CATECHISMO CATTOLICO A CURA DEL CARDINAL PIETRO GASPARRI (18)
PRIMA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL’AUTORE 1932 COI TIPI DELLA SOC. ED. (LA SCUOLA) – BRESCIA
Brixiæ, die 15 octobris 1931.
IMPRIMATUR
+ AEM. BONGIORNI, Vie. Gen
APPENDICI
APPENDICE I .
(Dagli Atti del Concilio Vaticano)
SCHEMA di costituzione del Catechismo piccolo secondo le correzioni ammesse dalla Congregazione generale.
PIO VESCOVO SERVO DE SERVI DI DIO A PERPETUO RICORDO DEL FATTO CON APPROVAZIONE DEL SACRO CONCILIO
Compilazione e uso di un unico catechismo piccolo per tutta la Chiesa.
L’amorosa madre Chiesa, istruita dall’insegnamento e dall’esempio del suo sposo Gesù Cristo Salvator nostro, dedicò sempre straordinaria cura e diligenza ai fanciulli acciocché, nutriti col latte della celeste sapienza, fossero per tempo educati alla pietà in ogni sua manifestazione. Perciò il sacrosanto Sinodo di Trento non solamente incaricò i Vescovi di provvedere che ai fanciulli s’insegnassero con cura le nozioni fondamentali della fede e l’obbedienza tanto a Dio quanto ai genitori, (Sess. XXIV, c. 4, de Reform.) ma si assunse di più il compito di preparare un formulario e un metodo fisso per istruire il popolo cristiano già fin dai primi rudimenti della fede; perché lo seguissero in ogni diocesi coloro, che avessero mandato di legittimo pastore e maestro (id. id., c. 7, de Reform.; Catech. Rom. in Præf.). Siccome non poté essere compilato dallo stesso Santo Sinodo, questa Sede Apostolica, conformandosi a un voto di quello (id., XXV, Decret. De Indice librorum, Catechismo etc.), lo condusse felicemente al desiderato termine col pubblicare il « Catechismo per i parroci ». E non si contentò; ma, pel desiderio di rispondere più perfettamente all’intenzione de’ Padri tridentini, approvò anche, nell’intento che sempre poi fosse osservato un unico e ugual metodo nell’insegnare ed apprendere la dottrina cristiana, un piccolo catechismo, composto, per suo incarico, dal Ven. Card. Bellarmino; e lo raccomandò assai caldamente a tutti gli Ordinarii, ai parroci e agli altri, cui spetta il detto insegnamento (Clem. VIII, Brev. Pastoralis, 15 luglio 1598; Bened. XIV, Constit. Etsi minime, 7 febbr. 1742). Poiché si sa che non piccoli inconvenienti oggi derivano dal numero enorme de’ piccoli catechismi nelle diverse Provincie e Diocesi, Noi, coll’approvazione del Sacro Concilio, tenendo sott’occhio anzitutto il detto catechismo del Ven. Card. Bellarmino, poi anche quelli più diffusi tra il popolo cristiano, provvederemo che di Nostra autorità ne sia compilato uno nuovo in lingua latina, affinché tutti si servano di esso, togliendo di mezzo per l’avvenire le varietà de’ piccoli catechismi (In questo schema non è fatta menzione del piccolo catechismo, per quelli che, a norma del Decreto Quam singulari di Pio Pp. X, devono essere ammessi per la prima volta alla s. Comunione. Prima di tal decreto non si ammettevano d’ordinario i fanciulli alla prima Comunione, se non in età più avanzata secondo le varie usanze locali e, per prepararli convenientemente, s’adoperava il catechismo del Bellarmino, oppure altri somiglianti. Ma, dopo la pubblicazione del Decreto di Pio X, catechismi di tal sorta, com’è stato detto nel Proemio, servono per i fanciulli che, fatta la prima Comunione, continuano nello studio della dottrina cristiana, non per quelli, che — a norma del citato Decreto — sono ammessi per la prima volta alla santa Comunione.). A loro volta, nelle singole Provincie, i Patriarchi o gli Arcivescovi, udito prima il parere dei loro Suffraganei, consultati poi anche gli altri Arcivescovi della stessa regione e lingua, cureranno che quel testo sia fedelmente tradotto in lingua volgare. Ma in facoltà de’ Vescovi, purché sia sempre tenuto in uso il piccolo catechismo per la prima istruzione de’ fedeli, senza giunte di sorta, resterà il compilare più ampie lezioni di catechismo per maggior istruzione de’ fedeli e difesa contro errori, che eventualmente infestano i loro paesi. Però se vorranno pubblicare queste lezioni, non a parte, ma unitamente al testo del catechismo suddetto, ordiniamo che appunto il testo da noi prescritto apparisca da tali lezioni nettamente distinto.
(A questo scopo è pienamente idoneo il terzo nostro catechismo composto per gli adulti e per le persone colte; in esso difatti sono esposte più diffusamente le verità della dottrina cristiana. Da esso fu ricavato, senza mutar sillaba, il secondo catechismo de’ fanciulli, sicché, se vogliono col tempo formarsi miglior cognizione della dottrina cristiana, se la possano procurare più facilmente coll’uso del catechismo maggiore; lasciando facoltà agli Ordinari di svolgere più ampiamente, conforme ai vari bisogni locali, taluni punti della dottrina e di completarli coll’aggiunta di altri, come si spiega meglio nel Proemio.). – Finalmente raccomandiamo assai assai, come spesso fecero i nostri Predecessori, a quelli, che hanno incarico d’insegnare, l’uso del ricordato Catechismo ai parroci; perché poco gioverebbe che i fedeli mandassero a mente le formule del catechismo, se nel comprenderle non fossero guidati dalla viva voce del maestro, ognuno in proporzione della sua capacità; e a questo proposito è di somma importanza, che unico sia il modo d’insegnar la fede e comune la norma e la prescrizione di educare il popolo cristiano a tutte le pratiche di pietà (Catech. Rom. in Præf.).
APPENDICE II
DECRETO della S. Congregazione de’ Sacramenti circa l’età per ammettere alla prima Comunione eucarìstica.
Le pagine del Vangelo attestano splendidamente di quanto amore Cristo amò i piccoli quaggiù; difatti era sua delizia star con essi, soleva metter loro la mano sul capo, abbracciarli, benedirli. E si sdegnò del fatto che fossero allontanati da’ suoi discepoli, che rimproverò con queste severe parole: Lasciate che i pargoli vengano a me e non allontanateli, perché di essi è il regno di Dio (Marc, X, 13, 14, 16). – E quanto facesse conto della loro innocenza e candore di spirito, ben dimostrò quando, chiamato a sé un fanciullo, disse a’ discepoli: In verità vi dico, non entrerete nel regno de’ cieli, se non vi farete fanciulli. Chi dunque si fa umile come questo fanciullo, è più grande nel regno de’ cieli. E chi accoglierà in mio Nome un fanciullo come questo, è come se accogliesse me (Matt., XVIII, 3). Ciò ricordando, la Chiesa Cattolica, fin da’ suoi primordii, si diede premura di condurre a Cristo i fanciulli per mezzo della Comunione eucaristica, che costumò amministrare ad essi, anche lattanti; e ciò faceva, com’era prescritto in quasi tutti gli antichi libri rituali, fino al secolo XIII, in occasione del battesimo, e tal costume in taluni luoghi durò molto tempo; presso i Greci e gli Orientali dura anche al presente. E per evitare il pericolo che, specialmente i lattanti, rimettessero il pane eucaristico, fu costume a principio di amministrar loro l’Eucaristia soltanto sotto la specie del vino. E non solamente in occasione del battesimo, ma spesse volte anche di poi erano i bimbi rifocillati col cibo divino. Difatti come in talune chiese vi fu l’usanza di somministrare l’Eucaristia, subito dopo il Clero, ai bimbi, così altrove a loro si davano i frammenti residui alla Comunione degli adulti. – Più tardi nella Chiesa latina questa pratica andò in disuso e non più si ammisero alla sacra mensa i bambini, se non avevano un barlume almeno di raziocinio e una qualche nozione dell’Augusto Sacramento. Ora questa nuova disciplina, già fatta propria da taluni Sinodi particolari, fu confermata con solenne sanzione dal Concilio ecumenico Lateranense IV, dell’anno 1215, colla promulgazione del celebre canone XXI, dov’è prescritta la Confessione sacramentale e la sacra Comunione per i fedeli, che abbiano raggiunto l’età della ragione, con queste parole: « Ogni fedele dell’uno e dell’altro sesso, giunto agli anni della discrezione, confessi schiettamente da solo tutti i suoi peccati, almeno una volta l’anno, al proprio sacerdote e abbia cura, a norma delle sue forze, di sodisfare la penitenza ingiuntagli, ricevendo con divozione almeno in tempo di Pasqua il sacramento dell’Eucaristia, salvo che, per consiglio del proprio sacerdote, giudichi di astenersene durante qualche tempo e per motivo ragionevole ». – Il Concilio di Trento (Sess. XXI, de Communione, c. 4), senza riprovare affatto l’antica disciplina di somministrare l’Eucaristia ai bimbi, confermò il decreto Laterano e pronunciò la scomunica contro chi la pensi al contrario : « Sia scomunicato chi dirà che tutti e singoli i fedeli di Cristo, dell’uno e dell’altro sesso, non sono obbligati, giunti che siano agli anni della discrezione, di comunicarsi ogni anno, al meno a Pasqua, secondo il precetto di santa madre Chiesa » (Sess. XIII, de Eucaristia, c. 8, can. 9). Dunque, in forza del citato decreto Laterano, che vige tuttora, i fedeli di Cristo, appena giunti agli anni della discrezione, son obbligati d’accostarsi, almeno una volta l’anno, ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Ma nel calcolare quest’età della ragione, ossia della discrezione, col tempo s’introdussero non pochi errori e deplorevoli abusi. Chi ritenne di assegnare un’età della discrezione per il Sacramento della Penitenza e una differente per ricevere l’Eucaristia; e per la Penitenza età della discrezione giudicarono fosse quella, nella quale si è in grado di distinguere il bene dal male e perciò di commettere peccato; mentre che per l’Eucaristia si richiedeva più matura età, quando cioè si può avere più ampia conoscenza delle cose di fede e più matura preparazione. – Così, secondo le varie usanze locali e opinioni, fu stabilita, per ricevere la prima Comunione, qui l’età di dieci o dodici anni, là di quattordici o anche più, interdicendo frattanto la Comunione eucaristica ai fanciulli e a’ giovinetti minori dell’età prescritta. Questo costume, in forza del quale, col pretesto di salvar il decoro dell’augusto Sacramento, se ne tengon lontano i fedeli, fu cagione di molti inconvenienti e danni. Difatti avveniva che l’innocenza de’ fanciulli, tenuta lontano dall’amplesso di Cristo, non era alimentata da nessun succo di vita interiore; e ne veniva di conseguenza che, privata del più forte aiuto, la gioventù, circondata da tante insidie, perduta l’innocenza, precipitava ne’ vizi ancor prima d’aver gustato i sacri misteri. E sebbene sia vero che alla prima Comunione si premette un’istruzione più diligente e una più accurata Confessione sacramentale, benché purtroppo non dappertutto; tuttavia è dolorosa sempre la perdita della prima innocenza, che, col ricevere in età più tenera l’Eucaristia, forse poteva evitarsi. E non è meno da riprovare il costume diffuso in parecchi luoghi di proibire ai fanciulli, non ancor ammessi alla mensa eucaristica, la confessione sacramentale, oppure di non impartir loro l’assoluzione. Così accade che rimangano per lungo tempo e con gran pericolo nel laccio di peccati fors’anche gravi. E c’è di peggio. In taluni luoghi ai fanciulli, non ancor ammessi alla prima Comunione, si proibisce il Viatico, persino in pericolo urgente di morire, e così, morti e seppelliti col rito de’ bambini, non fruiscono de’ suffragi della Chiesa. Tali danni cagionano coloro, che insistono eccessivamente sulla necessità di preparazione straordinaria alla prima Comunione, non badando che tale precauzione scaturisce dagli errori giansenistici, che sostengono la santissima Eucaristia debba essere un premio, non una medicina per la fragilità umana. Certamente il Sinodo di Trento pensava l’opposto quando insegnò ch’essa è « contravveleno, grazie al quale ci liberiamo dalle colpe d’ogni giorno e ci preserviamo da’ peccati mortali » (Sess. XIII, de Eueharistia, c. 2); e questa dottrina fu di fresco dalla S. Congregazione del Concilio più severamente inculcata con decreto del 26 dicembre 1905, che apre a tutti, adulti e giovinetti, la porta della Comunione quotidiana, imponendo solamente due condizioni, lo stato di grazia e la retta intenzione della volontà. – E davvero non pare che ci sia motivo giusto, mentre in antico si porgevano ai bimbi anche lattanti i residui delle sacre specie, di esigere adesso una straordinaria preparazione da fanciulletti, che per gran fortuna vivono in istato di candore e innocenza originaria e hanno grandissimo bisogno, date le molte insidie e i pericoli odierni, di quel mistico cibo. Gli abusi, da noi lamentati, provengono dal fatto di non saper giustamente precisare qual sia l’età della discrezione, assegnandone una per la Penitenza, un’altra per l’Eucaristia. Invece il Concilio Laterano, poiché prescrive congiuntamente l’obbligo della Confessione e della Comunione, richiede un’unica e identica età per l’uno e l’altro Sacramento. Dunque, se per la Confessione si ritiene età della discrezione quella, nella quale si è in grado di distinguere il bene dal male, vale a dire si giunge a un certo uso della ragione, anche per la Comunione deve dirsi età della discrezione quella, nella quale si è in grado di distinguere il pane eucaristico dal pane comune, cioè di nuovo quando il fanciullo ha conseguito l’uso della ragione. E non diversamente intesero la cosa i principali interpreti del Concilio Laterano e i contemporanei. È noto infatti dalla storia della Chiesa che molti Sinodi e decreti vescovili, già fin dal secolo XII, cioè poco dopo il Concilio Laterano, ammisero alla prima Comunione i fanciulli di sette anni: e c’è di più una testimonianza di somma autorità, quella del Dottor d’Aquino, di cui leggiamo: « Quando ormai i fanciulli cominciano ad avere un qualche uso della ragione, sicché siano in grado di concepir devozione per questo Sacramento (l’Eucaristia), allora si può a essi conferire questo Sacramento » (Summ. Theol., III part., q. 80, a. 9, ad 3.). E il Ledesma spiega: «Affermo, per consenso universale, che si deve concedere l’Eucaristia a tutti quelli che hanno l’uso della ragione, per quanto precocemente l’abbiano quest’uso, sia pure che quel fanciullo conosca tuttora in confuso quel che fa » (2 (2 ) Istruzione per quei che debbono la prima volta ammettersi alla S. Comunione. Appendix XIII. p. 88.). Il Vasquez spiega quel passo medesimo così: « Una volta che il fanciullo è giunto a quest’uso della ragione, subito, per lo stesso diritto divino, è obbligato in modo che la Chiesa non lo può affatto liberare » (P. II, De Sacr. Euchar., n. 63). Così pure insegna S. Antonino, che scrive: «Ma quando (il fanciullo) è capace di dolo, cioè quando può commetter peccato mortale, allora è obbligato al precetto della Confessione e, per conseguenza, della Comunione » (P. III, tit. 14, c. 2, § 5), Anche il Concilio di Trento costringe a questa conclusione. Nella Sess. XXI, c. 4 ricorda che « i bambini ancor privi dell’uso di ragione non sono stretti da nessun obbligo alla Comunione sacramentale dell’Eucaristia »; e l’unica ragione assegnata è che non possono far peccato: « In verità — dice — non possono a quell’età perdere l’acquistata grazia di figli di Dio ». Dunque da qui si capisce il pensiero del Concilio che i fanciulli son tenuti dal bisogno e dall’obbligo della Comunione allorché posson perdere, col peccato, la grazia. E concordano con questi concetti le parole del Concilio Romano, celebrato da Benedetto XIII, il quale insegna che l’obbligo di ricevere l’Eucaristia comincia « dopo che i fanciulli e le fanciulle son giunti all’età della discrezione, cioè quella, nella quale son capaci di distinguere questo cibo sacramentale, che altro non è se non il vero corpo di Gesù Cristo, dal pane comune e profano; e sono in grado di accostarvisi colla dovuta divozione e riverenza (Istruzione per quei che debbono la prima volta ammettersi alla S. Comunione. Appendice XIII, p. 11). Orbene, il Catechismo Romano dice: « Nessuno, meglio del padre e del sacerdote, al quale confessano i peccati, può stabilire in qual’età sieno da concedersi a’ fanciulli i sacri misteri. A quelli spetta per l’appunto indagare e interrogare i fanciulli se hanno acquistato una qualche cognizione e possiedono il gusto di questo mirabile Sacramento » (P. II, De Sacr. Euchar., n. 63.). Insomma si deduce che l’età della discrezione per la Comunione è quella, nella quale il fanciullo sa distinguere il pane eucaristico dal pane comune e corporale in modo da poter presentarsi all’altare devotamente. Dunque non si esige una perfetta cognizione delle cose di .fede, poiché bastano alcuni elementi, cioè una qualche cognizione: né il pieno uso di ragione, poiché basta un uso iniziale, cioè un qualche uso di ragione. Perciò merita biasimo il differire, in questo caso, la Comunione e il fissare un’età troppo avanzata per riceverla; tutto ciò la Sede Apostolica spesse volte ha condannato. Per es., Pio Papa IX di f. m., con una lettera del Card. Antonelli ai Vescovi di Francia in data 12 marzo 1866, riprovò severamente l’uso invalso in certe diocesi di protrarre la prima Comunione a età troppo avanzata e, per di più, prestabilita. Dal canto suo la Sacra Congregazione del Concilio il 15 marzo 1851 corresse un capitolo del Concilio Provinciale di Rouen, nel quale si proibiva di ammettere i fanciulli alla Comunione prima dei dodici anni. E così s’è espressa questa sacra Congregazione per la disciplina de’ Sacramenti in una causa di Strasburgo del 25 marzo 1910: trattandosi se potevano essere ammessi alla Comunione giovinetti di dodici o di quattordici anni, rispose che « fanciulli e fanciulle, giunti agli anni della discrezione o all’uso della ragione, si devono ammettere alla sacra mensa ». – Dopo avere maturamente considerato tutto ciò, questo Sacro Dicastero per la disciplina de’ Sacramenti, nell’adunanza generale del 15 luglio 1910, decise di stabilire, affinché i suddetti abusi vengano del tutto rimossi e i fanciulli s’uniscano a Gesù Cristo fin dai teneri anni e ne vivano la vita e vi trovino protezione contro i pericoli della corruzione, la norma che segue per la prima Comunione de’ fanciulli, norma da osservarsi dappertutto:
I. – L’età della discrezione sia per la Confessione sia per la Comunione è quella, nella quale il fanciullo comincia a ragionare, cioè verso il settimo anno, tanto al di sopra quanto al disotto. Da questo tempo comincia l’obbligo di sodisfare ad ambedue i precetti della Confessione e della Comunione.
II- Per la prima Confessione e la prima Comunione non è necessaria la piena e perfetta conoscenza della dottrina cristiana. Però il fanciullo dovrà poi, gradualmente, imparare tutto il catechismo secondo la sua capacità.
III. – La conoscenza della religione richiesta in un fanciullo, affinché si prepari come conviene alla prima Comunione, è tale ch’egli capisca, secondo la sua intelligenza, i misteri di fede necessari per necessità di mezzo e che distingua tra pane eucaristico e pane comune e corporale, sicché s’accosti alla Ss. Eucaristia colla devozione, che comporta l’età stessa di lui.
IV. – L’obbligo del precetto di confessarsi e comunicarsi, che pesa sul fanciullo, ricade principalmente su coloro, che devono averne cura, cioè sui genitori, sul confessore, sugl’istruttori e sul parroco. Spetta poi al padre, o a chi ne fa le veci, e al confessore, secondo il Catechismo Romano, ammettere il fanciullo alla prima Comunione.
V. – Si diano premura i parroci di preparare e far la Comunione generale de’ fanciulli uno o più volte l’anno e di ammettervi non soltanto i novellini, ma pure gli altri, che, col consenso de’ genitori o del confessore, come s’è detto sopra, già per la prima volta hanno ricevuta la Comunione. Per gli uni e per gli altri sien premessi alcuni giorni d’istruzione e di preparazione.
VI. – Deve aver ogni sollecitudine, chi ha cura dei fanciulli, che dopo la prima Comunione i medesimi fanciulli s’accostino spesso alla S. Mensa e, se possibile, anche ogni giorno, come desiderano Gesù Cristo e la madre Chiesa, e che ciò facciano con quella divozione dell’anima, che comporta l’età. Anche rammenti chi ha tal cura il gravissimo dovere, cui è tenuto, di provvedere che i fanciulli stessi continuino a intervenire alle pubbliche lezioni di catechismo, o almeno suppliscano in altro modo all’istruzione religiosa de’ medesimi.
VII. – Si deve riprovare assolutamente l’usanza di non ammettere alla Confessione, o di non assolvere mai i fanciulli, quando son giunti all’uso della ragione. A tal fine gli Ordinarli locali curino di togliere radicalmente questo abuso, ricorrendo anche ai provvedimenti suggeriti dal diritto.
VIII. – È deplorevolissimo l’abuso di non somministrare il Viatico e l’Estrema Unzione ai fanciulli dopo l’uso della ragione e di seppellirli col rito de’ bambini. Gli Ordinarli locali procedano severamente contro coloro, che continuino in questo abuso.
Il S.mo Signor Nostro Pio Papa X , nell’udienza del sei corrente mese, approvò tutte queste deliberazioni prese dai Padri Cardinali di questa Sacra Congregazione e ordinò che il presente decreto sia pubblicato e promulgato. Comandò inoltre agli Ordinarii di portare a conoscenza il decreto medesimo, non soltanto de’ parroci e del clero, ma anche del popolo, a cui volle che sia letto ciascun anno durante il tempo del precetto pasquale, in lingua vernacola. Di più i medesimi Ordinari dovranno riferire alla S. Sede, ogni quinquennio, insieme con tutte l’altre informazioni della diocesi, anche dell’osservanza di questo decreto. – Non ostante qualsiasi disposizione in contrario. Dato in Roma, dalla residenza di questa stessa Congregazione il giorno 7 del mese di Agosto dell’anno 1910.
D. CARD. FERRATA, Prefetto.
F . Giustini, Segretario.