Ancora una volta il Santo Padre è costretto ad occuparsi della setta massonica (tentacolo della piovra demoniaca), infiltrata nelle fila di pii cattolici di alcune comunità brasiliane. La sinagoga di satana massonica aveva già da tempo iniziata l’opera di infiltrazione nella Chiesa onde abbattere i principali pilastri: la Dottrina soprannaturale e la Gerarchia divinamente costituita, mirando soprattutto al Sommo Pontefice romano. I risultati apparentemente sembrano aver dato loro ragione, dal momento che hanno estromesso ed impedito il Vicario di Cristo dalla sua Cattedra inserendovi una serie di usurpanti antipapi-burattini che hanno devastato e devastano tuttora la vigna di Dio. Ma l’uomo-Dio non si è lasciato distruggere la sua Chiesa, generata dal suo costato aperto sulla croce, e proprio quando sembrerà essere morta e chiusa nel sepolcro – come apparirà dopo la prossima imminente proclamazione della Religione unica mondiale, monoteista-luciferina governata dall’anticristo, il falso Messia della tribù di Dan – la ricostituira’ più gloriosa e regale che mai. Si tratterà di resistere alla feroce persecuzione dei nemici di Dio, mascherata da ignobile farsa sanitaria, ed attendere l’arrivo improvviso (non per il piccolo gregge) del Signore Giudice universale che brucerà con il soffio della sua bocca tutti gli adepti del “drago infame e maledetto” e dei falsi profeti modernisti del colle romano… E là sarà pianto e stridor di denti in eterno.
EXORTÆ IN ISTA
LETTERA
Ai Vescovi del Brasile riguardo alla Massoneria.
1. I disordini originati in questa giurisdizione negli anni passati da persone che, pur essendo seguaci della setta massonica, si sono infiltrate nelle comunità di pii Cristiani, hanno portato a voi, venerabili fratelli, soprattutto nelle diocesi di Olinda e Belém do Pará, grave tormento, oltre che grande inquietudine per noi. – Del resto, non si poteva rimanere indifferenti al fatto che la peste letale di quella setta si fosse diffusa fino a riuscire a corrompere le suddette comunità, e, di conseguenza, le istituzioni disposte a rafforzare il sincero spirito di fede e di pietà che, dopo la diffusione della funesta zizzania, precipitarono in una condizione miserabile. Noi, dunque, tenendo presente il nostro dovere apostolico e sotto l’impulso della carità paterna con cui seguiamo questa parte del gregge di Dio, considerammo nostro dovere affrontare questo male senza esitazione e con la lettera del 29 maggio 1873 facemmo sentire la nostra voce a te, venerabile fratello di Olinda, contro questa deplorevole perversione infiltrata nelle comunità cristiane, osservando tuttavia, un criterio di indulgenza e clemenza verso coloro che avevano aderito alla setta massonica perché ingannati o illusi, sospendendo temporaneamente le restrizioni delle censure in cui erano incorsi, volendo che si avvalessero così della nostra benignità per esecrare i loro errori e abbandonare – condannandole – le associazioni alle quali avevano aderito. – Ti abbiamo incaricato, venerabile fratello di Olinda, di sopprimere e dichiarare soppresse quelle comunità se, dopo quel periodo di tempo, non fossero state ricomposte e di ricostituirle integralmente con le modalità che avevano in origine, inserendo cioè nuovi membri immuni da ogni contaminazione con la massoneria. Noi, invece, volendo mettere in guardia – come è nostro dovere – tutti i fedeli contro l’astuzia e l’inganno dei membri delle sette, nella Lettera Enciclica del 21 novembre 1873, indirizzata ai Vescovi di tutta la Cattolicità, richiamammo chiaramente alla memoria dei fedeli in quella occasione, le disposizioni pontificie emanate contro le società corrotte di coloro che aderiscono alle sette, e proclamammo che nelle costituzioni erano colpite non solo le associazioni massoniche stabilite in Europa, ma anche tutte quelle in America e nelle altre regioni del mondo.
2. Non possiamo, poi, non meravigliarci grandemente del fatto, che, essendo stati sospesi, sulla nostra autorità e con decisioni che puntavano alla salvezza dei peccatori, gli interdetti ai quali in queste regioni erano state sottoposte alcune Chiese e comunità, composte per la maggior parte da seguaci della massoneria, si è preso lo spunto per diffondere tra il popolo la convinzione che la società massonica presente in queste regioni era esclusa dalle condanne delle regioni apostoliche, e, quindi, che le persone che aderivano alla setta potevano tranquillamente prendere parte alla comunità dei pii Cristiani. Tuttavia, quanto queste opinioni siano lontane dalla verità e dal nostro modo di sentire è chiaramente dimostrato sia dagli atti che abbiamo appena ricordato, sia dalla lettera scritta al serenissimo imperatore di queste regioni il 9 febbraio 1875, nella quale, pur assicurando che l’interdetto imposto ad alcune delle chiese di queste diocesi sarebbe stato revocato se voi, venerabili fratelli, ingiustamente tenuti in prigione a Para e Olinda, fosse stati liberati; abbiamo aggiunto, però, una riserva ed una condizione precisa, cioè che i seguaci della massoneria fossero rimossi dalle cariche che occupavano nelle comunità. E questa condotta suggerita dalla nostra prudenza non aveva e non poteva avere altro scopo che quello di offrire al governatore imperiale l’opportunità, una volta che i desideri dell’imperatore fossero stati esauditi da parte nostra e la pace degli animi fosse stata ristabilita, di riportare le pie comunità alla loro precedente condizione rimuovendo la confusione causata dalla massoneria, e allo stesso tempo di far sì che gli uomini della setta condannata, mossi dalla nostra clemenza nei loro confronti, cercassero di sottrarsi alla via della perdizione. – Affinché in una questione così grave come questa non ci sia alcun dubbio, né alcuna possibilità di inganno, non trascuriamo di dichiarare ancora una volta in questa occasione che tutte le società massoniche – sia di queste regioni, sia di altre che, per parte di molti, hanno ingannato o indotto all’inganno, dicendosi interessati solo all’utilità ed al progresso sociale, nonché alla pratica del mutuo soccorso – sono proscritte e colpite dalle costituzioni e dalle condanne apostoliche, e che coloro che si sono infelicemente iscritti alle stesse sette incorrono per questo nella più grave scomunica – specialissimamente riservata al Romano Pontefice. – Con non minore sollecitudine raccomandiamo al vostro zelo che in queste regioni la dottrina religiosa sia diligentemente trasmessa al popolo cristiano con la proclamazione della parola di Dio e con insegnamenti appropriati. Sapete, dopo tutto, quanta utilità deriva al gregge di Cristo se il ministero è ben esercitato, e quanto danno viene fatto se viene trascurato.
3. Ma oltre agli argomenti qui trattati, siamo costretti a deplorare l’abuso di potere da parte di coloro che presiedono le suddette comunità, i quali, come abbiamo già detto, annullando tutto a loro discrezione, pretendono di attribuirsi la legittima autorità sui beni e sulle persone sacre e sulle cose spirituali, cosicché gli stessi ecclesiastici e parroci sono completamente soggetti ai loro poteri nello svolgimento dei compiti del loro ministero. Tale comportamento è contrario non solo alla legge ecclesiastica, ma anche all’ordine costituito da Cristo Signore nella sua Chiesa. Dopo tutto, i laici non sono stati posti a capo del governo ecclesiastico, ma per la loro utilità e salvezza devono essere soggetti ai legittimi pastori, la loro funzione è quella di offrirsi come assistenti del clero in situazioni particolari, e non devono interferire in quelle cose affidate da Cristo ai sacri pastori. Per questo motivo riteniamo urgente che gli statuti delle suddette comunità siano redatti secondo il giusto ordine, e che quanto è fuori ordine e incoerente in qualsiasi aspetto sia perfettamente conforme alle regole della Chiesa e della disciplina canonica. Per raggiungere questo scopo, Venerabili Fratelli, in vista degli scambi che avvengono tra le comunità e il potere civile in ciò che riguarda la loro costituzione e ordinamento nelle cose temporali, abbiamo già concesso al nostro Cardinale Segretario di Stato i dovuti mandati per agire con il governo imperiale, cercando di unire con lui gli sforzi utili per ottenere i risultati desiderati. Confidiamo che l’autorità civile unisca il suo sollecito interesse al nostro; perciò chiediamo a Dio, da cui viene ogni bene, con tutte le nostre forze, di degnarsi di accompagnare e sostenere con la sua grazia questa iniziativa di tranquillizzazione della religione e della società civile. Anche voi, Venerabili Fratelli, unite le vostre preghiere alle nostre, affinché questi desideri si realizzino, e come pegno del nostro sincero amore, ricevete la benedizione apostolica, che impartiamo, con il cuore nel Signore, a voi, al clero e ai fedeli affidati alla cura di ciascuno di voi.
Roma, dato a San Pietro, il 20 aprile 1876, XXX del Nostro Pontificato.
PAPA PIO IX