuto probabilmente allo stesso Maestro, già adornò la Chiesa domenicana di Santa Cita di Palermo, l’altro, della sua scuola, era già nella Chiesa dei Domenicani in Siracusa. In questi due dipinti è specialmente segnalato il vantaggio reso dalle dottrine di San Tommaso non meno alla Chiesa che alla civile società, rappresentata la prima dal Pontefice, la seconda dal Re; e la grandezza della scienza del Maestro Angelico si deduce dalla luce celeste che a lui viene dai due grandi apostoli Pietro e Paolo. Un più grandioso sviluppo si ha nel Trionfo di San Tommaso dovuto al pennello di Filippino Lippi, che lo affrescò nella Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva di Roma. San Tommaso siede in ornatissimo trono, e gli stanno al fianco quattro vergini che figurano la Grammatica, la Dialettica, la Filosofia e la Teologia; e gli eretici più famosi, Ario, Sabellio, Apollinare, Fozio, Manete, stanno aggruppati ai piedi del trono e mirano i loro libri caduti a terra e lacerati, mentre il volume di San Tommaso splende di vivissima luce e Averroè giace vinto sotto i suoi piedi. La scuola spagnola tributò a San Tommaso un encomio sublime colla tavola di Francesco Zurbaran, vera apoteosi dell’Angelico Dottore, su cui discende la celeste sapienza dallo Spirito stesso di Dio; e i quattro massimi Dottori della Chiesa latina gli fanno a destra e sinistra solenne corteggio. Anche l’arte moderna rese a San Tommaso il suo tributo di ammirazione coi due celebri affreschi nei quali Ludovico Seitz si fece interprete del pensiero di Leone XIII, da cui ebbe incarico di colorirli nella volta della Galleria dei Candelabri in Vaticano. In due dipinti esagonali figurò l’omaggio che San Tommaso fa delle sue opere alla Chiesa, che le offre il ramo di lauro, mentre egli le dice di avere attinta tutta la sua scienza da Gesù Crocifisso, che a lui rivolge le parole: Hai scritto bene di me. I suoi libri di Teologia, di Filosofìa e i Commenti sulla Sacra Scrittura sono tenuti in alto e mostrati a tutti da tre Angeli bellissimi, mentre i corifei dell’empietà sono in vari modi atterriti. E vediamo tra questi Guglielmo di sant’Amore col suo impotente libello, Berengario, i due giudei Avice-bron e Mosè Maimonide e i corruttori arabi di Aristotile Avicenna e Averroè, debellati tutti per sempre dalle dottrine di San Tommaso d’Aquino. – A quest’omaggio della pittura, che in varii modi figurò il trionfo di San Tommaso e con Raffaello nella sua celebre Disputa lo pose in mezzo ai grandi dottori della Chiesa prima che San Pio V gli decretasse un tale onore, ed illustrò in tanti capolavori i fasti della sua vita, si unì quello non solo della scultura e dell’architettura, ma della musica e della poesia. E basti per ogni elogio la glorificazione che ne fece Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, precorrendo il decreto di Giovanni XXII e collocando San Tommaso nel cielo del sole, tra le più alte intelligenze che brillano di perpetua luce presso il trono di Dio.
APPENDICE
Cenno sulle fonti storiche più antiche della Vita di San Tommaso d’Aquino.
I. — Fra Gerardo di Frachet, Domenicano, vestito nel 1225 e morto nel 1271, è l’autore del prezioso libro Vitæ Fratrum, da lui composto per ordine del Beato Umberto de Romanis, quinto Generale dei Predicatori. Parla di San Tommaso ancora vivente, e perciò non lo nomina. Narra di lui il fatto del suo arresto per opera dei fratelli, una visione avuta in Parigi, l’apparizione a lui della sorella e il sogno avuto prima di tenere il suo Principium per il Dottorato. — V. ed. di Lovanio 1896, pag. 201, § III e pag. 215, §§ VI, VII e VIII.
II. Fra Tommaso da Cantimprato, Domenicano belga, nato nel 1201 a Leuwis presso Bruxelles, entrò nell’Ordine nel 1232 nel Convento di Lovanio. Fu discepolo del B. Alberto Magno in Colonia prima che vi venisse San Tommaso. Morì verso il 1272. È celebre il suo volume Bonum universale de Apibus, dedicato al B. Umberto de Ro- manis. Nel libro I, cap. 20 (Ed. Donai 1627) parla della gioventù di San Tommaso e delle celebri contese sorte nell*Università di Parigi al tempo di Guglielmo di Sant’Amore.
III. — Fra Guglielmo di Tocco, Domenicano, da Benevento, nato verso il 1250 e morto dopo il 1323. È autore della più completa biografia del Santo, da lui scritta in previsione della Canonizzazione. Fu già discepolo di lui in Napoli. Dai Superiori dell’Ordine ebbe incarico di raccogliere le testimonianze per il processo. La biografia, dal titolo Historia Beati Thomae de Aquino Ordinis Frairum Praedicatorum, è stampata per intero nei Bollandisti Acta San- ctorum, nuova edizione, T. I di Marzo, pagg. 657-687 e ristampata dal P. Prum- mer O. P. nella sua collezione : Fontes Vilae ó*. Thomae Aquinatis, Tolosa 1912, Fase. II, p. 57-152.
IV. — Fra Tolomeo da Lucca, Domenicano, morto nel 1322, ha varie notizie biografiche su San Tommaso nella sua Historia Ecclesiastica (lib. XXII, cap, 20-25, 29, e lib. XXIII cap. 8-15) scritta poco prima del 1317 e stampata da L. A. Muratori nell’Opera Rerum italicarum Scriptores, Milano 1727. T. XI, col. 1151-1173. Fra Guglielmo di Tocco lo cita nella sua Historia Beati Thomae, Fu discepolo di San Tommaso in Roma nel 1272, e poi in Napoli fino alla partenza del Santo Dottore per il Concilio di Lione; e udì spesso le confessioni di lui. Fu eletto nel 1318 Vescovo di Torcello, e resse quella sede per circa 4 anni.
V. — Fra Pietro Calò, di Chioggia, Domenicano; scrisse verso il 1320 in 2 grossi volumi le sue Sanctorum, e fra queste una biografia di San Tommaso stampata recentemente dal P. PrOmmer o. c. Fase. I, pag. 17-55.
VI. — Fra Bernardo Guidonis (de la Guyonne), Domenicano, nato nella diocesi di Limoges verso il 1260 eletto nel 1324 Vescovo di Tuy e poi di Lodève, prov. di Narbona, morto nel 1331, scrisse, tra le altre cose, una Legenda Sancii Thomae de Aquino stampata da Boninus Mombritius, nella sua opera Sanciuarium, seu Vitae Sanctorum, Milano 1480. T. IL (Altra edizione Parigi 1910 in 2 volumi). Vi fu tralasciata una parte, edita però nei Bollandisti op. cit. Vol I. Martii, p. 716-722.
VII. — Processus ìnquisitionis factae super mia, conversatione ei miraculìs recoL mem. Fr. Thomae de Aquino Ord. Frairum Prae- dicaiorum, Sacrae Theologiae Doctoris anno salutis MCCCXIX etc. Bollandisti, op. cit. pag. 684-714. Il Processo fu tenuto a Napoli dal 21 luglio al 18 settembre 1319 e poi a Fossanova nel 1321. Manca un frammento stampato dal Baluzio, Vita Paparum Avenionensium, Parigi 1693. T. II col. 7 e dall’Ab. Uccelli, che ne aggiunse un altro, totalmente inedito, nello scritto: Due documenti inediti per la vita di S. Tommaso d’Aquino, Napoli 1873.
VIII. — Bolla di canonizzazione di S. Tommaso, del dì 18 Luglio 1323, di Giovanni XXII. Stampata più volte, e recentemente nel voi. XVI degli Analecta Sacri Ord. Fratrum Prædicatorum, pag. 173-192, con un esame diplomatico e molte annotazioni, e nel volume: In honorem D. Thomae Aquinatis documenta pontificia ele. Tip. Vaticana, 1923, pag. 9-27, con fac-simile tratto dall’esemplare autentico.
IX. — Fra Raimondo di Ugo, segretario e compagno del P. Elia da Tolosa Maestro Generale dell’Ordine dal 1367 al 1369, lasciò uno scritto intitolato: Historia Transla- tionis Corporis S. Thomæ da Aquino, stampato dai Bollandoti dall’autografo di Tolosa, op. cit. pag. 723-731, con varii documenti, pag. 731-736. Morì nel 1368.
X. — Sant’Antonino Pierozzi, Domenicano, Arcivescovo di Firenze nato nel 1389, morto nel 1459 ha una completa biografia di San Tommaso nel vol. III delle sue celebri Cronache, Tit. XXIII, c. VIII, p. 644- 656. In essa è raccolto con diligenza e in bella forma in 14 paragrafi quanto si ha negli storici precedenti, sicché poco, nella parte sostanziale, hanno potuto aggiungere i biografi posteriori.
Altre preziose notizie, specialmente sull’insegnamento di San Tommaso a Parigi e sulla parte da lui presa nelle cose concernenti l’Ordine Domenicano, si hanno dalla pubblicazione del Chartulariicm Universitaria Parisiensìs, stampato a Parigi nel 1889 dal P. Denifle O. P. e da P. Chatelain; e dai volumi degli Aria Capitulì Generalis Ord.
Praedìc. stampati a Roma 1898-1900 dal P. Reichert O. P. Si aggiungano gli estratti da varii Capitoli Generali, pubblicati nel detto voi. Analecta S. O. P. da pag. 168 a pag. 173, Vari eruditi, al presente, come i Domenicani P. Mandonnet, P. Destrez e P. Prùmmer, il P. Pelster S. I., il Prof. Scandone ed altri vanno compiendo diligenti studi sulle predette fonti ed accurate ricerche negli archivi d’Europa, per avere altri dati biografici, e specialmente per stabilire la cronologia, ancora incerta in vari punti, della vita di San Tommaso. E da sperarsi che si giunga a buoni risultati, e che si possa alfine avere una vita veramente critica, cosa che il P. Prùmmer (o. c. p. 7) ritiene impossibile nel momento. Mentre questo serve a giustificare le lacune e incertezze che potranno trovare i lettori nel nostro umile lavoro, non potrà però provare V inutilità di quegli scritti che fanno conoscere, come al presente si può, la vita mirabile del Santo Dottore.
F I N E